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Comando Provinciale Vigili del Fuoco

di BARI
D.M. 16 maggio 1987 n.246
Norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione

D.M. 25 gennaio 2019


Modifiche ed integrazioni all’allegato del D.M. 16/05/1987 n.246

D.M. 30 marzo 2022


Capitolo V.13 - Chiusure d’ambito degli edifici civili

D.M. 19 maggio 2022


Capitolo V.14 – Edifici di civile abitazione
Attività soggetta ???

D.P.R. n. 151 del 1 agosto 2011


Articolo 2
….
3. Le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi si distinguono nelle categorie A, B e
C, come individuate nell'Allegato I in relazione alla dimensione dell'impresa, al settore di attività,
alla esistenza di specifiche regole tecniche, alle esigenze di tutela della pubblica incolumità.
Non rientrano nel punto n. 73 del DPR n. 151/2011 (Edifici e/o
complessi edilizi a uso terziario e/o industriale caratterizzati da
Chiarimenti Applicativi - D.M. 16 maggio 1987 n.246

promiscuità strutturale e/o dei sistemi delle vie di esodo e/o impiantistica
con presenza di persone > 300 unità, ovvero di superficie complessiva >
5.000 m2, indipendentemente dal numero di attività costituenti e dalla
relativa diversa titolarità) le aree destinate a civile abitazione le quali,
anche se parzialmente presenti nell'edificio o complesso di edifici, non
concorrono nel computo dei parametri fissati per determinare
l'assoggettamento o meno agli obblighi del DPR n. 151/2011.

Con l'entrata in vigore il 7 ottobre 2011 del nuovo regolamento di


prevenzione incendi di cui al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, gli edifici di
civile abitazione sono ricompresi al punto 77 dell’allegato I al decreto:
Edifici destinati ad uso civile con altezza antincendio superiore a
24 m, che, a differenza di quanto previsto dal vecchio elenco del D.M.
16/2/1982, comprende gli edifici destinati ad uso civile (non solo
civile abitazione), avendo come parametro l’altezza antincendio e non
l’altezza in gronda.
Doppio Binario Normativo
a) Per gli edifici di civile abitazione è possibile redigere un
progetto antincendio sulla base di due Decreti ministeriali
diversi ancora in vigore, che inevitabilmente esprimono
due approcci progettuali diversi

La scelta normativa è determinante nella progettazione in


particolare ai fini dell’ottimizzazione delle scelte progettuali e
nell’ottica di contenimento dei costi di realizzazione degli
interventi di adeguamento antincendio sia a livello costruttivo
che impiantistico
Approccio Normativo Tradizionale

D.M. 16 maggio 1987 n.246


Norme di sicurezza antincendio per gli edifici di civile abitazione

D.M. 25 gennaio 2019


Modifiche ed integrazioni all’allegato del decreto 16 maggio 1987, n.246
concernente norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione

Modifiche ed integrazioni al decreto del Ministro dell'interno 16 maggio 1987,


n. 246
Articolo 1

1. È approvato l'allegato 1 che costituisce parte integrante del presente decreto e che
modifica le norme tecniche contenute nell'allegato al decreto del Ministro dell'interno 16
maggio 1987, n. 246, sostituendo il punto «9. Deroghe» e introducendo, dopo il punto
9, il punto «9-bis. Gestione della sicurezza antincendio».

Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici di civile abitazione


1. Per gli edifici di civile abitazione soggetti ai procedimenti di prevenzione incendi di cui
Articolo 2

al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, i requisiti di sicurezza
antincen-dio delle facciate sono valutati avendo come obiettivi quelli di:
a) limitare la probabilità di propagazione di un incendio originato all'interno dell'edificio,
a causa di fiamme o fumi caldi ………..;
Approccio Normativo semi-prestazionale (Codice)

D.M. 30 marzo 2022


capitolo V.13 “Chiusure d’ambito degli edifici
civili”

regola tecnica verticale che si applica alle chiusure


d’ambito degli edifici civili (es. strutture sanitarie,
scolastiche, alberghiere, commerciali, uffici, residenziali
…)

D.M. 19 Maggio 2022


capitolo V.14 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione per gli edifici
di civile abitazione, ai sensi dell’art.15 del D.lgs 08/03/20006, n.139 ”

regola tecnica verticale che reca disposizioni di


prevenzione incendi riguardanti edifici destinati
prevalentemente a civile abitazione di altezza
antincendio > di 24 m.
Quale norma scegliere?

a) Fattibilità preliminare basandosi su entrambi i decreti,


al fine di valutare quale dei due sia più conveniente in
funzione dell’obiettivo prefissato o delle caratteristiche
strutturali e/o impiantistiche eventualmente
necessarie per l’adeguamento antincendio.

b) Esperienza del professionista, ruolo determinante la


formazione antincendio, in quanto la scelta progettuale
si basa sulla valutazione del rischio
Approccio Prescrittivo ed Approccio Semi-prestazionale

a) Regole tecniche verticali «tradizionali» basate su approccio


prescrittivo; tutte le misure antincendio, sono predeterminate dal normatore
e la progettazione si attiene alla verifica relativamente «passiva» del rispetto
dei punti della regola tecnica verticale di riferimento, nel caso oggetto di
esame il D.M. 18/09/2002.
Laddove risulta impossibile ottemperare ad una o più indicazioni del D.M. si
può ricorrere alla procedura di deroga.

L’approccio prescrittivo può essere limitante, considerato che


le attività sono sempre più complesse e spesso sono
connesse tra loro.
Approccio Prescrittivo ed Approccio Semi-prestazionale

b) Codice di Prevenzione Incendi basate su approccio semi-prestazionale


o a seconda dei casi interamente prestazionale.
Per ogni compartimento viene effettuata una valutazione del rischio e per
ciascuna della 10 sezioni «S» di cui è composto il Codice viene attribuito un
livello di prestazione che si traduce in soluzioni conformi proposte dal Codice,
alternative o soluzioni in deroga proposte dal professionista antincendio.

Si ha così una sorta di normativa «ibrida» più elastica e


con maggiore interazione tecnica e partecipazione attiva da
parte del professionista antincendio.
La Logica del Codice di Prevenzione Incendi

Il normatore non impone scelte progettuali a cui invece è fatto


obbligo attenersi in caso di adozione dell’approccio
tradizionale/prescrittivo.

Con il verbo «dovere» al modo indicativo (es. «deve», «devono» …), il congiuntivo
Sezione G-1.25 «Linguaggio»

esortativo (es, «sia installato …») e l’indicativo presente degli altri verbi (es. «l’altezza è
Spunto di Riflessione

…») si descrivono le prescrizioni cogenti da applicare nel contesto esaminato.

Con il verbo «dovere» al modo condizionale (es. «dovrebbe», «dovrebbero» …), gli
avverbi «generalmente» e «di norma» si descrivono indicazioni non obbligatorie che
consentono al progettista di scegliere modalità tecniche diverse da quella indicata nel
contesto esaminato.

Con il verbo «potere» al modo indicativo (es. «può essere installato …» si suggeriscono
opportune valutazioni o modalità tecniche aggiuntive che si considerano efficaci nel
contesto esaminato, anche ai fini della valutazione della sicurezza equivalente.
D.M. 16 maggio 1987, n.246
Norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile
abitazione

D.M. 19 maggio 2022


Capitolo V.14
Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi per gli
edifici di civile abitazione, ai sensi dell’art.15 del D.Lgs 8
marzo 2006, n.139
Scopo e campo di applicazione
RTV – V 14.1

il campo di applicazione riguarda:


1. Edifici destinati prevalentemente a civile abitazione, di altezza antincendi
> 24 m;

RTV alternativa, ove applicabile alle


specifiche norme di prevenzione incendi di cui
al D.M. 16/05/1987, n.246
Edifici non soggetti al DPR
151/2011 ?
Osservazioni sulla applicazione delle RTV

D.M. 16 maggio 1987 n.246


Norme di sicurezza antincendio per gli edifici di civile abitazione

Le presenti norme hanno per oggetto i criteri di sicurezza antincendi da applicare agli edifici destinati
a civile abitazione, con altezza antincendi uguale o superiore a 12 m.

D.M. 03 settembre 2021 – «Minicodice


Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della
sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo
46, comma 3, lettera a) , punti 1 e 2 del decreto legislativo 9
aprile 2008, n. 81.
Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio …

Il provvedimento entrerà in vigore il 29 ottobre 2022


abrogando definitivamente il D.M. 10 marzo 1998,
stabilendo i criteri generali atti ad individuare le misure
di prevenzione, protezione e gestionali da attuarsi nei
Decreto Minicodice

luoghi di lavoro a basso rischio di incendio

1 Per attività a basso rischio di incendio mettere a disposizione il «Minicodice», anche


Obiettivi principali del Decreto

a beneficio dei non esperti del settore, semplificando l’utilizzo delle misure antincendio
delle strategie del Codice

2 Utilizzare, per intero, i dettami del Codice per tutto ciò che non sarà valutabile come
attività a basso rischio di incendio in attività non normate

3 Assicurare, in ogni caso, la possibilità di utilizzare il Codice (anche per attività a basso
rischio di incendio)
Gestione della Sicurezza Antincendio

Decreto «Minicodice» – D.M 03/09/2021


Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio …
Decreto Minicodice

Per i luoghi di lavoro esistenti prima del 29 ottobre 2022, il decreto


prescrive l’adeguamento, in occasione di significative modifiche del
processo produttivo, di riorganizzazione del lavoro, in relazione al
grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione
Decreto Minicodice
Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio …
Gestione della Sicurezza Antincendio

Decreto «Minicodice» – D.M 03/09/2021


Decreto Minicodice
Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio …
Art.3
Allegato I – Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza
antincendio per luoghi di lavoro a basso rischio incendio
(Art. 3, comma 2)
Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio …

Ai fini dell’applicazione del presente allegato, sono considerati luoghi


di lavoro a basso rischio d’incendio quelli ubicati in attività non
soggette e non dotate di specifica regola tecnica verticale, aventi tutti i
seguenti requisiti aggiuntivi:
Decreto Minicodice

Per occupanti si intendono le


a) con affollamento complessivo ≤ 100 occupanti; persone presenti a qualsiasi
titolo all’interno dell’attività.
b) con superficie lorda complessiva ≤ 1000 m2;

c) con piani situati a quota compresa tra -5 m e 24 m;


Generalmente, per quantità
d) ove non si detengono o trattano materiali combustibili significative di materiali
in quantità significative; combustibili si intende qf >
900 MJ/m2.

e) ove non si detengono o trattano sostanze o miscele


pericolose in quantità significative;

f) ove non si effettuano lavorazioni pericolose ai fini


dell’incendio.
Decreto Minicodice
Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio …
Gestione della Sicurezza Antincendio

Decreto «Minicodice» – D.M 03/09/2021


Altezza ai fini antincendio
D.M. 19 maggio 2022
Osservazioni sulla applicazione delle RTV

G.1.7 - ALTEZZA ANTINCENDIO


Massima quota dei piani dell’attività. Esclusi i piani con
presenza occasionale e di breve durata di personale (es.
i vani tecnici).
Altezza ai fini antincendio
D.M. 16 maggio 1987 n.246
Osservazioni sulla applicazione delle RTV

Altezza massima misurata dal livello inferiore dell'apertura più


alta dell'ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani
tecnici, al livello del piano esterno più basso.

