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𝜎1 −𝜎3 𝜎𝑠𝑛
𝜏𝑚𝑎𝑥 = = . Seguendo il criterio ho che 𝜎𝑖𝑑 = 𝜎1 − 𝜎3 = 𝜎𝑠𝑛
2 2
𝜎𝑠𝑛
quindi 𝜏𝑠𝑛 = per un generico cerchio di Mohr si ha che
2
𝜎𝑥 2 2 𝜎𝑠𝑛
𝜏𝑚𝑎𝑥 = √( ) + (𝜏𝑥𝑦 ) = quindi in conclusione si ottiene
2 2
a
Non posso più
riferirmi a De Seint
Venant perché
otterrei uno stato di
sollecitazione
sottostimato (non ho
più una trave ma una
piastra).
In questo caso non
ho una dimensione
predominante come
per le travi. Prova di trazione e ottengo uno stato di tensione 𝜎𝑦 . Se uso
una piastra identica ma con un foro ellittico al centro (cerchio caso
particolare), ripeto la prova inizialmente ho 𝜎𝑦 come prima ma vedo che
avvicinandomi al foro la tensione cresce e diventa molto più grande,
inoltre nasce anche una 𝜎𝑥 quindi con una sollecitazione monoassiale si
origina uno stato pluriassiale ma si noti che comunque arrivati sull’ellisse
𝜎𝑥 torna a zero.
Se vado a fare il confronto tra i due
casi nel punto blu ottengo in forma
2𝑏
analitica 𝜎𝑚𝑎𝑥 = 𝜎𝑛𝑜𝑚 (1 + )
𝑎
La velocità di propagazione
della cricca dipenderà
dall’ampiezza del carico
ciclico. Ad ogni ciclo
corrisponde una striatura che
indica l’avanzamento della
cricca nel ciclo.
Dice che per materiali con 𝜎𝑟 < 1400 𝑁/𝑚𝑚2 vale 𝜎𝑎𝑓 =
0.5𝜎𝑟 (sigma a fatica) mentre per valori maggiori di 1400
N/mm2 𝜎𝑎𝑓 = 700 𝑁/𝑚𝑚2 . E’ un metodo più approssimato,
se possibile meglio usare i dati sperimentali. Per diversi
materiali varia il coefficiente della retta.
Nota; per acciai si nota sperimentalmente che 𝜎𝑎 = 0,9𝜎𝑟 a
1000 cicli ( sigma alternata)
Si parte da 0.9 per 1000
cicli. Poi sappiamo che il
ginocchio è piu o meno a
106 cicli, quindi se so il
corrispondente carico a
fatica posso tracciare il
grafico, e lo trov da Fuchs.
Voglio ora passare a studiare la fatica sui componenti e non piu sui
provini. I pezzi sono influenzati da un'altra serie di fattori come:
Finitura superficiale (Ka), Dimensione del pezzo (Kd), Trattamenti
superficiali (meccanici, termici e/o chimici, rivestimenti),Tensioni
residue, Geometria (effetto
d'intaglio), Tipo di carico (KL ),
Temperatura di esercizio, Ambiente
corrosivo.
TRATTAMENTI
I principali trattamenti sono
trattamenti meccanici, i trattamenti di rivestimento, e quelli termici. Tutti
i trattamenti che inducono uno stato di tensione residua di
compressione sulla superficie hanno un effetto benefico; Durante la
compressione le cricche non si espandono quindi la posso trascurare,
quindi se ho tensione residua di compressione mi migliora la resistenza
T RAZIONE
C OMPRESSIONE
Stampaggio, imbutitura, saldatura
Rullatura pallinatura, lavorazioni plastiche a
INIZIALE freddo
COEFFICIENTI DI INTAGLIO
Questa volta si usa il coeff sperimentale di intaglio. (Si determina
facendo una prova comparativa tra un provino liscio e uno intagliato
con r
raggio
di
La
sollecitazione
che abbiamo
analizzato fino
a ora è
sinusoidale con
valor medio
nullo. Nel caso
con valor
medio non
nullo si usa un
diagramma sperimentale. Caso in cui ho tensione media sommata a
quella alternata. Il diagramma è fatto fissando il numero di cicli a
rottura. Nota che per un po’ di valori negativi quella alternata si
mantiene costante e questo dà ragione al fatto che una tensione
residua di compressione è buona.
-Diagramma di Smith
Per tracciarlo servono solo
resistenza statica a rottura e a
snervamento e limite a fatica
alternata con R=-1. Riporto sopra
e sotto la sigma a fatica, poi
riporto le sigma a rottura e traccio
delle rette che incontrano quella a
45° (Nel caso di sigma R
corrispondente attenzione media,
con Tensioni alternate nulla, il
provino si rompe allo stesso modo
con tensione media nulla e a
tensione alternata pari a quella di rottura sia la rottura al primo ciclo ) si
unisce poi il punto trovato con i due di 𝜎𝑓 . MI direbbe che nell’area
compresa tra i segmenti trovati non ho rottura per fatica, però per
Da qua si può
definire il coeff di
sicurezza, più
sono lontano
dalle linee rosse
più sono in
sicurezza. Sarà
dato dalla linea
blu fratto quella
verde se
considero la retta 𝜎𝑚 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 (ad esempio una gru con un peso proprio
piuttosto grande che non varia, al quale si sommano dei carichi che io
devo sollevare che sono variabili). Scelgo una di quelle rette in base alle
mie situazioni. R=cost i carichi medi e alternati variano in modo uguale.
Stesse considerazioni per smith.
(Carichi combinati sulle slides).
Carichi con sollecitazione con ampiezza
variabile nel tempo.
Si valuta la porzione di vita del
componente definita dal singolo ciclo o
da un blocco di cicli.
Si usa il metodo di Miner:
si prende il diagramma di
wohler per un materiale
supponiamo di applicare un
sigma 1 e so che a un N1 si
rompe il pezzo. Suppongo
poi di applicare sempre
sigma1 ma di fermarmi a un
numero di cicli minore n1, il
provino non si rompe ma
avrà subito un certo
𝜎𝑎 (assiale):
𝑝𝑟
𝜎𝑒𝑞 = − 0 (la minima è la radiale che ho assunto nulla) Si vede che al
𝑡
crescere di pressione e raggio sale e decresce al decrescere della
pressione in modo lineare.
Sul fondo semisferico: La tensione assiale è la stessa del caso di prima.
