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Struttura | Esempi
Estratto
Guida CEI EN 60079-10-2 (31-56)
Certifico Srl - IT
DVR ATEX Polveri Struttura - Esempi Guida CEI 31-56 EN 60079-10-2
Sommario
Premessa ...................................................................................................................................................... 3
2 Riferimenti legislativi e normativi .............................................................................................................. 4
2.1 Disposizioni legislative ......................................................................................................................... 4
2.2 Norme .................................................................................................................................................... 4
2.3 Relazione tra la classificazione dei luoghi e la valutazione del rischio esplosione ...................... 4
5 Classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione da polveri combustibili ..................................... 6
5.1 Generalità .............................................................................................................................................. 6
5.2 Procedimento di classificazione dei luoghi pericolosi ...................................................................... 7
5.3 Dati generali di progetto ..................................................................................................................... 7
5.4 Verifica di applicabilità della Norma CEI EN 60079-10-2:2010 (CEI 31-88) ................................ 8
5.5 Polveri combustibili e particelle solide combustibili volanti ............................................................ 8
5.8 Determinazione dei tipi di zone pericolose 5.8.1 Gradi di emissione e tipi di zone pericolose
..................................................................................................................................................................... 13
5.9 Determinazione dell’estensione delle singole zone pericolose originate da emissioni dai
sistemi di contenimento delle polveri combustibili ............................................................................... 15
Esempi Zone pericolose ............................................................................................................................ 17
5.12 Valutazione della possibilità di eseguire interventi atti a rendere poco probabile la
formazione di atmosfere esplosive e limitare le zone più pericolose (zone 20 e 21) ..................... 27
5.13 Inviluppo delle zone pericolose originate dalle singole sorgenti di emissione (SE) ............... 27
5.14 Altre informazioni per la definizione dei requisiti dei Prodotti ................................................... 28
6. Documentazione tecnica di classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione ........................... 28
6.1 Livelli di preparazione della documentazione di classificazione dei luoghi ................................ 28
6.2 Tipi di documenti ................................................................................................................................ 28
6.3 Disposizioni legislative, norme e guide tecniche di riferimento ................................................... 33
7 Opere esistenti e loro trasformazione..................................................................................................... 33
Appendice GC Sistemi o provvedimenti di bonifica .................................................................................. 34
GC.1 Generalità ......................................................................................................................................... 34
Fonti ............................................................................................................................................................ 35
Premessa
La Guida CEI 31-56 è la guida di applicazione della Norma CEI EN 60079-10-2:2010, prima edizione, e
vuole essere un aiuto per i tecnici incaricati della classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione per la
presenza di polveri combustibili, per i costruttori di Prodotti, per i datori di lavoro, per i progettisti degli
impianti elettrici e non elettrici, per gli addetti alla sicurezza, per i verificatori e per quanti altri siano
interessati alla salvaguardia e al miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori che possono
essere esposti al rischio d’esplosione, nonché alla salvaguardia delle opere; essa deve essere utilizzata
congiuntamente alla Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88).
Attenzione: La Guida CEI 31-56 (V1) è allineata alla EN 60079-10-2:2010 ed è abrogata, in vigore la EN
60079-10-2:2016.
Il Sotto Comitato CEI SC 31J "Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione" ritiene che i contenuti
tecnici della Guida CEI 31-56:2007-10 e della relativa Variante CEI 31-56;V1:2012-09, abrogate,
rappresentino un utile riferimento, per le metodologie scientifiche in esse contenute, relativamente alle
parti non in contrasto con la nuova edizione della Norma CEI EN 60079-10-2:2016-10 (31-88), nell’ambito
delle scelte affidate al valutatore/classificatore.
Fonte CEI.
Si ricorda che la Norma CEI EN 61241-10 (CEI 31-66) per le polveri combustibili e la Norma CEI EN 60079-
10 (CEI 31-30) per i gas, i vapori e le nebbie infiammabili sono indicate come riferimento per la
classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione dal D.Lgs.81/08, nella Nota 3 dell’Allegato XLIX; dette
norme sono ora sostituite rispettivamente dalla Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88) e dalla Norma CEI EN
60079-10-1 (CEI 31-87), che devono essere intese come loro sostitute alla luce dell’evoluzione della Regola
dell’arte (vedi art. 28, comma 3 del D.Lgs. 81/08).
La classificazione dei luoghi deve essere eseguita in linea con il dettato della Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI
31-88), prima edizione e per questo è possibile utilizzare tutti gli strumenti informativi che il progettista
ritenga utili, purché siano idonei, applicabili al caso specifico ed in sintonia con la norma stessa; la presente
Guida deve quindi essere intesa come uno di detti strumenti informativi.
Polveri ATEX
Le caratteristiche significative delle polveri ai fini della classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione
sono fondamentali: ad esse è dedicata l’Appendice GA dove ne sono elencate oltre 130, considerate le più
comuni. Un elenco di oltre 4000 polveri combustibili con le loro caratteristiche di combustibilità ed
esplodibilità è riportato nel documento BIA-Report 13/97 “Combustion and explosion characteristics of
dusts”, che costituisce un valido aiuto in proposito; tuttavia le informazioni contenute, come quelle
dell’Appendice GA, non devono essere applicate in modo acritico, ma devono essere correlate alla
situazione reale che si presenta caso per caso, considerando le caratteristiche chimico-fisiche delle
Come evidenziato nella Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-38) grande importanza assume la bonifica
degli ambienti ed in particolare la loro pulizia con rimozione degli strati di polveri combustibili. Ai diversi
provvedimenti di bonifica degli ambienti è dedicata l’Appendice GC.
Attenzione, non sono presenti alcune parti della Guida CEI 31-56, il Documenti ha fini di comprendere il
processo di VR ATEX ed avere una struttura ed esempi di riferimento.
La principale disposizione legislativa riguardante la classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione è il
Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 (G.U. n. 101 del 30-4-2008 SO n. 108) di attuazione delle
direttive europee in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, integrato e corretto
dal D.Lgs. n. 106 del 3 agosto 2009.
Tra le direttive si segnala in particolare la 1999/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento
della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive, (compresa la
relativa rettifica pubblicata sulla G.U.C.E. L 134 del 7 giugno 2000 riguardante il cartello di cui alla Fig. 1-A),
che costituisce il Titolo XI (artt. 287-296) del D.Lgs. 81/08.
2.2 Norme
Norma UNI EN 1127-1: “Atmosfere esplosive - Prevenzione dell’esplosione e protezione contro l’esplosione -
Parte 1: Concetti fondamentali e metodologia”.
2.3 Relazione tra la classificazione dei luoghi e la valutazione del rischio esplosione
Nel D.Lgs. 81/08, artt. 17 e 28, è detto tra l’altro quanto segue.
Il datore di lavoro non può delegare la valutazione dei rischi con la conseguenza che spetta a lui il compito di
elaborare il documento sulla valutazione dei rischi.
