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La Formazione Di Base Del Docente Di Ita
La Formazione Di Base Del Docente Di Ita
DI ITALIANO A STRANIERI
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PROGETTO ITALS
CA’ FOSCARI
LA FORMAZIONE DI BASE
DEL DOCENTE
DI ITALIANO A STRANIERI
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a cura di
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Bonacci editore
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mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i paesi.
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Bonacci editore
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fax: (++39) 06.68.80.63.82
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Introduzione ................................................................................................ 9
Parte Prima.
Coordinate teoriChe ............................................................... 11
Capitolo 1
PER UNA DIDATTICA UMANISTICO-AFFETTIVA
DELL’ITALIANO ....................................................................................... 13
Paolo E. Balboni
ti.
Capitolo 2
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LA FIGURA E LA FORMAZIONE DELL’INSEGNANTE
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DI ITALIANO LS ...................................................................................... 20
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Roberto Dolci
Capitolo 3
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Matteo Santipolo
ed
Capitolo 4
TEORIA LIGUISTICA E INSEGNAMENTO
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Laura Brugè
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Capitolo 5
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5
Capitolo 7
IL LEXICAL-APPROACH E I PROCESSI DELLA MEMORIA.
ALCUNE CONVERGENZE ..................................................................... 87
Mario Cardona
Parte terZa.
metodi e teCniChe .................................................................... 101
Capitolo 8
INSEGNARE ITALIANO ALL’ESTERO: CENNI PER UNA
GLOTTODIDATTICA A MISURA DI BAMBINO .............................. 103
Maria Cecilia Luise
Capitolo 9
ti.
va
ITALIANO COME LS PER ADULTI:
COORDINATE DIDATTICHE DI RIFERIMENTO ........................... 117
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ris
Chiara Zamborlin
Capitolo 10
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L’UTILIZZO DEI MATERIALI AUTENTICI
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Capitolo 11
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Maddalena Angelino
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Capitolo 12
LO SVILUPPO DELLE ABILITÀ RICETTIVE ................................... 168
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Elena Ballarin
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Capitolo 13
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Capitolo 14
LA RICERCA-AZIONE ........................................................................... 196
Maria De Luchi
Capitolo 15
LA LETTERATURA NELLA CLASSE DI LINGUA .......................... 211
Giovanna Pellizza
6
Capitolo 16
LA DIDATTICA DELLE MICROLINGUE .......................................... 227
Paola Begotti
Capitolo 17
L’ITALIANO COME LINGUA VEICOLARE:
INSEGNARE UNA DISCIPLINA ATTRAVERSO L’ITALIANO ....... 241
Graziano Serragiotto
Parte QUarta.
strUmenti e sUPPorti Per L’insegnamento ...................... 255
Capitolo 18
INDICAZIONI PER L’ANALISI DI MANUALI
ti.
va
PER L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO LS ................................ 257
Marina Biral
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ris
Capitolo 19
L’UTILIZZO DEL VIDEO NELLA DIDATTICA
tti
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DELL’ITALIANO LS ............................................................................... 266
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Paolo Torresan
ti
Capitolo 20
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Paola Celentin
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Capitolo 21
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Marco Mezzadri
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Parte QUinta.
na
Capitolo 22
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7
Parte sesta.
Le istitUZioni e i Casi ............................................................. 335
Capitolo 25
LE ISTITUZIONI E LE LEGGI. LA FIGURA
DELL’INSEGNANTE DI ITALIANO ALL’ESTERO ........................ 337
Silvana Vassilli
Capitolo 26
ITALIANO LS ALL’UNIVERSITÀ:
LA KOÇ UNIVERSITY DI ISTANBUL ............................................. 348
Cinzia Ciulli, Stefania Ciurli
Capitolo 27
ti.
CORSI DI LINGUA E CULTURA. ABC OVVERO
va
ISTRUZIONI PER L’USO (LIVELLO MEDIO, SVIZZERA) ............ 352
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Anna Maria Marzorati
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Capitolo 28
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LA SCUOLA STATALE ITALIANA DI BARCELLONA .................... 357
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Silvio Santagati
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Capitolo 29
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L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO LS
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Capitolo 30
ed
Capitolo 31
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L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO LS
ALL’ISTITUTO ITALIANO DI CUTURA DI MADRID:
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8
introdUZione
Questo volume rappresenta la seconda edizione del precedente “La for-
mazione di base del docente di italiano a stranieri”. Questa edizione non è
stata solamente completamente riveduta e corretta, ma lo stesso impianto è
stato in parte modificato e sono stati introdotti molti aspetti del tutto nuovi.
Le premesse epistemologiche e metodologiche sono rimaste le stesse, rivi-
ste solo alla luce dell’avanzamento della ricerca glottodidattica. Queste pre-
messe vengono esplicitate dal contributo di Paolo E. Balboni, direttore del
Laboratorio Itals dell'Università Ca’ Foscari di Venezia.
Il libro è stato suddiviso in sei parti: nella prima vengono presentate le
basi epistemologiche e l'idea di insegnante di lingua italiana di qualità; nella
ti.
seconda, si affrontano gli aspetti linguistici e culturali di una didattica dell’i-
va
taliano LS; nella terza vengono analizzati in dettaglio metodi e tecniche; nella
er
quarta gli strumenti e i supporti per l’insegnamento, nella quinta le proposte
ris
per una formazione continua, e nella sesta e ultima vengono presentati solo
alcuni casi che, lungi dall’essere esaustivi, sono comunque rappresentativi
tti
della realtà dell’insegnamento dell’italiano nel mondo.
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Molti degli studiosi che hanno contribuito all’edizione precedente sono
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taliano come Lingua Straniera, e dall’altro quanto sia importante dare visibi-
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lità agli studi sull’argomento; inoltre, molti dei contributi vengono da perso-
re
di italiano in tutto il mondo. Una delle attività volte a tal fine è la redazione
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Roberto Dolci
Paola Celentin
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Parte Prima
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Coordinate teoriChe
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Capitolo 1
Per Una didattiCa
UmanistiCo-affettiVa deLL’itaLiano
Paolo E. Balboni
Di didattica dell’italiano come lingua sia seconda, sia straniera, sia etnica1 si
è scritto molto, negli ultimi dieci anni, come si vedrà dalle bibliografie dei vari
saggi che compongono questo volume; anche di glottodidattica umanistico-
affettiva, sebbene con accezioni variegate, per non dire disparate, si è scritto
molto: ma raramente questi due ambiti sono stati esplicitamente fusi.
Non intendiamo fare un saggio sulla filosofia della glottodidattica umani-
ti.
stico-affettiva: nel suo complesso, tutto il volume si situa in questo alveo.
va
Intendiamo semplicemente offrire, con estrema sintesi, alcune coordinate di
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fondo (rimandando per approfondimento al nostro volume del 2002 che è
ris
basato sull’approccio umanistico-affettivo).
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1. La glottodidattica umanistica: una tendenza mondiale
Sotto l’influenza dell’umanesimo psicologico di studiosi come Allport,
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Maslow, Fromm, Nuttin e altri, molti approcci dagli anni Ottanta in poi
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vo, della sua personalità come interrelazione dinamica tra “io” e “mondo”.
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1
Lingua straniera: una lingua che viene studiata in una zona in cui essa non è presente se non nella
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scuola, come ad esempio l’italiano studiato in Marocco: l’input in lingua straniera è fornito (direttamente
o con tecnologia didattica) dall’insegnante, che quindi sa cosa è stato presentato agli studenti e a che livello
di profondità.
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Lingua seconda: è quella che lo studente può trovare anche fuori della scuola, come nel caso
dell’italiano studiato in Italia. A differenza della lingua straniera, la situazione di lingua seconda prevede
che molto dell’input linguistico su cui si lavora provenga direttamente dall’esterno, dal mondo
extrascolastico, e che sia spesso portato a scuola dagli stessi studenti; inoltre nella situazione di lingua
seconda la motivazione è di solito immediata, strumentale, quotidiana, mirante all’integrazione nel paese
in cui la lingua è parlata.
Lingua etnica: l’italiano della comunità d’origine di un’emigrante, ad esempio, di seconda o terza
generazione: essa non è la sua lingua materna, ma è comunque presente nell’ambiente i cui è cresciuto e
spesso vive ancora. In America si tende a stabilire un’ulteriore differenza, per cui la lingua etnica può
essere family language, se si tratta di famiglie immigrate e stanziate in zone in cui non ci sono altri
immigrati di origine italiana (“bilingui isolati”, secondo la definizione di Francescato), e community
language, quando c’è una comunità italiana e quindi la nostra lingua è usata anche fuori di casa.
13
In America le tendenze di questo tipo sono state tradotte in metodi glot-
todidattici da Curran (la cui scuola è nota come community language learning
e si situa nell’alveo del counseling, cioè di una forma di didattica che ricalca
quella dello psicologo-terapeuta-consigliere), Asher (il creatore della Total
Physical Response, che vuole rispettare la difficoltà di un apprendente di
buttarsi immediatamente nel mare della comunicazione per nuotarvi con la
lingua che sta apprendendo), Gattegno (la cui silent way evita ogni azione
“repressiva” dell’insegnante riducendolo, in pratica, al silenzio); una glotto-
didatta americana che ha avuto grande influenza in Italia è Mary Finocchiaro
(il cui motto era You must love your student. If you love them, they’ll follow
you) che fu tra le ispiratrici e responsabili del Progetto Speciale Lingue
Straniere degli anni Ottanta2; tuttavia, il nome più noto è quello di S.D.
ti.
Krashen, anche al di là del suo effettivo valore scientifico (per una visione
va
complessiva di questa temperie, cfr. Stevick 1980 e 1989).
er
Contemporaneamente e in modo parallelo, non ancillare, alla glottodi-
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dattica umanistico-affettiva americana, in Europa è maturata dagli anni
Settanta-Ottanta una concezione dell’insegnamento linguistico come proces-
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so cognitivo e affettivo assolutamente originale ed unico per ogni discente,
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che vi impegna tutto il suo io, sia quello razionale sia quello emotivo: nel
mondo slavo si è diffusa la suggestopedia ad opera di G. Lozanov, in Francia
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il nome di punta è quello di H. Piepho. In Italia i due padri nobili della glot-
re
dattica veneziana – cui fanno riferimento gli autori di questo volume – è for-
temente segnata da Titone e Freddi, che hanno tenuto a Ca’ Foscari la catte-
ci
dra di glottodidattica (la prima a nascere, in Italia, nel 1969; cfr. Porcelli,
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na
opera singola enucleandola da intere operae omniae che hanno il filo con-
duttore umanistico-affettivo – complessi di studi e volumi che per Freddi e
2
Tra il 1978 e i primi anni Novanta centinaia di insegnanti italiani sono stati inviati dal ministero della
Pubblica Istruzione per lunghi stage all’UCLA e a Harvard per divenire poi formatori dei loro colleghi
italiani, in corsi della durata di un anno con possibili follow up negli anni successivi. L’ispiratrice
glottodidattica di tutto questo progetto fu Mary Finocchiaro, e la realizzazione operativa fu opera di altri
glottodidatti umanistico-affettivi come Diane Larsen Freeman, Rebecca Oxford ed Elite Olshtein; la
formazione includeva interventi di Krashen, Schumann e Cohen, anche loro legati allo stesso approccio.
14
Titone include decine e decine di titoli. Ogni insegnante può comunque,
nelle biblioteche della sua area di lavoro, trovare i testi di questi maestri.
2. La dimensione affettiva
Se ogni studente è un unicum sul piano umano, dunque è originale ed
irripetibile nel suo progetto di sé, delle sue aspirazioni, nelle sue motivazio-
ni, nelle strategie cognitive che mette in campo, nei suoi stili d’apprendi-
mento, nella sua personale combinazione dei vari tipi di intelligenza secon-
do la logica di Gardner (1993) – unicità da cui deriva l’aggettivo umanistico
– ciascuno studente condivide con gli altri membri della specie homo loquens
alcuni meccanismi e processi per l’acquisizione linguistica – meccanismi che
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un insegnamento affettivo, centrato sullo studente, non può ignorare.
va
Sul piano neurolinguistico e cognitivo, questi approcci sono caratterizzati
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dal tentativo di coinvolgere la persona dell’allievo nella sua completezza
ris
focalizzando non solo l’aspetto razionale, cioè la modalità propria dell’emi-
sfero sinistro del cervello (quella su cui si fondano tutti gli approcci formali-
tti
stici, grammaticali, strutturalistici), ma anche quelli dell’emisfero destro, che
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ha una percezione globale, simultanea della realtà e dell’input che da questa
gli viene.
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borazione della realtà da parte del cervello: quella destra (globale, ana-
ito
15
tica da Krashen (1981, 1983, 1985) che è partito dall’ipotesi chomskyana per
elaborare l’opposizione tra acquisition e learning, che riprende in sostanza
quella tra knowing e cognising.
Vediamo più da vicino queste ipotesi.
a. acquisizione e apprendimento: l’acquisizione è un processo inconscio
che sfrutta le strategie globali dell’emisfero destro del cervello insieme
a quelle analitiche dell’emisfero sinistro; quanto viene acquisito entra a
fare parte stabile della competenza della persona, entra nella sua memo-
ria a lungo termine. Di converso l’apprendimento è un processo razio-
nale, governato dall’emisfero sinistro e basato sulla memoria a medio
termine: la competenza “appresa”, in altre parole, è una competenza a
termine, non è definitiva. Inoltre, essa viene attivata molto più lenta-
ti.
va
mente della competenza “acquisita”, per cui nella comunicazione reale
non si ha tempo di farvi ricorso se non come monitor, come controllo
er
ris
grammaticale, in senso lato. L’insegnante deve dunque lavorare per pro-
durre acquisizione; quando si produce apprendimento si può avere la
tti
sensazione di aver ottenuto un risultato positivo, ma in realtà si tratta di
iri
un fatto temporaneo che non genera un comportamento linguistico
id
lavoro, dalla madre nei confronti del bambino, ecc.), se cioè si fornisce
ci
16
compiere la parte restante del compito, distanza che può percorrere da
solo o sotto la guida di una persona più esperta. Anche se Krashen non
ne parla, questa ipotesi rimanda alla nozione di interlingua: la lingua
viene appresa secondo un procedimento a spirale che procede per
approssimazioni successive alla lingua-obiettivo. All’inizio si attua un
processo di pidginizzazione, di ipersemplificazione che permette una
comunicazione rudimentale, poi piano piano si procede a risistemare
quanto si sa e a incrementarlo in quantità e qualità: non si può dire che
si sa o non si sa una lingua, si può solo dire che l’interlingua di una per-
sona oggi è configurata in un certo modo, che è unico ed originale nei
suoi pregi e difetti (per approfondimento: Schumann 1978 e Selinker
1992);
ti.
- filtro affettivo: l’ipotesi afferma che affinché l’input reso comprensibile
va
sia acquisito è necessario che non sia inserito il filtro affettivo, cioè un
er
blocco di autodifesa di chi studia di fronte a stress, paura di perdere la
ris
faccia, ansia da prestazione (Schumann 1992). La metafora del filtro,
tti
utile per comprendere, non deve far credere che la nozione sia una mera
iri
creazione intuitiva: in realtà il “filtro affettivo” corrisponde a stimoli
id
17
contesto didattico”.
Ma anche il docente che partecipa ad un processo di formazione è uno
“studente”, anche se sui generis.
Anzitutto è uno studente che ha una formazione precedente, compiuta in
alcuni casi in corsi specifici, sia iniziali sia in servizio, in altri casi in maniera
autonoma o con colleghi in associazioni e gruppi di lavoro. È uno studente
che deve riflettere su quello che fa, se è già in servizio, o che paragona quel-
lo che scopre con il tipo di insegnamento che ha ricevuto quando era stu-
dente nel senso diffuso del termine. È uno studente adulto, con tutti i pro-
blemi economici (in senso ampio: rapporto tra impegno, tempo e denaro
investito e risultati ottenuti), sociali (ruolo sociale di insegnante e collega, ma
anche di marito/moglie, di padre/madre: un insegnante in formazione sot-
ti.
trae tempo alla propria famiglia), affettivi (immagine di sé, una “faccia” da
va
salvare) ed acquisizionali propri di un adulto.
er
Gli interventi di Dolci, Celentin, De Luchi vanno in una direzione uma-
ris
nistico-affettiva della formazione: insegnanti che collaborano tra loro piutto-
sto che ascoltare lezioni e leggere libri (come questo…), insegnanti che sono
tti
iri
anche ricercatori sul proprio operare, insegnanti che sanno che la formazio-
id
studenti in senso proprio ha avuto negli anni una sua elaborazione precisa ed
organica, e solo da pochi anni le prassi ed i materiali didattici stanno ponen-
ci
gnanti (di lingue, ma non solo) è per ora tutto da costruire: è il compito in
Bo
cui è impegnato il Laboratorio ITALS che, per tentativi ed errori, cerca una
strada in questa nuova ed affascinante dimensione della formazione.
©
riferimenti bibliografici
(Come spiegato nel testo, non presentiamo indicazioni specifiche per
opere dei padri fondatori della psicologia umanistico-affettiva né per gli stu-
diosi italiani che le hanno dato corpo nella nostra glottodidattica: non avreb-
be avuto senso enucleare un titolo o due in operae omniae estese per una vita
intera. Diamo solo alcuni riferimenti necessari per approfondire aspetti
appena accennati nel testo, oppure per opere di sintesi in cui approfondire
18
l’approccio umanistico-affettivo nel suo complesso)
BALBONI P. E. (2002), Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società
complesse, Torino, UTET Libreria.
CARDONA M. (2001), Il ruolo della memoria nell’apprendimento delle lingue,
Torino, UTET Libreria.
DANESI M. (1988), Neurolinguistica e glottodidattica, Padova, Liviana.
DANESI M. (1998), Il cervello in aula, Perugia, Guerra.
GARDNER H. (1993), Multiple Intelligences: The Theory in Practice, New
York, Harper & Collins.
KRASHEN S. D. (1981), Second Language Acquisition and Second Language
Learning, Oxford, Pergamon.
KRASHEN S. D. (1983), Principles and Practice in Second Language
ti.
Acquisition, Oxford, Pergamon.
va
KRASHEN S. D. (1985), The Input Hypothesis, New York, Longman.
er
PORCELLI G. e P. E. BALBONI (cur.) (1991), Glottodidattica e università. La
ris
formazione del Professore di Lingue, Torino, Liviana-Petrini.
SCHUMANN J. (1978), The Pidginization Process: A Model for Second
tti
iri
Language Acquisition, Rowley, Newbury House.
id
House.
ito
STEVICK E. (1989), Success with Foreign Languages, New York, Prentice Hall.
ed
c ci
na
Bo
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19
Capitolo 2
La figUra e La formaZione
deLL’insegnante di itaLiano Ls
Roberto Dolci
ti.
libero, come tradizionalmente ritenuto, e quindi legata all’arte, alla musica,
va
ecc. ma anche lingua del lavoro, del commercio, dell’economia, del turismo,
er
professionale, in sintesi. Questi dati provengono dall’ultima analisi effettua-
ris
ta che rappresenta una fotografia dettagliata dello stato della richiesta e
tti
offerta di lingua italiana nel mondo, seppur parziale in quanto limitata alla
iri
situazione negli Istituti Italiani di Cultura. L’analisi, denominata Italiano
id
2000,1 rileva che dal 1995 al 2000 sono aumentati notevolmente gli iscritti ai
corsi di italiano negli IIC e che questa tendenza sembra essere costante.
ti
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Inoltre rileva che le motivazioni allo studio dell’italiano sono cambiate, e che
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che emergono dalla ricerca testimoniano che “il “sistema Italia” sembra fun-
ed
zionare presso gli stranieri, nel senso che diventa sempre più forte negli altri
paesi” (pag.7). Infatti, alla variegata lista di motivazioni che sottostanno alla
ci
metà degli studenti dei corsi di italiano degli IIC all’estero è di origine italia-
na e affianca alla lingua del paese ospite il dialetto o l’italiano in una percen-
©
1
De Mauro, T. (cur), (2002) Italiano 2000, MAE.
2
De Mauro, T. (cur), (2002) Italiano 2000, MAE pag. 13-14.
20
taliano all’estero sembra quindi avere i tratti di quel fenomeno che Balboni
definisce “insegnare e apprendere le lingue in una società complessa”3.
L’interesse sempre maggiore nei confronti dell’italiano e gli sforzi in que-
sto senso prodotti dalle varie istituzioni nazionali e locali possono rappre-
sentare una vera tendenza positiva se sosteniamo e investiamo risorse anche
e soprattutto su chi di fatto è in prima linea e quindi rappresenta il punto di
riferimento per tutti gli studenti: gli insegnanti di lingua italiana. È indubbio
che la formazione e le competenze didattiche degli insegnanti di lingua ita-
liana nel mondo siano sempre meglio definite teoricamente e metodologica-
mente. Per mantenere il trend positivo dell’aumento di richiesta di lingua ita-
liana è necessario che venga mantenuto e migliorato questo livello per dare
una risposta sempre più accurata ai bisogni, alle richieste, alle motivazioni
ti.
degli studenti, altrimenti il successo avrà respiro corto e poco futuro.
va
Non è solamente un problema quantitativo, nel senso che alla maggiore
er
richiesta di italiano deve necessariamente corrispondere un aumento dei
ris
docenti, ma anche e soprattutto un problema qualitativo: “La qualità del-
l’insegnamento è il requisito essenziale per assicurare l’efficacia dell’inter-
tti
iri
vento linguistico-culturale nel tempo.”4
id
diamo, agli IIC, riporta che in questo contesto il 14% degli insegnanti non è
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genericamente linguistica” (pag. 34) mentre circa un terzo del totale dei
ito
Mondo5 riportano che il 90% dei docenti ha una laurea e di questi l’81% ha
c
na
che solo il 42% del totale dei docenti dichiara di avere avuto una formazio-
ne specifica in didattica dell’italiano a stranieri. La formazione specifica varia
©
3
Balboni P.E. (2002), Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse, Utet Libreria.
4
Ventriglia L. (2002), “Strumenti e strategie per la promozione linguistica e culturale”, in Balboni,
P.E., Santipolo M. (2002), L’italiano nel mondo, Roma, Bonacci.
5
Balboni P., Santipolo M. (2002), L’italiano nel mondo, Roma, Bonacci.
6
Dolci R. (2002), “La formazione degli insegnanti”, in Balboni, P., Santipolo, M. (2002), L’italiano
nel mondo, Roma, Bonacci.
21
progetto organico che dia gli strumenti per agire nella società complessa di
cui la lingua e la cultura italiane fanno parte.
2. L’insegnante di qualità
Ci può essere d’aiuto il dibattito su quali sono i cambiamenti che deve
affrontare nel suo complesso la scuola e i suoi attori per affrontare le sfide
della globalizzazione e della società complessa che va ormai avanti da parec-
chio tempo in campo pedagogico. Si veda a questo proposito Margiotta
(1999)7. Egli afferma che “il successo definito in termini di padronanza dei
contenuti disciplinari tipici della scuola tradizionale non assicurerà più anco-
ra per molto tempo alcuna garanzia di successo sul mercato del lavoro”
ti.
(pag.15), e più avanti elenca tre caratteristiche dell’educazione che sembra-
va
no essenziali per il futuro della coesione e della stabilità delle società con-
er
temporanee:
ris
- un appropriato bilanciamento di conoscenze ed abilità, adeguatamente
personalizzato dai singoli e in forma tale da consentire loro di sentirsi
tti
iri
realizzati nei loro personali talenti [e, indirettamente, di veder ricono-
id
logie formative e che sappia quindi affrontare tutte le variabili che compon-
©
7
Margiotta U. (1999), L’insegnante di qualità, Roma, Armando.