*si fa per analogia con il caso di prima sostituendo a p σr. Allo stesso
modo nella parte sopra sostituendo σr+dσr e r+dr.
quindi ho
Per un comportamento elastico si ha sempre:
𝐸 𝐸
𝜎𝑟 = (
2 𝜀𝑟 + 𝜈𝜀𝑐 + 𝜈𝜀𝑎
) 𝜎𝑐 = (𝜀𝑐 + 𝜈𝜀𝑟 + 𝜕𝜀𝑎 )
1−𝜈 1−𝜈2
forza che agisce sul fondo sa p*Acil mentre la tensione assiale sarà
riferita all’area su cui agisce.
𝑟𝑒2
𝜎𝑖𝑑 (𝑚𝑎𝑥 ) = 2𝑝 ⋅
𝑟𝑒2 −𝑟𝑖2
𝑟𝑒 2 𝑟𝑖 2 𝑟𝑒 2
𝜎𝑖𝑑 (𝑀𝐴𝑋) = 2𝑝 2 ⋅ = 2𝑝 2
𝑟𝑒 − 𝑟𝑖2 𝑟 2 𝑟𝑒 − 𝑟𝑖2
-Cilindri forzati:
Per riuscire a sopportare tensioni molto alte si
usano più cilindri forzati uno nell’altro.
(forzatura scaldando) si usano spesso anche
per ridurre lo spessore. L’interferenza fa sì che
il cilindro esterno eserciti una forza che tende
a comprimere quello interno mentre quello
interno una forza contraria. Si usa il principio
di sovrapposizione degli effetti, si studia come se fosse un unico cilindro
e si trova la sollecitazione e si sovrappone il risultato all’effetto
dell’interferenza. Si studia singolarmente i due pezzi come se fossero
soggetti a una pressione e lo sforzo che si scambia con l’altro. (si può
usare la sovrapposizione degli effetti finché siamo in campo lineare
elastico).
Assumo come delle pressioni gli sforzi dell’interferenza, con le equazioni
che avevamo ottenuto ho
′′ (
𝑝 1 2
𝑟12 𝑟22
𝑢 𝑟) = − [(1 − 𝜈 )𝑟2 𝑟 + (1 + 𝜈 ) ]
𝐸 𝑟22 − 𝑟12 𝑟
Chiamo 𝛥 l’interferenza cioè la differenza sui raggi
𝛥 = 𝑟2 − 𝑟1 = 𝑢′ (𝑟2 ) − 𝑢′′ (𝑟2 )
Una volta che ho incastrato i pezzi e si sono raffreddati avrò che i due
raggi coincidono e quindi ho che globalmente uno si è dilatato uno si è
compresso ma lo spostamento complessivo non può che essere uguale
al delta. (c’è il meno davanti a u’’ perché voglio somare i valori assoluti.
𝑝𝛥 2𝑟23 (𝑟32 −𝑟𝑦2 )
Per cilindri dello stesso materiale si arriva a 𝛥 = da cui si
𝐸 (𝑟22 −𝑟12 )(𝑟32 −𝑟22 )
ottiene poi Pressione che si scambiano
i due cilindri.
ottenendo quindi
->Non l’ha
fatta (?)
-Alberi
Alberi sostenuti da cuscinetti che sostengono e permettono la
rotazione. La forma dell’albero primariamente è dettata dalle esigenze
di montaggio. I cuscinetti sono montati piu vivini nel secondo perche nel
b voglio ridurre al minimo l’inflessione dell’albero. Minore sarà il braccio
tra il carrello e la forza minore sarà il momento flettente e quindi la
sollecitazione e minore sarà l’inflessione e quindi la freccia. Un
inflessione minore garntisce un miglior funzionamento in termini di
ingranamento e
posizione. In a la
forza è in un
estremo e quindi
allontandando i
cuscinetti la
reazione sul
cusinetto piu
lontano è minore-
Quindi devo cercare
di rendere a piu
piccolo possibile e b
Nota: anche
se per quelli a
caldo sarebbe
sbagliato la
norma è
comunque
cautelativa
quindi va
bene.
Si deve progettare in base ai passi P1 e P2, alle distanze dai bordi e1, e2 e
lo spessore t delle lamiere t. (1 in asse con il carico)
Nota comei
fori per i chiodi sull’anima e sulle piattabande sono distanziati tra loro di
mezzo passo, questo per evitare di inserire tutti i chiodi nella stessa
sezione. Suppongo sia una trave cerniera carrello con un carico.
* prendo una piccola porzione di trave a cavallo tra due chiodi di p/2 a
destra e a sinistra e vado a vedere che succede. In questa sezioncina
avrò che il momento flettente a destra e a sinistra sono diversi quindi ho
che le sigma a destra saranno maggiori di quelle a sinistra.
(le ho ripaltate)
Nota i chiodi a destra del carico sono piu sollecitati perché il taglio a
destra è maggiore di quelli a sinistra.
Nota in un caso come questo non c’è sforzo sui chiodi
(non c’è taglio e il momento è costante e le sigma sono le stesse a
destra e sinistra e quindi il chiodo non deve lavorare).
SALDATURE
Si può schematizzare con un incastro. Rispetto ai collegamenti fatti con
viti è più rigido, Produce un alterazione termica del materiale nelle zone
limitrofe che genera uno stato di trazione resido.
Inoltre nel cordone si possono generare delle cricche
che interessano poi tutti e due i pezzi saldati.
Tipi di saldature:
C’è una norma che fissa dei livelli di accettabilità dei difetti della
saldatura. I giunti quindi devono passare dei test fatti con vari metodi (
radiogrfia raggi x ultrasuoni..)
1. Giunto testa a testa
2. Giunto a T a completa penetrazione i due cordoni si
compenetrano cioè vanno a sovrapporsi.
3. Giunto a T con cordone d’angolo per saldature di parti con grosse
spessore
4. Giunto a croce con cordoni d’angolo
raddoppio del precedente a T
5. Giunto di spigolo
6. Giunto di sovrapposizione
Cianfrinature (modo in cui si preparano i lembi) nei
disegni si
indicano:
Nota in realtà i disegni sono sbagliati perché non si può saldare pezzi di
spessori troppo diversi, questo per problemi di inerzie termiche, cioè il
calore che si fornisce si distribuisce in
modo sbilanciato tra i pezzi. Per
saldare pezzi con spessori diversi si
fanno dei restringimenti di sezione di
quella grande. Evitare di fare saldature nelle zone più sollecitate e di
terminerla in spigoli o variazioni di sezioni!!!
