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SISTEMI 

ANTINCENDIO
LA COMBUSTIONE

Reazione chimica di ossidazione che si svolge in tempi rapidi.

Compresenza di comburente (ossigeno), combustibile, innesco.

Effetti macroscopici: sviluppo di fiamma, di calore (reazione esotermica), di gas e di fumo.

Quando l’energia di innesco, il combustibile e il luogo della combustione sfuggono al controllo umano, si
parla di incendio.
FASI DELL’INCENDIO
Modello temporale in quattro fasi:

Inizio: avvio del processo di combustione non


controllato.

Espansione: la combustione coinvolge il materiale


combustibile presente.

Flash over: in questa fase, per effetto dell’alta T,


praticamente tutti i materiali combustibili
disponibili entrano nel processo di combustione.

Estinzione: rallentamento del processo quando la


combustione raggiunge tutti i materiali
combustibili.

Un incendio viene generalmente rilevato in fase di


espansione.

Nella fase di flash over diventa difficile controllare


l’incendio.
Infortuni a livello nazionale per la tipologia “incendi ed
esplosioni” per dettaglio luogo (2006-2015)
CAUSE INCENDI NEGLI OSPEDALI
Italia  1995 
CAUSE INCENDI NEGLI OSPEDALI
Italia  1995 ‐ 2005
LEGISLAZIONE ANTINCENDIO
provvedimenti principali

DLGS 8/3/2006 n. 139 art. 15 DM 9/5/2007


DM 16/2/1982 abrogato NORME TECNICHE
DM 18/9/2002 ANALISI RISCHIO
REGOLA TECNICA
DM 6/3/1992 DM 7/1/2005 DPR 1/8/2011 all. 1
REAZIONE AL FUOCO ESTINTORI
DM 30/11/1983
DEFINIZIONI Regolamento UE n. 305/2011
REAZIONE AL FUOCO DM 8/8/2012
APPROVAZIONI
DLGS 17/3/1995 n. 230
RADIAZIONI IONIZZANTI DM 10/5/2005
REAZIONE AL FUOCO
DLGS 26/5/2000 n. 241 DM 19/3/2015
RADIAZIONI IONIZZANTI REGOLA TECNICA
AREE DELLE STRUTTURE SANITARIE
art. 13.2 all. I DM 19/3/2015

Tipo A Aree o impianti a rischio specifico, classificati come


soggetti al controllo dei VVF in base all’all. 1 del DPR
1/8/2011 n.151 (impianti produzione calore, gruppi
elettrogeni, autorimesse ecc.)

Tipo B Aree a rischio specifico accessibili al solo personale


dipendente (laboratori di analisi, depositi, lavanderie
ecc.) ubicate nel volume degli edifici destinati, anche
in parte, ad aree di tipo C, D1, D2, ed F
AREE DELLE STRUTTURE SANITARIE
art. 13.2 all. I DM 19/3/2015

Tipo C Aree destinate a prestazioni medico sanitarie di tipo


ambulatoriale in cui non è previsto il ricovero

Tipo D1 Aree destinate al ricovero in regime ospedaliero e/o


residenziale

Tipo D2 Aree destinate ad unità speciali (terapia intensiva,


neonatologia, reparto di rianimazione, sale operatorie,
terapie particolari ecc.)
AREE DELLE STRUTTURE SANITARIE
art. 13.2 all. I DM 19/3/2015

Tipo E Aree destinate ad altri servizi pertinenti (uffici


amministrativi, scuole infermieri, sale riunioni, mensa
aziendale ecc.)

Tipo F Aree destinate a contenere apparecchiature ad


elevata tecnologia oppure sorgenti di radiazioni
ionizzanti (sorgenti radioattive, apparecchiature o
dispositivi contenenti sorgenti radioattive,
apparecchiature ad alta energia di tipo ionizzante e
simili) soggette ai provvedimenti autorizzativi di nulla
osta ai sensi del DLGS 17/3/1995 n. 230 integrato dal
DLGS 26/5/2000 n. 241
Definizioni
Resistenza al fuoco delle strutture, in base alla codifica REI

R Attitudine a conservare la Resistenza meccanica sotto l’effetto 
del fuoco

E Ermeticità: attitudine a non permettere il passaggio di 
fiamme, vapori o gas verso il lato non esposto al fuoco