22
mo qui dare una visione “economica” o manageriale dell’insegnante di lin-
gua italiana, o trasferire pedissequamente il concetto di qualità così come è
stato elaborato in ambito economico alla realtà dell’insegnamento, errore che
è stato fatto da molti con il rischio di snaturare o perlomeno non compren-
dere appieno l’enorme complessità e le diverse sfaccettature del lavoro di un
insegnante, e non solo di lingue, costringendolo in una struttura di indici e
descrittori che non riescono a dare conto del suo operato, quanto cercare di
tracciare un profilo di insegnante che riesce a svolgere in maniera adeguata
e valida il proprio lavoro all’interno di quella che, come abbiamo ormai più
volte detto, è una società complessa.
Uno degli aspetti principali che emerge dalla letteratura e da studi, anali-
si e ricerche sull’insegnante di qualità è che ci si sta focalizzando su una figu-
ti.
ra di insegnante educatore, rispetto al modello di insegnante disciplinarista.
va
L’insegnante, quindi “deve stabilire una sinergia tra istruzione ed educazio-
er
ne” (Xodo: (2001)); “Non terapeuta, non confessore, non genitore sostituto,
ris
l’insegnante educa e forma i sentimenti con la cultura e grazie ad essa. Non
trasmette solo conoscenze, ma di queste fornisce senso, collocazione critica
tti
iri
e spessore” (Margiotta: (1999), pag. 37) e nel caso specifico dell’insegnante
id
di lingua, egli “è un tecnico non solo della lingua e della cultura ma, sempre
più, anche della possibilità di “connettersi” con la lingua e cultura straniera.
ti
ut
Da una ricerca fatta dal CERI (Centre for Educational Research and
re
8
Si veda Picco R. (2002), “La struttura del rapporto di ricerca OCSE/CERI” in Margiotta U.
(cur.), L’insegnante di qualità, Roma, Armando, pag. 43.
23
- capacità di riflessione e di autocritica, vista come carattere distintivo
della professionalità dell’insegnante;
- empatia, o capacità di identificarsi negli altri (allievi, genitori, colleghi),
e di riconoscere la loro dignità, allo scopo di raggiungere risultati affet-
tivi oltre che cognitivi;
- competenze gestionale, dato che gli insegnanti ormai assumono varie
responsabilità del genere dentro e fuori l’aula.
ti.
teorie della conoscenza dei processi comunicativo-relazionali), operative
va
(progettazione e pratica didattica, attività di valutazione, uso degli strumen-
er
ti di verifica, uso delle tecnologie didattiche, organizzazione dei gruppi) e
ris
sociali (relazione e comunicazione)[…]”9.
tti
Il National Board for Professional Teaching Standards degli Stati Uniti
iri
definisce cinque coordinate di base per esprimere la missione, le competen-
id
- Teachers know the subjects they teach and how to teach those subjects
re
to students.
ito
learning.
- Teachers think systematically about their practice and learn from
c ci
experience.
na
24
paesi definiscono le competenze degli insegnanti, si possono trovare conver-
genze tra i profili specifici dei 7 diversi paesi e comunità partecipanti al pro-
getto. Tali convergenze sono:13
- La dimensione sociale della professione insegnante; in cui l’insegnante
è visto come partner del mondo esterno, membro della comunità, atto-
re culturale.
- La dimensione della ricerca, legata all’appropriazione di un approccio
scientifico e all’assunzione di inclinazioni alla ricerca. L’insegnante deve
sviluppare anche una dimensione di innovatore e ricercatore, per met-
tere costantemente in discussione la propria pratica didattica.
- La dimensione legata alle materie insegnate, intesa come competenza
disciplinare e didattica, competenze di comunicazione, sfruttamento
ti.
va
delle tecnologie informatiche e telematiche.
er
- La dimensione relazionale, con gli allievi e con i colleghi, come parte di
ris
un team.
tti
- La dimensione pedagogica, intesa come creare un clima di apprendi-
iri
mento adeguato, rispettando il ritmo di apprendimento e le caratteristi-
id
mettendosi in discussione.
re
ito
ciderà per molti aspetti con quello dell’insegnante in generale, ma che avrà
poi alcune sue particolarità.
La glottodidattica ha affrontato il sistema allievo-docente-disciplina, cioè
la lingua, sempre in un’ottica integrata; dal punto di vista epistemologico, si
pone come scienza pratica che ha per oggetto l’insegnamento-apprendimen-
to delle lingue si trova all’incrocio di varie scienze: scienze del linguaggio e
13
Si veda: “Le competenze degli insegnanti nell’Unione Europea. Seminario di Bruxelles 29.09.01”,
in Bonetta G., Luzzato G., Michelini M., Pieri M.T. (cur.) (2002), Università e Formazione degli inseg-
nanti: non si parte da zero, Udine, Forum.
25
della comunicazione, scienze dell’educazione e della formazione, scienze psi-
cologiche, scienze della cultura e della società. La glottodidattica è quindi
scienza interdisciplinare e “le quattro grandi aree di conoscenza […] diven-
gono glottodidattica nel momento in cui vengono integrate e non giustappo-
ste” (Balboni: (2002), pag. 25). Balboni inoltre afferma che: “la formazione
del glottodidatta (sia questi un ricercatore o un insegnante di lingua) è neces-
sariamente interdisciplinare, integra le quattro aree in un sapere che non è
semplicemente la somma di nozioni provenienti dai vari ambiti di ricerca, ma
costituisce una conoscenza nuova ed autonoma” (pag. 23). Possiamo quindi
affermare che un insegnante di lingua ha già fatto sua una delle prerogative
fondamentali del docente di qualità, cioè il concetto di insegnante educato-
re contrapposto all’insegnante disciplinarista. Possiamo affermare inoltre
ti.
che l’insegnante di lingua con una buona formazione glottodidattica ha molti
va
dei tratti dell’insegnante di qualità così come è stato delineato sopra.
er
Nella letteratura glottodidattica molte delle coordinate che compongono
ris
il profilo di un insegnante di qualità sono state elaborate all’interno dei vari
approcci e metodi e in particolare nell’approccio umanistico affettivo. Solo
tti
iri
per citare i punti di contatto più evidenti, possiamo ricordare il ruolo fonda-
id
duate inoltre altre figure o componenti della stessa figura, le cui competenze
c
na
lingua, parafrasando ciò che afferma Balboni (2002), possiamo dire che per
insegnare le lingue in una società complessa, la glottodidattica e di conse-
guenza l’insegnante di lingue, non si trova più di fronte il solo compito di
creare cittadini in grado di intendersi “ma quello ben più importante di con-
sentire a tutti […] di scegliere, liberi da ostacoli linguistici, nuove “masse”
cui appartenere per poter nutrire, condividendoli, i propri interessi cultura-
li, economici, sessuali, musicali, religiosi ecc.” (pag.11). L’oggetto lingua stes-
so quindi, per le sue particolarità e per la sua peculiarità come espressione
26
dell’umanità ci “costringe” ad essere educatori nel senso più largo del temi-
ne. Nello specifico, possiamo quindi azzardarci a dire che le cinque coordi-
nate o dimensioni individuate da Margiotta e dagli altri studi sull’insegnante
di qualità sono bagaglio fondamentale e imprescindibile nella formazione di
ogni insegnante di lingua e non si può distinguere o scindere il sostantivo -
insegnante- dalla specificazione -di lingua.
ti.
viene effettuato l’insegnamento dell’italiano all’estero e che si trova ad
va
affrontare un insegnante, congiuntamente alle diverse origini, bisogni e moti-
er
vazioni degli studenti. Pertanto un qualunque modello di insegnante di lin-
ris
gua italiana di qualità deve essere fortemente dinamico, adattabile alle per-
sonalità e al contesto in cui viene applicato.
tti
L’impegno del Laboratorio Itals in questi anni è stato proprio nella dire-
iri
id
zione di cercare di formare un insegnante di lingua italiana di qualità e le
esperienze di formazione del Laboratorio Itals, l’analisi di questionari distri-
ti
ut
buiti alle persone che hanno frequentato i corsi di formazione proposti dal
.T
Dai dati emerge una realtà che mostra come anche i docenti concordino
c
na
loro di diventarlo.
©
14
In un periodo di circa 6 anni sono stati distribuiti più di 3000 questionari valutativi dell’efficacia
del corso che avevano seguito chiedendo tra le altre cose se aveva soddisfatto le loro richieste e quali
erano le aree che avrebbero voluto approfondire o invece lasciare in secondo piano.
A questi dati si aggiungono anche quelli derivanti dall’analisi del questionario che mirava a traccia-
re un ritratto dell’insegnante di italiano e che sono stati pubblicati nel 2002 in Balboni, P.E., Santipolo,
M (2002), L’italiano nel mondo, Roma, Bonacci.
27
suoi meccanismi. Per affermare con sempre più forza che non basta
sapere una lingua per poterla insegnare. Nel caso di molti insegnanti di
italiano all’estero ciò ha una doppia valenza: come abbiamo visto, la
stragrande maggioranza degli insegnanti di italiano all’estero è di origi-
ne italiana, e quindi possiamo definirli di madrelingua, ma ci sono situa-
zioni in cui la lontananza dall’Italia e il vissuto personale richiedono un
costante aggiornamento sull’uso della lingua e sull’Italia; a maggior
ragione questo è necessario per chi non è di madrelingua, come sta in
molti casi accadendo e come speriamo avvenga sempre più. Ma a ciò si
deve affiancare anche come, richiesto dagli stessi insegnanti, un
approfondimento delle conoscenze linguistiche formali. Le competenze
vengono dalle scienze del linguaggio e della comunicazione e dalle
ti.
scienze della cultura e della civiltà;
va
- competenze didattiche, cioè la padronanza di un repertorio di strategie
er
e tecniche e la capacità di applicarle. Di questo si occupa la glottodi-
ris
dattica come disciplina operativa, con il suo sforzo di teorizzare e pro-
tti
porre approcci fondati, metodi adeguati e coerenti al loro interno e tec-
iri
niche glottodidattiche che siano coerenti con l’approccio ed il metodo
id
a vari livelli e con varie tipologie di allievi, dai bambini ad adulti, anche
all’interno della stessa classe. In cui poi si trovano, come sappiamo,
c ci
15
Fondamentale è a questo punto la formazione, dato che la grande maggioranza dei docenti viene
da una formazione umanistica e conosciamo tutti come in molti paesi e nello specifico in Italia, umanisti-
co e tecnologie siano stati molte volte termini in contrapposizione.
28
saper redigere attività didattiche valide e pertinenti. Sappiamo tutti
come il rapporto tra gli insegnanti e il libro di testo, accompagnato dalla
cassetta, o da altri sussidi, sia molto conflittuale. Lo usano ma non lo
amano;
- capacità di riflessione e di autocritica, vista come carattere distintivo
della professionalità dell’insegnante. Questa capacità deve essere intesa
come il cercare continuamente di mettersi in discussione, utilizzando in
modo adeguato gli strumenti messi a disposizione. Ad esempio, seguire
costantemente un percorso di ricerca azione, dove l’osservazione e la
riflessione danno spunti per una ridefinizione del proprio operato.
Inoltre, la formazione di base deve essere seguita da una formazione che
sia fatta di momenti discreti, ma che sia soprattutto continua, cioè asso-
ti.
ciata al proprio operare. Gli insegnanti di lingua italiana debbono
va
soprattutto sentirsi parte di una comunità di apprendimento e di prati-
er
ca, che permetta loro di condividere e scambiare esperienze, idee,
ris
dubbi. Data la differenza di provenienze formative, è indispensabile
tti
oltretutto che gli insegnanti di italiano sviluppino un linguaggio glotto-
iri
didattico comune;
id
bravo insegnante debba “voler bene agli studenti” stabilendo con loro
.T
un alto livello.
na
responsabilità del genere dentro e fuori l’aula. Per gli insegnanti di lin-
©
5. Conclusione
I punti segnalati non debbono far pensare comunque, che l’insegnante di
lingua italiana debba essere un “tuttologo”, in quanto dovrà essere compito
29
del glottodidatta, nella sua dimensione scientifica e di ricercatore, quello di
interfacciarsi con le varie discipline che ne compongono l’universo episte-
mologico e selezionare e proporre le metodologie per lo sviluppo delle com-
petenze linguistiche e comunicative.
La breve presentazione della nostra definizione delle competenze dell’in-
segnante di italiano di qualità, che vengono poi trattate e approfondite
durante tutto il libro provengono dalla ricerca, ma riflettono anche alcune
delle indicazioni che vengono dagli insegnanti e alle quali si deve cercare di
dare una risposta se vogliamo che il successo della lingua italiana di cui par-
lavamo all’inizio possa poggiare su basi solide che gli garantiscano un futuro
in una società complessa quale l’attuale.
ti.
riferimenti bibliografici
va
BALBONI P. E. (2002), Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società com-
er
ris
plesse, Torino, UTET Libreria.
BALBONI P.E., SANTIPOLO M. (cur.) (2003), L’italiano nel mondo, Roma,
Bonacci tti
iri
MARGIOTTA U. (cur.) (2002), L’insegnante di qualità, Roma, Armando
id
BONETTA G., LUZZATO G., MICHELINI M., PIERI M.T. (cur.) 2002, Università
ti
30
Parte seConda
ti.
va
er
aPProCCio aLL’insegnamento
ris
deLL’itaLiano a stranieri
tti
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id
ti
ut
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va
ti.
Capitolo 3
gLottodidattiCa soCio-VariaZionaLe
deLL’itaLiano Come Ls.
L’aPProCCio soCio-gLottodidattiCo
Matteo Santipolo
Insegnare una lingua straniera significa fornire a chi la studia gli strumenti
migliori per comunicare con i parlanti di tale lingua, siano essi nativi o non.
Affinché ciò possa aver luogo è necessario che la competenza comunica-
tiva, obiettivo ultimo da perseguire nell’attività glottodidattica, sia quanto
ti.
più completa e variegata possibile. In considerazione del fatto che la lingua,
va
qualsiasi lingua, rappresenta un complesso fenomeno sociale e che essa subi-
er
sce continue variazioni a seconda dei diversi contesti d’uso, solo tenendo
ris
presente anche didatticamente della sua variabilità si potrà rendere conto del
più ampio numero possibile di sfaccettature che la caratterizzano e che ne
tti
iri
garantiscono l’efficacia e l’adeguatezza sociolinguistica.
id
variazione cui è soggetta la lingua; nella seconda accenneremo a come gli aspet-
.T
33
Dante non parlasse come scriveva, esattamente come accade a ciascuno di
noi (anche se la posta elettronica sembra avere avvicinato molto il parlato e
lo scritto). È inoltre noto a tutti che, pur senza pensare ai dialetti, l’italiano
che si parla in Piemonte è molto differente da quello parlato in Campania:
per pronuncia, per scelte lessicali e morfosintattiche, ecc.
Allo stesso modo è esperienza comune quella di imbattersi in qualche
Azzeccagarbugli che parla per non farsi capire. Anche senza arrivare agli
estremi di manzoniana memoria è naturale che ognuno di noi presenti alcu-
ne caratteristiche locutorie che lo identificano come appartenente ad un
certo gruppo. Analogamente il nostro modo di parlare si modifica a seconda
dell’interlocutore con cui interagiamo, ad esempio, a seconda del grado di
familiarità o formalità.
ti.
In sintesi e con qualche semplificazione, possiamo affermare che la lingua
va
è caratterizzata dai seguenti tipi di variazione:
er
1. diacronica: cioè nel tempo
ris
2. diamesica: cioè a seconda del mezzo con cui viene veicolata
3. diatopica: cioè geografica
tti
iri
4. diastratica: cioè a seconda dei gruppi sociali (per età, per professione,
id
1.2 Il repertorio
re
ito
gie di codici:
ci
- italiano
c
na
- dialetti italo-romanzi
Bo
- lingue minoritarie
©
L’italiano
La struttura sociolinguistica della lingua nazionale è rappresentabile
mediante un continuum polarizzato cioè orientato ed ordinato dal più al
meno prestigioso, e costituito come segue:
a.italiano standard
b.italiano semistandard
c. italiani regionali
d.italiani popolari
34
All’estremo più alto di questo continuum troviamo il cosiddetto italiano
standard, cioè una varietà di lingua che s’ispira ai modelli dell’italiano scrit-
to colto e letterario. Di fatto questa varietà è d’uso alquanto raro nel parlato
quotidiano e sembra essere esclusiva solo di alcune categorie di persone
(attori, qualche annunciatore radio e TV, ecc.), mentre, per il resto, è preva-
lentemente di uso scritto e formale (ad esempio di rado compare nei mes-
saggi di posta elettronica). Si tratta di una varietà che, in quanto non marca-
ta geograficamente, gode comunque d’una posizione di prestigio tale da
sovrapporsi alle altre varietà che convergono verso di questa.
La seconda varietà presente in questo continuum è l’italiano semistan-
dard. Si tratta di una varietà i cui confini sono difficilmente delimitabili ma
che pare comprendere aspetti dello standard assieme ad altri propri delle
ti.
diverse varietà, soprattutto diafasiche. La variazione diatopica è evidente a
va
livello fonetico con effetti di sostrato che possono riguardare ad esempio la
er
realizzazione delle vocali (come la perdita dell’opposizione tra pèsca (frutto)
ris
e pésca (attività sportiva), in alcune varietà settentrionali), relitti linguistici
dei diversi dialetti italo-romanzi locali. Non si tratta quindi d’una varietà
tti
iri
compatta ed unitaria, seppure presenti tratti comuni a tutto il territorio
id
sce alla vasta gamma di fenomeni posti tra l’italiano della tradizione lettera-
.T
ria e il dialetto. Ciò significa che sull’italiano standard vengono innestati, qua
re
varietà del continuum al plurale, cioè appunto italiani regionali, prodotti dal-
l’effetto di sostrato dei dialetti sui quali si sovraimpone l’italiano standard.
ci
ri propri degli strati sociali bassi, incolti e semicolti, ossia con basso livello di
Bo
35
scente di livelli strutturali della lingua. Dall’italiano semistandard in giù si
tratta, in altri termini, di varietà di contatto con un ruolo sempre più forte del
sostrato dialettale a mano a mano che si discende nel continuum.
I dialetti italo-romanzi
Un dialetto non è mai una lingua “parlata male”. Si tratta, al contrario, di
un sistema di comunicazione verbale completo e complesso, con una morfo-
sintassi ed un lessico specifici, anche se talvolta apparentemente meno stabi-
li, in quanto meno o per nulla descritti – e perciò meno prescrittivi – che non
quelli delle lingue standard.
I dialetti italo-romanzi sono una filiazione diretta del latino, esattamente
come lo sono l’italiano, il francese, lo spagnolo, ecc. Se oggi affermiamo che
ti.
queste ultime sono delle lingue, non è in quanto sono più ricche, più effica-
va
ci o meglio organizzate strutturalmente del siciliano, del bergamasco o del
er
napoletano, ma piuttosto in quanto hanno acquisito maggiore prestigio dive-
ris
nendo così le lingue letterarie ed ufficiali di Stati costituiti.
tti
La diffusione della dialettofonia (cioè il parlare un dialetto) non è affatto
iri
omogenea in tutte le regioni d’Italia. Così, se la media degli italiani esclusi-
id
tiva, pare aggirarsi intorno al 12-13%, tale dato aumenta in modo conside-
ut
revole nelle regioni del nord-est e dell’estremo sud della Penisola. In queste
.T
Le lingue minoritarie
Bo
36
Il testo della legge si riferisce alle minoranze linguistiche storiche, cioè a
quelle che da secoli sono presenti nel territorio1.
Negli ultimi dieci anni, tuttavia, l’Italia, sotto l’impulso dello sviluppo
economico, si è trasformata da paese di emigranti a paese di attrazione immi-
gratoria. Una delle conseguenze dell’immigrazione, a livello sociolinguistico,
è la formazione di nuove minoranze linguistiche, talvolta anche numerica-
mente assai consistenti. La comunità più vasta è rappresentata dagli ara-
bofoni che, pur con le numerose differenze dialettali che l’arabo presenta al
suo interno, raggiungono circa i 210.000 parlanti, prevalentemente maroc-
chini e tunisini. Altre comunità numericamente significative sono quelle
degli albanesi (da non confondere con quelli storicamente presenti nel terri-
torio) e degli slavi di varia provenienza. Oltre che allo sviluppo di nuove
ti.
minoranze linguistiche, l’immigrazione produce situazioni di contatto tra ita-
va
liano, dialetti e le diverse LM degli immigrati. Si tratta di varietà di italiano
er
di stranieri di cui, data la loro crescente diffusione, si dovrà sempre più tener
ris
conto come parte integrante del repertorio linguistico degli italiani, o meglio
ancora, dei nuovi italiani.
tti
iri
Proprio la variabilità della lingua e suo modificarsi, come visto, in più
id
offrire agli studenti una visione verosimile della realtà italiana, compromet-
c
na
D’altro canto, è pur vero che una scelta deve necessariamente essere fatta,
©
anche per evitare di ingenerare confusione negli studenti stessi. Se per quan-
to riguarda la lingua scritta il modello di riferimento dovrebbe essere sicura-
mente l’italiano standard, per quanto riguarda la lingua parlata, il modello
dovrebbe, a nostro avviso, attestarsi sull’italiano semistandard, già a partire
dai livelli più elementari di acquisizione.
1
Per una descrizione dettagliata di ciascuna minoranza e del suo quadro sociolinguistico si rimanda
a Santipolo 2002, capitolo 3.
37
Ciò detto, nel caso dell’italiano come lingua straniera il rischio che la
complessità del repertorio costituisca un fattore demotivante è reale, ma l’in-
segnante potrà invece sfruttarla a proprio vantaggio come strumento per
destare la curiosità degli studenti. In questa situazione sarà di fondamentale
importanza il fatto che l’input sia quanto più autentico e variegato possibile,
pur entro i limiti della sua comprensibilità. La mediazione dell’insegnante
non riguarda solo gli aspetti più strettamente linguistici, ma pure quelli
socioculturali: la complessità del repertorio linguistico è infatti insieme causa
ed effetto della complessità socioculturale.
In considerazione di quanto fin qui esposto e della scarsa o nulla autenti-
cità pragmatica della lingua come LS, l’insegnamento delle diverse varietà
del repertorio andrà inserito solo a livelli medio-alti di studio. Esso dovrà
ti.
inoltre avere come obiettivo la sola competenza ricettiva per quanto concer-
va
ne gli italiani popolari e regionali (intesa comunque in termini di samples),
er
mentre i dialetti potranno essere presi in considerazione solo in termini di
ris
consapevolezza della loro esistenza e distanza dalla lingua nazionale.
Relativamente alle diverse tipologie di variazione (diamesica, diatonica,
tti
iri
diastratica, e diafasica) in LM la competenza sociolinguistica è ovviamente
id
sempre sia ricettiva sia produttiva (nel senso che riguarda sia le abilità ricet-
tive che quelle produttive).
ti
ut
obiettivo dovrebbe essere sia produttiva sia ricettiva per quanto riguarda la
ito
tiva per quanto riguarda la variazione diatopica2. In altre parole, si deve por-
tare lo studente ad una piena coscienza di tutte le tipologie di variazione pre-
ci
2
Si tralascia qui intenzionalmente la variazione diacronica in quanto meno significativa dal punto di
vista comunicativo. Essa potrà in ogni caso costituire materia di studio in corsi specializzati di linguistica,
filologia e letteratura.