Immaginando che all’ultimo piano di un edificio vi


siano una finestra ed una porta–finestra, il dato di
riferimento da considerare dovrà essere la soglia
della finestra.

In pratica è l’altezza calcolata all’estradosso


dell’ultimo piano abitabile, ovvero limite minimo
superabile con le attrezzature in dotazione al
C.N.VV.F. per effettuare liberamente le operazioni di
estinzione degli incendi.
Nota prot. n. P900/4122 sott. 67 del 10/08/2000
Qualora il terrazzo di copertura dell’edificio sia adibito esclusivamente a
vani tecnici, il relativo piano non va computato ai fini della determinazione
dell’altezza antincendio dell’edificio, così come de-finito dal DM 30
novembre 1983. Qualora invece il piano terrazzo sia praticabile da gruppi di
persone ovvero non esclusivamente adibito a vani tecnici lo stesso vada
ricompreso nel computo dell’altezza an-tincendi e del numero dei piani
dell’edificio.
Classificazione
RTV – V 14.2

Le strutture destinate a civile abitazione sono classificate in relazione alla


Capitolo V14 – Edifici civile abitazione

MASSIMA QUOTA DEI PIANI (h)

Quota dei piani «h» G.1.7 - ALTEZZA ANTINCENDIO


Massima quota dei piani dell’attività. Esclusi i
HC h ≤ 32 m piani con presenza occasionale e di breve
durata di personale (es. i vani tecnici).
HD h ≤ 54 m

HC h ≤ 80 m

HD h > 80 m
Classificazione
RTV – V 14.2

Le strutture destinate a civile abitazione sono classificate in funzione di:


Capitolo V14 – Edifici civile abitazione

Aree direttamente funzionali

TA Unità abitative adibite a civile abitazione o ad uso


esclusivo (es. appartamenti, …)

TB Unità destinate a piccole attività di tipo civile (es.


attività artigiane o commerciali, magazzini, attività
professionali, uffici, …)

TC Spazi comuni (es. scale corridoi condominiali, atri,


androni, terrazzi condominiali, rampe e passaggi in
genere, sale riunioni con basso affollamento, …)

Analizzando le «TB» si potrebbero configurare dei


luoghi di lavoro
Classificazione
RTV – V 14.2

Aree direttamente funzionali


Capitolo V14 – Edifici civile abitazione

TM1 Depositi o archivi di superficie lorda ≤ 25 m2 con carico di incendio specifico


qf ≤ 1200 MJ/m2, oppure di superficie lorda ≤ 100 m2 con carico di incendio
specifico qf ≤ 600 MJ/m2

TM2 Depositi o archivi di superficie lorda ≤ 400 m2 con


carico di incendio specifico qf ≤ 1200 MJ/m2, oppure
di superficie lorda ≤ 1000 m2 con carico di incendio
specifico qf ≤ 600 MJ/m2

TO Locali con affollamento > 100 occupanti (es. locali ad


uso collettivo, sale conferenze, sale riunioni, …)

TT Locali tecnici rilevanti ai fini della sicurezza


antincendio

TZ Altre aree.
Edifici Civili

Classificazione
Caratteristiche costruttive
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

Gli edifici di cui al punto 1 vengono classificati in funzione della loro altezza antincendi secondo
quanto indicato nella tabella A.;

Tipo di edificio Altezza antincendi


a Da 12 a 24 m
b Da oltre 24 a 32 m
c Da oltre 32 a 54 m
d Da oltre 54 a 80 m
e Oltre 80 m

Nota prot. n. P558/4122 sott. 67 del 24/3/2004


Nella definizione di “altezza ai fini antincendio degli edifici civili”, pur se non esplicitato, il piano esterno più basso al
quale riferirsi è quello accessibile ai mezzi di soccorso dei vigili del fuoco. Il concetto che sta alla base della
definizione è connesso, infatti, alla possibilità di effettuare il soccorso tecnico urgente dall’esterno dell’edificio,
restando inteso che dall’accesso esterno possano essere raggiungibili, con un percorso interno, i vari locali
dell’edificio.
Valutazione del Rischio incendio
RTV – V.14.3

La progettazione della sicurezza deve essere effettuata attuando la


1
metodologia di cui al capitolo G.2
Capitolo V14 – Edifici civile abitazione

La progettazione è un processo iterativo, costituito da:


a) scopo della progettazione: descrivere qualitativamente e quantitativamente
l’attività ed il suo funzionamento.

b) obiettivi di sicurezza (vita umana, beni, ambiente).

c) valutazione del rischio

d) profili di rischio (Rvita, Rbeni, Rambiente)

e) strategia antincendio (mitigazione del rischio attraverso misure preventive,


protettive e gestionali).

L’incendio di un’attività si avvia da un solo


fondamentali

punto d’innesco
Ipotesi

Il rischio d’incendio non può essere ridotto


a zero
G.2 – PROGETTAZIONE PER LA SICUREZZA ANTINCENDIO
DM 03/08/2015
Progettazione per la sicurezza antincendio

Modalità di progettazione
SEZIONE G – Capitolo G2
G.2 – PROGETTAZIONE PER LA SICUREZZA ANTINCENDIO
DM 03/08/2015
Progettazione per la sicurezza antincendio

Modalità di progettazione
SEZIONE G – Capitolo G2
Valutazione del Rischio incendio
RTV – V.14.3

2 I profili di rischio sono determinati secondo la metodologia di cui al cap. G.3


Capitolo V14 – Edifici civile abitazione

Cosa sono?
Indicatori semplificati per valutare il rischio di incendio dell'attività

Perché?
Secondo il D.lvo n. 139/2006, la prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse
pubblico diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli
obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e
dell'ambiente

A che servono?
Ad attribuire livelli di prestazione per calibrare le misure antincendio
PROFILO DI RISCHIO VITA
RTV – G.3

Profili di rischio per le attività di civile abitazione


Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo G.3
D.M. 3 agosto 2015

TB . TC

TA
PROFILO DI RISCHIO VITA
RTV – G.3

Profili di rischio Rvita per le attività di civile abitazione


Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo G.3
D.M. 3 agosto 2015
PROFILO DI RISCHIO VITA
RTV – G.3

Velocità caratteristica prevalente di crescita dell’incendio


Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo G.3
D.M. 3 agosto 2015

Per prevalenti si intendono le caratteristiche rappresentative del rischio di incendio del


compartimento in qualsiasi condizione di esercizio.
Ad es. la presenza nelle attività civili di limitate quantità di prodotti per la pulizia
infiammabili adeguatamente stoccati non è considerata significativa

Nel caso di attività soggetta e senza


valutazione del progetto devono essere
obbligatoriamente impiegati almeno i valori
di δ α riportati nella tabella successiva
PROFILO DI RISCHIO BENI
RTV – G.3

L’attribuzione del Rischio beni è effettuata per l’intera attività ed è funzione del
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo G.3

carattere strategico dell’opera e dell’eventuale valore storico, culturale, artistico,…

Tabella G.3-6
D.M. 3 agosto 2015

PROFILO DI RISCHIO AMBIENTE


RTV – G.3

Il Rischio Ambiente nelle attività di tipo civile può essere considerato trascurabile e
può ritenersi mitigato dall’applicazione delle misure antincendio connesse ai profili
di Rvita e Rbeni, che consentono, in genere, di considerare non significativo tale
rischio.
Strategia Antincendio
RTV – V.14.4

1. Devono essere applicate tutte le misure della RTO attribuendo i livelli di


prestazione secondo i criteri in esse definite + indicazioni complementari

2. Devono essere applicate le prescrizioni dei capitoli V1 (Aree a rischio specifico)


e ove pertinenti, le prescrizioni delle altre regole tecniche verticali

3. Devono essere applicate le prescrizioni del capitolo V.13 in merito alle


chiusure d’ambito degli edifici civili

3. Nella RTV sono riportate le indicazioni complementari o sostitutive delle


soluzioni conformi previste dai corrispondenti livelli di prestazione della RTO
REAZIONE AL FUOCO
Strategia n.1 – V.14.4.1

La reazione al fuoco è una misura antincendio di protezione passiva con l'obiettivo di limitare
l'innesco dei materiali e la propagazione stessa dell'incendio. Essa si riferisce al
comportamento al fuoco dei materiali nelle effettive condizioni finali di applicazione, con
particolare riguardo al grado di partecipazione all'incendio che essi manifestano in
condizioni standardizzate di prova.

