Argomento:
Materiale ad uso didattico a cura di: Amelio Faccini - SPSAL AUSL Ferrara
CLASSIFICAZIONE DEI LUOGHI IN CUI POSSONO
FORMARSI ATMOSFERE ESPLOSIVE
1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell’Allegato XV-bis, le aree in cui possono
formarsi atmosfere esplosive.
………….
Osservazioni Preliminari
Un’area in cui non è da prevedere il formarsi di un’atmosfera esplosiva in quantità tali da richiedere
particolari provvedimenti di protezione è da considerare area non esposta (NE) a rischio di
esplosione ai sensi del titolo VIII-bis.
Le sostanze infiammabili e combustibili sono da considerare come sostanze che possono formare
un’atmosfera esplosiva a meno che l’esame delle loro caratteristiche non abbia evidenziato che
esse, in miscela con l’aria, non sono in grado di propagare autonomamente un’esplosione.
Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un’atmosfera esplosiva
consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori e nebbia.
Zona 1
Area in cui la formazione di un’atmosfera esplosiva, consistente in una miscela di aria e di sostanze
infiammabili sotto forma di gas, vapori e nebbia, è probabile che avvenga occasionalmente durante
le normali attività.
Zona 2
Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un’atmosfera esplosiva,
consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore e nebbia o,
qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata.
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Zona 20
Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un’atmosfera esplosiva
sotto forma di nube di polvere combustibile nell’aria.
Zona 21
Area in cui la formazione di un’atmosfera esplosiva, sotto forma di nube di polvere combustibile
nell’aria, è probabile che avvenga occasionalmente durante le normali attività.
Zona 22
Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un’atmosfera esplosiva,
sotto forma di nube di polvere combustibile o, qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata.
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Note
1. Strati, depositi o cumuli di polvere combustibile sono considerati come qualsiasi altra fonte che
possa formare un’atmosfera esplosiva.
2. Per “normali attività” si intende la situazione in cui gli impianti sono utilizzati entro i parametri
progettuali.
3. Per la classificazione delle aree si può fare riferimento alle norme tecniche armonizzate relative
ai settori specifici, tra le quali:
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Esclusioni dal campo di applicazione del Titolo VIII-bis (art.88-bis, c.3).
a) Aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti, nel corso di esse;
d) Impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e aereo per i quali applicano le
pertinenti disposizioni di accordi internazionali tra i quali ……. .
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Art.88-undecies. “Verifiche”
1. Il datore di lavoro provvede affinché le installazioni elettriche nelle aree classificate come
zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi dell’allegato XV-bis siano sottoposte alle verifiche di cui ai
capi III e IV del D.P.R. n.462701.
Messa in servizio
Il datore di lavoro può mettere in servizio l’impianto/dispositivo dopo la consegna della dichiarazione
di conformità da parte dell’installatore.
Entro 30 giorni dalla messa in esercizio dell’impianto, il datore di lavoro invia la dichiarazione di
conformità all’ ASL / ARPA territorialmente competenti.
Omologazione
ASL / ARPA
Verifiche
periodiche
2 anni ASL / ARPA o organismi abilitati.
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Art.4 – del D. Lgs. 233/03
1. Il capo X (Scavi in terreni grisutuosi e misure di sicurezza contro le esplosioni) del D.P.R.
n.320/56 (Norme per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro in sotterraneo) è abrogato.
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LA CLASSIFICAZIONE DELLE AREE IN CUI POSSONO FORMARSI
ATMOSFERE ESPLOSIVE SECONDO LE NORME CEI
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CLASSIFICAZIONE DEI LUOGHI IN CUI POSSONO
FORMARSI ATMOSFERE ESPLOSIVE PER LA
PRESENZA DI GAS
• PRINCIPI DI SICUREZZA
Gli impianti dove vengono lavorate o depositate sostanze infiammabili devono essere progettati,
eserciti e mantenuti in modo da ridurre al minimo le loro emissioni e le conseguenti
estensioni dei luoghi pericolosi, sia nel funzionamento normale, sia in quello anormale, con
riferimento alla frequenza, durata e quantità delle emissioni.
Procedure per permesso di lavoro per interventi di manutenzione non ordinaria nei luoghi
pericolosi.
Se ciò non è possibile scelta e adozione di misure protettive apparecchiature di processo, sistemi
e procedure tali da raggiungere un livello di sicurezza adeguato.
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• OBIETTIVI DELLA CLASSIFICAZIONE
E’ un metodo per analizzare e classificare l’ambiente dove si possono formare delle atmosfere
esplosive, al fine di eseguire la corretta scelta ed installazione delle apparecchiature da
impiegarsi in sicurezza in tali luoghi.
Occorre valutare, con uno studio dettagliato e approfondito, la probabilità che si formi una
atmosfera esplosiva secondo le definizioni di zona 0, 1 o 2.
Bisogna quindi determinare: frequenza e durata della emissione (grado della emissione), portata,
concentrazione, velocità di emissione, ventilazione ed altri fattori che influenzano il tipo e/o
l’estensione delle zone
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PROCEDIMENTO DI CLASSIFICAZIONE DEI LUOGHI PERICOLOSI
SOSTANZE INFIAMMABILI
Occorre accertare la presenza di quantità significative di sostanze, gas – vapori – nebbie, che possono
formare con l’aria atmosfere esplosive.