Isolamento termico: attitudine a ridurre la trasmissione del 
I calore

Il numero dopo la sigla REI indica i


minuti per i quali la caratteristica
deve essere garantita.
Definizioni
compartimentazione antincendio: suddivisione orizzontale e verticale di un edificio in aree delimitate da strutture
con resistenza al fuoco predeterminata. La compartimentazione non deve avere aperture, pertanto i cavedi, le porte e
ogni altra apertura devono essere muniti di chiusure con resistenza al fuoco pari a quella della compartimentazione
strutturale;

filtro e scala a prova di fumo: immediatamente contigui ai compartimenti sanitari devono essere presenti aree in
cui, attraverso opportuni provvedimenti sono presenti:
 sovrapressione nei filtri indotta da impianto di ventilazione;
 porte ermetiche (parametro E);
 aperture dirette verso l’esterno.

Viene impedita la presenza di fumi allo scopo di raccogliere le persone in sicurezza;


Definizioni

vie di esodo o deflusso: in caso di necessità, deve essere possibile lo spostamento delle persone
all’esterno di un edificio attraverso adeguati percorsi orizzontali e verticali; la capacità di deflusso
delle vie di esodo deve essere funzione dell’affollamento dei vari compartimenti ad esse collegati e si
traduce nella larghezza delle vie di esodo misurabile in moduli (1 modulo = 60 cm).
SICUREZZA ANTINCENDIO
1 - Misure di prevenzione: strategie volte a ridurre il rischio di
incendio
I provvedimenti preventivi possono essere divisi in due categorie:
• Norme da adottare in fase di progetto 
• Norme da rispettare in fase di esercizio

2 - Misure di protezione: strategie volte a minimizzare gli


effetti dell’incendio su persone e cose
I provvedimenti protettivi consistono nei criteri per la gestione dell’emergenza creata 
dall’incendio
• Protezione passiva: i requisiti strutturali ed ambientali per sopportare adeguatamente gli effetti 
dell’incendio ed evitarne la propagazione
• Protezione attiva : provvedimenti efficaci per il salvataggio di persone e interventi per domare 
l’incendio
Misure di Prevenzione
MISURE PREVENTIVE

1. Precauzioni nella movimentazione e nell’utilizzo di prodotti pericolosi.

2. Modalità di stoccaggio dei prodotti pericolosi.

3. Realizzazione degli impianti elettrici e meccanici.

4. Impianti di rivelazione di gas, fumi, e fiamma.


DEPOSITI DI MATERIALE COMBUSTIBILE: PRESCRIZIONI
IMPIANTI DISTRIBUZIONE GAS MEDICALI
a) in caso di incendio in un E MISURE ANTINCENDIO
compartimento, deve essere
possibile garantire la continuità Filtro a
di alimentazione degli altri prova di
compartimenti; fumo
b) la rete di distribuzione deve
essere compatibile con il
sistema di
compartimentazione e
permettere l’intercettazione
manuale dei gas da punti
segnalati, all’esterno dei
compartimenti;
c) le reti di distribuzione non
devono entrare in contatto con
altri impianti meccanici o elettrici
e devono essere protette da
azioni meccaniche o calore;
d) i cavedi dei gas medicali devono
essere ventilati con aperture Anello Cavedio impianti Anello distribuzione
intercettazioni
verso l’esterno; distribuzione gas medicali gas medicale
gas medicale
VENTILAZIONE E IMPIANTI DI
CLIMATIZZAZIONE
Gli impianti di climatizzazione e gruppo
ventilazione devono: frigorifero
 evitare il ricircolo dei prodotti della UTA
combustione o di altri gas nocivi;
 non produrre, in caso di propri guasti,
fumi che si diffondano nei locali serviti;
 non costituire elemento di
propagazione di fumi o fiamme,
anche nella fase iniziale dell’incendio

Per questo le UTA non sono collocate nei


locali dedicati ai generatori di calore.

