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Carla Borri

Angelo Antonio Fierro

IL METODO STELLA MARIS


PERCORSO DI ARTETERAPIA DEL COLORE

elaborato
secondo L’essenza dei colori di Rudolf Steiner

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Volume a cura di Daniela D’Alessandro

Progetto grafico di Paolo Catalani

Disegni di Erika Celotti

Si ringraziano:
Maria Luisa Bergianti, Elisa Ferrini, Viviana Loiacono, Armandina Milani, Manuela Elsa Matteazzi,
Marinella Collina, Laura Gilberti, Anna Mazzanti, Mara Medri, Daniela Vallin, Carlo Catalani.

© 2010 Editrice CambiaMenti


Ia edizione
ISBN 978-88-96029-09-1

editrice CAMBIAMENTI sas


40125 Bologna – Via A. Quadri, 9
tel. 051 522 440 Fax 051 553 857
www.cambiamenti.com

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Carla Borri, Pasqua

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PREFAZIONE

Gli autori del metodo Stella Maris, qui descritto, propongono


un libero accostamento alla terapia antroposofica del colore e
allestiscono un chiaro e ponderato percorso di esercizi traendolo
dalla scienza dell’essere umano di Rudolf Steiner e dagli sviluppi
delle sue meditazioni sul colore.
Il risultato si mostra stimolante non solo per la formazione degli
arteterapeuti, ma anche per i profani che vogliano intraprendere un
percorso di arteterapia oppure impegnarsi ad approfondire l’essenza
dei colori. E anche per gli educatori terapeutici e per gli insegnanti
questo pur circoscritto contributo può costituire una appropriata
fonte di ispirazione.
Auguro a questo giovane metodo, che sta formandosi in Italia,
di inserirsi organicamente in Germania e in Olanda nel già
differenziato campo dell’arteterapia. Esso non può certo sostituire
gli insegnamenti e le pratiche svolte da Margherethe Hauschka,
Liane Collot d’Herbois, Gerard Wagner, Eva Mess-Christeller e da altri,
ma li può bene integrare.

Michaela Glöckler

Sezione Medica presso il Goetheanum

Pasqua 2010

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NOTE DEGLI AUTORI

Il testo è frutto dell’esperienza maturata fino al momento della


pubblicazione. La ricerca nel campo dell’arte terapia del colore è in
continuo cammino e prevediamo di far seguire a questo, un secondo
volume con la presentazione di esercizi pittorici adatti alla terza fase
del metodo Stella Maris.

Teniamo a precisare che l’originalità del presente lavoro consiste


nell’elaborazione del metodo e nell’approfondimento degli aspetti
terapeutici del percorso pittorico, attraverso anche l’utilizzo di
esercizi che rappresentano il patrimonio di anni di studio e lavoro
nell’ambito dell’arteterapia.

Per questa ragione, l’apprendimento del metodo non può essere


acquisito solo attraverso la lettura di questo libro, ma deve essere
accompagnato dalla frequentazione del corso di arteterapia ad esso
correlato.

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I RETROSCENA MISTERICI
DELLA NASCITA DEL METODO ‘STELLA MARIS’
NELL’ANIMA DI POPOLO ITALIANA

Q ualunque cosa,
qualunque evento del mondo,
ed anche qualunque comportamento dell’uomo,
tutto ha due lati e presenta, direi quasi,
una polarità fra due contrari.