La Norma non fornisce indicazioni circa la quantità significativa di sostanze; ma considera il luogo
pericoloso in generale solo se il volume di atmosfera pericolosa non è trascurabile (alcuni dm³), in
relazione con gli effetti conseguenti al loro innesco, tali da richiedere provvedimenti particolari.
In Appendice GA della GUIDA CEI 31-35 è riportato un elenco, non esaustivo, di oltre 300 sostanze
infiammabili o combustibili e delle relative caratteristiche chimico-fisiche.
AMBIENTI
- Ambiente aperto.
- Ambiente chiuso, con lo stesso tipo e disponibilità della ventilazione.
All’interno di un locale chiuso possono esistere più ambienti quando nelle diverse sue parti vi sono
condizioni di ventilazione diverse: es. una fossa per i gas pesanti, oppure un sottotetto per i gas
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leggeri.
SORGENTI DI EMISSIONE E GRADI DI EMISSIONE
La sorgente di emissione (SE) è un punto o una parte di impianto da cui può essere emessa
nell’atmosfera una sostanza infiammabile con modalità tale da originare una atmosfera esplosiva.
La Norma considera tre gradi di emissione, in relazione alla probabilità che essa avvenga e quindi
di presenza di atmosfera esplosiva di volume non trascurabile intorno alla SE:
es:
a) la superficie di un liquido infiammabile in un serbatoio a tetto fisso con uno sfiato permanente
nell’atmosfera;
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- emissione di primo grado:
es:
a) le tenute di pompe, di compressori o di valvole, quando si prevede che possano emettere sostanze
infiammabili durante il funzionamento normale dell’impianto;
b) i punti di drenaggio dell’acqua da recipienti che contengono liquidi infiammabili, che possono
emettere sostanze infiammabili nell’atmosfera drenando acqua durante il funzionamento normale
dell’impianto;
d) le valvole di sicurezza, gli sfiati e le altre aperture quando si prevede che possano emettere
sostanze infiammabili nell’atmosfera durante il funzionamento normale dell’impianto;
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- emissione di secondo grado:
emissione che non è prevista durante il funzionamento normale e che se avviene è possibile solo
poco frequentemente e per brevi periodi.
es:
a) le tenute di pompe, di compressori o di valvole, quando si prevede che non emettano sostanze
infiammabili durante il funzionamento normale dell’impianto;
b) le flange, le giunzioni ed i raccordi delle tubazioni, quando si prevede che non emettano sostanze
infiammabili durante il funzionamento normale dell’impianto;
d) le valvole di sicurezza, gli sfiati e le altre aperture quando si prevede che non emettano
sostanze infiammabili nell’atmosfera durante il funzionamento normale dell’impianto;
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- Le emissioni di grado continuo o primo sono emissioni previste durante il funzionamento normale,
quindi possono essere generalmente definite sia come durata sia come frequenza di emissione.
- Una emissione che avviene poco frequentemente e per brevi periodi, ma durante il funzionamento
normale deve essere generalmente considerata di primo grado.
- Le emissioni di secondo grado non sono previste durante il funzionamento normale, quindi sono
generalmente riconducibili solo ad eventi non voluti (guasti, apertura di valvole di sicurezza, ecc.)
e dipendenti dalle condizioni di esercizio e manutenzione.
- Quando nell’ambiente sono adottate protezioni non individuali contro la tossicità e/o l’inquinamento
che prevedono concentrazioni massime nell’atmosfera inferiori a quelle considerate nella Norma,
è ragionevole considerarle per definire il grado di emissione e comunque non di grado continuo o
di primo grado.
- Una SE può essere rappresentativa di altre SE tra loro omogenee se rappresenta il caso peggiore
per quantità e caratteristiche delle sostanze emesse, caratteristiche costruttive della SE, modalità,
portata, durata e frequenza di emissione e caratteristiche della ventilazione dell’ambiente.
- Una sostanza può essere rappresentativa di altre sostanze nelle valutazioni, quando essa è quella
che prevede le zone più estese, nonché il gruppo e la classe di temperatura più severe per le
costruzioni.
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- Non sono da considerare SE:
c) Contenitori di sostanze infiammabili con coperchi chiusi a regola d’arte o comunque in modo
efficace allo scopo, con emissioni trascurabili, quando sono soddisfatte le seguenti condizioni:
- sono depositati e movimentati in modo tale da considerare non prevedibili cadute che possono
provocare l’apertura del coperchio o il danneggiamento con fuoriuscita significativa della
sostanza infiammabile contenuta;
- è attuata in sito ogni ordinaria cautela contro la presenza di pozze e vi è una costante presenza
di mezzi per la loro neutralizzazione in tempi rapidi;
d) Le tenute doppie applicate sugli alberi rotanti o traslanti provviste di dispositivi tali da escludere
perdite significative anche in funzionamento anormale.
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DETERMINAZIONE DEL TIPO ED ESTENSIONE DELLA ZONA
Secondo la Norma devono essere definite le zone per ciascuna SE e ciascun grado di emissione.
Il tipo di zona è strettamente correlato da un legame di causa-effetto al grado di emissione, per cui
in generale una emissione di grado continuo genera una zona 0, quella di primo grado una zona 1 e
quella di secondo grado una zona 2.