I gruppi frigoriferi possono esser


collocati all’aperto o in locali
compartimentati areati; i gruppi
funzionanti ad ammoniaca o quelli ad
assorbimento a fiamma diretta devono
essere installati all’aperto o in ambienti
scale a prova di serrande filtro a prova di
analoghi a quelli dedicati ai generatori di
fumo tagliafuoco fumo
calore a gas.
SERRANDA TAGLIAFUOCO

paratia di
chiusura

dispositivo
motorizzato flusso dell’aria
TIPOLOGIE DI RIVELATORI DI FUMO, CALORE, FIAMMA

1. Rivelatori di fumo
• Con camere a ionizzazione
• Basati sull’effetto Tyndall
• Con emettitori all’infrarosso

2. Rivelatori di calore
• Termistori a soglia
• Rilevatori a gradiente

3. Rivelatori di Fiamma
RETE DI RIVELAZIONE E
CONTROLLO ANTINCENDIO

Unità
centrale

Pulsante
allarme

Rilevatori di
fumo Serranda
tagliafuoco
Alimentazione elettrica da
UPS
RIVELATORI DI FUMO con camera di ionizzazione
Questo dispositivo consente una rilevazione immediata della presenza di fumi chiari, scuri ed invisibili.
La bassa emissione di radioattività rende questi sensori sicuri ma la loro presenza deve essere segnalata
da apposite etichette e devono essere maneggiati da personale competente.
RIVELATORI DI FUMO basati sull’effetto Tyndall
Utilizzano il principio di diffusione della luce causato dalla presenza di particelle di fumo nella camera di
rilevazione.
All’interno della camera opera un gruppo ottico composto da un fotodiodo emettitore ed uno
ricevitore. La luce emessa è opportunamente guidata in modo da non colpire il dispositivo ricevente,
sennonché in presenza di fumo, quando le particelle investite dalla luce diffondono la luce in tutte
le direzioni fino a raggiungere il diodo ricevitore.
RIVELATORI DI FUMO con emettitori all’infrarosso
Il rilevatore lineare di fumo è un sensore basato sull'attenuazione prodotta dal fumo del fascio
infrarosso trasmesso da un emettitore posto su una parete a un ricevitore posto sulla parete opposta.

I rilevatori più moderni riuniscono in una unica apparecchiatura il trasmettitore ed il ricevitore: sulla parete
opposta viene installato un riflettore che rinvia il fascio verso la parte ricevente del rilevatore. Sono detti
lineari perché la rilevazione del fumo può avvenire in qualsiasi punto del fascio senza soluzione di
continuità.
RIVELATORI DI CALORE
Sono rilevatori in grado di monitorare la temperatura di un ambiente
segnalando il superamento di una soglia prefissata o il rapido aumento
della temperatura. Il principio di funzionamento prevede l'apertura o chiusura
di un contatto elettrico per effetto dell’incremento di temperatura.

A soglia
La tipologia più semplice è quella dei rilevatori termici composti da una lamina
bimetallica, che si flette a causa dell'aumento di temperatura, essendo
composta da due materiali a differente coefficiente di dilatazione termica.

A gradiente
I rilevatori termici differenziali hanno, invece, due lamine bimetalliche, di cui
una rivestita da uno strato isolante: finché le lamine restano solidali, pur
flettendosi, non si attiva il segnale di allarme. Pertanto sono sensibili a repentini
aumenti di temperatura, che aprono il contatto elettrico, mentre non creano
falsi allarmi nel caso di graduale incremento di temperatura.
RIVELATORI DI FIAMMA

Sono rilevatori puntiformi che rilevano la presenza di un incendio


in base alla presenza di radiazione infrarossa o radiazione
ultravioletta emessa da una combustione.

Trovano impiego nei casi in cui il rischio di incendio è


rappresentato da combustibili liquidi o solidi altamente
infiammabili in cui la produzione di fumo è un effetto
secondario e la rilevazione tempestiva è estremamente
importante.
LOGICA DI INTERVENTO DEGLI IMPIANTI
DI ALLARME ANTINCENDIO
Segnale di Segnale di Segnale di
allarme da un allarme da due allarme da un
rivelatore rivelatori pulsante

CENTRALE
REPARTO
EMERGENZE

Il segnale SI
viene STOP
Allarme
tacitato ?
acustico e
visivo
NO

Interventi automatici

Chiusura Disattivazione Chiusura


porte elettrica serrande
tagliafuoco condizionamento tagliafuoco
Misure di Protezione Passiva
Requisiti strutturali ed ambientali per sopportare adeguatamente gli effetti
dell’incendio ed evitarne la propagazione
PROVVEDIMENTI PROTETTIVI