Rudolf Steiner

Da una serie di coincidenze, unitesi nel tempo alla pratica clinica di esercizi pittorici già condotti
col proposito di pervenire ad un metodo unitario, sono prima affiorate, poi si sono gradualmente
definite, immagini appartenenti all’eredità mitologico-misterica dell’ ‘essere umano’.
In particolare, sono emerse le figure chiave di uno dei grandi Misteri ‘meridionali’ dell’era post-
atlantica, quelle relative al dio Mitra, del cui culto Plutarco testimonia la nascita intorno al II secolo
a. C., identificando nella città di Tarso, in Cilicia (oggi nell’attuale Turchia), la sede della primitiva
religio mitraica.
In quel periodo (che coincide anche con la scoperta, da parte di Ipparco, della precessione degli
equinozi: evento che, a sua volta, segna un punto di svolta spirituale) fioriva a Tarso un’importante
scuola filosofica legata allo Stoicismo, corrente di pensiero che, nonostante l’assimilazione del
Logos alla Natura, risente, in alcuni suoi esponenti, degli oracoli caldaici e della teologia egizia e
insieme a questi di motivi metafisici d’origine platonica. Cosicché i misteri mitraici echeggiano
sia gli influssi tardo-persiani, derivanti dallo zoroastrismo, sia quelli del platonismo, evidenti nella
figura del Deus creator o Demiurgo, nel noto mito della caverna (sulle cui pareti vengono proiettate,
a ignari spettatori, solo le ombre delle cose) e nel viaggio interplanetario dell’anima ‘da’ e ‘per’
l’Empireo, il ‘Cielo di tutti i cieli’ (tessuto della sostanza ignea più sottile), in preparazione d’ogni
incarnazione terrestre, corrispondente alla scala a pioli a sette gradini iniziatici del mitraismo.
Nella città di Roma e fino agli estremi confini dell’impero romano (in Britannia, lungo il Danubio,
il Reno e in tutta l’Asia Minore) i misteri mitraici trovarono una massa crescente di adepti, per
poi eclissarsi al fallimento della riforma religiosa promossa dall’imperatore Giuliano Flavio (detto
l’Apostata), che si era voluto far iniziare ai Misteri caldaici e al culto solare egizio, e che non a caso
volle essere sepolto a Tarso.
La città di Tarso, secondo la tradizione mitologica, era stata fondata da Perseo, l’eroe divino, il
‘leone alato’, il quale, nella volta celeste, è rinvenibile nell’omonima costellazione vicina al Toro,
che, seguendo certi sentieri osservativi dal Cielo boreale all’australe, risulta connessa anche al
Canis minor, al Serpente-Hydra, alla Coppa, al Corvo e allo Scorpione, ossia alle figure presenti
nella rappresentazione dei Misteri di Mitra, Signore del Cosmo ed artefice della ‘tauroctonia’
(l’uccisione del toro).
L’evento misterico centrale è infatti il sacrificio che Mitra compie uccidendo un toro bianco in una
caverna: inizia così la creazione del mondo visibile, la genesi dei sette pianeti e dei sette metalli,
dei colori, degli alberi e delle piante; e il dato temporale dell’evento, l’alba del 16° giorno (in cui la
luna piena tramonta esattamente quando sorge il sole) del 7° mese (che coincide con l’equinozio
di autunno), ci apre due scenari: uno antico, costituito dal rapporto di Mitra-Sole con il Toro-Luna
(testimoniato anche dalla presenza della triplice dea femminile Ecate nei mitrei romani e del sistro,
strumento di Iside-Luna, tra i simboli del quarto grado iniziatico del Leone); e uno nuovo, costituito

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dal nesso fra Mitra-Sole e l’Arcangelo Michele-e-il Drago: ch’è la metamorfosi cristianizzata del
mito, con la differenza che Michele infigge la lancia (o la spada), senza conficcarla, nella regione
del collo, ove risiede nell’uomo la tiroide, il cervello dell’anima senziente.
La via interiore coltivata nei misteri mitraici, che avevano inizio e svolgimenti rituali nella ‘caverna’
del Sol invictus (il sole invincibile) rende così piena ragione del loro riemergere nell’attuale epoca
post-atlantica, in cui l’uomo può farsi strada verso il suo Io superiore, a partire dalla propria
‘caverna’ istintivo-animale, grazie alle forze solari cristiche.
Infatti: chi inizi a dipingere gli esercizi artistici ritroverà nell’esercizio del blu la grotta mitraica;
nell’esercizio del giallo il manto cosmico del dio, da cui partono i raggi solari; nell’esercizio del
rosso la luce sottile dell’Empireo; nell’esercizio dell’arcobaleno la nascita dei sette colori; infine
negli esercizi degli alberi nelle quattro stagioni il ritmo cosmico-terrestre.
A fondamento di ciascun esercizio si pone la relazione Sole-Luna, intessuta nei misteri mitraici,
che testimonia, inoltre, l’incrocio coi misteri egizi di Iside e Osiride, e ci conferma nella scelta
di nominare Stella Maris il nostro metodo nell’arteterapia del colore. Stella Maris, infatti, come
ricorda Massimo Scaligero nella sua opera dedicata al Graal, rappresenta la meta dell’operazione
solare, l’Essere del Sacro Amore, “la vita perenne della luce, la luce che domina le acque”, la luce
marina.
Il riverbero della luce solare nella miriade di specchi argentei del mare ridona infatti un’immagine
di profondità e di senso al dialogo tra l’anima lunare e lo spirito solare nel percorso di autocoscienza
guidato dall’arteterapeuta, in cui il grigio-argento vela i colori dello spettro visibile e ove l’audace
ricercatore del terzo millennio dopo Cristo è chiamato a sollevare il velo della conoscenza sulla
base di una rinnovata volontà accesa dall’incontro con la materia ‘taurina-lunare’ del colore,
la cui sublimazione avviene nella formazione del color rosa fior di pesco: apparizione eterea
dell’incontro fra il bianco, colore immagine animica dello spirito, e il nero, colore-immagine
spirituale della morte, come nella veste del Cristo risorto di Piero della Francesca, che suggella la
vittoria del novello artefice solare, in veste di paziente, nel cammino iniziatico della malattia: dal
suo colore alla luce della guarigione.