(normative slides..)
come prendere lo
spessore della
saldatura a seconda
della sua forma.
cordone
Questo metodo
è il più preciso ma anche il più complicato.
-Metodo semplificato:
tensione di snervamento.
Nota poiché se ribalto in orizzontale e in verticale ottengo una σ o τ che
in realtà hanno lo stesso valore ed è per questo che hanno lo stesso
peso.
Con piena penetrazione
La norma ci dice che la resistenza del giunto è pari a
quella della lamiera piu debole. Quindi si ha che
La norma ci dice che la resistenza del giunto è pari a
quella della lamiera piu debole. Quindi si ha che
𝐹 𝑇 𝜎𝑎𝑚
𝜎= ≤ 𝜎𝑎𝑚 (per monoassiale) 𝜏 = ≤
𝑏⋅𝑡 𝑏⋅𝑡 √3
VERIFICHE A FATICA
Ci sono problematiche di difetti che danno origine a cricche e di
alterazione termica. Quindi dipend dai trattamenti che gli facciamo.
Sono preferibili saldature a piena penetrazione.
La verifica si fa andando a calcolare la resistenza a fatica, e si ricorre
spesso a prove su giunti saldati e non provini per costruire la curva di
waler. Alla fine si usa la legge di Miner per calcolare il danno cumulato.
ESEMPI CASI REALI:
INCOLLAGGI
Poiché sono collegamenti distribuiti garantiscono una buona
distribuzione di sollecitazioni. Non produce stress termico-strutturale.
Permettono di fare pezzi con complesse geometrie, posso unire
materiali diversi, poiché i pezzi sono separati non produce corrosione
galvanica. Infine può avere capacità smorzanti.
COLLEGAMENTI FORZATI
1; norma di
riferimento 2;
diametro 3:
lunghezza 4:
classe di
resistenza
(sempre
indicata da due numeri separati da un punto, il primo moltiplicato per
100 da la resistenza a rottura del materiale della vite. Il secondo
moltiplicato per il primo e per 10 da la tensione di snervamento del
materiale della vite) 5: eventuali trattamenti superficiali.
Le nuove norme UNI EN 14399 (dalla 1 alla 10) sulla bulloneria a
serraggio controllato prescrivono la fornitura di assiemi in lotti
omogenei (questo vale per le viti, per i dadi e per le rondelle ) i
quali devono superare anche prove attitudinali aggiuntive, quando i
Il sistema hrc si usa per evitare di far andare in trosione la vite. Si blocca il
codolo, si stringe il dado con il mandirno esterno, in questo mododo si
rilega la tosione alla sola parte esterna dalla vite. Poi si estrae i mandrini
e l’interno spezza il codolo.
Serraggio viti:
Vediamo ina vite, due pezzi che devono essere serrati
e un dado. Nel disegno a destra si vede una ezione
ortogonale alla vite e di sviluppatre in piano dado e
vite. La vite che ha un filetto che si avvolge diverrà un
piano inclinato e lo stesso il dado. Quando si serra la
vite si
gira in senso orario il dado tenendo ferma la vite. Mentre gira il dado tira
la vite mettendola in trazione e per il principio di azione e reazione su
dado e pezzi avrà una pressione di compressione. Nel secondo disegno
serrare il dado cossisponde a spingere il cuneo verso sinistra.
Spingendolo si originerà una forza perpendicolare alla superficie inclinata
N , ma che mi da una componente che spinge in su P. Ma se conosciamo
la vite (passo e diametro) possiamo conoscere l’angolo di inclinazione α
(teoricamente). L’attrito mi fa inclinare N di un angolo φ. Però io in
realtà ho una coppia e non una forza. Tra le due ho una relazione lineare,
ioè posso vedere la coppia come una forza applicata sul diametro medio
𝐷𝑚
del dado 𝑀 = 𝐹 ⋅
2
Ho trovato quindi una relazione che leda la coppia alla forza che
esecitiamo sulla vite (di tipo lineare). Nota: questa coppia è quella
necessaria a vincere la resistenza tra vite e dado, ma in realtà il dado
striscia anche sul piano di appoggio. Si deve quindi aggiungere un
𝑑′
termine pari a 𝑀′′ = 𝑓 ′ 𝑃 ( ) con f coefficiente di attrito. Se li sommo
2
ottengo :
𝑑𝑚 ′
′ 𝑑
𝑀 = 𝑃 [𝑡𝑔(𝛼 + 𝜑) + 𝑓 ( )]
2 2
Ma è una formula complicata e quindi per vie sperimentali siamo giunti
2 1 3 𝑑𝑚
alla relazione; 𝑀′ ≈ 𝑀 𝑒 𝑀′′ ≈ 𝑀 da cui: 𝑀 = 𝑝 𝑡𝑔(𝛼 + 𝜑)
3 3 2 2
Poiché solitamente si hanno α di 2°/5° e coefficienti di attrito di 0.15/0.20
Si ottene 𝑀 = 0,2𝑝 ⋅ 𝑑 con d diametro nominale della vite.
Noto il precarico che vogliamo dare alla vite e conoscendo d si trova la
coppia da applicare.
Se si lubrifica bene le parti e si sta attenti che la filettatura sia fatta bene
si ottine 𝑀 ≈ (0,1 ∕ 0,16) ⋅ 𝑝 ⋅ 𝑑
Nota quello che si muove è il dado quindi quando
considerò l’attrito ho una cosa fatta cosi, nel disegno
le riporta sulla vite.
La normativa dice che il precarico deve essere al
massimo.
𝑃0 = 0,7 ⋅ 𝜎𝑠𝑁 ⋅ 𝐴
Deve lavorare al massimo al 70% del carico massimo applicabile. La
normativa ci dice anche come calcolare l’area resistente: poiché i filetti
contribuiscono poco alla resistenza a trazione ma un po si dice di
prendere il diametro medio tra quello di nocciolo e il diametro medio
una forza che tende a farli scorrere gli uni sugli altri, serrando il bullone si
applica un carico che è lungo l’asse della vite ma poi ho un carico
ortogonale. Nell’altro caso invece ho un carico che tende a separare i
pezzi e quindi è diretto parallelamente al precarico. Nel primo caso si
deve verificare che non ci sia scorrimento, nel secondo invece bisogna
vedere che succede se si tira ulteriormente la vite. (nota non precaricato
vuol dire che sono in condizioni di precarico non controllato). Nel c non
si vuole scorrimento nemmeno in presenza di carichi eccezionali.