La ventilazione è l’elemento che può alterare questa corrispondenza (una cattiva ventilazione o la
sua assenza potrebbe condurre una zona 1 ad una zona 0). 19
Per valutare l’efficacia della ventilazione la Norma ha introdotto il “grado di ventilazione” e la
“disponibilità della ventilazione”.
Dopo aver stabilito il tipo di zona in funzione del grado di emissione e del grado e disponibilità
della ventilazione, si può eseguire una verifica con la tabelle seguente che indica la durata
complessiva di atmosfera esplosiva
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VENTILAZIONE
I gas o vapori emessi nell’atmosfera possono diluirsi affinché la loro concentrazione scende al di
sotto del limite inferiore di esplodibilità, LEL.
a) naturale;
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Ventilazione naturale
La velocità minima del vento che si può assumere essere presente continuamente è di 0,5 m/s.
- Luoghi all’aperto tipici dell’industria chimica e petrolifera; strutture aperte, percorsi delle tubazioni,
zone pompe e simili;
- Un edificio aperto che ha aperture nei muri e nel soffitto tali da considerarlo equivalente a un luogo
aperto ai fini della classificazione;
- Un edificio che non sia aperto ma che ha una ventilazione naturale (generalmente inferiore a quella
di un edificio aperto) attuata tramite aperture permanenti realizzate ai fini della ventilazione.
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Ventilazione artificiale
- Presa in considerazione della classificazione nel punto di scarico del sistema di estrazione;
- Definire ubicazione, grado e portata delle emissioni prima di definire le caratteristiche del sistema
di ventilazione.
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Fattori che possono influire su un sistema di ventilazione artificiale:
- I gas e vapori infiammabili, avendo densità diverse da quella dell’aria, tendono ad accumularsi
vicino al pavimento o al soffitto di un luogo al chiuso, dove il movimento dell’aria può essere ridotto;
- Impedimenti e ostacoli causano riduzioni o annullamento del movimento dell’aria cioè assenza di
ventilazione.
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GRADO DI VENTILAZIONE
Il grado di ventilazione indica la quantità di aria che investe la SE in rapporto alla quantità di
sostanze infiammabili emesse nell’ambiente.
La Norma stabilisce tre gradi di ventilazione: ALTO (VH); MEDIO (VM); BASSO (VL),
che vengono definiti facendo riferimento a:
- Quantità di aria di ventilazione “Qamin”che interessa il volume totale da ventilare Vo, alla quale
viene applicato un fattore di efficacia della ventilazione “f” (f=1, situazione ideale; f=5, flusso d’aria
impedito da ostacoli);
- Numero di ricambi d’aria fresca nell’unità di tempo “Co” nel volume totale da ventilare Vo;
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GRADO DI VENTILAZIONE
ALTO (VH)
MEDIO (VM)
Quando la ventilazione è in grado di influire sulla concentrazione, determinando una situazione stabile
in cui la concentrazione oltre il limite della zona è inferiore al LEL mentre avviene l’emissione e dove
l’atmosfera esplosiva non persiste eccessivamente dopo l’arresto dell’emissione.
BASSO (VL)
Quando la ventilazione non è in grado di controllare la concentrazione mentre avviene l’emissione e/o
dove non può prevenire la persistenza eccessiva di un’atmosfera esplosiva dopo l’arresto dell’emissione.
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Considerazioni comuni sia per ambienti aperti che chiusi
La portata teorica minima di ventilazione per diluire una certa emissione di sostanza infiammabile
alla concentrazione richiesta al di sotto del LEL, può essere così calcolata:
K = fattore di sicurezza applicato al LEL, tipicamente k=0,25 per emissioni di grado continuo e primo;
k=0,5 per emissioni di grado secondo;
T = temperatura ambiente in gradi kelvin.
Per convertire il LEL (vol %) in LEL (kg/m³) si può usare la seguente formula valida per le
condizioni atmosferiche normali:
Co = (dVtot/dt) = Qa
Vo Vo
dove:
La portata totale effettiva di aria Qa, deve essere intesa quella nel volume totale Vo che negli ambienti
chiusi può corrispondere al volume totale dell’ambiente Va, ma può anche essere più piccolo.
In questo caso il numero di ricambi d’aria nell’unità di tempo al suo interno può essere diverso da
quello dell’intero ambiente a causa dei movimenti dell’aria dovuti ad esempio a moti convettivi.
Il grado della ventilazione sia negli ambienti aperti che chiusi è di seguito indicato considerando il
volume ipotetico Vz, il tempo di persistenza t e la concentrazione media di sostanza infiammabile Xm%
nell’atmosfera nel volume totale Va dell’ambiente.
Xo% = Pv * 100
Pa * 2
dove:
Pv = pressione (tensione) di vapore della sostanza infiammabile alla massima temperatura ambiente;
Vz = f * (dV/dt)min = f * Qamin
Co 0,03
All’esterno una velocità dell’aria di 0,5 m/s corrisponde ad oltre 100 ricambi/h (0,03 s-1).