Il riferimento a Piero della Francesca segnala anche un decisivo punto di contatto con l’anima
di popolo italiana, che, nel Rinascimento, ha potuto ritrovare molti legami con la cultura tardo-
antica, rimettendone in uso, benché segretamente, alcuni culti. Nella Villa medicea di Careggi,
presso Firenze, si trova un ‘grottino’ decorato che ricorda un mitreo, e la pratica della pittura da
parte di grandi maestri, da Leonardo a Michelangelo a Raffaello, ha sempre caratteri cosmologici,
che ne fanno un consapevole viaggio iniziatico dalla Terra al Cielo, caratteri nei quali sono state
colte sovente anche fonti dell’antico Egitto.
È perciò importante menzionare come Rudolf Steiner abbia indicato proprio nell’ultima fase del
periodo rinascimentale, intorno al 1530, il sorgere dell’epoca dell’anima cosciente, e con essa
la nascita del carattere nazionale del popolo italiano (cfr. Rudolf Steiner, Il mistero della morte,
O.O.159, 14/3/1915). In un altro contesto egli attribuisce inoltre all’anima di popolo italiana le
qualità adatte allo sviluppo dell’anima emozionale senziente nell’io attraverso l’arte (cfr. Rudolf
Steiner, La missione di singola anima di popolo, O.O. 121, 16/6/1910): appare così la feconda
peculiarità di un dialogo ‘artistico’ intessuto ‘a lemniscata’ fra l’anima emozionale-senziente e
l’anima cosciente.
Su questa scia pensiamo anche al riverbero rivivificato, nell’attuale epoca di cultura, degli
impulsi della cultura egizio-caldaica; o ancora al fatto che nel terzo millennio, quindi nel pieno
dello sviluppo dell’anima cosciente, tutta l’umanità, da un punto di vista biografico, si trovi
nell’età dell’anima emozionale-senziente (cfr. Rudolf Steiner, Lo studio dei sintomi storici, O.O.185,
3/11/1918) e dunque sia predisposta a fare delle peculiarità spirituali dell’anima italiana,
sviluppate attraverso la terapia del colore, una confluenza verso la guarigione.

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I COLORI E IL SORGERE DELLE IMMAGINI NELL’ANIMA
di Daniela D’Alessandro

C i saluta in perpetue mutazioni,


quaggiù, la forza segreta d’un canto,
là, benedice la terra in pace eterna,
mentre qui, come gioventù, ci avvolge.

È lei che versa la luce nei nostri occhi,


che ci ha dato il gusto d’ogni arte,
e che gode dei cuori dei lieti e degli stanchi,
in un’ebbra orazione prodigiosa.