La valutazione dei rischi, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze e o preparati chimici
impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la
salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.
Nel D.Lgs. 81/08, art. 293, integrato dal D.Lgs.106/09, art. 138 è detto anche:
1) Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell’allegato XLIX, le aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive, classificate in base alla frequenza e alla durata della presenza di atmosfera esplosiva:
- Zone 0, 1, 2 per gas, vapori o nebbie infiammabili;
- Zone 20, 21, 22 per le polveri combustibili.
NOTA
Le definizioni di zone riportate nell’allegato XLIX del D.Lgs 81/08 sono derivate dalla Norma CEI EN 61241-
10 (CEI 31-66). Nell’ambito della presente Guida si fa riferimento alle definizioni della Norma CEI EN 60079-
10-2 (CEI 31-88) in quanto essa costituisce la naturale evoluzione della prima nell’ambito della Regola
dell’arte.
2) Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui
all’allegato L (prescrizioni minime per il miglioramento della protezione della sicurezza e della salute dei
lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive).
3) Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantità tali da mettere in pericolo
la sicurezza e la salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma dell’allegato LI (vedi Fig.
2.3-A) e provviste di allarmi ottico/acustici che segnalino l’avvio e la fermata dell’impianto, sia durante il
normale ciclo, sia nell’eventualità di un’emergenza in atto.
La necessità o meno e la disposizione dei segnali e degli allarmi rientra tra i compiti del tecnico incaricato
della valutazione del rischio di esplosione (non di chi esegue la classificazione dei luoghi).
L’uso potrebbe essere dettato dalla necessità di avvertire di non introdurre in dette aree sorgenti d’innesco di
qualunque tipo (es. attrezzi di lavoro) o di introdurle applicando specifiche procedure di lavoro; inoltre,
potrebbe essere dettato dalla necessità di avvertire i lavoratori del pericolo, particolarmente nei luoghi dove
non ci si aspetta la presenza di aree con pericolo di esplosione, es. un deposito di sostanze infiammabili, lo
sfiato di una singola valvola di sicurezza del sistema di contenimento di una sostanza infiammabile, ecc.
Il segnale di pericolo deve essere realizzato con lettere in nero su sfondo giallo, bordo nero (il colore giallo
deve costituire almeno il 50% della superficie del segnale)
L’incidente rilevante è un evento quale un’emissione, un incendio o un’esplosione di grande entità, dovuto a
sviluppi incontrollati, che si verifica durante l’attività di uno stabilimento in cui sono presenti sostanze
pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell’Allegato I del decreto 334/99 e che dà luogo ad
un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello
stabilimento, e in cui intervengono una o più sostanze pericolose.
Ciò che contraddistingue questo tipo di incidente da quelli convenzionali, è rappresentato dalla loro
catastroficità e capacità diffusiva nei confronti dell’ambiente circostante il luogo di lavoro, per i quali gli
strumenti di valutazione forniti dalla presente Guida non sono adeguati.
Anche per questi impianti, per la classificazione dei luoghi, si applica la Norma CEI EN 60079-10-2, in quanto
serve a definire i requisiti di sicurezza dei prodotti e degli impianti.
Le emissioni ipotizzate nella direttiva Seveso hanno altri scopi. Ai fini della Norma CEI EN 60079-10-2
l’incidente rilevante è, nella generalità dei casi, equivalente al guasto catastrofico.
3.32.1 Uso non corretto per colpa (con riferimento al Codice Penale, Titolo II, Capo I art. 43
Azione od omissione non corretta (errata) nell’uso di un impianto o di un Prodotto attuata senza
l’intenzione (involontaria), suscettibile di provocare un evento dannoso o pericoloso (es. emissione di
sostanza infiammabile, esplosione), a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per
inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, comprese le norme tecniche, le istruzioni per l’uso
del fabbricante, le istruzioni e procedure di lavoro del datore di lavoro.
3.32.2 Uso non corretto per dolo (con riferimento al Codice Penale, Titolo II, Capo I art. 43)
Azione od omissione non corretta (errata) nell’uso di un impianto o di un Prodotto attuata secondo
l’intenzione (volontaria) di provocare un evento dannoso o pericoloso (es. emissione di polvere
combustibile, esplosione).
3.34 Zone
La zona pericolosa è lo spazio di estensione determinata, in un luogo pericoloso, entro il quale devono
essere adottati provvedimenti particolari contro l’esplosione.
In relazione alla frequenza di formazione ed alla permanenza di un’atmosfera esplosiva per la presenza di
polvere combustibile, i luoghi pericolosi sono classificati nelle seguenti zone:
3.34.1 Zona 20
Luogo nel quale un’atmosfera esplosiva da polvere, sotto forma di una nube di polvere in aria, è presente
continuamente, o per lunghi periodi o frequentemente.
3.34.2 Zona 21
Luogo nel quale un’atmosfera esplosiva di polvere, sotto forma di una nube di polvere in aria, è probabile
si presenti occasionalmente nel funzionamento normale.
3.34.3 Zona 22
Luogo nel quale un’atmosfera esplosiva da polvere, sotto forma di una nube di polvere in aria, non è
probabile si presenti nel funzionamento normale ma, se essa si presentasse, persisterà solamente per un
breve periodo.
5.1 Generalità
I principi di sicurezza e gli obiettivi della classificazione dei luoghi impongono di minimizzare i pericoli di
atmosfere esplosive.
Le particolarità prese in considerazione nella Norma sono valutate fondamentalmente in modo qualitativo e,
anche se talora, come nella bonifica degli ambienti, vi sono valutazioni quantitative, le incertezze ivi esistenti
fanno mantenere loro in sostanza il carattere di valutazione qualitativa, per quanto più puntuale.
Per il rispetto dei principi di sicurezza della Norma, gli impianti dove vengono lavorate o depositate polveri
combustibili dovrebbero essere progettati, eserciti e mantenuti in modo da ridurre al minimo il numero e
l'estensione delle zone 20 e 21. In altre parole, gli impianti e le installazioni dovrebbero originare
principalmente zone 22 o luoghi non pericolosi; questo è più facilmente raggiungibile se l’attività di
classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione si sviluppa, fin dalle fasi iniziali della progettazione
(progetto preliminare), parallelamente ed in modo interattivo con quella delle altre discipline tecniche
coinvolte nel progetto dell’opera nel
suo insieme.
La classificazione dei luoghi è un metodo di analisi e di suddivisione convenzionale del luogo considerato in
zone pericolose e zone non pericolose in relazione alla provenienza del pericolo d’esplosione e alla probabilità
di presenza del pericolo.