Ipotetico cubo corrispondente al volume totale da ventilare Vo per la definizione dei ricambi
d’aria nell’unità di tempo Co
Co = dVtot/dt = Qa = w * Lo2 = w
Vo Vo Lo3 Lo
dove:
Qa = portata d’aria (m3/s);
Vo = volume del cubo di riferimento o volume totale
da ventilare (m3);
w = velocità dell’aria (m/s);
Aw = area del piano di movimento dell’aria
all’interno del cubo (sezione trasversale), (m2);
Quindi: Lo = w = 0,5 = 15 m
Lo = lato del cubo considerato, o lunghezza del
Co 0,03
percorso dell’aria all’interno del volume da
ventilare (Vo), (m).
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La guida ha introdotto la distanza “dz”, che è la distanza oltre la quale la concentrazione in atmosfera
della sostanza infiammabile è inferiore al LEL.
La distanza dz può essere utilizzata per definire più accuratamente la lunghezza Lo del percorso
dell’aria all’interno del volume totale da ventilare Vo e per definire il numero di ricambi nell’unità di
tempo Co nel volume stesso.
La distanza dz si può considerare per definire la quota “a” che rappresenta l’estensione della zona
pericolosa nella direzione di emissione.
La quota “a” deve essere almeno uguale alla distanza pericolosa dz meglio se maggiore, per cui:
Lo = 2 * a + Dse
dove:
- a = valore attribuito dall’utente (stabilito in base alla distanza dz);
- Dse = dimensione massima della SE (es. pari a 2 req per una superficie circolare; pari al lato maggiore
per una superficie quadrangolare; pari al diametro equivalente Db dell’apertura verso l’ambiente per
un contenitore; trascurabile in tutti i casi in cui la SE può essere considerata puntiforme.
Negli ambienti chiusi occorre generalmente considerare il numero di ricambi di aria fresca Co uguale
al numero di ricambi dell’intero ambiente Ca e il volume interessato dalla zona pericolosa o volume
totale da ventilare Vo uguale al volume dell’intero ambiente Va:
Co = Ca e Vo = Va
A meno che la concentrazione media Xm% nell’atmosfera del volume totale dell’ambiente Va sia:
Per cui se è rispettata la formula di cui sopra si può assumere Vo < Va e Co > Ca.
(La formula per il calcolo di LEL mix (miscela) è riportata in appendice GA 36 della guida).
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La concentrazione percentuale media Xm dal momento iniziale dell’emissione ha un andamento
esponenziale per cui inizialmente, nel periodo transitorio è data da:
dove:
Xte% = concentrazione media dopo il tempo te %;
e = base dei logaritmi naturali = 2,71828;
Qg = portata di emissione di gas, (kg/s);
Qa = portata effettiva di aria di ventilazione nell’intero ambiente, (m³/s);
rgas = massa volumica del gas o vapore alla temperatura ambiente, (kg/m³);
(la formula per il calcolo di rgas è definita nell’appendice GA (38) della guida);
te = tempo di emissione, (s);
Ca = numero di ricambi d’aria nell’unità di tempo dell’intero ambiente considerato, ottenuto da
(Qa/Va) dove Va è il volume dell’ambiente considerato, (s-1).
Xr% = Qg * 100
Qa * rgas
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Quando l’emissione è di grado continuo, il periodo transitorio iniziale può essere trascurato per cui
avremo:
Quando l’emissione è di primo o secondo grado deve essere considerato il periodo transitorio per cui:
Xm% = ΣXr
(quando si deve stabilire il grado della ventilazione relativo alle emissioni continue)
Anche per gli ambienti chiusi la guida ha introdotto la distanza dz per definire il numero di ricambi
d’aria Co, per cui quando Xm% ≤ k * LELmix %vol Co > Ca, mentre in tutti gli altri casi Co = Ca.
f
Stabilito Co, utilizzando lo stesso sistema per gli ambienti aperti, si può calcolare Vz. 34
Per calcolare Co dobbiamo ricavare la portata d’aria Qa:
Co = (dVtot/dt) = Qa = Qa
Vo Vo Va
Nel caso di ventilazione naturale, per il calcolo della portata di ventilazione si possono utilizzare
le formule dell’appendice GB.6 della Guida, in relazione alla disposizione delle aperture e, se tale
portata deriva dalla spinta del vento (Qaw), oppure dalla differenza di temperatura (effetto camino) (Qat).
A1 A1 A3
L A L L
A2 A2 A4
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La distanza pericolosa dz per emissioni di gas
In appendice GB.5 della Guida sono riportate le formule empiriche per il calcolo della distanza pericolosa
dz valide per emissioni strutturali, emissioni di gas o vapori con densità relativa all’aria compresa tra
0,5 e 2, emissioni a temperatura ambiente, portata di emissione inferiore a 1 kg/s e velocità di emissione uo
inferiori di 10 m/s.
Per gas con densità maggiore di 2 le formule forniscono risultati a favore della sicurezza, mentre per gas
con densità minore di 0,5 le formule forniscono dati comunque validi allo scopo.
dove:
Kz = 0,9 * e M * LEL%vol
Formula di Kz applicabile fino a (0,7 * LEL). Quando dal calcolo risulta Kz < 1, assumere Kz = 1. 36
Il grado della ventilazione negli ambienti aperti, se si escludono fosse o sottotetti che dovrebbero
essere considerati ambienti chiusi, può essere:
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Il grado della ventilazione negli ambienti chiusi può essere:
b) se l’atmosfera esplosiva corrispondente fosse innescata, l’entità del danno prevedibile definito
tramite una valutazione del rischio, è ritenuta trascurabile.
