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3.

IL NUOVO APPROCCIO E LE DIRETTIVE EUROPEE RELATIVE AL SETTORE ELETTRICO

L’esigenza di realizzare la libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione


europea ha portato alla emanazione delle direttive dette “del nuovo approccio”.
L’obiettivo della creazione di un mercato unico entro il 31 dicembre 1992 non avrebbe
potuto realizzarsi senza questa nuova tecnica di regolamentazione: il nuovo
approccio.
Tutto si basa sulla Risoluzione del Consiglio 85/C 136/01 del 7 maggio 1985, relativa
ad una nuova strategia in maniera di armonizzazione tecnica e normalizzazione.
Il principio base del nuovo approccio è quello di limitare l’armonizzazione legislativa
ai requisiti essenziali di interesse pubblico (i cosiddetti RES). Essi riguardano in
particolare la protezione della salute e della sicurezza degli utilizzatori (in genere
consumatori e lavoratori).
I requisiti essenziali sono concepiti in modo da garantire un livello elevato di
protezione. Sono connessi ad alcuni rischi associati al prodotto (di tipo meccanico
come taglio e urto, di tipo fisico come il rumore e le vibrazioni, l’infiammabilità,
oppure le caratteristiche chimiche, elettriche o biologiche, l’igiene. La radioattività. La
precisione) oppure possono riferirsi al prodotto o alle sue prestazioni (come le
disposizioni sui materiali, la progettazione, la costruzione, la fabbricazione o le
istruzioni preparate dal fabbricante). L’applicazione dei requisiti essenziali, il cui
rispetto viene delegato al fabbricante, deve essere in funzione del rischio insito in un
dato prodotto. I fabbricanti devono pertanto effettuare un’analisi dei rischi per
determinare quali requisiti essenziali siano applicabili al prodotto in questione.
L’analisi va documentata e inserita nella documentazione tecnica (Fascicolo tecnico).
I requisiti essenziali fissati per via legislativa definiscono i risultati da conseguire
oppure i rischi da evitare, senza tuttavia specificare o prevedere le soluzioni tecniche
per farlo. Tale flessibilità consente ai fabbricanti di scegliere in modo ottimale le
modalità per soddisfare i requisiti fissati; consente inoltre, ad esempio, di adeguare i
materiali e la progettazione del prodotto e le sue misure di sicurezza al progresso
tecnologico. Le direttive del nuovo approccio non devono pertanto essere
costantemente adeguate all’evoluzione tecnologica, dato che la valutazione dei
requisiti soddisfatti o meno si fonda sullo stato del know-how tecnico in un momento
ben preciso. L’elaborazione delle norme tecniche di fabbricazione non è quindi
affidata alla legge ma agli organi competenti in materia di normalizzazione industriale,
che appunto terranno conto dello stato della tecnologia; queste specifiche tecniche,
non essendo imposte per legge non avranno carattere obbligatorio, ma restano
volontarie. Alcune norme europee possono essere predisposte dagli enti normativi su
richiesta della Commissione proprio a seguito della emanazione delle direttive
europee ed in questo caso si parla di norme armonizzate. I prodotti fabbricati
conformemente alle norme armonizzate godono di una presunzione di conformità ai
requisiti fondamentali stabiliti dalla direttiva. Qualora il produttore non fabbrichi
attenendosi a tali norme, egli sarà tenuto a dimostrare la conformità di tali prodotti
ai requisiti fondamentali.
In pratica ogni direttiva deve contenere una descrizione dei requisiti essenziali (RES)
in materia di salute e sicurezza cui devono conformarsi tutti i prodotti che rientrano
nel campo d’applicazione della direttiva. La libera circolazione del prodotto è
assicurata senza chiedere agli operatori economici di ricorrere ad un controllo
preliminare del rispetto dei requisiti fondamentali.
Quando il costruttore realizza un prodotto che ricade in una o
più direttive del nuovo approccio deve apporre sul prodotto la
marcatura CE, che ha lo scopo di indicare la presunzione di
conformità dei prodotti ai requisiti di sicurezza previsti da tutte
le direttive comunitarie nelle quali il prodotto ricade. Essa
costituisce una autocertificazione o dichiarazione di conformità
sotto la propria esclusiva responsabilità. Questa marcatura è obbligatoria: non
possono circolare o essere venduti nell’Unione europea prodotti che ricadono
nell’ambito delle direttive europee emanate in base al nuovo approccio se sprovvisti
della marcatura CE.
Come messo in evidenza nella decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio n.
768/2008/CE, la marcatura CE “è la conseguenza visibile di un intero processo che
comprende la valutazione della conformità in senso lato”. Questo processo,
disciplinato dalla decisione 768/2008/CE, presenta una serie di obblighi specifici per i
diversi operatori economici coinvolti.
La procedura per valutare la conformità del prodotto ad una direttiva può cambiare
