Sei sulla pagina 1di 195

CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

CONTROLLI NON DISTRUTTIVI

CONTROLLO
VISIVO

Corso per operatori addetti ai CnD, basato sui contenuti del


software multimediale SIMULA: www.simula.it

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it i


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

LICENZA D’USO USER LICENSE


SIMULA, in conseguenza dell’acquisto del relativo prodotto As a result of the purchase of its Multimedia product SIMULA,
Multimediale. riconosce al cliente di questo prodotto (d’ora in grants the client of this product (hereafter referred to as
avanti denominati solo “prodotto”) i diritti non esclusivi e non "products") the non-exclusive and non-transferable rights as
trasferibili specificati di seguito. specified in detail below.
Il cliente accetta di essere vincolato ai termini fissati in questa The client accepted the limits stated in this license regarding the
licenza circa l'installazione e la realizzazione di copie o qualsiasi installation or production of copies or any other use of the
altro utilizzo del prodotto. La licenza d'uso non riconosce al cliente products. The user license does not confer to clients ownership of
la proprietà del prodotto, ma esclusivamente un diritto d'uso the product, but exclusively the right to use according to the
secondo i termini fissati in questa licenza. SIMULA può modificare conditions specified in this license. SIMULA may modify the
in qualsiasi momento le condizioni di licenza d'uso. conditions of the user license at any time without notice.

COPYRIGHT COPYRIGHT
Il cliente ha riconosciuto che: The client acknowledged that:
– il prodotto è di proprietà di SIMULA in quanto titolare del – The product is property of SIMULA, as copyright owner and the
copyright e che tali diritti sono tutelati dalle leggi nazionali e dai said rights are governed by national legislation and international
trattati internazionali sulla tutela del copyright agreements on copyright.
– tutti i diritti, titoli e interessi nel e sul prodotto sono e saranno di – All rights, deeds and interests in and on the product shall remain
SIMULA, compresi i diritti di proprietà intellettuale. property of SIMULA, including those of intellectual property.

UTILIZZO DEL PRODOTTO PRODUCT USE


Il cliente può installare ed utilizzare esclusivamente per fini interni The client may install and use a single copy of the product on one
del proprio personale dipendente una sola copia di questo workstation exclusively for internal use by employed personnel.
prodotto, su una postazione singola. Conditions of installation which enable sharing of the product by
Le condizioni per l'installazione del prodotto in modo da multiple workstations must be agreed upon with SIMULA. The
permettere la condivisione in più postazioni devono essere client is permitted to make ONE COPY ONLY for backup
concordate con SIMULA. Al cliente è consentita la realizzazione di purposes. The text of the product may not be modified, translated,
UNA SOLA COPIA del file del prodotto, ai fini di backup. Il testo adapted or reduced.
del prodotto non può essere modificato, tradotto, adattato e NON-INTEGRAL reproduction of the product is authorised only on
ridotto. È autorizzata la riproduzione -NON INTEGRALE- del documents used exclusively internally by the client. Granting of
prodotto solo su documenti ad esclusivo uso interno del cliente. È the product license, hire, resale, distribution or transfer of any part
vietato dare il prodotto in licenza o in affitto, rivenderlo, distribuirlo of the product, in its original version or copy is strictly prohibited.
o cederlo a qualunque titolo in alcuna sua parte, né in originale né
in copia.
PRODUCT UPDATES
AGGIORNAMENTO DEL PRODOTTO The contents of this product are based on the multimedia training
Questo prodotto è la basato sui contenuti del software software of SIMULA.Products are revised, when necessary, with
multimediale SIMULA. Il prodotto è revisionato, quando the publication of new editions or updates.
necessario, con la pubblicazione di nuove edizioni o di SIMULA does not undertake to notify clients of publication of the
aggiornamenti. SIMULA non si impegna ad avvisare il cliente della said variants, errata corrige or new editions which modify, update
pubblicazione di varianti, errata corrige o nuove edizioni che or completely replace products; it is therefore important that the
modificano, aggiornano o superano completamente il prodotto; è clients ensure possession of the latest edition and updates where
importante quindi che il cliente si accerti di essere in possesso relevant.
dell'ultima edizione e degli eventuali aggiornamenti.
LIABILITY
RESPONSABILITA’ This product must be used only for educational purposes.
Questo prodotto può essere utilizzato solo per scopi didattici. Neither SIMULA nor relative manager, employee or distributor
Né SIMULA né un suo dirigente, dipendente o distributore può may be held liable for any damage deriving/arising from or
essere considerato responsabile per ogni eventuale danno che correlated to the use of any products by clients. Liability lies
possa derivare, nascere o essere in qualche modo correlato con il exclusively with the clients.
possesso o l'uso del prodotto da parte del cliente. Tali
responsabilità sono a carico del cliente.
LEGAL PROTECTION
TUTELA LEGALE The client shall guarantee to SIMULA the supply of all information
Il cliente assicura a SIMULA la fornitura di tutte le informazioni required to ensure the full observance of the terms of this
necessarie affinché sia garantito il pieno rispetto dei termini di agreement by third parties. Should the action of third parties
questo accordo da parte di terzi. Nel caso in cui l'azione di terzi compromise observance of the said terms of agreement, the client
possa mettere in discussione il rispetto dei termini di questo undertakes to collaborate with SIMULA to guarantee compliance.
accordo, il cliente si impegna a collaborare con SIMULA al fine di SIMULA reserves to undertake legal action with respect to the
garantirne l'osservanza. SIMULA si riserva di intraprendere client to safeguard specific rights.
qualsiasi azione legale nei confronti del cliente a salvaguardia dei The agreement is governed by current standards in Italy, and in
propri diritti. L'accordo è regolato dalla normativa vigente in Italia e the event of dispute the competent court shall be that of Pesaro.
il tribunale competente per qualsiasi controversia è quello di
Pesaro.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it ii


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

INDICE

1. DIFETTOLOGIA E METALLOGRAFIA 1
1.1 DIFETTI DI PRODUZIONE DEI MATERIALI 2
Introduzione 2
Produzione dell'acciaio 2
Fucinatura (e stampaggio) 6
Fusione 8
Tubi 10
Estrusi 12
Trafilati 13
Lavorazioni termomeccaniche 14
1.2 DISCONTINUITA' DELLA SALDATURA 15
Giunti saldati 15
Discontinuità nei giunti saldati 27
1.3 DISCONTINUITA’ INDOTTE IN ESERCIZIO 33
Introduzione 33
Cricche in esercizio 33
Perdite di materiale 36
Deformazioni 41
1.4 METALLOGRAFIA 42
Campione metallografico 42
Tecniche metallografiche 44
2. OTTICA E FOTOMETRIA 49
2.1 INTRODUZIONE 50

2.2 FISIOLOGIA DELLA VISIONE 50


La visione 50
Grandezze associate alla visione 52
Sensibilità dell'occhio umano 53
Difetti visivi 55
2.3 PRINCIPI DI OTTICA 57
La luce 57
Leggi fondamentali dell'ottica 62
Focalizzazione e diffusione 65
Difetti e limiti degli strumenti ottici 67
2.4 FOTOMETRIA 69
Sorgenti luminose 69
Propagazione e misure della luce 71
Misura delle grandezze luminose 72
Sensori per fotometria 77
Illuminazione artificiale 79
3. STRUMENTI PER GLI ESAMI VISIVI 82
3.1 INTRODUZIONE 83

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it iii


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

3.2 STRUMENTI DI MISURA 84


Introduzione 84
Riga metallica graduata 84
Goniometri 85
Calibri 85
Micrometri 89
Comparatori 94
Calibri per saldatura 96
Profilometri ed altri strumenti 98
3.3 INDICATORI DI TEMPERATURA 101
Misura della temperatura 101
Tipi di termometri 102
3.4 STRUMENTI DI AUSILIO ALLA VISIONE 109
Sistemi di ingrandimento 109
Sistemi ottici speciali 112
Specchi 112
Stroboscopio 113
3.5 ENDOSCOPI 113
Endoscopia 113
Endoscopio 114
Boroscopio (Endoscopio rigido) 116
Fibroscopio (endoscopio flessibile) 117
Videoendoscopio (endoscopio televisivo) 118
Endoscopi speciali 119
Metodi di misurazione 120
Campi di applicazione 121
3.6 ALTRI SISTEMI 123
Sistemi televisivi a circuito chiuso (CCTV) 123
Sistemi computerizzati 123
Sistemi di elaborazione delle immagini 123
Sistemi automatici 124
Sistemi robotizzati 124
4. PRINCIPI DI BASE DELL'ESAME VISIVO 125
4.1 PROCEDURE DI ESAME 126
Introduzione 126
Procedure tipiche di esame 126
Valutazione e documentazione 128
Normativa 129
4.2 ELEMENTI BASE DELL'ESAME VISIVO 131
Ispettore e personale dell'esame visivo 131
Oggetto da esaminare 134
Attrezzatura ottica 136
Illuminazione negli esami visivi 138
Registrazione dei risultati 140
4.3 SICUREZZA NEGLI ESAMI VISIVI 144
Sicurezza - Introduzione 144
Pericoli da sorgenti di luce 144
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it iv
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Valutazione del rischio 149


Raccomandazioni e mezzi di protezione 151
5. ESAMI VISIVI 153
5.1 ESAME VISIVO DEI PRODOTTI LAVORATI 154
Fusioni (getti) 154
Forgiati (fucinati) 156
Laminati 156
Trafilati 157
Estrusi 157
Tubi senza saldatura (laminazione su mandrino) 157
Lavorazioni meccaniche 157
5.2 ESAME VISIVO DEI GIUNTI SALDATI 158
Normativa di riferimento 158
Strumenti 159
Dimensionamento 160
Discontinuità rilevabili con l'esame visivo 160
Modalità di esame 162
5.3 ESAME VISIVO DEGLI ELEMENTI DI COLLEGAMENTO (BULLONERIA) 162
Normativa di riferimento 162
Strumenti 163
Discontinuità rilevabili con l'esame visivo (DADI) 163
Discontinuità rilevabili con l'esame visivo (VITI) 164
Modalità di esame 165
5.4 ESAME VISIVO DEI TUBI 166
Normativa di riferimento 166
Controllo dimensionale 167
Discontinuità rilevabili con l'esame visivo 169
Modalità di esame 176
5.5 ESAME VISIVO DELLE VALVOLE 179
Normativa di riferimento 179
Struttura e componenti principali 180
Tipologia delle valvole 180
Classificazione valvole industriali 182
Valvole di potenza e valvole di processo 183
Ispezioni delle valvole 183
5.6 ESAME VISIVO DELLE POMPE 185
Tipologia delle pompe 185
Caratteristiche delle pompe 185
Pompe centrifughe 187
Impieghi delle pompe 189
Ispezioni delle pompe 189

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it v


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

1. DIFETTOLOGIA E METALLOGRAFIA

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 1


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

1.1 DIFETTI DI PRODUZIONE DEI MATERIALI

Introduzione

In questa sezione metteremo in


evidenza i difetti che possono
presentarsi nell'acciaio, facendo
riferimento alla difettologia derivante
dal ciclo produttivo (dalla produzione
al manufatto finale) ed esaminando
nei vari passaggi i difetti tipici della
singola fase produttiva.

L'acciaio dopo la produzione subisce


una serie di lavorazioni a caldo
(laminazione, fucinatura e stampaggio,
fusione, estrusione, trafilatura)
attraverso le quali si ottengono i
diversi pezzi utilizzati nell'industria.
Ciascuna di queste fasi può ingenerare specifici difetti nel manufatto finale, difetti che verranno qui
presentati.

Produzione dell'acciaio

La produzione dell'acciaio ha origine dai minerali del ferro e dal carbone ed avviene secondo un
processo di fabbricazione che porta innanzitutto alla produzione della ghisa in altoforno e quindi
alla sua affinazione per ottenere l'acciaio vero e proprio. Acciaio e ghisa sono infatti entrambe
leghe ferro-carbonio caratterizzate dalla percentuale in peso di carbonio:
• se inferiore all' 1,7% si ha l'acciaio
• se superiore all' 1,7% si ha la ghisa.

Nella fabbricazione dell'acciaio si possono individuare le seguenti fasi:


- Fase 1: produzione della ghisa
- Fase 2: affinazione
- Fase 3: colata e solidificazione
- Fase 4: lavorazioni a caldo

Fase 1: produzione della ghisa


I minerali del ferro (in prevalenza ossidi: ferroso, ferrico, pirite, magnetite, ...) dopo opportuni
trattamenti preliminari volti a facilitare l'estrazione del metallo e ad eliminare parte delle impurità in
essi presenti, vengono fusi in particolari forni assieme a del carbone. Il prodotto di questa prima
fusione è la ghisa.

Fase 2: affinazione
Nella fase di affinazione la ghisa subisce una operazione metallurgica, detta conversione, per
l'eliminazione degli elementi estranei quali Si, Mn, S e P, impurezze nocive per l'acciaio residui
della lavorazione, e per la riduzione del tenore di carbonio. Successivamente, avviene la colata
del metallo fuso in un recipiente contenitore detto siviera e durante questa operazione continua
l'affinazione.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 2


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Fase 3: colata e solidificazione


L'acciaio viene colato secondo varie tecniche (in sorgente, diretta, continua) dalla siviera in
lingottiere ottenendo un prodotto pronto per le successive lavorazioni a caldo.

Fase 4: lavorazioni a caldo


Il prodotto della fase precedente viene lavorato ad alte temperature per ottenere le varie forme
commerciali: lamiere, nastri, barre, profilati,...

Fase 1 - Produzione della ghisa

La fusione dei minerali di ferro avviene in forni chiamati altoforni del tipo rappresentato in figura.
Il forno viene caricato dalla bocca con minerale, carbone (di norma coke) e fondenti, mentre
l'accumulo dei prodotti di fusione (ghisa e scorie) avviene nel crogiolo.

La combustione ha luogo nella zona


immediatamente sopra gli ugelli da cui viene
soffiata aria. La riduzione dei minerali di ferro in
ferro avviene ad opera del carbonio (C) e
dell'ossido di carbonio (CO). Nell'altoforno
viene introdotto minerale di ferro, coke e
calcare (dolomite).
Il coke, bruciando, crea il calore necessario per
ridurre il minerale e fondere il ferro. Il metallo
fuso (la ghisa) si deposita in fondo all'altoforno.
Il calcare agisce da fondente e inoltre raccoglie
le impurità formando la loppa.
La loppa liquida scende anch'essa sul fondo
dell'altoforno, ma galleggia sul metallo fuso e
viene scaricata; tuttavia una piccola quantità di
loppa può restare nel metallo fuso e dare
origine a discontinuità nel prodotto successivo.

La ghisa è troppo ricca di carbonio e troppo fragile per la maggior parte degli usi, per cui viene
trasportata ancora fusa nei convertitori. Qui viene addizionata a rottame, carbonati, ferroleghe
ecc. per diminuire il tenore di carbonio, eliminare le impurità, principalmente zolfo e fosforo, ed
introdurre elementi di lega.

Fase 2 - Affinazione

Nella fase di affinazione la ghisa subisce una operazione, detta conversione, per l'eliminazione
degli elementi estranei, quali Si, Mn, S e P, impurezze nocive per l'acciaio residui della
lavorazione, e per la riduzione del tenore di carbonio. Il processo consiste nel bruciare una certa
percentuale di carbonio della ghisa, sino a farla così diventare acciaio.
La ghisa liquida viene versata in un grande recipiente convertitore e successivamente viene
soffiata aria da alcuni fori sul fondo. Si svolge allora una serie di reazioni chimiche che si
manifestano con l'emissione di intense fiamme dalla bocca del convertitore e con un innalzamento
della temperatura che sale fino a circa 1650°C.

Al termine di questo processo l'acciaio ottenuto non è però ancora pronto per le applicazioni
industriali e deve subire una ulteriore purificazione.
Questa viene effettuata durante la colata del metallo fuso, in un recipiente contenitore detto
siviera, mediante ossidazione provocata dall'insufflazione di ossigeno, e successiva
disossidazione del bagno metallico.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 3


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Fase 3 - Colata e solidificazione

La colata è l'ultima operazione a cui vengono sottoposti gli acciai allo stato liquido. Dalla siviera il
metallo viene fatto uscire da un apposito foro situato sul fondo per riempire le lingottiere entro le
quali si solidifica. Il riempimento delle lingottiere può avvenire in diversi modi, a seconda delle
necessità:
• colaggio diretto,
• colaggio in sorgente,
• colata continua.
La macchina di colata continua trasforma in un solo passaggio l'acciaio liquido in un prodotto
semilavorato, mentre la colata tradizionale richiede lavoro addizionale come lo strippaggio
(estrazione del lingotto dalla lingottiera) ed altre ancora.

Fase 4 - lavorazione a caldo (Laminazione)

Dopo la solidificazione il lingotto viene riscaldato per subire una prima lavorazione a caldo.
L'operazione più usuale è la laminazione, dalla quale si ottengono profili finiti (tondi, lamiere,
nastri, etc.) o sbozzati (blumi, bramme) destinati a successive lavorazioni a caldo quali
stampaggio e fucinatura.

L'operazione consiste nel far passare il


lingotto attraverso una serie di cilindri, che lo
allungano e ne riducono progressivamente lo
spessore.
La pressione dei cilindri modifica la struttura
granulare della billetta. I grani si rompono e
se ne formano di nuovi, di dimensioni più
piccole e disposti nel senso di laminazione.
Nota
L'azione dei cilindri del laminatoio sull'acciaio è risentita maggiormente dalle zone esterne del lingotto di
partenza. La deformazione arriva al centro del lingotto solo alla fine della lavorazione, dopo rapporti di
riduzione molto spinti.

La laminazione conferisce al materiale una accentuata fibrosità, orientata secondo la direzione di


laminazione. Se la temperatura di laminazione è appropriata si ottiene così un sensibile
miglioramento delle proprietà meccaniche, rispetto a quelle del lingotto non laminato.
Nota
Una temperatura troppo elevata produce una struttura a grana grossolana con proprietà meccaniche
scadenti. Mentre una temperatura insufficiente facilita fenomeni di incrudimento che aumentano la fragilità
del materiale.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 4


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Difetti di produzione dell'acciaio

Difetti della elaborazione dell'acciaio

Le prime due fasi nel ciclo di produzione dell'acciaio


(produzione della ghisa e affinazione) possono dare
origine a difetti consistenti principalmente nelle
· inclusioni metalliche e
· inclusioni non metalliche (presenza di materiali
estranei).

Esse sono essenzialmente:


· solfuri (principalmente FeS ed MnS);
· ossidi (FeO, MnO, SiO2, Al2O3);
· silicati ed alluminati.

Difetti nel lingotto


Le principali tipologie di queste discontinuità sono:
• inclusioni
• discontinuità di cristallizzazione
• discontinuità di segregazione
• cavità da ritiro
• cricche
• spruzzi
• riprese di colata

INCLUSIONI
Durante la colata può accadere che parti di refrattario si stacchino dalla siviera, dal canale di
colata o da altre attrezzature, oppure possono verificarsi fenomeni di riossidazione per il contatto
con l'aria durante i travasi. Durante la solidificazione, le inclusioni inglobate nell'acciaio tendono a
concentrarsi nella parte alta del lingotto (materozza) per cui con l'eliminazione della materozza in
quantità sufficiente vengono quasi integralmente eliminate. Le dimensioni sono variabili (da molto
piccole a molto grandi, dell'ordine di qualche centimetro cubo).

DISCONTINUITA' DI CRISTALLIZZAZIONE
L'acciaio colato nelle lingottiere inizia la sua solidificazione dalle parti più esterne e con velocità di
raffreddamento diverse tra la parte esterna e quella interna. Ai nuclei di solidificazione primari si
aggiunge sempre più materiale solido, ma non in forma ordinata, bensì ramificata in tutte le
direzioni, dando origine al fenomeno del dendritismo. Il fenomeno non pregiudica comunque la
sanità del pezzo in quanto limitato alla superficie ed è di fatto eliminabile con le successive
lavorazioni a caldo.

DISCONTINUITA' DI SEGREGAZIONE
La segregazione è un fenomeno che interessa grossi lingotti o forme geometriche che presentano
punti critici per questo fenomeno (spigoli). E' dovuta al fatto che iniziano a solidificare prima i
materiali più altofondenti e poi via via gli altri. Questo comporta una differenza di composizione
chimica del materiale che in genere si accentua nella zona assiale dei forgiati.

CAVITA' DA RITIRO
Sono dovute alla diminuzione di volume che si ha durante il raffreddamento (nell'acciaio la
variazione di volume è pari a circa il 6%). Tale riduzione può dare origine a cavità nella zona che
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 5
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

si solidifica per ultima (zona della materozza). Le cavità sono eliminabili con appropriati cicli di
fucinatura o laminazione, in virtù delle proprietà che ha l'acciaio di saldarsi con la sola temperatura
al contatto di due superfici (purché non ossidate).

CRICCHE
Le cricche che si formano durante la colata dell'acciaio sono dovute a parametri di colata sbagliati
o ad errori di procedimento.

SPRUZZI
Sono causati da proiezioni di metallo sulle pareti della lingottiera durante il colaggio. Il metallo
solidifica e si ossida prima di venire raggiunto dal metallo liquido che sale, cui non può più saldarsi
perfettamente.

RIPRESE DI COLATA
Sono delle interruzioni trasversali della continuità del lingotto che affiorano alla superficie e che si
possono estendere a tutta o quasi la sezione del lingotto. Possono essere causate da
solidificazione parziale del metallo, con o senza ossidazione, che impedisce al metallo risalente di
saldarsi con quello colato.

Difetti dei laminati


Sottoponendo il lingotto alla laminazione i difetti originariamente presenti vengono anch'essi
allungati e schiacciati, mentre se ne possono formare di nuovi. Tutti i difetti vengono deformati
nella stessa direzione in cui il grano viene allungato. In un laminato i difetti principali che possiamo
trovare sono:
• sdoppiature: inclusioni provenienti dal lingotto originario che vengono appiattite ed
allungate e che consistono in una mancanza di continuità fisica del materiale, in quanto i
due lembi della discontinuità non riescono a saldarsi;
• filature: piccoli solchi longitudinali e sottili, spesso molto numerosi, causati da piccoli difetti
subsuperficiali che con la laminazione a caldo vengono aperti e allungati;
• ripiegature: difetto tipico dei laminati consistente in porzioni di materiale che nella
laminazione si sovrappongono senza che le superfici si saldino completamente.

Fucinatura (e stampaggio)

La fucinatura consiste nella lavorazione a caldo dei metalli mediante pressatura. Con la fucinatura
si ottengono forme o complessi di forme geometricamente semplici dalle quali, per successiva
lavorazione meccanica, si ricavano particolari di forma complessa. Si preferisce un fucinato ad
una fusione o ad una modellatura di macchina utensile perché la fucinatura conferisce al
particolare caratteristiche meccanico-fisiche migliori. La fucinatura infatti allunga e affina il grano,
come la laminazione, ma in più lo dispone secondo linee che seguono il contorno del pezzo,
conferendogli così maggiore resistenza nella direzione dell'orientamento del grano. In definitiva, si
ottiene un opportuno flusso fibre all'interno del materiale.

Tipi di fucinatura
I fucinati possono essere prodotti secondo tre modalità:

• Fucinatura al maglio
Nella fucinatura al maglio il pezzo di acciaio viene riscaldato e successivamente deformato
con la "mazza" e l' "incudine" fino ad ottenere la forma desiderata, senza l'ausilio di stampi
chiusi. Quando la temperatura scende sotto il limite di lavorabilità a caldo occorre procedere

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 6


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

con un nuovo riscaldo in forno. Nel maglio la velocità di applicazione del carico è molto
elevata.

• Fucinatura alla pressa


A differenza del maglio l'azione
della pressa è lenta e quindi la
deformazione plastica ha tempo di
propagarsi nel materiale senza
eccessivi pericoli di lesioni.

• Stampaggio
Nell'operazione si usano due
calibri con la forma in "negativo"
del pezzo da fare. La billetta è
portata gradualmente alla
temperatura di forgiatura e quindi
posta fra i due calibri. La pressa di
forgiatura schiaccia il metallo caldo
fra i due calibri.

Difetti dei fucinati

Le principali discontinuità che si possono avere nei fucinati e negli stampati sono:
• fiocchi: sono dovuti alla presenza di idrogeno disciolto nell'acciaio il quale, in seguito alla
lavorazione a caldo e al successivo raffreddamento, tende a riunirsi in "sacche" dove la
pressione raggiunge valori elevatissimi e provoca delle piccole lacerazioni a forma di lente.
Sono un difetto grave in quanto diventano inneschi per possibili rotture a causa della loro
forma.

• strappo da fucinatura: consiste in una rottura dovuta ad una non corretta (troppo bassa)
temperatura di fucinatura; in queste condizioni il materiale non raggiunge il sufficiente
grado di plasticità e si strappa.
Gli strappi da fucinatura possono verificarsi sia sulla superficie che all'interno del pezzo (s.
subsuperficiali).

• ripiegatura: è dovuta ad una parte di


materiale che invece di scorrere e di
distendersi si accavalla sovrapponendosi
sulla superficie del forgiato stesso.
Con i successivi cicli di fucinatura la
ripiegatura viene spinta all'interno del
materiale.

Nota
Un tipo di ripiegatura si genera nella forgiatura con stampo se le superfici dei calibri non combaciano
perfettamente. Quando il pezzo da forgiare è pressato dentro i calibri, nelle zone di giunzione tende a
fuoriuscire del materiale che, con i colpi successivi di pressatura, viene ripiegato sulla superficie stessa
dando origine ad una ripiegatura.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 7


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Fusione

Con la tecnologia di fusione si realizzano i getti, componenti di forma geometrica complessa, che
non è economico realizzare con altri metodi di fabbricazione. I getti sono ottenuti per colata
dell'acciaio fuso in forme opportunamente modellate, costituite generalmente in sabbia.

CICLO DI FABBRICAZIONE DEI GETTI (tecnica di colata in sabbia o terra)


- Costruzione del modello
- Costruzione della forma
- Colaggio in forma
- Pulizia e taglio materozze
- Lavorazioni finali

- Costruzione del modello


Il modello è un campione del pezzo che si vuole ottenere, realizzato in un materiale più tenero
come legno o polistirolo. Il modello viene usato per la realizzazione della forma.