𝑛⋅𝜇
Primo caso; per la norma: 𝑇𝑀𝐴𝑥 = ⋅ 𝑃0
𝜈
Nel caso della mordente si traccia il solito cono a partire dalla testa o
dalla rosetta, poi si prende una lunghezza della vite pari a metà della
parte in presa o a volte pari al raggio (non si supera mai il diametro) e si
prende un d0 tracciano l’altro tronco di cono. Una volta fatto ciò si
procede come sopra.
Nota; solitamente per i valori che si usano comunemento si ha
𝐹𝑝 ≈ 0,9𝐹
Se si mette una rosetta di elevato diametro quindi aumento la S e quindi
kp. Però è inutile se metto una rosetta larghissima e di piccolo sspessore
perché a quel punto non avrebbe lei stessa rigidezza.
Diagramma triangolare:
nel grafico di sinistra è rappresentato cosa
succede quando applico un precarico a una vite
e a un pezzo. Siccome la rigidezza lega il carico
all’allungamento si può
esprimere come arctgkv
l’angolo in figura. Per
quanto riguarda il pezzo
si vede che c’è una
rigidezza maggiore, retta
piu pendente ma è nella parte negativa perché
ho compressione. Posso ora unire i due
diagrammi e si incontrano in corrispondenza di
Po. Se ora ci applico un carico F e la trasliamo
finchè non incontra la retta di rigidezza del pezzo
e poi quella della vite trovando A e B. A e B
rappresentano sull’asse delle ordinate il carico complessivo che
agiscono su pezzo e vite. (Nota, carico a trazione verso il basso a
compressione verso l’alto). L’rdinata di A non dovrà mai superare il 70%
del carico di snervamento e la B non dovrà mai diventare nulla, sennò
avrei annullato il precarico.
Elementi contro lo svitamento:
Effetto di
una rosetta elastica visto nel diagramma triangolare.
Mettendo la rosetta aumento un po la base del
tronco di cono e quindi la rigidezza (*). Però ho
un cambio di pendenza, che avviene quando i
pezzi si iniziano a staccarsi e la rosetta visto che è
elastica si allunda in direzone verticale, e facendo
ciò continua a mantenere in contatto i pezzi ma la
sua rigidezza è bassissima rispetto a quella dei
pezzi e si ottiene una retta molto più piatta.
Questa cosa però ci aiuta perché la forza senza
rosetta sarebbe F1 mentre con il sitema pezzo piu rosetta con la stessa
f1 non si arriva a annullare il precarico perché cambia la pendenza. La
forza che questa volta mi annulla è F2. Inoltre poiché è maggiore mi
fornisce anche un ulteriore garanzia contro lo svitamento (perché serve
una forza maggiore per portare al completo annullamento del
precarico).
Resistenza a fatica:
𝑀 = 𝑇1 𝑟1 + 𝑇2 𝑟2 + ⋯
Viti di manovra:
MOLLE
Sono elementi
meccanici
caratterizzati da
un’ampia capacità di
deformarsi
elasticamente.
𝑘 = ∑ 𝑘𝑖
𝑖=1
Molle in serie:
Quando si va a applicare la forza
fF è evidente che questa forza
attraversa entrambe le molle
perché; se ho la F esterna dovrò
per il principio di azione e
Barra di torsione:
Trave che lavora prevalentemente a torsione. Si ha una trave alla quale è
applicata una leva che serve per applicare una coppia. Per evitare che la
barra sia soggetta anche a flessione si usa un supporto per contrastare
la spinta che si genera per il teorema del trasporto (nota: la torsione è
costante su tutta la barra).
sarà rigida!!
Nota attenzione a prendere diametri troppo grossi perché poi nella
relazione della rigidezza si ha il diametro alla quarta e cresce molto la
rigidezza costringendomi a fare la barra lunghissima per ottenere il k
voluto.
Nota: Poiché a me basta non entrare in campo plastico
molte volte nelle progettazioni delle molle si mettono dei
fine corsa in modo da porre un fermo mezzanico sulla
deformazione della molla e essere sicuri (cosi facendo si
possono prendere dei coefficienti di sicurezza molto piccoli, anche 1.1).
Si possono anche usare barre tubolari cave, poiché l’andamento della
torsione è a farfalla io la parte centrale la posso togliere perché
contribuisce poco e quindi risparmiare moltissimo in peso. Però è più
difficile da fare perché necessita lavorazioni più complesse ed essendo
soggetta a fatica dobbiamo garantire una buona finitura superficiale sul
foro.
Molla a elica cilindrica:
La più usata ed economica. Un filo di acciaio che viene avvolto a caldo o
a freddo. Possono essere di compressione o trazione.
modo che le spire stiano in contatto tra loro cosi che si abbiano ridotti
ingombri e in modo che abbiano un precarico iniziale inferiore al carico a
cui poi sarà soggetta (se non lo facessi avrei allungamenti anche per
carichi molto inferiori a quelli di lavoro e quindi dovrei allngare
notevolmente la molla).
Ganci per le
estremità: le
soluzioni in
figura sono
tutte molto
economiche
perché si
fanno
direttamente
con il filo della
molla ma la
parte
all’attaccatura dove si piega sarà critica e soggetta a rotture. Infatti se si
hanno carichi molto elevati si usano soluzioni con gancio esterno.
Nota nell’ultima riducendo il diametro si aumenta la resistenza della
𝑀𝑓
analogo poiché 𝜎𝑀𝐴𝑥 = ma se la sezione è costante lo è anche il
𝑤𝑓
modulo di resistenza w. Voglio quindi provare a variare la sezione in
modo da avere una sollecitazione costante. Si potrebbe fare una trave a
spessore parabolico ma è complicato, oppure farla a sezione triangolare.