38
– ad esempio la distinzione tra formale e informale – e diamesica), mentre
sarà bene proporre gli aspetti più complessi (variazione diastratica – ad
esempio aspetti substandard, gerghi, microlingue, ecc. – e diatopica) solo a
livelli più avanzati.
La competenza sociolinguistica, come del resto qualunque altra compo-
nente della competenza comunicativa, deve essere perseguita induttivamen-
te, a partire cioè dall’emisfero destro del cervello per giungere solo in segui-
to a quello sinistro. Ciò implica seguire un percorso che partendo dal com-
portamento perviene alla regola che lo governa. Ma gli aspetti sociolinguisti-
ci, data la loro natura socio-convenzionale non facilmente percepibile a colo-
ro che non sono membri della comunità dei parlanti, potranno essere inse-
gnati anche ampliando lo spazio deduttivo, specie quando si abbia a che fare
ti.
con studenti adulti.
va
Nel caso in cui gli allievi siano dei bambini, esattamente come per quan-
er
to accade con l’insegnamento della grammatica, anche lo sviluppo della com-
ris
petenza sociolinguistica dovrà tenere in debita considerazione ed asseconda-
re le fasi dell’evoluzione meta- e psicocognitiva degli apprendenti. Infatti, il
tti
iri
bambino non raggiunge un pieno controllo delle norme sociolinguistiche
id
nella propria lingua materna prima della pubertà. Voler quindi imporre l’ac-
quisizione di queste norme in una lingua straniera, non solo è controprodu-
ti
ut
possiede ancora gli strumenti psicologici per poter far proprie tali strutture.
re
ito
punto, è stabilire quale tipo di lingua debba essere fatto oggetto principale
na
della didattica.
Bo
mettano “errori” sociolinguistici (ad esempio, usare una parolaccia può esse-
re accettabile e talvolta persino opportuno, ma lo si può fare solo se si ha
pieno possesso del suo significato sociolinguistico), è necessario che vi siano
riferimenti sia all’estremo più alto del continuum che a quello più basso,
senza, peraltro, trascurare i dialetti, quando se ne presenti l’opportunità e
comunque, avendo sempre ben presente la distinzione tra competenza ricet-
tiva e produttiva nella valutazione degli obiettivi da perseguire. Un modello
dunque deve essere presente, ma non si dovrebbero ignorare le altre varietà
39
e variazioni che costituiscono il repertorio linguistico dei parlanti nativi.
Un’altra questione sulla quale è bene soffermarsi è quella relativa all’idio-
letto3 dell’insegnante. Nel caso dell’italiano come lingua seconda il problema
è relativo, data la sovrabbondanza di input e la conseguente pluralità di
modelli di riferimento cui è sottoposto lo studente. Nel caso dell’insegna-
mento dell’italiano come lingua straniera, invece, due sono le tipologie di
situazioni che si possono incontrare: a. l’insegnante è madrelingua; b. l’inse-
gnante non è madrelingua. Nell’ipotesi dell’insegnante madrelingua, presu-
mibilmente un parlante di italiano semistandard, sarà molto importante che
egli / ella abbia piena coscienza del proprio modus loquendi, in particolare
dei tratti principali della propria pronuncia. Solo così facendo sarà in grado
di porre in evidenza agli studenti le eventuali differenze tra il suo personale
ti.
modo di parlare e quello target. Nell’ipotesi dell’insegnante non madrelingua
va
sarà ancor più fondamentale il ricorso a numerosi realia.
er
Riteniamo, in ogni caso, che solo l’insegnante in possesso di una solida
ris
formazione, sia teorica che operativa, relativa agli aspetti qui presentati,
possa essere in grado di rispondere adeguatamente all’esigenza di fornire agli
tti
iri
studenti di italiano come LS un’immagine nitida e quanto più completa ed
id
riferimenti bibliografici
.T
3
Per idioletto s’intende la varietà personale di un codice linguistico propria di un singolo individuo,
la somma delle sue caratteristiche linguistiche.
40
Dolci, R. e Celentin, P. (cur.), La formazione di base del docente di italiano a
stranieri, Roma, Bonacci, pp. 81-99.
SANTIPOLO M. (2002), Dalla sociolinguistica alla glottodidattica, Torino, Utet
Libreria.
SANTIPOLO M. (2003), “Per una ridefinizione del repertorio linguistico degli
italiani: dalla descrizione sociolinguistica alla selezione glottodidattica” in
Itals, A. 1, N. 1, pp. 75-92.
SOBRERO A. A. (1996), (cur.), Introduzione all’italiano contemporaneo. Le
strutture, Roma-Bari, Laterza.
SOBRERO A. A. (1997), (cur.), Introduzione all’italiano contemporaneo. La
variazione e gli usi, Roma-Bari, Laterza.
ti.
va
er
ris
tti
iri
id
ti
ut
.T
re
ito
ed
c ci
na
Bo
©
41
Capitolo 4
teoria LingUistiCa e insegnamento
deLLa grammatiCa
Laura Brugè
Quando si cerca di determinare che cosa s’intende per conoscere una lin-
gua, questione su cui ognuno, come studente prima e come docente di lin-
gua (straniera) poi, si è sorpreso certamente a riflettere, ci si rende immedia-
tamente conto della complessità che ciò comporta. Ogni lingua naturale,
infatti, può considerarsi come l’espressione concreta della facoltà del lin-
guaggio, vale a dire della capacità cognitiva, comune a tutti gli individui, di
ti.
sviluppare un sistema di comunicazione. Questo sistema è caratterizzato da
va
proprietà specifiche che lo rendono sensibilmente differente da tutti gli altri
er
sistemi di comunicazione, o linguaggi, che si presentano in natura o che ven-
ris
gono elaborati artificialmente. Il linguaggio umano è discreto, ricorsivo e
tti
dipendente dalla struttura.1 A queste proprietà, inoltre, si affianca la com-
iri
plessità interna che caratterizza le lingue naturali. Ogni lingua naturale, infat-
id
ti, si configura come un sistema articolato che integra più livelli: il livello dei
ti
colati ai principi e alle regole che sono inclusi in ognuno degli altri livelli.
ed
teoria linguistica formale nella formazione del docente d’italiano come lingua
na
Bo
©
1
La proprietà della discretezza, vale a dire la possibilità di distinguere ognuna delle unità che
appartengono alle lingue naturali mediante caratteristiche intrinseche proprie, e la proprietà della
ricorsività, che permette, mediante il meccanismo della subordinazione, di costruire frasi sempre nuove e
di lunghezza teoricamente illimitata, differenziano il linguaggio umano dai linguaggi degli animali. La
proprietà della dipendenza dalla struttura, distingue, invece, il linguaggio umano dai linguaggi artificiali.
Essa consiste nella facoltà, da parte delle unità della lingua, di potersi organizzare in sequenze fortemente
vincolate tra loro da relazioni di dipendenza (semantica e sintattica) interna. Queste sequenze, a loro volta,
si comportano come un “oggetto” compatto (costituente) rispetto all’applicazione delle regole della
grammatica. Per tali ragioni, le regole della grammatica non possono essere formulate facendo unicamente
ricorso al requisito dell’adiacenza. Nell’ambito della grammatica generativa elaborata da Chomsky, questa
proprietà viene descritta mediante un principio universale: il principio della dipendenza dalla struttura
sintagmatica (cfr. Chomsky, 1981).
42
straniera.2 Non deve essere considerato, pertanto, come un intervento di
carattere pratico nel significato usuale del termine, bensì come un contribu-
to per orientare la pratica didattica del docente, riflesso di un percorso for-
mativo che includa la teoria linguistica intesa come studio scientifico del lin-
guaggio, ed evitare, così, soluzioni meramente intuitive nell’affrontare e svi-
luppare il “modulo” della grammatica nell’insegnamento dell’italiano come
lingua straniera.3
ti.
1.1. Il rapporto tra linguistica e glottodidattica
va
Risulta intuitivamente chiaro che la conoscenza di una lingua non può
er
essere elaborata in maniera parziale o non integrata. Saper pronunciare cor-
ris
rettamente i suoni di una lingua non equivale a conoscere una lingua, così
come non si può affermare di poter dominare una lingua basandosi esclusi-
tti
iri
vamente sul fatto di essere riusciti a memorizzare un numero, anche molto
id
livelli del suono, della parola, della frase e del significato costituiscono quel-
ed
saper costruire frasi che vengono giudicate come appartenenti alla gramma-
c
na
maticali di una lingua non si trova né nei dizionari né nei manuali, e presup-
pone, pertanto, un atto costante di creazione individuale.
©
2
Questa proposta non vuole escludere dalla formazione del docente la conoscenza di più teorie
linguistiche, come verrà esposto nel paragrafo 1.1 di questo lavoro. Riguardo, inoltre, al rapporto tra teorie
linguistiche e insegnamento delle lingue, si rimanda il lettore a Chomsky (1988, pp.179-82).
3
Per un commento sui diversi obiettivi che ispirano la linguistica intesa come disciplina scientifica
del linguaggio, da un lato, e la grammatica normativa dall’altro, si rimanda il lettore a Brugè (1999, 2003).
43
I principi e le regole che formano parte della competenza grammaticale e
quelli che vengono integrati nella competenza pragmatica dovrebbero esse-
re ben assimilati dal docente di italiano come lingua straniera, come pure l’a-
spetto metodologico, il quale si prefigge il compito di studiare i criteri più
idonei per un insegnamento efficace delle lingue straniere.4
Sulla base di queste considerazioni, risulta abbastanza sorprendente l’al-
lontanamento che negli ultimi trent’anni si è venuto a creare tra teoria lin-
guistica e insegnamento delle lingue (straniere). Infatti, dopo un lungo perio-
do in cui l’insegnamento delle lingue era centrato quasi esclusivamente sulla
grammatica, adottando le proposte avanzate nell’ambito della grammatica
tradizionale e normativa prima, e della teoria linguistica dello strutturalismo
poi,5 gli studi rivolti all’insegnamento delle lingue decidono di intraprendere
ti.
un percorso differente, che si concretizza in un maggior interesse per l’a-
va
spetto metodologico e, contemporaneamente, in un potenziamento consi-
er
stente dell’aspetto comunicativo e pragmatico della lingua a scapito di quel-
ris
lo formale o grammaticale.6
Le ragioni che hanno dato luogo a questa netta separazione tra linguisti-
tti
iri
ca e glottodidattica sono, naturalmente, molteplici. In primo luogo, si
id
infatti, di descrivere, nel modo più appropriato possibile dal punto di vista
.T
gue” (Freddi, 1994, p.1), si propone come obiettivo primario quello di fare
c
na
fluidità in una lingua straniera. Per raggiungere questo scopo, studia e svi-
luppa metodi per attivare o migliorare la conoscenza di una lingua straniera.
©
4
Nell’ insegnamento delle lingue straniere, al “modulo” grammaticale, a quello pragmatico e a quello
metodologico deve affiancarsi, inoltre, anche il “modulo” di cultura/civiltà, come viene proposto in Brugè
(2002), di cui, però, non tratteremo nelle pagine seguenti.
5
Il metodo audio-orale, diffuso nell’insegnamento delle lingue straniere fino agli anni settanta del
secolo scorso, applicava, infatti, i fondamenti concettuali dello strutturalismo, in particolare del
conduttivismo americano.
6
L’approccio ‘naturale’ elaborato da Krashen e Terrel (1983), che traduce in metodo didattico le
ipotesi cognitiviste di Krashen (1981, 1985) sull’acquisizione/apprendimento delle lingue, e gli altri
approcci comunicativi che lo hanno preceduto e seguito considerano inadeguato ricorrere ad una
riflessione (esplicita) sull’aspetto formale della lingua nell’insegnamento delle lingue straniere.
44
Un’altra ragione della separazione tra teoria linguistica e glottodidattica
deve ricercarsi, d’accordo con quanto afferma Liceras (1996, p.185), nell’al-
to grado di astrazione, e quindi di complessità, a cui è giunta la teoria lin-
guistica stessa.
A queste due motivazioni, inoltre, possiamo aggiungerne una terza, vale a
dire l’accusa lanciata alla teoria linguistica di trascurare l’aspetto semantico e
pragmatico del linguaggio per concentrarsi esclusivamente su quello forma-
le. Questa scelta entrerebbe in conflitto con la possibilità, da parte della teo-
ria linguistica, di rappresentare una guida per l’insegnamento delle lingue
straniere: in effetti, l’accesso immediato per un individuo che vuole appren-
dere una lingua straniera si concretizza nel significato.7
Nonostante queste motivazioni, di cui, come vedremo, la seconda può
ti.
essere abbastanza facilmente superata, mentre la terza non sembra potersi
va
considerare fondata allo stato attuale, ogni docente che si accinge ad inse-
er
gnare una lingua straniera si rende immediatamente conto che l’aspetto
ris
grammaticale, nella sua accezione formale, ricopre una grande importanza
nell’insegnamento di una lingua straniera, e che pertanto non può essere tra-
tti
iri
scurato e neppure sempre subordinato agli aspetti funzionali della lingua.
id
svolta in tale senso. Infatti, per raggiungere una maggiore adeguatezza espli-
cativa nella formulazione dei principi generali che sottendono al funziona-
c ci
7
Questa accusa rivolta alla teoria linguistica potrebbe risultare fondata se si esamina l’impianto
formale dello strutturalismo, in particolare quello americano (cfr. Bloomfield, 1933), e se si esamina il
formalismo adottato dalla grammatica generativa fino alla fine degli anni settanta. Tuttavia, come verrà
discusso nelle pagine successive, la semantica, e anche per certi versi la pragmatica, ha acquisito un peso
determinante nei modelli formali più recenti elaborati dalla grammatica generativa. Ed è proprio negli
sviluppi più recenti di questa teoria che diventa naturale istaurare un dialogo tra teoria linguistica e
glottodidattica, produttivo per lo sviluppo di entrambe le discipline.
45
docente di lingua straniera, oltre a possedere una profonda conoscenza di
tutti gli aspetti della grammatica della lingua che va ad insegnare, nel caso
specifico, l’italiano, dovrebbe costruirsi anche una solida formazione nella
teoria grammaticale.
Naturalmente, formarsi nella teoria linguistica non equivale a sostenere
che il docente di lingua straniera debba trasformarsi in un linguista, così come
non equivale ad affermare che si debbano applicare direttamente ed esplici-
tamente le ipotesi avanzate dalla teoria linguistica in classe, durante, cioè, la
pratica didattica interattiva. Significa, invece, assimilare i risultati raggiunti
dalla teoria linguistica per coglierne le implicazioni, le quali verranno a costi-
tuire una solida base su cui sviluppare la pratica didattica in senso esteso.
Una formazione nella teoria grammaticale, pertanto, si prospetta come una
ti.
condizione fondamentale per fare propria una terminologia più attuale e
va
senz’altro più adeguata alla descrizione dei fenomeni linguistici e, in particola-
er
re, per acquisire consapevolezza sulla struttura della lingua che si insegna.8
ris
Acquisire consapevolezza sul sistema della grammatica dell’italiano risul-
ta vantaggioso poiché fornisce al docente gli strumenti indispensabili per la
tti
iri
programmazione coerente (con le diverse necessità del gruppo discente) ed
id
efficace (nel momento di ‘riflettere’ sui diversi aspetti grammaticali che ven-
gono mano a mano affrontati) del corso. Tutto ciò, naturalmente, ha come
ti
ut
pone di elaborare per rendere conto delle proprietà grammaticali delle diver-
ed
zione delle ipotesi sul sistema della lingua d’arrivo. Interventi operativi di
questo tipo saranno in grado di indirizzare gli studenti verso un apprendi-
8
Per quanto concerne la terminologia, e quindi le impostazioni teoriche che la motivano, essa può
rappresentare un valido aiuto nell’eventuale scelta dei libri di testo e delle grammatiche di supporto da
adottare nei diversi corsi. Inoltre, nelle occasioni metalinguistiche, permette di esplicitare adeguatamente
agli studenti i termini che compaiono nei testi in adozione; oppure permette di intervenire in modo
adeguato nel caso in cui i termini linguistici adottati dai testi per la trattazione di qualche fenomeno
grammaticale non vengano usati in maniera appropriata o non vengano affrontati in modo esaustivo.
46
mento più rapido ma soprattutto più stabile.
Tendere ad individuare, e formalizzare, le descrizioni generali che possa-
no rendere conto, da un lato, delle proprietà del sistema grammaticale di una
lingua particolare (come, ad esempio, l’italiano) e, dall’altro delle proprietà
che differenziano il sistema grammaticale di una lingua particolare dai siste-
mi grammaticali delle altre lingue naturali, equivale a ricondurre a un minor
numero di ipotesi manifestazioni linguistiche a prima vista indipendenti le
une dalle altre sia nell’ambito di una stessa lingua, sia nel dominio più ampio
di lingue diverse.
Dalla parte del docente d’italiano come lingua straniera, quindi, adottare,
per la pratica didattica, queste ipotesi generali che rendono conto di più
comportamenti linguistici, ed abbandonare l’analisi dei singoli comporta-
ti.
menti linguistici, a cui non potrebbero che corrispondere in modo univoco
va
regole diverse, consentirebbe di agevolare notevolmente il processo di
er
apprendimento dei discenti.
ris
Questa diversa prospettiva conferma, in modo deciso, l’importanza delle
nozioni di unità e variazione nell’insegnamento delle lingue straniere. E per
tti
iri
comprendere che cosa s’intende con questi due termini, i due poli, cioè, che
id
Per tradurre queste riflessioni in ambito didattico-operativo, si prenda in esame il caso del
ito
possessivo in italiano. In italiano il possessivo, pur possedendo proprietà di natura pronominale, può
ed
essere incluso nella categoria grammaticale Aggettivo: deve essere preceduto da una forma di
determinante se la natura del nome lo richiede, può essere preceduto da un quantificatore non universale
ci
(es. alcuni, molti, pochi, ecc.), può comparire anche in posizione postnominale, può comparire come
c
attributo nelle costruzioni copulative e può comparire in isolamento. Lo stesso non si può affermare per
na
prenominale in italiano, deve essere considerato come una forma di Determinante. Lavorare, in ambito
didattico, fin da subito su questa proprietà più generale, vale a dire sullo statuto categoriale Aggettivo, in
©
italiano, vs. Determinante, nelle altre lingue menzionate, porterebbe con più facilità a discenti di L1
francese, inglese, ecc., ad ipotizzare la regola corretta che descrive il comportamento del possessivo in
italiano. Se invece il possessivo prenominale viene presentato solo nel contesto in cui è preceduto
dall’articolo definito (come riportano, in generale, i testi), la regola che verrà ipotizzata dal discente farà
riferimento al solo contesto articolo-possessivo prenominale. Pertanto, nei momenti di produzione
spontanea, il discente potrebbe produrre, comportamento linguistico peraltro attestato, solo costruzioni
come un libro mio o questo libro mio, senza associare ad esse il valore di rilievo che in italiano il possessivo
possiede in tali contesti. La correzione, in questi casi, implicherebbe, da parte dell’apprendente, una prima
fase in cui dedurrebbe altre due regole, indipendenti tra loro, e che andrebbero a sommarsi con quella
previamente ipotizzata sulla cooccorrenza articolo definito-posessivo. Un approccio didattico che si ispiri
a motivazioni di ordine più generale risulterebbe, pertanto, più adeguato ed economico ai fini
dell’apprendimento.
47
2. L’unità e la variazione nella teoria linguistica
Nell’ambito del modello a principi e parametri della grammatica generati-
va, il tentativo di dare risposta al problema di conciliare l’unità e la variazio-
ne che si osserva nelle diverse manifestazioni del linguaggio umano si con-
cretizza mediante la nozione di parametro.
Con il concetto di parametro s’intende quelle variabili aperte, associate ai
principi generali che costituiscono la Grammatica Universale (o il Language
Acquisition Device), il cui valore (positivo o negativo, ad esempio, rispetto a
possibili scelte), dovrà essere fissato dall’Esperienza, cioè dai dati della lin-
gua a cui un individuo viene esposto fin dai primi anni di età. Fissando il
valore dei parametri, si chiuderà il sistema aperto della Grammatica
Universale, e da tale processo si otterrà, come risultato, una grammatica, la
ti.
grammatica, cioè, di una lingua particolare. Fissare il parametro di un prin-
va
cipio universale rende conto, inoltre, della variazione, coerente e solidale, tra
er
una lingua ed un’altra di una serie di proprietà che a prima vista sembrereb-
ris
bero del tutto indipendenti le une dalle altre. Di conseguenza, alla nozione
tti
di parametro verrebbe ricondotta la variazione interlinguistica. Inoltre, dal
iri
punto di vista intralinguistico, vale a dire nell’ambito di una stessa lingua, il
id
valore che verrà assegnato ad uno specifico parametro sarà anche responsa-
ti
Tra i vari esempi di parametro proposti dalla teoria, tra cui, si potrebbe
.T
diversa posizione con cui gli argomenti si dispongono rispetto alle teste les-
ito
ficativo, quest’ultimo.
La possibilità di poter non esprimere lessicalmente un soggetto pronomi-
©
48
Questo parametro, che discende dal principio di proiezione esteso, appar-
tenente alla Grammatica Universale, può essere esplicitato formalmente nel
modo seguente:10
ti.
va
D’accordo con quanto espresso in (1), un individuo che apprende una lin-
er
gua come l’italiano, a contatto fin dai primi anni di vita con i dati di questa
ris
lingua, sceglierà l’opzione SÍ del parametro, assegnando, pertanto, questo
tti
valore alla variabile aperta. Invece, se la lingua con cui entra in contatto è, ad
iri
esempio, l’inglese, sceglierà l’opzione NO dello stesso parametro. In entram-
id
quella dell’inglese.