- Costruzione della forma


La forma è il "negativo" del pezzo che si vuole ottenere. Questa viene realizzata in sabbia
refrattaria impastata con leganti chimici. La mescola, ancora fluida, viene costipata contro il
modello e indurendo copia l'impronta del pezzo. Vengono poi aggiunti i supporti per la creazione
dei canali di colata (per l'alimentazione dell'acciaio liquido) e di "riserva" (per rendere "direzionale"
la solidificazione del getto).

- Colaggio in forma
Eliminati i supporti, la forma è pronta per la colata. Il colaggio in forma avviene ad una
temperatura superiore di 50-100°C al punto di fusione del metallo. Alla fine del colaggio le
materozze vengono ricoperte con polveri isolanti per ritardarne la solidificazione.

- Pulizia e taglio materozze


A solidificazione completa si apre la "cassaforma" di sabbia, si tagliano i canali di colata e le
materozze e si procede alla pulizia superficiale del getto. I difetti trovati vengono asportati e
successivamente riempiti mediante riporti di saldatura con materiale adatto.

- Lavorazioni finali
Il ciclo di lavorazione del getto si completa con:
· trattamento termico di qualità
· finitura di macchina utensile
· collaudi

Difetti dei getti

Le discontinuità che si ritrovano nei getti sono, in linea di massima, le stesse del lingotto (un
lingotto può essere infatti considerato come un getto grossolano). Esistono tuttavia delle
differenze dovute al fatto che un getto ha, di norma, una forma geometrica più complessa di quella
del lingotto. Ciò che cambia, assieme alla forma geometrica, è la dinamica di solidificazione. Il
lingotto ha una forma geometrica semplice e i fenomeni legati alla solidificazione si presentano in
maniera lineare. Un getto, a causa della sua forma complessa, presenta una dinamica di
solidificazione complessa che a volte causa discontinuità impreviste.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 8


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Difetti dei getti


• cavità di ritiro
• cricche a caldo
• riprese di colaggio
• soffiature e porosità

Le principali discontinuità possono essere così indicate:

Cavità di ritiro: sono cavità localizzate nella parte alta del getto, di forma irregolare causate da non
perfette alimentazioni del getto da parte delle materozze. Le zone del getto che solidificano per
prime (quelle a spessore più sottile) attirano materiale liquido dalle zone più calde non ancora
solidificate. Quando anche in queste zone il metallo è quasi solidificato esso non scorre più e si
creano le cavità.

Cricche a caldo: sono cricche dovute a cedimenti a caldo, localizzate nelle zone più calde della
superficie del getto. Se la fusione ha zone con spessori sottili ed elevati, quelle con spessore
sottile solidificheranno prima. A causa di ciò anche i ritiri nel materiale non saranno uniformi e si
creeranno tensioni interne fra le varie zone a differente temperatura che daranno luogo alle
cricche a caldo.

Riprese di colaggio: consistono in una discontinuità che interessa tutta una sezione della fusione
ed avvengono quando si interrompe la fusione, anche per breve tempo. In questo caso, infatti,
quando il metallo fuso incontra il metallo già solidificato (o comunque ad una temperatura
decisamente inferiore) non si può avere l'unione in un unico bagno, ma le due correnti solidificano
separatamente, senza congiungersi.

Soffiature e porosità: sono piccole cavità con superfici lisce sferoidali, isolate o in gruppi, formatesi
per sviluppo di gas durante la solidificazione.
Nota
Piccole riprese possono formarsi anche attorno a schizzi di metallo fuso sulla superficie interna della forma
che sono stati raggiunti dal bagno fuso quando si erano già solidificati.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 9


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Tubi

I prodotti tubolari sono ottenuti mediante processi di fabbricazione differenti, ciascuno dei quali
conferisce al prodotto caratteristiche qualitative, come finitura, dimensioni e discontinuità, che
sono peculiari del processo di fabbricazione stesso. A seconda della tecnica di fabbricazione, i
tubi si classificano in:
• tubi saldati; ottenuti unendo, mediante saldatura, i lembi di una striscia di lamiera
opportunamente "deformata";

• tubi senza saldatura; ottenuti per


deformazione plastica di masselli di acciaio,
riscaldati a temperatura opportuna e lavorati
con macchine adatte.

Nel nostro contesto ci occuperemo solo dei tubi


non saldati.

Questi tubi sono ottenuti da una barra di sezione


circolare la quale viene riscaldata e forata nel
senso della lunghezza, formando così un tubo
senza saldatura.

Difetti dei tubi

Le discontinuità che si riscontrano nel tubo laminato si dividono in due categorie:


• discontinuità presenti nel materiale di partenza
• discontinuità dovute al processo di fabbricazione

Spesso non è facile stabilire a vista se una discontinuità è dell'uno o dell'altro tipo, perché a volte
le due cause si sovrappongono oppure i difetti si presentano con uguale aspetto.

Possiamo quindi trovare discontinuità superficiali e Si possono inoltre trovare difetti


subsuperficiali preesistenti nel lingotto quali: dovuti alla laminazione quali:
· cricche · strappi (cricche a caldo)
· inclusioni · ripiegature
· paglie · sdoppiature

Difettologia
Le discontinuità che si osservano nel tubo sono causate da discontinuità presenti nel materiale
usato per la fabbricazione e dai processi di lavorazione del tubo stesso.

Discontinuità congenite nel materiale

PAGLIE
Lingue metalliche attaccate parzialmente alla superficie del tubo e separate da un sottile strato di
ossido.

Le paglie sulla superficie esterna sono discontinuità superficiali e subsuperficiali preesistenti nel
lingotto e non completamente asportate.
Cause L'origine del difetto è dovuta ad impiego di lingotti con soffiature o di semilavorati con già
presenti paglie.
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 10
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

SCAGLIE
Formazione eccessiva di strato di ossido sulla superficie dei tubi. Si presentano con l'aspetto di
croste discontinue di ossido aderenti alla superficie dei tubi. Lo strato più esterno della scaglia è
talvolta facilmente asportabile.
Origine Il difetto ha origine da riscaldo a temperatura elevata o troppo prolungato.
Le scaglie sulla superficie esterna sono discontinuità superficiali e subsuperficiali preesistenti nel
lingotto e non completamente asportate. Hanno una evoluzione analoga alle ripiegature, ma sono
causate dai cilindri di laminazione.
Cause Sono prodotte principalmente quando le attrezzature non hanno le sfiancature e quindi il
materiale viene "tagliato" dai settori ad anello.

INCLUSIONI NON AFFIORANTI


Il difetto si presenta macroscopicamente come zone di materiale non metallico più o meno
frantumate ed allungate dalla lavorazione plastica a caldo.
Cause Sono dovute alla presenza di inclusioni o soffiature già nel lingotto e nel semiprodotto.

INCLUSIONI AFFIORANTI
Sono discontinuità causate dalla presenza di composti di rame, stagno, antimonio, nichel e zolfo,
notoriamente bassofondenti.

Discontinuità di fabbricazione: processo Mannesman

STAMPATURE
Le stampature sono discontinuità superficiali dovute a materiale estraneo che si interpone fra
cilindro di laminazione e tubo. Il corpo estraneo viene impresso sulla superficie del tubo e nella
maggior parte dei casi si distacca lasciando la corrispondente impronta.
Cause Il difetto è dovuto al conglobamento di oggetti durante la laminazione.

RIPIEGATURA O SCAGLIA
Le ripiegature sono porzioni di materiale che nella laminazione si sovrappone al profilo senza che
le superfici si saldino completamente. Si presentano come lingue appiattite ed in parte saldate alla
superficie, oppure come fessure, distinguibili dalle cricche perché le ripiegature presentano un
angolo acuto con la superficie.
Le scaglie hanno una evoluzione analoga alle ripiegature, ma causata dai cilindri di laminazione.
Cause Le ripiegature sono dovute alla chiusura in fase di laminazione di avvallamenti sul forato.

ROTTURE A GRADI DI CAPORALE


Sono di discontinuità a forma di "V" nella direzione dell'asse del tubo. E' un difetto molto
pericoloso e di difficile individuazione.
Cause sono dovute alla variazione di velocità dei cilindri e ad un anormale scorrimento del
materiale.

ECCENTRICITA'
L'eccentricità è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di coassialità tra
diametri esterni ed interni del tubo. E' dovuto ad una variazione eccessiva di spessore lungo raggi
nella sezione trasversale di un tubo. Il tubo presenta forte variazione di spessore nella stessa
sezione con massimo e minimo in zone diametralmente opposte. A volte i minimi sono a 90°
rispetto ai massimi.
Cause Il difetto deriva da un riscaldo disomogeneo prima della foratura o da una foratura fuori
centro.

OVALIZZAZIONE

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 11


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

L'ovalizzazione è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di circolarità del
tubo, ossia diametro fluttuante tra un massimo ed un minimo. La sezione dei tubi si presenta
ovale.
Cause Il difetto è causato da laminazione con cilindri usurati o da inefficiente calibrazione. Il difetto
si manifesta anche a seguito di schiacciamento o accatastamento di tubi ancora caldi.

RIENTRANZE e ONDULAZIONI DI LAMINAZIONE


Le ondulazioni di laminazione (effetto "canna di bambu" ) sono fluttuazioni dello spessore del tubo
nella direzione longitudinale, a seguito del processo di fabbricazione.
Si presentano come ripiegature più o meno numerose (talvolta diametralmente opposte) e di
lunghezza variabile (talvolta su tutto il tubo).
Cause: eccessivo riscaldamento durante la laminazione. Affossamenti sulla sezione dovuti a
cedimenti dell'acciaio.

Discontinuità di fabbricazione: processo per estrusione

BUCCIA DI ARANCIA
Difetti superficiali distribuiti su tutta la superficie del tubo
Cause Sono dovuti a carenza di lubrificazione durante il processo di estrusione o all'utilizzo di un
lubrificante non idoneo.

SDOPPIATURE
La sdoppiatura è una fessurazione alle estremità o lungo il corpo di un tubo con separazione del
materiale nello spessore. Se la temperatura della billetta al momento della estrusione è troppo
elevata, vi può essere uno scorrimento differenziato tra le superfici a contatto con le attrezzature e
le zone più interne del materiale che provoca la fessurazione
Cause Il difetto è dovuto ad un residuo di cavità di ritiro primaria non spuntata sufficientemente,
oppure ad una cavità secondaria non saldata.

ECCENTRICITA'
L'eccentricità è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di coassialità tra
diametri esterni ed interni del tubo. E' dovuto ad una variazione eccessiva di spessore lungo raggi
nella sezione trasversale di un tubo. Il tubo presenta forte variazione di spessore nella stessa
sezione con massimo e minimo in zone diametralmente opposte. A volte i minimi sono a 90°
rispetto ai massimi.
Cause Il difetto deriva da un riscaldamento non uniforme del materiale in fase di estrusione.

Estrusi

L'estrusione è una lavorazione che consiste nel forzare un


materiale reso plastico per riscaldamento e/o pressione, a
passare attraverso un foro di forma determinata, detto
matrice. In questo modo si ottiene un prodotto con
caratteristiche simile ai laminati, ma con la possibilità di
ottenere sezioni molto più complesse.
L'estrusione viene principalmente utilizzata nella fabbricazione di profilati in lega leggera o altri
materiali non ferrosi, con sezioni varie e complesse.

L'estrusione può essere di due tipi:


• estrusione diretta
• estrusione inversa.

ESTRUSIONE DIRETTA

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 12


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Nell'estrusione diretta il materiale adeguatamente riscaldato, viene inserito in un cilindro


(contenitore) con all'estremità un foro con forma corrispondente alla sezione che si vuole ottenere
(matrice). Uno stantuffo comprime il materiale nel contenitore obbligandolo ad uscire estruso
verso la matrice.

ESTRUSIONE INVERSA
Nell'estrusione inversa la cavità contenente il materiale riscaldato è chiusa ad una estremità,
mentre il pistone è composto da un cilindro cavo alla cui estremità è fissata la matrice. Il pistone
avanzando, obbliga il metallo plastico a passare attraverso la matrice realizzando l'estrusione. La
pressione necessaria risulta minore in quanto il metallo di base non si muove rispetto al proprio
contenitore e quindi l'attrito risulta diminuito.

Nota
Le moderne presse da estrusione consentono di effettuare sia l'estrusione diretta che quella inversa con
semplici operazioni di adattamento.

Difetti degli estrusi

Il pezzo formato per estrusione contiene gli stessi Durante il processo di estrusione, se il
difetti eventualmente presenti nel pezzo originario: pezzo non fluisce bene dentro la matrice,
· cricche possono generarsi difetti quali:
· inclusioni · cricche
· porosità · strappi.

Trafilati

La trafilatura, si basa sulla duttilità del materiale e consiste nel tirare una barra attraverso un foro
di sezione lievemente inferiore, in questo modo il materiale si deforma assottigliandosi ed
allungandosi. Ad ogni passaggio di trafilatura il materiale incrudisce e le sue caratteristiche
meccaniche e tecnologiche variano sensibilmente: l'allungamento diminuisce progressivamente,
mentre aumentano la resistenza a trazione, il carico al limite di elasticità e la durezza.

La trafilatura viene utilizzata per ottenere barre di sezione non molto complesse, i principali
prodotti sono: barre, fili metallici, funi, molle a spirale, viti, chiodi, coppiglie, spilli, aghi, rete
metallica.

Nota
La piastra su cui è ricavato il foro di passaggio è denominata "trafila" o "filiera". In genere ad ogni passata la
sezione si riduce del 20%; se la sezione iniziale è elevata si parla di trafilatura di barre, se invece la sezione
da trafilare è piccola, si ha la trafilatura dei fili.

Difetti dei trafilati

Nei trafilati rimangono, se presenti, i Il processo di trafilatura può generare sul prodotto finale
difetti del laminato originario, quali: altri difetti dovuti alla rottura della trafila, i principali sono:

- paglie - cricche longitudinali


- ripiegature - "lingue d'acciaio"

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 13


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Lavorazioni termomeccaniche

Per lavorazione termomeccaniche si intendono tutte le lavorazioni in cui il pezzo subisce dei
trattamenti meccanici attraverso utensili e/o cicli termici per conferire al prodotto determinate
proprietà e/o per ottenere una migliore lavorabilità.

Tornitura, fresatura, rettifica e taglio sono tutte


lavorazioni meccaniche che possono causare
discontinuità sui componenti lavorati.
Eccessive sollecitazioni meccaniche durante la
lavorazione possono produrre lacerazioni.

L'eccessivo riscaldamento del componente


causato dal processo di rettifica o molatura può
generare cricche che si presentano come sottili
e fini incisioni.

Le lavorazioni termomeccaniche producendo


sollecitazioni ed alterazioni termiche possono
dar origine a cricche quali:

• Cricche da rettifica o da molatura


• Cricche da trattamento termico

Cricche da rettifica o da molatura


Le cricche da rettifica o da molatura sono difetti causati da tensioni originate da un eccessivo
riscaldamento creato per attrito della mola rettificatrice sul metallo. La zona che viene a contatto
con la mola si riscalda e tende a dilatarsi; poiché però è vincolata dal resto del pezzo, si ricalca e
quando la temperatura si abbassa nuovamente, rimane sottoposta a uno stato di tensione interna
che può essere molto elevato e può provocare una cricca. I metalli duri o con superficie indurita o
placcata sono più suscettibili a questo difetto. Se il riscaldamento causato dalla mola è molto
elevato, le cricche perpendicolari al senso di rotazione possono dare origine a cricche più grandi
che si diramano in ogni direzione.

Cricche da trattamento termico


I materiali vengono generalmente più volte riscaldati nel corso delle lavorazioni che portano al
pezzo finito. Anche il pezzo finito viene spesso sottoposto a trattamenti termici che sono necessari
per conferire al materiale che lo costituisce determinate proprietà. In ciascuna di queste
lavorazioni possono nascere difetti che sono una conseguenza del ciclo termico cui il pezzo viene
sottoposto. Durante ognuno di questi cicli termici infatti si formano nel pezzo delle tensioni interne
che, se non vengono tenute sotto controllo, possono dare luogo a cricche. Le cricche da
trattamento termico non hanno una direzione specifica nei confronti del possibile orientamento dei
grani e quindi possono seguire il contorno dei grani oppure attraversarli. Qualunque zona del
pezzo ove siano presenti angoli, raccordi, brusche variazioni di sezione, saldature, può essere
sede di una concentrazione di tensioni interne. Raffreddamenti troppo veloci sono una causa
scatenante di rotture, perché durante il raffreddamento le parti di minor sezione del pezzo
raffreddano più velocemente di quelle di maggior sezione e possono quindi nascere cricche nelle
sezioni di passaggio. In definitiva bisogna porre attenzione, riguardo a possibili difetti da
trattamento termico, alle seguenti parti:
- zone di angolo, rigature, ecc.
- zone di passaggio tra sezioni diverse
- margini delle saldature.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 14


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

1.2 DISCONTINUITA' DELLA SALDATURA

Giunti saldati

Introduzione

Un giunto saldato è costituito da due parti metalliche,


collegate in maniera permanente mediante saldatura.

I procedimenti di saldatura più comuni sono:

• saldatura autogena
le parti da saldare sono scaldate con l'ausilio di una
fiamma a gas (es. saldatura ossiacetilenica)

• saldatura ad arco
le parti da saldare sono scaldate tramite il calore di
un arco elettrico (scarica di elettricità, luminosa e
persistente) fatto scoccare tra un elettrodo (metallo
d'apporto) ed il pezzo da saldare (metallo base).
La elevata temperatura dell'arco provoca la fusione
del metallo base e del metallo d'apporto.

GMAW = Gas Metal Arc Welding


La protezione della zona fusa avviene impiegando atmosfere gassose appositamente generate in
corrispondenza della zona d'arco e del bagno di fusione.

SMAW = Shielded Metal Arc Welding


Tutte le operazioni ed i parametri di saldatura sono governati dal saldatore e la saldatura avviene
all'aria. In funzione dei vari tipi di rivestimento si hanno elettrodi basici, acidi, cellulosici.

SAW = Submerged Arc Welding


L'elettrodo è costituito da un filo continuo che avanza automaticamente durante la saldatura.
La zona di saldatura (arco, elettrodo e metallo base interessato) è coperta da un flusso di
materiale granulare (spesso sabbia). Il flusso ha lo scopo di proteggere la zona fusa dalla
contaminazione atmosferica.

MIG = Metal Inert Gas welding


MAG = Metal Active Gas welding
Saldatura che utilizza come elettrodo un filo continuo consumabile, in cui la protezione del bagno
di saldatura può essere in gas inerte (MIG) oppure in gas attivo ossidante (MAG).

TIG = Tungsten Inert Gas welding


Saldatura con elettrodo di tungsteno in gas inerte (normalmente argon); la saldatura può essere
eseguita con o senza materiale d'apporto.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 15


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

La saldatura

Una saldatura comprende tre zone:


• metallo base;
la distanza dalla saldatura ha fatto si che non avvenisse alcun cambiamento nel materiale.
• zona termicamente alterata (ZTA);
questa zona, composta da materiale base adiacente alla zona fusa, non ha raggiunto la
temperatura di fusione, ma per effetto del calore sviluppatosi ha subito delle trasformazioni
con variazioni di struttura e di proprietà.
• metallo d'apporto;
in questa zona il materiale ha superato il punto di fusione.

La giunzione di materiali tramite saldatura comporta cambiamenti nella composizione chimica e


strutturale dei materiali che possono dare origine a:
• modifiche alle proprietà
meccaniche;
• introduzione di tensioni
residue;
• difettologia di vario tipo.

Saldatura e corrosione

Le saldature rappresentano sedi preferenziali per attacchi


corrosivi. Infatti la presenza di uno dei difetti precedentemente
indicati, o la combinazione di alcuni di questi, può portare, molto
spesso, a fenomeni di corrosione della saldatura. Teoricamente,
tutte le tre zone di una saldatura possono corrodersi a velocità di
corrosione simili. In pratica ciò accade molto raramente, mentre
si assiste invece a sedi preferenziali per la corrosione
corrispondenti al metallo d'apporto o alla zona termicamente
alterata. La corrosione di una saldatura può manifestarsi in
diverse forme morfologiche (pitting, crevice, galvanica,
microbiologica, tensocorrosione, ... ).

Posizioni di saldatura

In questa pagina sono riportati i principali tipi di giunti di testa e giunti a T.

GIUNTI DI TESTA (Butt joints)

- Preparazione a lembi retti (square groove)


Si effettua in 2 modi:
a) con una passata e distanza tra lembi di 1 mm (spessori fino a 3 mm);
b) con due passate e distanza tra i lembi di 2 mm (spessori tra 3 e 5 mm)

- Preparazione a V (V groove)
Si adotta per spessori compresi tra 5 e 15 mm

- Preparazione a X (double V groove)


Si adotta per spessori oltre i 15 mm e quando il giunto è accessibile da ambo le parti.
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 16
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Normalmente la preparazione è simmetrica (può anche essere asimmetrica).

- V con sostegno (V groove with backing strip)


Si adotta se il vertice è inaccessibile per la solcatura con ripresa, onde evitare la mancanza di
penetrazione (mancanza di materiale d'apporto al vertice).

- Preparazione a U (U groove)
Si adotta al posto della preparazione a V quando lo spessore dei lembi supera i 15 mm per
diminuire il volume del materiale d'apporto.

GIUNTI A T (Tee joints)

- Preparazione a bordo retto (square edge)


I due elementi da saldare dovranno essere a contatto (o con distanza massima di 2 mm)

- Preparazione a 1/2 V (single bevel groove)


Si adotta quando la saldatura richiede la completa penetrazione e non vi è accessibilità da
ambo le parti.

- 1/2 V con sostegno (single bevel groove with backing strip)


Si adotta se il vertice non è accessibile per la solcatura con ripresa, al fine di assicurare la
penetrazione.

- Preparazione a K (double bevel groove)


Si adotta quando il giunto è accessibile da ambo le parti e oltre i 15 mm di spessore.

- Preparazione a J (single J groove)


Si adotta per giunti di forte spessore al fine di limitare il volume di materiale d'apporto.

GIUNTI DI TESTA (Butt joints) GIUNTI SALDATI GIUNTI A T (Tee joints)

Preparazione a lembi retti (square Preparazione a bordo retto (square


groove) edge)

Preparazione a V (V groove) Preparazione a 1/2 V (single bevel


groove)

Preparazione a X (double V 1/2 V con sostegno (single bevel


groove) groove with backing strip)

Preparazione a X (double V Preparazione a K (double bevel


groove) groove)

Preparazione a U (U groove) Preparazione a J (single J groove)

Simbologia della saldatura

Terminologia dei giunti saldati


Prima di esaminare i vari aspetti riguardanti la rappresentazione e la simbologia delle saldature, è
opportuno definire alcuni termini essenziali relativi ai giunti saldati.
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 17
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

• Saldatura d'angolo
• Saldatura di testa (in cianfrino)

SALDATURA D'ANGOLO SALDATURA DI TESTA (in cianfrino)


1. Linea d'attacco 1. Linea d'attacco
2. Gola o spessore effettiva 2. Corona (o faccia)
3. Gola o spessore teorica 3. Radice (del giunto)
4. Corona (o faccia) 4. Intervallo (luce) tra i lembi
5. Vertice 5. Spalla
6. Lato (o fianco) 6. Parete del cianfrino
7. Angolo di smusso
8. Angolo del cianfrino
9. Dimensione della saldatura
10. Spessore del pezzo
11. Gola della saldatura
12. Rinforzo o corona
13. Rinforzo al vertice

Rappresentazione grafica
Una saldatura viene rappresentata mediante l'utilizzo dei seguenti simboli:
- una freccia rivolta verso il giunto di saldatura
- una linea di riferimento composta da due linee parallele, una continua ed una tratteggiata.
Quella tratteggiata può essere sopra o sotto la linea continua.
- il segno grafico della saldatura

La posizione del cordone di saldatura è determinata dai seguenti elementi:


- posizione della freccia
- posizione della linea di riferimento
- posizione del simbolo.
Esempi:
• saldatura eseguita dal lato della freccia • saldatura eseguita dal lato opposto
Il simbolo è posizionato sul lato della linea Il simbolo è posizionato sul lato della linea
piena tratteggiata

• saldature simmetriche
Nel caso di cordoni di saldatura bilaterali e
simmetrici , rappresentati con un simbolo
composto, non si usa la linea tratteggiata.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 18


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Rappresentazione grafica (norma UNI-EN 22553)

In ambito tecnico per comunicare informazioni in merito ad una saldatura si utilizzano


rappresentazioni grafiche standard facenti riferimento a normative internazionali. Ad esempio, per
rappresentare un giunto saldato si può ricorrere alla norma UNI EN 22553 la quale prevede una
rappresentazione basata sui seguenti elementi:
• Simboli di saldatura
• Metodo di quotatura
• Altre indicazioni

Simboli di saldatura
Per la rappresentazione della saldatura, nella norma UNI-EN, vengono utilizzati due tipologie di
segni grafici:

a. Segni grafici elementari


per rappresentare il tipo di saldatura in relazione alla forma del cianfrino

b. Segni grafici supplementari


per indicare la forma della superficie della saldatura (o forma della saldatura).

Nota Le saldature tra lamiere con bordi rilevati (segno grafico 1) con penetrazione incompleta sono
simboleggiate come se fossero saldature a lembi retti (segno grafico 2) con l'indicazione dello spessore s
della saldatura (vedere quotazioni).

