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Capitolo 9
Impianto di pressurizzazione
e condizionamento
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9.1
POLITECNICO DI MILANO - DIPARTIMENTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE AEROSPAZIALI
IMPIANTI E SISTEMI AEROSPAZIALI – Dispense del corso, versione 2015
Capitolo 9 – Impianto di pressurizzazione e condizionamento
9.1 Introduzione
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9.2
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Un aumento della pressione nell'interno della fusoliera rispetto alla pressione esterna è il
metodo più utilizzato, per gli ovvi vantaggi pratici e psicologici per i passeggeri e per
l’estrema pericolosità dell’aumentare la percentuale di ossigeno in cabina; un alto tenore di
ossigeno favorisce infatti la propagazione di un eventuale incendio. La condizione di benesse-
re mantenuta in cabina è, per velivoli da trasporto passeggeri, entro la quota equivalente di
8000 ft (~2400m), con variazioni in salita entro i 500 ft/min ed in discesa entro i 250 ft/min.
Eccessivi gradienti di pressione possono causare danni dovuti alla lentezza della compensa-
zione fisiologica, essenzialmente nel ristabilire il valore di pressione nell’orecchio interno. Per
assicurare la respirazione è comunque necessario un continuo apporto di aria per compensare
il consumo di ossigeno da parte dei passeggeri. La necessità di aria per persona senza forte
attività fisica è mediamente di 0.25 kg/min, anche se normalmente vengono forniti valori
maggiori, anche doppi.
Le condizioni di benessere legate alla temperatura ed all’umidità sono invece più difficil-
mente definibili, trattandosi di sensazioni estremamente variabili da individuo ad individuo; in
generale la temperatura è ritenuta accettabile per valori fra 20÷24°C in estate ed 18÷22°C in
inverno, con tenori di umidità relativa attorno al 30÷70% ed una quantità d’aria sufficiente ad
una efficace ventilazione. Le condizioni di umidità hanno rilevanza in quanto collegate alla
capacità del corpo umano di smaltire il calore attraverso la traspirazione.
Le condizioni sopra dette devono essere mantenute nel velivolo in qualsiasi condizione:
devono cioè essere assicurate con velivolo fermo al sole in una pista in zona equatoriale, co-
me in volo alla quota di crociera o a terra in zona polare.
9.3 Pressurizzazione
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dove:
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Sono inoltre installate delle valvole di sicurezza differenziali (fig. 9.2); alcune di queste
devono intervenire quando la differenza fra la pressione in cabina e la pressione esterna è su-
periore ad un valore legato quello utilizzato per il dimensionamento della fusoliera, altre
quando il valore di pressione esterna è superiore a quella interna, condizione che crea proble-
mi di instabilità nella struttura.
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9.4 Condizionamento
L'analisi termica deve essere fatta per tutte le condizioni possibili di impiego del velivolo,
individuando quelle che richiedono la massima introduzione o sottrazione di calore dalla fuso-
liera e dai vani contenenti apparecchiature. Introdurre calore a bordo di un velivolo moderno
non è un problema, poiché l’impianto pneumatico già di per sé spilla aria a temperatura eleva-
ta dai vari stadi del compressore. Tuttavia, a meno che non si tratti di parcheggio o volo not-
turno in zona molto fredda, nella maggior parte dei casi è necessario sottrarre calore.
Il problema dello smaltimento di calore è particolarmente pressante per velivoli da combat-
timento, dove attraverso le ampie superfici dei trasparenti passa un forte irraggiamento
nell’abitacolo. Inoltre molte apparecchiature nel vano avionica devono essere direttamente
raffreddate o, più raramente, riscaldate, di modo da mantenere gli strumenti entro l’intervallo
di temperatura operativa.
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La fase 1-2 viene praticamente realizzata nell’impianto pneumatico spillando aria dal com-
pressore del propulsore. L’aria inviata all’impianto di condizionamento è controllata sia in
pressione che in portata.
La fase 2-3 viene realizzata mediante uno scambiatore di calore aria/aria. Il refrigerante è
la stessa aria esterna proveniente da una presa dinamica, che può essere ulteriormente forzata
con una ventola nello scambiatore, operazione questa indispensabile se il velivolo è parcheg-
giato a terra.
La fase 3-4 viene realizzata con una valvola di trafilamento o meglio attraverso una turbi-
na, permettendo così il ricupero di parte dell'energia meccanica spesa nella fase di compres-
sione: questa energia può essere utilizzata per azionare la ventola che forza l’aria di raffred-
damento nello scambiatore. L'espansione avviene fino alla pressione presente all’uscita della
turbina, praticamente pari alla pressione in fusoliera.