Il procedimento di classificazione dei luoghi è il seguente, analogo a quello previsto per i luoghi con pericolo
d’esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie infiammabili.
d. Preparazione documentazione
Dopo aver determinato i tipi e le estensioni di tutte le zone pericolose originate dalle singole emissioni:
n) si individuano le aperture interessate da zone pericolose, (vedi 5.11);
o) si valuta la possibilità di eseguire interventi atti a rendere poco probabile la formazione di atmosfere
esplosive e limitare in numero e in estensione le zone più pericolose (zone 20 e 21), quali ad esempio la
limitazione in numero e in portata delle emissioni continue e di primo grado, la bonifica come indicato
nell’Appendice GC, (vedi 5.12).
p) si esegue l’inviluppo delle zone pericolose originate dalle singole sorgenti di emissione, (vedi 5.13);
q) si stabiliscono i dati per la definizione dei requisiti dei Prodotti, (vedi 5.14);
r) si prepara la documentazione tecnica di classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione, considerando
il livello di progettazione in cui si opera, (vedi Cap. 6).
Le seguenti informazioni di carattere generale, necessarie per classificare i luoghi con pericolo di esplosione,
devono essere reperite con il contributo del committente, delle figure professionali che agiscono nell’ambito
della sicurezza sul lavoro e del datore di lavoro.
Si segnala l’opportunità di reperire i dati generali di progetto prima di dare inizio all’attività di classificazione
dei luoghi con pericolo di esplosione, per evitare errori e/o omissioni.
Occorre accertarsi che il luogo rientri nel campo di applicazione della Norma, v.1.2.
Quando il luogo non rientra nel campo di applicazione della Norma non significa che non presenti pericoli di
esplosione, ma che l’identificazione del pericolo, la determinazione della quantità e probabilità di presenza
dell’atmosfera esplosiva (ripartizione in zone), l’estensione delle zone pericolose, nonché la valutazione del
rischio d’esplosione, possono essere eseguiti con procedimenti diversi non considerati nella Norma e nella
presente Guida; tuttavia, con le dovute cautele e per analogia, potrebbero essere adottati i procedimenti
della Norma e della presente Guida.
Le sostanze possono presentare diverse tipologie di pericolo per le quali si rimanda alle schede di sicurezza e
ambiente (es. pericolo di esplosione, pericolo d’incendio, pericolo da agenti cancerogeni).
Nel DPR 126/98, art.1 le polveri combustibili appartengono al Gruppo II come i gas, anche se con categoria
assegnata differente: II G per i gas e II D per le polveri; invece nella Norma CEI EN 60079-10-2 (vedi art.
4.2.a) le polveri appartengono al Gruppo III; inoltre esse sono suddivise in SOTTOGRUPPI come segue (vedi
3.23):
Devono essere individuate le sostanze in qualunque stato fisico che, sotto forma di polvere combustibile, o di
particelle solide combustibili volanti possono formare con l’aria atmosfere esplosive.
Nel seguito della presente guida sono considerate solo le polveri combustibili; tuttavia, come indicato nella
Norma, i principi espressi e le indicazioni della presente guida possono essere seguiti nei casi in cui particelle
solide combustibili volanti possono causare un pericolo.
Si individuano quindi le polveri combustibili presenti con le loro caratteristiche significative e se ne prepara
un elenco.
Particolarmente quando le polveri combustibili sono molte, l’elenco dovrebbe essere preparato utilizzando
appositi Fogli Dati.
- combustibilità, v. 5.5.1;
- esplodibilità, v. 5.5.2;
- grandezza media delle particelle di polvere e granulometria, v. 5.5.3;
- il contenuto di umidità e di altre sostanze inertizzanti, v. 5.5.4;
- campo di esplodibilità (LEL - UEL), v. 5.5.5;
- temperatura di accensione della nube e dello strato, v. 5.5.6;
- energia minima di accensione, v. 5.5.7;
- resistività elettrica, v. 5.5.8;
- densità (massa volumica) e densità apparente, v. 5.5.9;
Oltre alle caratteristiche di cui sopra, di volta in volta devono essere individuate anche le seguenti
caratteristiche relative alla manipolazione o al deposito delle polveri stesse:
Diversamente dai gas o vapori, le polveri possono assumere comportamenti nei confronti dell’esplodibilità
molto diverse al variare di alcune loro caratteristiche che sono proprie di ciascuna situazione impiantistica, ad
esempio: le dimensioni delle particelle e la distribuzione granulometrica, il contenuto di umidità, ecc. (vedi
anche art. 4.2.2).
Le caratteristiche delle polveri sono stabilite mediante prove. In generale le prove sono fatte in laboratori
specializzati.
Si ricorda che non sempre è necessario reperire tutte le caratteristiche per fornire informazioni sufficienti.
NOTA
I contenuti dell’Appendice GA non devono essere applicati in modo acritico, ma devono essere
correlati alla situazione reale che si presenta caso per caso, considerando le caratteristiche delle sostanze
effettivamente presenti nel luogo considerato e le modalità di produzione, lavorazione, manipolazione,
trasporto e deposito delle stesse.
5.5.1 Combustibilità
L’attitudine di una polvere a bruciare in strato (combustibilità) viene verificata mediante esami a vista in
laboratorio e, se la polvere non è combustibile lo strato di polvere non presenta pericoli d’incendio.
Per l’influenza delle caratteristiche delle polveri sulla loro combustibilità vedere l’Appendice GB.
Se tutte le polveri non sono combustibili il luogo non presenta pericoli d’incendio da strati di polvere
5.5.2 Esplodibilità
La seconda proprietà da verificare per individuare una polvere combustibile, oltre la combustibilità in strato,
è la sua esplodibilità in nube.
NOTA
Di massima si possono considerare “trascurabili” le esplosioni che, alle prove di laboratorio, producono
pressioni inferiori a 666 Pa (0,0066 bar - 5 mm Hg), in quanto, generalmente, si ritiene che pressioni di così
piccola entità non producano danni alle persone ed eventualmente danni minimi agli animali ed alle cose.
Se la polvere non è esplodibile l’esplosione non può avvenire. Se tutte le polveri presenti non sono esplodibili
il luogo non presenta pericoli d’esplosione da polveri.
Per l’influenza delle caratteristiche delle polveri sulla loro esplodibilità vedere l’Appendice GB.
La grandezza media delle particelle è quella nominale che si assegna ad una polvere per una sua
caratterizzazione, attraverso una prova specifica (es. utilizzando un setaccio con la dimensione delle maglie
del setaccio attraverso cui si separa il 50% in massa del materiale vagliato, microscopia, sedimentazione in
liquidi, ecc.).
La granulometria è la distribuzione percentuale statistica della grandezza delle particelle di una polvere data,
detta anche distribuzione granulometrica.
La grandezza delle particelle di una polvere è determinante per l’esplodibilità della polvere e per la possibilità
di formare la nube esplosiva e per la persistenza di questa, prima che tutta la polvere sia depositata.