Novalis

Secondo l’insegnamento di Rudolf Steiner l’essere umano è stato generato da un universo di


colori e le immagini che in lui si creano corrispondono alla condizione che egli sperimentò
all’inizio della sua esistenza terrestre, nella primissima coscienza di sé stesso e del mondo. Già
tale coscienza, aggiunge Rudolf Steiner, per quanto riguarda i colori e le immagini, si mostra però
notevolmente ridotta rispetto ad altre precedenti fasi evolutive: “sulla terra – egli dichiara – a
differenza dell’antica luna, l’uomo è diventato neutrale nella sua figura rispetto all’oceano fluente
del colore” (cfr. L’essenza dei colori, Milano, Ed. Antroposofica, 1997, p. 146). Inoltre, proprio sulla
terra, il procedere dell’evoluzione individuale comporta una serie di ulteriori ‘separazioni’, ossia di
squilibri ‘unilaterali’, che producono l’oblio delle immagini primitive, alle quali subentrano stati di
coscienza molto più limitati.
In tali stati la riflessione intellettuale finisce anche per soverchiare le sensazioni prodotte dalle
percezioni sensibili, impedendo a queste di portare alcunché di nuovo alla coscienza. Ed è per
tale ragione che ancora Rudolf Steiner, affermando che “il compito dell’uomo è di riprendere
l’antico cammino, risalendo alla coscienza primitiva, riacquistata sul terreno della coscienza
dello spirito” (ibidem), c’invita a riguadagnare in modo cosciente l’originario legame con i colori
e con le immagini, così da rendere alla nostra evoluzione individuale quel carattere armonioso
impeditole dall’egoità, la quale altro non è che il configurarsi della nostra esistenza secondo la
legge universale del karma.
Ciò può essere fatto ricorrendo all’universo delle immagini viventi così come è reso possibile
dalla terapia artistica, che mira a sciogliere ogni stato di coscienza ristrettosi al mero ego, facendo
agire sull’ego stesso, attraverso il colore, una più profonda realtà di percezione. La strada sarà
dunque quella di unire la sensibilità all’esperienza animica del colore, in modo che il colore
divenga veicolo di superamento dei limiti egoici e insieme di graduale apertura alla coscienza
del Sé spirituale.
Oltre all’Io nelle sue ‘quattro manifestazioni’ (cfr. Rudolf Steiner, I quattro aspetti dell’Io, in
Antroposofia [anni 1946 e 1948], Milano, Ed. Antroposofica, 1996, vol. II, pp. 68-81), opera infatti,
nell’essere umano, un Io superiore, il Sé, che è l’involucro spirituale al cui interno agisce l’impulso
del Cristo. Un impulso che, nell’epoca micheliana in corso, Rudolf Steiner associa all’etere di calore
attivo nella luce, il quale si può cogliere nella relazione tra il nervo e il sangue.
Il sistema nervoso costituisce lo strumento della coscienza ed è la manifestazione del corpo
astrale, il sangue è lo strumento della vita e la manifestazione dell’Io(a). Il sistema nervoso si

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estende nell’organismo differenziandosi, estrinsecandosi in vari modi, mentre il sangue si mostra
ovunque di natura unitaria. Allo stesso modo si può descrivere la vita variegata dell’anima
(pensieri, sensazioni, sentimenti, impulsi di volontà) come ‘contrapposta’ all’Io, il quale si pone
come un elemento unitario, e porta in sé le immagini e i colori primitivi indipendenti dall’anima.
L’Io compenetra tutto l’organismo, venendo a contatto con la vita differenziata dell’anima; come
il sangue scorre in tutto l’organismo entrando in contatto col sistema nervoso differenziato. Il
sangue e l’Io si rivolgono, da un lato, al mondo esterno, dall’altro, al mondo interno. Si può allora
produrre nell’organismo la condizione per cui, attraverso la meditazione e la concentrazione su
rappresentazioni morali o intellettuali in forma di immagini e colori, il sangue si ritiri dal nervo,
ossia si separi dall’attività nervosa che ci porta incontro il mondo esterno.
Grazie alla meditazione e all’intensa concentrazione è possibile astrarsi dalle impressioni esterne,
a cui ci si abbandona durante la coscienza di veglia, ed essendo in questo modo presente
nell’anima solo ciò che nella coscienza nasce dall’Io, e che impegna ora il sistema nervoso, è
possibile interrompere la connessione nervo-sangue. Il nervo allora risulta come ‘liberato’, ossia
temporaneamente distaccato dal sistema sanguigno e dalle sue abituali funzioni per l’Io. L’attività
di meditazione diventa in tal modo un cosciente sollevarsi dell’Io dalla sfera di azione del corpo
astrale, e ci fa sentire in un Io macrocosmico. Le impressioni esterne giungono infatti soltanto fino
al punto in cui le terminazioni offrono in sé una resistenza, rimbalzando poi indietro.
In sintesi si può dire che possiamo entrare nel mondo sovrasensibile isolando il sistema sanguigno,
ed evolvere fino all’uomo superiore. Nel distacco del sistema nervoso dal sangue ci si solleva dal
proprio Io soggettivo, e il mondo spirituale (con cui siamo sempre congiunti) viene a noi grazie al
sistema nervoso per la via indiretta delle impressioni sensoriali.