Quando il volume Vz è trascurabile, il tempo t non influisce sulla valutazione del grado della
ventilazione.
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Definizione della disponibilità della ventilazione
Per definire l’efficacia della ventilazione è previsto un ulteriore elemento, la disponibilità, che esprime
il livello di disponibilità del grado di ventilazione considerato.
SCARSA quando la ventilazione considerata non risponde ai requisiti di buona o adeguata; tuttavia
non sono previste interruzioni per lunghi periodi, nel qual caso occorre assumere un altro
grado di ventilazione, più basso, con una migliore disponibilità.
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Influenza della ventilazione sui tipi di zone
Per la determinazione dell’estensione delle zone pericolose è necessario analizzare ogni caso specifico
tenendo presente:
b) Caratteristiche del sistema di contenimento delle sostanze infiammabili con particolare riferimento a:
- temperatura della sostanza; - pressione; - tipo di contenitore;
- caratteristiche dei dispositivi di tenuta; - altezza da terra dell’emissione;
- condizioni di manutenzione e verifica dei contenitori e degli organi di tenuta.
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Modalità di emissione
Le sostanze infiammabili possono essere emesse dai sistemi di contenimento in modi diversi in relazione
allo stato ed alla velocità di emissione:
a) stato:
- gas o vapore (in singola fase);
- liquido, che evapora in modo trascurabile nell’emissione (singola fase);
- liquido o gas liquefatto, che evapora nell’emissione.
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Le aperture come possibili sorgenti di emissione
Le aperture tra luoghi diversi dovrebbero essere considerate possibili sorgenti di emissione.
Il loro grado di emissione dipende da:
- tipo di zona del luogo dal quale proviene il pericolo (a monte dell’apertura);
Esempi:
- passaggi aperti per l’accesso o il passaggio di servizi, come condutture, tubazioni che attraversano
pareti, soffitti e pavimenti;
- uscite di ventilazione fisse dei locali ed aperture simili, dei tipi B, C, e D, che vengono aperte 44
frequentemente o per lunghi periodi.
Tipo B – Aperture che sono normalmente chiuse (es. con dispositivo di autochiusura), aperte poco
frequentemente e che hanno una buona tenuta su tutto il perimetro.
Tipo C – Aperture normalmente chiuse o aperte poco frequentemente, conformi a quelle di tipo B,
provviste inoltre di dispositivi di tenuta (es. una guarnizione) su tutto il perimetro; oppure,
due aperture di tipo B in serie, dotate di dispositivi indipendenti di autochiusura.
Tipo D – Aperture normalmente chiuse conformi a quelle di tipo C, apribili solamente con mezzi
speciali od in caso di emergenza.
Le aperture di tipo D sono sicuramente a tenuta, come nei passaggi di servizi (es. condutture,
tubazioni); oppure, possono essere una combinazione di una apertura di tipo C, adiacente al
luogo dal quale proviene il pericolo, in serie ad un’altra apertura di tipo B.
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Condizioni per l’applicabilità della regola del filo teso
48
c) Si individuano le SE;
(Esempio di foglio dati per la classificazione dei luoghi pericolosi - Elenco delle sorgenti di emissione):
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e) Si analizzano le influenze di tutte le emissioni sulla classificazione del luogo considerando il loro grado
e1) per le emissioni continue si considerano queste tutte contemporanee tra loro;
e2) per le emissioni di primo grado si considerano tutte quelle continue di cui in e1) più quelle di primo
grado; se non è possibile stabilire la contemporaneità di quelle di primo grado si può usare la
seguente tabella:
Numero totale di Numero di emissioni di e3) per le emissioni di secondo grado si considerano
emissioni di primo primo grado considerabili quelle continue di e1) + quelle di primo grado
grado contemporaneamente di e2) + quelle di secondo grado considerate
1 1 singolarmente.
2 2
3÷5 3
6÷9 4
10 ÷ 13 5
14 ÷ 18 6
19 ÷ 23 7
24 ÷ 27 8
28 ÷ 33 9
34 ÷ 39 10
40 ÷ 45 11
46 ÷ 51 12
> 51 12 + 20% * (n –51)
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f) per ogni SE e grado di emissione, si calcola la portata di emissione Qg in condizioni cautelative.
(Nell’appendice GB.4 della guida, sono riportate diverse formule per il calcolo della portata di
emissione:
- Portata di liquido Qt che non evapora nell’emissione (a temperatura sensibilmente inferiore alla sua
temperatura di ebollizione;
- Portata di vapore dalla superficie di un liquido infiammabile non refrigerato, esposto all’atmosfera.)
51
(Per le emissioni di secondo grado nell’appendice GB della guida sono riportati criteri di valutazione
e dimensioni dei fori di emissione conseguenti a guasti o anomalie del sistema per alcuni componenti
tipici degli impianti, riportati in tabella, ed eventualmente se siamo o meno in presenza di vento).
