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La Divina Commedia è sicuramente una delle opere più importanti della letteratura
italiana; scritta da Dante Alighieri a partire dal 1304 circa fino alla sua morte, essa ha
ottenuto un grande successo già negli anni successivi, proprio grazie alla diffusione
di copie della Commedia o grazie alla sua lettura (ad esempio tra il 1374 e il 1375,
Boccaccio la legge nella Chiesa di Santo Stefano in Badia).
Sfortunatamente, il testo della commedia (come le sue altre opere) ci è giunto per
mezzo di copie manoscritte, dato che il documento autografo (la copia originale) è
andata perduta. Il numero di queste copie è estremamente alto (circa 800
manoscritti sono arrivati a noi) ed è seconda solamente alla Bibbia.
Le prime pubblicazioni note delle parti del poema sono: nel 1313 circa l’Inferno, dal
1316 il Purgatorio e dalla sua morte anche il Paradiso.
Una particolarità è il ritrovamento di alcune opere contenenti solo alcuni frammenti
del poema, come ad esempio nella copertina di un registro di atti criminali che ora si
trova presso l’Archivio di Stato di Bologna, dove nel 1317, il notaio ser Tieri degli
Useppi da San Gimignano ha trascritto alcuni versi del III canto dell’Inferno.
Nell’Archivio sono anche conservati Memoriali di altri notai che riportarono versi del
Purgatorio.
Dal momento della morte di Dante ad oggi, quindi, vengono realizzati tantissimi
codici e per i filologi “ricostruire” il testo originale della Commedia, trovando l’opera
più affidabile, è veramente un lavoro complesso.
Nella seconda metà del ‘900 Giorgio Petrocchi isola i manoscritti più antichi, risalenti
a prima del 1355, individuando 27 codici, definiti “dell’antica vulgata” sulla base dei
quali disegnò uno stemma. Nel 2001 Federico Sanguineti invece, un altro filologo, ha
realizzato uno stemma che si riduce a sole 7 opere.
Giorgio Inglese, un filologo contemporaneo, ha revisionato l’edizione di Petrocchi
sulla base degli studi nel frattempo maturati e ha scelto come più affidabile il
manoscritto Trivulziano, il più antico tra quelli fiorentini.