L’uomo dunque è in grado di liberare in un certo senso i suoi nervi, in quanto rivolti solo al
mondo dei sensi, liberarli dall’azione che il mondo esterno esercita sul sangue. E nella direzione
opposta che cosa succede? Si è visto che, mediante esercizi di concentrazione del pensiero e
del sentimento, possiamo separare i nervi dal sangue. Con la concentrazione rivolta alla vita
organica interna (concentrazione mistica) penetriamo tanto a fondo in noi stessi che, di necessità,
dobbiamo coinvolgere l’Io e il suo strumento: il sangue.
Si verifica cioè un’immersione nella nostra essenza divina, nella spiritualità che vive e opera
nell’uomo: e non si tratta di sollevarsi dall’Io, ma di immergersi nell’Io. Fisiologicamente si stabilisce
allora una connessione molto stretta tra sangue e sistema nervoso simpatico.
Ora, si inserisce qualcosa nel sangue solo per l’interazione tra sangue e nervo. Quindi anche il
mondo degli organi vitali deve poter agire sul sistema nervoso; il tramite per poter trasferire sul
sangue i suoi effetti è il sistema simpatico, che si estende a tutte le cavità interne dell’organismo.
Esso sta rispetto al mondo organico interno e al circolo sanguigno in una direzione inversa
rispetto a quella in cui si trova il sistema nervoso centrale (cerebro-spinale) tra il mondo esterno
e la vita umana (circolazione). Se, per mezzo del sistema nervoso cerebro-spinale, conosciamo
il mondo esterno, col sistema simpatico ci viene incontro, all’inverso, l’esperienza del mondo
interno (tenuto sotto il livello della coscienza). Nella testa si osserva, dice Rudolf Steiner, che il
sangue, scorrendovi, subisce delle modificazioni, impressionato ‘da fuori’ ad opera degli organi di
senso e ‘da dentro’ per l’azione degli organi vitali. Va ricordato comunque che il sistema nervoso
simpatico ha il compito di impedire il contatto del sangue con i processi del mondo interno cioè
di mantenere inconscia l’esperienza di quest’ultimo.

Bisogna ritrovare allora l’elemento animico nelle attività sensorie, e divenire coscienti di una
relazione più sottile con il mondo esterno. Dobbiamo cioè considerare il processo sensorio
pervaso di anima, analogamente a come si viveva il processo respiratorio. Possiamo dire
in un certo senso che in tutte le percezioni sensorie ha luogo un processo di inspirazione ed
espirazione. E dalle impressioni non dobbiamo trarre solo percezioni ma aggiungervi l’elemento
spirituale, come ci consente la terapia artistica attraverso la pratica del colore e delle immagini:
solo così ritroveremo il punto d’incrocio tra mondo interno e mondo esterno (cfr. il disegno di
Rudolf Steiner che rappresenta il processo di percezione nella V epoca di cultura in id., La missione
di Michele, Milano Ed. Antroposofica, 1997, p. 97).