anche da un prodotto all’altro. La procedura da seguire è tanto più restrittiva quanto
più il prodotto è pericoloso: si va dalla predisposizione del fascicolo tecnico e della
dichiarazione del costruttore, al divieto di iniziare la produzione del prodotto senza
una preventiva approvazione del prototipo da parte di un organismo notificato e ad
un sistema di qualità certificato per la produzione.
Per entrare nel vivo dei compiti dei diversi operatori economici, sono state individuate
le seguenti figure: fabbricante, rappresentante autorizzato, importatore e
distributore; ovvero i soggetti coinvolti nella produzione, nella immissione e nella
distribuzione del prodotto sul mercato.
Il fabbricante è la persona, fisica o giuridica, che fabbrica materialmente il prodotto
o ne commissiona la progettazione e la fabbricazione, commercializzandolo
apponendovi il proprio marchio o nome. Questa figura ha l’obbligo di redigere, o fare
redigere da un laboratorio competente, la procedura di valutazione della conformità
del prodotto, verificando che esso sia congruente ai requisiti richiesti dalle direttive
della Comunità Europea. Si occuperà di redigere, o fare redigere, la dichiarazione di
conformità UE, predisponendo un fascicolo tecnico per la marcatura CE contenente i
documenti che attestino la piena rispondenza dell’oggetto alle direttive vigenti.
Questo fascicolo tecnica deve essere preparato prima dell’immissione sul mercato
dell’oggetto e conservato per 10 anni.
È obbligo del fabbricante apporre il marchio CE, che deve essere visibile, leggibile e
indelebile, nonché la messa a punto di azioni correttive laddove si avvedesse che il
prodotto immesso sul mercato non fosse conforme alle direttive della Comunità
Europea.
Al fabbricante è permesso di nominare, mediante mandato scritto, un
rappresentante autorizzato. Questa figura si occupa di mantenere relazioni con le
autorità nazionali competenti, rappresentando il fabbricante nell’atto di conservare,
e rendere disponibili, la dichiarazione di conformità UE e la documentazione tecnica,
esponendole prontamente a seguito di una richiesta motivata. Il rappresentante
autorizzato si occupa di cooperare con le autorità nazionali competenti in tutte quelle
azioni che vadano a risolvere i rischi di non conformità dei prodotti inclusi nel proprio
mandato di rappresentanza.
La Comunità Europea ha stabilito che l’importatore sia quella persona, fisica o
giuridica, che immette nel mercato comunitario un prodotto originario di un paese
terzo. L’importatore deve verificare che il prodotto da lui importato:
• sia dotato di Certificato di conformità CE;
• abbia il marchio CE visibile, leggibile e indelebile;
• disponga della documentazione per la tracciabilità;
• soddisfi eventuali avvertenze specifiche.
Quando l’importatore ha ragione di credere che il prodotto non sia conforme non
deve metterlo sul mercato finché non sia stato conformato. L’importatore deve
garantire che, nel periodo di tempo in cui il prodotto è sotto la sua responsabilità, non
venga modificato in modo che possa mettere a repentaglio la sua conformità.
L’importatore è soggetto al dovere di identificarsi, riportando i propri dati – nome,
indirizzo, denominazione commerciale registrata o marchio registrato – sull’oggetto
oppure, ove non fosse possibile, in un documento di accompagnamento o
sull’imballaggio del prodotto stesso. Infine, proprio come nel caso del fabbricante,
l’importatore ha l’obbligo di conservare la documentazione tecnica per 10 anni
dall’immissione del prodotto sul mercato e di informare il fabbricante e le autorità di
vigilanza laddove sorgano dei fattori di rischio potenzialmente lesivi della conformità
del prodotto.
Il distributore è quella persona fisica o giuridica – differente dal fabbricante e
dall’importatore – che distribuisce sul mercato un prodotto. Tra i suoi obblighi
possiamo annoverare quello di accertarsi, come nel caso dell’importatore, della
conformità dei prodotti con le direttive della Comunità Europea, in quanto a
presenza del marchio CE, indicazioni relative alla tracciabilità ed avvertenze,
garantendo la conoscenza della documentazione tecnica connessa al prodotto. Il
distributore è inoltre obbligato a garantire che, nel lasso di tempo in cui il prodotto si
trova sotto la sua responsabilità, questo non venga esposto a rischi che ne possano
compromettere la conformità. È infine necessario che il distributore sappia
riconoscere i prodotti non conformi e che si adoperi a segnalare le incongruenze.
Un caso importante, che occorre sottolineare, è quello che riguarda un importatore o
un distributore che commercializzino un prodotto apponendovi il proprio nome o il
proprio marchio commerciale. In questa eventualità, infatti, i soggetti in questione
sono considerati dalla normativa al pari di un fabbricante e devono rispondere a tutti
gli obblighi connessi alla sua figura.
Tabella 2 - Alcune direttive del nuovo approccio