SEGNI GRAFICI ELEMENTARI


Segno
Denominazione Saldatura
grafico
1. Saldatura a bordi rilevati
(bordi rilevati completamente fusi)

2. Saldatura a lembi retti

3. Saldatura a V

4. Saldatura a mezza V

5. Saldatura a Y

6. Saldatura a mezza V con spalla

7. Saldatura ad U
(a fianchi paralleli o inclinati)

8. Saldatura a J

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 19


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

SEGNI GRAFICI ELEMENTARI


Segno
Denominazione Saldatura
grafico

9. Saldatura di ripresa al rovescio

10. Saldatura ad angolo

11. Saldatura in foro o in asola

12. Saldatura a punti

13. Saldatura in linea continua

14. Saldatura a V a fianchi ripidi

15. Saldatura a mezza V a fianchi ripidi

16. Saldatura d’orlo

17. Saldatura di riporto

18. Giunto di superficie

19. Giunto a lembi obliqui

20. Giunto aggraffiato

Nota
Le saldature contrassegnate con i numeri d'ordine da 1 a 9, 14, 15 e 19 sono saldature "testa a
testa". La denominazione "testa a testa" non è stata indicata per semplicità.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 20


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

SEGNI GRAFICI SUPPLEMENTARI


Forma della superficie della saldatura Segno
o forma della saldatura grafico
a) piana (di solito spianata di macchina)

b) convessa

c) concava

d) i bordi del cordone di saldatura devono


essere ben raccordati

e) usato un supporto al rovescio di tipo


fisso

f) usato un supporto al rovescio di tipo


asportabile

SEGNI GRAFICI COMBINATI PER SALDATURE SIMMETRICHE


Segno
Denominazione Saldatura
grafico
1. Saldatura a doppia V o ad X

2. Saldatura a K

3. Saldatura a doppia V con spalla

4. Saldatura a K con spalla

5. Saldatura a doppia U

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 21


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

ESEMPI DI APPLICAZIONE DI SEGNI GRAFICI SUPPLEMENTARI


Segno
Denominazione Saldatura
grafico
Saldatura testa a testa a V con
cordone piano (spianato)

Saldatura testa a testa ad X con


cordoni convessi

Saldatura ad angolo con cordone


concavo

Saldatura testa a testa a V con


cordone piano (spianato) o cordone di
ripresa al rovescio piano (spianato)

Saldatura testa a testa a Y e cordone


di ripresa al rovescio

Saldatura testa a testa a V spianata di


macchina (*)

Saldatura ad angolo con bordi ben


raccordati

Nota (*)
Segno grafico conforme alla ISO 1302: in luogo di questo segno grafico può essere usato il segno grafico
principale .

Metodo di quotatura

La norma UNI EN 22553 stabilisce anche un metodo di quotatura delle saldature basato sulle
seguenti regole:

- alla sinistra del segno


grafico sono riportate le
quote principali relative alla
sezione trasversale.

- alla destra del segno grafico


sono riportate le quote
longitudinali.

La mancanza di indicazioni a destra del segno grafico sta a significare che la saldatura è continua
per tutta la lunghezza del pezzo saldato.

- Definizione e indicazione di base


- Indicazione quote principali
- Indicazione quote per le saldature d'angolo

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 22


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

DEFINIZIONE E INDICAZIONE DI BASE

Definizione Indicazione

s distanza minima tra la superficie della lamiera e il


vertice del cordone, che non può essere maggiore
dello spessore della lamiera più sottile

s distanza minima tra la superficie esterna della


saldatura e il vertice del cordone

a altezza del maggiore triangolo isoscele inscritto nella


sezione trasversale della saldatura
z lato del maggiore triangolo isoscele inscritto nella
sezione trasversale della saldatura

l lunghezza della saldatura (esclusi i crateri di


estremità)
(e) distanza tra due cordoni consecutivi
n numero dei cordoni
a
(Vedere N° 3. Saldatura d'angolo continua)
z

Note
1) L'assenza di indicazioni alla destra del segno grafico significa che la saldatura è continua per tutta la
lunghezza del pezzo saldato.
2) In assenza di indicazioni contrarie, le saldature testa a testa sono da intendersi a completa penetrazione
3) Per le saldature d'angolo esistono due metodi per indicare le quote (come specificato in figura). Perciò
devono essere sempre indicate le lettere "a" o "z" prima del valore della quota corrispondente.

Nota (*) Segni elementari N.1


Le saldature tra lamiere con bordi rilevati con penetrazione incompleta sono simboleggiate come se fossero
saldature a lembi retti con l'indicazione dello spessore s della saldatura.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 23


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

QUOTE PRINCIPALI

Denominazione Saldatura

1. Saldatura testa a testa

2. Saldatura testa a testa a bordi rilevati (bordi


rilevati non completamente fusi)

3. Saldatura d'angolo
continua

4. Saldatura d'angolo discontinua

- Quote per le saldature d'angolo


Tenendo conto di regole geometriche valgono le relazioni sotto indicate:
z = a * radice quadrata (2)
a = z * 1/radice quadrata (2)

Altre indicazioni

Con l'utilizzo del simbolo della freccia è possibile fornire molte altre indicazioni che caratterizzano
una saldatura, quali, ad esempio:

- processo di saldatura
- gruppo di valutazione
- posizione di saldatura
- materiale d'apporto
- saldatura in cantiere.

Queste informazioni sono importanti per l'operatore che deve effettuare il controllo, in quanto, in
base alle caratteristiche della saldatura, egli potrà orientare la ricerca di eventuali difetti.

Nota
Ad esempio, in una costruzione saldata un giunto può occupare qualunque posizione.
In relazione alla localizzazione del giunto il saldatore assumerà determinate posizioni per effettuare la
saldatura, ciascuna delle quali potrà comportare caratteristici inconvenienti nel giunto saldato.
E' quindi necessario conoscere le posizioni di saldatura.
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 24
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

NUM.
EN ISO PROCESSO DI SALDATURA SIGLA
4063
111 Saldatura manuale ad arco E. R.
131 Saldatura in gas inerte con elettrodo fusibile MIG
135 Saldatura in gas attivo con elettrodo fusibile MAG
141 Saldatura in gas inerte con elettrodo di tungsteno TIG
21 Saldatura a resistenza a punti RP
12 Saldatura ad arco sommerso A.S.
311 Saldatura a gas con fiamma di ossigeno-acetilene OSS.

GRUPPO DI VALUTAZIONE
Attraverso il gruppo si valutazione si forniscono indicazioni riguardanti la qualità del cordone.
Ad esempio tramite gruppi di valutazione secondo UNI EN ISO 5817 (acciaio) o EN 30042
(alluminio) per saldature di testa e saldature d'angolo si possono esprimere le seguenti
indicazioni: D - basso
C - medio
B - alto

POSIZIONE DI SALDATURA

Norma EN ISO 6947

PF = Ascendente
PG = Discendente
PA = Verticale ascendente
PB = Orizzontale - verticale
PC = Trasversale
PD = Orizzontale - sopratesta
PE = Sopratesta

CLASSIFICAZIONE DEGLI ELETTRODI


Quasi ogni paese ha una sua normativa per la classificazione degli elettrodi per la saldatura ad
arco. La normativa prescrive le richieste che l'elettrodo deve soddisfare per poter essere
classificato nell'ambito della classe prevista. Le normative più utilizzate per gli elettrodi normali,
sono:
ISO-2560 Norma europea
EN 499 Norma europea
UNI 5132 Norma italiana
DIN 1913 Norma tedesca
BS 639 Norma inglese
SFA 5.1 Norma americana

SALDATURA IN CANTIERE
Per indicare che una saldatura è eseguita in cantiere, e non in officina, si usa una banderuola,
posizionata al punto di intersezione tra la freccia e la linea di riferimento:

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 25


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Saldatura eseguita in cantiere Saldatura eseguita in officina

Simbologia della saldatura

Rappresentazione grafica (norma AWS - American Welding Society)

- Simboli base tipi di saldatura


- Simbolo di saldatura
- Simboli di saldatura e significato in base alla loro localizzazione

Tipi di saldature a fusione

Riempimento

Bordi retti Bordi quadri

Lembi a 1/2 "V" Lembi a "V"

Lembi ad "J" Lembi ad "U"

SIMBOLO DI SALDATURA SECONDO AWS


Location of Elements of a Welding Symbol

F = Simbolo di finitura
= Contour symbol
A = Groove angle: included angle of countersink for
plug welds
L = Length of weld
P = Pitch (center-to-center spacing) of welds
W = Field weld symbol
t = Arrow connection reference line to arrow side
member of join or arrow side of joint
| = Weld-all-around symbol

Reference line
N=Number of spot, stud, or projection welds
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 26
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

BOTH / SIDES =Basic weld symbol or detail Elements in this area remain as
reference shown when tail and arrow are
> = Tail (Tail omitted when reference is not used) reversed
T = Specification process, or other reference
S = Depth of preparation: size or strength for certain welds
E = Groove weld size
R = Root opening: depth of filling for plug and slot welds

Simboli - Localizzazione
Basic Welding Symbols and Their Location Significance
No lato
Location Lato Entrambi i freccia o
Lato freccia
significance opposto lati altro lato
significativo
Fillet

Plug or Slot

Spot or
Projection

Seam

Back or
Backing

Surfacing

Scart for
Brazed
Joint
Flange
Edge

Discontinuità nei giunti saldati

Le discontinuità di saldatura possono essere classificate in funzione della:

superficiali
POSIZIONE
volumetriche

bidimensionali
FORMA
tridimensionali

di tipo metallurgico
ORIGINE
di tipo operativo

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 27


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Nelle pagine che seguono descriveremo i diversi tipi di discontinuità in saldatura con riferimento al
loro aspetto (forma e posizione) ed alle cause principali della loro formazione, tenendo presente
che con l'esame visivo possiamo individuare solo i difetti superficiali o affioranti in superficie.

DISCONTINUITA' SUPERFICIALI
Discontinuità affioranti sulla superficie della saldatura: CRICCHE SUPERFICIALI, MAGLIE IRREGOLARI

VOLUMETRICHE
Discontinuità che si sviluppano internamente alla zona fusa o termicamente alterata (Z.T.A.).
DISCONTINUITA' IN ZONA FUSA (es. tarli, cricche...), DISCONTINUITA' IN Z.T.A. (es. cricche)

BIDIMENSIONALI
Sono discontinuità aventi una sezione trasversale relativamente grande in una direzione e una
sezione trasversale piccola o trascurabile nella direzione perpendicolare alla prima.
TRASVERSALI: allungate e orientate perpendicolarmente all'asse della saldatura (es: cricche, tarli...)
LONGITUDINALI: allungate e orientate parallelamente all'asse della saldatura (es: mancanze di
penetrazione e fusione, tarli, cricche ...)

TRIDIMENSIONALI
Sono discontinuità che presentano uno sviluppo evidente in tutte le direzioni es: SOFFIATURE,
MANCANZA DI FUSIONE

DI TIPO METALLURGICO
Derivano da :
- tensioni residue; queste aumentano con la resistenza del materiale ed agiscono sia in senso
longitudinale che trasversale rispetto alla saldatura;
- fusione nel materiale base;
- assorbimento di gas nella zona fusa;
- raffreddamento veloce del giunto
Es: MICROCRICCHE, CRICCHE

DI TIPO OPERATIVO
Derivano da :
- insufficiente abilità del saldatore;
- condizioni di lavoro non adeguate;
- materiali non adeguatamente conservati;
- lembi mal preparati.
Es: MAGLIE IRREGOLARI, TARLI, INCOLLATURE, MANCANZA DI FUSIONE.
I tarli sono inclusioni gassose di forma allungata determinate dal fatto che l'arco con elettrodi
basici o cellulosici è stato troppo allungato.
La mancanza di fusione può essere causata da distanza tra i lembi insufficiente o scarsa abilità
del saldatore.

Cricche

Una cricca è una discontinuità originatasi per distacco inter- o trans-cristallino in un materiale
metallico originariamente continuo e sano. A seconda che il distacco avvenga lungo i bordi dei
grani o attraverso i grani stessi, le cricche si distinguono in intergranulari o transgranulari.
Viene normalmente considerata come una discontinuità bidimensionale perché è più o meno
allungata (da qualche millesimo di mm sino a parecchi cm) e profonda con un andamento
frastagliato, mentre i suoi lembi sono piuttosto ravvicinati. Se le dimensioni sono molto ridotte,
inferiori al millimetro, si parla di microcricche.

Le cricche sono il difetto più grave e temibile di un giunto saldato in quanto, anche se di piccole
dimensioni, sono sempre una rottura in atto, con alto fattore di concentrazione delle tensioni
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 28
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

(effetto d'intaglio) alle sue estremità; una cricca può essere suscettibile di ingrandirsi col tempo a
seconda delle sollecitazioni di esercizio e delle sue dimensioni iniziali, portando il giunto a
cedimento.

Cricche in ZONA FUSA

Le cricche in zona fusa possono essere longitudinali, trasversali o interdendritiche (queste ultime
sono quelle che seguono l'andamento né longitudinale né trasversale dei grani dendritici nella
zona fusa).

CRICCHE A CALDO
Le cricche a caldo si manifestano durante la solidificazione del giunto; hanno di regola andamento
longitudinale e sono disposte al centro della passata in cui si formano.
Possono o no affiorare alla superficie.
Le cause principali della loro formazione, nella saldatura degli acciai al carbonio, sono:
- medio alto tenore di carbonio del materiale base;
- alto tenore di impurezze (zolfo e fosforo) nel materiale base;
- alto grado di tensioni di ritiro di saldatura.

CRICCHE A FREDDO
Le cricche a freddo si formano durante il raffreddamento del giunto. Sono più frequentemente
trasversali che longitudinali, perché le tensioni longitudinali sono le più elevate.
Le cause principali della loro formazione sono:
- un elevato tenore di idrogeno in zona fusa;
- alta velocità di raffreddamento;
- alto grado di tensioni di ritiro.

Cricche in ZONA TERMICAMENTE ALTERATA

Le cricche in zona termicamente alterata si trovano nella zona ZTA o comunque vicino alla zona
che non ha raggiunto la temperatura di fusione. La loro direzione è generalmente longitudinale ma
può anche essere trasversale, inoltre possono essere interne al cordone o affioranti.

CRICCHE A FREDDO (longitudinali)


Si formano durante il raffreddamento del giunto. Possono avere sia dimensioni ridottissime
(microcricche) sia molto rilevanti, con lunghezze di decine di centimetri.
Le cause principali della loro formazione sono:
- presenza di strutture di tempra in Z.T.A.;
- assorbimento di idrogeno da parte del bagno;
- tensioni di ritiro residue.

CRICCHE A CALDO
Sono cricche generalmente molto piccole dovute: alla fusione di composti basso-fondenti che si
trovano al contorno dei grani cristallini (nella zona termicamente alterata del giunto) ed all'azione
delle tensioni di ritiro che provocano il distacco dei grani.

STRAPPI LAMELLARI
Sono cricche che si verificano nel materiale base quando quest’ultimo è sollecitato
perpendicolarmente al piano di laminazione. Sono tipici dei giunti a T o ad L vincolati ed hanno un
caratteristico andamento a gradino.
Le cause principali della loro formazione sono:
- tensioni di ritiro;
- geometria del giunto;
- materiale base laminato di spessore medio alto suscettibile agli strappi.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 29


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Penetrazione incompleta, fusione incompleta, incollatura

La penetrazione e fusione incompleta sono discontinuità provocate dalla mancata fusione di


entrambi o di uno solo dei lembi che compongono il giunto saldato.
Sono difetti gravi e quasi sempre inaccettabili.

PENETRAZIONE INCOMPLETA (o mancanza di penetrazione)


E' la mancata fusione del metallo base alla radice del giunto saldato.
Può trovarsi nella zona della prima passata (vertice) o al cuore della saldatura, a seconda del tipo
di preparazione (a V, a X, ecc.), o anche in corrispondenza di passate successive.
La causa principale è la cattiva preparazione dei lembi (angolo di apertura del cianfrino troppo
piccolo, distanza tra i lembi insufficiente, slivellamento) o la scarsa abilità del saldatore nel caso di
procedimenti di saldatura manuale.

FUSIONE INCOMPLETA (o mancanza di fusione)


Quando il metallo di apporto e il metallo base non si fondono insieme, oppure quando il metallo di
apporto di un cordone non si fonde con un cordone già eseguito. Visivamente si osserva che il
metallo d'apporto non si è amalgamato con il metallo base o con altro metallo d'apporto.
Si può trovare fusione incompleta o nel metallo di saldatura o all'interfaccia fra metallo d'apporto e
metallo base. Le cause probabili sono le stesse della mancanza di penetrazione.

INCOLLATURA
E' simile alla fusione incompleta ma con la presenza di uno strato di ossido interposto tra lembo e
zona fusa.Un giunto con questo difetto ha cattive caratteri-stiche meccaniche.
Sono tipiche degli acciai ferritici, per procedimenti ad apporto termico poco concentrato (MAG) o
di materiali facilmente ossidabili (leghe di alluminio).

Inclusioni

Le inclusioni sono discontinuità costituite da sostanze estranee (metalliche o non metalliche, gas)
intrappolate nel metallo d'apporto o fra il metallo d'apporto e quello di base.

INCLUSIONI DI SCORIA
Sono solidi o ossidi non metallici intrappolati nella saldatura, ovvero nel metallo d'apporto o fra il
metallo d'apporto e il metallo base. Poiché è più leggera del materiale d'apporto la scoria tende a
galleggiare sulla sua superficie, a meno che non vi rimanga intrappolata.
L'inclusione può essere superficiale o sub-superficiale e presentarsi come una linea continua o
come bande intermittenti o come particelle isolate. E' detta allungata quando è lunga più di tre
volte la sua larghezza. Le scorie sono tipiche dei procedimenti ad elettrodo rivestito e ad arco
sommerso. Si formano dal rivestimento ricoprente l'elettrodo o dai flussi che proteggono il metallo
fuso.

INCLUSIONI DI TUNGSTENO
Sono discontinuità a forma sferica o poligonale costituite da particelle di tungsteno (pezzi isolati o
minute schegge raggruppate) intrappolate nel materiale di saldatura quando, nella tecnica TIG,
l'elettrodo di tungsteno tocca il bagno di fusione. Sono discontinuità tipiche del procedimento TIG.

POROSITA'
Sono cavità, interne o superficiali, formatesi da gas rimasti intrappolati nel metallo d'apporto in
fase di solidificazione. La porosità si può manifestare in queste diverse forme:
- Diffusa uniformemente
- A grappolo
- Lineare
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 30
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

- A tarli

DIFFUSA UNIFORMEMENTE
E' distribuita più o meno uniformemente nel metallo di apporto. Nella porosità uniforme non ci
sono regioni di concentrazione di porosità, può essere superficiale o interna.

A GRAPPOLO
Una concentrazione di porosità in una regione separata dal resto della saldatura da regioni che
non contengono porosità o contengono porosità con concentrazioni minime.

LINEARE
Allineata internamente al deposito e solitamente non è osservata mediante esami visivi. Si trova
lungo i contorni del giunto, al confine fra le passate o alla radice della saldatura.

A TARLI
Sono porosità di forma allungata (con lunghezza superiore a tre volte il loro diametro) sulla
superficie della saldatura o intrappolate nel metallo d'apporto. I tarli con una coda particolarmente
lunga possono terminare con piccole chicche o incollature e sono da considerarsi molto pericolosi
per la sicurezza del giunto.

Profili impropri

Le discontinuità di profilo sono date da deviazioni del contorno della zona fusa rispetto al profilo
ideale prescritto, di norma costituito da una linea che penetra parzialmente nei lembi e si raccorda
dolcemente con il materiale base. Una saldatura che non sia in accordo con i requisiti di codice o
di specifica riguardanti i profili è una discontinuità inaccettabile.

RINFORZO ECCESSIVO
Discontinuità del profilo generata da deposito eccessivo di metallo d'apporto sulla corona della
saldatura (giunti di testa).
Causa: è dovuto in genere al saldatore che non è stato in grado di distribuire opportunamente il
numero delle passate (in saldatura normale), oppure al saldatore che non si è attenuto alle
indicazioni dei parametri (nella saldatura automatica).

CONVESSITA' ECCESSIVA
Discontinuità del profilo generata da deposito eccessivo di metallo d'apporto sulla corona della
saldatura (giunti d'angolo).

SOVRAPPOSIZIONE
Un eccessivo flusso di metallo d'apporto che non si fonde col metallo base.
Visivamente si presenta come metallo non fuso, che appare come "sovrapposto".
Si trova normalmente sul bordo del metallo di saldatura che è a contatto con il metallo base.

INCISIONE MARGINALE
Consiste nella asportazione di metallo base alla giunzione col metallo di saldatura.
L'aspetto di un'incisione marginale è quello di una regione in cui il materiale fuso è scivolato via.
Causa: E' essenzialmente causata dall'impiego di corrente eccessiva, associata ad un maneggio
non corretto.

SLIVELLAMENTO DEI LEMBI


Nel migliore dei casi consiste in una brusca variazione del profilo, altrimenti si può avere la
mancanza di fusione del lembo sovrapposto.
Causa: è dovuto ad un montaggio imperfetto che ostacola la possibilità di eseguire una saldatura
regolare.
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 31
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

PENETRAZIONE ECCESSIVA
Il metallo d'apporto oltrepassa più del previsto la radice della saldatura. Questa discontinuità si
forma durante la passata di fondo.
Causa: La penetrazione eccessiva è localizzata alla radice del giunto saldato quando non viene
usato un materiale di sostegno.

Inneschi d’arco, crateri, spruzzi, distorsioni e ritiri

INNESCHI D'ARCO
Fusioni non intenzionali del metallo base fuori dalla regione in cui si deposita il metallo d'apporto.
Gli inneschi d'arco possono assomigliare a singoli piccoli crateri circolari o cilindrici o a una serie
di piccoli crateri che formano una traccia verso il deposito di materiale d'apporto.
Possono essere prodotti dal saldatore che strofina l'elettrodo su una zona al di fuori dalla regione
di saldatura, da un morsetto di terra non collegato correttamente, oppure dall'uso improprio dei
puntali durante gli esami non distruttivi con particelle magnetiche.

CRATERI
Depressioni, con o senza porosità o cricche, sulla superficie alla estremità del cordone di
saldatura o nel bagno di saldatura che possono formarsi quando l'arco si è interrotto ed il gas di
protezione è stato rimosso prima che il cratere si sia solidificato. I crateri spesso riducono la
dimensione della saldatura sotto il valore richiesto e possono contenere altre discontinuità.
Possono trovarsi ovunque nella regione di saldatura dove l'arco è stato arrestato oppure fermato e
fatto ripartire. Quando si ha una cricca, essa può essere orientata trasversalmente oppure
longitudinalmente; a volte può essere formata da una serie di cricche intersecatisi che assumono
la figura di una stella.

SPRUZZI DI SALDATURA
Particelle di metallo espulse durante la saldatura dal bagno di fusione, che schizzano via e
cadono nelle regioni adiacenti. Preoccupano sia perché questi spruzzi possono mascherare altri
difetti, sia perché possono indicare che una variabile del processo di saldatura è fuori procedura.

DISTORSIONI E RITIRI
Il calore inerente al processo di saldatura può generare discontinuità quali distorsioni e ritiri sulle
parti saldate. La distorsione è la deviazione, sia temporanea che permanente, dalla forma
desiderata. Il ritiro è la diminuzione delle dimensioni, generata dal raffreddamento e dalla
contrazione del metallo d'apporto e di quello di base adiacente.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 32


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

1.3 DISCONTINUITA’ INDOTTE IN ESERCIZIO

Introduzione

Il controllo dei componenti in esercizio è diverso dal controllo dei


componenti in fase di costruzione, per un insieme di motivi
(accessibilità, stato delle superfici, ...). Per questo l'esame visivo è la
prima ed importante fonte di informazione e deve precedere ogni altro
tipo di esame. La conoscenza della tipologia caratteristica dei difetti di
esercizio nei componenti di un impianto, quali la loro origine, la loro
collocazione, la loro probabilità di individuarli in zone prestabilite e la
loro evoluzione, è un elemento indispensabile per una corretta
metodologia di controllo. In esercizio, le difettosità più frequentemente
riscontrabili possono essere così identificate:

· cricche (da fatica, da corrosione, da fatica termica, ...)


· perdite di materiale (corrosione, usura, erosione)
· deformazioni (per sovrasollecitazioni termiche e/o meccaniche)
· blistering (diffusione di idrogeno atomico nel materiale)

Cricche in esercizio

La formazione di cricche durante l'esercizio può avere numerose cause. Tra queste si
esamineranno le seguenti:
• fatica meccanica
• fatica termica
• infragilimento
• tensocorrosione
• corrosione per fatica

Fatica meccanica

Per fatica si intende un fenomeno che si manifesta nei materiali sottoposti a sollecitazioni cicliche
ripetute e che ne abbassa notevolmente il carico di rottura. Nelle costruzioni meccaniche si
verificano spesso rotture improvvise di organi in servizio senza che il carico abbia superato il
valore a base del calcolo di dimensionamento e senza che sia stato raggiunto in nessun punto
della sezione il carico di rottura del materiale. Queste particolari rotture si manifestano in organi
soggetti a sollecitazioni variabili ripetute e sono denominate rotture per fatica.
Tutti i metalli sono soggetti a fatica e spesso l'ambiente influenza fortemente le caratteristiche di
questo fenomeno, come nel caso di ambiente corrosivo o ad elevata temperatura.
Nel caso di alberi e perni, soggetti a torsione, le cricche da fatica sono disposte alla superficie del
pezzo, con orientazione di circa 45° rispetto all'asse.
Nel caso di strutture saldate, la cricca è generalmente localizzata al margine di saldature d'angolo.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 33


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Normalmente, le rotture per fatica hanno origine dalla superficie dei pezzi in corrispondenza di
punti singolari come brusche variazioni di sezione, intagli o difetti superficiali. Sono note anche
rotture di fatica originatesi nell'interno di pezzi, per la presenza di discontinuità o di difetti.
Una importante conseguenza di questo fatto è che è possibile migliorare la resistenza a fatica di
un pezzo curandone particolarmente l'aspetto superficiale.

Fatica termica
La fatica termica è un fenomeno causato dal ripetersi di cicli termici. Quando lo strato di un
componente viene riscaldato e raffreddato ripetutamente mentre il resto del pezzo rimane a
temperatura costante, la regione che subisce queste variazioni termiche si espande quando
riscaldata e si contrae durante il raffreddamento. La stessa regione subirà quindi forze di
compressione (che possono raggiungere lo snervamento) quando è calda e sollecitazioni a
trazione quando è fredda. Il ripetersi ciclico di queste condizioni può determinare lo sviluppo di
una cricca di fatica termica che tenderà a crescere durante il raffreddamento. Le cricche da fatica
termica si innescano generalmente sulla superficie e si propagano perpendicolarmente alla
superficie stessa.