Voglio vedere che succede in una sezione a distanza x dal punto A. Se
l’andamento è triangolare posso dire che esisterà una proporzionalità
tra x e b. Analizzando σmax si vede che la x va via e quindi che non
dipende più dalla distanza da A. Qundi si vede che se gli do una forma
triangolare la trave ha un uniforme sollecitazione. Quindi se prendo una
trave con la stessa h di prima ma con sezione rettagolare e di aver scelto
b e n in modo che la 𝜎𝑚𝑎𝑥 ≤ 𝜏𝑎𝑚𝑚 . Poiché però il momento nelle sezioni
adiacenti è minore ottengo che la sezione considerata sarà
sovradimensionata (dalla regione colorara) e la posso togliere perché è
inutile. Mi conviene anche toglierlo perché dal punto di vista delle molle
il materiale in eccesso contribuisce a irrigidirmi la molla. La balestra si fa
proprio così però si fa in più fette una centrale detta madre e poi ci si
mettono affianco altre fette pari alla metà della madre.
Si può notare come
l’inviluppo della
trave in basso sia
circa una parabola.
Le balestre si
usavano come
sospensioni perche
faceva sia da
elemento elastico
che da elemento
smorzante
(attraverso l’attrito
tra le stringhe).
Non sono altro che dischi conici e di solito si tende poi a spianare gli
appoggi per garantire un miglior appoggio. L’altezza h si riferisce a
quella indeformata. Sono molle che devono essere per forza guidate
internamente o esternamente
sennò scivolano. Attraverso
combinazioni di serie e parallelo si
arriva alle rigidezze che si
desiderano. Fh forza che si deve
fare per portare la molla a pacco.
Si vede che per molle con rapporti
tr h/t piccoli il comportamento
della molla è crirca lineare, però
quando cresce si ha una rigidezza
decrescente. Si nota però che ad
un certo punto si ragginge un
massimo della forza per poi avere
un suo calo questo è interessante
perché mi dice che la rigidezza
diventa negativa. Queste molle
vengono infatti utilizzate nella
zona vicina al massimo perché
così ho una forza circa costante al
variare della deformazione della
molla (per piccoli intervalli di frecce).
Esempio della frizione antislittamento; voglio una coppia costante sulla
frizione anche dopo che il materiale di attrito si è usurato.
𝑇𝑇
Le due forze T sono legate dalla legge = 𝑒 (𝑓𝛼) con f coefficiente di
𝑇𝐿
attrito cinghia puleggia.
La F dovrà generalmente essere circa 1/3 della forze di precarico.
sul fondo ma sui bordi si avrà che la forza si distribuirà metà a destra e
metà a sinistra e quindi che la forza tangenziale trasmissibile sarà μ*N/2.
Ma il fatto che ho l’inclinazione mi da origine anche a una reazione
orizzontale che poi va a sommarsi vettorialmente con quella orizzontale
𝑁
che sarà pari a ⋅ 𝑠𝑖𝑛 𝛽. In particolare visto che ho che la forza risltante
2
𝑁
𝑅= la forza tangenziale sarà poiché ho la reazione da entrambi i
2 𝑠𝑖𝑛 𝛽
2𝑁 𝑁 𝜇 𝜇
lati: 𝑇 = 2𝑅𝜇 = 𝜇= 𝜇=𝑁 . Ma se indico con 𝜇1 =
2 𝑠𝑖𝑛 𝛽 𝑠𝑖𝑛 𝛽 𝑠𝑖𝑛 𝛽 𝑠𝑖𝑛 𝛽
ottengo una formula analoga alle cinghie piane in cui riesco a sfruttare
una specie di coefficiente di attrito maggiore visto che il sinβ sarà
sempre minore di 1. (solitamente si prende β=18°)
Nota a volte si fanno delle scanalature per orizzontale per aumentare la
flessibilità. A volte si fanno lavorare anche in parallelo su puleggie con
più solchi cosi da poter trasmettere coppie piu alte (in prima
approssimazione si trasmette n volte la coppia). In questo caso è
importante mantenere gli assi ben paralleli.
Cinghie tonde:
lavorano su pulegge di forma opportuna e anche loro devono lavorare
toccando sul bordo. Sono generalmente molto elastiche e quindi non
sono in grado di trasmettere grandi coppie.
Poli-v: lavorano sullo stesso principo delle cinghie in parallelo. Possono
avere velocità molto elevate e rendimenti piuttorto buoni (0.9/0.95).
Cinghie dentate:
Rappresenta l’anello di collegamento tra la cinghia e la catena, cioè h i
vantaggi delle cinghie ma garantisce il sincronismo delle catene. Le
puleggie sono dentate e hanno dei bordi che contengono la cinghia.
Possono avere velocità alte ma minori delle piane e delle poly-v, ma
comunque più elevate delle catene. Inoltre hanno bisogno di molta
meno manutenzione. Nota oltre all’allineamento degli assi è molto
importante anche l’allineamento delle pulegge.
CUSCINETTI VOLVENTI
Hanno lo scopo di permettere la rotazione relativa di
un componente rispetto ad un altro, evitando che ci
sia strisciamento, grazie al rotolamento di elementi
volventi. Sono costituiti da due anelli, uno solidale al
mozzo e uno all’albero, tra i quali sono ineterposti gli
elementi volventi. Sono formati da due anelli solidali
agli alloggi, una o più corone di corpi volventi che
rotolano su delle piste scavate sugli anellli, una
gabbia rotante che mantiene in posizione i corpi
volventi e infine eventueli guarnizioni o protezioni.
Richiedono di essere lubrificati.
Vantaggi: bassi coefficienti di attrito e quasi
indipendenti dalle velocità di rotazione, resitenza
all’avviamento molto bassa, non richiedono rodaggio, lubrificazione
semplice e quasi senza manutenzione , minore ingombro assiale e
maggior capacità di carico per unità di larghezza.
Svantaggi: il rumore, assorbono peggio le vibrazioni o gli urti, maggiore
ingombro radiale, montaggio più difficile , costosi rispetto alle bronzine
e non sono adatti a alte velocità di
rotazione. Per scegliere il cuscinetto si
deve considerare l’ingombro e gli spazi
che si hanno a disposizione poi il carico
(quanto è grande e la sua direzione). Ci
sono cuscinetti che reggono solo una
determinara spinta prevalente e altri
che posssono reggere cerichi combinati
(componente radiale + assiale). Posso
avere cuscinetti rigidi, cioè che non
permettono la rotazione relativa in
direzione dello spessore, e cuscinetti
orientabili che si usano principalmente
quando le sedi non sono allineate (o quando in casi particolari si hanno
Nel caso ci siano sia carichi assiali che radili entambi rilevanti
si definisce: 𝑃𝑒𝑞 = 𝑋 ⋅ 𝐹𝑟 + 𝑌 ⋅ 𝐹𝑎 con X fattore relativo al
carico radiale e Y fattore relativo a quello assiale.