Per la grandezza massima delle particelle vedere la definizione in 3.23.1. Si vedano al riguardo anche i
diagrammi delle Fig. GB.1-1 e GB.1-2.
Il campione selezionato per la valutazione deve essere rappresentativo della polvere prevedibile
nell’ambiente nelle condizioni peggiori. Questo in quanto anche particelle di grandezza maggiore di 500 µm
sottoposte a diverse operazioni (es. trasporto pneumatico) possono essere sminuzzate con formazione di
frazioni più fini o creare comunque pericoli d’esplosione.
E’ bene ricordare uno dei principi fondamentali della prevenzione contro le esplosione da polveri: le polveri
generano sempre polveri più fini.
La grandezza (dimensioni) non può generalmente essere considerata uguale per tutte le particelle di una
polvere data, per cui, in genere, essa è rappresentabile con distribuzioni statistiche (granulometria). È
dunque difficile determinare l’esatta influenza della grandezza delle particelle sulla propensione della polvere
ad esplodere essendo sempre possibile trovare, nella massa del materiale, ancorché in pezzatura grossolana,
una frazione granulometricamente adatta alla formazione di atmosfere esplosive.
La granulometria di una polvere è poco utilizzata nella pratica corrente, più utilizzata è la grandezza media
delle particelle; tuttavia essa può permettere di escludere a priori l’esplodibilità della polvere quando,
considerate tutte le condizioni di manipolazione e/o deposito, le frazioni al di sotto di 500 µm sono in
quantità trascurabile o assenti. La ricerca della granulometria (distribuzione granulometrica) è quindi
particolarmente utile quando la grandezza media delle particelle è maggiore di 500 µm.
Quando la polvere non è esplodibile, cioè non può creare nubi esplosive, rimane il pericolo di incendio dallo
strato (v. 4.2.3).
Come è stato detto, le particelle più fini sono più facilmente disperdibili e saranno queste le frazioni che
andranno a depositarsi più lontano dalla SE: si deve concludere quindi che, le esplosioni di nubi lontane dalle
SE possono essere più severe di quelle di nubi emesse o sollevate in prossimità delle SE stesse.
Esistono particelle talmente fini e leggere da avere un comportamento analogo a quello dei gas, esse si
allontanano molto dalla sorgente di emissione e possono depositarsi anche su superfici più alte della
sorgente di emissione; per queste polveri occorrono particolari considerazioni.
Per la velocità di sedimentazione o caduta ut in ambienti non perturbati, in funzione della grandezza media
delle particelle v. GD.3.2.1.
Le caratteristiche di esplodibilità di una polvere sono generalmente riconducibili alla grandezza media delle
sue particelle, pertanto questa deve essere specificata insieme alle altre caratteristiche significative.
Il contenuto di umidità di una polvere, espresso in termini di quantità d’acqua per unità di massa di polvere,
influenza le caratteristiche di esplodibiltà della polvere.
L’umidificazione della polvere con acqua dà luogo ad agglomerati più difficili da disperdere, si riduce quindi la
possibilità per la polvere di essere sollevata nell’aria e formare un’atmosfera esplosiva ed aumenta la
temperatura di accensione della nube.
L’umidificazione non è sempre praticabile, per esigenze di qualità del Prodotto o per incompatibilità; infatti ci
sono alcuni casi in cui l’acqua idrolizza la polvere e sviluppando calore ne facilità l’accensione. In altri casi
l’acqua reagendo violentemente con la polvere sviluppa idrogeno che aumenta il pericolo d’esplodibilità della
stessa polvere anidra (es. alluminio, magnesio)
Percentuali di umidità fino al 12% contenute nelle polveri sono considerate non influenti per il
comportamento delle stesse.
In generale si osserva che il LEL aumenta con l’aumentare del tenore di umidità; con percentuali di umidità
superiori al 30%-50% la maggior parte delle polveri è inerte (v. Nota).
NOTA
Non sempre esiste una relazione diretta tra l’umidità della polvere e l’umidità dell’aria ambiente.
Come per i gas, anche per le polveri esiste un campo di esplodibilità, compreso tra un limite inferiore (LEL)
ed un limite superiore (UEL), al di fuori del quale non è possibile l’innesco dell’esplosione.
I limiti di esplodibilità delle polveri (LEL e UEL) sono espressi in termini di massa di polvere per unità di
volume di aria, generalmente in g/m3.
Al disopra dell’UEL la fiamma non può propagarsi per mancanza di ossigeno nelle immediate vicinanze delle
particelle. La determinazione sperimentale dell’UEL di una polvere presenta notevoli difficoltà, in quanto
bisogna essere certi che la nube costituente il sistema eterogeneo polvere-aria abbia composizione uniforme
e che non si formino zone in cui la concentrazione della polvere sia inferiore a quella corrispondente al limite
superiore di infiammabilità. Poiché è estremamente raro che negli impianti industriali nubi di polvere possano
essere mantenute in concentrazioni sopra il limite superiore di esplodibilità, l’interesse per questo limite è
piuttosto scarso e la misura dell’UEL non viene quasi mai effettuata.
Di grande interesse e utilità pratica risulta la determinazione sperimentale del LEL, che rappresenta la più
piccola quantità di polvere sospesa in un'unita di volume di aria capace di accendersi e di propagare la
fiamma. In concentrazioni inferiori al LEL le particelle della stessa polvere sono più lontane tra di loro e, a
tale distanza, il calore liberato dall'ossidazione delle singole particelle non è sufficiente ad accendere quelle
adiacenti.
NOTA
Con miscele ibride gas-polvere la determinazione sperimentale del LEL e particolarmente complessa. La via
delle prove deve essere considerata quando si e in presenza di notevoli quantità di miscele e quando sia
prevedibile un risultato attendibile dalla prova stessa. In alternativa si può ricorrere ad una valutazione del
contributo energetico di ciascuna sostanza costituente la miscela e la somma deve risultare inferiore al
contributo energetico di ciascuna sostanza in concentrazione pari al suo LEL; in ogni caso. e opportuno
essere prudenti, quindi assumere un LEL più basso di quello che risulta da una valutazione anche puntuale.
In pratica, i limiti di esplodibilità per le polveri non sono utilizzabili nella stessa misura di quelli per i gas e i
vapori, in quanto la concentrazione di polveri può essere notevolmente alterata localmente da condizioni
ambientali specifiche, ad esempio, e possibile che si formi un'atmosfera esplosiva a causa di vortici di
polveri.
I termini "limite di esplodibilita" e "limite di esplosione" sono considerati sinonimi, da preferirsi "limite di
esplodibilita ".
….
I tipi di zone pericolose sono definiti nell’art. 6.2 della Norma e riportati nell’art. 3.34 della presente guida.
Il tipo di zona è strettamente correlato da un legame di causa-effetto al grado dell’emissione, per cui in
generale vale la corrispondenza riportata nella Tabella 5.8-A tratta dalla Norma.