Infragilimento
L' infragilimento consiste nella perdita critica di duttilità o di tenacità (o di entrambe) di un metallo.
Le ragioni per le quali un metallo risulta infragilito e quindi dà luogo a rotture fragili, sono varie.
Sotto certe condizioni ad esempio alcuni metalli sono soggetti a diffusione o migrazione di
elementi o gas al bordo grano.
Una delle principali forme di infragilimento è rappresentata dall'infragilimento da idrogeno, che
consiste nell'infragilimento introdotto nell’acciaio per assorbimento di idrogeno durante l’esercizio
del manufatto (ma anche durante il ciclo produttivo). L'idrogeno nei metalli ne altera le
caratteristiche meccaniche. Negli acciai, l'idrogeno provoca aumento della fragilità, diminuzione
del modulo di elasticità e della resilienza e aumento della durezza. Questo fenomeno, sotto
sollecitazioni anche estremamente modeste, può portare nei casi peggiori alla formazione di
cricche o alla rottura vera e propria.

Tensocorrosione
Con il termine tensocorrosione, o corrosione sotto sforzo (in inglese SCC: Stress Corrosion
Cracking), si definiscono i fenomeni di innesco e propagazione di cricche in un metallo sotto
l'azione combinata di sollecitazioni meccaniche di tensione e di un ambiente corrosivo.
Alcune caratteristiche della tensocorrosione sono:

• le condizioni di insorgenza sono tipiche di accoppiamenti molto specifici di un materiale


metallico e di un ambiente;
• l'ambiente corrosivo e la sollecitazione meccanica, presi singolarmente, non avrebbero dato
origine al fenomeno;
• il fenomeno si innesca solo e soltanto al di sopra di una soglia di tensione meccanica;
• interessa soprattutto le leghe;
• risultano efficaci le sollecitazioni di trazione, non quelle di compressione;
• la velocità di propagazione delle cricche, seppure elevata, è inferiore a quella di cricche di
natura puramente meccanica.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 34


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Metallo o lega Ambiente Note su tensocorrosione


Leghe di rame Soluzioni contenenti ammoniaca, Cricche transgranulari; cracking stagionale
sali di ammonio, ammine (season cracking) degli ottoni.

Leghe di rame Mercurio Cricche intergranulari.


Acciai inossidabili soluzioni di cloruri interessa in particolare gli acciai inossidabili
austenitici della serie 300
(AISI 304 e 316); avviene per T > 60°C;
cricche intergranulari, ramificate.
Acciai inossidabili Soluzioni contenenti H2S; -
Titanio cloruri in metanolo o etanolo anidri -

Acciai al carbonio Soluzioni alcaline Infragilimento: interessa le caldaie; T>200°C;


cricche intergranulari.
Acciai al carbonio Soluzioni di nitrati T > 100°C.
Acciai al carbonio soluzioni contenenti solfuri Tensocorrosione da solfuri: si verifica in
ambienti deaerati, neutri o acidi, tipici
dell'industria petrolifera.
Acciai al carbonio Soluzioni di carbonati, fosfati, -
cianuri; ammoniaca liquida

Acciai ad alto limite Aria umida, soluzioni acquose


di snervamento

Corrosione per fatica


Con corrosione per fatica si indica comunemente la frattura (cracking) in un materiale metallico
provocata dalla contemporanea presenza di un ambiente chimico, anche a lieve azione corrosiva,
e di sollecitazioni meccaniche. Diversamente dal caso della tensocorrosione, le sollecitazioni
meccaniche sono variabili nel tempo, o in segno (alternanza di sforzi di trazione e compressione)
o in intensità (alternanza di stati di maggiore e minore tensione).
Come nel caso della tensocorrosione, anche per la corrosione per fatica l’intensità massima delle
forze agenti può essere notevolmente inferiore rispetto al limite di snervamento del materiale
metallico. Inoltre, l’insorgenza di corrosione per fatica peggiora fortemente le proprietà di
resistenza dei materiali metallici (resistenza alla fatica e limite di fatica). La corrosione per fatica si
manifesta con la formazione di cricche che presentano un aspetto diverso in relazione alla
tipologia di sforzo applicato:

• forze cicliche uniformemente distribuite


detrminano cricche filiformi,
perpendicolari alla direzione dello
sforzo;

• sforzi di torsione provocano


cricche ad orientamento incrociato;

• tensioni biassiali generano


cricche longitudinali e trasversali.

Il processo di corrosione per fatica, una volta


innescato, procede in maniera molto simile a
quello della tensocorrosione.
Nota

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 35


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Se gli sforzi ciclici, a causa della particolare geometria del materiale, si concentrano in una sola zona
limitata si potrà verificare una sola cricca la cui velocità di propagazione sarà molto più elevata rispetto a
quella di un gruppo di cricche.

Perdite di materiale

Particolari condizioni e ambienti di esercizio possono causare perdite di materiale che, a causa
della riduzione della sezione normale di un componente, possono comportare fratture o cedimenti
del componente stesso.
Le perdite di materiale possono essere di due tipi:
• perdite generalizzate
• perdite localizzate

Perdite generalizzate

Le cause principali delle perdite generalizzate possono essere:


· corrosione generalizzata (interna o esterna)
· usura
· erosione (da liquido, vapore, particelle solide in gas)
Se le superfici interessate sono esterne sono facilmente individuabili con l'esame visivo.
L'erosione da liquidi si osserva anche all'interno di tubature, prevalentemente in corrispondenza di
cambi di direzione del moto del fluido (gomiti).
Nel caso in cui la perdita avvenga internamente è necessario utilizzare appositi strumenti (es.:
endoscopi).

- Corrosione generalizzata

La corrosione generalizzata (o uniforme) interessa tutta la superficie del metallo in maniera


omogenea. Il danno si traduce in un assottigliamento dello spessore del metallo a contatto con
l'ambiente aggressivo. Il suo andamento può essere espresso numericamente in termini di perdita
di peso del metallo. Di conseguenza la sua pericolosità diventa relativa in quanto un adeguato
monitoraggio permette di valutare l'entità del danno e quindi di prevedere con buona
approssimazione la vita di un impianto.
In condizioni di attacco uniformemente distribuito sulla superficie del metallo, la velocità di perdita
di massa (Vm ) per unità di superficie esposta all'ambiente aggressivo misura nel tempo l'entità del
danno provocato dall'attacco ed è esprimibile come:

Vm = Perdita di peso ∆m_____


Tempo t x Area esposta A

CATEGORIA VELOCITA’ DI CORROSIONE


trascurabile < 50 µm/anno
bassa 50 ÷ 100 µm/anno
modesta 100 ÷ 500 µm/anno
severa 500 ÷ 1000 µm/anno

Nota
In pratica, è più opportuno esprimere l'entità del danno come velocità di penetrazione, in quanto questa
fornisce una misura diretta dell'assottigliamento del metallo.
La velocità di penetrazione dell'attacco è legata a quella di perdita di peso attraverso la densità del metallo:

Velocità di penetrazione Vp = Vm________


SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 36
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Densità del metallo

- Usura

L'usura è un tipico fenomeno di danneggiamento superficiale tra parti in contatto che può
realizzarsi in un gran numero di modi e in condizioni molto diverse. L'analisi del fenomeno è molto
complessa perché esso risulta funzione di un gran numero di variabili.

CONDIZIONI CHE INFLUENZANO IL FENOMENO DELL'USURA


• tipo di carico
• ambiente in cui il pezzo lavora
• velocità relativa delle parti in contatto
• temperatura di lavoro dei pezzi
• natura del lubrificante
• mutua compatibilità dei metalli accoppiati
• presenza di sostanze estranee che agiscono
favorevolmente o sfavorevolmente

In generale tutti gli organi di macchina che trasmettono azioni meccaniche per attrito radente o
volvente subiscono usura. Questa provoca un'asportazione di materiale dalle superfici, il quale
può allontanarsi o rimanere in loco aggravando l'usura per effetto abrasivo. Per semplicità
possiamo considerare due tipi di usura:

· usura abrasiva
· usura adesiva

- Usura abrasiva

L' usura abrasiva si verifica quando particelle


di elevata durezza strisciano o rotolano su di
una superficie sotto una pressione esterna
scalfendo o rigando la superficie stessa.
Azioni di usura abrasiva si hanno facilmente
sulle giranti di pompe e di ventilatori che
convogliano fluidi (liquidi o gas) con presenza
di corpi estranei duri e sui cuscinetti e sui
perni degli alberi motore.
In metalli e ceramici la resistenza all’usura abrasiva è direttamente proporzionale alla durezza
della superficie a contatto. In genere aumentando la durezza di un materiale si riduce la sua usura
abrasiva.

- Usura adesiva

L' usura adesiva si ha nello strisciamento fra le superfici di due corpi in movimento relativo in cui il
contatto diretto avviene soltanto attraverso un certo numero di punti o meglio di areole, in
dipendenza del grado di rugosità delle superfici. L'effettiva area di contatto è quindi assai limitata,
per cui su di essa si possono manifestare delle pressioni elevate, tali da superare il limite di
snervamento del materiale e produrre delle deformazioni plastiche locali, cui seguono
surriscaldamenti con possibilità di saldature. Sotto l'effetto dello scorrimento relativo fra le due

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 37


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

superfici le singole areole saldate sono sollecitate al taglio e si deformano fino a quando, superata
la resistenza del materiale, si produce uno strappo con conseguente formazione di detriti.

L'usura si riduce in presenza di


• ossidi sulla superficie che agiscono come film protettivi.
• contaminanti sulla superficie che riducono le forze di adesione.

- Corrosione erosione

La corrosione erosione è una forma di corrosione tipica di pezzi immersi in un fluido (o che
trasportano un fluido), in cui si ha la concomitanza di un attacco corrosivo con l'azione meccanica
di rimozione dei prodotti di corrosione provocata dalla elevata velocità del fluido.
Zone di turbolenza e cambiamenti bruschi della direzione del flusso sono i siti preferenziali di
questa forma di corrosione.

La morfologia dell'attacco è sempre strettamente legata al fenomeno abrasivo che lo ha


provocato. Così, in presenza di solidi in sospensione, si possono formare solchi
idrodinamicamente profilati, zone ondulate senza spigoli vivi, che assumono l'aspetto di
sbavature. Mentre, nel caso di turbolenza, si osservano profili taglienti e crateri orientati secondo
la direzione del movimento del liquido.

Nota: Acciai al carbonio


La resistenza degli acciai al carbonio in molti ambienti è dovuta alla formazione di un film di prodotti di
corrosione sulla loro superficie. Questo film ha una resistenza meccanica molto più bassa di quella
dell'acciaio e sotto l'effetto del flusso si può rimuovere.
La rimozione del film espone l'acciaio nudo che corrode più in fretta del resto della superficie rimasta
coperta. Si può formare del nuovo film ma viene nuovamente rimosso dal flusso e cosi via.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 38


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Perdite localizzate

Le perdite localizzate di materiale sono essenzialmente dovute ad attacchi di corrosione


localizzata quali:

· corrosione interstiziale (crevice)


· vaiolatura (pitting)

- Corrosione localizzata

La corrosione localizzata interessa parti limitate dell'area del metallo in contatto con l'ambiente
aggressivo. La localizzazione si presenta con diverse morfologie e viene indicata con termini
diversi a seconda del rapporto estensione/penetrazione dell'attacco o a seconda della causa del
processo.

Ulcera

Penetrante
Vaiolatura
Cavernizzante

Intergranulare
Cricca
Transgranulare

La presenza di agenti chimici particolarmente aggressivi, come H2S e cloruri, aumenta


notevolmente la probabilità dell'insorgenza del fenomeno di localizzazione. Questi tipi di attacchi
sono meno prevedibili e più insidiosi in quanto l'avanzamento del processo può portare
velocemente alla foratura della parete di un pezzo prima ancora che il materiale subisca una
perdita di peso apprezzabile.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 39


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

- Corrosione interstiziale (crevice)

La corrosione interstiziale (o crevice) insorge in


corrispondenza di interstizi o altri punti schermati
dove può formarsi e ristagnare dell'umidità che viene
a costituire una soluzione acquosa per l'avvio del
processo corrosivo.

Tipici corpi schermanti sono giunti, bulloni,


guarnizioni, depositi di prodotti di corrosione o sabbia.
Questa forma d'attacco è caratterizzata
dall'instaurarsi di una macrocoppia tra:

• una zona del metallo, esterna al crevice, sulla


quale avviene il processo catodico;

• e un'altra zona, la zona schermata, sede del


processo anodico di corrosione.

La superficie metallica che risulta attaccata è sempre


molto piccola rispetto a quella totale esposta.

- Vaiolatura (pitting)

La vaiolatura corrosione per pitting si realizza con la formazione di piccole cavità dette crateri a
carattere più o meno penetrante che in brevissimo tempo possono anche determinare la
perforazione del materiale metallico.
La formazione di pitting si verifica principalmente su ferro, nichel, alluminio e acciai inossidabili, se
posti in contatto con soluzioni a debole carattere ossidante, contenenti ioni specifici (ad esempio:
cloruri).

Nella corrosione per pitting i siti di innesco sono rappresentati da disomogeneità della superficie
metallica (difetti, inclusioni, bande di scorrimento affioranti ecc.). Una volta che il processo è
innescato i prodotti di corrosione chiudono l'apertura del "cratere" e si crea così una "cella
occlusa", che accelera il processo corrosivo.

Nota: Condizioni fluidodinamiche e temperatura


Nel caso di materiali immersi in acqua le condizioni fluidodinamiche esercitano una grande influenza
sull'insorgenza del pitting. Ad esempio, l'acciaio inossidabile tipo AISI 316 non dà luogo a vaiolatura in
acqua di mare se la velocità dell'acqua è superiore a 1,5 m/s, mentre in condizioni stagnanti si ha innesco di
pit in tempi brevi. Analogamente, la temperatura esercita una forte influenza: tanto più è alta e tanto
maggiore è la tendenza al pitting.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 40


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Deformazioni

Le deformazioni di un componente o di una struttura possono essere originate da una


sovrasollecitazione termica e/o meccanica o da blistering.
· Deformazioni termiche e meccaniche
· Blistering (bugne da idrogeno)

- Deformazioni termiche e meccaniche

Una sovrasollecitazione termica e/o meccanica può produrre la deformazione di un componente o


di una struttura. Tali deformazioni possono essere accompagnate da variazioni delle
caratteristiche metallurgiche, da riduzione di spessore e dalla formazione di fessurazioni
superficiali. Le deformazioni possono derivare anche da tensioni residue presenti all'interno del
materiale. Questi danneggiamenti sono molto critici in quanto possono portare a rotture o
addirittura a collassi strutturali di intere strutture (come ponti, colonne, travi, ecc…).

Nota
Un esempio di deformazioni termiche è costituito dai tubi dei generatori di vapore nelle centrali elettriche.
I tubi che sono stati surriscaldati possono mostrare distorsioni significative: il tubo si indebolisce e la
pressione interna genera un rigonfiamento, spesso accompagnato da cricche nella zona distorta, che può
portare al cedimento del pezzo.

- Blistering (bugne da idrogeno)

Il Blistering o bugne da idrogeno è un fenomeno dovuto alla diffusione, all'interno della struttura
metallica di un componente, dell’idrogeno atomico liberatosi da reazioni chimiche all’interfaccia
metallo-fluido. L'idrogeno che diffonde nel materiale in forma atomica tende ad accumularsi nei
difetti della struttura metallica quali vuoti, inclusioni, segregazioni, ecc. Quando l'idrogeno atomico
entra in un vuoto si ricombina formando idrogeno molecolare. Una molecola di idrogeno ha
dimensioni molto maggiori di un atomo. Per questa ragione si crea una pressione molto alta
all'interno di questi vuoti che determina la rottura dei legami metallici con conseguente aumento
delle dimensioni del difetto e deformazione del materiale.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 41


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

1.4 METALLOGRAFIA

Campione metallografico

Il Campione metallografico è l'elemento fisico su cui si esegue l'esame microstrutturale di un


materiale. Per una corretta indagine microstrutturale, il campione metallografico deve essere:

• rappresentativo del componente/materiale in esame;


• idoneo a soddisfare lo scopo dell'esame;
• elaborato per evidenziare la microstruttura;
• libero da segni, macchie e liquidi di preparazione;
• lucidato in modo che tutte le inclusioni e fasi siano preservate intatte;
• con la superficie da esaminare perfettamente piana.

Preparazione dei campioni

La preparazione dei campioni è indispensabile


per qualsiasi tipo di esame metallografico: ATTREZZATURA PER
microscopia, microdurezza, analisi di immagine. PREPARAZIONE CAMPIONI
In genere, richiede 5 operazioni fondamentali:
• sezionatura o taglio
• inglobamento in resina MICROTRONCATRICE
• levigatura PRESSA INGLOBATRICE
• lucidatura PULITRICE
• attacco chimico PORTA CAMPIONI

Sezionatura o taglio

La sezionatura si esegue per ridurre il particolare in esame a dimensioni idonee ad essere


osservato al microscopio ottico. La sezionatura del campione metallografico deve essere eseguita
con cura, evitando di alterare o distruggere la struttura del materiale. Lo strumento più diffuso per
sezionare è la mola da taglio a base Carburo di Silicio oppure Diamantata.

Durante il taglio si genera calore che può provocare bruciature e microdeformazioni del campione.
Per minimizzare tali fenomeni si utilizzano lubrificanti o liquidi di raffreddamento. Nonostante le
precauzioni adottate un seppur minimo strato superficiale risulta danneggiato; conviene pertanto
prolungare la successiva fase di levigatura per eliminare tutti i danneggiamenti procurati.

Inglobamento in resina

L'inglobamento ha lo scopo di facilitare la manipolazione del campione metallografico durante la


preparazione e la successiva osservazione al microscopio ottico. L'inglobamento avviene
annegando il campione metallico in resina che polimerizza in uno stampo di forma cilindrica.
Le resine di inglobamento devono essere compatibili con la durezza e la resistenza all'abrasione
del materiale in esame. Esistono due famiglie di resine:

· termoindurenti a caldo (base fenolica)


· termoplastiche o indurenti a freddo (base epossidica)

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 42


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Termoindurenti a caldo (base fenolica)


Sono resine che polimerizzano a temperatura ambiente e non necessitano di pressa.
Queste resine sono utilizzate nella preparazione di campioni di materiali teneri, di scarsa
consistenza o che sarebbero danneggiati se sottoposti a riscaldo e/o compressione.

Termoplastiche o indurenti a freddo(base epossidica)


Sono resine che polimerizzano in compressione a caldo (200-300°C) e richiedono l'impiego di una
specifica pressa. I campioni che se ne ricavano sono molto compatti e di durezza elevata: queste
resine risultano pertanto ideali per la preparazione di campioni di acciaio e/o ghisa.

Levigatura

La levigatura è considerata l'operazione più importante di tutta la preparazione del campione


metallografico. Consiste nell'abradere la superficie del campione con mole abrasive lubrificate ad
acqua allo scopo di ottenere una superficie piana e minimamente deformata. L'operazione deve
essere condotta con estrema cura, per evitare il danneggiamento della superficie del campione.
Il processo prevede l'impiego di mole o carte abrasive a grana progressivamente più fine: il danno
superficiale residuo viene eliminato con l'operazione successiva di lucidatura.

Lucidatura

In genere la preparazione di un campione metallografico prevede due tipi di lucidatura:

• lucidatura preliminare
Normalmente si utilizza un disco di panno in velluto aderente su disco metallico ed
impregnato con pasta diamantata a grana fine (fino a 1 µm); il campione è mantenuto
pressato al disco in rotazione.

• lucidatura fine
Si opera analogamente alla lucidatura preliminare ma con abrasivi più fini (fino a 0,05 µm)
e su disco di tela sintetica.

Queste operazioni sono condotte in laboratorio utilizzando macchine automatiche con le quali si
possono lucidare gruppi omogenei di provini.

Attacco chimico

L'attacco chimico comprende tutti i processi utilizzati per mettere in evidenza la microstruttura di
un metallo o lega. Poiché molti dettagli microstrutturali non sono visibili con la sola lucidatura, la
superficie del campione deve essere trattata per rivelare gli aspetti strutturali quali: grani, bordo di
grani, geminazioni, deformazioni e fasi secondarie.
L'attacco chimico agisce in modo differenziato rispetto alle diverse aree, all'orientamento dei grani,
alle imperfezioni cristalline, alle variazioni di composizione.
Il risultato è rappresentato da una irregolarità superficiale che riflette la luce incidente del
microscopio con angolazioni diverse, generando contrasto, colorazioni, polarizzazione e quindi
una immagine della superficie del campione.
Le tecniche di attacco sono numerose; oltre al chimico si possono utilizzare attacchi di tipo:
· elettrochimico
· termico
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 43
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

· elettrolitico sotto vuoto


· meccanico.

L'attacco chimico e l'attacco elettrolitico sono i più diffusi nell'ambito dei materiali ferrosi. Le
tecniche di applicazione prevedono l'impiego di reattivi a base di acidi forti o di sali a reazione
acida. Quelli normalmente utilizzati in laboratorio sono indicati nella tabella.

Reattivi per attacchi chimici


Attacco Composizione Impiego

NITAL Soluzione di acido nitrico 1%


di alcool
Acciai e ghise
PICRAL Soluzione di acido picrico 1%
di alcool

MARBLE Soluzione di solfato di rame ed Acciai inossidabili


acido cloridrico in acqua

KELLER Soluzione di acido fluoridrico, Leghe di alluminio


nitrico e cloridico in acqua
CLORURO Soluzione di cloruro ferrico ed Leghe di rame
FERRICO acido cloridrico in alcool

Repliche metallografiche

In caso non si possa disporre o prelevare un campione da portarsi al microscopio è possibile


procedere all'esame di una porzione della superficie da esaminare in modo indiretto mediante la
replica (calco) della superficie in esame.
La replica metallografica è un tipo di indagine non distruttiva che comporta la preparazione
metallografica standard della parte da esaminare con levigatura, lucidatura ed eventuale attacco
(l'attacco viene normalmente prolungato). La superficie così preparata viene coperta da uno strato
di acetato di cellulosa, supportato da una pellicola di alluminio speculare; quando il solvente che
aveva rammollito l'acetato è evaporato sulla superficie rimane impresso il calco della superficie
metallografica preparata. E' così possibile trasferire la replica, fissata su appositi vetrini, al
microscopio.
Strumentazione per repliche metallografiche:
• Manipolo per lucidatura in campo
• Strumento per lucidatura/attacco elettrolitico in campo
• Metallizzatore in oro
• Repliche metallizzate

Tecniche metallografiche

La metallografia è l'insieme delle tecniche adottate per l'osservazione della struttura dei materiali
metallici. Le tecniche metallografiche normalmente utilizzate per l'esame dei materiali metallici
sono:
• microscopia ottica
permette l'osservazione dei materiali utilizzando luce in campo visibile e fornisce una
immagine ingrandita della macro e microstruttura;

• microscopia elettronica a scansione (SEM)


SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 44
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

la superficie del campione è bombardata da un fascio di elettroni e fornisce una immagine


virtuale tridimensionale.

Le indagini sulla struttura avvengono osservando sezioni appositamente preparate.


Se l'osservazione si fa ad occhio nudo o con strumenti che ingrandiscono fino a circa 10 volte si
ha la Macrografia. Se l'osservazione si fa ad ingrandimenti superiori si ha la Micrografia.

Macrografia

La macrografia fornisce informazioni di carattere panoramico sulla struttura di un metallo, molto


spesso determinanti al fine della possibilità di uso del pezzo.

Gli esami macrografici possono essere


distinti in funzione dello scopo che si MACROGRAFIA
prefiggono: DENDRITI
• esame del dendritismo (colonnare /
equlassico, frantumazione dendriti
da lavorazione plastica etc.);
• esame della cristallizzazione
(forma, dimensione, orientamento
del grano primario austenitico,
etc.); CRICCA IN ZONA
• esame dei difetti vari (inclusioni, TERMICAMENTE
cricche capillari etc.); ALTERATA
• esame della segregazione (zone
più impure da segregazione su
pezzi fusi, su giunti saldati, etc.);
• esame della fibratura (pezzi
lavorati a caldo, giunti saldati etc.);
GIUNTO IN
• esame della frattura (da eseguirsi ACCIAIO INOX
senza alcun attacco o
preparazione della superficie), in
grado di definire:
• aspetto della frattura, distinzione
tra rottura di schianto e per fatica,
corrosione, innesco rottura, etc.
Essi richiedono tecniche d'attacco e di preparazione tra loro diverse.

Micrografia

La micrografia ha una applicazione più generale della macrografia mediante essa è possibile
avere informazioni riguardanti:

• la composizione delle leghe;


• la distribuzione della fasi;
• la forma e la dimensione dei grani;
• le inclusioni non metalliche;
• la corretta esecuzione del trattamento termico;
• la lavorazione eseguita dal metallo, etc.

Molte volte è sufficiente una osservazione micrografica per decidere senza incertezze sulle cause
di insuccessi o di gravi inconvenienti in servizio.
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 45
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Microscopia ottica

La microscopia ottica è la tecnica utilizzata per la riproduzione della topografia e degli aspetti
microstrutturali di una superficie lucidata ed attaccata, ad un ingrandimento variabile da 2 a 1500
volte. Applicazioni e limiti di questa tecnica possono essere così indicati:

Applicazioni
• identificazione/verifica di efficacia dei metodi di fabbricazione e dei trattamenti termici;
• esame delle saldature;
• analisi delle rotture;
• valutazione dell'effetto delle lavorazioni sulla microstruttura e proprietà

Limitazioni
• potere risolvente: circa 1 micron;
• profondità di campo limitata non è possibile mettere a fuoco le superfici grezze o irregolari;
• non fornisce informazioni dirette circa la composizione chimica o cristallografica.

Il campione metallografico è collocato perpendicolarmente all'asse ottico del microscopio ed


illuminato dalla sorgente luminosa attraverso l'obiettivo. La luce è focalizzata, mediante un
condensatore ottico, in un fascio luminoso, reso parallelo all'asse ottico da uno specchio semi-
riflettente ed incidente la superficie del campione. La luce riflessa ripercorre il banco ottico in
senso inverso, fino all'oculare di osservazione. Attraverso l'oculare è possibile esaminare la
superficie del campione.