Se ho un certo numero di forze che rimangono costanti per
un certo numero di giri, ma che sono di ampiezze diverse, si
𝑝 𝑝 𝑝
𝐹1 ⋅𝑢1 …+𝐹𝑛 ⋅𝑢𝑛
ha carico medio approssimato 𝑃𝑞 = √ con u
𝑈
numero di giri in cui la forza è costante e U il numero di giri
complessivo (si può usare anche per carichi che variano in modo
coninuo ma che si possono approssimare costanti in certi intervalli).
Il dimensionamento statico viene effettuato quando il
cuscinetto: non ruota ed è soggetto a carichi continuativi od
intermittenti (per
urto), compie movimenti lenti di oscillazione o di allineamento, in
presenza di carichi, ruota, sotto carico, a velocità molto bassa e si
richiede solo una breve
durata, ruota e deve reggere, oltre ai normali carichi di lavoro, forti
carichi d’urto che agiscono nel corso di una frazione di giro. In tutti
questi casi il carico ammissibile su
un cuscinetto viene
determinato non
dall’affaticamento del materiale
ma dalle
deformazioni permanenti
provocate in corrispondenza della
zona di contatto fra corpo volvente e pista.
Durante il funzionamento un cuscinetto dovrà essere sempre soggetto
a un carico minimo che evita slittamenti corpi volventi-piste, che
comporterebbero una diminuzione della durata.
La resistenza al moto è causata da alcuni fattori;
▪ Attrito di strisciamento tra corpi volventi e piste
▪ Attrito di strisciamento tra corpi volventi e contatti sulla gabbia
▪ Attrito di strisciamento lungo le guide di corpi volventi e gabbia
▪ Attrito nel lubrificante
▪ Eventuale attrito in guarnizioni striscianti
Montaggio:
il modo più comune è quello detto “isostatico” che prevede che l’albero
sia sostenuto da due cuscinetti; uno costituisce un vincolo radiale e
assiale mentre l’altro solamente un vincolo radiale. In figura due esempi
che rappresentano
uno schema cerniera
carrello. In entrambi i
casi abbiamo che
quello di sinistra
funziona da cerniera e
quello di destra da
carrello. Si vede perché quello di sinistra è completamente bloccato.
Analizzando i cuscinetti a destra; quello a sfere si vede che l’anello
interno è bloccato mentre l’esterno è libero, così che il cuscinetto risulta
libero sulla cassa e bloccato sull’albero. Questo montaggio permette di
compensare eventuali imprecisioni di lavorazione e di tollerare delle
dilatazioni termiche del cuscinetto. Nella figura a destra è montato un
cuscinetto a rulli (del tipo che permette movimenti assiali tra gli anelli)
questa volta entrambi gli anelli sono fissati su cassa e albero e quindi
non si possono muovere, ma sarà il cuscinetto internamente che
permette questo scorrimento. Segue quindi che le due configurazioni da
un punto di vista vincolari sono identiche, anche se non lo sono in
termini di capacità di carico perché a parità di dimensioni un cuscinetto a
rulli ha maggior capacità di carico di quello a sfere. Gli anelli che sono
soggetti a carico rotante devono sempre essere forzati nella sede
mentre quelli che sono sulla parte fissa possono essere montati con
accoppiamento incerto, ed è per questo che nei disegni di prima si è
bloccato l’interno e non l’esterno. Invece per quanto riguarda il
cuscinetto che vincola anche assialmente è necessario bloccare
completamente gli anelli. In alcune configurazioni di cuscinetti obliqui si
blocco solo su un lato. Nota il solo montaggio con interferenza NON
garantisce il bloccaggio assiale.
In caso si sedi non allineate non possiamo usare cuscinetti rigidi. Nel
caso dei cuscinetti a sfere nasce una coppia che lo danneggia
CUSCINETTI DI STRISCIAMENTO
Permettono la rotazione relativa tra albero e mozzo. Si ha rotazione tra
il cuscinetto e la superficie dell’albero. Possono essere fatti con due
principali modalità; o come elementi unici o in due metà. Molte volte
infatti il cuscinetto se è intero non può essere intero. I cuscinetti di
strisciamento si montano con un mandrino(cioè un alberio che si
inserice dentro la boccola e poi si inserisce nel foro). Si capisce quindi
che viene bloccato nel foro e deve possedere gioco rispetto all’albero (si
lasciano giochi intorno ai 1-5/1000 d dell’albero). Si usano quando le
velocià (tangenziali) sono piuttosto elevate, cioè con alte velocità di
rotazione o alti diametri (i volventi sono molto deboli alle velocità
tangenziali per le forze centrifughe che nascono), non avendo corpi
volventi sono silenziosi, e sono più leggeri. Infine sono economici e facili
da montare.
Lubrificazione:
serve ad asportare il calore, sopportare il carico e ridurre l’usura. Può
essere idrodinamica, mista, limite o idrostatica.
Lubrificazione idrodinamica: le superfici a contatto
sono separate da un meato di fluido e non si ha mai
contatto tra le creste delle superfici. Corrisponde alla
condizione di funzionamento ideale perché
garantisce il minimo attrito e si ottengono coefficienti di attrito tra gli
0.002/0.01 che sono comparabili con quelli volventi. Questa condizione
si può ottenere quando un albero che ruota in un foro come in figura.
Suppongo di avere inizialmente l’albero fermo, toccherà sulla bronzina
in un punto sulla verticale. Se ora inizia a ruotare, perché abbiamo
applicatp una coppia, inizailmente a bassa velocità c’è l’albero ched
cerca di salire sul foro (come una ruota che cerca di salire su una
superficie curva), questo fa si che il punto di contatto si sposta e quindi
nasce una coppia resistente. Piu grande sarà l’attrito più la forza si
allontanerà dal punto iniziale. Se questa rotazione la faccio lenta il
contatto continua a strisciare, ma se l’aumento inizia un flusso dell’olio
primo ad esempio la
flangia non deve essere di
diametro maggiore dello
spallamento perché sennò
, col tempo, lo spallamento piano piano mangia la
bronzina e si incunea dentro finendo per
dimanerci bloccato. Nella terza ci fa vedere che è meglio fare le
scanalature per trattenere l’olio nella bronzina e non nell’albero (piu che
altro per resistenza a fatica). Nella 5 stessa considerazione della 1 ma
radiale cioè anche in questo caso si rischia di mangiare la bronzina e
creare uno scalino. Per quanto riguarda il gioco non deve essere ne
troppo piccolo ne troppo grande, se è troppo grande si rischia che
l’albero cominci a oscillare nella bronzina che comporta urti, fenomeni
vibratori etc. Se non c’è abbastanza gioco si rischia il grippaggio.
