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Impianti antincendio
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Capitolo 1 – Impianti antincendio
Introduzione
Al fine di raggiungere l’obbiettivo prefissato in merito ad un’applicazione pratica,
tutta la seguente trattazione farà riferimento ad un progetto in corso di realizzazione ed
ormai praticamente ultimato. Per poter svolgere il presente lavoro è stato infatti messo a
disposizione tutto il materiale occorrente relativo ad un centro commerciale di imminente
apertura, e soprattutto relativo alla sua autorimessa. Quello che infatti verrà praticamente
ricercato è “l’ottimizzazione del costo di realizzo di un impianto sprinkler per l’autorimessa
di un centro commerciale”, mirando quindi ad un particolare caso specifico, senza però
ledere la validità generale delle conclusioni a cui si perverrà.
Premessi alcuni brevi richiami in merito alla prevenzione incendi, verrà giustificato in
un primo momento il perché sia stato necessario realizzare proprio un impianto automatico
a pioggia (impianto sprinkler) quale mezzo attivo di prevenzione incendio per
l’autorimessa in oggetto, richiamando e commentando le normative e le leggi attualmente in
vigore.
Nel corso dell’esposizione verranno inoltre più volte sottolineati quei vantaggi
economici che si prevede di ottenere mediante l’utilizzo di uno dei due metodi suddetti,
giustificando anche in questo caso come e perché si riesca ad ottenere questo risparmio
intravisto.
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Capitolo 1 – Impianti antincendio
In questa prima fase introduttiva è comunque opportuno chiarire almeno due dei
concetti fondamentali della prevenzione: la protezione passiva e la protezione attiva.
Quando però, per esigenze inderogabili connesse con l’esercizio dell’attività a rischio
presa in esame, non sia possibile ottenere o mantenere un sufficiente livello di protezione
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Capitolo 1 – Impianti antincendio
- D.M. 615, Circolari n.68 e 73 del 1969 e 1971 relative alle Centrali
Termiche;
Dal 1980 in poi vi è stato invece un grande sviluppo normativo con l’introduzione di:
- D.M. del 1982 relativo alle Attività soggette alla prevenzione incendi (P.I.);
- N.O.P del 1984 relativo al condono per le Attività soggette alla P.I.;
Nel 1990 è stata emanata infine l’importante legge n. 46 relativa alla sicurezza di tutti
gli impianti degli edifici ad uso civile, e nel 1991 il D.M. n. 447 contenente il relativo
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Capitolo 1 – Impianti antincendio
regolamento di attuazione, che come è noto riguarda anche gli impianti di protezione
antincendio. Vediamo comunque a questo punto quali sono le leggi ed i requisiti generali
che più interessano per la realizzazione di un impianto antincendio, e soprattutto perché la
scelta del tipo di impianto stesso sia stata sostanzialmente obbligata.
Con il Decreto Ministeriale del 1° febbraio 1986, Norme di sicurezza antincendio per
la costruzione e l’esercizio di autorimesse e simili, sono state approvate tutta una serie di
regolamentazioni e di normative elaborate dal comitato centrale tecnico-scientifico per la
prevenzione incendi. Tali norme hanno come scopo quello di uniformare la progettazione
della prevenzione al fine di ottenere standard di sicurezza e di efficienza pari a quella degli
altri paesi europei ed mondiali; di tutelare l’incolumità dei cittadini e di preservare i beni
contro i rischi d’incendio e di panico nei luoghi destinati alla sosta; e di far fronte ad un
problema che con l’avvento dell’uso di nuovi materiali nel settore dell’edilizia, con
l’imponente sviluppo della motorizzazione e con l’espansione della grande distribuzione si
fa sempre più sentito anche nel nostro paese.
Per quanto riguarda le norme previste in relazione alle ”Autorimesse aventi capacità
di parcamento superiore a nove autoveicoli” (articolo 3 del suddetto decreto), è
interessante sottolineare alcuni commi in esso contenuti e soprattutto l’effetto e le
conseguenze che questi comportano.
3.1 Isolamento
Ai fini dell’isolamento le autorimesse devono essere separate da edifici
adiacenti con strutture di tipo non inferiore a REI 1202. E’ consentito che
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Rispettivamente Attività 87 e Attività 92 sempre secondo il Decreto Ministeriale 16 febbraio 1982.
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Con il simbolo “REI” si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un tempo determinato,
la stabilità “R”, la tenuta “E” e l’isolamento termico “I”. Il “tempo determinato” in minuti è indicato dal
numero che segue il simbolo REI.