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Per determinare le temperature in uscita nei due rami si confronta lo scambiatore con uno
scambiatore teorico in controcorrente che consente il massimo di scambio; in questo
(Fig.9.10):
se m c m f Tcu T fi
c T fu Tci
f m
se m
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Tci
Tfu
Tcu
Tfi
c m T T fi c p m f T fu T fi
f m c p f fu
c p m f Tci T fi c p m min Tci T fi
se m
avendo posto:
m min min m c,m f
si ha:
f T fi T fu c p m
c Tci Tcu c p m
C cpm min Tci T fi
Funzione delle sole temperature in ingresso e dell’efficienza che viene determinata speri-
mentalmente.
Il raffreddamento nello scambiatore viene realizzato usando come fluido refrigerante l’aria
esterna (quindi nelle condizioni 1 della figura 9.6); è proprio il fatto di usare come refrigeran-
te l’aria nelle condizioni esterne che porta alla necessità di comprimere e poi espandere l’aria
in modo da poterla portare ad una temperatura inferiore a quella esterna anche se all’uscita
dello scmbiatore si ha una temperatura maggiore di quella esterna.
Il ciclo ha un'efficienza non molto elevata, ma data la sua semplicità è comunemente adot-
tato.
Definendo un’efficacia del ciclo frigorifero come rapporto fra il calore sottratto ed il lavoro
p
speso ed esprimendo questa in funzione del rapporto di compressione 2 , si trova:
p1
1
k 1
k
1
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con rapporto di compressione 1 si avrebbe una efficacia infinita; in realtà per il funzio-
namento del ciclo è necessario che la temperatura T3 sia sempre maggiore di T1 e questo ob-
bliga ad avere una certa compressione e pone un limite all’efficacia ottenibile.
Questo ciclo, a pari lavoro sottratto al compressore del propulsore, permette di arrivare a
temperature più basse e quindi aumenta l'efficacia dello scambiatore di calore, oppure a pari
calore scambiato permette di sottrarre meno energia dal propulsore.
L'aria di raffreddamento degli scambiatori di calore è in questi casi mossa per effetto di
prese dinamiche durante il volo e mediante elettroventole o pompe a getto quando il velivolo
è fermo o a bassa velocità. E' comunque possibile un dimensionamento del compressore e
della turbina tale da lasciare energia disponibile per la ventola di forzamento dell'aria di raf-
freddamento (cicli three wheels).
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I due scambiatori di calore possono essere posti in parallelo come mostrato nella fig. 9.11 o
in serie (fig.9.13) se le temperature estreme dei due scambiatori non si intersecano.
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9.13
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Così facendo si possono ottenere temperature finali dell’aria anche molto basse, è quindi
possibile diminuire la portata d’aria da inviare in cabina per controllarne la temperatura.
Per non inviare in cabina aria con temperatura troppo alta o troppo bassa si può ricorrere ad
una miscelazione con aria prelevata dalla cabina (fig.9.15).
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In tutti i casi, la regolazione della temperatura finale viene ottenuta miscelando opportu-
namente l'aria che ha subito il ciclo frigorifero con l'aria proveniente dal compressore; come
visto sono possibili vari schemi, come riferimento prendiamo lo schema di fig. 9.16.
Quando l’aria del ramo caldo viene miscelata con quella del ramo freddo, il fluido caldo
cede calore al fluido freddo; lo scambio di calore è tale che:
7 T7 T8 c p m
cpm 6 T8 T6
c p m 7T7 c p m 6T6
T8 T7 1 T6
c p m 7 m 6
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tenendo conto però di valori minimi e massimi della temperatura inviata in cabina per non
creare disagi ai passeggeri.
Ti
Tcab
Tcab Tcab
Il controllo avviene quindi inviando in cabina aria ad una temperatura idonea a riportare la
temperatura al valore voluto, questo viene ottenuto variando l’apertura dalla valvola B; si tie-
ne comunque sotto controllo la temperatura di ingresso T8 in modo da non inviare sui passeg-
geri aria troppo fredda o troppo calda.
Quando l’impianto di condizionamento utilizza anche una frazione d’aria riciclata dalla
cabina, che, dopo essere stata filtrata dalle impurità maggiori, viene miscelata con l’aria ela-
borata dal sistema Joule o bootstrap e successivamente introdotta in cabina, la temperatura T8
può superare questi limiti. Il vantaggio di introdurre un ricircolo dalla cabina è duplice: il si-
stema deve anzitutto elaborare una portata inferiore d’aria esterna, legata principalmente
all’apporto del fabbisogno di ossigeno degli occupanti e l’asportazione di contaminanti, ed in
secondo luogo si riesce a mantenere l’umidità relativa attorno a valori accettabili (circa il
20%) senza dover riumidificare l’aria, molto secca, che esce dal ciclo.