« La RTV nelle aree TA non richiede requisiti minimi di


reazione al fuoco»
REAZIONE AL FUOCO
Strategia n.1 – V.14.4.1

« Nelle vie di esodo verticali, percorsi d’esodo (corridoi, atri, filtri, …)


e spazi calmi, materiali appartenenti almeno al gruppo GM2 di
reazione al fuoco (capitolo S.1) »

« Nelle vie di esodo verticali, percorsi d’esodo (corridoi, atri, filtri, …)


e spazi calmi di edifici tipo HE ed HF, materiali appartenenti
almeno al gruppo GM1 di reazione al fuoco (capitolo S.1) »

« Ad esclusione degli edifici di tipo HE e HF, è ammesso l’uso di


materiali appartenenti al gruppo GM3, nei perscorsi d’esodo di
edifici ove il livello di prestazione per la rilevazione ed allarme sia
incrementato di un livello»
GRUPPI DI MATERIALI
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.1 – Reazione al Fuoco
RTV – S.1.5

Per semplificare l’impiego e la verifica delle


classi europee il codice prevede Gruppi di
Materiali – GMO, GM1, GM2, GM3, GM4, molto
simili alle classi italiane
D.M. 3 agosto 2015

Aree «TA»
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.1 – Reazione al Fuoco
Nelle vie di esodo, percorsi di esodo, --- devono essere impiegati materiali
almeno appartenenti al gruppo GM1 (HE e HF) e gruppo GM2 (altri)

Gruppi di arredamento ….
D.M. 3 agosto 2015
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.1 – Reazione al Fuoco
Nelle vie di esodo, percorsi di esodo, --- devono essere impiegati materiali
almeno appartenenti al gruppo GM1 (HE e HF) e gruppo GM2 (altri)

Rivestimento….
D.M. 3 agosto 2015

Tabella S.1-6: gruppi di materiali per rivestimento e


completamento
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.1 – Reazione al Fuoco
Nelle vie di esodo, percorsi di esodo, --- devono essere impiegati materiali
almeno appartenenti al gruppo GM1 (HE e HF) e gruppo GM2 (altri)

Isolamento
D.M. 3 agosto 2015
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.1 – Reazione al Fuoco
Nelle vie di esodo, percorsi di esodo, --- devono essere impiegati materiali
almeno appartenenti al gruppo GM1 (HE e HF) e gruppo GM2 (altri)

Materiali per Impianti


D.M. 3 agosto 2015
Edifici Civili
Caratteristiche costruttive
2.1 Comportamento al fuoco – Reazione al fuoco
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

Per la reazione al fuoco dei materiali, si fa riferimento al Decreto Ministeriale 26 giugno 1984

Per i prodotti da costruzione si applicano le disposizioni


contenute nel D.M. 10/03/05 e nel D.M. 15/03/05 che
recepiscono il sistema europeo di classificazione.
Edifici Civili
2.7 Scale, androni e passaggi comuni – reazione al Caratteristiche costruttive
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

fuoco dei materiali


Le scale ed i gradini per gli androni e passaggi comuni devono essere realizzati con materiali di classe 0.
Sono ammessi materiali di rivestimento di classe 1, per androni e passaggi comuni e, limitatamente agli edifici
di tipo ”a“ e di tipo ”b“, anche per i rivestimenti delle scale e gradini.
Non sono soggetti a tali prescrizioni le scale e i passaggi ubicati all'interno della stessa unità
immobiliare.

Nota prot. n. P1560/4122 sott. 54 del 7-12-1998


Negli edifici a destinazione mista in cui siano presenti ai vari piani oltre ad appartamenti di civile
abitazione, anche locali adibiti ad uffici, studi professionali ed altre attività lavorative compatibili con
la destinazione d’uso dell’edificio, le vie di uscita comuni devono essere conformi alle norme di
sicurezza dei luoghi di lavoro. Ciò premesso ne consegue che il sistema di apertura dei portoni
con-dominiali, di ingresso all’edificio, deve conformarsi ai criteri stabiliti al punto 3.10 dell’allegato
III al D.M. 10 marzo 1998.
RESISTENZA AL FUOCO
Strategia n.2 – V.14.4.2

Ad integrazione di quanto indicato nel capitolo S.2 del codice, vale quanto prescritto
al paragrafo V.14.4.2 del D.M. 19/05/2022, in particolare:

1. La classe di resistenza al fuoco dei compartimenti, (capitolo S.2) non può


essere comunque inferiore a quanto previsto in tabella V.14-1.

Tabella V.14-1: Classe minima di resistenza al fuoco


Approfondimenti di Prevenzione Incendi
S.2 – Resistenza al fuoco

Tabella S.2-2 – Criteri di attribuzione dei livelli di prestazione


Criteri di attribuzione
LIVELLI DI PRESTAZIONE
SOLUZIONI CONFORMI PER IL LIVELLO DI PRESTAZIONE III
Criteri di attribuzione

✓ Le prestazioni di resistenza al fuoco saranno verificate in base agli incendi


convenzionali di progetto specificati al paragrafo S.2.5. in particolare tutte le
certificazioni di resistenza al fuoco delle strutture portanti e separanti saranno
Approfondimenti di Prevenzione Incendi

prodotte con riferimento al D.M. 16/02/2007, con riferimento alla curva


standard.
S.2 – Resistenza al fuoco

✓ La classe minima di resistenza al fuoco è ricavata per compartimento in


relazione al carico di incendio specifico qfd
Tabella S.2-3 – Classe minima di
Resistenza al fuoco
Edifici Civili
Caratteristiche costruttive
2.1 Comportamento al fuoco – Resistenza al fuoco
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

I requisiti di resistenza al fuoco degli elementi strutturali vanno valutati secondo le prescrizioni e le modalità di
prova stabilite nella circolare del Ministero dell'Interno n. 91 del 14 settembre 1961, (D.M. 09/03/2007)
Per le strutture di pertinenza delle aree a rischio specifico devono applicarsi le disposizioni emanate nelle relative
normative..;

Tipo edificio Altezza antincendi D.M. 16/05/1987 D.M. 22/02/2006


Civile abitazione Uffici

a da 12 a 24 m R e REI/EI 60 R e REI/EI 60

HC b da oltre 24 a 32 m R e REI/EI 60 R e REI/EI 90

HD c da oltre 32 a 54 m R e REI/EI 90 R e REI/EI 90

HE d da oltre 54 a 80 m R e REI/EI 90 R e REI/EI 120

HF e oltre 80 m R e REI/EI 120 R e REI/EI 120

Osservazione
Nella tabella è evidenziato in rosso come i D.M. 22/02/2006 riporti valori della classe di resistenza al fuoco delle strutture portanti
e/o separanti maggiore di quanto previsto dal presente decreto. Nell’ottica di flessibilità e convertibilità degli spazi è quindi
ragionevole seguire il dettato del D.M. 22/02/2006
COMPARTIMENTAZIONE
Strategia n.3 – V.14.4.3

Ad integrazione di quanto indicato nel capitolo S.3 del codice, vale quanto prescritto
al paragrafo V.14.4.3 del D.M. 19/05/2022, in particolare:

1. Sono ammessi compartimenti multipiano per piani con quota > 5m e ≤ 12m.

2. Sono ammessi compartimenti multipiano per piani con quota > 12m e ≤ 32m con
massimo dislivello tra i piani minore o uguale a 7 m.

3. Le aree dell’attività con caratteristiche di compartimentazione (cap.S.3) previste in


tab. V.14-2.

Tabella V.14-2: Compartimentazione


Approfondimenti di Prevenzione Incendi
S.3.6.1 – RTO D.M. 15/08/2015
Tabella S.3 -4

Massima superficie lorda dei compartimenti in mq


S.3.6.1 – Regole Generali

Compartimenti multipiano
Approfondimenti di Prevenzione Incendi

E’ ammessa la presenza di compartimenti multipiano alle condizioni


indicate al paragrafo S.3.6.2
S.3.6.1 – RTO D.M. 15/08/2015

Condizioni per la realizzazione di


compartimenti multipiano
Tabella S.3-7
Approfondimenti di Prevenzione Incendi
S.3.6.1 – RTO D.M. 15/08/2015
Tabella S.3 -4

Esempi di compartimenti multipiano


Tabella A
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

(*) Con un minimo di 2 scale per ogni edificio. Sulla copertura dell'edificio deve essere prevista una area per l'atterraggio ed il
decollo degli elicotteri di soccorso raggiungibile da ogni scala.
(**) Solo per gli elementi di suddivisione tra i compartimenti.
Camini di ventilazione
Elemento caratterizzante del D.M. 16/05/1987 è la precisazione sulla superficie
minima della sezione delle canne di ventilazione dei filtri a prova di fumo, in
particolare come questa debba essere superiore a 0.36 mq per edifici di altezza
antincendi > 80 m.
Tale dettaglio deve rendere consapevole il progettista del fatto che il D.M.
30/11/1983, riferendosi ai camini di ventilazione, parli di sezione adeguata e
comunque non inferiore a 0.1 mq.

Tipo di edificio Altezza antincendio D.M. 22/02/2006 D.M. 16/05/1987

Resistenza al fuoco Sezione minima dei


camini
a da 12 a 24 m R e REI/EI 60 0.1 mq (0.35*0.30)

b da oltre 24 a 32 m R e REI/EI 90 0.1 mq (0.35*0.30)

c da oltre 32 a 54 m R e REI/EI 90 0.1 mq (0.35*0.30)

d da oltre 54 a 80 m R e REI/EI 120 0.36 mq (0.60*0.60)

e oltre 80 m R e REI/EI 120 0.36 mq (0.60*0.60)


Edifici Civili
2.2 SCELTA DELL’AREA – Accesso all’area Caratteristiche costruttive
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

Gli accessi all'area ove sorgono gli edifici oggetto delle presenti norme devono avere i seguenti
requisiti minimi:
1. Larghezza: ≥ 3.50 m
2. Altezza libera: ≥ 4 m
3. Raggio di svolta: ≥ 13 m
4. Pendenza: ≤ 10%
5. Resistenza al carico: ≥ 20 t. (8 sull’asse anteriore, 12 sull’asse posteriore, passo 4 m)
Edifici Civili
2.2 SCELTA DELL’AREA – Accostamento autoscale Caratteristiche costruttive
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

Per gli edifici di tipo ”a“ e ”b“ deve essere assicurata la


possibilità di accostamento delle auto-scale dei vigili
del fuoco, sviluppate come da schema allegato, almeno ad
una qualsiasi finestra o balcone di ogni piano.
Qualora tale requisito non sia soddisfatto:
1. gli edifici del tipo ”a“ devono essere dotati almeno di scale
protette
2. gli edifici di tipo ”b“ almeno di scale a prova di fumo
interne

Nota Prot. N. P891/4101 sott. 106/33 del 26/07/2000


In presenza di un edificio con più vani scala, non comunicanti fra loro, l’accostamento dell’autoscala VV.F. deve
essere garantito almeno ad una finestra o un balcone di ogni piano appartenente alla verticale servita da
ciascun vano scala
Edifici Civili
2.3 COMPARTIMENTAZIONE Caratteristiche costruttive
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

Gli edifici devono essere suddivisi in compartimenti anche costituiti da più piani, di superficie non eccedente
quella indicata nella tabella A.
Gli elementi costruttivi di suddivisione tra i compartimenti devono soddisfare i requisiti di resi-stenza al fuoco
indicati in tabella A.