NOTA 1
Lo scoppio di un grande contenitore di polvere, guasto catastrofico (vedi par. 1 Nota 1), può provocare la
formazione di uno strato di grande spessore. Generalmente, questo guasto non rientra nel concetto di
anormalità trattato nella Norma e considerata ai fini della classificazione dei luoghi. Nei casi rari in cui questo
tipo di guasto debba essere annoverato tra le anormalità considerate nella Norma, esso sarà considerato una
emissione di grado secondo; tuttavia, se lo strato così formatosi, viene rimosso rapidamente, o se
l’apparecchiatura è isolata, può non essere necessario classificare il luogo come zona 22.
È previsto che questa possibilità sia stata identificata e registrata nello studio insieme alle idonee procedure
di controllo.
NOTA 2
Molte sostanze, quali il grano e lo zucchero, contengono piccole quantità di polvere miscelate con una
grande quantità di particelle di grandezza maggiore di quella compresa nella definizione di (vedi 3.23),
materiale granulare. La scelta dell’apparecchiatura deve considerare i rischi che le particelle più grosse
possono surriscaldarsi e cominciare a bruciare (lenta combustione), anche se in quel luogo non è possibile
alcuna esplosione di nube di polvere. Il materiale granulare incendiato può essere trasportato a valle nel
processo e creare un rischio di esplosione altrove.
La bonifica degli ambienti è l’elemento che può alterare questa corrispondenza; una mancata o non
adeguata bonifica potrebbe condurre alla presenza continua di strati di polveri, con conseguente aggravio,
sia del tipo di zona, sia della sua estensione.
Esempio: una emissione di primo grado crea una zona 21 nell’intorno della SE e, se non si attuano interventi
di bonifica, può creare uno strato di polvere uniformemente distribuito in tutto l’ambiente. Se la bonifica non
è adeguata, in caso di presenza di cause di sollevamento della polvere (es. turbolenze), lo strato stesso
diventa una SE con grado di emissione dipendente dalla probabilità di presenza delle cause di sollevamento
della polvere, ad es. con cause frequenti di sollevamento si ha una emissione di grado continuo che
determina una zona 20.
La valutazione dell’efficacia della bonifica degli ambienti è agevolata con l’introduzione nella Norma dei
livelli di mantenimento della pulizia, vedi l’Allegato C della Norma stessa.
Qualora si disponga di dati attendibili rilevati da luoghi con presenza delle stesse polveri combustibili o di
altre con pari caratteristiche, ivi soggette a lavorazione o deposito con modalità e in condizioni ambientali
che non siano diverse da quelle previste nel luogo considerato, tali dati possono essere utilizzati per
rettificare il tipo e l’estensione delle zone pericolose definite applicando le procedure previste nella Norma e
nella presente Guida. I dati suddetti e i metodi di rilevamento degli stessi devono consentire una corretta
valutazione in uno dei modi seguenti:
Tabella 5.8-B
Tuttavia, la zona 20 può essere presente anche all'esterno dei sistemi di contenimento delle polveri
combustibili, con emissioni di grado continuo nell’ambiente, quali possono essere ad esempio quelle da
recipienti aperti, da depositi all’aperto, da strati di polvere di spessore incontrollato perché non è attuata
un’adeguata bonifica (in genere si tratta di luoghi in cui non si svolgono operazioni di pulizia), vedi 3.26 e
Appendice GC.
Le zone 21 possono essere presenti anche all'interno dei sistemi di contenimento delle
polveri combustibili se, tramite un’analisi specifica delle procedure di lavorazione o deposito, la probabilità di
presenza dell’atmosfera esplosiva soddisfa la definizione di zona 21 (vedi 5.8.1).
Esempio:
Alcuni sili possono essere riempiti o svuotati solo raramente, quindi, l’interno può essere classificato
come zona 21. In questi casi, per evitare di mantenere attive delle sorgenti di accensione quando non
necessario, le apparecchiature [Prodotti] installate all’interno utilizzate solo per le operazioni di riempimento
o svuotamento devono essere mantenute fuori servizio quando non si attuano dette operazioni.
La valutazione delle sorgenti di accensione deve prendere in considerazione il fatto che la nube di polvere è
probabile sia presente mentre le apparecchiature sono in funzione.
5.9 Determinazione dell’estensione delle singole zone pericolose originate da emissioni dai
sistemi di contenimento delle polveri combustibili
5.9.1 Estensione delle zone pericolose all'interno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili
Le zone pericolose all'interno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili, generalmente zone 20
(v. 5.8.2.1), si estendono a tutto il volume interno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili,
quali ad esempio: recipienti, apparecchi, mulini, frantumatrici, essiccatoi, cicloni, filtri, tramogge,
mescolatori, condutture per il trasporto, coclee, nastri trasportatori, insaccatrici, sili, ecc.
5.9.2 Estensione delle zone pericolose all'esterno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili
L’estensione delle zone pericolose all’esterno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili deve
essere stabilita considerando principalmente le seguenti caratteristiche delle polveri, del sistema di
contenimento e dell’ambiente.
Dall'analisi delle caratteristiche sopra elencate e di altre ancora che fossero utili, dalle conoscenze
scientifiche disponibili nelle discipline generali della fisica tecnica e della chimica applicata, nonché dalla
disponibilità di studi sperimentali di settori specifici, di guide e raccomandazioni relative a specifiche industrie
od applicazioni nonché dall'esperienza, è possibile trarre, con le dovute cautele in relazione al grado di
indeterminazione presunto, le conclusioni sull’estensione delle zone pericolose.
La quota “a” richiamata nei paragrafi seguenti per la definizione dell’estensione delle zone pericolose
all'esterno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibili, rappresenta l’effettiva estensione assunta
della zona pericolosa nella direzione di emissione e di più probabile dispersione della nube esplosiva, che il
tecnico incaricato della classificazione dei luoghi pericolosi, assume per il progetto, con criteri cautelativi,
partendo, se del caso, dal valore di dz definito come indicato nell’Appendice GD.
In generale le zone pericolose si estendono in verticale verso il basso fino alla superficie di deposito (es.
suolo, pavimento, o superficie che delimita inferiormente la caduta della polvere).
Deve essere considerato che la polvere fine può essere trasportata lontano dalla SE dai movimenti dell’aria.
L’estensione delle zone può essere definita in modo diverso a seconda che l’emissione di polvere avvenga in
ambiente aperto o ambiente chiuso.
In ambienti aperti la zona o le zone pericolose si limitano a un volume prossimo alla SE (campo vicino) e
si estendono a partire dalla SE con dimensioni definite in base a quanto di seguito indicato; inoltre, le zone
pericolose possono essere meno estese che in ambienti chiusi, in quanto aperti si considera che negli
ambienti la naturale turbolenza dell’aria abbia effetto disperdente sulle polveri e che la presenza di notevoli
quantità di polveri inerti abbia sulle stesse effetto inertizzante, v. l’Appendice GD.