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3.6 Sezionamento
3.6.1 Compartimentazione
Le autorimesse devono essere suddivise, di norma, per ogni piano, in
compartimenti4 di superficie non eccedente quelle indicate nella tabella …
Limitatamente alle autorimesse situate al piano terra, primo e secondo
interrato … , le superfici indicate possono raddoppiarsi in presenza di
impianti fissi di spegnimento automatico; … …
3.9 Ventilazione
3.9.0 Ventilazione naturale
Le autorimesse devono essere munite di un sistema di aerazione naturale
costituito da aperture ricavate nelle pareti e/o nei soffitti e disposte in
modo da consentire un efficace ricambio dell’aria ambiente, nonché lo
smaltimento del calore e dei fumi di un eventuale incendio.
Al fine di assicurare una uniforme ventilazione dei locali, le aperture di
aerazione devono essere distribuite il più possibile uniformemente e a
distanza reciproca non superiore a 40m.
3.9.1 Superfici di ventilazione
Le aperture di aerazione naturale devono avere una superficie non
inferiore ad 1/25 della superficie in pianta del compartimento
3.9.2 Ventilazione meccanica
Il sistema di ventilazione naturale deve essere integrato con un sistema di
ventilazione meccanica nelle autorimesse sotterranee aventi numero di
autoveicoli per ogni piano superiore a quanto riportato:
Piano primo interrato: 125 autoveicoli;
Piano secondo interrato: 100 autoveicoli;
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L’attività 87 si riferisce a “Locali adibiti ad esposizione e/o vendita all’ingrosso o al dettaglio con
superficie lorda superiore a 400m2 comprensiva dei servizi e depositi”. Le altre attività non hanno interesse
per la trattazione in corso.
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Per “compartimento antincendio” si intende parte dell’edificio delimitata da elementi costruttivi di
resistenza al fuoco predeterminata e organizzato per rispondere alle esigenze della prevenzione incendi.
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autorimessa, nel caso in cui non sia presente un impianto di spegnimento automatico,
comporta inevitabilmente una particolare attenzione in fase di progettazione se non
l’impossibilità di realizzare l’autorimessa stessa o, eventualmente, il centro commerciale.
Infatti per poter garantire una efficace ventilazione dei locali, oltre a dover rispettare una
superficie minima delle aperture di aerazione di 1/25 della superficie del compartimento ed
installare un sistema di ventilazione meccanico, si legge dalle norme come la distanza
reciproca delle stesse non debba essere superiore a 40m; questo sostanzialmente vuol dire
che, nel caso in cui le dimensioni dell’edificio siano piuttosto ragguardevoli, il numero di
aperture necessarie risulta così grande che diventa praticamente impossibile far si che queste
non vengano a trovarsi in corrispondenza delle aperture del centro commerciale. In tal caso
risulta quindi evidente come un impianto sprinkler sia praticamente l’unica soluzione
possibile per l’indispensabile approvazione del progetto architettonico stesso.
Sempre nell’ottica dell’economia globale del progetto, dal decreto si nota come la
presenza dell’impianto di spegnimento automatico consenta il passaggio da strutture REI
120 a strutture REI 90, il che si traduce non solo in una riduzione dell’ingombro
complessivo dell’edificio, ma anche e soprattutto in una riduzione considerevole dei costi
per i materiali da costruzione e per la realizzazione dell’edificio stesso. Ulteriormente tale
tipologia d’impianto dà anche la possibilità di raddoppiare le dimensioni dei compartimenti
in cui è necessario suddividere le autorimesse, il che nuovamente vuol dire richiedere meno
materiale, quindi minori costi, e conferire una maggior libertà nella progettazione
dell’edificio. “Le pareti di suddivisione fra i compartimenti devono essere infatti
realizzate”, sempre secondo l’articolo 3 del decreto ministeriale, “con strutture di tipo
almeno REI 90” ed “ogni apertura di comunicazione tra gli stessi deve essere munita di
porte almeno REI 90 a chiusura automatica in caso d’incendio”. E’ evidente pertanto che
più grande è la compartimentazione, minore è il numero di compartimenti necessari e più
contenuti saranno i costi di realizzo. Infine, anche la possibilità di aumentare da 40m a 50m
il limite massimo della lunghezza delle cosiddette “vie di fuga” può talvolta significare la
realizzazione di un numero minore di uscite di sicurezza e di conseguenza una ulteriore
riduzione dei costi e dei problemi distributivi.