2.4 SCALE
Le caratteristiche di resistenza al fuoco dei vani scala sono quelle previste nella
tabella A.
Negli edifici di tipo ”a“, di tipo ”b“, di tipo ”c“, la larghezza minima delle scale
deve essere di 1.05 m, negli edifici di tipo ”d“ e di tipo ”e“ la larghezza
minima delle scale deve essere di 1.20 m
Le rampe devono preferibilmente essere rettilinee; sono ammesse rampe non rettilinee a condizione che vi
siano pianerottoli di riposo e che la pedata del gradino sia almeno 30 cm misurata a 40 cm dal montante centrale
o dal parapetto interno.
Il vano scala deve avere superficie netta di aerazione permanente in sommità non inferiore ad 1 mq. Nel
vano di areazione è consentita l'installazione di dispositivi per la protezione dagli agenti atmosferici.
Il tipo e il numero delle scale sono stabilite in funzione della superficie lorda di ogni piano e del tipo di edificio
(vedi Tabella A)
Tipologie scale
Scale rettilinee:
❑ Non meno di tre gradini a rampa e non
più di quindici;
❑ Alzata e pedata costante,
rispettivamente non superiore a 17 cm
e non inferiore a 30 cm;

Scale non rettilinee


❑ Pianerottoli di riposo ogni 15 gradini;
❑ Pedata del gradino sia almeno di 30 cm,
misurata a 40 cm dal montante centrale o dal
parapetto interno.
Nota prot. n. P1424/4122 sott. 67 del 24-12-2002

A fronte di situazioni che richiedono la necessità dell’installazione di un


Chiarimenti Applicativi - D.M. 16 maggio 1987 n.246

impianto ascensore e quest’ultimo non sia altrimenti realizzabile se non


esclusivamente all’interno del vano scala, si chiarisce che tale
installazione non deve comportare un’eccessiva diminuzione degli spazi
di transito.
Al riguardo, un utile riferimento per il dimensionamento al minimo delle
scale, può senz’altro essere costituito dal D.Lgs n° 626/94, così come
modificato dal D.L.gs. n° 242/96, che stabilisce in m. 0,80 la larghezza
minima di porte e portoni degli ambienti di lavoro.

Nota prot. n. P118/4135 sott. 5 del 17-02-2003

Il taglio della scala per l'installazione di impianti ascensore in


edifici per civile abitazione preesistenti, motivati
dall’esigenza di adeguare gli stabili alle norme per il
superamento delle barriere architetto-niche, non è da
considerarsi come intervento di rifacimento strutturale.
Edifici Civili
2.5 Ascensori Caratteristiche costruttive
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

Il vano di corsa dell'ascensore deve avere le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco


del vano scala (vedi tabella A) e deve essere conforme alle specifiche disposizioni vigenti

Osservazione
Gli impianti di sollevamento di persone e cose per mezzo di ascensori, montacarichi,
di scale mobili e simili sono impianti soggetti al D.M. 22/01/2008, n.37, recante “
Regolamento concernente l’attuazione dell’art.11-quaterdecies, comma 13, lettera a)
della legge n.248 del 02/12/2005, recante il riordino degli impianti all’interno degli
edifici” che abroga e sostituisce la legge 05 marzo 1990 n.46.
L’applicazione di detta normativa ha come punto essenziale la produzione di una
specifica dichiarazione di conformità degli impianti.
Gli ascensori e montacarichi sono disciplinati dal D.M. 15/09/2005 recante
“Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di
sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi”.
Edifici Civili
2.5.1 Locale Macchine Caratteristiche costruttive
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

Il locale macchine deve essere separato dagli altri ambienti


dell'edificio con strutture di resistenza al fuoco equivalente
a quella del vano corsa

L'accesso al locale macchine deve avere le stesse


caratteristiche del vano corsa; qualora il locale macchine sia
ubicato su terrazzo, l'accesso può avvenire anche attraverso
vano munito di porta metallica.

superficie netta di aerazione permanente non inferiore al


3% della superficie del pavimento, con un minimo di 0,05
m2
Edifici Civili
Caratteristiche costruttive
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

2.6 Comunicazioni

Per le comunicazioni con le aree a rischio specifico devono applicarsi le disposizioni emanate con le relative
normative.
Sono consentite le comunicazioni tra scale, ascensori e locali cantinati pertinenti le abitazioni dell'edificio
secondo quanto indicato nella tabella B.

Tipo di edificio Tipo di comunicazione

a Diretta

b Tramite disimpegno con pareti REI 60 e porte


REI 60

c Tramite filtro a prova di fumo con pareti e


porte REI 60

d, e Accesso diretto esclusivamente da spazio


scoperto
Edifici Civili
3. – Aree a rischio specifico Rischio specifico
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

Per le aree a rischio specifico pertinenti gli edifici (autorimesse, locali di esposizione o vendita, depositi di
materiali combustibili, ecc.) valgono le disposizioni in vigore.

1 – AUTORIMESSE
D.M. 01/02/1986 – Norme di sicurezza antincendi per la
costruzione e l’esercizio di autorimesse e simili

2 – LOCALI ESPOSIZIONE E VENDITA > 400 mq


D.M. 27/07/2010 – Approvazione della regola tecnica di
prevenzione incendi per la progettazione, costruzione e esercizio
delle attività commerciali con S > 400 mq.

3 – DEPOSITI DI MATERIALE COMBUSTIBILE


Sono attività che non dispongono allo stato di una regola tecnica,
quindi si effettua una valutazione del rischio.
Edifici Civili
Rischio specifico
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246
4. – Impianti di produzione del calore

Per gli impianti di produzione di calore devono essere osservate le norme vigenti oltre a quanto indicato nella
tabella C
Lettera Circolare Ministero dell’Interno 22/12/1987 n.24648/4122
Le disposizioni contenute nella tabella C dell'art. 4 del D.M. sono riferite agli impianti di produzione
Chiarimenti Applicativi - Impianti di produzione calore

di calore aventi potenzialità superiore a 30.000 Kcal/h. Restano ovviamente valide le disposi-
zioni contenute nella legge 6 dicembre 1971, n. 1083.

Attualmente le regole tecniche in vigore sono:


P > a 35 KW
1. D.M. 12/04/1996 - “Approvazione della regola tecnica di
prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione
e l’esercizio degli impianti termici alimentati da
combustibili gassosi”
2. D.M. 28/04/2005 - “ Approvazione della regola tecnica di
prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione
e l’esercizio degli impianti termici alimentati da
combustibili liquidi”
P < a 35 KW
✓ UNI 7129 per impianti a metano
✓ UNI 7131 per impianti a GPL
ESODO
Strategia n.4 – V.14.4.4

1. Ad integrazione di quanto indicato nel capitolo S.4 del codice, l’affollamento max
può essere determinato anche in relazione ad altre disposizioni legislative e
regolamentari inerenti a requisiti igienico-sanitari dei locali a disposizione.
Tabella S.4-12: Densità di affollamento per
tipologia di attività
ESODO
Strategia n.4 – V.14.4.4

2. Per piani a quota > 32 m o < -5 m devono essere previste due vie di esodo
indipendenti.

3. Oltre a quanto previsto al capitolo S.4, è ammesso omettere dalla verifica delle
condizioni di corridoio cieco, la porzione di corridoio cieco continua e finale, avente
caratteristiche di filtro e massima lunghezza omessa Lom pari a 135 m.

Ad esempio:

se un edificio è servito da una sola scala d’esodo, questa deve rispettare le condizioni
previste per il corridoio cieco (capitolo S.4).

Qualora non siano rispettate tali condizioni, si rammenta la possibilità di ricorrere a


soluzioni alternative, ad esempio prevedendo scale d’esodo a prova di fumo, nonché
rivelazione e allarme.
S.4.8 – Progettazione del sistema d’esodo
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.4 – Esodo

Vie d’esodo ed uscite indipendenti

Vie d’esodo o uscite indipendenti ➔ minimizzata la probabilità che possano


essere contemporaneamente rese indisponibili dagli effetti dell’incendio
D.M. 3 agosto 2015

Numero minimo di uscite Funzione di Rvita e


indipendenti dell’affollamento

Tabella S.4-15: Numero minimo di uscite indipendenti da locale o spazio a cielo libero
S.4.8 – Progettazione del sistema d’esodo
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.4 – Esodo

Determinazione dell’indipendenza tra vie d’esodo orizzontali e tra uscite

1. Si considerano indipendenti coppie di vie d’esodo orizzontali per le quali:


a) l’angolo formato dai percorsi rettilinei sia ≥ 45°;

a) tra i percorsi esista separazione di adeguata resistenza al fuoco a tutta altezza


con caratteristiche di resistenza al fuoco non inferiori a EI 30.
D.M. 3 agosto 2015
S.4.8 – Progettazione del sistema d’esodo
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.4 – Esodo

Vie d’esodo verticali indipendenti


1.Coppie di vie d’esodo verticali se inserite in compartimenti distinti, oppure
almeno una sia via d’esodo esterna
2. Coppie di vie d’esodo verticali non protette, inserite nello stesso compartimento,
alle seguenti condizioni:
• Ciascuna sia impiegata da non più di 100 occupanti,
D.M. 3 agosto 2015

• Nessun piano servito a quota inferiore a -1m,


• Nei percorsi collegati a monte e da valle non vi sia corridoio cieco.
3. Coppie di vie d’esodo verticali non protette che colleghino diversi piani di uno
stesso locale a gradoni o inclinato, a condizione che le vie d’esodo ad esse
collegate a valle siano indipendenti.
S.4.8 – Progettazione del sistema d’esodo
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.4 – Esodo

Corridoio cieco (o percorso unidirezionale):


Capitolo G.1 – Termini e
Definizioni – G.1.9
porzione di via d’esodo da cui è possibile l’esodo in un’unica direzione.
Lunghezza di corridoio cieco:
distanza che ciascun occupante deve percorrere lungo una via d’esodo dal punto in cui si trova
fino a raggiungere:
• un punto in cui diventa possibile l’esodo in più di una direzione,
D.M. 3 agosto 2015

• oppure un luogo sicuro.

Dall’ambito servito, il corridoio cieco offre agli occupanti una


sola via d’esodo senza alternative (da evitare per quanto
possibile percorsi unidirezionali).

La lunghezza di corridoio cieco è valutata con il metodo


del filo teso senza tenere conto degli arredi mobili.
S.4.8 – Progettazione del sistema d’esodo
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.4 – Esodo

a) per limitare il numero degli occupanti eventualmente bloccati


Condizioni per i
corridoi ciechi
dall’incendio, l’affollamento complessivo degli ambiti serviti dal corridoio
cieco non deve superare i valori massimi previsti nella tabella S.4-18,
b) per limitare la probabilità che gli occupanti siano bloccati dall’incendio, la
lunghezza del corridoio cieco non deve superare i valori massimi Lcc
D.M. 3 agosto 2015

della tabella S.4-18.


Porzione di corridoio cieco omessa
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.4 – Esodo

In relazione alla maggiore protezione offerta, è ammesso omettere dalla


verifica delle condizioni della tabella S.4-18 la porzione di corridoio cieco
continua e finale, avente una delle caratteristiche della tabella S.4-20.