.T
49
Nei casi in (2a) si può osservare che la scelta positiva assegnata al para-
metro permette, in italiano, di omettere il soggetto pronominale. In inglese,
invece, l’opzione negativa impone la realizzazione dello stesso elemento. La
stessa scelta positiva, inoltre, dà la possibilità, a lingue come l’italiano, di
esprimere il soggetto in posizione postverbale, mentre ciò non può verificar-
si sistematicamente in lingue come l’inglese, come mostrano i contrasti in
(2b).11 Infine, come si può osservare in (2c), la scelta positiva al parametro
impedisce ai verbi “impersonali” di realizzare un soggetto. In inglese, inve-
ce, con la stessa classe di verbi la posizione di soggetto strutturale deve esse-
re sempre segnalata da una forma di espletivo, it nei casi proposti. 12,13
Il presupposto concettuale su cui si fonda la nozione di parametro è che
in alcuni di essi una delle opzioni costituisca la scelta non marcata, o neutra,
ti.
cioè l’opzione direttamente derivabile da quanto stabilito dal principio uni-
va
versale a cui il parametro stesso è associato. L’altra opzione costituirebbe,
er
invece, l’opzione marcata rispetto allo stesso principio universale.
ris
11
tti
Si noti che in inglese con alcune classi verbali, in particolare la classe degli inaccusativi e quella degli
iri
esistenziali, è possibile realizzare il soggetto in posizione postnominale quando indefinito, come mostrano
id
i seguenti esempi:
(i) There arrived three men / There is a man in the street
ti
Come si può osservare, però, anche in questi casi particolari la posizione di soggetto strutturale è
.T
sempre occupata da un elemento espletivo (there), come viene stabilito dalla seconda parte del principio
di proiezione esteso (cfr. nota 10).
re
12
Le diverse proprietà che distinguono le lingue a soggetto nullo dalle lingue non a soggetto nullo
ito
(cfr. (1)) devono essere ricondotte all’accordo verbale. Si potrebbe affermare, infatti, che nelle lingue in
cui la flessione verbale è sufficientemente ricca da poter distinguere le varie persone grammaticali (come
ed
accade in italiano, spagnolo, russo, ecc.), il soggetto pronominale può essere omesso: i tratti di accordo del
verbo ne recuperano il contenuto. Invece, nelle lingue dove la morfologia del verbo è povera (come accade
ci
in inglese, francese, ecc.) il soggetto pronominale deve avere realizzazione fonetica: il suo contenuto non
c
13
Nell’ambito del modello a principi e parametri il parametro costituisce una condizione necessaria
Bo
ma non in tutti i casi obbligatoria. Infatti, per quanto concerne il parametro del soggetto nullo, è
importante precisare che nelle lingue che scelgono l’opzione SÌ il soggetto pronominale in certi casi può
©
50
All’opzione marcata si accederebbe solo attraverso il contatto diretto con i
dati della lingua.14
Se si adotta, per l’acquisizione delle lingue straniere, l’ipotesi della mar-
catezza nelle opzioni parametriche, diventa plausibile elaborare una griglia di
possibilità che metta in relazione le diverse scelte parametriche adottate dalla
grammatica della lingua materna dell’apprendente con quelle adottate dalla
grammatica della lingua straniera (cfr. Brucart, 1999). Questa griglia, d’ac-
cordo con le predizioni del modello a principi e parametri, sarà in grado di
prevedere il maggiore o minore grado di difficoltà che l’apprendente potreb-
be incontrare nell’acquisire fenomeni linguistici che caratterizzano la lingua
d’arrivo. Nei due casi in cui le scelte parametriche tra lingua d’arrivo e lin-
gua di partenza non divergono, perché entrambe scelgono o l’opzione mar-
ti.
cata o l’opzione non marcata per lo stesso parametro, il grado di difficoltà
va
sarà basso, al di là, naturalmente, delle tendenze generali (universali) che gui-
er
dano il processo di acquisizione in sé.15
ris
Maggiori difficoltà nell’acquisizione, invece, si avranno quando la lingua
materna dell’apprendente e la lingua straniera divergono in quanto a scelte
tti
iri
parametriche. In questi casi, il maggior grado di difficoltà verrebbe riscon-
id
trato nel caso in cui la lingua materna sceglie l’opzione non marcata per un
determinato parametro, mentre la lingua straniera sceglie l’opzione marcata
ti
ut
marcata viene scelta dalla lingua materna e quella non marcata dalla lingua
re
14
In Chomsky (1986), questa ipotesi viene espressa nel modo seguente: “The distinction between
core [language] and periphery leaves us with three notions of markedness: core versus periphery, internal
to the core and internal to the periphery. The second has to do with the way parameters are set in the
absence of evidence.” (p.147).
15
L’idea che nel processo di apprendimento delle lingue straniere si progredisca per schemi
sequenziali universali sta alla base della nozione stessa di interlingua.
16
Si noti che questa ipotesi non si accorda con i presupposti teorici della grammatica contrastiva,
secondo la quale ogni variazione interlinguistica presuppone lo stesso grado di difficoltà nel processo di
acquisizione delle lingue straniere.
51
soggetto strutturale. Gli anglofoni, invece, individuano con maggiore facilità
i contesti in cui in spagnolo il pronominale soggetto può essere omesso, e rie-
scono, così, a riprodurli correttamente.17
Nell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera, quindi, appare
naturale l’importanza che riveste l’individuazione, da parte del docente, delle
opzioni parametriche che caratterizzano la grammatica della lingua, e al
tempo stesso, il confronto di queste con le scelte parametriche che interessa-
no la lingua materna, o le lingue materne, degli apprendenti. Come si è potu-
to osservare, infatti, nelle variazioni connesse alle diverse opzioni parametri-
che sembrano risiedere le maggiori difficoltà di acquisizione.
In relazione agli effetti sintattici determinati dalla scelta positiva al parame-
tro del soggetto nullo, (2a-c), e alla proposta, presentata in precedenza e ispi-
ti.
rata alla nozione stessa di parametro, secondo la quale risulterebbe più effica-
va
ce ed adeguato permettere agli apprendenti di accedere ad una descrizione più
er
generale anziché presentare loro una serie di regole indipendenti (cfr. §1.2), si
ris
potrebbe suggerire che durante l’attività didattica le proprietà sintattiche quali
l’omissione del soggetto pronominale, la possibilità dell’espressione del sog-
tti
iri
getto (pronominale e non) in posizione postverbale, e la possibilità di realizza-
id
cifici. Queste diverse scelte formali, intimamente vincolate tra loro, potranno
.T
maggiore libertà nella posizione del soggetto all’interno della frase in italiano,
vale a dire la presenza di unità morfologiche differenziate, di natura nominale
ci
17
Questi risultati avvalorano l’ipotesi proposta da Hyams ((1986), p.63 e segg.) secondo la quale
l’omissione del soggetto pronominale corrisponderebbe all’opzione non marcata del parametro del
©
soggetto nullo. Hyams basa la sua ipotesi sul fatto che i bambini che apprendono l’inglese come lingua
materna prima di fissare l’opzione del parametro che corrisponde alla grammatica della loro lingua
passano per una fase in cui omettono sistematicamente il soggetto (pronominale).
18
Alle manifestazioni sintattiche presentate in (2), riconducibili alle diverse scelte assegnate al
parametro del soggetto nullo, se ne deve aggiungere un’altra che riguarda le costruzioni interrogative. Se
nell’ambito di frasi subordinate dichiarative il soggetto viene interessato dalla regola di formazione di
interrogative, nelle lingue a soggetto nullo il complementatore della frase subordinata stessa deve/può
comparire; nelle lingue non a soggetto nullo, invece, lo stesso elemento non può realizzarsi, come
mostrano i casi seguenti:
(i) a. Chi credi che __ sia arrivato? italiano
b. Who do you think (*that) __ arrived? inglese
Data la complessità della struttura, questa variazione potrà essere affrontata didatticamente solo
quando i discenti avranno raggiunto una conoscenza abbastanza approfondita della grammatica
dell’italiano.
52
3. L’aspetto semantico nella teoria linguistica
A partire dagli anni ‘80 del secolo scorso, l’aspetto semantico acquisisce
grande rilievo nell’ambito della grammatica generativa. Questa profonda
innovazione, che interessa il piano formale della teoria, senza naturalmente
pregiudicarne i fondamenti concettuali, si concretizza mediante l’introduzio-
ne della nozione di ruolo tematico (semantico) e mediante la conseguente
importanza che viene attribuita al Lessico (Componente lessicale), come
mostra il modello della Grammatica che Chomsky (1981, 1986) formalizza
per la derivazione delle frasi.19
L’introduzione dei ruoli tematici e il potenziamento del Lessico sancisco-
no, come conseguenza immediata, il superamento del valore assiomatico fino
a quel momento assegnato alla frase. Nel modello precedente al modello a
ti.
principi e parametri, infatti, la frase, concepita come il nodo in cui conver-
va
gono le proiezioni massimali delle categorie lessicali Nome e Verbo, veniva
er
considerata come l’unità massima di analisi della grammatica.20 Di conse-
ris
guenza, i fenomeni linguistici di portata più ampia, e che hanno implicazio-
tti
ni nel discorso, non potevano essere descritti, poiché al di fuori dei confini,
iri
abbastanza ristretti, della frase stessa.
id
maggior parte delle critiche rivolte alla teoria linguistica dagli studi nell’am-
ut
bito della didattica delle lingue straniere; dati gli obiettivi di questa discipli-
.T
na, che rivolge la sua attenzione sul componente dell’Esecuzione, gli aspetti
re
za alla luce delle sostanziali innovazioni che sono state menzionate. Nel
ci
modello a principi e parametri, infatti, la frase viene concepita non già come
c
19
Nel modello a principi e parametri il potenziamento del Lessico si rende esplicito attraverso
l’ipotesi che il modello della Grammatica sia costituito da due componenti principali: il Lessico e il
Sistema Computazionale. Il Lessico contiene l’insieme delle parole di una lingua, ognuna delle quali
include le proprietà categoriali, semantiche, fonologiche e morfologiche che la caratterizzano (cfr. nota
10). Il sistema computazionale è costituito, invece, da regole e principi che assegnano alla combinazione
di elementi lessicali una rappresentazione strutturale a ogni livello della Grammatica: Struttura-
p(rofonda), Struttura-s(uperficiale), Forma Fonetica e Forma Logica. Nel recente modello minimalista,
Chomsky (1995) apporta ulteriori modifiche al modello della Grammatica appena descritto, senza però
alterare il ruolo fondamentale svolto dal Lessico per la costruzione delle frasi di una lingua.
20
La regola per la struttura della frase, concepita come assioma iniziale di tutto il sistema di regole,
aveva la forma seguente: F Æ SN SV.
53
basso e si proietta verso l’alto, un percorso, cioè, che inizia dalla parola e arri-
va al sintagma. Parafrasando quanto espresso dallo stesso Chomsky (1981,
1986), nel modello a principi e parametri la sintassi viene concepita come la
proiezione delle dipendenze lessicali. Questa ipotesi viene chiaramente sus-
sunta dal principio di proiezione esteso (cfr. nota 10).
La nuova prospettiva di indagine viene ad acquisire un potere esplicativo
superiore nello studio del funzionamento del linguaggio, e permette, tra le
altre proprietà, di descrivere la buona formazione di costruzioni linguistiche
non frasali (frammenti) e di determinarne l’adeguatezza in contesti superio-
ri alla frase stessa.
A tale proposito, si osservi l’esempio seguente:
(3) a. Che cosa teme Maria?
ti.
b. La reazione di suo padre.
va
Dal punto di vista sintattico, l’espressione nominale in (3b) risulta ben
er
ris
formata: il nome deverbale reazione esprime il suo argomento esterno, l’a-
gente, mediante il sintagma preposizionale di suo padre. Inoltre, la proiezio-
tti
ne del nome viene correttamente completata, o “delimitata”, dall’articolo
iri
definito la: in italiano un nome contabile e al singolare ha bisogno della pre-
id
54
Errori di questo tipo non devono essere attribuiti alla posizione che l’e-
spressione nominale occupa nella struttura, la realizzazione del nominale
soggetto in posizione postverbale non deve considerarsi responsabile del
mancato accordo tra soggetto e tratti di flessione del verbo. Questa afferma-
zione è giustificata dal fatto che gli stessi apprendenti non commettono, in
generale, errori del tipo: *Ha telefonato Maria e Piero.
La ragione dell’agrammaticalità dei casi in (4) deve invece attribuirsi al
fatto che verbi come bastare, succedere e piacere possiedono un tratto in
comune, sono, cioè, verbi inaccusativi.
Nella tradizione grammaticale verbi di questo tipo vengono trattati come
verbi intransitivi. Tuttavia, presentano comportamenti sensibilmente diffe-
renti da verbi come lavorare, dormire, ecc., anch’essi inclusi nella classe dei
ti.
verbi intransitivi.
va
Una distinzione terminologica tra verbi inaccusativi (come arrivare, entra-
er
re, rompersi, ecc., e i predicati in (4)) e verbi inergativi (come telefonare, lavo-
ris
rare, dormire, ridere, ecc.) può cogliere le proprietà sintattiche che differen-
ziano il primo gruppo dal secondo. Queste proprietà devono essere ricon-
tti
iri
dotte alla diversa natura del ruolo tematico che il predicato assegna all’e-
id
55
apprendimento dell’italiano come lingua straniera, è possibile far luce su
errori del tipo di (4). Gli apprendenti, nella loro interlingua, ipotizzano una
regola che si basa sulle relazioni semantiche tra argomento e predicato per
realizzare l’accordo tra soggetto e verbo.23 Nel caso degli inaccusativi, quindi,
non attuerebbero l’accordo poiché riconoscono, nell’unico argomento, un
tema e non un agente o esperiente.24
ti.
Questa linea di condotta, coerente con i presupposti cognitivisti, non
va
entra in conflitto con la proposta, che vogliamo difendere in queste pagine,
er
di adottare le ipotesi sviluppate da teorie formali quali la grammatica gene-
ris
rativa per l’insegnamento della grammatica dell’italiano. Come abbiamo pre-
sentato nei capitoli precedenti, infatti, la grammatica generativa, nei suoi svi-
tti
luppi più recenti, assegna grande importanza al significato, e al tempo stesso
iri
id
riconosce un ruolo importante alle funzioni della lingua. In relazione alle
funzioni della lingua, l’ipotesi che le differenze nella forma possono essere
ti
ut
stante il loro contenuto proposizionale sia lo stesso, esse non possono essere
prodotte indistintamente in tutti i contesti:
(5) a. Regalerò un libro a Maria.
23
La stessa proposta viene avanzata da Brucart (1999) per rendere conto di problemi di
apprendimento dello spagnolo come lingua straniera.
24
In relazione ai dati presentati nel testo, è interessante osservare che anche molti parlanti
dell’italiano, in particolare adolescenti, commettono errori del tipo di (4). Inoltre, di fronte a costruzioni
come Gli piace il teatro non tutti riescono ad individuare correttamente il soggetto grammaticale. Se
interrogati a riguardo, o propongono l’esistenza di un “soggetto sottinteso”, oppure assegnano al clitico
gli la funzione di soggetto.
56
b. A Maria(,) le regalerò un libro.
c. A MARIA, regalerò un libro.
Nei casi in (5b) e (5c) l’anteposizione dell’oggetto indiretto deve attri-
buirsi alla distinzione informazione conosciuta (dato) e informazione nuova
(nuovo) con cui, dal punto di vista informativo si divide, in generale, la
frase.25 In (5b) l’oggetto indiretto viene espresso in posizione iniziale perché
rappresenta l’informazione conosciuta, rispetto all’informazione nuova vei-
colata dal resto della frase. (5b) è compatibile come risposta a una domanda
del tipo: Che cosa hai deciso per Maria?
In (5c), invece, l’oggetto indiretto anteposto, enunciato con forte enfasi
melodica, costituisce l’informazione nuova, in contrasto con il contesto. (5c)
è compatibile come risposta ad un enunciato del tipo: Potresti regalare un
ti.
va
libro a Francesca.
Queste costruzioni, marcate in quanto all’ordine degli elementi, e che nel-
er
l’ambito della grammatica generativa vengono denominate, rispettivamente,
ris
dislocazione a sinistra e topicalizzazione, mostrano che forma e contenuto
comunicativo sono vincolati tra loro. tti
iri
Tuttavia, se si esaminano le lingue naturali, non sembra appropriato affer-
id
mare che il contenuto e la forma siano sempre associati tra loro, tesi, questa,
ti
difesa dalle teorie funzionaliste, le quali sostengono che dalla funzione comu-
ut
dine alterato delle parole, che, come si è detto segue il paradigma funziona-
ito
essere rispettato per la buona formazione stessa della costruzione, e cioè che,
ci
tuente dislocato (a Maria). Lo stesso requisito non può essere soddisfatto nel
na
caso della costruzione in (5c), la quale, però, a sua volta, richiede, come scel-
Bo
57
Un altro argomento, che invalida la tesi funzionalista nella sua versione
“forte”, ci viene offerto, sempre nell’ambito dell’ordine delle parole nella
frase, da costruzioni del tipo seguente:
(6) a. La musica classica piace a Maria.
b. A Maria piace la musica classica.
In (6b) non sembra possibile sostenere che il costituente oggetto indiret-
to venga espresso in posizione iniziale (dislocata) per soddisfare obbligato-
riamente il paradigma funzionale dato-nuovo, come accade, invece, nel caso
in (5b), e neppure il paradigma funzionale nuovo-dato espresso dal caso in
(5c). Infatti, la frase in (6b) può essere considerata, dal punto di vista infor-
mativo, come tutta nuova, alla stregua di (5a) e (6a): può essere emessa, ad
esempio, come inizio di discorso.
ti.
va
Adottando quanto proposto da Cardinaletti (2002), l’oggetto indiretto
rappresenterebbe, in casi di questo tipo, il soggetto della predicazione, e non
er
ris
equivarrebbe ad un elemento dislocato per precisi scopi funzionali. Non ci
sarebbe, pertanto, coincidenza tra forma e funzione comunicativa.26,27
tti
Come ulteriore osservazione sull’inadeguatezza di assumere, nell’insegna-
iri
mento della grammatica, l’ipotesi che dal contenuto comunicativo derivi
id
26
Come osserva Cardinaletti (p.10 e segg.), l’oggetto indiretto che compare in costruzioni del tipo di
na
(5b) non può essere trattato come l’oggetto indiretto anteposto che troviamo in costruzioni del tipo di
(6b). Infatti, mentre i costituenti dislocati a sinistra (cfr. (5b)) non possono comparire né in costruzioni
Bo
gerundive in cui l’ausiliare si realizza in posizione iniziale, (i.a), né in subordinate completive con
complementatore non espresso, (ii.a):
©
58
sua realizzazione è obbligatoria in quei contesti in cui si darebbe luogo ad
ambiguità nella determinazione del referente, indipendentemente dal conte-
nuto comunicativo (es. Spero che (lui) possa farcela vs. Spero che #(tu) possa
farcela) (cfr. nota 13). Nelle lingue non a soggetto nullo, come ad esempio
l’inglese, non è invece possibile ricorrere alla scelta formale presenza/omis-
sione del soggetto pronominale per veicolare lo stesso contenuto informati-
vo che si ottiene in italiano; nelle lingue non a soggetto nullo la posizione di
soggetto strutturale deve essere sempre occupata lessicalmente.
Infine, un ultimo esempio che si potrebbe citare è rappresentato dal feno-
meno dell’accordo nei tratti di persona, numero e genere. Questa proprietà
grammaticale, di natura esclusivamente formale, permette di esprimere i vin-
coli che all’interno di una struttura si vengono a stabilire tra due o più ele-
ti.
menti linguistici solo in quelle lingue che possiedono morfemi flessivi di
va
accordo. La mancanza di morfemi di flessione in altre lingue permette di
er
determinare variazioni quali a nice girl dell’inglese e una ragazza simpatica
ris
dell’italiano.
Se si esamina la grammatica di una lingua, e delle lingue in generale, per-
tti
iri
tanto, non si può negare l’esistenza di principi formali che non possono esse-
id
5. Conclusioni
.T
Abbiamo poi cercato di mostrare che molti dei problemi che possono sorge-
ed
maticale. Dal momento che i libri di testo adottati per l’insegnamento dell’i-
c
na
damentale, per il docente, acquisire una solida formazione nella teoria lin-
©
guistica, la quale deve costituire uno degli aspetti della formazione comples-
siva e integrata del docente di lingua straniera.
La grammatica generativa può rappresentare un valido candidato a tale
scopo. Fondandosi sul cognitivismo, difendendo lo studio comparativo e,
negli sviluppi più recenti, sostenendo l’aspetto semantico e, nella misura
vista, quello funzionale della lingua, può combinarsi senza difficoltà con le
ipotesi difese in ambito glottodidattico.
Una solida formazione nella teoria linguistica permetterà al docente di
59
strutturare il corso di lingua d’accordo con le caratteristiche e le esigenze del
gruppo discente oltre che con gli obiettivi che il corso stesso si propone.
Possedere una formazione nella teoria linguistica gli permetterà, inoltre, di
scegliere testi di supporto più idonei ai fini dell’apprendimento della gram-
matica, di interpretare adeguatamente le produzioni degli apprendenti e di
intervenire, dove necessario, con strumenti appropriati, come, ad esempio,
materiali di rinforzo o adeguate riflessioni esplicite da sviluppare, dove pos-
sibile, durante le occasioni metalinguistiche. Questi interventi, impliciti e/o
espliciti, offriranno agli apprendenti i mezzi necessari per facilitare ed acce-
lerare il processo di acquisizione, vale a dire, saranno in grado di attivare in
modo efficace la costruzione di ipotesi sul sistema della lingua italiana.
ti.
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ris
tti
iri
id
ti
ut
.T
re
ito
ed
c ci
na
Bo
©
61
Capitolo 5
La fonetiCa deLL’itaLiano
e iL sUo insegnamento
Luciano Canepàri, María Emilia Pandolfi1
ti.
1. ogni livello al suo posto
va
Ancora troppo spesso, le grammatiche dell’italiano presentano una sinte-
er
tica parte (di solito, posta all’inizio, più raramente alla fine, e generalmente
ris
definita “Fonologia”), in cui presentano l’alfabeto, cercando di farlo corri-
spondere a dei valori fonici. tti
iri
Questo modo di procedere poteva forse essere sufficiente quando l’insegna-
id
mento delle lingue era indirizzato quasi esclusivamente alla lettura di testi – let-
ti
le traduzione in LM). Oggi però la grande importanza della lingua parlata, per
.T
momento della codificazione del testo oltre che, naturalmente, da una ade-
guata articolazione di ognuno dei suoni che formano la catena fonica attra-
©
1
Pur se concepito insieme dai due autori, la stesura del paragrafo 1 è opera di Luciano Canepari, la
stesura dei restanti paragrafi è opera di María Emilia Pandolfi.
62
derare le lingue come costituite da: scrittura, grammatica e vocabolario.
Invece, la stragrande maggioranza delle lingue del mondo, che sono
attualmente stimate intorno alle 6.000 entità, non sono scritte. Quindi, alme-
no il 90% delle lingue non ha neppure un sistema ortografico; eppure, fun-
ziona perfettamente, per tutti gli usi comunicativi, sia quotidiani (e, magari,
banali), sia particolari (come rituali religiosi o sociali).
Pensiamo alle ricche tradizioni orali d’un tempo (o, ancora oggi, nei con-
tinenti extraeuropei), tramandate dagli anziani ai giovani, di generazione in
generazione. Oppure, consideriamo i vari dialetti, anche d’Italia, e alle loro
filastrocche e canzoni popolari, che ricordano usi e costumi.
ti.
L’ortografia d’ogni lingua scritta sembra, ai propri parlanti nativi (accul-
va
turati), una specie d’indissolubile e soddisfacente connubio fra lettere e
er
suoni, tanto che un italofono trova “logico” associare, al valore fonico di sh
ris
inglese o di ch francese, il digramma sc. Ma si tratta, invece, d’un’ingenuità
tti
dannosa e ambigua. Infatti, in italiano, sc vale /S/ solo davanti a vocali ante-
iri
riori, come in: scimmia, scena, oppure quando c’è un’i diacritica, davanti a
id
vocali posteriori, come in: sciarpa, sciocco. In parole come: scarpa, scocco,
ti
fonemi, nelle stesse parole: /’Simmja, ‘SEna, ‘Sarpa, ‘SOkko/ e /s’karpa, s’kOkko/.
ito
a /’SEnqa/, come se fosse scritto *scenza. D’altra parte, per sciare, che pro-
ci
tica. A dire il vero, qui si tratta di trascrizione fonemica (con -m-), perché i
simboli messi tra barre oblique indicano i fonèmi, ossia i suoni distintivi
d’una lingua, quelli che riescono a far cambiare il significato di parole ugua-
li graficamente, come pesca per esempio.