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Quindi, considerato che in virtù delle leggi oggi presenti le autorimesse sono
obbligatoriamente soggette alla prevenzione dagli incendi con tanto di rilascio di
certificazione, in base alle considerazioni fin qui fatte risulta sostanzialmente univoca la
scelta del tipo di impianto da adottare per il progetto in questione, risultando l’impianto
sprinkler il miglior compromesso, appunto, tra il rispetto delle normative ed il minor costo
globale da sostenere.
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Nel caso in questione, essendo gli spazi dell’autorimessa del centro commerciale non
chiusi né tantomeno riscaldati, ed essendo l’attività stessa ubicata in provincia di Firenze
dove annualmente si registrano escursioni termiche fino a temperature inferiori allo 0°C per
archi di tempo anche considerevoli, il pericolo che l’acqua nelle tubazioni della rete di
distribuzione si congeli è un pericolo reale e pertanto la scelta di un impianto ad umido
viene automaticamente scartata. Anche l’ipotesi dell’impianto alternativo viene scartata,
soprattutto, in questo caso per considerazioni di tipo economico. Infatti tale impianto
richiederebbe macchinari, ed attrezzature in genere, rispondenti contemporaneamente ai
requisiti di quelli ad umido e di quelli a secco, e pertanto inevitabilmente più costosi. Inoltre
l’impianto alternativo richiede una manutenzione straordinaria aggiuntiva conseguente al
necessario riempimento e successivo svuotamento della rete di distribuzione dall’acqua. In
definitiva, quindi, la scelta del tipo d’impianto ricade inevitabilmente su quello a secco.
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“Stazione di controllo”: complesso di valvole, strumenti di misura ed apparecchiature di allarme destinato
al controllo del funzionamento di una sezione di impianto (compartimento).
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Si può desumere quindi che il metodo del precalcolo sia una soluzione di
compromesso, ideata in virtù della pratica, per ovviare a problemi che si riscontrano nella
risoluzione di impianti di una certa complessità, i quali richiederebbero un onere di calcolo
non indifferente. Non per nulla le normative americane da cui sono state riprese le norme
UNI-9489 sono datate primi anni settanta-ottanta, quando cioè lo sviluppo dell’informatica
“personale” era ancora agli inizi del suo successivo sviluppo. Non era pertanto pensabile
risolvere un problema come quello del dimensionamento di una rete idraulica di certe
dimensioni se non con l’utilizzo di “carta e penna”, il che talvolta poteva risultare compito
lungo e gravoso. L’ideazione di un metodo sostanzialmente standard e guidato, quale può
essere appunto il metodo del precalcolo, poneva una valida e comoda alternativa a problemi
di questo tipo.
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dovendo avere validità generale, porti ad un dimensionamento esuberante rispetto alle reali
necessità.
L’obbiettivo di questa tesi consiste appunto nel raffrontare le soluzioni ottenute con i
due metodi e dimostrare come l’utilizzo del calcolo idraulico integrale comporti realmente
una consistente riduzione dei costi complessivi d’impianto.
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Per ogni chiarimento si rimanda alla norma UNI-9489.
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Essendo nel caso in questione l’attività “autorimessa” classificata come Area protetta
di classe B2, sempre secondo le UNI-9489 al prospetto IX del punto 13.2, verranno di
seguito riportate solamente le normative ad essa riferita.
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Le seguenti “Specificazioni generali” sono valide sia per gli impianti precalcolati che per quelli
dimensionati mediante il calcolo idraulico integrale.
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Capitolo 1 – Impianti antincendio
Un’attenta analisi delle normative ora richiamate, evidenzia come il metodo del
calcolo idraulico integrale dia modo di intervenire su una più vasta gamma di parametri di
progetto rispetto al metodo del precalcolo, consentendo, al tempo stesso, di realizzare il
dimensionamento voluto con più ampi margine di azione. I vincoli più restrittivi per questo
metodo sono infatti sostanzialmente rappresentati dal limite sul valore di velocità massima
consentita nelle tubazioni, il numero massimo di erogatori che possono essere alimentati da
un tronco di diramazione DN25 e l’obbligo di rispettare determinati valori di pressione e di
densità di scarica. Gli altri punti della norma sono infatti soprattutto degli elementi guida da
seguire per il calcolo stesso, come per esempio la formula di Hazen Williams per il calcolo
delle perdite di carico distribuite e il prospetto per determinare la “lunghezza di tubazione
equivalente” delle perdite di carico concentrate; oppure la scelta della configurazione e della
posizione delle aree operative e la formula per tracciare la curva di domanda dell’impianto.