La porzione omessa è finale perché termina nel punto dove diventano


D.M. 3 agosto 2015

disponibili almeno due vie d’esodo indipendenti o direttamente in


luogo sicuro.
Esempio di omissione di porzione
di corridoio cieco con protezione
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.4 – Esodo
D.M. 3 agosto 2015

La lunghezza della scala è misurata con il metodo del filo teso. Generalmente negli edifici civili la
lunghezza della scala per un singolo piano è pari a circa 12,50 m.
Lunghezza d’esodo:

Capitolo G.1 – Termini e


Definizioni – G.1.9
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.4 – Esodo

distanza che ciascun occupante deve percorrere lungo una via d’esodo dal punto in cui si trova fino
a raggiungere un luogo sicuro temporaneo oppure un luogo sicuro.

La lunghezza d’esodo è valutata con il metodo del filo teso senza tenere conto degli arredi
mobili.
D.M. 3 agosto 2015

È ammesso omettere dalla verifica della lunghezza d’esodo di cui al comma 1 le


vie d’esodo verticali con caratteristiche di filtro e le vie d’esodo esterne, poiché si
ritiene improbabile che vi si inneschi un incendio.
GESTIONE DELLA SICUREZZA
ANTINCENDIO
Strategia n.5 – V.14.4.5

1. Devono essere adottate almeno le misure indicate nel presente paragrafo, in


sostituzione alle misure conformi previste nel cap.S.5 per tutti i livelli di prestazione.
Capitolo S.5 – Gestione della Sicurezza
Codice di Prevenzione Incendi –

D.M. 3 agosto 2015


GESTIONE DELLA SICUREZZA
ANTINCENDIO
V.14.4.5.1 COMPITI E FUNZIONI

Il Responsabile dell’attività organizza la GSA.


GESTIONE DELLA SICUREZZA
ANTINCENDIO
V.14.4.5.1 COMPITI E FUNZIONI

Negli edifici di tipo HE (≤ 80 m) e HF, oltre a quanto previsto nel punto


precedente, il responsabile dell’attività designa uno o più
coordinatori dell’emergenza e comunica loro le informazione contenute
nella pianificazione d’emergenza.

I coordinatori dell’emergenza devono essere formati come


ADDETTI ANTINCENDIO
(sovrintendono all’attuazione della pianificazione dell’emergenza e alle
misure di evacuazione interfacciandosi con i soccorsi)

Negli edifici di tipo HF, oltre a quanto previsto nel punto precedente, il
responsabile dell’attività predispone ed organizza il «Centro di
gestione delle emergenze (V.14.4.5.5)
GESTIONE DELLA SICUREZZA
ANTINCENDIO
V.14.4.5.1 COMPITI E FUNZIONI

In condizioni ordinarie gli OCCUPANTI osservano le disposizioni


della GSA, in particolare:

In condizioni d’emergenza, GLI OCCUPANTI


attuano quanto previsto nella pianificazione di
emergenza, in particolare le procedure di
allarme e di evacuazione
GESTIONE DELLA SICUREZZA
ANTINCENDIO
V.14.4.5.2 MISURE PREVENTIVE

Le misure preventive che devono essere attuate consistono:


GESTIONE DELLA SICUREZZA
ANTINCENDIO
V.14.4.5.3 PIANIFICAZIONE D’EMERGENZA

La pianificazione d’emergenza deve riguardare almeno:

Per gli edifici HF si deve prevedere l’attuazione del


CENTRO DI GESTIONE DELLE EMERGENZE
GESTIONE DELLA SICUREZZA
ANTINCENDIO
V.14.4.5.4
PREPARAZIONE ALL’EMERGENZA IN ATTIVITA’ CARATTERIZZATE
DA PROMISCUITA’ STRUTTURALE, IMPIANTISTICA E DI ESODO

Qualora le attività caratterizzate da promiscuità strutturale,


impiantistica e di esodo sono esercite da responsabili dell’attività
diversi

La PIANIFICAZIONE D’EMERGENZA delle sigole attività


deve tener conto di eventuali INTERFERENZE o
RELAZIONI con le attività limitrofe.

Deve essere prevista una Pianificazione d’Emergenza di sito in cui siano


descritte le procedure di risposta all’emergenza per le parti comuni e
per le eventuali interferenze tra le attività ai fini della sicurezza antincendio
GESTIONE DELLA SICUREZZA
ANTINCENDIO
V.14.4.5.5 CENTRO DI GESTIONE DELLE EMERGENZE

Ai fini del necessario coordinamento delle operazioni da affrontare in


EDIFICI HF in situazioni di emergenza, deve essere predisposto un
apposito centro di gestione delle emergenze.

il centro di gestione delle emergenze può eventualmente coincidere con il locale


portineria, reception, centralino, ecc.. se di caratteristiche idonee.
il centro di gestione delle emergenze deve essere previsto in apposito locale
 costituente compartimento antincendio,
 dotato di accesso diretto dall’esterno.

Il centro deve essere dotato di strumenti idonei per ricevere e trasmettere comunicazioni agli addetti al servizio antincendio, alle aree
della struttura ed all’esterno.
Caratteristiche e

All’interno
 devono essere installate le centrali di controllo e segnalazione degli incendi nonché di attivazione degli impianti di spegnimento
dotazioni

automatico e quanto altro ritenuto necessario alla gestione delle emergenze;


 devono essere custodite le planimetrie dell’intera struttura;
 gli schemi funzionali degli impianti tecnici con l’indicazione dei dispositivi di arresto;
 il piano di emergenza;
 l’elenco completo del personale;
 i numeri telefonici necessari in caso di emergenza, ecc.
CONTROLLO DELL’INCENDIO
Strategia n.6 – V.14.4.6

1. In relazione al tipo delle aree presenti, l’attività, ad esclusione delle aree TA, deve
essere dotata di misure di controllo dell’incendio (capitolo S.6) secondo i livelli di
prestazione della tabella V.14-3
Tabella
V.14-3
Tabella
V.14-4

Per consentire la pronta estinzione di piccoli focolai domestici può essere


consigliato agli occupanti l’uso di COPERTE ANTINCENDIO (tipo UNI EN 1869)
Edifici Civili
5. – Impianti elettrici Rischio specifico
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

Gli impianti elettrici devono essere realizzati in conformità alla legge n. 186/1968 e nella legge 5 marzo 1990,
n. 46 ( legge 22/01/2008 n.37)
In particolare, ai fini della prevenzione degli incendi, gli impianti elettrici:

1. non devono costituire causa primaria di incendio o esplosione;


2. non devono fornire alimento o via privilegiata di propagazione incendi;
3. devono essere suddivisi in modo che un eventuale guasto non provochi la messa fuori servizio dell'intero sistema;
4. devono disporre di apparecchi di manovra ubicati in “posizione protetta” con riportate chiare indicazioni a cui si
riferiscono;
5. il quadro elettrico generale deve essere ubicato in posizione facilmente accessibile, segnalata e protetta
dall’incendio;
6. non debbono costituire pericolo durante le operazioni di spegnimento incendio;

Negli edifici di tipo ”c“, ”d“, ”e“, deve essere installato un sistema di illuminazione di
sicurezza, che deve garantire un'affidabile illuminazione e la segnalazione delle vie di esodo.
Esso deve avere alimentazione autonoma, centralizzata o localizzata che, per durata e livello di
illuminamento, consenta un ordinato sfollamento.
Edifici Civili
6. – Impiego gas combustibili Rischio specifico
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

Le condutture principali dei gas combustibili devono essere


esterne al fabbricato ed a vista.
Sono ammessi attraversamenti di locali purché le tubazioni
siano poste in guaina metallica aperta alle due estremità
comunicante con l'esterno e di diametro superiore di almeno 2
cm rispetto al diametro della tubazione interna.

Lettera Circolare prot. N. 14795/4101 del 26/07/1988


Si definiscono “condutture principali” le tubazioni al servizio comune delle utenze dell’edificio alimentato
dall’impianto gas, cioè le sottocolonne e le colonne montanti. È consentita l’installazione delle condutture principali
all’interno dell’edificio in apposito alloggiamento il quale:
a) sia ad esclusivo servizio dell’impianto gas; b) abbia le pareti impermeabili ai gas; c) sia permanentemente aerato
con aperture alle due estremità; l’apertura di aerazione alla quota più bassa deve essere provvista di rete tagliafiamma
e, nel caso di gas con densità superiore a 0,8, deve essere ubicata ad una quota superiore al piano di campagna ad
una distanza, misurata orizzontalmente, di almeno 10 m da altre aperture alla stessa quota o a quota inferiore; d) sia
dotato, ad ogni piano, di sportello di ispezione a tenuta di gas e di resistenza al fuoco almeno REI 30.
L’alloggiamento suddetto può essere destinato a contenere anche i misuratori per l’utenza dei vari piani del fabbricato.
Edifici Civili
Rischio specifico
7. – Impianti antincendio
Edifici di civile abitazione – D.M. 16 maggio 1987, n.246

Gli edifici di tipo ”b“, ”c“, ”d“, ”e“, devono essere dotati di reti idranti conformi a quanto
di seguito riportato.
Rete di tubazioni
Almeno una colonna montante in ciascun vano scala, derivata ad ogni piano;
Almeno un’idrante o naspo collocati ad ogni piano in prossimità degli accessi o nei filtri a prova di fumo qualora
la scala sia a filtro;
Idoneo attacco di mandata autopompa VV.F. al piede di ogni colonna montante.
Caratteristiche idrauliche
Portata per ciascuna colonna montante 360 l/min con funz. contemporaneo di almeno 2 colonne
Ai 3 idranti in posizione idraulicamente più sfavorevole:
▪ Portata ≥ 120 l/min
▪ Pressione ≥ 1.5 bar
▪ Autonomia ≥ 60 min

Qualora l'acquedotto non garantisca le condizioni di cui al punto precedente dovrà essere installata idonea riserva
idrica costantemente piena.
Per gli edifici di tipo ”d“, ”e“, i gruppi di pompaggio della rete antincendio devono essere costituiti da due
pompe, una di riserva all'altra, alimentate da fonti di energia indipendenti (ad esempio elettropompa e motopompa
RIVELAZIONE ED ALLARME
Strategia n.7 – V.14.4.7

1. Le aree dell’attività devono essere dotate di misure di rivelazione ed allarme


incendio (capitolo S.7) secondo i livelli di prestazione della tabella V.14-5
Tabella V.14-5

2. Per gli edifici HF deve essere previsto anche il sistema EVAC (capitolo S.7)

3. Nelle aree TA degli edifici HE e HF, ove non presente IRAI, devono essere previsti
rivelatori autonomi di fumo con avvisatore acustico

In tutti gli altri edifici, può essere consigliato di installare rivelatori atonomi
di fumo con avvisatore acustico (UNI EN 14604 e UNI 11497)
CONTROLLO DELL’INCENDIO
Strategia n.8 – non presente nella V.14

Ha come scopo l'individuazione dei presidi antincendio da installare nell'attività per


consentire il controllo, l'evacuazione o lo smaltimento dei prodotti della combustione in
caso di incendio:
1. aperture di smaltimento di fumo e calore d'emergenza per allontanare i
prodotti della combustione durante le operazioni di estinzione dell'incendio
da parte delle squadre di soccorso;
2. sistemi per l'evacuazione di fumo e calore (SEFC) per l'evacuazione
controllata dei prodotti della combustione durante tutte le fasi dell'incendio.