Di seguito sono elencate le direttive che interessano il settore elettrico.


• Direttiva 2014/25/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio europeo del 26
febbraio 2014 (nota come “direttiva Bassa Tensione “, o “direttiva VLT”,
dall’acronimo inglese Low Voltage Directive), recepita con il Decreto Legislativo
n. 86 del 18 maggio 2016. Essa ha sostituito la precedente direttiva 2006/95/CE
che era entrata in vigore il 16/01/2007 e non necessitava di recepimento da
parte degli Stati Membri dell'Unione Europea, essendo la risultante della
Direttiva del Consiglio 73/23/CEE e delle successive modifiche introdotte dalla
Direttiva del Consiglio 93/68/CEE. La direttiva 73/23/CEE è stata recepita in
Italia con la Legge 791/1977 che stabilisce i criteri di sicurezza che devono
possedere i materiali elettrici, le apparecchiature e le macchine alimentate
elettricamente, destinati ad essere adoperati entro taluni limiti di tensione,
prima di essere posti sul mercato. Le modifiche introdotte dalla direttiva
93/68/CEE che rendeva obbligatoria la marcatura dei prodotti, sono state
recepite con il Decreto Legislativo 25 novembre 1996, n. 626.
• Direttiva 2014/30/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio
2014 (nota agli addetti come “direttiva compatibilità elettromagnetica” o
direttiva EMC, dall’acronimo inglese electro magnetic compatibility) entrata in
vigore in Italia con il Decreto Legislativo 18 maggio 2016, n. 80. Essa abroga la
precedente direttiva 2004/108/CE recepita con Decreto Legislativo 194/2007.
La direttiva prevede obiettivi comuni nel contesto delle norme di sicurezza,
assicurando che un'apparecchiatura approvata da un paese membro
dell'Unione europea sia conforme per l'uso a cui è destinato in tutti gli altri
paesi dell'UE.
• Direttive ATEX, acronimo di “ATmosphere EXplosive”. L’Unione Europea,
nell’ambito del rischio dovuto alla presenza di atmosfere potenzialmente
esplosive, ha adottato due direttive in materia di salute e sicurezza, note come
ATEX 2014/34/UE (anche ATEX 114) e ATEX 1999/92/CE (anche ATEX 153). La
Direttiva ATEX 1999/92/CE definisce i requisiti minimi in materia di salute e
sicurezza dei luoghi di lavoro con presenza di atmosfere potenzialmente
esplosive; in particolare li suddivide in zone, in funzione della probabilità di
presenza di atmosfera esplosiva e specifica i criteri in base ai quali i prodotti
vengono scelti all’interno di dette zone. La Direttiva ATEX 2014/34/UE è stata
recepita in Italia con D.Lgs. 85 del 19 Maggio 2016 e si applica ai prodotti messi
in commercio e/o in servizio dal 20 Aprile 2016. Si applica ai prodotti messi in
commercio e/o in servizio dal 20 Aprile 2016, definendo le responsabilità dei
principali operatori economici (art. 6, 7, 8 e 9 della Direttiva Atex 2014/34/UE)
e le modalità di certificazione
dei prodotti (art. 13 della
Direttiva Atex 2014/34/UE). I
prodotti che ricadono nelle
direttive ATEX, cioè le
apparecchiature elettriche e
industriali destinate ad essere impiegate in ambienti a rischio di incendio ed
esplosione, devono avere, accanto alla marcatura CE anche la marcatura ATEX
(cioè il marchio epsilon-x all’interno di un esagono), insieme ad alcune sigle che