LEGENDA
1 - Piano del film
2 - Oculare cercatore
3 - Lente di proiezione
4 - Prismi del tubo oculare
5 - Oculare
6 - Obiettivi
7 - Diaframma di apertura
8 - Condensatore
9 - Lente di campo
10 - Diaframma di campo
11 - Diffusore
12 - Filtri
13 - Meccanismo movimento tavolino
14 - Lente collettrice
15 - Lampada alogena
16 - Fotomultimetro
17 - Adattatore
18 - Meccanismo di messa a fuoco

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 46


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Microscopia elettronica a scansione

Il SEM (Scanning Electron Microscope) estende notevolmente le possibilità di indagine in


Metallurgia, particolarmente per quanto riguarda l'analisi delle rotture.
Il SEM ha una risoluzione spaziale molto elevata, grazie all'utilizzo dell'alto vuoto, di radiazioni
elettroniche di bassissima lunghezza d'onda (< 0,1 Å) e di un fascio elettronico che può essere
focalizzato su aree molto ridotte (< 100 Å).

Queste proprietà consentono non solo l'esame di fasi strutturali molto piccole, ma anche la
determinazione della loro composizione chimica e natura cristallina.
Le stesse proprietà sono alla base degli esami frattografici delle superfici di rottura

Tutti i Microscopi Elettronici a Scansione sono costituiti da:


• una colonna che genera un fascio di elettroni;
• una camera porta campioni deve il fascio elettronico interagisce con il campione;
• registratori che elaborano i diversi segnali emessi dall’interazione fascio/campione;
• un sistema di visualizzazione che costruisce un’immagine dai segnali elaborati dal registratore.

Un catodo costituito da un filamento di tungsteno, emette, in condizioni di vuoto spinto, un fascio


di elettroni che, mediante un sistema di lenti magnetiche, viene ridotto a piccole dimensioni e
focalizzato in "scansione" sul campione in esame. Il campione si "eccita" ed emette tutta una serie
di segnali di tipo diverso: elettroni, raggi X, emissioni ottiche interagenti tra di loro.

Il SEM analizza le emissioni Rx, gli elettroni secondari e retrodiffusi, li elabora e li trasforma negli
output caratteristici: immagini virtuali, analisi elementari qualitative e quantitative, mappe di
distribuzione, ecc. I segnali emessi dall’interazione fascio elettronico/campione, opportunamente
elaborati, consentono:

• esami morfologici e frattografici delle superfici di rottura (elettroni secondari e retrodiffusi).


• analisi chimica elementare (raggi X, fluorescenza, catodoluminescenza, elettroni Auger).

INFO: “GOCCIA” DI DIFFUSIONE GENERATA DALL’ECCITAZIONE DEL CAMPIONE

L’immagine rappresenta la “nuvola” o “goccia” di diffusione degli elettroni caratteristici generati


dall’eccitazione del campione. Siamo al di sotto del punto dove gli elettroni colpiscono la superficie del
campione. Questa nuvola rappresenta il volume (immediatamente sottostante la superficie - alcuni
angstrom cubi) all’interno del quale avviene la reazione del materiale all’eccitazione subita.

La reazione provoca l’emissione di tutti i segnali indicati (raggi X, catodoluminescenza, elettroni retrodiffusi,
ecc.) ognuno dei quali se analizzato fornisce una o più caratteristiche fisico - chimiche della superficie del
materiale.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 47


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Tecniche correlate

Microanalisi RX

Il sistema di Microanalisi a Spettrometria Rx, comunemente chiamato Microsonda, è uno


strumento complementare al SEM ed è molto utile per individuare la natura chimica delle fasi
strutturali e delle sostanze presenti sulla superficie in esame.
Come si è visto, tra i segnali emessi dal campione eccitato dal fascio elettronico, sono presenti
anche radiazioni X generate dalla variazione di Energia Potenziale (E.P.) che gli atomi disposti in
superficie subiscono (spostamento di elettroni da un'orbita all'altra).
La variazione di E. P. è caratteristica di ogni elemento chimico ed è quantitativamente uguale alla
differenza tra la E.P. dell'atomo nel suo stato eccitato ed allo stato finale.
La misura di ampiezza ed intensità dei picchi spettrometrici consente l'identificazione qualitativa e
quantitativa degli elementi presenti.

Microanalisi EDS

Il sistema di microanalisi spettrometrica qualitativa a dispersione di energia (EDS) è in grado di


fornire informazioni circa la natura chimica di un campione (cos’è e un’idea quantitativa).
La microanalisi EDS non fornisce determinazioni molto accurate e precise circa la concentrazione.
In molti casi l’analisi di campioni che contengono elementi con picchi molto vicini o sovrapposti,
risulta problematica.

Microanalisi WDS

Il sistema di microanalisi spettrometrica qualitativa a dispersione di lunghezza d'onda (WDS)


fornisce mappe della distribuzione elementare di un campione.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 48


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

2. OTTICA E FOTOMETRIA

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 49


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

2.1 INTRODUZIONE

L'esame visivo (VT, Visual Testing) è un metodo di controllo non distruttivo che si avvale della
vista quale strumento principale. Sono richieste una grande esperienza, conoscenze e capacità
per effettuare correttamente esami visivi di componenti, manufatti, strutture industriali,
infrastrutture o opere saldate.

L'operatore deve pertanto conoscere:


• funzioni, tipo di materiale, disegni costruttivi, punti critici del componente in esame;
• meccanismi del danneggiamento da individuare, relativamente alla situazione ambientale e
di lavoro cui è sottoposto il componente.

Sono inoltre necessarie adeguate conoscenze in merito:


• alla fisiologia dell'occhio ed ai meccanismi di visione,
• ai principi base di ottica e di fisica della luce
• ai sistemi di misura e valutazione delle principali grandezze fotometriche.

2.2 FISIOLOGIA DELLA VISIONE

La visione

Il bulbo oculare è simile ad un piccolo apparecchio fotografico sferoidale che si orienta nella
direzione di visione (puntamento) e in base alla distanza del punto di interesse, automaticamente
mette a fuoco l'immagine. Il perfetto sincronismo tra i due occhi consente di unificare le due
immagini in una sola immagine di visione.

Struttura dell'occhio

Nell'occhio possiamo individuare i seguenti elementi principali:

CRISTALLINO: Lente biconvessa costituita da cellule trasparenti. In funzione dell'immagine varia


la messa a fuoco modificando la sua curvatura;

IRIDE: Schermo circolare posto davanti al cristallino e con al centro la pupilla. Da la tipica
colorazione dell'occhio e funge da diaframma per regolare la quantità di luce;

CORNEA: pellicola trasparente posta a protezione del bulbo oculare converge la luce sulla parte
centrale della retina (fovea);

RETINA: schermo sensibile alla luce situato nella parete posteriore del bulbo oculare;

FOVEA: parte centrale della retina con la massima sensibilità visiva;

NERVO OTTICO: porta il segnale visivo dalla retina al cervello.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 50


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Recettori oculari: coni e bastoncelli


Alla base della visione vi è un meccanismo biologico, sensibile alla luce, in grado di trasformare la
radiazione in una serie di prodotti chimici, suscettibili di essere elaborati dal cervello e trasformati
in sensazioni visive. Tale sistema biologico ha sede sulla retina ed è costituito da due tipi di
recettori: i coni e i bastoncelli. Ciascun tipo, quando stimolato dalla radiazione elettromagnetica,
produce un particolare pigmento (la iodopsina i coni e la rodopsina i bastoncelli) che dà l'avvio ad
una serie di reazioni chimiche e stimolazioni nervose, il cui esito finale è la percezione di luci e
colori.

I coni hanno la massima concentrazione (fino a 160.000 per millimetro quadrato) in una piccola
zona della retina, completamente priva di bastoncelli, detta fovea. Sono preposti alla visione
diurna, detta fotopica, e presiedono alla percezione del colore e alla nitidezza dei contrasti.
La stimolazione dei coni della fovea permette una maggiore discriminazione dei dettagli. Infatti
ogni singolo cono della fovea è collegato ad una cellula nervosa e questa comunicazione diretta
con il cervello favorisce una maggiore capacità discriminante.

I bastoncelli, molto più sensibili dei coni alla luce, ma sono collegati alle cellule nervose solo a
gruppi e questo fa sì che l'immagine che essi veicolano sia meno nitida. Tuttavia la loro maggiore
sensibilità permette all'occhio di vedere anche in condizioni di scarsa luminosità, quando i coni
non riescono più a fornire informazioni utili al cervello (visione scotopica). La visione resa possibile
dai bastoncelli è una visione non cromatica.

In sintesi possiamo dire che:


Coni: Bastoncelli:
- permettono di percepire colori e riconoscere - non sono in grado di distinguere né piccoli
dettagli; dettagli né colori;
- sono circa 6 milioni in ogni occhio ed un - sono circa 120 milioni in ogni occhio e
singolo cono occupa nella retina un'area hanno una dimensione di circa 0.001 mm;
equivalente ad un angolo solido di circa un - sono completamente assenti nella parte
minuto quadrato corrispondente a circa centrale della retina che ha il compito della
160.000 per mm2 ; visione intensa
- tale densità determina il potere risolutivo - In condizioni di illuminazione molto bassa
dell'occhio e viene utilizzata per sono stimolati solo i bastoncelli dell'occhio
determinare la visione "normale" di un (visione scotopica).
occhio (acuità visiva).
- Con illuminazione elevata sono stimolati
solo i coni (visione fotopica).
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 51
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Angolo visivo (angolo ottico)

Nel nostro sistema di visione oggetti di dimensioni uguali, ma distanti dall'occhio il doppio l'uno
dall'altro, producono sulla retina immagini di grandezze una il doppio dell'altra.
Oggetti di dimensioni doppie l'uno dell'altro, se il più grande è ad una distanza doppia rispetto al
più piccolo, producono sulla retina un'immagine di uguale dimensione. La proiezione sulla retina di
un oggetto dipende quindi dal rapporto tra la sua grandezza reale e la sua distanza dall'occhio.

Se consideriamo la grandezza dell'oggetto (L) come arco di un cerchio immaginario, avente come
centro l'occhio e come raggio la distanza d dell'oggetto dall'occhio, possiamo definire l'angolo
visivo (AV) come: AV = (360° x L) / 2π d

ovvero come l'angolo sotteso da un oggetto di misura L posto alla distanza d dall'occhio.
L'angolo visivo è espresso in gradi, primi e secondi.

Test di acuità visiva

Il test di acuità visiva consiste nel verificare la capacità di vedere o identificare correttamente
alcuni optotipi di una specifica dimensione ad una determinata distanza.
Esistono vari metodi per la misura dell'acuità visiva, tra cui:

• SNELLEN TEST (20/20)


E' il più comune metodo per misurare l'acuità visiva da lontano (6 m) e consiste in una
tabella con righe di caratteri via via sempre più piccoli.

• JAEGER J1 E J2
Serve per controllare la visione da vicino (305 mm) ed è costituto da una pagina (125 x
200 mm) con un testo suddiviso in gruppi di dimensione crescente.

• Si dirà che si ha una visione normale (o acuità del 100%) quando si è in grado di leggere
lettere aventi un angolo di un minuto rispetto all'occhio. La lettura di lettere con un angolo
di due minuti corrisponderà ad una acuità del 50% e così via.

Note
- La visita di controllo dell'acuità visiva non richiede necessariamente del personale medico; è sufficiente
che l'esaminatore sia preparato e qualificato nel metodo scelto.
- Quando un candidato non supera il test l'esaminatore dovrà avvertirlo che dovrà sottoporsi a visita
medica specialistica di controllo dell'acuità visiva.
- Se il medico specialista prescrive al candidato degli occhiali ed una valutazione scritta attestante che il
candidato è idoneo, con l'uso degli occhiali, a soddisfare le richieste dello standard adottato, il candidato
potrà essere utilizzato nell'esecuzione del controllo.

Grandezze associate alla visione

Oltre all'angolo di visuale esistono altri tre fattori fondamentali associati alla visione e sono:
• Luminosità
• Contrasto
• Tempo di esposizione

Luminosità
La luminosità è la caratteristica che fa riferimento alla quantità di bianco o di nero presente nel
colore percepito. Può essere definita in senso ASSOLUTO oppure in senso RELATIVO.
La luminosità assoluta (brillantezza o intensità) è la "quantità" di luce, emessa da una sorgente o
riflessa da una superficie, percepita dall'occhio. La luminosità relativa (apparente) è la "quantità"

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 52


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

di luce proveniente da un oggetto, messa a confronto con la "quantità" proveniente da una


superficie bianca sottoposta alla medesima illuminazione.

La percezione risulta quindi condizionata dalla situazione contestuale. Quando un grigio viene
posto prima su uno sfondo grigio-bianco e successivamente su uno sfondo nero, sembrerà più
chiaro nel secondo caso, pur non essendo variata la sua intensità in questo caso si parla di
contrasto luminoso.

Contrasto
Il contrasto può essere definito come la capacità dell'occhio di percepire oggetti colorati su uno
sfondo anch'esso colorato. In condizioni normali l'uomo non "vede" un colore isolato, ma ogni
colore agisce in modo diverso a seconda dello sfondo.
Il contrasto può essere:
• di tonalità: un colore appare in modo differente a seconda dei colori cui è accostato;
• di colori complementari: sono colori che producono un colore neutro (bianco, grigio, nero)
quando combinati in determinate proporzioni.
Un grigio su uno sfondo colorato tende al colore complementare dello sfondo stesso.
Il massimo contrasto è quindi ottenibile con coppie di colori complementari, poiché ognuno non
contiene traccia dell'altro.

Tempo di esposizione
Il Tempo di esposizione rappresenta il tempo necessario all'occhio umano per percepire
visivamente un oggetto. Tale tempo dipende dai tempi di risposta dei recettori (bastoncelli e coni)
e, pertanto, dipende principalmente dalle condizioni di illuminamento.
Tenendo presente che la reazione dei coni è di circa 3/40 di secondo mentre la reazione dei
bastoncelli è di circa 3/10 di secondo, ne deriva che i coni sono circa quattro volte più "veloci" dei
bastoncelli. Dato che i coni (a differenza dei bastoncelli) intervengono in condizioni di elevato
illuminamento si ha che il tempo di esposizione si riduce all'aumentare dell'illuminazione
ambientale.

Sensibilità dell'occhio umano


L'occhio non è in grado di percepire tutte le radiazioni esistenti, ma solo quelle con lunghezza
d'onda compresa tra 380 e 780 nm (nanometri). Questi valori delimitano lo spettro visibile.
La sensibilità visiva varia al variare della lunghezza d'onda ed è massima al centro dell'intervallo
(in corrispondenza di 555 nm), mentre è minima agli estremi del campo. La sensibilità dell'occhio
umano varia anche al variare dei livelli di luce, per alti livelli di luce (visione fotopica es: luce
diurna) la sensibilità è massima nella regione del verde (555 nm); per bassi livelli di luce (visione
scotopica es: luce notturna) la sensibilità è massima nella regione del blu verde (507 nm).
Curve sensibilità relativa dell'occhio umano ed energia solare in funzione della lunghezza d'onda

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 53


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

LUNGHEZZA D'ONDA (nm)

Legge di Weber
Il nostro sistema visivo non ha una risposta lineare alla energia radiante, ma logaritmica. Tale
peculiarità è formalizzata nella legge di Weber. La legge di Weber afferma che la risposta
eccitativa del sistema percettivo umano cresce con il logaritmo della energia emessa dalle
superfici luminose che osserviamo.
Tale legge può essere illustrata con un esempio molto semplice. Supponiamo di trovarci in un
ambiente illuminato da una lampada da 25 watt. Dopo esserci abituati a tale livello di luminosità,
raddoppiamo l'illuminazione accendendo una seconda lampada da 25 watt. Percepiremo un
aumento di luminosità ben distinto. Dopo esserci abituati al nuovo livello di luminosità accendiamo
una ulteriore lampada da 25 watt. L'incremento di luminosità non sarà percepito tanto evidente
come il precedente. Per ottenere una sensazione di incremento di luminosità di intensità pari a
quella che si ha passando da 25 a 50 watt in realtà dovremmo raggiungere i 100 watt.

Nota: Legge di Weber-Fechner


Secondo Ernst Heinrich Weber (1795-1878) la relazione tra uno stimolo e la sensazione prodotta si può
esprimere con una legge costante. Tale relazione non è lineare, ma l’incremento della sensazione è
progressivamente minore rispetto all’incremento dello stimolo, secondo l’equazione:
S = K log ( I )
dove
S = Intensità della sensazione
I = Intensità dello stimolo
K = Costante specifica per modalità sensoriale.

Sensibilità cromatica

Un'onda monocromatica viene percepita come colore; così ad esempio una radiazione di
lunghezza d'onda 577 nm viene percepita come giallo ed una di 673 nm come rosso.

Per ottenere tutta la gamma e le sfumature


di colori percepibili dall'occhio sono
sufficienti tre colori: blu, verde e rosso.
Tutti gli altri colori possono essere ottenuti
come combinazione di queste tre
componenti fondamentali.

I coni presenti nell'occhio sono di tre tipi:


sensibili al "rosso" (Coni-L), sensibili al
"verde" (Coni-M) e sensibili al "blu" (Coni-
S).

Il fatto che la curva di sensibilità per i Coni-


S sia molto più bassa di quella degli altri
due tipi dipende dal ridotto numero di Coni-
S presenti nella retina.
Questi coni costituiscono meno del 10%
del totale complessivo e sono quasi del
tutto assenti dalla fovea, che è la parte
della retina più sensibile alla visione del Curve di assorbimento della luce per i tre tipi di coni
colore.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 54


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Difetti visivi

La capacità visiva (acuità visiva, percezione dei colori) di un operatore deve rispondere a
determinati requisiti stabiliti dalle norme, in quanto, eventuali difetti visivi possono influire
negativamente sul risultato del controllo. In questa sezione andremo quindi a presentare i
principali e più comuni difetti della vista, quali: ipermetropia, miopia, presbiopia, astigmatismo,
percezione cromatica anomala. Va comunque precisato che tali difetti possono essere corretti e
quindi non necessariamente costituiscono impedimento per il regolare svolgimento delle attività
ispettive.

- Ipermetropia
L'ipermetropia è un difetto strutturale, cioè legato alla conformazione dell'occhio, che presenta il
bulbo oculare "corto". In queste condizioni si ha che il cristallino focalizza i raggi provenienti da
vicino (Muscoli Ciliari rilasciati) in un piano posteriore alla retina.
I muscoli ciliari devono contrarsi anche per consentire la visione da lontano, gli oggetti distanti
sono visti distintamente; la necessità di "accomodare la visione da lontano" limita il potere di
accomodazione per oggetti vicini e, quindi, limita la visione distinta da vicino.

Questo difetto si può correggere utilizzando occhiali con lenti convesse.

- Miopia
La miopia è un difetto strutturale, cioè legato alla conformazione dell'occhio, che presenta il bulbo
oculare "lungo".

In queste condizioni il cristallino focalizza i raggi provenienti da lontano (muscoli ciliari rilasciati) in
un piano anteriore alla retina e quindi gli oggetti sono visti sfocati.

Gli oggetti vicini all'occhio sono invece messi correttamente a fuoco e sono così visti
distintamente. Per avere una visione distinta anche da lontano è necessario l'uso di occhiali con
lenti concave che permettano una preventiva divergenza dei raggi.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 55


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

- Presbiopia
La presbiopia è un difetto non legato alla conformazione dell'occhio, ma alla sua usura che causa
una perdita di elasticità del cristallino. Ciò comporta che l'indurimento causa una riduzione del
Potere Accomodante (messa a fuoco al diminuire della distanza) ovvero limita la visione distinta
da vicino. Solo gli oggetti lontani dall'occhio possono essere messi correttamente a fuoco ed
essere così visti distintamente. Questo difetto peggiora con l'età (in media un sessantenne non
riesce a vedere nitidamente oggetti più vicini di 2 m), ma si può correggere con l'uso di occhiali
con lenti convesse per permettere una preventiva convergenza dei raggi.

- Astigmatismo
L'astigmatismo è un difetto strutturale, dovuto ad una anomala curvatura della cornea che nel
soggetto normale ha forma simmetrica, sferica, mentre nell'astigmatico ha forma asimmetrica.

Ciò comporta che i raggi luminosi che arrivano all'occhio non vanno a fuoco in un punto preciso
ma lungo un intervallo di visione sfuocata; le immagini percepite sono deformate e distorte, la
zona centrale dell'intervallo permette di avere una visione relativamente buona o meglio con
minore deformazione.
E' un'anomalia congenita che rimane pressoché invariata nel corso degli anni. L'astigmatismo può
però comparire anche secondariamente ad interventi chirurgici come cataratta, trapianto di
cornea, distacco di retina, o successivamente a traumi oculari. Fino a poco tempo fa la correzione
era l'impiego di occhiali o lenti a contatto; attualmente si può anche correggere con la chirurgia
refrattiva modificando la curvatura della cornea e rendendola più simmetrica.

- Percezione cromatica anomala


La percezione cromatica anomala è la famiglia di difetti che si hanno nella ricezione dell'impulso
luminoso. Nel caso di occhio sano, i tre tipi di coni; sensibili al "rosso", sensibili al "verde" e
sensibili al "blu" vengono tutti stimolati in proporzioni circa uguali se colpiti da luce BIANCA, in
proporzioni diverse se colpiti da luci di altri colori. Le varie forme di cecità ai colori si spiegano in
termini di assenza o deficienza di uno o più tipologie di questi recettori. La cecità ai colori può
essere totale oppure parziale (molto più comune).
Il daltonismo, che è l'anomalia più conosciuta (dal nome del suo scopritore, il chimico J. Dalton), è
una forma di cecità per il canale cromatico rosso-verde, che ha due sottospecie, una cecità più
accentuata per il rosso, ed una più accentuata per il verde.

Per la diagnosi della percezione cromatica si


eseguono test specifici. Nel test la mancata
individuazione dei numeri nei cerchi, indica una
percezione cromatica anomala.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 56


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

2.3 PRINCIPI DI OTTICA

La luce

Introduzione
I nostri occhi funzionano come due macchine fotografiche: la luce proveniente dall'ambiente
penetra attraverso l'apertura variabile della pupilla (otturatore) e forma sulla retina (pellicola)
un'immagine capovolta di ciò che stiamo osservando. Successivamente la struttura nervosa che
dal nervo ottico arriva al cervello provvede, in modo del tutto indipendente dall'attività cosciente,
ad effettuare il raddrizzamento di quell'immagine capovolta, e darci così la possibilità di interagire
in modo naturale con gli oggetti del nostro ambiente.

La visione dipende quindi dalla luce: è la luce che fornisce informazioni sulla forma e sul colore
degli oggetti del nostro ambiente.

La visione dipende dalla luce

In un ambiente completamente buio, l'assenza di luce impedisce la formazione delle immagini e


nessun oggetto risulterà visibile ai nostri occhi. Ma cos'è in realtà la luce?

Grandezze caratteristiche della luce

Dal punto di vista fisico la luce è una radiazione elettromagnetica cioè un'onda che si propaga
nello spazio alla massima velocità possibile, pari a circa 300.000 chilometri al secondo.
Come tutte le altre onde ha dei punti di massimo e di minimo e si possono definirne le tre misure
principali:

· lunghezza d'onda, la distanza tra due


massimi successivi;

· ampiezza, la distanza tra massimo (o


minimo) ed il piano mediano che interseca
l'onda;

· frequenza, la quantità di oscillazioni che


l'onda compie nell'unità di tempo.

La frequenza si misura in Hertz (cicli al secondo) ed è inversamente proporzionale alla lunghezza


d'onda: minore è la lunghezza d'onda maggiore è la frequenza, e viceversa.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 57


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Spettro elettromagnetico e spettro visibile

Fenomeni fisici apparentemente diversissimi, come le onde radio che trasportano suoni e voci ed i
raggi X che impressionano le lastre radiografiche, appartengono in realtà alla medesima
dimensione, quella delle onde elettromagnetiche. L'intera gamma delle lunghezze d'onda esistenti
in natura, dalle onde lunghissime, poco energetiche, alle onde cortissime dotate di straordinaria
energia, costituisce lo spettro elettromagnetico.

All'interno dello spettro


elettromagnetico, solo una piccolissima
porzione appartiene al cosiddetto
spettro visibile, compreso tra i 380 e i
780 nanometri:

· alla lunghezza d'onda minore


corrisponde la gamma cromatica del
blu-violetto (Radiazioni ultraviolette);

· alla lunghezza d'onda maggiore


corrisponde la gamma dei rossi
(Radiazioni infrarosse).

Nota
Quando una radiazione è composta da una singola lunghezza d'onda è detta monocromatica (di un solo
colore). Quando invece, come succede normalmente, è composta da un insieme di lunghezze d'onda, allora
è denominata policromatica (di vari colori). Tali definizioni non si usano solo per le radiazioni ottiche, quanto
anche per altri tipi di onda come nel caso dei raggi X emessi da tubi radiogeni, e gamma emessi da
radioisotopi.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 58


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Luce visibile
La luce visibile è costituita dall'insieme delle
lunghezze d'onda a cui l'occhio umano è
sensibile e che sono alla base della
percezione dei colori. In linea di massima, al
di là di differenze individuali, lo spettro visibile
si situa tra i 380 e i 780 nanometri.

In condizioni di normale illuminazione (visione


fotopica), la sensibilità in funzione delle
lunghezze d'onda è descritta da una curva,
indicata con y(λ).

Normalmente si utilizza la sensibilità relativa,


chiamata V(λ), che è la media delle risposte
ottenute da un campione di osservatori.

Curve di sensibilità in funzione della lunghezza d'onda

Nota
Le curve x(λ), y(λ), z(λ) rappresentano rispettivamente le quantità dei colori primari (Rosso, Verde, Blu)
necessarie per riprodurre, in un osservatore normale, lo stimolo cromatico prodotto da un determinato
colore (energia radiante di lunghezza d'onda λ). In pratica le curve rappresentano la sensibilità
dell'osservatore medio al rosso, al verde ed al blu, rispettivamente. La curva y(λ) coincide con quella del
fattore di visibilità in visione fotopica.

Radiazioni ultraviolette (UV)


Le radiazioni ultraviolette sono tra quelle più energetiche, a paragone del visibile e dell'infrarosso
e costituiscono circa il 5% della radiazione solare che giunge sulla Terra.
Sono suddivise in tre gruppi:
• UV-A (95% UV che giungono sulla Terra): eccita fluorescenza in numerose sostanze (luce
nera); abbronzante;
• UV-B (5% UV che giungono sulla Terra): è in grado di danneggiare tessuti (eritemi) e può
avere effetti cancerogeni in caso di lunga esposizione;
• UV-C: è una radiazione quasi interamente assorbita dall'atmosfera, nella reazione che porta
alla formazione di ozono (O3 ) a partire da ossigeno. E' cancerogena e germicida; viene usata
per sterilizzare oggetti e strumenti.