LO SMALTIMENTO DI FUMO E CALORE


NON VA CONFUSO
CON IL SISTEMA DI EVACUAZIONE DI FUMO E CALORE.
LE RISPETTIVE FUNZIONI SONO COMPLETAMENTE
DIFFERENTI
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.6 – Controllo dell’incendio
D.M. 3 agosto 2015
LIVELLI DI PRESTAZIONE
Criteri di attribuzione – S.8 D.M. 3 agosto 2015
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.6 – Controllo di fumi e calore
Soluzioni conformi livello di prestazione II

1 Per ogni piano e locale del compartimento deve essere prevista la possibilità
aperture di smaltimento di effettuare lo smaltimento di fumo e calore d’emergenza.
Realizzazione delle
D.M. 3 agosto 2015

aperture di smaltimento
Dimensionamento delle
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.6 – Controllo di fumi e calore
Soluzioni conformi livello di prestazione II

2 Le aperture di areazione dovrebbero essere distribuite uniformemente nella


porzione superiore di tutti i locali.
D.M. 3 agosto 2015

roffset= 20m per tutte le tipologie di aperture di smaltimento

roffset= 30m per le sole aperture di smaltimento SEa, SEb e SEc


OPERATIVITA’ ANTINCENDIO
Strategia n.9 – V.14.4.8

1. Per edifici di tipo HE e HF deve essere previsto il livello di prestazione IV per


l’operatività antincendio

Ha come scopo di rendere


possibile l'effettuazione di
interventi di soccorso dei
Vigili del fuoco in tutte le
attività.
Garantendo la sicurezza dei
soccorritori.
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.6 – Controllo di fumi e calore
Soluzioni conformi livello di prestazione II

1 Permanentemente assicurata la possibilità di avvicinamento dei mezzi di


soccorso antincendio ai piani di riferimento dei compartimenti.

Distanza dei mezzi di soccorso dagli


D.M. 3 agosto 2015

accessi non superiore a 50 m

2 Per attività progettate con livelli di prestazione I o II di resistenza al fuoco, la


distanza non dovrà essere inferiore alla massima altezza dell’opera

Distanza segnalata con un cartello UNI EN ISO 7010-M001


riportante il messaggio:
«costruzione progettata per livello di prestazione di resistenza al fuoco
inferiore a III»
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.6 – Controllo di fumi e calore
Soluzioni conformi livello di prestazione II

1 Permanentemente assicurata la possibilità di avvicinamento dei mezzi di


soccorso antincendio ai piani di riferimento dei compartimenti.

Distanza dei mezzi di soccorso dagli


D.M. 3 agosto 2015

accessi non superiore a 50 m

2 Per attività progettate con livelli di prestazione I o II di resistenza al fuoco, la


distanza non dovrà essere inferiore alla massima altezza dell’opera

Distanza segnalata con un cartello UNI EN ISO 7010-M001


riportante il messaggio:
«costruzione progettata per livello di prestazione di resistenza al fuoco
inferiore a III»
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.6 – Controllo di fumi e calore
Soluzioni conformi livello di prestazione III

1 Rispettate le prescrizioni per il livello II.

2 In assenza della protezione interna della rete idranti, deve essere prevista la
colonna a secco
D.M. 3 agosto 2015

3 In assenza della protezione esterna della rete idranti, deve essere disponibile
almeno un idrante, collegato alla rete pubblica raggiungibile con un percorso
massimo di 500 m dai confini dell’attività e dovrà assicurare un erogazione
minima di 300 l/min.
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.6 – Controllo di fumi e calore
Soluzioni conformi livello di prestazione IV

3 In funzione della geometria dell’attività, devono essere soddisfatte le


prescrizioni della tabella S.9-3.

4 Per consentire l’eventuale accesso dei soccorritori dall’alto, nelle attività con
massima quota > 54 m almeno una scala deve condurre ala piano di
D.M. 3 agosto 2015

copertura, qualora praticabile.


8. – NORME TRANSITORIE
Negli edifici esistenti, entro 5 anni dalla data di entrata in vigore delle presenti norme, devono
essere attuate le seguenti prescrizioni.

8.0. – Comunicazioni

Negli edifici di tipo ”b“, ”c“, ”d“, ”e“, sono ammesse le comunicazioni di cui al 2° comma del punto 2.6
attraverso porte REI 30, anche senza disimpegno, filtro a prova di fumo o accesso diretto da spazio scoperto.

Tipo di edificio Tipo di comunicazione

a Diretta
b Tramite disimpegno con pareti REI 60 e
porte REI 30
c Tramite filtro a prova di fumo con pareti e
porte REI 30
d, e Accesso diretto esclusivamente da spazio
scoperto
Edifici Civili
8.1. – Illuminazione di sicurezza Norme transitorie

Negli edifici di tipo ”c“, ”d“, ”e“, deve essere installato un sistema di illuminazione di sicurezza in conformità
con quanto specificato al punto 5.

8.2. – Impianti antincendio

Negli edifici di tipo ”c“, ”d“, ”e“, devono essere installati impianti antincendio fissi conformi al punto 7.
Restano tuttavia validi gli impianti già installati a condizione che siano sempre assicurate le prestazioni idrauliche
di cui al punto 7.

Chiarimento
Per gli edifici aventi altezza superiore a 24 metri e fino a 32 metri (edifici di tipo b), preesi-stenti alla data di entrata in vigore
del D.M. 16/5/1987, n. 246, sussiste l’obbligo di protezione con impianto idrico antincendio unicamente nel caso in cui
l’impianto stesso sia stato espressamente pre-visto all’atto dell’approvazione del progetto o del rilascio del certificato
di prevenzione incendi da parte del Comando provinciale VV.F.. In tale eventualità l’impianto deve assicurare le prestazioni
idrauliche risultanti dal progetto approvato o dal C.P.I. e deve essere mantenuto in efficienza secondo quanto previsto
all’articolo 5, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 37/1998.

Lettera Circolare prot. N.P1362/4122 sott.67 del 24/08/2004


Per gli edifici di tipo b, esistenti alla data di entrata in vigore del citato decreto ed esclusi dalla precedente fattispecie, non è
quindi prescritta l’installazione di impianti idrici antincendio di tipo fisso in quanto tale misura non è contemplata tra le
norme di adeguamento di cui al punto 8 dell’allegato al D.M. n. 246/1987
Gli edifici civili:
la gestione della sicurezza
D.M. 25 gennaio 2019
Modifiche ed integrazioni all’allegato del D.M. 16/05/1987 n.246
« … la regola tecnica di prevenzione incendi per le citate attività fornisce
misure esclusivamente di carattere tecnico, quali, ad esempio, resistenza
al fuoco delle strutture, rete idrica antincendio, caratteristiche di accesso
all’area per i soccorsi, nulla dicendo, invece, per quanto riguarda la
gestione della sicurezza antincendio, né in termini preventivi né in
fase di emergenza »

Art. 6 del D.P.R. 151/2011


Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività
DPR 151/2011

impone ai responsabili delle attività soggette i consueti obblighi gestionali di mantenere in


stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza
antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione
secondo le cadenze temporali che sono indicate dal Comando nel certificato di
prevenzione o all’atto del rilascio della ricevuta a seguito della presentazione della SCIA,
nonché di assicurare un’adeguata informazione sui rischi di incendio connessi con la
specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da
osservare per evitare l’insorgere di un incendio e sulle procedure da attuare in caso di
incendio
la nuova regola
tecnica introduce gli
obblighi gestionali in forma puntuale e strutturata
nonché,
per le attività non soggette (edifici civili
con altezza antincendio da 12 m sino a 24
m), individua misure gestionali facilmente
attuabili e non eccessivamente onerose, ma
comunque in grado di colmare
l’attuale vulnus normativo.
Art. 1
Modifiche ed integrazioni al decreto del Ministro dell'interno 16 maggio 1987, n. 246

Sostituisce il punto «9. Deroghe» e introduce, il punto «9-bis. Gestione della sicurezza
antincendio».

Le disposizioni contenute nell'allegato 1 si applicano agli edifici di civile abitazione di nuova


DECRETO 25 gennaio 2019

realizzazione ed a quelli esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto secondo le
modalità previste dall'art. 3.

Art. 2
Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici di civile abitazione

Limitare la probabilità di propagazione di un incendio originato all'interno dell'edificio, a causa


di fiamme o fumi caldi che fuoriescono da vani, aperture, cavità verticali della facciata …

limitare la probabilità di incendio di una facciata e la successiva propagazione dello stesso a


causa di un fuoco avente origine esterna (incendio in edificio adiacente oppure incendio a
livello stradale o alla base dell'edificio)
Può costituire un utile riferimento progettuale la guida tecnica
«Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili»
allegata alla lettera circolare n. 5043 del 15 aprile 2013 della
Direzione centrale per la prevenzione e sicurezza tecnica del
Dipartimento dei vigili del fuoco
DECRETO 25 gennaio 2019

Art. 2
Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici di civile abitazione

Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano agli edifici di civile abitazione di nuova realizza-
zione e per quelli esistenti che siano oggetto di interventi successivi alla data di entrata in
vigore del presente decreto comportanti la realizzazione o il rifacimento delle facciate per una
superficie superiore al 50% della superficie complessiva delle facciate.

non si applicano per gli edifici di civile abitazione per i quali alla data di entrata in vigore del
presente decreto siano stati pianificati, o siano in corso, lavori di realizzazione o di rifacimento
delle facciate sulla base di un progetto approvato dal competente Comando dei vigili del fuoco
o siano già in possesso degli atti abilitativi rilasciati dalle competenti autorità
Art. 3
Disposizioni transitorie e finali

Gli edifici di civile abitazione esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono
adeguati alle disposizioni dell'allegato 1 del presente decreto entro i seguenti termini:

a
DECRETO 25 gennaio 2019

due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto per le disposizioni riguardanti
l'installazione, ove prevista, degli impianti di segnalazione manuale di allarme incendio e
dei sistemi di allarme vocale per scopi di emergenza

b un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto per le restanti disposizioni.