Sorgente di emissione Area del foro (mm2)
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g) per ogni luogo si definiscono i valori di riferimento di temperatura ambiente e grado e disponibilità
della ventilazione;
h) per ogni SE e grado di emissione si determina il tipo di zona pericolosa, valutando se al caso in esame
sono applicabili Guide, Raccomandazioni relative a specifiche industrie o Applicazioni, nel rispetto
comunque della norma;
i) per ogni SE e grado di emissione si calcola la distanza dz (ad eccezione degli ambienti chiusi con
estensione a tutto l’ambiente);
l) la classificazione si ottiene dall’inviluppo delle singole zone pericolose determinate come indicato nei
punti precedenti.
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DOCUMENTAZIONE
c) Posizione delle aperture negli edifici (porte, finestre, ingressi e uscite dell’aria di ventilazione.
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Esempio n°1 - Una normale pompa industriale (portata 50 m3/h, a bassa pressione)installata a livello del
suolo, situata all’aperto, che pompa liquido infiammabile.
Dimensioni:
a) 1 m in orizzontale dalla SE;
b) 1 m al di sopra della SE;
c) 1 m in orizzontale;
d) 2 m in orizzontale;
e) 1 m sopra il suolo.
Dimensioni:
a) 3 m a partire dallo sfiato;
b) 3 m al di sopra del tetto;
c) 3 m in orizzontale dal serbatoio.
Dimensioni:
a) 1,5 m in orizzontale dalla SE;
b) in orizzontale fino al limite della
passerella di carico;
c) 1,5 m al di sopra della SE;
d) 1 m sopra il livello del suolo;
e) 4,5 m in orizzontale dal canale di
drenaggio;
f) 1,5 m in orizzontale dalla zona 1;
g) 1 m al di sopra della zona 1;
h) 3 m in orizzontale dalla zona 2.
SOSTANZE INFIAMMABILI
Occorre accertare la presenza di quantità significative di polveri combustibili, che possono formare
con l’aria atmosfere esplosive.
La Norma adotta il concetto simile a quello utilizzato per i gas e i vapori infiammabili, di usare la
classificazione delle aree allo scopo di fornire una valutazione del rischio di incendio e/o esplosione
da nubi di polvere.
Attualmente non vi è una guida alla norma (che è allo studio per aiutare gli esperti nella classificazione),
per cui per avere un elenco non esaustivo di polveri e delle relative caratteristiche chimico-fisiche
occorre riferirsi ancora alla Tabella II della Norma CEI 64-2, dove invece il capitolo IV sulla
classificazione dei luoghi per la presenza di polveri (ex. Classe 2) non è più in vigore. 62
I pericoli presentati dalle polveri combustibili sono:
1) La formazione di una nube di polvere da qualsiasi sorgente di emissione, compreso uno strato di
accumulo tale da formare un’atmosfera esplosiva.
2) La formazione di strati di polvere non suscettibili di formare una nube di polvere ma in grado di
accendersi a causa di auto-riscaldamento o superfici calde, e provocare un pericolo d’incendio o
di surriscaldamento dell’apparecchiatura.
Lo strato acceso può, inoltre, fungere da sorgente di innesco per un’atmosfera esplosiva.
Il pericolo di esplosione è tanto maggiore quanto minori sono le dimensioni delle particelle di polvere.
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Stimare il volume di atmosfera esplosiva che la polvere può originare è molto difficile, ma essenziale,
perché se la quantità di polvere in gioco determina un volume di atmosfera pericolosa trascurabile, si
evita ogni problema (in genere volumi di atmosfera da 1 a 100 dm3).
La “Classe di esplosione della polvere” (St) dipende dal valore di Kst come di seguito indicato:
Classe di Kst
esplosione della (bar m/s)
polvere
St 1 0 < Kst ≤ 200
St 2 200 < Kst ≤ 300
St 3 300 < Kst
64
Per avere un’esplosione
pericolosa la quantità di polvere
emessa deve essere tale per cui
la sua concentrazione in aria
superi il LEL in un volume
significativo di aria:
- se la concentrazione di polvere
è inferiore al LEL, l’esplosione
non avviene;
65
SORGENTI DI EMISSIONE E GRADI DI EMISSIONE PER LE NUBI DI POLVERE
Le sorgente di emissione (SE) di polveri sono costituite da un punto o da un luogo dal quale la polvere
può essere emessa o sollevata, in modo tale da formare una atmosfera di polvere/aria esplosiva.
Questo comprende strati di polveri combustibili in grado di essere dispersi e di formare una nube di
polvere.
luoghi nei quali una nube di polvere può essere presente continuamente o per lunghi periodi, oppure
per brevi periodi a intervalli frequenti.
es:
a) l’interno di sistemi di contenimento di polveri: tramogge, sili, ecc., cicloni e filtri;
b) sistemi di trasporto polveri, eccetto alcune parti dei trasportatori a nastro e a catena, ecc.;
es:
d) macchinari e recipienti aperti che emettono polveri nel funzionamento ordinario (mulini,
polverizzatori, crivelli, classificatori, miscelatori, macine, apparecchi per l’insaccaggio,
essiccatoi, ecc.);
e) bocche, porte, passi d’uomo, ecc. per l’ispezione o il campionamento (almeno una volta ogni turno
di lavoro);
f) cumuli di polvere che si formano all’esterno degli apparecchi (la polvere potrebbe essere sollevata
in aria a causa delle operazioni di processo o di fatti occasionali esterni).