RUOTE DENTATE
Sono l’evoluzione delle ruote di frizione, quando non si riesce più a
lavorare con il solo attrito si lavora con la pressione. Riescono a
trasmettere coppie molto più elevate. Hanno rendimenti molto elevti,
soprattutto se c’è adeguata lubrificazione.
Ingranaggio: meccanismo composto da due ruote dentate.
Rotismo: sistema composto da piu ingranaggi.
Treno planetario: rotismo in cui almeno uno degli assi ruota attorno a un
altro.
𝜔
Indice di riduzione 𝜏 = 1 con la 1 motrice o comunque quella in
𝜔2
ingresso. Si nota che se τ è positvo si ha riduzione del moto, sennò si ha
una accelerazione. Si può usare anche il rapporto di trasmissione che è il
reciproco di quello di riduzione.
𝑑 𝑝
La progettazione è modulare. 𝑚 = = ci dice sostanzalmente quanto
𝑧 𝜋
è grande il modulo. Nota in temini circonferenzali si vede che passo e
modulo sono proporzionali. Anche la
grandezza sarà proporzionale al modulo.
Anche l’altezza poiché solitamente
h=2.25d.
I moduli sono unificati (ISO 54) visto che
le ruote ingranano se hanno lo stesso
modulo. Angolo di pressione θ è la
direzione lungo la quale si scambiano le
forze. Si capisce che la forza si può
scomporre in due componenti; una utile e
una radiale che ha l’effetto di spingere le
due ruote. Entrambe queste forze
tendono a far flettere l’albero e reazione sui supporti. Si vede che nei
Se si vuole
fare un
numero di
denti minore
si può
ricorrere alla
correzione,
che consiste nello spostare verso l’esterno
o verso l’interno lo strumento che
utilizziamo per il taglio (se lo allontano
correzione positiva, se lo avvicino
negativa). Correzione si quantifica come
𝑥 = 𝛥 ∕ 𝑚.
Prendo ad esempio la ruota a 35 denti. Si
vede che una correzione positiva mi da un
dente più tozzo alla base ma più
appuntito, se invece la faccio negativa il
dente è più largo sull’esterno e più scavato
alla base. Quindi quando ho ruote con bassi numeri di denti posso
riuscire a eliminare il sottotaglio. Solitamente si fa una correzione
positiva di un certo valore sulla più piccola e si fa la steessa ma negativa
sull’altra cosi da mantenere l’interasse invariato. A volte si fa correzione
positiva su entrambe cosi da allontanarle e ottenere un po di gioco.
Il problema principale è l’usura più facile della rotuura del dente.
delle ruote e dei moduli di elasticità. Per quanto riguarda gli altri dati
sono gli stessi di prima.
Se non si dispone di dati sperimentali si può trovare la pressione
5⋅𝐻𝐵
ammissibile come 𝑝𝑎𝑚 = 1⁄ con HB la durezza Brinell del materiale
𝑔 6
(con il trattamento superficiale). E g laa durata di funzionamento
prevista in milioni di cicli.
Questa forza ammissibile ci serve per calcolare la potenza ammissibile.
𝑃𝑎𝑚 = 𝐹𝑎𝑚 ⋅ 𝑉 se la potenza da trasmettere è inferiore a quella
ammissibile ok!
RUOTE A DENTI ELICOIDALI.
Si ottengono pensando di affettare la ruota in fettine di
spessori infinitesimi e di ruotarle poi diu un certo angolo.
Nota il dente rimane dritto ma è inclinato rispetto
all’asse della ruota. Modifica più importante si ha dal
punto di vista funzionale nell’introduzione di una forza
assiale. Si ha la Fn che poi si scompoe in tre componenti.
Per forti spinte assiali si deve usare le bi-elicoidali.
Vantaggi: ruote più silenziose, visto che l’ingranamento
è più graduale e quindi anche minor vibrazioni. L’angolo
β di inclinazione delle eliche è generalmente compresp
tra 10° e 20°, e al suo aumentare aumenta la spinta
assiale. Fattore di ricoprimanto del dente deve essere sempre verificato,
𝑏⋅𝑠𝑖𝑛 𝛽
cioè deve valere ≥ 1 in particolare per
𝑚𝑛 ⋅𝜋
avere più di un dente in presa. Per un
funzionamento più possibile umiforme è
opportuno avere un numero maggiore di 5
denti in presa contemporaneamente. Il passo e
il modulo si definiscon in modo diverso su si
guarda dall’altro o se si guarda normale al
dente. Il modulo unificato è quello normale al
dente perché in realtà si può fare con lo stsso
utensile dei dnti dritti inclinando la tuota di β.
La forza tangenziale è ancora la coppia sul
raggio e a partire da essa si può trovare quella radiale.
Verifica a flessione 𝐹𝑡𝑎𝑚 = 𝜎𝑎𝑚 ⋅ 𝑚𝑛 ⋅ 𝑏 ⋅ 𝑦 ⋅ 𝜂𝑑 ⋅ 𝑐𝑜𝑠 𝛽
all’altra ruota mentre le altre due si scambiano, cioè la forza assiale della
motrice diventa la radiale della condotta e viceversa.
𝑟
Per i calcoli di resistenza ci si riferisce ad un 𝑟 ∗ = 𝑚 cioè si considera
𝑐𝑜𝑠 𝛼
una suota cilindrica equivalente. Il fattore di forma si valuta novamente
𝑧 (𝑟 −𝑟 )
con un 𝑧 ∗ = e anche la lunghezza 𝑏 = 𝑚𝑎𝑥 𝑚𝑖𝑛 .
𝑐𝑜𝑠 𝛼 𝑠𝑖𝑛 𝛼
Nella trasmissione vite-ruota dentata il rendimento della cosppia è
datoda 𝜂 = 𝑡𝑔𝛼 ∕ 𝑡𝑔(𝛼 + 𝜑) con α inclinazione media della vite e φ
coefficiente di attrito (arctg f).