« Per gli edifici di civile abitazione esistenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto soggetti agli adempimenti di prevenzione incendi di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, viene
comunicato al Comando dei vigili del fuoco l'avvenuto adempimento agli
adeguamenti previsti al comma 1, all'atto della presentazione della
attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio, di cui all'art. 5
del decreto del Presidente della Re-pubblica 1° agosto 2011, n. 151»
Edifici Civili
9-bis. – Gestione della Sicurezza Antincendio Rischio specifico

9-bis.1 - Definizioni:

1 EVAC (Sistema di allarme vocale per scopi di emergenza): impianto destinato principalmente a
diffondere informazioni vocali per la salvaguardia della vita durante un’emergenza;

2 GSA (Gestione della Sicurezza Antincendio): insieme delle misure di tipo organizzativo - gestionale
finalizzate all’esercizio dell’attività in condizioni di sicurezza, sia in fase ordinaria che in fase di
emergenza, attraverso l'adozione di una struttura organizzativa che prevede compiti, azioni e
procedure; essa si attua attraverso l’adozione di misure antincendio preventive e di pianificazione
dell’emergenza;

3 Misure antincendio preventive: misure tecnico - gestionali,


integrative di quelle già previ-ste nelle norme di sicurezza allegate al
D.M. 16 maggio 1987, n. 246, che completano la strategia
antincendio da adottare per l’attività, al fine di diminuire il rischio
incendio;

4 L.P.: Livello di prestazione;


9-bis.2 – Attribuzione dei L.P

Ai fini del presente decreto, i L.P. devono essere attribuiti secondo


lo schema di seguito indicato:

- L.P. 0 per edifici di tipo a)


(altezza antincendi da 12 m a 24 m);

- L.P. 1 per edifici di tipo b) e c)


(altezza antincendi oltre 24 m fino a 54 m);

- L.P. 2 per edifici di tipo d)


(altezza antincendi oltre 54 m fino a 80);

- L.P. 3 per edifici di tipo e)


(altezza antincendi oltre 80 m);

Per gli edifici di altezza antincendi superiore a 24 m, qualora siano presenti attività ricomprese
in allegato I al D.P.R. 151/2011, e comunicanti con l’edificio stesso ma ad esso non pertinenti e
funzionali, dovrà essere adottato un livello di prestazione superiore, indipendentemente dal
tipo di comunicazione.
Misure per il Livello di Prestazione 0 – LP0

Edifici di tipo a)
Chiarimenti Applicativi sui LIVELLI di PRESTAZIONE

Altezza antincendi da 12 m a 24 m

« Nel livello L.P.0 sono fornite indicazioni per le attività (non soggette ai
VV.F.) che, avendo altezza antincendi modesta, è lecito ritenere meno
complesse dal punto di vista antincendio; per tali attività, le conseguenti
misure gestionali risultano poco complesse e di immediata attuazione »

Il responsabile dell’attività dovrà infatti solamente fornire


informazioni agli occupanti riguardanti:

Misure da attuare in caso d’incendio.


I divieti e le precauzioni di buona prassi da adottare;
Istruzioni per la chiamata dei soccorsi e la disattivazione degli impianti;
l’onere della manutenzione degli impianti ed attrezzature antincendio eventualmente
presenti
9-bis. 3.1 - L.P.0 (12 m ≤ h < 24 m)
Misure per il Livello di Prestazione 1 – LP1

Edifici di tipo b) e c)
Chiarimenti Applicativi sui LIVELLI di PRESTAZIONE

Altezza antincendi da 24 m a 54 m

« Aumentando l’altezza antincendio dell’edificio, aumenta


conseguentemente anche il livello delle misure richieste per una corretta
gestione della sicurezza antincendio; si osserva tuttavia che le misure
individuate risultano comunque una declinazione delle più comuni prassi e
cautele adottate in ambito antincendio. »

Il responsabile dell’attività dovrà organizzare la GSA


predisponendo:

Una pianificazione dell’emergenza.


Una informazione agli occupanti integrata con la cartellonistica di sicurezza;
Annotazione sul registro dei controlli manutenzioni, verifiche, …;
Programmi in maniera puntuale sulle misure antincendio preventive, da comunicare agli
occupanti lo stabile, consistenti, ad esempio, nel corretto deposito ed impiego dei
materiali combustibili, delle sostanze infiammabili liquide e gassose, nel mantenimento
della disponibilità di vie d'esodo sgombre e sicuramente fruibili
Rappresentazione schematica di un Sistema di Gestione
Antincendio
Chiarimenti Applicativi sul Sistema di Gestione
SISTEMA DI GESTIONE SICUREZZA
ANTINCENDIO
Chiarimenti Applicativi sul Sistema di Gestione

I sistemi di gestione rappresentano la nuova frontiera per garantire un prefissato


livello di sicurezza, attraverso la regolamentazione di comportamenti, divieti,
limitazioni, procedure operative e organizzazione del personale durante l’esercizio
dell’attività nelle sue varie fasi.

modalità di gestione rigorosa, che tenga conto


Attività complessa dei requisiti strutturali ed impiantistici del
complesso.

La gestione di un’attività complessa presuppone la progettazione


e l’attuazione di un sistema di gestione della sicurezza
antincendio.
Funzioni del Sistema Gestione Antincendio
Chiarimenti Applicativi sul Sistema di Gestione

Il S.G.A è uno strumento che consente di individuare e gestire,


all’interno della struttura organizzativa dell’attività, le responsabilità, le
procedure, i processi, le risorse ed i controlli da effettuare affinché, nel
rispetto delle norme e delle disposizioni di sicurezza, siano gestiti e
mantenuti nel tempo i seguenti aspetti:

1. condizioni di rischio e parametri stabiliti nel progetto


antincendio;
2. mantenimento delle limitazioni e delle condizioni di utilizzo della
struttura nonché delle misure di prevenzione e protezione dagli
incendi previste;
3. gestione delle eventuali modifiche.
SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA
Panorama Normativo Italiano
Chiarimenti Applicativi sul Sistema di Gestione

SGSA – RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE

D. Lgs. 334/99:
"Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al
controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con
determinate sostanze pericolose“

D. Lgs. 105/2015:
“Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al
controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi
con sostanze pericolose”

SGSA – PREVENZIONE INCENDI

D.M. 9.5.2007:
“Direttive per l'attuazione dell'approccio
ingegneristico alla sicurezza antincendio”

Art. 6 Sistema di gestione della sicurezza antincendio


SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA
Panorama Normativo Italiano
Chiarimenti Applicativi sul Sistema di Gestione

SGSA – D.M. 3 Agosto 2015 : Codice di Prevenzione


Incendi
Capitolo S.5 Gestione della Sicurezza Antincendio

IL DECRETO INTRODUCE IL
CONCETTO DI “GESTIONE della
Sicurezza Antincendio (G.S.A.)” COME
MISURA ORGANIZZATIVA E
GESTIONALE ATTA A GARANTIRE, NEL
TEMPO, UN ADEGUATO LIVELLO DI
SICUREZZA DELL’ATTIVITA’
SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA
Principi generali e struttura
Chiarimenti Applicativi sul Sistema di Gestione

Efficace Gestione della Sicurezza


Antincendio

1. programmazione lavori che impediscono insorgenza di incendi;


2. monitoraggio continuo dei rischi incendio e adozione di azioni per
eliminare o ridurre il rischio;
3. presa di coscienza delle persone presenti nell’edificio (persone disabili,
anziani, bambini, etc.) e rischio presente;
4. assicurazione che le misure di sicurezza antincendio siano mantenute in
stato di efficienza e le vie di fuga sempre disponibili;
5. addestramento personale e organizzazione piano di evacuazione
6. gestione in caso di incendio fino all’arrivo dei Vigili del Fuoco.
SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA
Principi generali e struttura
Chiarimenti Applicativi sul Sistema di Gestione

1. misura antincendio per la gestione in fase

esercizio e emergenza

2. processo dinamico per tutta la durata della vita


dell’attività dalla concezione al termine:

dal Progetto alla Gestione


SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA
Principi generali e struttura
Chiarimenti Applicativi sul Sistema di Gestione

Obiettivi di salvaguardia degli occupanti, beni e ambiente tramite:

1. definizione organizzazione per la GSA in fase di esercizio e in fase


di emergenza;
2. conoscenza tipologia degli occupanti;
3. conoscenza dei rischi di incendio e monitoraggio degli stessi
mediante adozione di azioni appropriate;
4. mantenimento efficienza misure di sicurezza con un piano
programmato di manutenzione e attraverso un sistema di controllo
(es. fruibilità sistema vie di esodo);
5. adozione sistema per una corretta informazione, formazione e
addestramento dei soggetti attivi della GSA e tutti gli occupanti
l'attività.
9-bis. 3.2 - L.P. 1 (24 m ≤ h < 54 m)
9-bis. 3.2 - L.P. 1 (24 m ≤ h < 54 m)

Sono fatti salvi gli adempimenti previsti dalla normativa


Nota 1

vigente, per le aree indicate al punto 3 del D.M. 16 maggio


1987 n. 246, individuate quali luoghi di lavoro;
9-bis. 3.2 - L.P. 1 (24 m ≤ h < 54 m)

In attività caratterizzate da promiscuità strutturale, impiantistica, dei sistemi di


vie d'esodo ed esercite da responsabili dell'attività diversi, le pianificazioni
Nota 2

d'emergenza delle singole attività devono tenere conto di eventuali interferenze o


relazioni con le attività limitrofe. In tali attività, devono essere previste planimetrie
per gli occupanti indicanti le vie d’esodo, installate in punti opportuni ed essere
chiaramente visibili.
Misure per il Livello di Prestazione 2 – LP2
Edifici di tipo d)
Chiarimenti Applicativi sui LIVELLI di PRESTAZIONE

Altezza antincendi oltre 54 m fino a 80 m

« A partire da edifici di tipo d), le altezze antincendi in gioco


diventano importanti ed un eventuale evento incidentale può
comportare particolari difficoltà nella gestione dell’esodo degli
occupanti. »

Per tali ragioni, a differenza dei livelli inferiori, si è ritenuto


opportuno prevedere:

Misure di tipo gestionali.