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Acquisire tale consapevolezza è l’impegno ispirato all’umanità dall’Arcangelo Michele (cfr.
Rudolf Steiner, La missione di Michele, cit., p. 98-103, passim). Dice ancora Rudolf Steiner: “Ciò che
nella pittura viene sperimentato è per così dire il libero muoversi dell’anima nel cosmo. Non ha
importanza se noi sperimentiamo l’immagine interiormente o se la vediamo fuori di noi, quando
astraendo dall’imperfezione del mezzo esteriore del colore la vediamo colorata” (cfr. L’essenza
dei colori, Milano, Ed. Antroposofica, 1997, p. 167). Infatti quando la percezione sensibile riflette
una realtà immaginativa più ampia dello stato di coscienza e di memoria di chi percepisce, l’Io si
affranca dal processo percettivo in senso materiale e si fa vaso del Sé – secondo l’immagine della
Coppa del Graal.
Al tempo stesso esso diviene il punto di incontro centrale della lemniscata tra anima senziente e
anima cosciente, assumendo la posizione del cuore eterico, che trova la propria sede fra il cuore
fisico e la coscienza riflettente.
Andare verso il futuro significa così connettere ogni avanzamento all’ordine di coscienza
preesistente e modificarlo con sempre maggiore consapevolezza della propria biografia: della
propria origine e del proprio destino. “La nostra anima – afferma Rudolf Steiner – è partecipe di
quanto dal passato continua a fluire nel futuro e dal futuro ci viene incontro” (cfr. Psicosofia in
Antroposofia - Psicosofia Pneumatosofia, Milano, Ed. Antroposofica, 1991, 4° conferenza, p. 171).
Ed aggiunge poi: “le rappresentazioni emergono a coscienza quando una nuova impressione
risveglia il ricordo dell’antica rappresentazione che aveva continuato a vivere in noi”. Dunque, la
antica immagine così “si rispecchia” nella nuova (ibid., pp. 174-175 passim).

Fig. 1 L’Io nella lemniscata ‘aperta’

Fig. 1

Vi è infatti un processo di sintesi che, nell’essere umano, si sviluppa incessantemente dal contatto
immaginativo fra l’interno e l’esterno, un processo che fa ritrovare “in noi ciò che ritroviamo nelle
cose, proprio come ritroviamo nel mondo esterno lo spazio che sperimentiamo in noi e che
troviamo facente parte di noi, quando di nuovo ci osserviamo. Come abbiamo in noi il mondo
spaziale, avremmo intorno a noi un mondo di colori e di suoni che si interpenetrano tra loro.
Parleremmo quindi di un oggettivato mondo di colori e suoni, un fluente mondo colorato e
risonante, come parliamo dello spazio intorno a noi” (Cfr. Rudolf Steiner, Cultura e antroposofia,
Milano, Ed. Antroposofica, 1996, p. 36). Soggettività e oggettività si completano a vicenda:

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“l’immaginazione – dice Steiner – è un essere intessuti nelle cose” (ibid., p.37). Il che evoca la
funzione dell’affresco e della pittura in genere, che creano coi colori una realtà autonoma, ma al
tempo stesso contessuta nello spazio che li accoglie.
L’esperienza del colore ha questa capacità rivelatrice, che ci lega attivamente alla natura; e proprio
questa relazione sembra essere il carattere dell’anima di popolo italiana, che, in Toscana, in specie
nella regione fiorentina, trova nel legame con l’arte una modalità la quale investe le attività umane
nel loro complesso. “Il paesaggio toscano – è stato ricordato – è un capolavoro d’armonia.” E,
se lo si confronta “con gli sfondi dei quadri del Quattro e del Cinquecento, vien da chiedersi se
sono stati i pittori a copiare i contadini, o i contadini i pittori” (Indro Montanelli, La mia Firenze,
Fucecchio, FM edizioni, 2005, p.26). Il che conferma che il compito dell’anima di popolo italiana
è di dare un carattere vivente alla cultura, carattere che si trasforma in un ‘piacere disinteressato’
secondo i principi rosminiani “adorare, tacere, godere” (cit. in Claudio Gregorat, L’anima di popolo
italiana, Milano, Ed. Antroposofica, 2006, p. 99). Il piacere disinteressato, infatti, è una relazione
diretta con il divino, secondo quanto hanno affermato Hammann e Herder, ispiratori di Goethe, e
trova nell’arte la sua massima suggestione e la più adeguata via di realizzazione(b).

NOTE
(a)
La terminologia adottata in questo scritto, per le parti relative alla fisiologia occulta, deriva, per
citazione diretta o per parafrasi concettuale, da Rudolf Steiner Una fisiologia occulta, Milano, Ed.
Antroposofica, 2005, pp. 34-52 passim.