Si vede come infatti non compaia alcuna limitazione sul numero massimo di erogatori serviti
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da un’unica distribuzione (a meno che questa non sia DN25), né tantomeno un’indicazione
sui diametri più opportuni da adottare. Cose queste che invece, per il metodo del
precalcolo, sono strettamente vincolanti ed obbligatorie.
In merito le norme riportano infatti un prospetto dove vengono elencati i valori del
numero massimo di erogatori che possono essere posizionati su ciascun tratto di
distribuzione e di diramazione, identificandone contemporaneamente il diametro da
assegnare. Prospetto che deve essere inderogabilmente seguito e rispettato nell’applicazione
di questo metodo e che, sebbene da un lato costituisca il punto di forza del precalcolo, a ben
vedere rappresenta al tempo stesso un elemento di intralcio per una libera ed ottimale
progettazione dell’impianto. Il dover infatti rispettare queste condizioni, insieme alle molte
altre elencate nelle suddette norme, fa sì che anche l’individuazione stessa del lay-out
generale delle reti di distribuzione e di diramazione atte a collegare tutti gli erogatori sia
fortemente condizionata e vincolata, risultando talvolta necessario adottare delle soluzioni
alquanto irrazionali. Può accadere infatti che per l’esubero di un solo erogatore rispetto ai
valori elencati nelle norme si debba effettuare un nuovo arrangiamento generale delle
tubazioni della rete arrivando in certi casi a configurazioni piuttosto discutibili, oppure
ricorrere all’introduzione di un ulteriore tratto di distribuzione, con tutte le conseguenze che
questo comporta.
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Capitolo 1 – Impianti antincendio
Ritornando all’analisi dei punti delle norme sopra riportati in relazione al metodo
integrale, una considerazione importante va fatta in merito al limite massimo di velocità
consentita nelle tubazioni. Le norme impongono infatti che tale velocità non superi i 10m/s,
salvo in tronchi di lunghezza limitata. Questa condizione, sebbene in definitiva sia una
limitazione, rappresenta al tempo stesso un enorme vantaggio per il dimensionamento in
questione. Permettendo infatti di poter raggiungere questo limite, che è estremamente alto
per la velocità di un fluido all’interno di una tubazione, le norme danno di conseguenza la
possibilità di ridurre notevolmente i diametri delle tubazioni stesse. Infatti aumentando la
velocità, a parità di portata che deve essere smaltita, i diametri possono essere nettamente
più piccoli, il che in definitiva è proprio l’obbiettivo che si vuole raggiungere. Il poter
giocare sul valore della velocità è stato infatti uno degli elementi base su cui si è appoggiata
l’impostazione e il successivo sviluppo dell’algoritmo risolutivo. Per dare un’idea
dell’enorme vantaggio che tale “limitazione” comporta, si consideri che le velocità in gioco
in un impianto dimensionato con il precalcolo non superano quasi mai i 3.5m/s, se non in
pochi e piccoli tratti di tubazione, arrivando, nelle distribuzioni principali, a non superare
addirittura 1.5m/s. Tale differenza avvalora pertanto sempre di più quell’intravisto risparmio
che già più volte è stato sottolineato.
Per quanto riguarda invece il prospetto fornito dalle norme UNI per l’individuazione
della lunghezza di tubazione equivalente delle perdite di carico concentrate, bisogna
sottolineare come questo risulti sostanzialmente insufficiente per una soluzione ottimale e
realistica del problema. Nel prospetto vengono infatti riportate le lunghezze equivalenti
relative soltanto a pochi tipi di accessori come raccordi, curve ecc.
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Capitolo 1 – Impianti antincendio
- Curva a 45°
- Curva a 90°
- Ti o raccordo a croce
- Saracinesca
Un casistica così limitata è risultata nella pratica, ed anche nello svolgimento della
presente tesi, non essere in grado di soddisfare le reali necessità di un impianto antincendio,
soprattutto se considerevolmente esteso. Sono infatti oggigiorno disponibili sul mercato
molti elementi di raccordo specificatamente realizzati, atti a soddisfare le più disparate
necessità che i singoli casi presentano. Ognuno di questi viene corredato già dalle rispettive
case costruttrici della perdita di carico, espressa come lunghezza di tubazione equivalente,
che essi introducono nel circuito. Una scrupolosa ricerca in merito ha permesso pertanto di
ampliare il prospetto di cui sopra di tutta una serie di elementi di raccordo e di pezzi speciali
che in qualche modo possono essere presi in considerazione nella realizzazione di un
impianto sprinkler. Questo proprio al fine di avere a disposizione una più vasta gamma di
“perdite di carico”, utili al fine del dimensionamento e dell’equilibratura dell’intera rete.
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