Misure di tipo tecnico-impiantistico quali:
1. Installazione di un impianto manuale di allarme incendio, integrando la
pianificazione dell’emergenza con le procedure di attivazione di tale
impianto.
9-bis. 3.3 - L.P. 2 (54 m < h ≤ 80 m)
Misure per il Livello di Prestazione 3 – LP3
Edifici di tipo e)
Chiarimenti Applicativi sui LIVELLI di PRESTAZIONE

Altezza antincendi oltre 80 m

L’installazione di un sistema EVAC (impianto destinato


principalmente a diffondere informazioni vocali per la salvaguardia della
vita durante un’emergenza)

Individuazione di un Centro di Gestione dell’emergenze per


il coordinamento delle operazioni di soccorso, tale centro dovrà essere
dotato di strumenti di ausilio per una efficace gestione – planimetrie,
recapiti telefonici, centrali di controllo, …

Nomina della figura del Responsabile della GSA persona


esperta in materia antincendio

Nomina della figura del Coordinatore dell’emergenza figura


che generalmente è sempre presente (portiere, manutentore) dotata di
attestato di idoneità tecnica con rischio elevato
9-bis. 3.4 - L.P. 3 (oltre 80 m)

Nota 3

Il responsabile della GSA può coincidere anche


con il Responsabile dell'attività;
9-bis. 3.4 - L.P. 3 (oltre 80 m)
SICUREZZA ANTINCENDIO NELLE
FACCIATE
INCENDI ESTERNI DELLE FACCIATE –
IL RISCHIO DI PROPAGAZIONE.

Uno tra i casi più frequenti di incendi di facciate è quello che ha


origine all’interno dell’edificio, in quanto fiamme e i fumi caldi che si
sviluppano all’interno del comparto fuoriescono dalle aperture
(finestre) dopo avere procurato la rottura delle superfici vetrate,
propagandosi nei compartimenti superiori.

Altre vie di propagazione, in tali casi, sono tuttavia rappresentate dalle eventuali cavità verticali
della facciata (facciate ventilate o “a doppia parete”), oppure, dagli interstizi eventualmente
presenti tra la testa del solaio e la facciata;

Non vanno comunque sottovalutati i casi di incendi che hanno origine da edifici o oggetti posti
all’esterno dell’edificio (ad es. cassonetti, autovetture, barbecues ecc.) che, data la loro vicinanza
alla costruzione, possono coinvolgere l’edificio proprio attraverso gli elementi della facciata.

Ai fini della possibilità di propagazione del fuoco lungo le facciate è poi importante esaminare
l'incidenza degli eventuali rivestimenti protettivi esterni (es. cappotti termici)
Gli involucri edilizi moderni (facciate continue) sono
spesso costituiti da una complessa combinazione
di componenti
tra loro assemblati (infissi, vetri vision, pannelli
sottofinestra, isolanti, guarnizioni, sigillanti,
ancoraggi, staffe, connettori….) ed una eventuale
esposizione alla fiamma di tali componenti della
facciata viene anche aggravata dalla
geometria del sistema complessivo.
Gli incendi a ventilazione controllata rappresentano il caratteristico scenario in
cui un fuoco che brucia in un edificio provoca la rottura delle superfici vetrate
esterne (finestre) provocando la fuoriuscita dei gas caldi e il loro movimento al
di sopra della parte superiore della finestra.
« Meccanismo di propagazione della Fiamma»

Una parte di tali gas caldi non é in grado di bruciare all’interno della stanza a
causa del quantitativo limitato di aria nel comparto (incendio controllato dalla
Chiarimenti Applicativi sul

ventilazione) ma, a seguito del movimento verso l'esterno, incontra l’aria che si
muove verso l’interno la quale è sufficiente per permettere la combustione dei
medesimi gas caldi all'esterno dell'edificio.

Il risultato è una fiamma sporgente verso l'alto al


di fuori della finestra, la cui estensione, da un
punto di vista visivo, è in genere possibile stimare
fino al punto in corrispondenza del quale la
temperatura della fiamma raggiunge i 540°C
Facendo quindi riferimento a incendi che hanno origine all’interno
dell’edificio, è in genere possibile distinguere 3 principali fasi che
conducono alla propagazione finale:
« Meccanismo di propagazione della Fiamma»

1. nella prima fase le fiamme e i gas nell'edificio


attaccano le superfici e i rivestimenti interni del
Chiarimenti Applicativi sul

comparto nonché gli eventuali materiali che


costituiscono le barriere antincendio perimetrali;
2. nella seconda fase le fiamme e i gas caldi, dopo
avere provocato la rottura dei vetri delle
aperture, sporgono da queste incidendo
direttamente sulla superficie della parete
esterna;
3. nella terza fase le fiamme sporgenti irradiano
calore verso altre superfici vetrate poste ai piani
o livelli superiori le quali lo trasferiscono, per
irraggiamento, ai materiali e arredi presenti nella
costruzione
IL FLUSSO RADIANTE EMESSO ATTRAVERSO
LE APERTURE
DISTANZE MUTUE TRA EDIFICI

Un incendio che ha origine all’interno di un comparto della costruzione


costituisce elemento di preoccupazione non solo per la facciata delle
stessa costruzione ma anche per gli edifici vicini e/o opposti a quello
in fiamme, principalmente a causa del flusso termico radiante emesso
dalle fiamme.

Ai fini di una adeguata progettazione antincendio, occorre garantire una certa distanza di
separazione tra l’edificio in cui ha origine l’incendio e gli edifici opposti al fine di evitare
l’eventuale propagazione esterna.
problema connesso alla determinazione di distanze di sicurezza da
garantire per contenere il flusso termico indotto dall’energia
S.3 radiante proveniente da una sorgente esterna.
L’INCIDENZA DEI RIVESTIMENTI ESTERNI

Le aperture (finestre) dell’edificio forniscono un percorso potenziale del


fuoco verso altri compartimenti della costruzione. Se il sistema di
« Meccanismo di propagazione della Fiamma»

rivestimento esterno contribuisce alla propagazione dell’incendio, questo


aggredisce più piani, rendendo difficile anche l’intervento dei soccorsi.
Chiarimenti Applicativi sul

Tra i principali materiali isolanti in genere utilizzati nella realizzazione di sistemi di rivestimento esterni
compaiono i POLIMERI TERMOINDURENTI (Schiuma di poliuretano (PUR), Poliuretano Espanso
(PIR), Resine fenoliche espanse…), i POLIMERI TERMOPLASTICI (Polistirene espanso). (EPS),
Polistirene estruso (XPS), Polietilene (PE)...) e i PRODOTTI MINERALI A BASE DI FIBRA (roccia,
vetro…).
D.M. 30 marzo 2022
Capitolo V.13 – «Chiusure d’ambito degli edifici civili»
La nuova RTV, oltre a limitare la probabilità di propagazione,
si pone come obiettivo anche quello di evitare o limitare la
caduta di parti della chiusura d’ambito dell’edificio (es.
frammenti di facciata o altre parti comunque disgregate o
incendiate, …) in caso d’incendio, che possano
compromettere l’esodo degli occupanti o l’operatività delle
squadre di soccorso.

Vengono sintetizzati nella nuova norma anche i requisiti di resistenza al fuoco che le chiusure
d’ambito degli edifici devono avere, come:

• coperture,
• facciate semplici e continue e
• facciate a doppia pelle ventilate.
CAMPO DI APPLICAZIONE

Si applica alle chiusure d’ambito di tutti gli EDIFICI CIVILI (es.


strutture sanitarie, scolastiche, alberghiere, commerciali,
residenziali, uffici, …) e persegue i seguenti obiettivi di sicurezza:

Limitare la probabilità di propagazione dell’incendio


1
originato all’interno dell’edificio, attraverso le sue
chiusure d’ambito

Limitare la probabilità di propagazione dell’incendio


2
originato all’esterno dell’edificio, attraverso le sue
chiusure d’ambito

3 Evitare o limitare la caduta di parti della chiusura


d’ambito dell’edificio (es. frammenti di facciata o altre
parti disgregate o incendiate) in caso di incendio, che
possano compromettere l’esodo degli occupanti o
l’operatività delle squadre di soccorso.
A QUALI EDIFICI SI APPLICA ?

ADEGUAMENTI?
Cosa fare in caso di
MODIFICHE/AMPLIAMENTI
sugli edifici civili?
CLASSIFICAZIONE

Le chiusure d’ambito sono classificate in base alle quote dei


piani e del numero degli occupanti in:

• SA: chiusure d’ambito di edifici aventi quote di tutti i piani comprese


in – 1 metri fino ad un massimo di 12 metri di altezza, con un
affollamento

complessivo inferiore o uguale a 300 occupanti e che
non includano compartimenti con Rvita pari a D1 o D2 (degenze, terapia
intensiva, sala operatoria); oppure edifici fuori terra, ad un solo piano;

• SB: chiusure d’ambito di edifici aventi quote di tutti i piani ad h ≤ 24


m e che non includono compartimenti con Rvita pari a D1, D2;

• SC: chiusure d’ambito di altri edifici


Chiarimenti interpretativi

… pur raccomandandone l`utilizzo, la nuova Guida Tecnica, anche in attesa di


ulteriori sviluppi conoscitivi a livello europeo, continuerà a mantenere lo status di
“Documento Volontario di Applicazione” e, come avvenuto per la precedente
versione, essa sarà da intendere riferita agli edifici aventi altezza antincendio
superiore a 12 metri.
DEFINIZIONI
Facciata Semplice
Approfondimenti

Facciata a doppia parete


Approfondimenti Facciata a doppia pelle non praticabile Facciata a doppia pelle praticabile
Le facciate a doppia pelle incrementano il rischio di
propagazione dell’incendio da un piano all’altro, come hanno
dimostrato grandi incendi, anche recenti che hanno coinvolto
edifici di grande altezza.
Approfondimenti
Approfondimenti Curtain Wall (facciata continua)
REAZIONE AL FUOCO
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.1 – Reazione al Fuoco
Per le Aree SB e SC devono essere impiegati materiali almeno appartenenti al
gruppo GM2 e GM1

Gruppi di arredamento ….
D.M. 3 agosto 2015
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.1 – Reazione al Fuoco
Per le Aree SB e SC devono essere impiegati materiali almeno appartenenti al
gruppo GM2 e GM1

Isolamento
D.M. 3 agosto 2015
Codice di Prevenzione Incendi – Capitolo S.1 – Reazione al Fuoco
Per le Aree SB e SC devono essere impiegati materiali almeno appartenenti al
gruppo GM2 e GM1

Materiali per Impianti


D.M. 3 agosto 2015
RESISTENZA AL FUOCO E COMPARTIMENTAZIONE
Copertura

Facciata semplice e Curtain wall


Facciata a doppia pelle ventilata
In facciata la Fascia di separazione orizzontale o verticale tra compartimenti
limita la propagazione rispettivamente verticale e orizzontale dell’incendio ed
è realizzata garntendo uno sviluppo totale maggiore o uguale a 1 m.
FASCE DI SEPARAZIONE
Verifica dei requisiti di resistenza al fuoco

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