Segue che se voglio
mantenere alti tendimenti
devo abbassare l’attrito ma
soprattutto devo scegliere alti
angoli di inclinazione dell’elica.
In figura si vede il confronto
con un riduttore a ingranaggi.
Si vede che se voglio fare una
riduzione di 100 mi servono
tre stadi (0.97*0.97*0.97
viene un rendimento
comunque di circa 0.92). Con la vite si vede che via via che sale l’indice di
riduzione l’attrito cala notevolmente e butto via energia in calore e
quindi il meccanismo si scalda!
Per il giusto precarico sui cuscinetti devo dare le tolleranze tra i due
tappi, tra le superfici del carter tra gli spallamenti sugli alberi e sulla
lunghezza del dentino (celeste).
Collegamenti albero-mozzo
Il loro compito è trasmettere la coppia tra organi coassiali. Si deve
garantire il montaggio e lo smontaggio. In alcuni casi si richiede che ci sia
movimento relativo tra le due parti in altri casi devono essere fissate. Si
possono avere accoppiamenti di forma o geometrici (linguette, alberi
scanalati...), accoppiamenti geometrici precaricati (chiavette, bielle,
spine coniche), o accoppiamenti forzati.
Accoppiamenti di forma: Ci sono tre tipologie Albero scanalato,
linguetta incassata, linguetta a disco. Si può notare come nell’A ci sia
contatto solamente tra fianchi e base e ci sia gioco con la testa del
dente, e lo stesso anche nelle altre tipologie.
Nell’albero in alto si
vedono tre tipologie
distinte di chiavetta.
La prima è una
chiavetta che ha la
sezione a trapezio
rettangolo in cui un
lato ha una certa
inclinazione, e si
sfrutta l’effetto
cuneo, cioè l’attrito
che si genera grazie
all’incuneamento tra
mozzo e albero.
Nota la chiavetta è
bloccata nella sede e
non ci può scorrere e
che tra linguetta
mozzo e albero
questa volta non c’è
più gioco. Nelle
chiavette con nasello
si può notare come
la cava sull’albero sia
molto più lunga perché solitamente (durante il montaggio) si fa scorrere
la chiavetta invece del mozzo. Il nasello serve principalmente per
l’estrazione. Le chiavette tangenziali sono montare in sezioni tangenziali
e non più radiali come prima. Se ne montano due contrapposte con
inclinazioni uguali. Questo offre il vantaggio di non dover fare lavorazioni
oblique (l’inclinazione si ha tra le due chiavette). La bietta è una sorta di
spina a sezione ellittica. Le spine coniche sfruttano ancora la conicità ma
richiedendo di fare un foro conico che è più difficile. L’accoppiamento
conico favorisce montaggi e smontaggi.
indicano i dettagli.
Le cave per linguetta A è necessario usare una fresa a bottone o a
candela che deve avere esattamente il diametro desiderato. Per la
tipologia B si può invece usare una semplice fresa a disco.
In tabella si può notare che le dimensioni delle linguette sono
proporzionali alle dimensioni dell’albero e si può vedere che come
possono essere rettangolari o al massimo quadrate. Il parametro più
importante è b che si vede ha una serie di tolleranze h9 (ora si sta più
sull’h7) quindi siamo a una situazione di foro base. Per il foro si usa ℎ7 ∕
𝑁9 che è un accoppiamento incerto. Ci sarebbe anche l’H9, se si vuole
andare verso maggiori interferenze. Solitamente si usa P9 nell’albero e
J9 su mozzo.
Linguetta tipo x larghezza x altezza x lunghezza e poi la norma di
riferimento.
Ci sono delle linguette con dei fori per montare viti incassate.
Richiedono un foro filettato sull’albero e con gioco sulla linguetta. Si
usano quando non
si vuole usare
tolleranze troppo
strette e quando
l’albero gira troppo
velocemente e
tende a farla andare
via. Il foro nel
mezzo è per
estrarre la linguetta
inserendoci una
vite.
Si deve fare una verifica sella pressione sui fianchi e di taglio sulla sezione
di confine.
2𝑏 𝑝𝑎𝑚
Se uguaglio i due membri ottengo = quindi se la linguetta è
ℎ 𝜏𝑎𝑚
quadrata si ha resistenza uguale a tagli o pressioni specifiche. E quindi
generalmente stiamo tra 1 e 2. Nella realtà le pressioni non saranno
costanti ma saranno decrescenti a partire da dove arriva il moto. Si
usano materiali in modo che l’elemento debole sia la linguetta (che è
molto economica).
In realtà si fa così; se ad esempio abbiamo un albero di d=20mm
possiamo ad esempio prendere una linguetta 6x5 e lunghezza linguetta
30mm.
Si possono avere tre casi di montaggio; mozzo
che può scorrere assialmente, con bloccata una
direzione o completamente bloccato.
In caso di mozzi piccoli o alberi cavi si possono
usare linguette ribassate che sono anch’esse
normate che hanno larghezza pari al doppio
dello spessore. Se si hanno spessori del mozzo
particolarmente sottile è sconsigliabile realizzare
la cava e quindi si fa la linguetta di pezzo con
l’albero.
Linguette a disco o americane: sono facili da realizzare perché si
possono fare tagliando i dischi interi, e anche la cava è semplice. Si
usano principalmente per accoppiamenti conici quando non basta il
Chiavette:
oggi si usano meno. Funzionano per forzamento a freddo tra mozzo e
albero. Sono inclinate con angolo standardizzato (1/100). Il fatto che
sono inclinate ci costringe a fare anche le cave sul mozzo inclinate, a
meno che non si usi la doppia linguetta come nelle tangenziali. Lavorano
a sforzo normale, cioè sono schiacciate. La trasmissione avviene per
attrito che si viene a generare sulle superfici superiori e inferiori. Il loro
problema è che il forzamento tende a spingere il mozzo verso l’esterno
rispetto all’albero che tende a generare disassamenti che per macchine
che ruotano veloci provocano vibrazioni. Sono tuttavia interessanti per
applicazioni a basse velocità in presenza di inversioni di moto (è
forzata). Il dimensionamento si fa in modo geometrico i=1.5d con d
diametro dell’albero. Le ribassate possono trasmettere circa la metà
della coppia e le concave 1/3.
Le biette si dimensionano a taglio.
Spine:
possono essere cilindriche o coniche. Le spine elastiche sono realizzato
con acciai armonici. Si infila nel foro e tendendo ad allargarsi.