67
- emissione di secondo grado:
sorgente che si prevede non possa rilasciare polveri combustibili occasionalmente durante il
funzionamento ordinario, ma se avviene è possibile solo poco frequentemente e per brevi periodi.
es:
a) sorgenti di emissione di cui alle lettere a), b), c) e d) precedenti, ma queste sono chiuse (non aperte
come nel caso precedente) e sono ipotizzabili condizioni di guasto o anomalie tali per cui la polvere
può fuoriuscire dal sistema di contenimento (depositi, macchine, flange, tubi flessibili, ecc.);
b) sorgenti di emissione di cui alle lettere a), b), c) e d) precedenti, ma dotate di un sistema localizzato
di asportazione polveri;
c) bocche, porte, passi d’uomo, ecc. per l’ispezione o il campionamento aperte non frequentemente
(non una volta ogni turno di lavoro);
e) depositi dove si movimentano sacchi di prodotti polverosi (bisogna valutare la probabilità che il
sacco si possa rompere);
f) strati di polvere, che si formano in conseguenza di emissioni vere e proprie o di polvere presente
nell’aria a causa di perdite continue dai macchinari (emissioni strutturali).
68
- Non sono da considerare SE durante il funzionamento ordinario e anormale:
a) recipienti in pressione, la struttura principale dell’involucro compresi gli ugelli e i passi d’uomo
chiusi;
b) tubi, condotti e derivazioni senza giunti flangiati, purché nella loro progettazione e costruzione sia
stata tenuta adeguata considerazione alla prevenzione di perdite di polveri.
69
DETERMINAZIONE DEL TIPO ED ESTENSIONE DELLA ZONA
Secondo la Norma devono essere definite le zone per ciascuna SE e ciascun grado di emissione.
Il tipo di zona è strettamente correlato da un legame di causa-effetto al grado di emissione, per cui
in generale una presenza continua di una nube di polvere genera una zona 0, quella di primo grado
una zona 1 e quella di secondo grado una zona 2. 70
Le aperture come possibili sorgenti di emissione
Per le aperture come possibili sorgenti di emissione, la norma non dice niente.
In analogia con quanto diceva la norma 64-2, la zona pericolosa si poteva estendere solo attraverso
aperture senza serramento, per cui per il momento è meglio evitare aperture di questo tipo.
Zona 20
- l’interno di alcune apparecchiature di movimentazione delle polveri in cui è probabile che si produca
una miscela di polveri esplosive/aria.
- in genere è sufficiente una distanza di 1 metro intorno alla sorgente di emissione (con
un’estensione verticale verso il basso fino a terra, o fino al livello di un pavimento continuo).
(Nel caso di zone all’aperto, il limite della zona 21 può essere alterato a causa degli effetti meteorologici).
- laddove la diffusione è limitata da strutture (muri, ecc.) le superfici di queste strutture possono essere
considerate come il limite della zona.
- per considerazioni pratiche, può essere opportuno classificare l’intera area considerata come zona 21.
72
Zona 22
- laddove la diffusione è limitata da strutture (muri, ecc.) le superfici di queste strutture possono essere
considerate come il limite della zona.
- per considerazioni pratiche, può essere opportuno classificare l’intera area considerata come zona 22.
Una zona 21 non limitata (da strutture metalliche, es. un recipiente con un pozzetto aperto) posta
all’interno, è sempre circondata da una zona 22.
73
Estensione delle zone con pericolo di esplosione per la presenza di polveri:
a) Zona 20 all’interno dei contenitori;
b) Zona 21 e zona 22 in corrispondenza di una emissione di primo grado;
c) Zona 22 in corrispondenza di una emissione di secondo grado.
74
La zona 22 si estende a tutto il locale se gli strati di polvere sono diffusi, oppure la quantità di polvere
emessa è notevole in relazione alle dimensioni del locale, specie se la polvere è leggera e molto fine.
75
Procedura per la classificazione di un luogo con pericolo di esplosione per la presenza di
polveri combustibili.
76
Esempi di classificazione
Esempio n°1 – Unità di svuotamento sacchi all’interno di un edificio senza sistema di estrazione aria.
(In questo esempio i sacchi vengono svuotati manualmente di frequente in una tramoggia, dalla quale il
contenuto è trasportato con sistemi pneumatici in un’altra parte dell’impianto. Parte della tramoggia è
sempre piena di prodotto).
Legenda:
Zona 20 – interno della tramoggia, data la presenza di una miscela di polveri esplosive/aria
frequentemente, o persino continuamente.
Zona 21 – la bocca di carico aperta è un’emissione di primo grado. Conseguentemente attorno alla bocca
viene definita una zona 21 con un’estensione di 1 m dal suo bordo e fino al pavimento. 77
Esempio n°2 – Unità di svuotamento sacchi all’interno di un edificio con sistema di estrazione aria.
(Come l’esempio precedente ma in questo caso è previsto un sistema di estrazione aria. In questo modo la
polvere può essere contenuta all’interno del sistema quanto più possibile).
Legenda:
Zona 20 – interno della tramoggia, data la presenza di una miscela di polveri esplosive/aria
frequentemente, o persino continuamente.