Negli ambienti aperti, quando la portata di emissione Qd è piccola, l’emissione avviene ad una notevole
altezza dalla superficie di deposito (es. h 10 m) e si prevedono vento/turbolenze sufficienti a diluire la nube
in caduta, è ragionevole considerare l’estensione verticale verso il basso non maggiore di ( 5 · “a” ), v. 5.9 e
GD.2
Fig. 5.9-1
Esempio di zone pericolose originate dallo svuotamento di contenitori in una tramoggia priva di mezzi di
aspirazione polveri, sita in ambiente chiuso in cui è prevista la possibilità di formazione di strati di polvere
Fig. 5.9-2
Esempio di zone pericolose originate dallo svuotamento di contenitori in una tramoggia priva di mezzi di
aspirazione polveri, sita in ambiente chiuso in cui non è prevista la possibilità di formazione di strati di
polvere
Fig. 5.9-3 Esempio di zone pericolose originate dallo svuotamento di contenitori in una tramoggia priva di
mezzi di aspirazione polveri, sita in ambiente aperto in cui non è prevista la possibilità di formazione di strati
di polvere
NOTA
Questa figura, come la Fig. A.1 della Norma, non può essere applicata generalmente in ambienti chiusi (v.
6.4 ultimo capoverso della Norma). L’eventuale applicazione in detti ambienti deve essere derivata da una
valutazione specifica
Fig. 5.9-4
Esempio di zone pericolose originate dallo svuotamento di un autocarro in una fossa di ricezione priva di
mezzi di aspirazione polveri, sita in ambiente chiuso
Fig. 5.9-5
Esempio di zone pericolose originate dallo svuotamento di un autocarro in una fossa di ricezione con sistema
di aspirazione polveri, sita in ambiente chiuso o aperto
Fig. 5.9-6
Esempio di zona pericolosa originata dalla tenuta dell’albero di una macchina macinatrice, sita in ambiente
chiuso o aperto
Fig. 5.9-7
Esempio di zona pericolosa originata dallo scarico in ambiente chiuso (o anche aperto) di un filtro dove la
polvere può essere emessa solo per malfunzionamento o rottura del filtro stesso
Fig. 5.9-8
Esempio di zona pericolosa originata dallo svuotamento in sistema chiuso di un Saccone (in inglese Big-Bag
o FIBC) provvisto di aspirazione polveri, sito in ambiente chiuso o aperto
Fig. 5.9-9
Esempio di zona pericolosa originata da un miscelatore sito in ambiente chiuso o aperto
Fig. 5.9-10
Esempio di zone pericolose originate da un trasportatore a coclea sito in ambiente chiuso o aperto provvisto
di sistemi di controllo dell’efficienza
Fig. 5.9-11
Esempio di zone pericolose originate da un elevatore a tazze sito in ambiente chiuso o aperto provvisto di
sistemi di controllo dell’efficienza
NOTA
I trasportatori e gli elevatori chiusi non provvisti di sistemi di controllo dell’efficienza possono dare origine a zone
22 di estensione maggiore e non solo in corrispondenza delle estremità.
Fig. 5.9-12
Esempio di zone pericolose originate da uno scarico, o anche travaso, continuo o frequente di polvere in
grande quantità, in un recipiente aperto con bocca di scarico bassa sotto il bordo del contenitore sito in
ambiente chiuso
Fig. 5.9-13
Esempio di zone pericolose originate da uno scarico, o anche travaso, continuo o frequente di polvere, in un
recipiente aperto con bocca di scarico bassa sotto il bordo del contenitore sito in ambiente aperto
Fig. 5.9-14
Esempio di zone pericolose originate da uno scarico, o anche travaso, occasionale di polvere, in un recipiente
aperto con bocca di scarico bassa sotto il bordo del contenitore sito in ambiente chiuso o aperto
Fig. 5.9-15
Esempio di zona pericolosa originata dallo scarico, o anche travaso, occasionale di piccole quantità di
polvere, in un recipiente aperto con bocca di scarico bassa sotto il bordo del contenitore sito in ambiente
chiuso o aperto
Fig. 5.9-16
Esempio di zone pericolose originate da uno scarico, o anche travaso, continuo di polvere, in un recipiente
aperto con bocca di scarico alta al di sopra del contenitore sito in ambiente chiuso o aperto
NOTA
Queste modalità di travaso dovrebbero essere evitate
Fig. 5.9-17
Esempio di zona pericolosa originata da una manichetta di connessione in materiale tessile sita in ambiente
chiuso o aperto
Fig. 5.9-18
Esempio di zona pericolosa originata da una valvola a stella sita in ambiente chiuso o aperto
Fig. 5.9-19
Esempio di zona pericolosa originata da una valvola rotativa (rotocella) sita in ambiente chiuso o aperto
Fig. 5.9-20
Esempio di zona pericolosa originata da un distributore a giostra sito in ambiente chiuso o aperto
Fig. 5.9-21
Esempio di zone pericolose originate da una insaccatrice sita in ambiente chiuso o aperto
5.12 Valutazione della possibilità di eseguire interventi atti a rendere poco probabile la
formazione di atmosfere esplosive e limitare le zone più pericolose (zone 20 e 21)
La sicurezza integrata di cui al D.Lgs 81/08 e le successive modificazioni richiede che le opere (impianti)
dove le polveri combustibili di qualunque natura sono presenti o possono formarsi (luoghi di lavorazione,
convogliamento, manipolazione o deposito), devono essere progettate, esercite e mantenute in modo da
evitare innanzi tutto, per quanto possibile, la presenza di atmosfere esplosive pericolose.
Per raggiungere lo scopo di poter valutare la possibilità di eseguire interventi atti a rendere poco probabile la
formazione di atmosfere esplosive, limitare in numero e in estensione le zone più pericolose (zone 20 e 21) e
consentire interventi mirati quali ad esempio la limitazione in numero e in portata delle emissioni continue e
di primo grado, nonché la bonifica come indicato nell’Appendice GC, la classificazione dei luoghi dovrebbe
essere eseguita in due fasi distinte (livelli): una edizione preliminare e una edizione definitiva, vedi 6.1.
5.13 Inviluppo delle zone pericolose originate dalle singole sorgenti di emissione (SE)
La classificazione del luogo pericoloso si ottiene dall’inviluppo delle singole zone pericolose, determinate
come indicato nei punti precedenti. Ovviamente nei punti di sovrapposizione la zona più pericolosa prevale
su quella di minore pericolosità (la zona 20 sulle zone 21 e 22, la zona 21 sulla zona 22).
Dove dall’inviluppo risultano piccole zone non pericolose circondate e/o incuneate tra zone
pericolose, può essere opportuno considerare anch’esse pericolose.