63
i dialetti centrali sono strutturalmente simili alla lingua italiana). Al Nord e
al Sud la situazione è piuttosto diversa; infatti, generalmente, per le due
pesche viste sopra, si ha un’unica pronuncia, che può essere con la vocale
chiusa, [e], oppure quella aperta, [E], o ancora con una realizzazione inter-
media fra le due neutre: [W].
ti.
e in altri accenti.
va
er
1.5 Le lettere non sono suoni
ris
Le lettere dell’alfabeto non sono suoni: sono solo dei mezzi per scrivere la
tti
lingua. Infatti, non sono le lettere che si pronunciano; al contrario, è la pro-
iri
id
nuncia che si scrive, o tramite l’ortografia tradizionale, diversa da lingua a
lingua, oppure (e meglio) tramite le “trascrizioni fonetiche”.
ti
ut
IPA (International Phonetic Alphabet), lo stesso simbolo vale per tutte le lin-
gue, per indicare suoni simili, al di là delle differenze ortografiche delle varie
re
lingue, come abbiamo visto per /S/, cui corrisponde sh in inglese (ship), ch in
ito
gua orale a un’altra lingua orale diversa, senza indebite interferenze causate
dall’ortografia, ovviamente differente e con regole diverse da una lingua
all’altra.
Il metodo fonetico è l’unico modo per tenere davvero separati il livello
grafico (ortografia) da quello sonoro (trascrizione fonetica), aiutando a riflet-
tere meglio sulle strutture linguistiche (non solo foniche), perché apre la
mente a possibilità imprevedibili e insospettate.
64
1.7 Idee chiare sulla pronuncia migliorano anche la scrittura
Una buona pronuncia, basata su elementi sicuri, grazie alle trascrizioni
fonetiche, aiuta anche a evitare errori di scrittura, giacché i due livelli (foni-
co e grafico) sono le due facce del significante linguistico, cioè della manife-
stazione d’una lingua percepibile coi sensi uditivo e visivo.
Le trascrizioni fonetiche riescono a mostrare chiaramente le differenze fra
la pronuncia e la capricciosa ortografia. Oltre a quanto abbiamo già indica-
to al paragrafo 1.2, solo la trascrizione fa capire, al di là d’ogni possibile dub-
bio, che il sostantivo cielo si pronuncia esattamente come il verbo celo (cela-
re), cioè: /’cElo/, senza nessuna traccia di /i/ o /j/. Ugualmente, la trascrizio-
ne toglie qualsiasi dubbio su forme ambigue come: ancora, principi, capito,
conservatori, giacché non può fare a meno di segnare l’accento e anche i tim-
ti.
bri dei fonemi: /’ankora/ (della nave), /an’kora/ (avverbio); /’principi/ (plura-
va
le di principe), /prin’cipi/ (plurale di principio); /’kapito/ (io capito), /ka’pi-
er
ris
to/ (ho capito); /konserva’tOri/ (musicali), /konserva’tori/ (politici).
di certe lettere, come in scienza, cielo, gli uomini. Questi ultimi esempi sono:
re
dizionari d’italiano.
Bo
65
produrre un suono vocalico o consonantico, compresa l’attività delle pliche
vocali (o “corde vocali”), che è l’unico elemento che distingua, per esempio,
faro da varo: /’faro, ‘varo/; o quanto da quando: /’kwanto, ‘kwando/; o razza
(umana, canina) /’raqqa/ da razza (pesce) /’raQQa/. Ugualmente, i diagram-
mi fonetici sono fondamentali per orientarsi nell’intricata realtà dell’intona-
zione, e per arrivare anche all’esatta esecuzione delle altezze tonali relative
tipiche d’ogni lingua.
In tutti questi casi, sarà importantissimo arrivare a confrontare i dia-
grammi vocalici, consonantici e intonativi di LM e di LS. Per la pronuncia
italiana, sempre della Zanichelli (dello scrivente) c’è la seconda edizione del
Manuale di pronuncia italiana (1999), che tratta tutti questi argomenti.
ti.
1.10 Necessità di conoscere la struttura fonica della LS e della LM
va
Potrebbe sembrare poco importante, ma, invece, è basilare conoscere
er
anche il sistema fonetico, fonologico e intonativo della propria LM. In que-
ris
sto modo, si riesce a fare dei confronti fra la pronuncia delle due lingue. Se
tti
in italiano non si rispettano le consonanti geminate, si confondono, per
iri
esempio, pala e palla, sano e sanno, moto e motto. Lo stesso avviene se si usa
id
un’accentazione non regolare, come può avvenire per retina, fra /’rEtina/
ti
che si vuol dire. Possono avvenire anche scambi fra i fonemi /e, E; o, O; s, z;
ito
q, Q/, in casi in cui non si abbiano coppie minime, come pesca /’peska/ (frut-
ed
to) e /’pEska/ (in mare), o fosse /’fosse/ (se fosse) e /’fOsse/ (le fosse). Se dicia-
ci
66
può accontentare dei messaggi che “si capiscono”.
Naturalmente questa impostazione del lavoro comporta da parte dell’in-
segnante una convinzione dell’importanza dello spazio che deve avere la pro-
nuncia nell’insegnamento della lingua tale – direbbe L. Costamagna – da
“sensibilizzare gli studenti perché curino la pronuncia della lingua che stan-
no apprendendo e dimostrare, attraverso esercitazioni appropriate, quanto
essa sia importante per una comunicazione senza difficoltà”.2
L’esercitazione fonetica deve sempre accompagnare la lezione di lingua. A
questo scopo sarà dunque necessario prevedere un momento, all’interno
della lezione di lingua, per poter fare un intervento, anche brevissimo, nel-
l’ambito della fonetica.
Può trattarsi di un intervento occasionale oppure programmato:
ti.
- è occasionale ogni volta che l’insegnante interviene per correggere una
va
pronuncia sbagliata, per evidenziare una struttura prosodica, per dimo-
er
strare la giusta articolazione di un suono;
ris
- è programmato quando l’insegnante prevede una parte della sua lezione
tti
per la fonetica da abbinare e integrare ai contenuti di lingua che inten-
iri
de insegnare.
id
Come per ogni piano della lingua, i contenuti fonologici appaiono tutti
Bo
insieme in qualsiasi testo che si vorrà sfruttare. Occorrerà allora seguire una
©
67
- alla produzione e interpretazione dei suoni;
- alla riflessione metalinguistica.
Devono essere anche previsti i criteri di valutazione della produzione
orale dell’allievo dal punto di vista fonologico.
ti.
lingue;
va
- la chiarezza riguardo ai criteri che reggono la selezione dei modelli.
er
ris
Ci interessa, in questa sede, accennare al problema del modello fonologi-
co, che è analogo al problema che si pone per l’insegnamento dell’italiano in
tti
iri
generale.
id
didattico;
ito
Come detto in 1.4 sarà doveroso per l’insegnante chiarire che la sua par-
lata è solo uno fra i molti modelli di italiano. Dovrà, quindi, presentare con-
©
tinuamente altri modelli che consentano all’allievo di avere una visione com-
plessiva dell’ampia gamma di modelli possibili. È solo in questo modo che
l’allievo potrà operare una scelta e costruire il proprio modello, sempre
all’interno di varianti che non vadano oltre i limiti dell’accettabile.
Si tratta comunque di un percorso guidato, con indicazioni precise, e allo
stesso tempo duttile in quanto viene negoziato un prodotto a partire dai
punti di riferimento forniti lungo detto percorso a partire dal modello che
Canepari definisce “variante moderna”3, che deve essere decisamente preva-
68
lente nelle prime fasi dell’apprendimento. Esso ha delle caratteristiche rite-
nute socialmente prestigiose e ovunque valorizzate; è la variante “più consi-
gliabile oggi, per scopi normali, in quanto largamente accettata, pur senza
connotazioni di toscanismo”.
È opportuno citare in questa sede la riflessione di Santipolo a proposito
della “variante didattica”4 dell’italiano da insegnare. Questa variante “lungi
dall’avere un significato riduttivo (...) e dall’essere una semplificazione della
lingua oggetto dell’insegnamento, costituirebbe invece la migliore rappre-
sentazione, dovutamente calibrata, del reale repertorio linguistico degli ita-
liani inteso come la somma degli strumenti linguistici (o linguistic tools) a
disposizione degli italiani per comunicare”.
Sarà certamente opportuno, nella fase della riflessione metalinguistica e
ti.
metacognitiva, che l’allievo possa giungere a definire con chiarezza il model-
va
lo verso il quale vorrebbe tendere e possa giudicare a che punto ritiene di
er
trovarsi, nonché esplicitare come sta affrontando il percorso della costruzio-
ris
ne del modello fonologico, in modo che, a partire da queste esplicitazioni,
l’insegnante possa “calibrare” la selezione dei modelli da proporre.
tti
iri
Quando si tratta di un percorso fatto all’estero, il problema del modello
id
quanto la possibilità di scelta è molto più limitata. Nella maggior parte dei casi
ed
non solo dal punto di vista diatopico, ma soprattutto per quanto riguarda le
c
na
L’italiano trasmesso, preferito perché motivante e vario, finisce per essere più
“autorevole” per l’allievo se la riflessione non è sufficientemente guidata e se
©
non si è alquanto informati sia dei criteri più validi per la scelta dei modelli,
sia delle caratteristiche dell’italiano, in questo caso, televisivo6.
4
Canepari L. (1999a) p. 23.
Santipolo M. (2002).
5
L'insegnante dovrebbe usare particolare cura nella scelta dei materiali da utilizzare, dato che sul
mercato esistono corsi di fonetica per stranieri con problemi di trascrizione o con grossi problemi di
registrazione
6
delle voci e quindi poco validi dal punto di vista didattico.
Per le caratteristiche dell’italiano televisivo rimandiamo a Diadori P. (1994).
69
3. Lo scetticismo fonetico
In questo non facile cammino verso un modello ottimale, non di rado si
presenta un nemico con il quale occorre contendere il campo di azione: lo
“scetticismo fonetico”, cioè, da una parte, l’atteggiamento di incredulità da
parte del discente di poter ottenere una pronuncia migliore e dall’altra l’e-
sperienza di disappunto e scoraggiamento da parte dell’insegnante che trova
che la sua didassi e la sua insistenza in materia di pronuncia non produce i
frutti che vorrebbe.
Condizione indispensabile per vincere lo scetticismo dell’insegnante è
innanzi tutto credere nelle potenzialità dello studente. Non si tratta di una
fiducia ingenua ma strategica e cioè capace di non esaurire mai l’intervento
didattico che, attraverso uno svariato ventaglio di tecniche, trova sempre il
ti.
modo opportuno di aiutare l’allievo a controllare la sua articolazione e a evi-
va
denziare i progressi, anche quelli meno appariscenti.
er
A titolo di esempio, si potrebbe dire che ci sono sempre esercizi con cui
ris
l’allievo si sente più rilassato perché gli riescono più facili. Saper alternare
tti
opportunamente gli esercizi, in modo che l’allievo non provi né stanchezza
iri
né scoraggiamento e possa verificare il suo parziale successo, è un’auspicabi-
id
laboratorio.
ut
indiscusso, sia quella strumentale che quella integrativa7. Tra i fattori psi-
ci
all’ansia e all’autostima.
na
L’età può essere una variante d’importanza relativa. L’adulto che appren-
Bo
7
Cfr. Costamagna L. (2000), p. 81.
70
disposti a assumere un’identità che può essere “poco compatibile” con la
propria.
È compito dell’insegnante suscitare l’entusiasmo nei confronti delle pos-
sibilità di pronunciare meglio e mantenerlo vivo. La motivazione si mantie-
ne quando l’allievo si diverte, quando c’è un buon rapporto insegnante-
discente, quando gli errori sono corretti in modo opportuno e rispettoso
della personalità dell’allievo, quando il discente può visualizzare i suoi pro-
gressi e sentire che vengono potenziate le sue capacità.
ti.
mento fonologico che non sempre coincide con il modo di apprendere altri
va
tipi di contenuti linguistici. Inoltre, ogni allievo ha delle capacità specifiche
er
e preferenze davanti a una proposta di lavoro relativa alla pronuncia, le quali
ris
possono essere colte e appositamente sfruttate attraverso l’attività nel labo-
ratorio linguistico.
tti
In materia di pronuncia, l’invito della psicolinguistica ad effettuare un’a-
iri
id
nalisi delle differenze individuali è particolarmente valido. Prevedere oltre a
un’esercitazione di gruppo d’accordo agli obiettivi generali, anche un’eserci-
ti
ut
nare griglie di analisi o questionari dai quali possano emergere punti indica-
c
na
71
- Quali input lo motivano maggiormente? (canzoni, registrazioni, testi
televisivi...)
- Si dimostra teso di fronte a registri molto veloci o con interferenze di
rumori o sovrapposizione di voci?
Vocalismo
Consonantismo
ti.
Gruppi consonantici e varianti contestuali
va
Prosodia Accento
er
Durata
Intonazione
ris
Espressione
tti
iri
Per ogni voce poi si scenderà nel dettaglio, tenendo conto della LM. Ad
id
divisione:
ut
.T
re
72 72
Gruppi consonantici e varianti contestuali sì non molto no
Realizza C + r dando alla r la lunghezza adeguata?
Realizza /n/ + /v/ come [Mv] o scambia per [mb]?
Realizza /n/ o /l/ + /q/ o /Q/ rispettando
l’occlucostrizione di /q, Q/?
Rispetta i gruppi formati da occlusiva non sonora
+ C senza sonorizzare l’occlusiva?
ti.
Rispetta le doppie?
va
Rispetta i raddoppiamenti sintattici più prestigiosi?
er
Dà la durata adeguata alle scempie?
ris
Allunga il segmento finale delle sillabe toniche finenti
in consonante?
tti
iri
Allunga la vocale tonica di sillaba aperta?
id
Rispetta l’intonazione discendente delle conclusive?
Rispetta l’intonazione ascendente delle interrogative totali?
ti
73
prestazione come gli si propone, ma, nelle successive produzioni, l’errore
ricompare o sistematicamente o saltuariamente.
Nemmeno la posizione dell’errore all’interno del testo è un dato secon-
dario. Consideriamo a questo proposito, e partendo sempre dalla nostra
esperienza, tre situazioni che possono presentarsi:
a. l’errore ricorre lungo tutta la prestazione
b. l’errore appare solo all’inizio del testo, poi viene autocorretto e la strut-
tura viene realizzata adeguatamente fino alla fine
c. l’errore appare nel segmento finale della prestazione.
Nel primo caso l’errore è l’evidenza della zona lacunosa che, individuata
dall’insegnante, dovrà essere colmata con un opportuno intervento didattico.
ti.
Nel secondo caso possiamo fare un paragone tra la pronuncia e l’attività
va
fisica. Entrambe costituiscono un allenamento, entrambe hanno una parteci-
er
pazione forte del corpo, in entrambe occorre l’automatizzazione e precisio-
ris
ne dei movimenti e il superamento delle devianze spesso radicate (in foneti-
tti
ca, diremmo fossilizzate). L’insegnante di fonetica assume spesso il ruolo del-
iri
l’istruttore che mostra il modello e insiste sull’esercitazione di determinate
id
italofono. In questo caso, l’insegnante deve capire che l’allievo ha già fatto un
ito
alta tensione soprattutto nelle fasi iniziali del suo iter. È normale che, verso
Bo
la fine della prestazione, provi stanchezza. I suoi errori, quindi, sono il risul-
tato dell’affaticamento e la conseguente rilassatezza articolatoria. In quei
©
74
- Com’è nella produzione guidata?
- Com’è quando legge?
- Com’è la pronuncia dell’allievo nella produzione libera?
Queste domande sono fondamentali per capire se gli esercizi di discri-
minazione e identificazione sono stati esaurienti e se l’allievo possiede,
almeno parzialmente, il sistema fonologico. Quando legge, i contenuti les-
sicali, grammaticali, ecc. vengono già dati e quindi non costituiscono una
difficoltà. L’allievo deve solo badare alla corretta articolazione dei suoni e
assegnare al testo opportune strutture prosodiche. Subentra comunque
un’altra difficoltà legata all’associazione grafia–pronuncia che non sarà
affrontata in questa sede.
ti.
La produzione libera sarà sicuramente quella più complessa per l’allievo
va
perché la difficoltà della pronuncia sarà aggiunta a quelle degli altri piani
er
della lingua. In questi casi, conviene sempre suggerire di partire da una sca-
ris
letta che dia all’allievo la sicurezza dei contenuti e orienti invece tutto il suo
sforzo verso la pronuncia e l’espressione. Nella produzione libera, si metto-
tti
no in evidenza le strutture che sono state già automatizzate. È la fase più
iri
id
avanzata nell’iter fonologico. Molti allievi superano senza difficoltà i primi
due momenti. Ma trovano degli intoppi nel terzo: gli errori fossilizzati ricom-
ti
ut
data deve essere più lento, gli errori che ricorrono con maggiore frequenza
ito
devono essere affrontati singolarmente in base alle difficoltà che ognuno ha.
Occorrerà rinforzare il momento della lettura, la quale andrà realizzata con
ed
5. Conclusione
Bo
75
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ut
76
Capitolo 6
La CULtUra e La CiViLtÀ itaLiane
e iL Loro insegnamento
in Una ProsPettiVa interCULtUraLe
Elisabetta Pavan
ti.
tecnologia, la dieta mediterranea, il modello economico del Nordest...
va
I processi di interazione tra persone di culture diverse necessitano la
er
conoscenza reciproca, quindi la competenza linguistica deve sempre inte-
ris
grarsi con la competenza comunicativa interculturale. Lo studente deve esse-
re edotto sin dall’inizio che oltre agli aspetti linguistici esistono anche delle
tti
dimensioni culturali che emergono prepotentemente nel corso di eventi
iri
id
comunicativi.
Nella classe di italiano LS molte sono le novità sia sul fronte del docente
ti
ut
sioni di contatto con l’Italia, sia reali che virtuali. Le conoscenze complesse
del docente si devono tradurre in pratiche operative e tra le competenze da
re
77
A tal fine vanno padroneggiate tutte le competenze che competono al
docente di lingua, e lo scenario da cui si traggono gli strumenti per operare
comprende tutte le scienze del linguaggio (linguistica, sociolinguistica, prag-
malinguistica, linguistica applicata, ecc.).
L’obiettivo dell’insegnamento ha subito un cambiamento di focus che si è
spostato dalla lingua come sistema alla lingua in atto, per cui anche sul ver-
sante di chi apprende vanno conosciute e utilizzate le conoscenze che deri-
vano dagli studi sulla neuro e psico-linguistica, quelli di programmazione
neurolinguistica, le teorie umanistico-affettive, in un continuum che prende
in considerazione l’intera gamma delle potenzialità umane nonché le diverse
nature dell’intelligenza analitica e di quella emotiva (Balboni, 2002).
ti.
1.1 Alcune definizioni
va
Può essere utile riportare qui di seguito le definizioni di cultura e civiltà,
er
nonché di modello culturale (Balboni, 1999b, 2002):
ris
- cultura: secondo la definizione di Lévy-Strauss è “cultura” tutto ciò che
tti
non è “natura”: la natura pone il bisogno di nutrirsi, coprirsi, procrea-
iri
re, ecc., e le varie culture offrono modelli culturali quali il modo di pro-
id
78
- cultura è tutto ciò che non è natura, quindi le diverse risposte che un
gruppo dà a dei bisogni di natura;
- la cultura è invisibile, onnipresente e si impara.
ti.
L’interesse per l’insegnamento della cultura, tuttavia, non è una novità di
va
questi ultimi anni: già dopo la Seconda Guerra Mondiale il passaggio dal-
er
l’approccio strutturalistico all’approccio comunicativo portò ad una riconsi-
ris
derazione del ruolo della cultura, in quanto si raggiunse la consapevolezza
tti
che in una situazione comunicativa l’errore culturale è grave così come può
iri
esserlo l’errore linguistico. Ciononostante permaneva la tendenza a separare
id
no condividere i significati legati alla lingua che hanno imparato e stanno uti-
Bo
79
tata porta in sé molteplici implicazioni legate sia a chi la parla che alla cultu-
ra in cui viene utilizzata. La lingua inglese mal si presta a questo tipo di inter-
pretazione: lingua franca per eccellenza, lingua internazionale legata al busi-
ness, può risultare priva di riferimenti culturali, mentre l’italiano può preve-
dere un’approfondita conoscenza linguistica e soprattutto culturale dell’Italia.
ti.
cative che, in ordine di acquisizione, sono: culturizzazione (io e il mondo),
va
socializzazione (io e te) e autopromozione (io) (Balboni, 2002). Spostando
er
l’attenzione all’insegnamento della cultura, si potrebbero identificare tre
ris
aspetti che costituiscono la culturizzazione: l’inculturazione (la lingua e i
tti
modelli culturali acquisiti nel paese in cui si nasce), l’acculturazione (i model-
iri
li culturali del paese in cui si parla la lingua che si studia), il relativismo cul-
id
turale (aspetto che può essere considerato una sintesi dei precedenti, viene
ti
ficati linguistici e culturali che vengono veicolati non possono essere dati per
scontati come potrebbe succedere nello scambio che avviene tra due madre-
c ci
80
tivo si interrompe, gli studenti hanno difficoltà a riconoscerli e a capire il loro
significato. Un esempio potrebbe essere il tono della voce di un italiano in
una conversazione normale, in cui i rumori di fondo non sono eccessivi e il
numero di persone coinvolte è limitato: se confrontato con il tono di un
gruppo di anglosassoni o di orientali si noterà immediatamente come il volu-
me degli italiani sia più alto. Analizzando il volume secondo i parametri, ad
esempio, degli anglosassoni risulterà che la percezione di un inglese nei con-
fronti dell’italiano sarà di una persona irritata e aggressiva, mentre in realtà
gli italiani coinvolti non stavano discutendo di calcio o di politica, ma sem-
plicemente confrontandosi con estrema serenità su argomenti del tutto
“innocui”.
Va sottolineato che studiare una lingua in un’ottica di questo tipo aiuta i
ti.
discenti a riflettere sui propri modelli culturali e a sviluppare lo strumento
va
senza il quale non potrebbe essere capito fino in fondo uno scambio comu-
er
nicativo: la consapevolezza culturale. Senza una corretta comprensione della
ris
dimensione culturale, infatti, anche le frasi più semplici possono creare dei
problemi: il “ci vediamo stasera” di un italiano implica quasi sempre un
tti
iri
incontro che avviene nel dopocena, per un inglese la traduzione di sera con
id
per un italiano è ovvio che la giornata inizi all’alba, mentre per molte popo-
.T
lazioni asiatiche ed africane è ovvio pensare che la giornata finisca con il tra-
re
monto e che quindi l’inizio della giornata successiva coincida con l’inizio
ito
della notte (Balboni, 1999a). Per esempio le due di notte italiane sono two in
ed
the morning per gli inglesi. Altre espressioni che possono creare dei proble-
mi sono: “Si può andare più piano?” o “Non si può andare più piano?”, che
ci
81
liana si esprime e si sviluppa; a tal fine è necessario attingere per le attività di
classe da materiali autentici e da una pluralità di fonti (cfr. Spinelli in questo
volume), ma soprattutto fare in modo che lo studente diventi autonomo nel
reperire tali materiali in quanto in alcuni aspetti la cultura di un Paese può
variare con enorme rapidità. I motivi di questi repentini cambiamenti posso-
no essere i più disparati: emigrazioni ed immigrazioni, mezzi di comunica-
zione di massa, turismo di italiani che sono stati all’estero e di stranieri in
Italia, ecc.; conseguentemente una volta insegnati i modelli standard di base
della cultura, indispensabili alla comunicazione quando gli studenti verran-
no in Italia, è bene fare un passo in avanti ed educare alla differenza, alla
variabilità delle culture, ma soprattutto ad osservare una cultura, per fornire
così quegli strumenti indispensabili ed universali che sono alla base del rela-
ti.
tivismo culturale.
va
A questo proposito Internet è una fonte inesauribile, anche se per l’ope-
er
ratore impreparato può risultare altamente inaffidabile. In Internet, infatti, si
ris
possono trovare le maggiori testate giornalistiche, testi di letteratura e di can-
zoni, si possono scaricare brani musicali e recensioni di film, si possono visi-
tti
iri
tare i siti di aziende importanti e meno importanti, di associazioni e chat-line.
id
Restano molto importanti anche i mezzi canonici: i giornali cartacei non solo
per motivi “sentimentali” legati alla carta stampata ma anche per facilità di
ti
ut
modi e mode, sia linguistiche che legate al costume. Dalle pubblicità possia-
mo trarre importantissime e aggiornatissime informazioni, ad esempio, sulle
ci
donna in seno alla famiglia, alle aspettative dei giovani legate al mondo della
Bo
82
Si potrebbe contestare che per non alzare il filtro affettivo sarebbe meglio
riflettere sulle somiglianze invece che sulle differenze: questa procedura,
invece, potrebbe essere altrettanto pericolosa, perché non aiuta a sviluppare
delle strategie in caso di difficoltà d’esecuzione ma soprattutto di interazio-
ne, confondendo così ancora una volta sovrastrutture culturali per azioni
naturali.
