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I CODICI DELLA DIVINA COMMEDIA

La Divina Commedia è sicuramente una delle opere più importanti della letteratura
italiana; scritta da Dante Alighieri a partire dal 1304 circa fino alla sua morte, essa ha
ottenuto un grande successo già negli anni successivi, proprio grazie alla diffusione
di copie della Commedia o grazie alla sua lettura (ad esempio tra il 1374 e il 1375,
Boccaccio la legge nella Chiesa di Santo Stefano in Badia).
Sfortunatamente, il testo della commedia (come le sue altre opere) ci è giunto per
mezzo di copie manoscritte, dato che il documento autografo (la copia originale) è
andata perduta. Il numero di queste copie è estremamente alto (circa 800
manoscritti sono arrivati a noi) ed è seconda solamente alla Bibbia.

Le prime pubblicazioni note delle parti del poema sono: nel 1313 circa l’Inferno, dal
1316 il Purgatorio e dalla sua morte anche il Paradiso.
Una particolarità è il ritrovamento di alcune opere contenenti solo alcuni frammenti
del poema, come ad esempio nella copertina di un registro di atti criminali che ora si
trova presso l’Archivio di Stato di Bologna, dove nel 1317, il notaio ser Tieri degli
Useppi da San Gimignano ha trascritto alcuni versi del III canto dell’Inferno.
Nell’Archivio sono anche conservati Memoriali di altri notai che riportarono versi del
Purgatorio.

Un’edizione importante è sicuramente quella del 1336: il cosiddetto “Manoscritto


Landiano”, perché è considerato il codice più antico attualmente esistente della
Divina Commedia. Secondo gli storici è stato scritto da Antonio da Fermo su ordine
del pavese Beccario Beccaria.
Nel 1347 invece Francesco di Ser Nardo da Barberino detto Trivulziano dirigerà
un’officina di copisti che riuscì in poco tempo a produrre cento copie della
Commedia, dette “Danti del Cento” dopo che la copiò personalmente 10 anni prima.
Un’altra edizione che si è distinta dalle altre è il “codice Palatino 313”, collocabile nel
XIV secolo. È considerata la più antica Commedia miniata conosciuta e contiene 37
miniature (decorazioni ornamentali delle lettere inziali di un capitolo) attribuite alla
bottega di Pacino di Buonaguida. Contiene gran parte del commento di Jacopo, uno
dei figli di Dante, sebbene spesso le sue chiose siano corrotte e alterate. Quasi ogni
annotazione è segnata della sigla Jac (Jacopo). Il codice è scritto in littera textualis,
una grafia nata nella seconda metà del XII secolo nella Francia settentrionale come
evoluzione della minuscola carolina.
L’11 aprile 1472 è una data importante, perché in questo giorno si realizza l’editio
princeps del poema, cioè la prima edizione a stampa, a Foligno.

Dal momento della morte di Dante ad oggi, quindi, vengono realizzati tantissimi
codici e per i filologi “ricostruire” il testo originale della Commedia, trovando l’opera
più affidabile, è veramente un lavoro complesso.
Nella seconda metà del ‘900 Giorgio Petrocchi isola i manoscritti più antichi, risalenti
a prima del 1355, individuando 27 codici, definiti “dell’antica vulgata” sulla base dei
quali disegnò uno stemma. Nel 2001 Federico Sanguineti invece, un altro filologo, ha
realizzato uno stemma che si riduce a sole 7 opere.
Giorgio Inglese, un filologo contemporaneo, ha revisionato l’edizione di Petrocchi
sulla base degli studi nel frattempo maturati e ha scelto come più affidabile il
manoscritto Trivulziano, il più antico tra quelli fiorentini.

Miniatura all’interno della Divina Commedia

La ricostruzione della Commedia secondo Petrocchi

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