Zona 22 – la bocca di carico aperta è un’emissione di secondo grado. Non vi è fuga di polveri in
funzionamento ordinario, grazie al sistema di estrazione delle polveri. Conseguentemente
attorno alla bocca viene definita solo una zona 22 con un’estensione di 1 m dal suo bordo e
fino al pavimento. 78
Esempio n°3 – Ciclone e filtro di scarico pulito all’esterno dell’edificio.
(Il ciclone e il filtro fanno parte di un sistema di estrazione ad aspirazione. Il prodotto estratto passa
tramite una valvola rotante a funzionamento continuo e cade in un bidone chiuso. La quantità di
materiali fini è molto bassa, per cui gli intervalli di pulitura sono lunghi, l’interno quindi contiene una
nube infiammabile solo sporadicamente durante il funzionamento ordinario).
Legenda:
1 – zona 22
2 – zona 20
3 – pavimento
4 – ciclone
5 – al sito del prodotto
6 – entrata
7 – filtro
8 – al recipiente di affinamento
9 – ventilatore estrattore
10 – alla bocca di scarico
11 – zona 21
Zona 20 – interno del ciclone, data la presenza di una miscela di
polveri esplosive/aria frequentemente, o anche continuamente.
Zona 21 – lato sporco del filtro solo se piccole quantità di prodotto non sono raccolte dal ciclone durante
il funzionamento ordinario. In caso contrario, il lato sporco del filtro è una zona 20.
Lo strato di polvere è da considerarsi una vera e propria SE, perché la polvere che forma lo strato può
essere sollevata per un fatto accidentale e quindi formare una nube, che se innescata può generare
un’esplosione.
La norma non dice qual è lo spessore minimo di uno strato pericoloso, ma strati di 1 millimetro
possono già essere pericolosi.
Un elemento fondamentale per la limitazione dello strato di polvere è la pulizia, che il responsabile
dell’impianto deve dichiarare.
80
Gli strati di polvere presentano tre rischi:
1) un’esplosione primaria all’interno di un edificio può sollevare strati di polvere sotto forma di nubi e
provocare esplosioni secondarie più pericolose del primo evento.
2) Strati di polvere possono essere innescati dal calore proveniente dalle apparecchiature sulle quali si
trovano (in questo caso il rischio è di incendio più che di esplosione).
3) Uno strato di polvere può essere sollevato in una nube, incendiarsi su una superficie calda, e
provocare un’esplosione.
Questi rischi dipendono dalle caratteristiche della polvere e dallo spessore degli strati, che è
influenzato dai criteri di mantenimento della pulizia.
81
Si considerano tre livelli di mantenimento della pulizia:
Buona: gli strati di polvere sono mantenuti a spessori trascurabili, oppure sono assenti,
indipendentemente dal grado di emissione.
Adeguata: gli strati di polvere non sono trascurabili ma di breve durata (meno di un turno).
Scarsa: gli strati di polvere non sono trascurabili e perdurano per oltre 1 turno.
Uno scarso mantenimento della pulizia unito a condizioni suscettibili di creare una nube di polvere
durante il funzionamento ordinario, dovrebbe essere evitato.
Uno scarso mantenimento della pulizia unito a condizioni suscettibili di creare una nube di polvere
durante il funzionamento anormale, può costituire una zona 22. 82
Allegato B – Rischio di incendio dall’innesco di uno strato di polvere dovuto ad una superficie calda.
83
Regola 1 – Strati di polvere fino a 5 mm.
La temperatura massima superficiale dell’apparecchiatura, deve essere uguale o inferiore alla temperatura
minima di innesco relativa ad uno spessore di 5 mm dello strato di polvere interessato, ridotto di 75 K.
Regola 2 – Strati di
polvere di oltre 5 mm
e fino a 50 di spessore.
La temperatura massima
superficiale dell’apparec-
chiatura, all’aumentare
dello strato, deve essere
ridotta di conseguenza,
utilizzando il seguente
grafico come guida.
Diversamente si possono
utilizzare i dati derivanti
da indagini di laboratorio.
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Regola 3 – Strati di polvere di spessore eccessivo.
Quando lo spessore dello strato di polvere interessato è eccessivo, la temperatura superficiale deve essere
ulteriormente ridotta, per tener conto dell’effetto isolante della stessa.
Questa prescrizione può essere soddisfatta ad esempio da sistemi di limitazione della potenza:
- apparecchiature di misura e controllo (es. strumentazione, sensori, comandi) con energia molto bassa
sono applicazioni tipiche in presenza di strati di polvere eccessiva.
- apparecchi quali motori, apparecchi di illuminazione, prese e spine, dovrebbero essere evitati.
- dove la temperatura minima di innesco di uno strato di 5 mm è < 250°C, oppure se esistono dubbi sulla
applicazione del grafico della Regola 2;
- con strati di qualsiasi spessore > 5 mm, che si formano ai lati dell’apparecchiatura;
c) Parametri di processo che influiscono sulla formazione di miscele di polveri/aria e di strati di polvere;
d) Proprietà dei materiali di processo, es.: temperature di innesco di nubi e strati, limiti di esplodibilità,
resistività elettrica, umidità e dimensioni delle particelle.
a) Piante e prospetti che riportino il tipo ed estensione delle zone, l’estensione degli strati di polvere, le
temperature minime di innesco delle polveri e massima temperatura superficiale ammessa per le
apparecchiature;
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