Un percorso di formazione interculturale che risponde alla necessità di
creare e sviluppare il relativismo culturale è quello che prevede la formazio-
ne di una prospettiva interculturale quale preludio all’ingresso in una logica
interculturale. Dal contatto con gli altri emerge la conoscenza di un proble-
ma o di un’opportunità, ne segue la tolleranza delle differenze e immediata-
mente dopo il rispetto per le stesse; passaggio successivo è l’accettazione del
ti.
fatto che alcuni dei modelli culturali altrui possono essere migliori dei nostri
va
e perciò ci può essere una serena messa in discussione dei modelli in cui si è
er
cresciuti. Entrare in una logica interculturale è una cosa ben diversa dal mel-
ris
ting pot perpetrato negli Stati Uniti nel secolo passato: il melting pot preve-
deva una transitoria fase multiculturale che doveva dare adito ad una nuova
tti
iri
società in cui ogni differenza culturale si fonde in una nuova realtà.
id
mira solo a permettere l’interazione più piena e fluida possibile tra le diver-
.T
se culture (Balboni, 1999a). Quindi dal contatto con la nuova cultura si passa
re
mento di eventuali modelli diversi e alla loro assunzione, assumendo così una
ed
83
ta cultura, portiamo con noi un’identità etnica. È in questa fase che un non
ancora sviluppato relativismo culturale potrebbe portare all’utilizzo di ste-
reotipi e conseguentemente facilitare il sorgere di pregiudizi nei confronti
degli italiani. Il docente di italiano lingua straniera deve saper anticipare que-
sta fase, facendo riflettere i suoi studenti sulla figura del sociotipo, dando
quindi delle generalizzazioni che siano legate a valori intrinseci nella cultura
italiana. Ad esempio lo stereotipo del trentenne italiano, eterno studente a
carico dei genitori, può essere spiegato con un ciclo universitario che preve-
de la possibilità per gli studenti di non rispettare scadenze per l’esecuzione
degli esami, la stesura di una tesi che può tranquillamente coprire il periodo
di un anno accademico, la difficoltà di conciliare studio e lavoro e soprattut-
to l’impossibilità di mantenersi fuori casa con un lavoro part-time e senza
ti.
l’aiuto economico dei genitori.
va
Tuttavia un attento sguardo ai mass media nell’arco di qualche anno
er
potrebbe modificare alcune di queste spiegazioni, sulla scorta della riforma
ris
della scuola e del sistema universitario. Il docente non potrà mai insegnare
tutti gli aspetti tipici di una cultura, l’enfasi del suo insegnamento andrà
tti
iri
quindi posta sullo sviluppo di una concreta consapevolezza in relazione alle
id
interculturali.
.T
re
84
(Chen , 1990). Va ricordato che quando si parla di consapevolezza culturale
in relazione al fatto di essere competenti comunicatori interculturali, ci si
riferisce al fatto che si sanno riconoscere e capire le usanze e la struttura
sociale della cultura straniera: capire come le persone pensano e si compor-
tano è essenziale per comunicare efficacemente con loro. Sebbene la lingua
sia considerata come una delle principali differenze tra individui e barriera
alla comunicazione, non vanno dimenticate le abilità legate alla comunica-
zione non verbale i gesti, la mimica, il contatto oculare, la distanza tra gli
interlocutori, la qualità e la quantità del contatto fisico; inoltre vanno ricor-
dati gli aspetti legati alla competenza linguistica, quali il concetto di formale
e informale, la struttura conversazionale, gli stili del parlato.
Le regole che sottostanno a situazioni sociali, la conoscenza dei modelli
ti.
relativi alle relazioni sociali e i valori di fondo che possono identificarsi in
va
una cultura costituiscono i principali aspetti necessari al bravo comunicato-
er
re interculturale nell’ottica dello sviluppo di una più adeguata competenza
ris
comunicativa interculturale. L’enfasi è posta sull’operatività, sulla capacità di
interazione anche in situazioni culturalmente difficili, in altre parole sull’ap-
tti
iri
propriatezza e sull’efficacia dello scambio comunicativo.
id
etnocentrismo
ito
consapevolezza
comprensione
ed
accettazione/rispetto
ci
apprezzamento/valutazione
c
adozione selettiva
na
Quando si impara l’italiano come lingua straniera molti dei valori, delle
©
credenze e dei comportamenti che si sono acquisiti nella più tenera età, ven-
gono messi in discussione, vengono confrontati con diverse interpretazioni,
implicite nella cultura italiana ma non sempre condivise nella cultura dello
studente. Il riposo domenicale, gli orari dei negozi, il ruolo degli insegnanti
e quello degli anziani, il concetto di pulizia e di igiene personale, sono tutte
attitudini che nella cultura italiana e in quella degli studenti non sempre tro-
vano uguale riscontro.
Il bravo comunicatore interculturale, quindi, deve affiancare alla compe-
85
tenza comunicativa anche l’aggettivo interculturale, sottintendendo le abilità
legate all’interagire con contraddizioni e differenze, diversi sistemi simbolici
e comunicativi.
3. Conclusioni
L’insegnamento dell’italiano LS è un compito estremamente complesso,
non solo da un punto di vista morfologico e sintattico, ma anche e soprat-
tutto per quanto riguarda le situazioni comunicative che vengono a crearsi
quando lo studente straniero entra in contatto con italiani.
Alla luce di quanto espresso emerge prepotentemente la necessità che
l’apprendimento dell’italiano preveda lo sviluppo di una parallela consape-
ti.
volezza nei riguardi della cultura e della società italiane, ma anche della cul-
va
tura materna dello studente. Questa nuova consapevolezza, il relativismo
er
culturale, potrà contribuire al superamento delle barriere che possono erger-
ris
si durante una scambio comunicativo, sia esso verbale o non verbale, in un
continuum in cui potranno essere assunti modelli che appartengono alla cul-
tura altra, quella italiana. tti
iri
id
riferimenti bibliografici
ti
ut
261.
Bo
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Michigan Press.
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USA: a Cross Cultural Perspective, Tübingen, Narr Verlag.
86
Capitolo 7
iL LEXICAL APPROACH
e i ProCessi deLLa memoria.
aLCUne ConVergenZe
Mario Cardona
ti.
“Il linguaggio è un medium
va
attraverso il quale i pensieri
appartenenti ad una memoria
er
vengono trasmessi ad un’altra.”
ris
(Schank, 1982)
tti
iri
In questo contributo ci proponiamo di definire le caratteristiche del
id
1. ridefinire il lessico
Bo
1
“Senza la grammatica si può veicolare molto poco, senza vocabolario non si può veicolare nulla.”
(trad. it. del curatore)
87
tattici, hanno costantemente trascurato il lessico, considerandolo, in certo
qual modo, il ricettacolo delle irregolarità della lingua. Tutto questo si è
tradotto in sede glottodidattica in una metodologia ampiamente, quando
non totalmente, rivolta agli aspetti morfosintattici ed all’insegnamento
della grammatica, quasi quest’ultima fosse la struttura portante della lin-
gua, la struttura in cemento armato sulla quale edificare la competenza lin-
guistica, mentre il lessico, che di tale struttura costituirebbe i singoli mat-
toni, veniva lasciato a se stesso. In definitiva, mentre grande attenzione
veniva (e spesso ancora viene) data alla grammatica ed al suo insegnamen-
to, sia esso di carattere deduttivo e prescrittivo nell’approccio strutturali-
sta, sia di tipo induttivo e funzionale negli approcci di tipo comunicativo,
il lessico era destinato ad essere appreso “da solo”, le parole venivano
ti.
imparate un po’ per volta, man mano che si imparavano le strutture della
va
lingua. A dimostrazione di ciò, i materiali didattici raramente presentano
er
una sezione dedicata allo sviluppo della competenza lessicale e sono prati-
ris
camente assenti sezioni dedicate alla sua valutazione.
Solo recentemente dunque si è affermato un interessante filone di ricerca
tti
iri
che tenta di superare la tradizionale dicotomia tra la grammatica ed il lessi-
id
se COBUILD (Collins-Birmingham-University-International-Language-
ito
l’approccio lessicale (che non a caso Lewis pone in apertura di The Lexical
Approach) stabilisce infatti che: “Language consists of grammaticalised lexis,
not lexicalised grammar”2 (1993, p. vi).
2
“Il linguaggio è costituito da lessico grammaticalizzato e non da grammatica lessicalizzata.” (trad.
it. del curatore)
88
1.1 I chunk lessicali
Come definire allora il lessico alla luce di questo nuovo orientamento?
L’analisi dei corpora e la linguistica computazionale suggeriscono l’esistenza
di chunk lessicali, di unità lessicali composite (lexical items) e di frasi lessica-
li (lexical prhases). La competenza pragmatica risiederebbe dunque nell’abi-
lità di riconoscere e produrre in contesti significativi chunk prestrutturati
appresi e custoditi nella memoria a lungo termine. L’idea che la lingua sia in
gran parte costituita da chunk che vengono via via memorizzati non è nuova;
già Harold Palmer (1917) suggerisce l’ipotesi che ogni enunciato prodotto,
sia esso orale o scritto, è stato precedentemente memorizzato come un ele-
mento unico, una singola unità, o composto da unità più piccole apprese pre-
cedentemente. Palmer definisce queste unità assunte in blocco (proposizio-
ti.
ni, brevi dialoghi) come “materia prima” (primary matter), mentre le unità
va
non apprese in questo modo costituiscono la “materia secondaria” (secon-
er
dary matter). Il problema glottodidattico si pone quando si deve adottare la
ris
metodologia adeguata per mettere gli allievi in condizione di produrre nuove
tti
unità (secondary matter) a partire dai chunk di lingua memorizzati.
iri
Su queste basi si impongono due osservazioni: la centralità dell’item les-
id
Questi sono gli obiettivi fondamentali del Lexical Approach. In sostanza esso
ito
ogni lingua.
©
89
Come si può osservare le prime due categorie riguardano il significato
referenziale, mentre le altre due il significato pragmatico.
Le parole
Si tratta degli item lessicali tradizionalmente presenti nella consuetudine
didattica. Sono parole assunte come unità indipendenti. Cambiando tali
unità cambia il senso della frase, come nell’esempio seguente: “Scusa, mi pre-
steresti la matita/la penna/il disco/il libro ecc..”
È evidente che cambiando il lemma in funzione oggettiva il senso cambia.
In genere, quando si pensa all’insegnamento del lessico negli approcci tradi-
zionali si pensa all’insegnamento di queste singole parole. La competenza
lessicale coincideva dunque con la memorizzazione del maggior numero di
ti.
lemmi possibile.
va
Altre unità indipendenti sono, inoltre, parole singole come “basta, certo,
er
prego, volentieri ecc.”
ris
In questa prima tipologia rientrano anche locuzioni composte da più di
tti
una parola che possiedono un certo grado di idiomaticità, come ad esempio
iri
le espressioni “a proposito, d’altra parte, comunque sia, ad ogni modo, né
id
sioni fisse che possono svolgere diverse funzioni all’interno del discorso. Si
re
locuzioni preposizionali come “dal punto di vista di, a seconda di, in pro-
ed
porzione a”; oppure locuzioni con valore congiuntivo come “in modo che, di
tal sorta che ecc.” Si tratta spesso di espressioni e locuzioni che non sono di
c ci
Le collocazioni
La seconda tipologia indicata da Lewis è costituita dalle collocazioni. In
ogni lingua esse rappresentano co-occorrenze di alta frequenza che si
dispongono sul piano sintagmatico senza specifiche relazioni sintattiche. Si
90
tratta dunque di lemmi che ricorrono spesso insieme all’interno della catena
discorsiva e che si attraggono in modo particolare. Per esempio, l’aggettivo
castano si riferisce sempre al colore dei capelli e di conseguenza nella lingua
italiana si dice che una persona “ha i capelli castani”, ma mai che ha i capel-
li marroni. L’aggettivo rancido si riferisce con alta frequenza al sostantivo
burro, così come aspro a limone ecc. È da tener presente che le parole che
formano questa tipologia di co-occorrenze non si attraggono nello stesso
modo. L’aggettivo castano attrae con maggior forza il sostantivo capelli di
quanto non accada nel caso contrario, e lo stesso vale per gli altri esempi cita-
ti. Questo porta alla possibilità di individuare all’interno di una determinata
collocazione una “parola chiave” sulla quale essa si regge. Riflettere su que-
sto aspetto è molto importante perché porta da un lato a creare una certa
ti.
metacompetenza linguistica e dall’altro consente di apprendere allo stesso
va
tempo sia il lemma chiave che quello a lui strettamente correlato, creando
er
chunk che facilitano la memorizzazione ed in seguito il recupero nell’atto
ris
comunicativo. Di fatto, le collocazioni rappresentano un ostacolo rilevante
per l’apprendente. Esse si reggono su legami di tipo semantico spesso deter-
tti
iri
minato dal valore connotativo del significato; in altri casi possono essere
id
Frasi istituzionalizzate
Rientrano in questa categoria tutti i chunk di uso pragmatico che appar-
tengono principalmente al codice orale e che vengono assunti come singole
unità. La lingua parlata è ricca di tali espressioni. Tali chunk possono essere
costituiti anche da intere frasi, identificabili all’interno di un determinato
contesto. Espressioni come “c’è una telefonata per te, apro io, non ha nien-
te a che fare con me”, sono espressioni che possiamo assumere come singo-
le unità all’interno di un discorso ed essere apprese come tali. In realtà, in
91
questa categoria rientrano molte formule e routine linguistiche che si utiliz-
zano molto spesso nella lingua e che pur avendo un certo grado di idiomati-
cità possiedono comunque un alto grado di trasparenza, a differenza ad
esempio dei modi di dire che per uno straniero possono essere difficili da
comprendere, in quanto spesso la somma dei significati che le compongono
non le rendono in nessun modo comprensibili se non se ne conosce il signi-
ficato traslato o metaforico che esse veicolano (si pensi ad espressioni come
“essere in gamba” e simili)
In questa tipologia rientrano anche espressioni come “se fossi in te, se
fossi al tuo posto, ecc.” Si tratta di espressioni molto frequenti nella comu-
nicazione che spesso però vengono insegnate quando si affronta il tema del
periodo ipotetico. Ancora una volta alcune strutture vengono insegnante
ti.
non in base alla loro frequenza d’uso, ma in base al grado di difficoltà gram-
va
maticale che esse implicano. Tradizionalmente sarebbe impensabile appren-
er
dere l’espressione “se fossi in te” se non dopo la spiegazione grammaticale
ris
del modo congiuntivo e condizionale e quindi della relazione tra modi e
tempi all’interno del periodo ipotetico. In realtà è possibile apprendere que-
tti
iri
sti chunk all’interno dei contesti in cui essi si presentano senza necessaria-
id
and used as wholes, without analysis, thereby forming the basis, not the pro-
ed
essere apprese e utilizzate come delle unità a se stanti, per cui costituiscono
c
na
la base, non il prodotto, della competenza grammaticale” (trad. it. del cura-
Bo
tore).
È evidente che focalizzare l’attenzione su questo tipo di routine e formule
©
92
in secondo luogo… infine”, oppure “passeremo ora ad analizzare una serie
di punti…”. Si tratta prevalentemente di espressioni che strutturano lunghi
passaggi scritti, ma possono essere presenti anche nella lingua parlata, se per
esempio ci troviamo nel campo del linguaggio accademico. Lo studio di que-
ste strutture dipende in gran parte dall’obiettivo che si propone il corso. Nel
caso di studenti stranieri che devono accedere a corsi accademici o a lingue
settoriali scientifico professionali, la conoscenza di questa tipologia di chunk
lessicali può essere di grande utilità, sia per codificare il discorso in fase ricet-
tiva, sia per organizzare la propria produzione scritta ed in alcuni casi orale.
ti.
l’altra dipende interamente dal tipo di corso e dall’obiettivo che esso si pone.
va
In The Natural Approach Krashen e Terrell (1983) sostengono che si
er
impara lingua attraverso input purché esso sia reso comprensibile.
ris
Comprendere un testo, e dunque comprenderne il contenuto, è la condizio-
ne necessaria per accedere alla sua struttura, cioè alla forma. Porre il lessico
tti
iri
al centro della metodologia didattica attribuendo alla grammatica un ruolo
id
93
l’arrivo di un input ulteriore, oppure per normale decadimento della traccia,
ossia a causa della caducità del ricordo che caratterizza questo tipo di memo-
ria (fino a 30 secondi). Inoltre, la sua capienza è piuttosto limitata. Numerose
ricerche confermano che la memoria a breve termine ha una capacità calco-
lata in 7 +/- due elementi. Tuttavia, è fondamentale tener presente che i sette
elementi che occupano lo span di memoria (ossia la sua capienza) non devo-
no essere considerati come singoli elementi discreti, assunti in modo isolato,
come singoli item che si sommano in modo additivo uno all’altro fino a riem-
pire lo spazio disponibile. Se così fosse, la capienza della memoria a breve
termine sarebbe veramente estremamente limitata. In realtà essa è in grado
di raggruppare gli elementi in entrata in unità superiori di significato o
chunk. Questa possibilità aumenta sensibilmente la sua capacità: è ovvio,
ti.
inoltre, che a maggior possibilità di chunking, corrisponde maggior disponi-
va
bilità di spazio per ulteriori item in entrata. Siamo allora in grado di ricorda-
er
re sette fonemi se assunti in modo isolato; come ad esempio la stringa e, a, i,
ris
o, m, r, m; ma se queste singole lettere assumono l’ordine che forma la paro-
la memoria, che viene riconosciuta dalla memoria lessicale come una parola
tti
iri
con significato del lessico italiano, allora essa diviene una singola unità che
id
segnante propone agli allievi liste di parole non collegate semanticamente fra
loro, e dunque non raggruppabili, i nostri allievi avranno grosse difficoltà ad
©
94
ovviamente tutti i processi coinvolti nell’apprendimento scolastico. Oltre alla
memorizzazione temporanea, la memoria a breve termine ha anche la fun-
zione di elaborare l’input in entrata in rapporto alle conoscenze acquisite e
depositate nella memoria semantica. Infatti, il sistema operativo a breve ter-
mine codifica a livello fonologico l’input lessicale, ma coopera all’elabora-
zione profonda dell’input con la memoria a lungo termine, che codifica
l’informazione a livello semantico. Questo è uno degli aspetti che maggior-
mente ci interessano per la nostra riflessione glottodidattica.
L’input lessicale in entrata viene riconosciuto come parola in base alla sua
forma ed alla codifica fonologica, tuttavia, il suo significato viene elaborato a
livello semantico e confrontato con il lessico mentale a livello astratto (i con-
cetti) nella memoria semantica. Ora, per un’acquisizione stabile nella memo-
ti.
ria a lungo termine, è fondamentale che vi sia codifica a livello semantico.
va
er
2.1 La profondità di codifica
ris
Diviene dunque importante stabilire come avvenga il passaggio del-
tti
l’informazione dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. Un
iri
modello elaborato negli anni Sessanta (Atkinson e Shiffrin, 1968) ipotizza
id
lungo termine. Tuttavia, questo modello si basa su una visione strutturale che
.T
del rehearsal, e dunque della sua permanenza nella memoria a breve termi-
ed
ne. In altre parole, più l’item permane nella memoria a breve termine e più
vi sono garanzie di un suo trasferimento nella memoria a lungo termine.
c ci
95
2.2 Ripasso di mantenimento e ripasso di elaborazione
Un secondo punto fondamentale del modello di Craik e Lockart riguar-
da il processo di conservazione dell’informazione. Se infatti l’acquisizione
profonda dipende dal livello di elaborazione, sarà solamente un ripasso ela-
borativo che ne consente una sua permanenza e non un ripasso di manteni-
mento, in cui il l’informazione viene riciclata senza ulteriore elaborazione.
Il primo consente l’accesso a livelli di elaborazione profonda rinforzando
le associazioni semantiche, mentre il secondo consente una sua permanenza
a breve termine durante il processo di conservazione.
In altri termini la ripetizione di mantenimento è un sistema di conserva-
zione, ma non presenta le caratteristiche dell’apprendimento.
In base a quanto detto si deve supporre che tanto più un certo compito
ti.
assegnato riguarda le caratteristiche semantiche dell’item, tanto più dovreb-
va
bero aumentare le possibilità di ritenzione.
er
Sembra dunque evidente che la traccia mnestica è un prodotto dell’anali-
ris
si percettiva, ma la sua permanenza ed il suo recupero dipendono dalla
profondità di analisi semantica. tti
iri
Da un punto di vista glottodidattico questo implica che tanto maggiore
id
tura. Perché ciò avvenga diviene fondamentale assumere il testo come unità
ito
minima di significato. Solo nel testo sono infatti presenti tutti gli elementi lin-
ed
3. Conclusioni
Da quanto detto finora emergono dunque alcuni punti di convergenza tra
la proposta metodologica del Lexical Approach e i processi della memoria.
96
mente coerenti con l’attività di chunking della memoria a breve termine.
Predisporre attività didattiche che favoriscano l’apprendimento di questo
tipo di unità lessicali rappresenta una metodologia ecologica in quanto
rispetta il normale funzionamento della memoria umana.
ti.
“Numerosi linguisti che hanno studiato e classificato espressioni sono
va
giunti alla conclusione che esse consistono di un numero di parole che va da
er
due a sette e, ancora più interessante, che esse normalmente non superano le
ris
sette parole [...]. Le ricerche sulla memoria a breve termine confermano que-
tti
sto limite della lunghezza dei singoli item lessicali, lunghezza che rimane spe-
iri
culativa. (Trad. it. del curatore).
id
gia didattica basata sul Lexical Approach, in quanto i nuovi chunk che gli
.T
allievi formano a partire dalle unità lessicali già acquisite e memorizzate pos-
re
sulla lingua
Bo
97
ni linguistiche attraverso la modalità stimolo/risposta/rinforzo desunto dal
condizionamento operante. Considerando il soggetto una mente passiva che
apprende attraverso la ripetizione, tale metodologia non favorisce di fatto
un’elaborazione dell’input a livello profondo, ossia semantico.