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Accanto ai cicli ad aria vengono impiegati, anche se più raramente, cicli frigoriferi a vapo-
re. In questi impianti il raffredda-
mento dell'aria avviene in uno
scambiatore di calore dove il fluido
refrigerante è un composto che ha
subito un suo ciclo frigorifero
(fig.9.18).
In queste condizioni il ciclo fri-
gorifero è molto più efficiente in
quanto sfrutta anche il cambiamento
di fase da liquido a gassoso. Gli
impianti di questo tipo risultano
però più delicati dal punto di vista
Fig. 9.18 - Componenti di un ciclo frigorifero a della manutenzione, per la difficoltà
vapore di realizzare un circuito sigillato per
il fluido refrigerante; inoltre hanno temperature massime di lavoro piuttosto basse (circa
70C); vengono quindi impiegati più raramente.
Negli impianti con ciclo a vapore è conveniente adottare un ricircolo dell'aria di fusoliera,
limitando l'introduzione di nuova aria solo alle necessità di rinnovamento dell'atmosfera
nell'interno del velivolo.
9.9 Distribuzione
Per la distribuzione dell’aria l’impianto prevede una
rete di condotti con diramazioni e bocchette di aerazio-
ne in diversi punti della cabina (fig. 9.19), di modo da
garantire una temperatura uniforme in tutto il volume
abitabile.
L’aria deve essere introdotta a bassa velocità in mo-
do da non creare fastidio ai passeggeri; è però opportu-
no che venga inviata con una velocità avvertibile per-
ché questo ha effetti psicologici favorevoli, vista anche
la ristrettezza di spazi e la densità di popolazione.
Dal punto di vista longitudinale, si può considerare
che a bordo di un velivolo da trasporto passeggeri ver-
ranno distesi due o più condotti principali da cui si di- Fig.9.19 – Distribuzione aria
rameranno le bocchette di aerazione (fig. 9.20).
Per dimensionare la rete e garantire l’uniformità della distribuzione attraverso tutte le boc-
chette, è necessario considerare le perdite di carico distribuite lungo i condotti principali,
quelle dovute ai vari raccordi delle diramazioni e quelle di sbocco. Normalmente la pressione
scende lungo il singolo condotto principale e quindi da ogni bocchetta esce una portata Qb
sempre minore man mano che ci si allontana dalla zona di generazione.
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Qb
b ) Co n d o tto c o m p e n s a to Q
Qb
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Un modo per consentire la respirazione anche a quote elevate è come detto quello di au-
mentare la percentuale di ossigeno nell'aria in modo da mantenere nei limiti necessari la pres-
sione parziale dell'ossigeno senza aumentare troppo la pressione in fusoliera. Sarebbe quindi
pensabile l'impiego di questa tecnica per diminuire le sollecitazioni della fusoliera; in realtà
questa soluzione presenta dei notevoli pericoli dal punto di vista della propagazione di even-
tuali incendi.
In caso di emergenza sui velivoli civili e normalmente su velivoli militari con equipaggio
in posizione fissa, è possibile aumentare il tenore di ossigeno nell'aria respirata utilizzando
maschere. Tutti i velivoli civili sono dotati di sistemi di emergenza che provvedono ad una
distribuzione di ossigeno su maschere che vengono messe a disposizione dei passeggeri in
caso di decompressione della fusoliera; occorre tenere anche conto del fatto che in tali condi-
zioni le conseguenze dell’ipossia sono esaltate dalla velocità con cui si verifica la decompres-
sione e la perdita di conoscenza è più rapida e priva di sintomi premonitori.
Nei velivoli militari con equipaggio in posizione fissa è sempre presente un sistema che
porta ossigeno agli occupanti. Questo sistema consente l'apporto di ossigeno in caso di emer-
genza per decompressione della fusoliera ed in caso di espulsione del pilota, ma è anche im-
piegato per consentire il volo a quote più alte di quelle previste dall'impianto di pressurizza-
zione.
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Per velivoli con quota di tangenza molto elevata può infatti essere conveniente limitare la
pressurizzazione, e quindi il carico strutturale sulla fusoliera, tenendo conto che le quote più
elevate vengono raggiunte solo in rare condizioni e per tempi limitati.
L’ossigeno può trovarsi a bordo in forma gassosa o liquida, condizioni che richiedono un
frequente rifornimento. Attualmente molti velivoli militari sono però equipaggiati con sistemi
che separano le molecole di ossigeno nell’aria proveniente dall’impianto pneumatico. Questo
sistema è strettamente vincolato al funzionamento di tale impianto e, quindi, prevede comun-
que una riserva di ossigeno di emergenza.
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9.12 Bibliografia
S.Chiesa, Impianti Pneumatico, Condizionamento, Anti-Ghiaccio e A.P.U., CLUT, 1988
I.Moir, A.Seabridge, Aircraft Systems, Longman Scientific and Technical, 1992
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