Misure di protezione passiva

1. Compartimentazione orizzontale e verticale


2. Resistenza al fuoco degli elementi strutturali
3. Vie di esodo
4. Limitazioni del carico di incendio
RESISTENZA AL FUOCO DELLE
STRUTTURE E DELLE
COMPARTIMENTAZIONI
RESISTENZA AL FUOCO - codifica REI
esempio box auto

mantiene la trattiene
resistenza I fiamme,fumo
meccanica E e vapori
R

trattiene il
calore
I ER

E I
VIE DI ESODO - CAPACITA’ DI DEFLUSSO

Definizione
di Capacità di
Deflusso:

DM 30/11/83 all. A art. 3.1

Le capacità di deflusso non devono essere superiori a:


 50 per piani con pavimento a quota compresa tra ± 1 m rispetto al piano
d’uscita dell’edificio

 37,5 per piani con pavimento a quota al disopra o al di sotto di ± 1 m


rispetto al piano d’uscita dell’edificio
DM 25/3/2015 art. 16.2
VIE DI ESODO O DEFLUSSO ANTINCENDIO

capacità di
deflusso delle
vie d’uscita COMPARTIMENTO

affollamento vie d’uscita


(persone/m2)

affollamento
Numero di moduli di uscita =
capacità di deflusso
Misure di Protezione Attiva
Provvedimenti efficaci per il salvataggio di persone e
interventi per domare l’incendio
PROTEZIONE ANTINCENDIO ATTIVA

• Sistemi di spegnimento fissi
• Sistemi di spegnimento mobili
• Sistemi di scarico fumo e calore
• Sistemi di chiusura automatica porte
IMPIANTI FISSI ESTINZIONE INCENDIO

Impianto sprinkler
(automatico)
naspi
(manuale)

gruppo
elettrogeno

disconnettori

Serbatoio
pressurizzazione
IMPIANTI FISSI ESTINZIONE INCENDIO
Lo sprinkler è un sistema automatico di estinzione a pioggia.
In caso d'incendio, il calore provoca l'apertura degli erogatori e conseguentemente la fuoriuscita di acqua che dovrebbe
garantire il rapido controllo dell'incendio.
L'elemento termosensibile del corpo dello sprinkler è il componente che attiva l'uscita dell'acqua. In condizioni normali il
componente fa in modo che il tappo resti nella sua posizione e non vi sia fuoriuscita di acqua. Quando l'elemento viene
esposto al calore cede e rilascia il tappo. Gli elementi termosensibili sono di due tipi: lega metallica fusibile oppure bulbo di
vetro frangibile. La normale temperatura di funzionamento è tra 57 e 77 °C.
IMPIANTI MOBILI ESTINZIONE INCENDIO
Classi di Incendio
•Fuochi di classe D
•Fuochi di classe A. Generati da metalli combustibili. Appartengono a 
•Fuochi di classe A, generati da combustibili solidi, con
Generati da combustibili solidi, con l’esclusione
l’esclusione dei metalli. In questa classe, rientrano i
questa classe i fuochi generati da potassio, 
dei
fuochimetalli. In questa
generati da materiali quali classe, rientrano
il legno, la carta, i i fuochi magnesio, zinco, zirconio, titanio. Le norme ISO 
materiali tessili, le pelli, la gomma;
generati da materiali quali il legno, la carta, i prevedono una classificazione maggiormente
materiali tessili, le pelli, la gomma; dettagliata per questa categoria;

•Fuochi di classe B
•fuochi di classe B generati da combustibili liquidi e da •Fuochi di classe F
Generati da combustibili liquidi e da solidi 
solidi liquefabili. In questa classe rientrano i fuochi
liquefabili. In questa
generati classe
da materiali quali l’alcol, rientrano
i solventi, gli oli i fuochi Generati da oli e grassi in apparecchi per la 
minerali, gli idrocarburi, le benzine; cottura;
generati da materiali quali l’alcol, i solventi, gli oli
minerali, gli idrocarburi, le benzine;

•Fuochi di classe C
•fuochi
Generatidi classe C generati da combustibili
da combustibili gassosi. In
gassosi. In questa classe
questa classe rientrano fuochi generati da metano,
rientrano
butano, fuochi
idrogeno, generati
acetilene, da metano, butano, 
propilene;
idrogeno, acetilene, propilene;
IMPIANTI MOBILI ESTINZIONE INCENDIO
Tipi di estintori

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