Negli anni Settanta, spostando l’interesse verso i processi cognitivi che
soggiacciono all’apprendimento e non solo ai prodotti, si pongono le basi per
un concetto portante della glottodidattica odierna: il concetto di riflessione
sulla lingua, come processo in grado di sviluppare non solo le capacità meta-
cognitive e di autonomia di apprendimento del discente, ma anche di favori-
re l’organizzazione delle conoscenze a livello della memoria semantica, pro-
prio attraverso un processo di progressiva profondità di codifica. Una meto-
dologia dunque basata sull’osservazione e la formulazione di ipotesi sul fun-
ti.
zionamento del sistema lingua consente da un lato una maggior facilità di
va
memorizzazione stabile dell’input, dall’altro rappresenta la strategia più ido-
er
nea per comprendere la formazione e la struttura dei chunk lessicali.
ris
riferimenti bibliografici
tti
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Bo
na
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va
ti.
Capitolo 8
insegnare itaLiano aLL’estero:
Cenni Per Una gLottodidattiCa a misUra
di BamBino
Maria Cecilia Luise
ti.
va recente, basti pensare allo studio di una lingua straniera impartito da pre-
va
cettori privati ai figli dell’aristocrazia o delle famiglie più benestanti nei seco-
er
li scorsi, è recente quello istituzionalizzato, quello impartito nelle scuole, che
ris
costituisce una delle materie del curricolo di un corso scolastico elementare.
Infatti l’insegnamento delle lingue straniere in età precoce è un terreno in
tti
questi anni molto vivo, molto fertile, estremamente ricco di spunti e di
iri
id
novità: non sono moltissimi anni che l’insegnamento delle lingue straniere ai
bambini ha assunto piena dignità, che è uscito dal campo delle sperimenta-
ti
ut
zioni per entrare a pieno titolo nella glottodidattica, sono pochi anni che
.T
Ciò è dimostrato anche dal fatto che negli ultimi anni si stanno diffon-
ci
dendo sempre più gli insegnamenti di lingua straniera nelle scuole primarie
c
na
statali di vari paesi, primo fra tutti l’Italia, dove dal 1992 l’inglese, o il fran-
cese, o il tedesco, o lo spagnolo sono una delle materie curricolari della scuo-
Bo
la elementare statale.
©
103
Italiano come lingua straniera all’estero: qui ci si può trovare ad insegnare
italiano come lingua straniera (l’italiano è una delle possibili materie currico-
lari nelle scuole primarie statali di diversi paesi, quali per esempio la Scozia,
dal 1990 e la Francia, dal 1994), o come lingua etnica, cioè italiano insegna-
to a figli, nipoti o pronipoti di emigranti. In questa ultima situazione, il fatto
che nella maggior parte dei casi l’emigrazione italiana all’estero è ormai data-
ta e spesso si ha a che fare con famiglie che vivono all’estero da tre o quattro
generazioni, si assiste a due fenomeni: la difficoltà dei bambini a riconoscer-
si in un’identità italiana sempre più labile anche in famiglia; l’estrema diver-
sificazione nella conoscenza della lingua italiana che questi bambini portano
a scuola, che rende il confine tra italiano come lingua etnica e italiano come
lingua straniera molto sottile.
ti.
L’italiano ai bambini può essere insegnato in una situazione istituzionale,
va
quindi in scuole pubbliche, statali, o comunque riconosciute dalla
er
Amministrazione pubblica. All’estero si trovano per esempio scuole elemen-
ris
tari italiane e i cosiddetti “Corsi di lingua e cultura italiana”. L’italiano può
essere insegnato in situazioni che possiamo definire non istituzionali: scuole
tti
iri
private, corsi ad hoc, finanziati da Enti pubblici o da privati.
id
Ormai da più parti sono state riconosciute molteplici ragioni per comin-
c
na
1
In particolare Renzo Titone ha dimostrato in numerosi scritti i vantaggi del bilinguismo precoce (si
veda Titone, 1989 e il suo contributo in Balboni, (1999) (cur.), Educazione bilingue, Perugia, Guerra).
104
di sbagliare, ha meno inibizioni, è più disponibile a “mettersi in gioco”, ad
esporsi anche di fronte agli altri;
- motivazioni di carattere formativo: lo studio di una lingua straniera con-
tribuisce ad un più armonico sviluppo del bambino, in quanto: contribuisce
al suo sviluppo cognitivo offrendogli un diverso modello di organizzazione
delle conoscenze; gli fornisce un nuovo strumento di espressione e di comu-
nicazione; gli permette di sviluppare una competenza e una consapevolezza
culturale e interculturale, che sono alla base del superamento dell’etnocen-
trismo2.
Si può quindi concludere che l’insegnamento delle lingue straniere ai
bambini non solo è fattibile, ma è anche auspicabile: la sua attuazione impli-
ca solo l’uso di una didattica e di materiali adatti all’età dei discenti.
ti.
va
3. aspetti peculiari di una glottodidattica per bambini
er
ris
Sicuramente la glottodidattica rivolta a bambini si deve situare all’interno
di un approccio3 che:
tti
iri
- ruota intorno al concetto di comunicazione: ha quindi come principale
id
tutto inscindibile;
.T
discente, nei suoi aspetti cognitivi, ma anche affettivi, fisici, emozionali, con
ito
una particolare attenzione per tutto ciò che può limitare i processi generato-
ed
ri d’ansia5.
ci
fondanti di ogni glottodidattica, sia per bambini sia per discenti adulti, non
Bo
105
alcuni metodi didattici e glottodidattici che possono contribuire a delineare
una glottodidattica a misura di bambino.
ti.
deve studiare una lingua straniera, una lingua quindi che non viene usata nel-
va
l’ambiente nel quale lo studente vive come strumento di comunicazione,
er
ambiente dove invece nella maggior parte dei casi si usa la sua madrelingua;
ris
nello stesso tempo, un bambino non è in grado di proiettarsi nel futuro per
tti
vedere e prendere in considerazione futuri scenari della sua vita nei quali il
iri
possesso di quella lingua straniera è importante.
id
quando si lavora con studenti molto giovani per fare spazio agli aspetti for-
ut
straniera, che, per lo più, non prevede fini strumentali o immediatamente uti-
ito
ta sul gioco.
Bo
Ciò non va inteso come l’identificazione del tempo della didattica con
©
6
Per il concetto di italiano come lingua inutile, si veda Balboni (1994).
106
modo naturale e familiare lo studio di una lingua e di coinvolgere nel pro-
cesso di apprendimento tutte le sue capacità cognitive, affettive, sociali e sen-
somotorie.
La metodologia ludica permette di
- creare un contesto nel quale lavorare con una lingua per impararla sia
significativo, anche laddove non ci sono evidenti fini strumentali o utilitari-
stici per lo studio della lingua italiana, autentico, in quanto la realtà del gioco
può rendere autentico l’usare la lingua in contesti che non sono autentici,
come quello scolastico, e motivante, in quanto alimenta una motivazione di
tipo intrinseco, basata sul piacere;
- coinvolgere tutte le capacità e le abilità del bambino: un gioco non coin-
volge solo le capacità cognitive di un soggetto; anche le caratteristiche affet-
ti.
tive e di personalità, le capacità linguistiche, le abilità sensomotorie vengono
va
chiamate a collaborare. In questo modo il bambino è in grado di utilizzare
er
tutte le sue risorse per lo svolgimento del gioco, e quindi, nel nostro caso,
ris
nell’apprendimento di una lingua;
- “fare delle cose”: i giochi servono a “fare” nel senso più materiale del
tti
iri
termine. La dimensione della manipolazione, della costruzione, della realiz-
id
- vincere delle sfide: in tutti i giochi c’è la presenza del fattore sfida, infat-
.T
ti uno dei principali aspetti del divertimento che danno i giochi risiede nel
re
una sfida; il gioco in contesto didattico deve e può attivare il piacere della
ed
bambini o tra gruppi di bambini: molti giochi possono essere usati per inse-
gnare ai bambini la cooperazione tra pari, la collaborazione, l’importanza del
©
supportarsi a vicenda.
Il capitolo relativo alla didattica ludica nell’insegnamento delle lingue è
complesso e ricco di risvolti: per ulteriori approfondimenti e per una tratta-
zione precisa di quali giochi sono utili in glottodidattica, si rimanda ai testi
citati in bibliografia di Freddi e di Caon, Rutka.
107
usiamo più spesso, con un’incidenza di circa il 45%; la comprensione orale
è alla base di una reale competenza linguistica.
Le abilità di comprensione orale hanno un ruolo privilegiato nell’inse-
gnamento di una lingua, soprattutto all’inizio del percorso di apprendimen-
to, anche alla luce di altre considerazioni.
Ogni persona, esposta ad una lingua nuova, inizia a comprenderla senza
essere ancora in grado, o senza essere ancora abbastanza sicura di sé, per par-
larla: è quindi in quella che si chiama “fase del silenzio”, attraverso la quale
si passa anche quando si impara la lingua materna e che ha una durata varia-
bile da persona a persona.
È un periodo importante non solo dal punto di vista psicologico, ma
anche da quello cognitivo: è infatti il periodo nel quale il soggetto è impe-
ti.
gnato ad identificare, nel flusso di suoni al quale è esposto, parole ed espres-
va
sioni, e a dare loro un significato: solo quando ha identificato, riconosciuto,
er
compreso e messo insieme una serie di espressioni potrà sintetizzarle in una
ris
produzione linguistica autonoma.
Rispettare la fase del silenzio, non richiedere innaturali, forzate e prema-
tti
iri
ture produzioni linguistiche significa rispettare i processi di apprendimento
id
del discente e non porre le condizioni per l’innalzamento del filtro affettivo,
per la perdita della motivazione, per l’instaurarsi di un sentimento di inade-
ti
ut
linguistica.
ito
canza di feedback nella relazione con un parlante nella fase del silenzio, disa-
gio che va superato e aggirato con tecniche glottodidattiche specifiche, che
ci
108
e ansiogeni, che va basato sul coinvolgimento di tutte le modalità esperien-
ziali dell’individuo: audio-orali, affettive, motorie, visive.
Nel Total Physical Response l’allievo è al centro del processo di insegna-
mento, viene motivato, protetto dagli insuccessi e guidato all’autorealizza-
zione.
Il metodo è basato su un input verbale, fornito dal docente, costituito da
comandi ai quali gli studenti rispondono fisicamente, con comportamenti
non verbali, in pratica eseguendo i comandi dati: il fine è favorire le espe-
rienze ricettive di comprensione della lingua, non forzare gli allievi a produ-
zioni linguistiche se non sono ancora pronti a parlare, se sono ancora nel
periodo silenzioso, coinvolgere le abilità di espressione non verbali; nello
stesso tempo l’insegnante ha un feedback dell’avvenuta comprensione del
ti.
messaggio dato e si dà la possibilità agli studenti, quando si sentiranno pron-
va
ti, ad utilizzare la lingua per dare essi stessi comandi agli altri.
er
I comandi proposti vanno da semplici ordini del genere “apri la porta” a
ris
lunghe sequenze di azioni e comportamenti diversi e sono integrati da gesti,
disegni, oggetti, immagini: i comandi possono essere in sequenza, contenere
tti
iri
tempi verbali diversi, forme negative, sinonimi o contrari, espansioni più o
id
seguito semplificate.
ed
C’è chi da una parte non ritiene la mente del bambino pronta a compie-
re le operazioni mentali necessarie per riflettere sulla lingua e sui suoi mec-
c ci
mento il comunicare con la lingua, privilegiando così solo gli aspetti stru-
Bo
mentali: in questa ottica non c’è posto per lo sviluppo delle competenze sul-
l’uso della lingua, ma solo per le competenze d’uso della lingua.
©
7
J.J. Asher, (1977), Learning Another Language Through Actions: the Complete Teacher’s Book, Sky
Oaks, Los Gatos.
109
mente affrontati da un allievo coetaneo madrelingua, che quindi ha alle spal-
le anni di esposizione e pratica linguistica e comunicativa con l’italiano; spes-
so poi questi percorsi vengono finalizzati ad insegnare la microlingua della
nomenclatura grammaticale, a dare precise etichette alle diverse parti del
discorso, limitandosi agli aspetti morfosintattici e lessicali.
Oggi invece è accertato che anche con i bambini non si può basare un
curricolo di lingua straniera solo sulle abilità di usa della lingua, ma che
vanno considerate anche quelle sull’uso della lingua: bisogna quindi muo-
vere verso una riflessione, guidata dall’insegnante, ma condotta dagli alunni,
sulla logica che regge il materiale linguistico presentato, materiale sul quale
si è fatto pratica e che è già stato assimilato come comportamento comuni-
cativo8.
ti.
Ciò è fondamentale soprattutto per:
va
- correggere le ipotesi errate che il bambino può essersi fatto circa i mec-
er
canismi ricorrenti di funzionamento della lingua: un bambino esposto ad una
ris
lingua si crea comunque delle ipotesi sul suo funzionamento, e si costruisce
una grammatica spontanea basata non solo sugli esempi di lingua straniera ai
tti
iri
quali è esposto, ma anche costruita attraverso processi di generalizzazione e
id
pre più numerose e complesse che il bambino riceve sulla lingua straniera,
re
8
Per una panoramica delle tecniche glottodidattiche per la riflessione linguistica si veda Balboni
(1998) e, per quanto riguarda la glottodidattica per bambini, il contributo di M.C. Luise “Metodologia
glottodidattica per bambini” in AA.VV. (2000).
110
il bambino ad applicare le sue capacità di osservazione in un contesto moti-
vante e stimolante.
3.5 L’interdisciplinarità
Il valore formativo dell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera a
studenti molto giovani si realizza anche attraverso la valorizzazione e la rea-
lizzazione sistematica di percorsi interdisciplinari: dato che non è possibile
che uno studente in età di scuola primaria o di scuola di base stia studiando
solo italiano come lingua straniera, non si può prescindere dal fatto che non
si può insegnare una lingua senza coordinare ed integrare la programmazio-
ne e la metodologia di tutti gli insegnanti che lavorano con gli stessi bambi-
ni, primi fra tutti gli insegnanti che si occupano di Educazione Linguistica9.
ti.
I criteri da individuare e da seguire per impostare un programma di inse-
va
gnamento interdisciplinare sono vari; di seguito se ne elencano cinque fra i
er
più comunemente applicati:
ris
- raccordo a livello di contenuti: si sceglie un tema, un argomento, e le
tti
varie materie del curricolo lo esplorano dal loro particolare punto di vista;
iri
- un secondo criterio opera invece a livello di epistemologia delle disci-
id
pline: i raccordi si basano su alcuni principi comuni che legano le materie tra
ti
usarlo per raccordare tra loro lingua materna e lingue straniere, in quanto la
.T
9
Si aggiunge solo che le indicazioni della Comunità Europea in materia di politica linguistica degli
stati membri prevedono che uno studente esca dalla scuola di base con il possesso di almeno due lingue
straniere: ecco allora che non è assolutamente pensabile che non ci siano collegamenti tra le lingue che si
stanno contemporaneamente studiando.
111
lunque sia la disciplina insegnata, e si propongono raccordi tra materie che
attivano gli stessi processi cognitivi: ecco allora che i processi cognitivi alla
base della comprensione orale, per esempio, sono gli stessi sia nella com-
prensione di un racconto in lingua materna, sia di un problema di matema-
tica, sia di un dialogo in lingua straniera; si può così decidere di lavorare
insieme, nello stesso momento, sulle stesse abilità10.
ti.
vada adattato, integrato da tecniche specifiche quando si ha a che fare con
va
discenti molto giovani. Naturalmente, il modello, qui proposto nella sua
er
forma più semplice e conosciuta dagli insegnanti per semplicità di esposizio-
ris
ne, verrà adattato, integrato, collegato ad altre unità in un progetto didattico
di carattere modulare12 da ogni insegnante sulla base delle esigenze di ogni
realtà scolastica. tti
iri
id
ristiche per imparare una lingua, come nel caso dell’italiano come lingua stra-
ed
niera.
ci
particolare all’inizio di una U.D., ma poi deve essere alimentata in tutte le sue
fasi, attraverso:
- una grandissima varietà di tecniche utilizzate durante le lezioni;
- il coinvolgimento totale dei bambini, di tutte le loro modalità sensoria-
10
Per un approfondimento del concetto di interdisciplinarità si rimanda a Balboni, Luise (1994).
11
Per ulteriori approfondimenti sul modello dell’Unità Didattica nell’insegnamento di una lingua
straniera per bambini, si rimanda a Freddi (1994).
12
Per il modello di modulo e di costruzione di un progetto didattico flessibile basato
sull’organizzazione reticolare di diverse Unità Didattiche, si veda Balboni (2002).
112
li, motorie, cognitive.
Per quanto riguarda la motivazione più specificamente legata all’inizio di
ogni U.D., si possono usare diverse tecniche che in genere durano pochi
minuti e possono essere svolte anche nella lingua materna dei bambini, fina-
lizzate a risvegliare la curiosità e l’attenzione degli allievi e fornire loro un
contesto che permetta di mettere in atto le strategie di anticipazione e previ-
sione, molto importanti nei processi di apprendimento e di comprensione
linguistica.
ti.
vello: essa prevede una successione di attività di ascolto e\o comprensione
va
scritta di un testo linguistico presentato nella sua interezza, ogni volta carat-
er
terizzata da un compito nuovo, da un nuovo elemento da comprendere; l’im-
ris
portante è segmentare il lavoro di comprensione globale in una serie di com-
piti semplici, alla portata dei bambini.
tti
iri
Cosa è importante quando si ha a che fare con i bambini:
id
una lingua nuova, anche il bambino che impara la lingua materna, passa per
Bo
un periodo detto “fase del silenzio” (cfr. paragrafo 3.3); nei bambini questa
fase può durare molto a lungo, anche per interi mesi, nei quali vanno svilup-
©
113
no essere vicini al mondo dei bambini, che rispondono alla funzione poeti-
co-immaginativa, espressiva, narrativa, creativa, che permettono di usare la
lingua per il puro piacere di usarla, per creare mondi fantastici, per giocare
con essa. Ecco allora le poesie e le filastrocche, per scoprire rime e assonan-
ze; le canzoni: quelle tradizionali, per esempio, veicolano anche aspetti cul-
turali, ma non solo: cantare in coro permette al bambino di usare e ripro-
durre la lingua in una situazione di gruppo non ansiogena; inoltre le canzo-
ni permettono di praticare una lingua straniera rispettando la velocità d’elo-
quio data dal ritmo musicale, e l’uso dei ritornelli permette di ripetere e fis-
sare in modo non noioso una struttura linguistica; ancora, in un curricolo di
lingua per bambini devono trovare un posto privilegiato le storie, le favole,
le fiabe, i testi narrativi; l’ascoltare storie fa parte del loro vissuto quotidiano:
ti.
attraverso le storie si può così dare un carattere di autenticità e realismo ad
va
una lingua che non sempre ha immediate funzioni utilitaristiche13.
er
ris
4.3 Terza fase dell’U.D.: lavoro sul testo (analisi, sintesi, riflessione)
tti
In questa fase si prevede un lavoro di analisi e successiva sintesi del mate-
iri
riale proposto attraverso attività che coinvolgono anche l’emisfero sinistro
id
livello comunicativo orale e\o scritto dei contenuti e delle forme linguistiche
ut
presentati.
.T
Le tecniche per favorire l’uso sempre più autonomo della lingua ruotano
re
con i bambini intorno a due assi principali: i giochi, dei quali abbiamo già
ito
zione.
Le tecniche sopra descritte sono per lo più legate alle abilità orali, ma va
©
sottolineato che non è certo corretto limitarsi solo a questa dimensione della
lingua, anche le abilità scritte devono rientrare in un curricolo di lingua stra-
niera per bambini: gerarchizzare le abilità non significa trascurarne alcune;
anche per le abilità scritte vale quanto già detto: gradualità nell’accostamen-
to, far precedere la lettura alla scrittura, avere un approccio:
- ludico, utilizzando tecniche quali per esempio i giochi di parole e i
13
Per l’uso didattico delle storie e delle fiabe pere l’insegnamento delle lingue ai bambini, si veda
anche M.C. Luise, “Favole e insegnamento delle lingue ai bambini”, in In.IT (2000), anno I, n. 1.
114
fumetti;
- comunicativo, organizzando per esempio una corrispondenza scritta
con altri bambini;
- pratico, proponendo per esempio attività di “ritaglia e incolla”, o di pre-
parazione di cartellini da attaccare agli oggetti.
In questa fase si ritrovano anche le attività di riflessione sulla lingua: come
detto nel paragrafo 3.4, il carattere di tutte queste riflessioni sarà induttivo e
concreto, saranno proposte sotto forma di gioco o di problema o di scoper-
ta, verrà stimolata la riflessione all’interno di gruppi di bambini ai quali l’in-
segnante fornisce solo una guida o un supporto.
ti.
Questa fase è finalizzata ad attività di controllo, recupero e rinforzo: qui
va
è particolarmente importante l’atteggiamento dell’insegnante nei confronti
er
dell’errore: laddove l’obiettivo principale è la competenza comunicativa, non
ris
solo quella linguistica, le produzioni degli alunni vanno valutate in base a tre
parametri principali:
tti
iri
- correttezza linguistica;
id
5. Conclusioni
c
na
psicologica e pedagogica.
Nello stesso tempo, si fa sempre più indispensabile affidare questo tipo di
insegnamento a docenti che abbiano una preparazione specifica nel campo
della glottodidattica precoce, in quanto non è sufficiente spostare ai bambi-
ni i principi e le tecniche utilizzate per insegnare lingue a studenti adulti.
Solo se si usano precisi accorgimenti e una glottodidattica specifica si pos-
sono mettere le basi affinché i bambini non solo imparino una o più lingue,
ma abbiano un più armonico sviluppo intellettuale e un atteggiamento posi-
115
tivo, basato sull’interesse e sulla curiosità, verso chi è diverso, per lingua o
per razza o per cultura, da loro.
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id
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re
116
Capitolo 9
itaLiano Come Ls Per adULti:
Coordinate didattiChe di riferimento
Chiara Zamborlin
ti.
prospettiva andragogica.
va
er
ris
1. Una definizione del concetto di adulto: l’andragogia
tti
In glottodidattica lo status d’adulto è definito secondo tre parametri
iri
interdipendenti, ovvero dal punto di vista biologico, psicologico e socio-cul-
id
turale. In termini generali possiamo quindi ritenere adulta una persona che
ha superato la pubertà, che è capace di compiere scelte autonome e che pos-
ti
ut
La descrizione fin qui tracciata, per quanto vaga, ci consente già di mettere
c
na
117
mondo è appreso da adulti negli Istituti Italiani di Cultura, in Enti finanziati
da organismi pubblici o privati e in istituti quali scuole di lingue o associa-
zioni culturali di vario genere. Indipendentemente dalle strutture e dal con-
testo geografico in cui ci si trovi ad operare, ai fini di un’adeguata progetta-
zione didattica è tuttavia importante tenere presente che all’estero gli adulti
si accostano allo studio dell’italiano motivati da interessi e bisogni spesso
molto differenziati. L’italiano può, ad esempio, essere appreso per il sempli-
ce piacere di conoscere una nuova lingua e una nuova cultura, per interessi
legati al campo di studio, per ragioni affettive (es. l’italiano come lingua etni-
ca), per esigenze professionali, ecc.