Radiazioni infrarosse (IR)


Le radiazioni infrarosse (IR) sono le radiazioni elettromagnetiche al di sotto del "rosso" la cui
lunghezza d'onda è maggiore della luce visibile e minore delle onde radio. Si tratta delle onde con
il minore contenuto di energia (λ = 0.8 ¸ 1000 mm) e costituiscono circa il 55% della radiazione
solare che giunge sulla Terra. La radiazione infrarossa è legata al calore. Il calore infatti si
trasmette prevalentemente attraverso treni di onde IR.
La radiazione infrarossa può essere suddivisa in:
• infrarosso vicino IR-A (tra 0.77 - 1.4 µm)
• infrarosso medio IR-B (tra 1.4 - 30 µm)
• infrarosso lontano IR-C (tra 30 -1000 µm).

Note
- Le radiazioni infrarosse hanno una lunghezza d'onda compresa tra 700 nm e 1 mm ed una frequenza
compresa tra 3·1011 Hz e 4.28·1014 Hz. Rappresentano la regione dello spettro compresa tra le
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 59
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

microonde e la luce visibile. Il nome deriva dal fatto che tali radiazioni sono il prolungamento dello
spettro visibile dalla parte del rosso. Le radiazioni infrarosse sono invisibili all'occhio umano.

- Gli utilizzi della radiazione infrarossa sono principalmente legati alla caratteristica del calore. Gli oggetti
già alle normali temperature emettono spontaneamente radiazioni infrarosse, a causa dell'agitazione
termica delle loro molecole. Tali radiazioni sono rilevate da specifici sensori infrarossi (termolettori). Gli
apparecchi per la visione notturna usano sensori infrarossi per convertire in immagini le radiazioni
captate. Una evoluzione della tecnologia per visione notturna è la termografia usata sia nelle
applicazioni sanitarie che nelle applicazioni industriali (controlli non distruttivi). L'infrarosso è usato
anche per trasmettere dati: nei telecomandi o tra apparecchi elettronici. Questo sistema permette di
evitare interferenze ad esempio con le onde radio emesse dai vari apparecchi.

Produzione di onde elettromagnetiche


Le onde che costituiscono lo spettro elettromagnetico si propagano attraverso l'oscillazione di
campi elettrici e magnetici concatenati. La differente frequenza di propagazione è dovuta alla
diversa natura dei fenomeni che sono alla base della produzione di tali onde. Ad una maggiore
frequenza delle onde elettromagnetiche corrisponde una maggiore energia della sorgente e ciò
comporta:
• maggiore capacità di penetrazione, utile nell'ambito industriale e tecnologico;
• maggiore pericolosità nei confronti degli organismi viventi.

Le onde elettromagnetiche possono essere così suddivise:

• Raggi gamma: prodotti nel nucleo atomico, da interazioni fra particelle sub-nucleari (isotopi
radioattivi a seguito del decadimento emettono fotoni).

• Raggi X: generati da urti di elettroni su atomi dotati di elevato numero atomico (Tungsteno..),
in grado, a loro volta, di emettere agevolmente altri elettroni accompagnati da radiazioni X.

• Luce e Raggi UV: prodotti da traslazioni elettroniche che si verificano negli orbitali atomici.

• Raggi IR: emessi prevalentemente a seguito di trasferimenti energetici che avvengono a


livello molecolare.

• Onde Radio: prodotte da appositi circuiti elettrici (antenne, dipoli elettrici…)

L'energia E associata ad un'onda elettromagnetica dipende direttamente dalla sua frequenza f


secondo la seguente relazione: E=h*f

dove: h è la costante di Planck


f è la frequenza (Hz)
E è l'energia (in J)

La frequenza f è legata alla lunghezza d'onda λ dalla seguente relazione di proporzionalità


inversa: f=c/λ

dove: c è la velocità della luce


λ è la lunghezza d'onda

Ne consegue che l'energia associata ad un'onda elettromagnetica dipende dalla sua lunghezza
d'onda.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 60


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Nota
La costante di Planck (h ) è un valore fondamentale della fisica quantistica e rappresenta la quantizzazione
a livello microscopio dell'energia. In pratica rappresenta il fatto che l'energia trasportata da un'onda
elettromagnetica non può assumere valori continui, ma solo quantità multiple di un valore fisso. Il valore di
sperimentale è di: h = 6,626068 x 10 -34 (Joule s)

Generazione della luce


La generazione della luce è dovuta all'eccitazione degli elettroni che traslano dalla loro orbita ad
un'orbita più elevata ed instabile. Rientrando alla sua orbita stabile, l'elettrone emette energia
radiante in accordo con la legge di Planck:

E1 - E2 = h * f

Dove E1 = energia dell'orbita instabile


E2 = energia dell'orbita stabile
h = costante di Planck
f = frequenza

Il colore
Il colore della luce è determinato dalla sua lunghezza d'onda. La luce bianca è data dalla
presenza di tutte le lunghezze d'onda monocromatiche dello spettro del visibile.
I colori possono essere classificati in:
• colori primari: altrimenti detti fondamentali, sono rosso, blu, verde; sono i colori che non
possono essere ottenuti miscelando altri colori. In teoria, dalla loro combinazione è possibile
ottenere tutti gli altri;
• colori complementari: un colore ottenuto dalla combinazione di due colori primari è detto
secondario o complementare del primario che non è entrato nella sua composizione;
• colori neutri: sono bianco, nero e grigio (in tutte le sue gradazioni); sono i colori che si
ottengono dalla combinazione di due colori complementari o dei tre primari.

Nota
Esiste una seconda definizione per i colori complementari un colore è detto complementare ad un altro
colore quando, miscelati producono un colore neutro.

Il colore è una sensazione fisiologica provocata dalla luce che colpisce la retina dell'occhio.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 61


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Tutti i colori di una sorgente possono essere


creati dall'opportuna miscelazione di colori
primari.

Il colore degli oggetti, ottenuto dalla


riflessione della luce, viene invece creato
miscelando i colori complementari.

Miscelando un colore primario con un colore


complementare, variando le proporzioni, si
ottengono i colori neutri.

Quando una superficie è colpita da luce


bianca, essa assorbe la porzione dello
spettro relativo ad un certo colore e riflette la
porzione rimanente, la quale corrisponde al
colore complementare del colore assorbito.

Il colore è contraddistinto da tre caratteri fondamentali:

• tonalità: è l'attributo che permette ai colori di essere classificati come giallo, rosso…..oppure
come valore intermedio tra qualsiasi coppia di colori miscelati. La differenza di tonalità dipende
dalla differente lunghezza d'onda;

• luminosità: è l'attributo che si riferisce alla quantità di bianco o di nero presente nella tonalità
percepita. Fondamentale è il contesto, ovvero la brillantezza dello sfondo. Tanto più brillante è
lo sfondo, tanto più scuro (meno luminoso) appare il colore;

• saturazione: è l'attributo che si riferisce alla purezza del colore. Viene misurata come
differenza di un colore rispetto a un grigio (colore neutro), a parità di luminosità: è la "quantità
di grigio" presente in un colore. Assenza di grigio e piena riconoscibilità della tonalità
corrispondono a max saturazione.

I colori dell'iride sono a massima saturazione mentre i colori neutri sono privi di tonalità e
saturazione

Caratteristiche della luce


Le onde luminose, come ogni altro tipo di onda elettromagnetica, presentano alcune
caratteristiche particolari: interferiscono le une con le altre; possono essere polarizzate in una
direzione; possono, nel passaggio attraverso bordi, deviare dalla direzione di trasmissione.
Grazie a queste proprietà è possibile agire sulle onde luminose per filtrarle in base alla loro
lunghezza d'onda o amplificarle, come accade con il laser.
Di norma in ottica la propagazione dei fronti luminosi si rappresenta in linea retta.
Quando un fascio di luce colpisce un corpo accade che parte della luce incidente viene riflessa
(ed eventualmente diffusa), una parte viene assorbita dalla materia di cui il corpo è composto e la
restante parte viene trasmessa (eventualmente polarizzata e rifratta).

Leggi fondamentali dell'ottica


L'ottica è la branca della fisica che studia i fenomeni luminosi che possono essere analizzati
secondo diverse teorie (geometrica, ondulatoria, quantistica, ..).
L'ottica geometrica studia la luce in relazione ad oggetti di dimensioni molto maggiori della sua
lunghezza d'onda. In questa teoria si assume che la luce si propaga linearmente in un mezzo
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 62
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

omogeneo e che i raggi luminosi possano toccarsi senza modificarsi reciprocamente. L'ottica
geometrica permette di definire le leggi di rifrazione e riflessione.
L'ottica ondulatoria assume che la luce si
propaga con onde trasversali e definisce i
raggi luminosi come traiettorie ortogonali
alla superficie d'onda. Essa studia i
fenomeni di diffrazione, interferenza,
polarizzazione.

Di seguito esamineremo:
• Trasmissione e assorbimento
• Riflessione e diffusione
• Rifrazione
• Diffrazione

Trasmissione e Assorbimento
Nei confronti della trasmissione e dell'assorbimento, i corpi si dividono in:
• trasparenti: si lasciano attraversare totalmente dalla luce incidente;
• traslucidi: si lasciano attraversare dalla luce incidente, ma la trasmettono in modo diffuso
(attraverso un corpo traslucido, gli oggetti non vengono visti nitidamente ma con i contorni
"sfumati");
• opachi: non si lasciano attraversare dalla luce incidente, la cui energia viene dissipata in
calore.

I corpi possono trasmettere/assorbire solo alcune frequenze ed essere pertanto dei filtri nei
confronti delle frequenze assorbite. La trasmissione e l'assorbimento dipendono da: materiale,
spessore, lunghezza d'onda incidente.
I metalli, entro certi spessori, risultano trasparenti a radiazioni ad alta frequenza quali i raggi X e i
raggi gamma. Il vetro è, invece, trasparente già a frequenze minori come quelle associate alle
radiazioni luminose. L’assorbimento è dovuto al moto di molecole, atomi ed elettroni che
costituiscono il materiale. Essi sfruttano la radiazione incidente per entrare in vibrazione alla
stessa frequenza e dissipare l’energia in calore.

Riflessione e Diffusione
La riflessione è il fenomeno tipico delle superfici finemente levigate. Le superfici altamente
riflettenti sono dette lucide o speculari. Il fattore di riflessione di una superficie è il rapporto tra la
quantità di luce riflessa e la quantità di luce incidente. La riflessione può essere speculare, diffusa
o mista.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 63


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Nella riflessione speculare l'angolo formato rispetto alla normale dal fascio riflesso è eguale a
quello del fascio incidente. La riflessione diffusa (o diffusione) si ha in presenza di superfici
opache; quando la luce riflessa si distribuisce uniformemente in tutte le direzioni. La riflessione
mista è una situazione intermedia tra riflessione speculare e diffusione e si ha quando la
diffusione si concentra in una direzione prevalente.

Riflessione speculare Riflessione diffusa Riflessione mista

Nota
La diffusione è un fenomeno proprio delle onde elettromagnetiche. E' dovuto alla riemissione di radiazioni,
con frequenza uguale a quella incidente, da parte di atomi e molecole circostanti che vengono "eccitati" e
diventano essi stessi sorgenti che irradiano in tutte le direzioni.

Rifrazione

La rifrazione è un fenomeno che si manifesta all'interfaccia tra due materiali differenti:


· la luce cambia la propria direzione
· la luce cambia la propria velocità
· il fascio incidente, il fascio rifratto e la normale alla superficie
di separazione tra i due mezzi giacciono su uno stesso
piano.

La rifrazione dipende da:


· angolo θ del fascio incidente sulla superficie
· frequenza del fascio incidente
· natura dei due materiali

Nel caso del passaggio dal vuoto in un mezzo, se


c = velocità (costante) della luce nel vuoto
v = velocità della luce in un mezzo

dal rapporto delle due grandezze si ottiene l'indice di rifrazione n:


n = c/v
n è un fattore numerico che esprime di quanto viene rallentata la luce, rispetto alla sua velocità nel
vuoto, quando attraversa il mezzo.

La rifrazione per mezzi trasparenti è espressa dalla legge di Snell:


n1 * sen ( θ1 ) = n2 * sen ( θ2 )
Dove: θ1 = angolo incidente, θ2 = angolo riflesso, n1 ed n2 = indici di rifrazione mezzo 1 e mezzo 2

Poiché vale anche: sen (θ1) / sen (θ2) = n2 / n1 = n2/1

- n2/1 indice di rifrazione del mezzo 2 rispetto al mezzo 1


- n2/1 dipende dai due materiali e dalla frequenza del raggio incidente

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 64


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

- n2/1 indica il rapporto tra la velocità del fascio nel mezzo 1 e la velocità del fascio nel mezzo 2

Nel tipico caso di interfaccia aria-vetro (n1 =1, n2 = 1.5) un fascio incidente con un angolo di 30°
procede all'interno del vetro con un angolo di 19.5° ed esce ancora in aria con un angolo di 30°.

Angoli critici
Nel caso di fasci perpendicolari all'interfaccia (θ1 = 0°), il fascio rifratto risulta pure perpendicolare.
Se l'indice di rifrazione del mezzo da cui proviene la luce è maggiore di quello dell'altro mezzo,
allora esiste una condizione limite per l'angolo di incidenza (angolo critico θc), in corrispondenza
della quale la luce incidente viene totalmente riflessa sulla superficie che separa i due mezzi.

Nel caso vetro - aria, questo angolo critico nel vetro vale:
θc = arcsen(1/1,5) = 41.8°

L'angolo di rifrazione dipende anche dalla lunghezza d'onda del raggio incidente (il blu è più
rifratto del rosso, ad esempio). Ne risulta il tipico effetto ad arcobaleno, quando prismi vengono
attraversati da fasci di luce.

Diffrazione
La diffrazione è un fenomeno ottico, per il
quale il fascio subisce una deviazione nel
passaggio attraverso un'apertura D molto
stretta, i cui bordi si comportano come nuove
sorgenti.

L'angolo di diffrazione dipendente dalla


lunghezza d'onda secondo la seguente
relazione: θ = λ / D
La diffrazione è un fenomeno che non interessa esclusivamente le onde elettromagnetiche, ma
anche quelle meccaniche (ad esempio il suono).

A causa della diffrazione, si hanno due importanti conseguenze operative:


· il potere risolutivo degli strumenti ottici risulta sempre limitato;
· la "definizione" di un'immagine risulta tanto maggiore quanto minore è la lunghezza d'onda
della luce emessa dalla sorgente.

Focalizzazione e diffusione
In ottica focalizzare significa concentrare la luce, mediante lenti o specchi, in uno stesso punto
detto fuoco. Data una sorgente P, l’ottica studia il problema di come far convergere i raggi per
formare l'immagine Q. Le soluzioni proposte si basano sulle considerazioni trigonometriche che
regolano riflessione e rifrazione, pertanto si parla di ottica geometrica.
La focalizzazione si può ottenere in trasmissione tramite lenti focalizzatrici; in riflessione tramite
specchi concavi.

Lenti focalizzatrici

Le lenti focalizzatrici, sfruttando la curvatura di due lenti, sono usate per concentrare l'energia
luminosa di un fascio ed ottenere il passaggio di tutti i raggi paralleli attraverso il punto focale.
Varie leggi ne descrivono il funzionamento, mentre i parametri caratteristici sono:

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 65


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

· la distanza focale, f
· l'ingrandimento, m
· l'indice di rifrazione, n ( Aria n = 1.0, Vetro n = 1.5)

Il Fuoco di una lente è il punto dove vengono focalizzati i raggi che provengono da una sorgente
posta a distanza "infinita" dalla lente ovvero che incidono tutti paralleli fra loro.
La Distanza Focale ( f ) rappresenta il segmento giacente sull'asse ottico, i cui estremi sono il
centro della lente e il fuoco.

Le lenti focalizzatrici sono lenti convergenti caratterizzate da spessore decrescente all'aumentare


della distanza dall'asse ottico; tipicamente sono Biconvesse o Piano-convesse.

Per convenzione se il raggio è positivo la lente è convessa, se


negativo la lente è concava, se il raggio è infinito la lente ha
curvatura zero (1/r = 0) , cioè è piana.

Una grandezza operativa che caratterizza le prestazioni delle


lenti focalizzatrici è il Potere Diottrico o N° di Diottrie ( D ):

D=1/f

con f espressa in metri (m)

Conoscere D permette di sapere dove posizionare un oggetto


rispetto alla lente per focalizzare la sua immagine ad una
determinata distanza e con un determinato ingrandimento.

Specchi

Gli specchi sono distinti in due tipologie (concavi e convessi), in funzione della superficie
effettivamente riflettente. Quando si sfrutta la riflessione della superficie posteriore, si verificano
riflessioni secondarie e variazioni della distanza apparente. Per evitare questo, si possono
metallizzare le superfici anteriori, proteggendole con uno strato di SiO2 dall'ossidazione e dai
graffi.

Gli specchi concavi sono spesso usati al posto delle lenti, anche essi sono caratterizzati da un
punto focale. Varie geometrie (parabolici, sferici, ellissoidali, piani) consentono prestazioni
diverse.

Gli specchi parabolici si usano quando la sorgente luminosa è posta a grande distanza e pertanto
i suoi raggi arrivano circa paralleli (concentratori di energia solare, telescopi a specchio..).
Tutti i raggi incidenti paralleli all'asse ottico (indipendentemente dalla loro distanza dall'asse)
convergono nel fuoco F dello specchio, coincidente con il fuoco della parabola.
Gli sferici e gli ellissoidali si usano quando i raggi della sorgente giungono inclinati tra loro.

Calotta sferica con la parte interna riflettente tutti i raggi incidenti paralleli all'asse ottico (ad esso
vicini) sono riflessi nel fuoco F dello specchio, coincidente con il centro del cerchio.
Gli specchi piani sono più semplici da realizzare costruttivamente; essi non sfruttano la
focalizzazione, ma la formazione di immagini virtuali.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 66


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Uno specchio piano può essere considerato come il caso limite di uno specchio sferico (specchio
sferico di raggio di curvatura infinito). L'immagine è virtuale e simmetrica rispetto alla superficie
dello specchio, a grandezza naturale.

Superfici diffondenti

In trasmissione, è possibile ottenere ottime diffusioni tramite diffusori opali, al quarzo o


politetrafluoroetilene (PTFE, Teflon), in funzione della lunghezza d’onda.
In riflessione, si usano microsfere di BaSO4 o di PTFE, che consentono diffusione sino al 97%

Fasci paralleli
In trasmissione, si posiziona la sorgente luminosa nel punto focale di una lente ottica.
In riflessione, si posiziona la sorgente luminosa nel fuoco di uno specchio parabolico.

Difetti e limiti degli strumenti ottici

Uno dei principali obiettivi nella costruzione di strumenti ottici è di ottenere una immagine perfetta,
che riproduca con la massima fedeltà l'oggetto osservato. Nella pratica raggiungere pienamente
tale obiettivo è impossibile, in quanto gli strumenti ottici sfruttano lenti e specchi per ottenere
immagini focalizzate ed ingrandite degli oggetti. Tutto questo comporta delle imprecisioni (in
genere mai del tutto eliminabili) sull'immagine osservata con conseguente distorsione ed
alterazione nella visione dell'oggetto osservato.

Aberrazioni ottiche

Le aberrazioni ottiche sono alterazioni nella forma e o nel colore di una immagine dovute alla
visione attraverso le lenti di uno strumento ottico. Si deve considerare infatti che le relazioni, alla
base del problema della focalizzazione, sono ottenute con due ipotesi semplificative:

1. I raggi della sorgente sono "poco" divergenti (ipotesi dei raggi parassiali).
2. Le componenti della luce a diversa frequenza non subiscono rifrazioni differenti nel
passaggio aria-vetro (ipotesi delle lenti sottili).

Tali semplificazioni causano due problemi:


· l'aberrazione sferica, derivante dalla prima semplificazione: ipotesi dei raggi parassiali
· l'aberrazione cromatica, associata alla seconda semplificazione: ipotesi delle lenti sottili.
·

immagine poco nitida sfumature di colore

Aberrazione sferica

L'aberrazione sferica comporta la visualizzazione di immagini sfuocate. Infatti i raggi provenienti


da una sorgente lontana non giungono mai esattamente paralleli e la convergenza ottenuta
tramite una lente (o specchio), progettata per "raggi parassiali", non conduce alla focalizzazione in
un punto ma in un'areola. Di conseguenza, l'immagine che si ottiene è sfuocata e non nitida.
Alcune soluzioni correttive possono consistere nell'utilizzare:
· sistemi a più lenti di "forma" semplice che rendano paralleli i raggi della sorgente;
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 67
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

· superfici delle lenti più complesse.

Aberrazione cromatica

L'aberrazione cromatica comporta la visualizzazione di immagini contornate da areole variamente


colorate. L'angolo di rifrazione dipende dal colore (frequenza) della luce incidente.
La semplificazione delle lenti sottili porta ad ipotizzare che le componenti della luce a diversa
frequenza non subiscono rifrazioni differenti nel passaggio Aria-Vetro. In realtà attraversando una
lente, un fascio di luce policromatica si separa nei diversi colori che la compongono. Di
conseguenza, l'immagine che si ottiene è un'areola variamente colorata (sfumature).
Alcune soluzioni correttive possono consistere nell'utilizzare:
· combinazioni di lenti convergenti e divergenti (ad es. nelle macchine fotografiche);
· specchi concavi con superficie anteriore riflettente.

Potere Risolutivo

Il potere risolutivo di uno strumento ottico rappresenta la minima distanza tra due punti le cui
immagini risultano distinte (microscopio…); il minimo "angolo visuale" sotto cui risultano distinte le
immagini di due punti (telescopio…).
Il potere risolutivo risulta sempre limitato, a causa della diffrazione:
· un obiettivo ha sempre una dimensione "finita" e pertanto costituisce sempre un "ostacolo" per
i fronti d'onda luminosi;
· i confini fisici di un obiettivo si comportano come dei riemettitori;
· l'immagine di un oggetto-sorgente, per quanto piccolo esso sia, viene comunque dilatata.

Poiché la diffrazione è espressa da θ = λ/D, accorgimenti operativi per aumentare il potere


risolutore sono obiettivi di elevato diametro D (è come avere una fenditura più larga), sorgenti che
emettano luce ad elevata frequenza f.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 68


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

2.4 FOTOMETRIA

Sorgenti luminose

Tutti i corpi emettono radiazioni con intensità e frequenza differenti in funzione del materiale e
della temperatura cui si trovano.
- Se la temperatura è minore della temperatura di soglia, (T < T0) l'energia radiante emessa non
è visibile.
- Se la temperatura T aumenta, le radiazioni emesse entrano nel visibile: prima viene emessa
luce rossa e, al crescere della temperatura, seguono tutte le altre componenti fondamentali
che si sovrappongono, producendo la sensazione di luce bianca (corpo portato
all'incandescenza).

In illuminotecnica, le sorgenti luminose sono comparate con una sorgente teorica denominata
corpo nero.

Corpo nero
Con corpo nero si intende un corpo ideale, in grado di assorbire radiazioni di tutte le lunghezze
d'onda senza rifletterne alcuna. Un corpo nero presenta le seguenti proprietà:
• assorbe interamente l'energia radiante da cui è investito;
• essendo un assorbitore ideale, ha un coefficiente di riflessione pari a zero (da cui il nome di
corpo nero);
• il suo spettro di emissione dipende solo dalla temperatura cui è portato.
• ad una data temperatura, emette più potenza radiante di qualsiasi frequenza irradiata da un
oggetto alla stessa temperatura (un buon assorbitore è anche un buon emettitore poiché il
ritmo di emissione energetica è una costante fisica).

La legge di Stefan descrive come la potenza P irradiata da un corpo dipende dalla sua superficie
(A) e temperatura (T):
P = K * A * T4

dove K è una costante che dipende dal coefficiente di emissione e (0<e<1), che a sua volta
dipende dal tipo di materiale:
- corpo nero e = 1 (K massima)
- pece e = 0.99 (ottima approssimazione reale di corpo nero)
- superficie speculare e = 0 (K minima)

L'intensità massima della radiazione emessa si ha in corrispondenza di (Legge di Wien):


λ = 0.29/T
con λ espressa in centimetri (cm).

Temperatura di colore

La temperatura di colore di una sorgente è la temperatura cui deve essere portato un corpo nero
per avere una emissività analoga a quella della sorgente stessa.

Questa definizione deriva dal fatto che lo spettro luminoso di un corpo nero presenta un picco di
emissione che dipende soltanto dalla sua temperatura.
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 69
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Inoltre vale la considerazione che anche se un corpo nero ideale differisce da una sorgente reale,
l'analogia tra corpo nero e sorgente rimane valida. La quantità che esprime la temperatura di
colore è usata in Illuminotecnica per valutare le prestazioni delle sorgenti luminose e viene
espressa in kelvin (K).

Come esempio è riportata la temperatura di colore di alcune sorgenti.

Note
Per basse temperature, sempre però nell'incandescenza, si passa dall'infrarosso non visibile al rosso.
Salendo di temperatura introno ai 2000 k si passa ai colori giallo-arancio.
Per temperature maggiori la luce diventa prima bianca, poi azzurra, quindi violetta ed ultravioletta.
Comunemente quando si dice che una luce è calda in realtà essa corrisponde ad una bassa temperatura di
colore, viceversa quando si parla di luce fredda a questa corrisponde una temperatura di colore maggiore.

Caratteristiche di alcune sorgenti luminose

Di seguito sono riportati i grafici riguardanti alcune sorgenti luminose.

- Radiazione solare extraterrestre


- Radiazione solare al livello del mare
- Lampade a incandescenza
- Lampade fluorescenti
- Lampade ad arco

Radiazione solare extraterrestre Radiazione solare livello del mare

Lampade ad incandescenza Lampade ad arco


SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 70
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Lampade fluorescenti

Propagazione e misure della luce

La propagazione della luce è descritta dalla legge denominata "dell'inverso del quadrato delle
distanze":
2 2
E1 x d1 = E2 x d2

secondo la quale l'intensità luminosa per unità di area varia in modo inversamente proporzionale
2
al quadrato della distanza considerata. Ad esempio, se si misurano 16 W/cm ad 1 m di distanza,
2 2
allora a 2 m si misureranno 4 W/cm ; mentre a 4 metri si misurerà 1 W/cm .