(b)
Per quanto riguarda il ‘godere’ nei termini in cui esso è considerato nel presente testo, Hans R. Jauss
scrive: “Il più antico significato fondamentale di “godimento” (Genieβen), vale a dire ‘l’uso o l’utilità
di un oggetto’, viene ancora oggi percepito soltanto in un uso linguistico obsoleto o di linguaggio
tecnico [..]. ma anche il significato culminante determinatosi storicamente [..] ha mantenuto fino al
classicismo tedesco lo specifico senso, da quello derivato, di ‘trarre piacere da una cosa’. Nella poesia
religiosa del XVII secolo, “godere” poteva essere l’equivalente di ‘partecipare alla grazia di Dio’; con il
pietismo i due significati della parola – ‘godere’ e ‘partecipare’ si trovano riuniti in un atto in virtù del
quale il fedele si rende immediatamente conto della presenza di Dio; la poesia di Klopstock passa
ad un’idea di ‘piacere pensante’ (Denkend Genuβ); il concetto di Herder di piacere spirituale pone i
fondamenti della certezza di sé (Selbst-Gewiβenheit) come di un aurorale possedersi (Sich-Haben)
al quale segue altrettanto auroralmente un possedere il mondo (l’esistenza è piacere – Existenz
ist Genuβ); finalmente nel Faust di Goethe il concetto di piacere poteva essere esteso a tutti i gradi
della esperienza, fino alle più alte richieste di conoscenza (dal piacere della vita individuale – Lebens-
Genuβ der Person e il piacere accompagnato dalla consapevolezza – Genuβ mit Bewuβtsein -, fino
al piacere dell’atto creativo – Schöpfungs-Genuβ secondo il noto schema presente nel Faust”. cfr.
Apologia dell’esperienza estetica, Torino, Einaudi, 1985, pp. 6-7.)

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LA MODALITA’ TERAPEUTICA DEL METODO
‘STELLA MARIS’

Il colore è l’anima della natura e dell’intero cosmo,


e noi prendiamo parte a quest’anima in quanto partecipiamo,
sperimentando, alla vita del colore

Rudolf Steiner

Il metodo configurabile negli esercizi artistici fa appello ai sostrati profondi dell’anima


nell’inconscio. Gli esercizi sono scelti dapprima in base al criterio di apertura codificata e nel
progredire degli incontri secondo il caso individuale; grazie all’opportuna e dosata successione,
emergono a coscienza i sentimenti nascosti, i contenuti emozionali rimossi, che vengono
stemperati, ammorbiditi, alleggeriti e trasformati nell’immersione dell’esperienza di colore.
Attraverso ‘l’esperienza dei colori’, vissuta interiormente, senza perciò limitarsi a un rapporto
esteriore, il paziente prende a poco a poco contatto cosciente con la forza divino-spirituale
(sommersa nell’inconscio) che lo guida nelle vicissitudini biografiche.
L’esperienza artistica si fa terapeutica poiché evoca in un primo tempo un sentimento di meraviglia
(sentimento ‘chiave’ dell’anima emozionale-senziente) nella stesura del colore e nell’osservazione
delle sue modificazioni nell’incontro con altri colori. In un secondo tempo, nel corso e al termine
dell’esecuzione degli esercizi, fa sorgere i sentimenti di venerazione e devozione (sentimenti
‘chiave’ rispettivamente dell’anima affettiva e cosciente), accompagnamento necessario alla
presa di coscienza del sé, per ritrovare, nello smarrimento della sofferenza, la forza di progredire
nella propria interiorità ed evolvere come richiede la comprensione della prova che la vita porta
incontro. La ripetizione a casa degli stessi esercizi imprime nell’eterico il messaggio terapeutico
sotteso, lo conferma nel tempo e rinforza i passaggi evolutivi attraversati.
Il paziente ritrova così nella vita del colore, nella sua essenza, l’Anima Mundi, vi si rappacifica e ne
diventa testimone vivente.
Gli esercizi artistici attingono alle stesse sorgenti delle fiabe, riposte nei fondali dell’anima umana,
nella sua tenebra, in quella componente emozionale-senziente, dormiente alla coscienza e la più
aderente al corpo, che è il custode dei misteri della volontà umana.
In questo metodo, a differenza di altri validamente operanti già da tempo, viene suscitata, di
fatto, la corrente dell’Io che passa attraverso il corpo astrale, il corpo eterico e il corpo fisico per
poi risalire incontro all’altra corrente dell’Io, che compenetra direttamente il corpo fisico. La
corrente stimolata è strettamente legata alla forza del sangue, sigillo della volontà trasformatrice
(intendiamo riferirci alle indicazioni fisiologiche presentate da Rudolf Steiner in L’uomo invisibile
in noi, O.O. 221, 11/2/1923). Difatti fa appello al rapporto nervo-sangue presente particolarmente
nel sistema del ricambio, in cui la lavagna del sangue imprime nel sistema neurovegetativo
simpatico le sue impressioni.
“L’uomo deve trovare la possibilità di spiritualizzare di nuovo il corpo astrale, di compenetrarlo
nuovamente con ciò che l’io si elabora. E in quanto l’uomo spiritualizza il corpo astrale, e ritrova
così la via del ritorno, egli deve di nuovo trovare il fluttuante ondeggiare e interpenetrarsi dei
colori, dal quale egli è emerso per lo sviluppo dell’io” (cfr. Rudolf Steiner, Verso un nuovo stile
architettonico, O.O. 286, 26/7/1914).
L’Io-artista del paziente disincanta il suo ‘animale’ e re della fiaba della propria vita, il fedele angelo
buono che lo accompagna in ogni vicissitudine, in ogni colpo inaspettato del destino, in ogni
tempesta o successo. Cresce così pian piano il germe del sé spirituale dell’uomo.