consentono di descrivere il loro corretto ambito di utilizzo.
• Direttiva 2006/42/CE del 17 maggio 2006 (detta anche “nuova direttiva
macchine”, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 27 gennaio 2010, n. 17,
che ha sostituito la precedente Direttiva del Parlamento Europeo 98/37/CE
(detta anche Direttiva Macchine) che a sua volta modificava la direttiva
89/392/CEE del Consiglio. Questa direttiva definisce i requisiti essenziali in
materia di sicurezza e di salute pubblica ai quali devono rispondere le macchine
che rientrano nel suo campo di applicazione, in occasione della loro
progettazione, fabbricazione e del loro funzionamento prima della loro
immissione sul mercato.
• Direttiva 2014/53/UE che modifica la Direttiva 1999/5/CE relativa alle
apparecchiature radio e apparecchiature terminali di telecomunicazione (nota
agli addetti ai lavori come “direttiva R&TTE”)
• Direttiva 2011/65/UE, del 1° luglio 2011, che ha abrogato e sostituito la
precedente direttiva 2002/95/CE, sulla restrizione dell’uso di determinate
sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (nota agli
addetti ai lavori come “direttiva RoHS2” “nuova direttiva RoHS”44)
In particolare le prime due direttive (LVD ed EMC) sono fondamentali in quanto
interessano la gran parte delle apparecchiature elettriche e dei materiali utilizzati sia
negli ambienti di lavoro sia negli ambienti domestici. Esse riguardano infatti
apparecchiature di qualsiasi genere, dagli elettrodomestici agli elettroutensili, dal
materiale da installazione ai sistemi di illuminazione, e comportano notevoli novità
rispetto al passato, sostituendo direttive in alcuni casi obsolete.
Per tutti gli altri prodotti, che non presentano rischi particolari e non ricadono nelle
direttive del nuovo approccio, vale comunque il principio del mutuo riconoscimento
delle diverse legislazioni nazionali. Cioè, ogni Paese mantiene le proprie leggi,
rispettando allo stesso modo quelle degli altri. Un prodotto legalmente fabbricato in
base alla legislazione vigente in uno dei Paesi comunitari può circolare liberamente
all’interno del Mercato Unico. Nessun funzionario doganale può bloccare il prodotto
alla frontiera, adducendo come motivazione il mancato rispetto della legislazione del
Paese di importazione.

44
La direttiva RoHS limita l’uso di piombo (Pb), mercurio (Hg), cadmio (Cd), cromo esavalente (Cr6+), bifenili
polibromurati (PBB) ed eteri di difenil polibrominato (PBDE) nella produzione di alcune delle apparecchiature elettriche
ed elettroniche vendute nell’Unione Europea. Queste sostanze possono essere rilasciate nell'ambiente e costituire una
minaccia per la salute umana, animale ed ambiente, soprattutto quando si raggiunge la fase di trattamento dei rifiuti.
Una successiva Direttiva delegata 2015/863/UE di marzo 2015, modifica l'allegato II della direttiva RoHS per quanto
riguarda l'elenco delle sostanze con restrizioni d'uso. Questa modifica, chiamata RoHS3, introduce altre quattro
sostanze: Ftalato di bis(2-etilesile), Benzilbutilftalato (BBP), Dibutilftalato (DBP) e Diisobutilftalato (DIBP).

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