Effetto dimensioni della sorgente


La legge dell'inverso del quadrato delle distanze vale per sorgenti "abbastanza" piccole, rispetto
alle distanze considerate. In modo approssimato, si può usare tale relazione quando la distanza
vale almeno 5 volte la dimensione della sorgente.
La dimensione della sorgente corrisponde a:
- la lunghezza del filamento, nel caso di una lampadina;
- la dimensione maggiore, nel caso di una lampada a luce fredda.

Effetto angolo di incidenza del fascio


Quando il fascio luminoso incide obliquamente rispetto ad una superficie, si distribuisce su una
superficie più ampia. L'irraggiamento risulta quindi ridotto secondo il coseno dell'angolo di
incidenza:
Eθ = E * cos(θ )

Misura della luce (Energia, Potenza e Intensità)


La luce può essere misurata con le tre grandezze fondamentali: energia, potenza ed intensità.

- L'energia (J) è proporzionale alla frequenza della radiazione luminosa (dipende quindi dal
colore della luce).

- Come noto, la potenza è l'energia trasmessa nell'unità di tempo (s) ed è misurata in watt (W),
con 1 W = 1 J/s
In ottica, la potenza dipende dal numero di fotoni, ovvero dal numero di "unità" che trasportano
energia e lunghezza d'onda

- Per ogni fotone, l’energia è Q=h*c/l


dove: h = costante di Plank, c = velocità della luce.
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 71
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

- L'intensità è la grandezza che tiene principalmente conto del numero di fotoni che investono
una superficie. L'intensità di un'onda (anche meccanica) è definita come "potenza (W)
trasferita attraverso l'unità di area di una superficie normale alla direzione di propagazione
dell'onda".

Nota: Per comprendere perché si consideri la proiezione ortogonale al fascio incidente; basta pensare che
una stanza si scalda di più nel caso in cui una finestra esposta al sole, sia meglio orientata piuttosto che nel
caso in cui sia più ampia.

Misura delle grandezze luminose

Le leggi dell'elettromagnetismo e le grandezze delle onde elettromagnetiche descrivono


quantitativamente e qualitativamente le radiazioni luminose, ma non completamente gli effetti
(fotochimici, neuronali, fisiologici) che tale stimoli provocano sul sistema visivo e che hanno come
risultato finale la sensazione della visione. Caratterizzando quindi una radiazione visibile soltanto
con grandezze energetiche (o radiometriche) si otterrebbero valori poco correlati con gli effetti
prodotti sul senso della vista. Per questo motivo si parla di fotometria intendendo la disciplina che
studia l’energia luminosa e che si occupa quindi dell’energia raggiante in relazione alla sensibilità
della retina. Mentre la radiometria si occupa di tutta l’energia raggiante, anche di quella invisibile.

Radiometria: misura della radiazione elettromagnetica


1 mm > LUNGHEZZA D’ONDA > 100 nm
11 16
3×10 Hz < FREQUENZA < 3×10 Hz

RADIOMETRICHE
Quantità Unità
Energia radiante Q Joule J
Flusso radiante Φe watt W
2 2
Emittanza radiante Me watt / m W/m
2 2
Irradianza Ee watt / m W/m
Intensità radiante Ie watt / steradiante W / sr
2 2
Radianza Le watt / ster / m W / (m sr)

Fotometria: misura della radiazione visibile


780 nm > LUNGHEZZA D'ONDA> 380 nm

FOTOMETRICHE
Quantità Unità
Energia luminosa Qv Talbot lm s
Flusso luminoso Φv lumen lm
2 2
Emittanza luminosa Mv lumen / m lm / m
2 2
Irradianza Ev lumen / m (lux) lm / m
Intensità luminosa Iv Candela lm / sr (=cd)
2 2
Luminanza Lv Candela/m (nit) cd / m

Steradiante
Un concetto di base per la fotometria è quello di angolo solido. L' angolo solido è una grandezza
geometrica tridimensionale che rappresenta l'estensione del concetto di angolo piano.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 72


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Per comprenderlo consideriamo una sfera trasparente di raggio r = 1 m, con al centro C una
2
sorgente luminosa puntiforme che illumina la zona S = 1 m . Si definisce angolo solido Ω lo spazio
racchiuso nel cono di luce di base S e di vertice C.

L'unità di misura dell'angolo solido è lo steradiante che può essere definito come l'angolo sotto il
quale si vede una calotta sferica di area uguale al quadrato del raggio della sfera, cioè:
2
Ω=A/r

In una superficie sferica si hanno 4π steradianti.

Flusso radiante e Flusso luminoso

Il Flusso radiante è la misura della potenza trasmessa dal fascio luminoso ed indica la potenza del
fascio luminoso nello spettro visibile. Il flusso luminoso è dunque un flusso energetico ”pesato”
secondo la sensibilità spettrale dell’occhio umano (visione fotopica). La sua unità di misura è il
lumen (lm) che può essere definito come l'equivalente ottico del watt.

Dato che la risposta spettrale della retina ha un massimo a λ=555 nm, si è convenuto che il flusso
luminoso (Φ) di una radiazione monocromatica di questa lunghezza d’onda, emessa da una
sorgente della potenza di 1 watt, sia Φ = 683 lumen.
Per sorgenti monocromatiche con stessa potenza, ma lunghezza d’onda inferiore o superiore a
540 nm il flusso luminoso viene definito in proporzione alla risposta spettrale della retina (ad
esempio 410 lumen a 600 nm, o 0 lumen a 200 nm).

Nota: Unità di misura

Flusso Radiante

1 W (watt) = 683.0 lm a 555 nm


= 1700.0 scotopic lm a 507 nm

1 J (Joule) = 1 W x s (watt x sec)


= 107 erg
= 0.2388 gram x calories

Flusso Luminoso

1 lm (lumen) = 1.464 x 10-3 W a 555 nm


= 1/ (4 π) Candela (solo se isotropico)
1 lm x s (lumen x secondi)
= 1 talbot (T)
= 1.464 x 10-3 joule a 555 nm

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 73


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Intensità luminosa

L'intensità luminosa (I) esprime la concentrazione di luce in una direzione specifica, radiata per
secondo. Essa può essere definita come flusso luminoso radiato in una certa direzione per unità
di angolo solido.

L'intensità luminosa emessa in ogni direzione da una


sorgente luminosa, la cui distribuzione sia uniforme in tutte
le direzioni, è uguale al rapporto tra il flusso luminoso e 4π
(che è l'angolo solido che comprende tutto lo spazio attorno
ad un punto). La sua unità di misura è la candela (cd).

I = Φ/4π [cd]

La candela è l’unità di misura fondamentale del sistema


fotometrico. Essa è definita come l’intensità luminosa di una
sorgente che emetta, in una data direzione, radiazione
12
monocromatica di frequenza 540 x 10 hertz e con un
irraggiamento di 1/683 watt per steradiante.

Irraggiamento e illuminamento

L’Irraggiamento è la misura del flusso radiante per unità di area, ed è espresso in Watt/cm² (o
Watt/m²). Analogamente l' illuminamento (E) è il flusso luminoso per unità di superficie. L'unità di
misura dell'illuminamento è il lux (lm/m²), che corrisponde all’illuminamento prodotto da un flusso
di 1 lumen distribuito in modo uniforme su una superficie di 1 m².

Nota Con riferimento a misure anglosassoni, si trova spesso indicato il foot-candle (ftc), equivalente ad un
lumen per piede quadrato.

- Luminosità
Se il flusso luminoso per unità di superficie è riferito ad una superficie emittente invece che ad una
superficie illuminata esso viene misurato nelle stesse unità ma viene detto luminosità (luminosità
del cielo).

Esigenze visive e livelli di illuminamento


Illuminamento "E"
Esigenze visive
consigliato [lux]
Basse 100 - 200
(orientamento in aree di transito, scale, corridoi..)
Medio-basse 200 - 300
(mense, scaffalature, uffici, sale videoterminali…)
Medie 500
(lettura/scrittura, piani cottura, lavagne, verniciatura grossolana…)
Medio-alte 750
(disegno, classificazione oggetti, stiratura, verniciatura ordinaria…)
Medio-alte 1000
(cucitura, vetrine di negozi, sale operatorie, verniciatura fine…)
Altissime 2000 - 3000
(assemblaggio di precisione, micromeccanica, elettronica, incisioni in
oreficeria, ritocchi di verniciatura…)
Eccezionali 20000 - 100000
(chirurgia: illuminazione localizzata)

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 74


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Efficienza luminosa
L’efficienza luminosa η (lumen/watt) è definita dal rapporto tra il flusso luminoso (lumen) e il flusso
radiante (watt).
η = Flusso luminoso/potenza

L'efficienza luminosa dipende dalla lunghezza d'onda e rappresenta la frazione della potenza
raggiante che cade nel visibile.

Nota
In altre parole essendo η = Flusso luminoso/potenza
si ha che il Flusso luminoso = Energia raggiante (watt) x 683 (lm/watt) x η
Il fattore 683 (lm/watt) dipende, come abbiamo visto, dalla sensibilità della retina a λ= 540 nm, il picco della
curva della sensibilità scotopica. L’efficienza luminosa vale 1 a tale lunghezza d’onda.

1 watt di potenza radiante a 555 nm (massima sensibilità dell'occhio) equivale ad un


flusso luminoso di 683 lumen
Sensibilità relativa
dell'occhio umano

Stesse quantità di energia radiante


a diverse lunghezze d'onda
forniscono sensazioni visive di
brillanza differenti.

Efficienza luminosa in funzione della lunghezza d'onda

Una corrispondenza tra la potenza elettrica nominale di alcune lampade a filamento


incandescente (e di una a fluorescenza) e il flusso luminoso emesso è fornito nella tabella.

Dalla tabella si può osservare che:

· non vi è corrispondenza lineare tra


le due grandezze (l’efficienza
cresce con la potenza elettrica, e
quindi si risparmia energia se si usa
una sola lampada di potenza doppia
al posto di due di uguale potenza).

· le lampade a fluorescenza hanno


efficienza maggiore che le lampade
a incandescenza.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 75


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Radianza e Luminanza
La radianza è la misura della densità di flusso per unità di angolo solido (sr) espressa in W/cm2/sr.

Nota
La radianza, riferita all’angolo solido, è indipendente dalla distanza dalla sorgente e non segue l’inverso dei
quadrati delle distanze.

La luminanza (L) è la misura della densità di flusso per unità di angolo solido (sr) nel visibile e si
misura in cd/m2.
E' definita come il limite del rapporto fra l'intensità luminosa prodotta in una data direzione da un
elemento di superficie e la proiezione dell'elemento di superficie su un piano normale alla
direzione stessa. E' quindi una grandezza che dipende dalla posizione dell'osservatore.

La luminanza è la grandezza fotometrica


che stimola la percezione visiva.

La luminanza L di una superficie


perfettamente diffondente è legata
all'illuminamento E dalla seguente
espressione:
L = ρ E/π

dove ρ è il fattore di riflessione diffusa.

Nota
E' importante aver ben chiaro la differenza
esistente tra illuminamento e luminanza:

- l' illuminamento indica la quantità di luce


emessa da una sorgente che colpisce la
superficie considerata,

- la luminanza indica la sensazione di


2
luminosità che riceviamo da questa superficie; Luminanza di comuni sorgenti (cd/m )
9
Sole 2 x 10
Questo significa che su due superfici, una 7
bianca e l'altra nera, possiamo avere lo stesso Filamento incandescente a 2700 C 1 x 10
4
valore d'illuminamento, ad esempio 500 lux, Carta bianca in luce solare piena 2 x 10
ma la sensazione di luminosità ricevuta e 3
Lampada fluorescente 6 x 10
quindi la luminanza sarà completamente Candela 3
5 x10
differente in quanto quelle due superfici 3
riflettono la luce in modo diverso. Luna 3 x10
-2
Carta bianca in luce lunare piena 3 x 10

Conversioni tra grandezze luminose

Spesso sono compiute inesattezze ed imprecisioni nella conversione tra grandezze ottiche.
La soluzione migliore, in ogni caso, è la misura diretta della grandezza cui si è interessati.
Esempio: nell'esempio seguente è svolta la conversione tra lux (lumen per m2 ) e lumen.

Si misurano 22.0 lux a 3.162 m di distanza da una 1. E1.0 m = 220 lm/m2


sorgente (una lampadina ad incandescenza); qual è 2. 220 lm/ m2 = 220 lm/sr
il valore totale, in lumen, della luce emessa dalla 3. W = 12.35 sr
lampadina?
4. 220 lm/sr * 12.35 sr = 2717 lm
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 76
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Sensori per fotometria


I sensori per fotometria sono dispositivi che convertono un flusso luminoso in segnali elettrici.
Una caratteristica fondamentale che devono possedere è sicuramente una buona sensibilità,
costante nella banda di misura. Per un generico sensore, la sensibilità è espressa come rapporto
tra l'unità di misura della grandezza da misurare e l'unità di misura della risposta, cioè del segnale
utile del sensore. Nei sensori ottici si misura il flusso luminoso mentre la risposta è di solito una
corrente elettrica specificata in ampere.

Nota: Taratura sensibilità


I sensori di luce misurano un flusso luminoso, quindi dovrebbero essere tarati in lumen o in lux (flusso per
unità di superficie). Nei sensori commerciali la sensibilità è però, di solito, espressa in: A / (watt x m2)
cioè unità di flusso di energia per unità di superficie.

Un secondo parametro è l'insensibilità al di fuori della banda di interesse. Inoltre, è importante


valutarne la linearità della risposta, la stabilità e la durabilità.
I principali tipi di sensori per fotometria sono:
- Fotodiodi al silicio
- Fotodiodi a vuoto
- Termosensori

Nota: Scelta dei radiometri (visibile)


Tra i parametri di maggiore importanza devono essere valutati:
- linearità della risposta in un range dinamico di almeno 7 ordini
- taratura dello zero
- possibilità di collegamento con sensori differenti (irraggiamento / illuminamento)
- memorizzazione dei risultati
- durata delle batterie.

Fotodiodi al silicio Fotodiodi a vuoto Termosensori

Fotodiodi al silicio
I fotodiodi al silicio sono composti da un circuito P-N che genera un'intensità di corrente
proporzionale alla luce incidente. La loro risposta è lineare, la taratura è mantenuta a lungo.
La fotocorrente di un circuito PN può essere sfruttata per convertire energia luminosa in energia
elettrica. I fotodiodi ottimizzati per questa funzione vengono chiamati celle fotovoltaiche (o celle
solari).

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 77


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Fotodiodi a vuoto

Sensibilità di un fotodiodo a vuoto

I fotodiodi a vuoto sono costituiti da un piccolo tubo catodico, in cui la superficie del catodo emette
elettroni in proporzione alla luce incidente, e da un anodo, che li riceve. Tra anodo e catodo è
imposta una tensione tra 50 e 90 V.

Per il funzionamento sfruttano l’emissione di elettroni dalla superficie metallica colpita da fotoni di
energia superiore ad un dato valore di soglia. Il materiale del catodo determina la sensibilità
spettrale (Cs - Te per UV).

Possono essere resi molto sensibili aggiungendo una serie di dinodi (elettrodi intermedi), tra
anodo e catodo, per aumentare il campo elettrico.
Il campo elettrico tra ogni coppia successiva di dinodi fornisce agli elettroni estratti dai fotoni
incidenti (fotoelettroni) una energia sufficiente ad estrarre altri elettroni. In questo modo si genera
un processo a valanga che produce un impulso di corrente (anche di milioni di elettroni per fotone)
e che spiega il nome di “foto-moltiplicatori” dato a questi dispositivi.

Termosensori

I termosensori (detti anche bolometri) sono dispositivi sensibili al calore radiante per irraggiamento
(sensore sotto vuoto) ed offrono una adeguata sensibilità nell'infrarosso (IR). Hanno una finestra
d'ingresso in quarzo (banda passante tra 200 e 4200 nm) e sfruttano il riscaldamento prodotto
dall’assorbimento di fotoni per generare un segnale utile.

Il segnale prodotto varia in relazione al tipo di sensore:


· nei sensori piroelettrici esso consiste in una variazione di polarizzazione dielettrica
· nelle termopile consiste invece in una variazione di forza elettromotrice
L'intervallo di sensibilità spettrale dipende dalle caratteristiche delle finestre ottiche di protezione
utilizzate.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 78


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Schema convertitore corrente – tensione

Termosensori – Sensibilità spettrale

Illuminazione artificiale

Le sorgenti luminose utilizzate per fornire un'adeguata illuminazione variano dalle torce portatili
alle sorgenti ad alta intensità utilizzate con i videoscopi.
Per illuminare la zona da controllare vengono utilizzati due tipi di sorgente di luce artificiale:

· ad incandescenza:
la luce viene emessa da un filamento di tungsteno attraversato da una corrente elettrica; di
questo tipo sono la lampada tradizionale e la lampada alogena;

· a scarica elettrica (arco):


la luce viene emessa direttamente da un gas rarefatto ionizzato percorso da una scarica
elettrica (lampada a scarica), o indirettamente da un materiale fluorescente investito dalla
radiazioni ultraviolette emesse dal gas (lampade a fluorescenza).
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 79
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Illuminazione ad incandescenza

Lampada tradizionale
La lampada ad incandescenza tradizionale è costituita da un bulbo di vetro trasparente
contenente un sottile filamento in tungsteno sorretto da opportuni sostegni conduttori. Nel bulbo è
praticato il vuoto ed immessa una miscela di gas inerti (azoto, argon) per evitare che il filamento
"bruci" durante il riscaldamento. Il bulbo è sigillato mediante un attacco che serve per il
collegamento con la linea elettrica di alimentazione.

Il passaggio della corrente elettrica Spettro d’emissione lampada ad incandescenza


attraverso il filamento ne provoca il
surriscaldamento fino
all'incandescenza, a temperatura
molto elevata (compresa in genere
tra 2000 e 3000 K).

All'incandescenza si ha emissione
di radiazioni luminose, insieme ad
una quota cospicua di radiazioni
infrarosse (invisibili all’occhio, ma
percepite come calore) e ad una
piccolissima quantità di radiazioni
ultraviolette.
La quantità di luce emessa è direttamente proporzionale alla temperatura di funzionamento della
lampada.

Lampada alogena
Il tungsteno di cui è costituito il filamento di una lampada a incandescenza, portato ad alta
temperatura inizia a sublimare, andandosi a depositare sulla superficie interna del bulbo in vetro.
Questo fenomeno porta alla riduzione del flusso luminoso e all’invecchiamento della lampada, in
quanto il bulbo annerito lascerà passare una minore quantità di flusso e il filamento, assottigliato a
causa della sublimazione, si infragilisce e si spezza.

Le lampade alogene sono un affinamento delle lampade ad incandescenza tradizionali; all'interno


del bulbo in quarzo, oltre ai soliti gas inerti, è introdotto un composto alogeno attivo (di norma
iodio o bromo). Le sostanze alogene si combinano con il tungsteno evaporato dal filamento
formando alogenuri di tungsteno, che hanno la tendenza a non fissarsi sulla superficie del bulbo.
Gli alogenuri, trasportati in prossimità del filamento dai moti convettivi interni al bulbo, si
dissociano lasciando libero il tungsteno che torna a deporsi sul filamento. Questo processo ciclico
rigenera il filamento e rallenta l'annerimento del bulbo.

Nota
All'interno del bulbo gli alogenuri di tungsteno possono formarsi come composti stabili soltanto nelle zone
dove la temperatura è inferiore a 1700 K, quindi ad una certa distanza dal filamento (che raggiunge i 3000
K). Quando gli alogenuri si portano in prossimità del filamento, a temperature superiori a 1700 K, avviene la
loro dissociazione in tungsteno, che si deposita casualmente sul filamento, e gas alogeno, che si rende
disponibile per un nuovo ciclo.
Il fatto che il tungsteno si rideposita casualmente sul filamento, e mai esattamente nel punto dal quale si è
volatilizzato, impedisce che il filamento si rigeneri integralmente: il filamento è sempre soggetto a
logoramenti localizzati là dove il tungsteno non torna mai a depositarsi.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 80


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Illuminazione a scarica elettrica

La lampada a scarica sfrutta la proprietà di alcuni gas di emettere luce quando sono attraversati
da una scarica elettrica (elettroluminescenza). La lampada è costituita da un'ampolla di vetro o
quarzo (tubo di scarica) nella quale è stato prodotto il vuoto e immessa una piccola quantità di gas
o vapori metallici. Alle due estremità sono saldati gli elettrodi tra cui avviene la scarica.

Nota: possono essere presenti elettrodi supplementari per l'innesco dell'arco.

La lampada può essere contenuta in un involucro in vetro con la funzione di


schermare i raggi ultravioletti, ospitare eventuali elementi accessori e proteggere il
tubo. All'interno del tubo, la tensione tra gli elettrodi accelera le particelle cariche
presenti (ioni ed elettroni liberi).Gli urti tra le cariche in moto e gli atomi di gas
possono provocare:

· l'eccitazione dell'atomo, emettendo radiazione visibile o ultravioletta.

· l'allontanamento di un elettrone dal sistema atomico e quindi la formazione di


uno ione positivo e di un elettrone libero che, a loro volta accelerati, urtano altri
atomi di gas e mantengono attivo il processo di scarica.

Nota
L'eccitazione dell'atomo provoca il salto d'orbita di uno dei suoi elettroni periferici su un
livello energetico superiore, instabile, dal quale l'elettrone ricade su un livello più stabile.

Lampada a fluorescenza
Le lampade a fluorescenza sono un tipo particolare di lampada a scarica in cui l'emissione
luminosa non è prodotta direttamente dal gas ionizzato, ma da un sottile strato di polveri
fluorescenti (fosfori) che riveste internamente la superficie del tubo contenitore. Il tubo in vetro (di
forma lineare, circolare o variamente sagomato) contiene al suo interno piccole quantità di
mercurio gassoso unitamente ad altri gas (solitamente Argon o Neon). Alle due estremità sono
saldati i due elettrodi a cui fanno capo i conduttori elettrici di alimentazione.
Gli atomi di mercurio urtati dagli elettroni in movimento tra i due elettrodi emettono
prevalentemente radiazione ultravioletta (vedi: generazione della luce).
Le polveri fluorescenti presenti sulla superficie interna del tubo, investite dalla radiazione UV
prodotta dal gas, emettono luce.

Nota
Questo tipo di lampade sono comunemente chiamate lampade al neon o tubi al neon, ma in realtà il loro
funzionamento è dovuto alla presenza dei vapori di mercurio e non al neon.
Ricordiamo anche che l'emissione luminosa da parte di sostanze fluorescenti cessa non appena viene
meno l'azione eccitatrice svolta dalla radiazione UV, diversamente da quanto accade per le sostanze
fosforescenti, che continuano ad emettere luce anche dopo che l'azione eccitatrice è venuta meno.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 81


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

3. STRUMENTI PER GLI ESAMI VISIVI

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 82


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

3.1 INTRODUZIONE

I numerosi strumenti utilizzabili nelle ispezioni visive sono stati suddivisi nelle seguenti categorie,
illustrate in dettaglio nelle pagine seguenti:

• Strumenti di misura: da utilizzare per verifica di dimensioni, distanze, spessori, ecc, in


funzione del tipo di misura e al grado di precisione richiesto.

• Indicatori di temperatura: in campo industriale vi sono apparecchiature e sistemi per i quali


la temperatura è un parametro da monitorare periodicamente nelle attività di ispezione.

• Strumenti di ausilio alla visione: per esaminare particolari nascosti o minuti, può essere
necessario utilizzare sistemi ottici di ausilio alla visione.

• Strumenti per la visione indiretta: nei casi in cui la visione diretta non è possibile, è
necessario ricorrere a sistemi endoscopici per la visione indiretta.

• Altri sistemi: i sistemi computerizzati consentono la memorizzazione, manipolazione,


interpretazione automatica delle immagini acquisite.

PRINCIPALI STRUMENTI PER L'ESAME VISIVO


STRUMENTI DI Riga metallica graduata
MISURA Goniometri
Calibri
Micrometri
Comparatori
Calibri per saldatura
Profilometri ed altri strumenti

INDICATORI DI Termometri a contatto


TEMPERATURA Termometri senza contatto

STRUMENTI DI Sistemi di ingrandimento


AUSILIO ALLA Sistemi ottici speciali
VISIONE Lenti e specchi
Stroboscopi

ENDOSCOPI Boroscopi
Fibroscopi
Videoendoscopi

ALTRI SISTEMI Sistemi televisivi a circuito chiuso


Sistemi di elaborazione delle immagini
Sistemi computerizzati
Sistemi automatici
Sistemi robotizzati

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 83


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

3.2 STRUMENTI DI MISURA

Introduzione

Nelle ispezioni visive è spesso richiesto determinare lunghezze, diametri, altezze, tolleranze,
aspetto superficiale, filettature e diverse altre caratteristiche che non possono essere
adeguatamente quantificate soltanto dall'occhio umano. I principali strumenti comunemente
utilizzati per le misurazioni nelle ispezioni visive dirette sono:

• Riga metallica graduata

• Goniometri

• Calibri

• Micrometri

• Comparatori

• Calibri per saldatura

• Profilometri ed altri strumenti

Riga metallica graduata

La riga graduata è il più semplice strumento per le misure lineari, esistono in diverse lunghezze e
possono essere di materiale rigido o flessibile. Le righe graduate hanno normalmente una
lunghezza di 6 pollici e dispongono di diverse scale con differenti gradazioni. La precisione è
limitata dalla larghezza dell'incisione della scala graduata. Per una corretto impiego deve essere
scelta con attenzione la scala più adatta.
Se la misurazione effettuata cade tra due gradazioni, dovrebbe essere utilizzata la scala
successiva più fine, per aumentare il grado di precisione. Con un corretto utilizzo si possono
ottenere precisioni dell'ordine di 0,5 mm (0,016 pollici), anche se possono verificarsi errori di
interpretazione. Sono impiegate anche per controlli della planarità delle superfici, parallelismo e
rettilineità.