Parimenti se nelle immediate vicinanze dell’inviluppo così risultante ci sono altre zone
classificate, specie di piccola dimensione, può essere opportuno raccordarsi con esse e
inglobarle.
Nei documenti di classificazione dei luoghi, oltre ai tipi e alle estensioni delle zone pericolose, devono essere
indicati il GRUPPO e la CATEGORIA dei Prodotti secondo il DPR 126/98 (Direttiva 94/9/CE), le temperature
massime superficiali Tmax e le altre caratteristiche delle polveri necessarie per definire i requisiti dei Prodotti
come ad esempio riportate nella Tabella GA. 1-A.
Ove necessario, le caratteristiche di cui sopra devono essere raggruppate per evitare
diversificazioni insignificanti ai fini dei requisiti e dei costi dei Prodotti, ma onerose come
scorte di magazzino.
I raggruppamenti devono essere previsti almeno per ciascun ambiente e facendo prevalere i valori più severi
su quelli meno severi.
Per poter fare la valutazione di cui in 5.12, la classificazione dei luoghi dovrebbe essere preparata in due
edizioni (livelli) distinte:
a) una edizione preliminare, da preparare nelle fasi iniziali della progettazione (progetto preliminare e/o
definitivo secondo la Guida CEI 0-2) in concomitanza con la definizione della planimetria dell'opera, delle
caratteristiche dei componenti che costituiscono i sistemi di contenimento delle sostanze infiammabili
(impianti di processo) e degli edifici; essa dovrebbe contenere almeno:
b) una edizione definitiva (da preparare nella fase di progetto esecutivo secondo la Guida CEI 0-2),
comprendente tutte le informazioni necessarie per una corretta definizione dei requisiti di sicurezza degli
impianti e dei relativi Prodotti.
- relazione tecnica;
- fogli dati; (eventuali);
- relazione illustrativa dei calcoli eseguiti (eventuale);
- disegni.
Nei documenti sopra indicati devono essere riportate, tra l’altro, le informazioni per la definizione dei requisiti
dei Prodotti di cui in 5.14.
Per i casi più semplici la documentazione può essere semplificata di conseguenza, purché contenga tutte le
informazioni necessarie.
Essa può costituire un documento a sé stante od anche far parte del “Documento sulla protezione contro le
esplosioni” di cui all’art. 294, Titolo XI del D.Lgs. 81/08.
Quando il luogo (opera) considerato è grande e costituito da tante parti o unità, può essere utile preparare
una relazione tecnica generale e tante relazioni tecniche particolari quante sono le parti o unità di cui si
effettua la classificazione dei luoghi.
La relazione tecnica deve contenere:
c) elenco delle sostanze in qualunque stato fisico che, sotto forma di polvere combustibile, possono formare
con l’aria atmosfere esplosive e/o formare strati di polveri combustibili, con indicazione delle loro
caratteristiche significative e delle condizioni operative nell’ambito del processo produttivo attuato; nonché
l’eventuale individuazione delle polveri considerate rappresentative (utilizzate per le valutazioni), v. 5.5;
NOTA Quando le sostanze sono numerose, può essere opportuno predisporre dei Fogli dati con le relative
informazioni.
d) descrizione degli ambienti considerati e dei dati ambientali, sia interni, sia esterni e delle condizioni
ambientali, compresi gli eventuali sistemi di bonifica, v. 5.6;
e) per ciascun ambiente, elenco delle sorgenti di emissione (SE), con indicazione della loro ubicazione, dei
relativi gradi e modalità di emissione, nonché l’individuazione delle
sorgenti di emissione (SE) considerate rappresentative (utilizzate per le valutazioni) e dei punti o parti di
impianto non considerati sorgenti di emissione, v. 5.7;
NOTA
Quando le sorgenti di emissione sono numerose, può essere opportuno predisporre dei Fogli dati con le
relative informazioni.
f) per ciascun ambiente, determinazione dei tipi ed estensione delle singole zone pericolose (riferite a
ciascuna emissione), v. 5.8 e 5.9;
h) per ciascun ambiente, indicazioni delle aperture interessate da zone pericolose e dei tipi ed estensioni
delle zone pericolose a valle, v. 5.11;
i) per ciascun ambiente, indicazioni degli interventi attuati per rendere poco probabile la formazione di
atmosfere esplosive e limitare le zone più pericolose (zone 20 e 21),v. 5.12;
l) tipi ed estensioni delle zone pericolose risultanti (inviluppo) e informazioni per la definizione dei requisiti
dei Prodotti, v. 5.13.1;
NOTA Riassumono le implicazioni che le scelte fatte riguardanti la classificazione dei luoghi, come detto nei
punti precedenti, comportano nella progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione degli impianti e dei
relativi componenti coinvolti nella realizzazione della sicurezza oggetto della Norma.
Tali elementi devono essere travasati nelle istruzioni o disposizioni di progettazione, di costruzione, di
esercizio e di manutenzione dei sistemi.
“Gli impianti in cui sono prodotte, manipolate, convogliate o depositate polveri combustibili (impianti
tecnologici) devono essere progettati, eserciti e mantenuti in modo da minimizzare, sia la probabilità di
emissione, sia la quantità di polveri emesse nell’ambiente.
In particolare, le zone dove il pericolo può essere presente in funzionamento normale (es. zone 20 e 21)
devono essere limitate sia in numero sia in estensione.
NOTA
A tale proposito si deve ricordare che gli interventi di bonifica influenzano sia la qualifica, sia l’estensione
delle zone pericolose per cui occorre attuarli nel rispetto delle procedure stabilite
La classificazione dei luoghi si può basare su procedure operative (di esercizio) quali ad esempio:
1) l’obbligo di intervenire sui componenti del sistema di contenimento delle polveri
combustibili quando perdono;
2) l’obbligo di mantenere chiuse le porte;
3) l’obbligo di mettere fuori servizio i Prodotti se non si riesce a ripristinare il sistema di
sicurezza adottato, quale ad esempio: la bonifica dell’ambiente.
Le procedure vanno rispettate; inoltre, tutti coloro che, operando negli impianti, si avvedono di incongruenze
o anomalie sono tenuti a segnalarle a chi di competenza.
Quando il luogo con pericolo d’esplosione è stato classificato e tutti i dati di riferimento sono riportati nella
documentazione relativa, è importante che nessuna trasformazione (modifica o ampliamento) dell’opera
(impianto tecnologico, comprendente l’impianto di processo, di manipolazione, di convogliamento o deposito
di sostanze infiammabili) che ha determinato la classificazione stessa, sia eseguita senza che venga
interessato e si ottenga l’accordo del responsabile di detta classificazione, in quanto, azioni non concordate
possono invalidarla.
“La documentazione di classificazione dei luoghi deve essere consegnata al committente, il quale:
I fogli dati sono documenti contenenti informazioni tabellate, quali ad esempio l’elenco delle sostanze
presenti, elenco delle sorgenti di emissione; essi sono particolarmente utili per alleggerire la relazione
tecnica quando l’opera oggetto dell’incarico è grande, le sostanze e/o le SE sono molte, v. 6.2.1.