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Come ci ha insegnato Goethe, i colori sorgono dall’interazione di due forze: la luce e la tenebra.
Nella luce irradia dal passato la forza del pensare, nella tenebra filtra dal futuro la forza del volere.
Il colore steso nella sua tenuità, nella sua leggerezza vela la luce.
Nel metodo Stella Maris il colore stesso viene steso a partire dalla sua componente materica;
“questo è il lato esteriore della volontà: la materia. Vista da dentro, la materia è volontà, così
come la luce, vista da dentro è pensiero” (cfr. Rudolf Steiner, Il ponte fra la spiritualità del cosmo e
l’elemento fisico dell’uomo, O.O. 202, 5/12/1920).
La tenebra respinge la luce visibile, che è solo il riflesso della luce; in realtà lascia filtrare la luce
invisibile e ne accoglie il sole spirituale, il sole di mezzanotte. La volontà connaturata alla tenebra
è il sole spirituale che irradia sommessamente nell’anima in attesa di essere svelata.
Il paziente viene condotto nelle miniere dell’anima alla ricerca di quelle pietre preziose che dovrà
riportare alla luce diurna, alla luce della coscienza.
Potremmo caratterizzare tale forza terapeutica in senso dionisiaco (una polarità, quindi, rispetto
alla forza apollinea che traspira, ad esempio, dal metodo di Collot d’Herboit). Essa fa riferimento
agli dei inferi, alle divinità ctonie, quelle stesse a cui si rivolge la poesia drammatica.
Ma c’è ancora un’altra derivazione che può essere attinta dall’ambito misterico.
Intendiamo riferirci ai misteri di Mitra, che abbiamo già illustrato precedentemente, in cui veniva
utilizzato lo strumento di conoscenza dell’epoca egizio-caldaica: il corpo animico, per sviluppare
l’anima senziente-emozionale. Mitra, l’essere solare, l’uomo-toro, l’uomo superiore che deve
governare la propria natura inferiore e purificarla, la natura annessa al sistema del ricambio e
del torace, che deve stemperarsi nel cuore, organo dodecuplice di percezione subconscia del
sangue e dei processi vitali. Tale immagine dell’uomo superiore sul toro trapassa, dopo l’evento
del Golgota, in quella dell’Arcangelo Michele sul drago.
La fine sensibilità viene così ereditata, a distanza di millenni, dal metodo Stella Maris, e cristificata
dall’impulso di Michele-Mitra, portatore dell’intelligenza solare, che accende la luce del pensare
a partire dal cuore puro.

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