Misurazione con riga metallica


Per una corretta misurazione la riga deve essere allineata perpendicolarmente rispetto al pezzo
da controllare.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 84


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

In questo modo le gradazioni sono il


più vicino possibile all'area di
misura. Questo allineamento inoltre
minimizza l'errore di parallasse.

Per ottenere misurazioni precise è


consigliato utilizzare come primo
punto di riferimento la linea dell'uno
invece che quella del punto zero
iniziale, ed in seguito sottrarre una
unità dalla lettura effettuata.

Questo poiché è più difficile allineare il riferimento dello zero terminale con lo spigolo del pezzo da
misurare rispetto ad allineare una gradazione intermedia della riga. Inoltre, possibili danni alla
parte terminale della riga con l'indicazione zero, possono influenzare negativamente la
misurazione.

Goniometri

Il controllo degli angoli più comuni (30, 45, 60, 90, 120°) viene eseguito per mezzo delle squadre
fisse. Il controllo di angoli diversi dai suddetti si esegue per mezzo delle squadre zoppe, costituite
da due righelli girevoli attorno ad un perno.
La misurazione degli angoli si effettua per mezzo di goniometri meccanici semplici che danno una
approssimazione di un grado o di mezzo grado. Quando si vogliono approssimazioni maggiori,
s'impiegano i goniometri universali provvisti di nonio.

Il goniometro universale è costituito da una


squadra, solidale con una corona circolare
girevole attorno ad un disco centrale, provvisto
di nonio. Il disco è portato da un braccio che
può essere fissato al righello scorrevole per
mezzo di una vite. La squadra con relativa
corona può essere bloccata al disco centrale
mediante una vite.

Sulla corona è incisa una scala suddivisa in


quattro settori di 90°; ciascun settore è
numerato ogni 10°, da 0° a 90°.
In genere l'approssimazione di questi
goniometri è di 5'.

Calibri
I calibri sono usati per ottenere accurate misurazioni lineari. I calibri esistono in una vasta varietà
di dimensioni e configurazioni per misurare lunghezze, larghezze, altezze, diametri e profondità.
Possono essere sia a misurazione diretta che a misurazione indiretta. I calibri a misurazione
diretta possono essere classificati in base al:
• tipo di lettura (calibro a nonio, calibro a quadrante, calibro digitale)
• tipo di misurazioni (calibri per esterni, per interni, di profondità, universali)
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 85
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Tipi di calibri

I calibri per misurazione indiretta o tipo a


trasferimento sono usati per trasferire la dimensione
di un pezzo ad un riga graduata. Per eseguire la
misura si regola il calibro in modo che le due gambe
tocchino leggermente l'oggetto. Si trasferisce la
distanza così ottenuta verso la scala graduata della
riga dove si effettua la lettura vera e propria. Se
eseguita accuratamente questo tipo di misurazione
consente precisioni di 1/64 di pollice (0,4 mm).

I calibri a misurazione diretta permettono la lettura diretta della misura effettuata e sono disponibili
in vari tipi. Questo tipo di calibro può essere semplicemente un riga graduata con bracci per
misurazioni grossolane, oppure può essere del tipo a verniero, ad indice, o di tipo elettronico
digitale utilizzato per misurazioni molto precise.
Consentono misurazioni con precisioni da 0,1 mm fino a 0,01 mm per i tipi digitali o a quadrante.

In base al tipo di lettura il calibro può essere


classificato:

• calibro a nonio, la lettura avviene sulla


scala principale presente sul corpo,
mentre le frazioni di misura sono fornite
da una scala presente sulla parte
mobile del calibro.

• calibro a quadrante, la lettura avviene


sulla scala principale mentre le frazioni
di unità sono indicate attraverso un
quadrante ad orologio montato sul
corsoio.

• calibro digitale, la lettura avviene


direttamente attraverso un display
digitale, presente sul corsoio.

CALIBRO A NONIO
Sulla parte fissa del calibro c'è una scala in centimetri, con divisioni di un millimetro, mentre sulla
parte mobile detta nonio c'è un'altra piccola scala che serve ad aumentare di molto la sensibilità di
lettura. La scala del nonio è di solito numerata da 1 a 10 e vi è una tacca non numerata a metà
dell'intervallo fra due tacche numerate successive.

CALIBRO A QUADRANTE
Questo tipo di calibro dispone di un quadrante ad orologio mosso dal movimento del corsoio con
un meccanismo simile a quello dei comparatori. Sul corpo viene normalmente incisa una scala
fissa millimetrata, sulla quale vengono letti i millimetri, mentre sul quadrante le relative frazioni di
millimetro.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 86


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

NOTA
I quadranti normalmente hanno una risoluzione 0,05 - 0,02 mm. e possono visualizzare 1 o 2 mm a giro. In
genere i quadranti possono essere ruotati per far coincidere lo zero della scala con una qualsiasi posizione
dell'indicatore per impostare una quota di riferimento. In questo modo è possibile eseguire confronti tra
quote diverse, ma quando si ritorna ad eseguire misure assolute è necessaria una verifica preventiva della
posizione dello zero.

CALIBRO DIGITALE
Il calibro digitale dispone di un display elettronico montato sul corsoio attraverso il quale viene
visualizzata la misura effettuata. La scala millimetrata presente sul corpo viene utilizzata solo per
la verifica grossolana della misura elettronica. I display sono normalmente realizzati con una
risoluzione 0,01 mm. I calibri digitali dispongono di funzioni quali:
- visualizzazione della misura in differenti scale (metriche, inglesi);
- azzeramento della lettura in un qualsiasi punto;
- impostazione di una qualsiasi quota di riferimento
- collegamento con un PC, per trasferire i dati delle misure.

In base al tipo di misurazioni i calibri possono essere classificati in:

· calibro per esterni, con


becchi adatti per andare a
battuta sulle superfici esterne
di un oggetto.

· calibro per interni, con becchi


o appendici a coltello idonei
per andare a battuta su due
pareti interne di un oggetto.

· calibro di profondità, dotato


di un'asta per andare a battuta
sul fondo della cavità e di una
superficie di riferimento da
appoggiare sul bordo della
cavità stessa.

· calibro universale, dispone di


una combinazione di becchi ed
appendici tali da poter
effettuare più tipi di misure.
Nota
La misura delle profondità risulta difficoltosa per la difficoltà di disporre di stabili superfici di riferimento.
Inoltre, problemi d'allineamento e flessioni nell'asta, limitano la precisione della misura. Solo modelli pensati
appositamente per questo impiego garantiscono adeguate precisioni di misura.

Calibro a corsoio
Il calibro a corsoio, molto usato per le normali misurazioni di officina, è costituito da un'asta di
acciaio ed un corsoio. Ad una estremità dell'asta è presente un braccio ed un beccuccio mentre
lungo il corpo sono incise due scale, una in millimetri e l'altra in pollici e sedicesimi di pollice.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 87


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Il corsoio scorre con un leggero attrito sull'asta, ed è


provvisto anch'esso di un braccio e di un beccuccio.
Sui bordi del corsoio sono incise le scale del nonio,
una per le misure in millimetri e l'altra per le misure
in pollici.

Al corsoio è solidale un'asticina che può scorrere in


una scanalatura longitudinale praticata sull'asta
dalla parte opposta alla graduazione; nei calibri di
precisione lo spostamento del corsoio viene ottenuto
con un dispositivo micrometrico.

I bracci servono per misure di esterni, i beccucci per


misure di interni e l'asticina per misure di profondità.

Nota
Il nonio fu ideato, come apparecchio misuratore di piccoli angoli, dal matematico e cosmografo portoghese
Pietro Nunes (Petrus Nonius) verso l'anno 1550; ma il primo nonio a corsoio scorrevole per la misurazione
di frazioni di millimetro fu costruito nel 1631 dal matematico francese Pierre Vernier che prese l'idea dal
primitivo apparecchio di Nunes; per questo motivo il nonio viene anche denominato Verniero.
Vi sono noni rettilinei e noni circolari: i primi sono applicati su strumenti misuratori di lunghezze, i secondi
vengono invece applicati sui goniometri misuratori di angoli. L'ampiezza delle graduazioni del nonio è
sempre diversa dall'ampiezza delle graduazioni incise sulla scala fissa.

Il nonio è una scala ausiliaria costruita suddividendo in n parti uguali la lunghezza corrispondente
a (n-1) divisioni di una scala fissa.

Nota
Il nonio si dice diminuito quando le sue graduazioni sono più piccole di quelle della scala fissa, si dice
eccedente quando le sue graduazioni sono più grandi di quelle della scala fissa.

Il nonio decimale si costruisce suddividendo in dieci parti uguali 9 mm della scala fissa; una
graduazione del nonio vale perciò 9/10 mm.

Siccome ogni graduazione del nonio è 1/10 più


piccola di una graduazione della scala fissa,
quando il nonio si sposta di 1/10 verso destra, il
trattino 1 del nonio verrà a coincidere con un
trattino della scala fissa.

Se il nonio si sposta di 5/10, la coincidenza


avverrà in corrispondenza del trattino 5 del
nonio.

La misura è data dal numero delle divisioni della scala fissa che si trovano alla sinistra dello zero
del nonio più una frazione di mm indicata dal numero d'ordine del trattino del nonio che coincide
col trattino della scala fissa. Nel caso di un nonio decimale si otterranno quindi misure con una
precisione di un decimo di millimetro.

Nell'eseguire la misura di una lunghezza possono presentarsi tre casi.

1° CASO: lo zero del nonio coincide esattamente con una divisione della scala fissa.
La misura della lunghezza è data dal numero delle divisioni della scala fissa a sinistra dello zero
del nonio: lettura = 6,00 mm
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 88
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

2° CASO: lo zero del nonio cade tra due divisioni della scala fissa ed un trattino del nonio coincide
con una divisione della scala fissa.
La misura è data dal numero delle divisioni della scala fissa a sinistra dello zero del nonio, più la
frazione indicata dal numero d'ordine del trattino del nonio coincidente con una divisione della
scala fissa: lettura = 7,50 mm

3° CASO: due trattini del nonio rimangono compresi tra due divisioni della scala fissa. Non
essendo possibile stabilire quale dei due trattini coincida, avremo due letture:
lettura per difetto = 6,20 mm
lettura per eccesso = 6,30 mm

I calibri a corsoio come tutti gli strumenti di precisione devono essere periodicamente controllati e
verificati al fine di assicurare la correttezza delle misure realizzate. Il controllo dei calibri a corsoio,
particolarmente necessario quando si tratti di calibri di precisione, ha lo scopo di accertare:

• l'esatto combaciamento delle superfici di contatto dei bracci, a calibro chiuso;


• la perpendicolarità delle superfici suddette rispetto all'asse della scala;
• la coincidenza dello zero del nonio con quello della scala fissa, a calibro chiuso;
• la nitidezza dei trattini e delle cifre;
• la precisione delle scale.

Micrometri

Il micrometro a vite, detto anche Palmer dal nome del suo ideatore, permette di eseguire
misurazioni di lunghezze con una precisione superiore a quella del calibro.

In base al tipo di misura che sono in grado di realizzare i micrometri possono essere classificati in:

• micrometri per esterni per misure di spessore e diametri esterni di barre, fili o sfere;
• micrometri per interni, per misure di diametri interni
• micrometri di profondità per la misura di profondità di fori scanalature etc.

In relazione al sistema di lettura possono essere invece distinti in:

• micrometri analogici
• micrometri digitali.

Micrometri per esterni

Il micrometro per esterni è


costituito da un supporto ad
arco, provvisto di un'incudine e
di un gambo cilindrico, filettato
internamente.
Una vite micrometrica, solidale
ad una bussola esterna,
imbocca nella filettatura del
gambo e si prolunga in un'asta
cilindrica denominata asta
mobile di misura.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 89


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

La bussola termina con un lembo tronco-conico graduato e con un tamburo zigrinato; il lembo
tronco-conico è suddiviso in 50 oppure in 100 parti uguali.
Sulla superficie esterna del gambo è incisa la linea di fede della scala fissa, suddivisa in mezzi
millimetri. Per facilitare la lettura, i trattini sono alternativamente rivolti da parti opposte rispetto alla
linea di fede.

Le parti costituenti il micrometro sono di acciaio convenientemente trattato. In certi casi, per
aumentare la resistenza all'usura, sulle parti terminai dell'asta mobile e dell'incudine vengono
applicate placchette di carburi metallici.

Ragioni di precisione impongono un limite alla lunghezza


della vite e perciò la scala fissa non supera 25 mm.
Per questo motivo, i micrometri vengono costruiti con
aperture massime variabili di 25 in 25 mm; in genere si
adottano i campi di misura indicati a lato.

La vite micrometrica, che è la parte più delicata, deve essere


costruita in acciaio legato, trattato e stabilizzato.
La filettatura viene eseguita mediante rettificatrici di alta
precisione.

Effettuazione misurazione

La misurazione si ottiene agendo sul tamburo zigrinato, per l'avanzamento della vite e quindi
dell'asta mobile, durante tutta la manovra di avvicinamento.

Nella fase di serraggio, che precede la lettura, si


agisce solo sul bottone zigrinato; il bottone
trasmette lo sforzo alla bussola attraverso un
cricchetto.

Il cricchetto scatta a vuoto quando la pressione


esercitata dall'asta mobile sul pezzo supera 1 kg.
In questo modo si mantiene costante la
pressione, rendendo la misura indipendente dalla
pressione esercitata.
Per impedire che la vite micrometrica subisca
movimenti durante la lettura i micrometri sono
provvisti di un dispositivo di bloccaggio, costituito
da un disco forato eccentricamente, inserito
sull'asta mobile.
Facendo ruotare il disco, la vite viene bloccata.
A questo punto si può procedere alla lettura del valore di misura.

Micrometri per interni

Il micrometro per interni ha il dispositivo di lettura uguale a quello del micrometro per esterni, ma
differisce per il sistema di rilevamento delle quote.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 90


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Due tipi interessanti di micrometri per interni sono:


· i micrometri a contatti espansibili
· i micrometri ad aste combinabili

Il micrometro a contatti espansibili è costituito da un


corpo cilindrico coassiale alla controbussola del
dispositivo di lettura. La parte terminale dello strumento
dispone di cilindretti metallici (contatti) che,
fuoriuscendo radialmente rispetto all'asse, permettono
la misura di cavità o diametri interni.

I micrometri per interni possono essere:

• a 2 punti, dotati di due contatti disposti radialmente a 180°


di distanza, adatti per la misurazione di cavità o fori non
cilindrici e cavità a piani paralleli;

• a 3 punti, dotati di tre contatti disposti a 120° di distanza,


adatti per il centraggio ottimale in cave cilindriche.

Nota
La superficie dei contatti può avere varie forme (a semisfera, piana,
zigrinata, ecc.); la scelta tra le forme disponibili deve essere fatta in
relazione alle particolarità della superficie interna da esaminare.

La superficie dei contatti può avere varie forme (cilindrica, piana, zigrinata, ecc.); la scelta tra le
forme disponibili deve essere fatta in relazione alle particolarità della superficie interna da
esaminare.

Il funzionamento del micrometro a contatti espansibili si basa su di un sistema a testa conica.


Facendo ruotare la bussola, il cono guidato dalla filettatura, avanza assialmente e spinge verso
l'esterno i settori portandoli a contatto con la cavità da misurare.

Dopo lo scatto del cricchetto, si effettua la lettura sulla scala


fissa e sul lembo graduato con le stesse modalità dei micrometri
normali.

Per le particolarità costruttive il campo di misura di questo tipo di


micrometri è in genere molto piccolo (può variare da un minimo
di 6 mm ad un massimo di 300 mm).

La registrazione di questi strumenti viene effettuata mediante


appositi anelli di riscontro.
I micrometri a contatti espansibili sono particolarmente adatti a
misurare l'alesaggio dei cilindri per motori endotermici.

Il micrometro ad aste combinabili è costituito da una vite micrometrica inserita in un corpo


cilindrico su cui è incisa la scala fissa longitudinale, graduata in mezzi millimetri. La vite, ha
l'estremità esterna a testa sferica ed è solidale ad una bussola provvista di un lembo tronco-
conico, graduato in 0,01 mm. All'altro estremo è presente una seconda testina sferica solidale al

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 91


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

corpo cilindrico. Un nottolino di bloccaggio impedisce la rotazione della vite micrometrica al


momento dell'estrazione dello strumento dalla cavità misurata.
Lo strumento può essere impiegato per misurare fino a qualche decina di mm. Quando si
debbono eseguire misure di maggiore ampiezza, si avvita sul corpo la prolunga che porta
internamente un'altra asta di misura, a testa sferica. Se il micrometro è ancora insufficiente, si
provvede ad allungarlo avvitando sul corpo un'altra prolunga, provvista di relativa asta di misura, a
testa sferica. Il principio di funzionamento e le modalità di lettura sono analoghi a quelli dei
micrometri per esterni.

Nota
Apposite molle assicurano il contatto tra le aste combinabili senza danneggiare le superfici di contatto.

Micrometro di profondità

I micrometri di profondità hanno il dispositivo di lettura


identico ai micrometri per esterni, ma sono privi di arco e
incudine.
Possono essere dotati di opportune prolunghe per
aumentare la loro profondità di misura.

Dispongono di una superficie di battuta perpendicolare


all'asse dell'asta da posizionare sull'orlo della cava da
misurare.

Micrometri digitali

Nei micrometri digitali lo spostamento dell'asta di misurazione è rilevato da un dispositivo


elettronico e la misura è visualizzata da un display digitale. I display, alimentati da comuni batterie,
sono normalmente realizzati con una risoluzione 0,001 mm.

Attraverso il dispositivo elettronico gli indicatori forniscono diverse funzionalità, tra le quali:

• azzeramento della lettura in un qualsiasi punto;


• impostazione di quote di tolleranza;
• conversione di unità di misura (mm/in).

I modelli più evoluti sono predisposti per la connessione al PC e consentono il trasferimento dei
dati di lettura e l'automatizzazione delle misure.

Impiego del micrometro

Per un corretto impiego del micrometro è necessario avere una serie di avvertenze ed attenzioni
le principali delle quali sono qui riassunte:

• Azzeramento del micrometro


• Taratura e Calibrazione del micrometro
• Uso del micrometro per esterni
• Uso del micrometro per interni
SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 92
CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

• Basi per micrometri

AZZERAMENTO DEL MICROMETRO


Con l'impiego, lo zero della graduazione può non corrispondere alla battuta tra i due rebbi.
L'azzeramento del micrometro deve essere verificato periodicamente, pulendo accuratamente i
rebbi, ed eseguendo un serraggio completo delle aste.
Nel caso di micrometri ad ampia apertura, viene normalmente fornito un calibro fisso
(referenza),di dimensione nominale pari alla misura inferiore del campo di misura.

TARATURA DEL MICROMETRO


La taratura avviene utilizzando:
- blocchetti di riscontro piano-paralleli per i micrometri per esterno;
- anelli di azzeramento per micrometri per interni.

CALIBRAZIONE DEL MICROMETRO


Qualora il micrometro risulti starato, si può calibrare agendo fisicamente sullo strumento stesso.
Le modalità per una corretta operazione di calibrazione dipendono dalla struttura e modello del
micrometro.

USO DEL MICROMETRO PER ESTERNI


Per utilizzare lo strumento:
1. Pulire eventuali detriti che falserebbero la misura;
2. Inserire il pezzo da misurare tra incudine e l'asta
3. Serraggio; avvitare il tamburo utilizzando la ghiera della frizione fino a 'serraggio' (per evitare
di applicare un eccessivo serraggio);
4. Lettura valore; leggere sulla scala fissa la componente maggiore, in genere i millimetri o mezzi
millimetri, e sulla scala del tamburo le frazioni centesimali.

USO DEL MICROMETRO PER INTERNI


Per un corretto utilizzo dello strumento :
1. Agire sul tamburo per ritrarre i palpatori al diametro minimo dello strumento;
2. Introdurre lo strumento nella cava (o nel foro) da misurare;
3. Avvitare il tamburo utilizzando il nottolino della frizione fino a portare i palpatori in battuta con
le superfici da misurare;
4. Leggere sulla scala fissa la componente maggiore e sulla scala del tamburo le frazioni
centesimali.

BASI PER MICROMETRI


Quando necessita effettuare misure impegnative (per numero o per accuratezza), possono essere
dotati di appositi supporti porta micrometri. Tali supporti mantenendo lo strumento bloccato,
lasciano libere le mani per posizionare comodamente l'oggetto da misurare e manovrare il
tamburo del micrometro.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 93


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Comparatori

I comparatori sono strumenti di misura costituiti da un quadrante


graduato con indicatore a lancetta, un tastatore ed un sistema di
amplificazione. Il movimento lineare del tastatore, amplificato da un
meccanismo (ad ingranaggi o leve), determina la rotazione della
lancetta. Il quadrante ha divisioni da 0,01 mm o inferiori.

I comparatori "a zero centrale" hanno graduazioni consecutive su


entrambi i lati dello zero, in modo da indicare variazioni positive o
negative rispetto allo zero nominale.

A seconda del sistema di lettura, i comparatori possono essere


classificati in:
• comparatori a quadrante dove la lettura avviene su un quadrante
ad orologio;
• comparatori digitali per i quali la lettura viene eseguita
direttamente attraverso un display digitale.

Comparatori a quadrante

I comparatori a quadrante vengono normalmente realizzati in modo


che un giro completo di indice equivale ad uno spostamento
assiale di 1 mm; nei comparatori di precisione, può corrispondere
ad uno spostamento di soli 0,2 mm.

Il comparatore ha una corsa utile molto più grande di quella


leggibile in un giro completo dell'indice, pertanto è presente un
secondo quadrante (più piccolo, all'interno del quadrante
principale) destinato a contare i giri di indice. Nei comuni
comparatori, il quadrante piccolo indica i millimetri di spostamento,
mentre nel quadrante principale si possono apprezzare i centesimi
di mm. Normalmente il quadrante con la scala graduata può
essere ruotato per impostare la scala ad un valore iniziale
arbitrario rispetto all'indicatore.

Un'apposita vite di bloccaggio impedisce rotazioni accidentali rispetto alla regolazione iniziale.
Nel bordo del quadrante di molti comparatori sono presenti due cursori mobili utilizzabili come
riferimenti dei valori di tolleranza di minimo e massimo della regolazione iniziale.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 94


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Comparatori digitali

Nel comparatore digitale gli ingranaggi agiscono su di un


trasduttore (encoder) in grado di convertire la posizione del
suo asse rotante in impulsi elettrici. Tali segnali sono inviati
ad un dispositivo elettronico che provvede a conteggiare gli
impulsi e visualizzare sul display la misura corrispondente.

Il comparatore digitale oltre a fornire una facile lettura del


valore rilevato può, essere collegato ad un computer,
attraverso cavi o sistemi di trasmissione senza fili. In questo
modo è possibile elaborare i valori misurati per eseguire
controlli automatizzati, per fini statistici o per monitorare il
processo di produzione.

Impiego dei Comparatori


Dotati di particolari accessori i comparatori possono essere utilizzati per varie misurazioni tra cui:
- misurare dimensioni interne, esterne ed altezze
- verificare concentricità ed allineamento di alberi
- misurare diametri e profondità di fori e alesaggi
- verificare finitura superficiale e planarità
- rilevare errori di parallelismo
- controllare deformazioni di un pezzo
- rilevare differenze di quota rispetto ad un pezzo campione.

Alcuni esempi sono riportati dalle figure che mostrano:

• un misuratore per esterni a comparatore, con


tastatori a forma di coltello. Consente la
misurazione di diametri, spessori di pareti e cave
esterne;

• un misuratore per interni a comparatore, per la


misurazione di diametri, cave e gole interne;

• un misuratore di spessore a comparatore.

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 95


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Per facilitarne l'impiego pratico i comparatori possono essere


dotati di appositi supporti snodabili in grado di posizionare ed
orientare adeguatamente lo strumento rispetto alla superficie da
esaminare.

Tali supporti sono dotati di attacchi con cui agganciare l'asta o il


corpo dello strumento. La base del supporto può essere
magnetica per essere facilmente fissata al banco di lavoro o
direttamente sulle macchine utensili.

Molla di spinta. L'asta viene mantenuta in estensione a contatto con il materiale da una molla. La
forza esercitata sull'oggetto da misurare aumenta con l'aumentare della compressione della molla
e può alterare la superficie di contatto e quindi produrre errori di misura.

Nota
Il problema risulta trascurabile nei materiali metallici mentre diviene evidente nei materiali soffici (plastica,
gomma...). Una soluzione è utilizzare molle che producono una forza debole, anche quando sono molto
compresse. Tale forza viene utilizzata come parametro per la valutazione della qualità dei comparatori.

Sfera di scorrimento. Per ridurne l'usura e diminuire l'attrito durante lo scorrimento dell'asta sulle
superfici, sull'estremità del tastatore è presente una piccola sfera che ruota all'interno della sua
sede. Nei normali comparatori, la sfera è in acciaio temperato, mentre nei comparatori di
precisione la sfera è può essere realizzata in rubino sintetico, la cui elevata durezza ne riduce
fortemente l'usura.

Calibri per saldatura

I più comuni strumenti di misura delle saldature sono:


• calibri per giunti d'angolo
• calibro per saldature (Palmgren, Cambridge)
• calibri di saldatura tipo HI-LO

Tali strumenti permettono di eseguire sulle saldature le


misurazioni di:
- profondità dell'incisione marginale
- eccesso di metallo d'apporto (sovrametallo) delle
saldature testa a testa
- dimensione dei cordoni d'angolo
- altezza della gola dei cordoni d'angolo
- angolo di preparazione dei lembi (da 0 a 60 °)
- disallineamento e distanza tra i lembi

SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 96


CND: CONTROLLO VISIVO

BUREAU VERITAS 28/02/2014

Calibro per giunti d'angolo


Il calibro per saldature d'angolo è lo strumento comunemente utilizzato per il controllo delle
saldature. Permette di verificare in maniera semplice e rapida la lunghezza del lato del cordone e
determinare se vi è sufficiente altezza di gola.

Questo calibro è di fatto un comparatore in quanto per


verificare la dimensione si confronta la parte del calibro,
corrispondente alla dimensione accettabile della
saldatura, con quella del cordone da controllare.

Sul calibro sono ricavati degli archi per creare spazio al


cordone.
Il calibro viene posizionato