6.2.4 Disegni
a) l’ubicazione e l’identificazione delle SE mediante codici o numeri per facilitare i riferimenti incrociati con
gli altri documenti (es. può essere utilizzato il numero riportato nella prima colonna del Foglio dati dove sono
elencate le SE); il codice o numero può essere racchiuso in una ellisse o in un esagono per evidenziarlo nel
disegno, Fig. 6.2-1;
b) il tipo e l’estensione delle zone pericolose, utilizzando la simbologia indicata in Fig. 6.2-2, con
l’indicazione del Gruppo e della Categoria dei Prodotti di cui in 5.14.1, della
temperatura massima superficiale Tmax dei Prodotti di cui in 5.14.2, nonché degli strati di polvere presenti,
in particolare quando di spessore maggiore di 5 mm;
c) quando negli ambienti considerati sono presenti aperture (porte, finestre, aperture di ventilazione,
passaggi di servizi, ecc.) è opportuno preparare un disegno preliminare per accertare quali siano quelle
interessate da zone pericolose a monte, al fine di stabilire i tipi e le estensioni delle zone pericolose a valle
delle stesse; nei disegni saranno riportate: l’ubicazione e l’identificazione delle aperture degli edifici mediante
codici o numeri, per facilitare i riferimenti incrociati con gli altri documenti in analogia con le SE (es. porte,
finestre, aperture d’ingresso aria, ecc.), Fig. 6.2-1;
Per gli ambienti esterni, i disegni saranno generalmente costituiti da piante, per le quali
saranno utilizzate come base quelle dell’impianto tecnologico con riportati:
- i componenti contenenti le sostanze che possono dare origine a polveri combustibili (apparecchiature di
processo, tubazioni, sili, ecc.);
- gli edifici, le tettoie, i muri, le dighe di contenimento, i cunicoli, le fosse, le trincee ed ogni altra costruzione
che possa condizionare la ventilazione (turbolenza) dell’ambiente;
- le aperture degli edifici (porte, finestre, aperture di ventilazione, passaggi di servizi, ecc.).
La classificazione del luogo o dei luoghi pericolosi risulterà dall’inviluppo delle zone originate dalla singole SE,
inglobando le eventuali zone non pericolose di piccola estensione che si incuneano in essa o ne sono
circondate.
Per gli ambienti interni può essere necessario preparare prospetti e/o sezioni nonché
planimetrie piano per piano.
La simbologia di identificazione dei diversi tipi di zone pericolose da utilizzare nei disegni di classificazione è
riportata nella Fig. 6.2-2; si tratta di una simbologia universalmente riconosciuta ma non obbligatoria nella
Norma; tuttavia, si raccomanda vivamente di utilizzarla; in ogni caso, non è ammesso invertire il significato
dei simboli riportati.
Nei disegni devono essere evidenziate le zone con polveri diverse e spessori degli strati diversi; un metodo
adatto è quello di utilizzare tratteggi con diverse densità delle righe, completato da una legenda dove sarà
indicato il tipo di polvere e lo spessore dello strato per i diversi tratteggi.
Zona 20
Zona 21
Zona 22
Figura 6.2-2 - Simboli di identificazione dei diversi tipi di zone pericolose sui disegni
La Norma CEI EN 60079-10-2 (CEI 31-88) e la presente Guida si applicano alla classificazione dei luoghi
pericolosi relativi ad opere nuove e trasformazioni radicali di quelli esistenti; quando le trasformazioni
(modifiche o ampliamenti) dell'opera, i cui luoghi sono stati classificati applicando la Norma CEI EN 61241-10
(CEI 31-66), non sono radicali, è possibile eseguire la classificazione di luoghi secondo la Norma CEI EN
60079-10-2 della sola parte modificata.
Il decreto D.Lgs 81/08 stabilisce che, per i luoghi in cui possono formarsi atmosfere esplosive sotto forma di
nube di polvere combustibile nell’aria, le zone sono: zona 20, 21 e 22.
La Norma CEI 64-2 non prevedeva i diversi tipi di zone, ma soltanto zone AD e zone non AD, questo
comporta che, ferma restando la responsabilità e discrezionalità del datore di lavoro, nella generalità dei
casi, i luoghi classificati di Classe 2 con la Norma CEI 64-2 devono essere riclassificati applicando la norma
relativa norma CEI in vigore alla data di riclassificazione.
Quando sia eseguita una nuova classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione, gli impianti elettrici
eseguiti a suo tempo secondo la Norma CEI 64-2, o comunque eseguiti prima del 30 giugno 2003 e non
modificati, devono essere verificati per accertare la loro rispondenza alle prescrizioni minime stabilite dal
D.Lgs 81/08, nell’ambito della valutazione dei rischi di esplosione (vedi anche la Guida CEI 31-93).
GC.1 Generalità
I sistemi o provvedimenti di bonifica (v. 3.18) possono essere previsti per tutte le polveri comunque emesse
nell’ambiente, o solo per allontanare o neutralizzare le polveri emesse in determinate condizioni o da singole
SE. In generale, sono da considerare bonificati gli ambienti nei quali le polveri combustibili disperse nell’aria
sono mantenute in concentrazione inferiore al LEL con un discreto margine di sicurezza (v. 5.5.5) e gli strati
di polvere sono mantenuti di spessore trascurabile (v. 4.2.3) considerando tutte le SE e tutte le possibili
condizioni di emissione.
Possono rientrare fra gli ambienti bonificati anche quelli nei quali le condizioni sopra indicate sono realizzate
per proteggere le persone contro la tossicità delle polveri senza ricorrere a mezzi protettivi individuali.
I provvedimenti di bonifica, per loro natura e/o per il modo con cui sono realizzati e mantenuti,
devono poter essere considerati con disponibilità buona o adeguata, come definito in GC.3.2.3, cioè attivi in
pratica con continuità, o almeno durante il funzionamento normale per tutto il tempo in cui la polvere
combustibile può essere immessa nell'ambiente (le SE sono attive); sono ammesse delle interruzioni purché
siano poco frequenti e per brevi periodi.
I provvedimenti di bonifica possono essere diversi:
a) asportazione continua delle polveri combustibili disperse nell’aria con sistemi di ricambio dell’aria
ambiente;
b) asportazione delle polveri combustibili emesse da singole SE;
c) contenimento in depressione delle polveri combustibili;
d) rimozione degli strati di polveri combustibili presenti nell’ambiente;
e) inertizzazione dell’atmosfera dell’ambiente (un locale o un contenitore);
f) inertizzazione delle polveri combustibili;
g) pressurizzazione dei locali o edifici.
segue norma
Fonti
Collegati
EN 60079-X: Tutte le norme ATEX della serie
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