Per quanto non sia possibile fornire indicazioni operative applicabili ad
ogni situazione, nell’ambito di cui trattiamo possiamo individuare per lo
ti.
meno un punto di riferimento stabile nell’approccio didattico da seguire. Ci
va
riferiamo all’andragogia, termine usato dallo psicologo Malcolm Knowles per
er
designare la teoria dell’apprendimento negli adulti, che si differenzia dalla
ris
pedagogia, ovvero l’arte di educare i fanciulli1. Per una didattica linguistica
condotta secondo principi umanistico-affettivi appare adeguato mantenere
tti
iri
un distinguo tra queste due scienze dell’educazione. Pertanto, in classi d’a-
id
essere addirittura poco gradite, ad allievi che non sono più bambini o ragaz-
re
il rapporto tra allievo e docente, dal momento che insegnare agli adulti signi-
ed
fica interagire con individui per i quali l’apprendimento di una lingua stra-
niera può costituire un impegno abbastanza faticoso e che, soprattutto, non
ci
pria visione del mondo. È quindi indispensabile che il rapporto tra inse-
Bo
1
“Andragogia” deriva dal greco anèr-andròs (uomo) + ágein (condurre). La radice etimologica è la
stessa per “pedagogia” (da pais-paidòs = bambino). Per un approfondimento sul tema si rimanda in
particolare a Demetrio (1990; 1995) e a Knowles (1997).
118
2. Variabili associate alla didattica dell’italiano come Ls agli adulti
I fattori coinvolti nell’apprendimento di una lingua straniera sono molte-
plici. È dunque impossibile pensare di offrirne una tassonomia esauriente.
Di seguito discutiamo in prospettiva andragogica alcune variabili che inter-
vengono nella didattica dell’italiano come LS, classificandole su tre piani cor-
relati: cognitivo, psicologico e socio-culturale. Naturalmente non dobbiamo
dimenticare che la situazione in cui ogni insegnante si troverà ad operare pre-
senterà sempre caratteristiche d’unicità, di conseguenza le riflessioni che
proponiamo non costituiscono altro che un percorso orientativo strutturato
in una griglia di punti di riferimento molto generali.
ti.
va
Da un punto di vista cognitivo, l’insegnamento di una lingua straniera a
er
adulti presuppone che si tengano presente alcune considerazioni di caratte-
ris
re neurologico. A partire da Lennemberg (1967) molte ricerche in questo
campo hanno permesso di comprendere che con il raggiungimento della
tti
pubertà il cervello umano completa la lateralizzazione, assegnando certe fun-
iri
id
zioni cognitive all’uno o all’altro dei due emisferi. Dato che le operazioni lin-
guistiche sembrano essere controllate in gran parte dall’emisfero sinistro –
ti
ut
per quanto oggi sappiamo che anche l’emisfero destro interviene in modo
.T
rilevante nelle funzioni del linguaggio2 – fino a tempi non lontani si riteneva
che il superamento della pubertà segnasse un punto di non ritorno per la
re
sistenza di un periodo critico anche per l’acquisizione di una lingua che non
ed
quanto si sospettasse e allo stato attuale sembra più adeguato parlare non di
c
na
2
Ad esempio nella comprensione degli elementi creativi della comunicazione linguistica, come le
metafore, l’ironia, l’umorismo, ecc.
3
La nozione di periodo critico è usata normalmente a proposito dell’apprendimento della LM e si
riferisce all’infanzia, “il periodo in cui è possibile sviluppare il linguaggio anche in seguito ad un danno ai
centri linguistici” (Danesi, 1988: 113).
119
facendo più fatica dei bambini. Rispetto ai giovani in età prepuberale gli
adulti sono indubbiamente avvantaggiati in partenza, da un punto di vista
quantitativo, e specialmente nell’apprendimento delle regole grammaticali,
ma in un secondo tempo sono sempre superati dai bambini o dai ragazzi (a
patto che ricevano un’adeguata esposizione alla lingua d’arrivo, cfr. Scovel,
1999: 284). Solo i bambini inoltre sono normalmente in grado di acquisire la
pronuncia di una seconda lingua ai livelli dei madrelingua, e questo può esse-
re spiegato con argomentazioni di carattere psicomotorio che sosterrebbero
l’ipotesi di un periodo critico ma relazionato, più che alla lateralizzazione,
alla plasticità del sistema neuromuscolare infantile che consente di usare con
agilità i muscoli dell’apparato articolatorio (Brown, 1994: 53). Le potenzia-
lità d’apprendimento di morfologia e sintassi a livelli nativi, o quasi nativi,
ti.
sembrano infine diminuire sensibilmente dopo i quindici anni, mentre si
va
ritiene che il lessico possa essere agevolmente appreso a qualsiasi età4.
er
Bisogna però tener presente che nelle persone anziane si assiste spesso ad
ris
una diminuzione della memoria dichiarativa (la capacità di ricordare nomi,
date, fatti, ecc.), anche se la perdita può essere relativamente minima in con-
tti
iri
dizioni di buona salute (Scovel, 1999: 248).
id
diretta (Brown, 1994: 57). A questo riguardo già alcuni decenni fa Ausubel
ito
diverse abitudini d’apprendimento, gli adulti – e già in larga misura gli ado-
lescenti – sollecitano costantemente riflessioni esplicite sui meccanismi di
funzionamento della lingua straniera. Disattendere queste esigenze metalin-
guistiche sarebbe certamente sbagliato, dal momento che derivano da un
4
Anche sotto quest’aspetto siamo tuttavia lontani dal poter fare affidamento su dati certi. Ellis (1994:
492) ad esempio puntualizza che, con l’assistenza di un intervento istruttivo adeguato, agli adulti non è
affatto preclusa la possibilità di acquisire una pronuncia nativa in una LS/L2, e ricorda che, in una
qualsiasi lingua target, molti adulti riescono a raggiungere livelli di competenza grammaticale d’estrema
accuratezza.
120
bisogno di contare su regole generali di riferimento, e tale bisogno costitui-
sce un attributo peculiare della mente adulta (cfr. Brugé, in questo volume).
Un altro elemento che contraddistingue la didattica andragogica da quel-
la precoce, riguarda il fatto che gli adulti mostrano di possedere degli stili
d’apprendimento abbastanza definiti. Con il termine “stile” ci riferiamo qui
ad una tendenza cognitiva, quindi ad un fattore interno, che riguarda il
modo in cui si apprende e che varia da individuo a individuo. Ci sono ad
esempio persone portate all’uso della memoria visiva, mentre altre sono più
inclini a riflettere e ad analizzare. Alcune persone mostrano un livello di tol-
leranza dell’ambiguità molto elevato (che consente loro di adattarsi a conte-
sti comunicativi opachi e di sostenere una conversazione in LS senza preten-
dere di capire tutto), quando altre non riescono affatto a tollerarla. Gli stili
ti.
d’apprendimento identificati e studiati dagli psicologi della cognizione sono
va
molteplici e fornirne un inventario esulerebbe dall’ambito di questo lavoro.
er
Per quanto riguarda lo studio delle LS, ricordiamo solo che sono spesso por-
ris
tati ad esempio due paradigmi: quello di “indipendenza” e quello di “dipen-
denza dal campo”. Il primo concetto definisce l’abilità di percepire partico-
tti
iri
lari rilevanti isolandoli dall’insieme (ovvero dal “campo”, che nel nostro caso
id
to che nella cultura occidentale gli uomini tendono ad essere più “indipen-
re
denti dal campo” rispetto alle donne, ma che nelle società agrarie o autorita-
ito
rie prevalgono in media gli individui del secondo tipo5. Anche se crediamo
ed
fatto accertato, che non ne esiste uno preferibile ad un altro e che ogni stile
Bo
121
sono incontrare delle difficoltà. La predisposizione naturale all’acquisizione
delle LS è un fattore interno all’individuo, probabilmente immutabile, quin-
di innato e quasi certamente indipendente dall’intelligenza (cfr. Carroll,
1981; Skehan 1990). Tra i fattori variabili che caratterizzano la personalità di
un adulto, e che possono determinare il successo o l’insuccesso nell’appren-
dimento, sono invece solitamente elencati tratti caratteriali quali l’introver-
sione, l’estroversione e la predisposizione all’ansia. Si tratta di fattori che in
una classe di LS dovrebbero essere considerati con attenzione, al fine di
gestire nel miglior modo possibile l’interazione del gruppo e calibrare la
distribuzione delle attività. In tal senso sarà quindi consigliabile incoraggia-
re tutti gli allievi a prendere la parola o a contribuire con le proprie risposte
alle risoluzioni dei vari task, facendo però attenzione a non forzare chi appa-
ti.
re esitante o chi sembra non accettare di buon grado la possibilità di sba-
va
gliare di fronte agli altri. A differenza dei bambini, infatti, gli adulti possono
er
essere molto sensibili alla propria immagine e al rischio di perdere la faccia,
ris
cui si trovano particolarmente esposti nei giochi di ruolo o nelle drammatiz-
zazioni. Nelle attività di coppia o di gruppo sarà inoltre opportuno invitare
tti
iri
chi appare fiducioso a lavorare con chi si mostra insicuro e, richiamandoci ai
id
principi del cooperative learning, sarà importante far presente che tutti, seb-
bene in diversa proporzione, possono essere utili agli altri, se non altro per il
ti
ut
metodo, a quelle sullo stile didattico dell’insegnante, dal feedback che si rice-
c
na
122
Approach aveva un consenso molto ampio e dove gli studenti sono, per tra-
dizione, abituati a metodi come la TPR, il Silent Way, o a tecniche di didat-
tica ludica, gli approcci diretti non trovano comunemente resistenza tra gli
adulti. Tuttavia, con allievi provenienti da un sistema educativo che privile-
gia uno studio normativo e strutturalista (com’è il caso di molti paesi asiati-
ci), non sarà evidentemente indicato adottare – almeno non fin dal primo
giorno – un percorso all’americana. Sarà casomai più prudente fare riferi-
mento a coordinate teoriche generalmente applicabili, conducendo gli allie-
vi a comprendere che nell’apprendimento di una seconda lingua il cervello
funziona in forma bimodale6, e invitandoli a studiare sì la grammatica ma
attraverso una riflessione sulla lingua a spirale (cfr. Balboni, 1998: 104), con-
dotta sempre dall’implicito all’esplicito (non viceversa) e supportata da atti-
ti.
vità sullo sviluppo delle abilità che quella tipologia d’allievo sente la neces-
va
sità di potenziare.
er
Tra le variabili psicologiche di questa griglia includiamo la motivazione
ris
che, com’è noto, rappresenta una condizione vincolante per l’apprendimen-
to. Gli studi sul tema sono numerosissimi e numerose sono state le defini-
tti
iri
zioni proposte per cercare di spiegare i meccanismi che stimolano e sosten-
id
gono una persona nello studio di un’altra lingua. Tra le etichette classiche
ricordiamo quelle di integrativa e di strumentale, che si riferiscono alla natu-
ti
ut
quella di chi nel proprio paese studia l’italiano perché intenzionato a trasfe-
re
rileva tra chi studia la nostra lingua per ragioni culturali (ad esempio turisti
appassionati delle bellezze artistiche dell’Italia) o per cause affettive (come
©
6
Se riconosciamo la validità del principio di bimodalità l’osservazione vale, ovviamente, anche per i
metodi diretti e soprattutto per il Natural Approach. Se, infatti, il metodo grammatico-traduttivo risulta in
ogni caso innaturale, dal momento che avvantaggia l’uso esclusivo dell’emisfero cerebrale sinistro, nella
didattica agli adulti il Natural Approach è inadeguato in senso opposto, poiché sbilanciato verso un uso
quasi esclusivo dell’emisfero destro (cfr. Danesi, 1988).
123
universitari che scelgono un corso di letteratura italiana come requisito di
seconda o terza lingua straniera per ottenere un credito. Un’altra opposizio-
ne è infine quella di motivazione causativa e risultativa. Le due categorie anti-
tetiche interpretano la motivazione rispettivamente come un fattore psicolo-
gico che esercita un effetto sull’apprendimento, e come una variabile influen-
zata dal livello di successo. Ancora una volta precisiamo che queste classifi-
cazioni sono indicative e non sono mai a tenuta stagna. È infatti chiaro che
le varie categorie possono fondersi o intersecarsi tra loro. In ogni caso è
importante tener presente che la motivazione in un adulto costituisce un fat-
tore complesso, mutabile nel tempo e influenzabile, in senso positivo o nega-
tivo, da cause sia interne che esterne.
Un ultimo elemento che ci sembra opportuno menzionare riguarda il fat-
ti.
tore psicotipologico. La nozione di “psicotipologia” è stata proposta da
va
Kellerman (1977)7 per indicare il modo in cui gli apprendenti percepiscono
er
la distanza tra la LM e la lingua d’arrivo. Da un punto di vista strettamente
ris
linguistico, la distanza tra le lingue è comparativamente descritta assegnando
ogni lingua al tipo che le corrisponde: ad esempio, a livello morfologico, una
tti
iri
lingua può appartenere al tipo agglutinante (es. il turco), isolante (es. il viet-
id
centi che gli apprendenti adulti di una LS hanno una percezione innata rela-
ito
scambi d’idee con docenti che insegnano italiano in paesi di lingua romanza,
7
Gli studi sui transfer di Kellerman sono collegati a quelli sulla marcatezza differenziale di Eckman
(1977).
8
Attribuire una lingua a un determinato tipo è comunque un’operazione astratta che prende voluta-
mente in considerazione la maggiore o minore presenza di alcuni tratti anziché di altri. In realtà in ogni lin-
gua si riscontra molto spesso la compresenza di elementi assegnabili all’una o all’altra categoria tipologica
(cfr. Beccaria, 1994: 306). Anche da questo punto di vista quindi, le classificazioni non sono mai ermetiche.
9
Il termine transfer è abbastanza generico e include diversi tipi d’influenze esercitate sulla lingua
d’arrivo dalla LM o da altre lingue straniere che l’allievo può avere appreso in precedenza. Lo studio dei
transfer include l’analisi degli errori (transfer negativi), delle facilitazioni (transfer positivi), e quello
dell’elusione oppure dell’uso sovraesteso o indiscriminato di determinate strutture.
124
abbiamo avuto un’interessante conferma di questo mutamento di percezio-
ne. In quei casi, ad esempio, gli allievi percepiscono inizialmente l’italiano
come una lingua “facile” perché molto vicina alla lingua materna ma, pro-
gredendo nello studio, modificano regolarmente la loro impressione.
A questo punto ci sembra pertinente anche un collegamento tra fattore
tipologico, psicotipologico e materiali didattici. Molti insegnanti all’estero si
rendono presto conto che un qualsiasi testo d’italiano per stranieri non è uti-
lizzabile allo stesso modo in ogni parte del mondo. La situazione può essere
ulteriormente complicata dal fatto che in molti paesi è ancora abbastanza dif-
ficile poter contare su testi d’italiano (realizzati per soddisfare i bisogni di
quel particolare tipo d’apprendenti) che si possano considerare qualitativa-
mente validi. In tali circostanze l’insegnante si troverà a svolgere un attento
ti.
lavoro di didattizzazione del materiale disponibile, oppure dovrà dedicarsi
va
alla produzione di materiale che si adatti, innanzi tutto, alla distanza effetti-
er
va tra italiano e LM. Per graduare gli argomenti grammaticali sarebbe inol-
ris
tre importante riuscire a sfruttare quel “senso della lingua” che gli allievi pos-
seggono e le conoscenze su cui sono in grado di fare affidamento10, cercando
tti
iri
di individuare quei punti che consentono di trasferire nella lingua d’arrivo
id
strutture della LM, oppure dando sempre una priorità a quegli elementi che
sono percepiti senza ambiguità come psicologicamente meno distanti.
ti
ut
.T
sono essere molto limitate, sul piano comunicativo gli allievi adulti potranno
na
10
Pensiamo anche all’eventualità, in contesti di LM molto distanti, di fare appoggio su una lingua
ponte, come ad esempio può essere una buona conoscenza del francese per molti studenti arabofoni, o
dell’inglese a Hong Kong o in India.
11
Per un modello essenziale di competenza comunicativa si veda ad esempio Freddi (1999).
125
adulti appare chiaro che il successo nell’apprendimento di una LS può esse-
re compromesso nel caso in cui l’allievo percepisca la cultura da essa veico-
lata come una minaccia alla propria identità etnica.
A questo riguardo un utile parametro interpretativo può essere indivi-
duato nella nozione di dominanza sociale che recuperiamo dal modello del-
l’acculturazione di Schumann (1976).12 Secondo questo quadro teorico l’ap-
prendente straniero può percepire la comunità linguistica che utilizza la lin-
gua d’arrivo come lingua materna, secondo tre differenti punti di vista: come
dominante, subordinata, o non-dominante. Il grado relativo di questa perce-
zione può riguardare vari aspetti di civilizzazione (politico, economico,
morale, ecc.). Se, ad esempio, la comunità della lingua d’arrivo (gli italiani,
nel nostro caso) è avvertita come dominante – o come convinta di esserlo –
ti.
le ripercussioni sull’apprendimento potranno essere negative. Anche la situa-
va
zione opposta, per esempio nel caso in cui l’allievo appartenga ad una società
er
fortemente etnocentrica, non sembra favorire un apprendimento linguistico
ris
e culturale equilibrato. D’accordo con Schumann (1976) possiamo quindi
arguire che la dimensione ideale debba essere quella di non-dominanza, che
tti
iri
si raggiunge solo quando la CM (cultura materna) e la C2/S (cultura secon-
id
pria visione del mondo (cfr. Byram & Morgan, 1994; Balboni 1996).
ito
12
Il modello di Schumann (1976) è applicato a contesti di L2 ma, almeno parzialmente, può essere
rilevante anche nell’insegnamento delle LS.
13
Traduciamo con transculturale il termine inglese crosscultural che indica le modalità secondo cui
la comunicazione varia in culture diverse. Lo studio di una cultura straniera in un contesto di LS è quindi
molto spesso condotto in prospettiva transculturale. Con interculturale ci si riferisce invece propriamente
all’interazione comunicativa tra membri appartenenti a differenti culture (cfr. anche Pallotti, 2000: 136).
126
proponiamo di seguito alcune riflessioni che, come sempre, dovranno esse-
re poi rapportate alla situazione individuale di chi legge.14 A questo riguardo
dobbiamo mettere subito in chiaro che se gli adulti apprezzano e interpreta-
no come feedback il fatto che l’insegnante corregga15 i loro errori fonologici,
grammaticali, sociolinguistici o pragmalinguistici, di norma è raro che accol-
gano di buon grado anche la correzione di “errori” sociopragmatici.
Cerchiamo di discutere quest’importante punto definendo con esempi le
varie categorie d’errore.
Le nozioni d’errore fonologico e grammaticale sono generalmente chiare,
dal momento che si riferiscono rispettivamente ad un esito fonologico poco
intelligibile e ad un’ipotesi errata sul piano morfosintattico. Un errore socio-
linguistico può riguardare la scelta di un registro non appropriato al conte-
ti.
sto (l’esempio classico è l’uso del “Lei” al posto del “tu” o viceversa), men-
va
tre un errore pragmalinguistico riguarda il trasferimento dalla LM di lessico
er
o di strutture che nella lingua d’arrivo non riescono a svolgere la stessa fun-
ris
zione comunicativa. Un esempio può essere quello di un allievo giapponese
il quale, ogni volta che intendeva esprimere meraviglia, soleva dire “bugia!”,
tti
iri
traducendo dalla sua lingua il termine “uso”, che significa sì “bugia” ma che
id
malmente generati anche dal fatto che i parametri che regolano l’uso della
cortesia variano da cultura a cultura. Gli israeliani, per esempio, tendono ad
©
essere molto diretti nelle loro richieste e a mostrare una certa intolleranza
14
Per un approfondimento sulla didattica dell’italiano LS in prospettiva transculturale rimandiamo
al capitolo di Pavan in questo volume.
15
Sulla correzione degli errori si veda anche Mezzadri (2002).
16
Sarebbe più appropriato classificarlo come esito dispreferito. Thomas (1983) ricorre infatti al
termine sociopragmatic failure, dove failure non presenta la connotazione negativa che presenterebbero
error o mistake.
17
“Il termine etichetta linguistica si riferisce alla pratica peculiare d’ogni comunità linguistica di
organizzare l’azione verbale in modo tale che sia considerata appropriata all’evento comunicativo in
corso” (Kasper, 1997: 374). (Trad. it. dell’autore)
127
verso i giri di parole. Un altro esempio può riguardare la percezione del
grado di severità di un’offesa e il conseguente obbligo di scusarsi, che sem-
bra essere molto alto tra i giapponesi, alto tra gli anglosassoni ma, rispetto a
questi ultimi, relativamente basso tra i tailandesi.18 Sia a livello produttivo
che ricettivo, molti “errori” sociopragmatici, riguardano soprattutto l’uso
dell’umorismo o dell’ironia che vengono codificati in modo variabilissimo a
seconda della cultura.
Gli adulti, quando parlano una lingua straniera, sono generalmente con-
sapevoli di poter commettere errori nell’effettuare una determinata scelta
morfosintattica, lessicale, o sociolinguistica, ma si ritengono anche persone
capaci di compiere decisioni di carattere sociopragmatico che sono appunto
scelte socio-culturali ancor prima che linguistiche (Thomas, 1983: 104). Per
ti.
esempio, in un role play potremmo classificare come “errore” sociopragma-
va
tico l’enunciato di un allievo (adulto), che entra in un negozio per chiedere
er
dove si trova l’ufficio postale più vicino, senza ricorrere ad espressioni miti-
ris
ganti (“Scusi…”, “Potrebbe dirmi…”, “Grazie…”, ecc.) quando, in quel
particolare contesto, un italiano madrelingua le riterrebbe molto probabil-
tti
iri
mente d’obbligo. Naturalmente lo stesso tipo di “errore” può occorrere
id
che chiede al compagno di prestargli la penna, ecc.). In casi simili non è inso-
re
18
Studi di pragmatica inter e transculturale che trattano temi come quelli qui menzionati en passant
sono numerosi, molti dei quali basati su dati particolarmente accurati, anche se si tratta per lo più di
ricerche che hanno come punto di riferimento l’inglese L2/LS. Per una rassegna commentata si veda
Bardovi-Harlig (2001).
128
in questo caso ci sembra utile adottare è quello che nell’ambito degli studi di
comunicazione interculturale è definito consciousness raising (cfr. Hinkel,
1999: 133), ovvero “innalzamento della presa di coscienza”.19
Quando si discutono le variabili socio-culturali nella didattica dell’italia-
no come LS, non è nemmeno lontanamente ipotizzabile pretendere di poter
fornire una casistica esaustiva. Ogni situazione è caratterizzata da infiniti fat-
tori (tra cui la distanza culturale, il grado d’estroversione-introversione della
classe, la motivazione degli apprendenti, ma anche i loro problemi quotidia-
ni, il tempo che hanno a disposizione, ecc.) che possono mutare completa-
mente a seconda del gruppo. In linea di principio, riteniamo tuttavia che
sotto quest’aspetto sia importante curare attentamente la dimensione ricetti-
va, mettendo gli allievi sempre al corrente delle norme sociopragmatiche,
ti.
dell’uso dei codici extralinguistici e dei vari aspetti culturali che governano i
va
principi dell’etichetta linguistica degli italiani. Sarà però opportuno lasciare
er
all’apprendente libera scelta sul piano produttivo. Potrebbe infatti rivelarsi
ris
controproducente invitare uno straniero a gesticolare come un italiano, a
produrre enunciati umoristici all’italiana o ad esprimere con disinvoltura la
tti
iri
propria opinione su argomenti che in Italia vengono tranquillamente affron-
id
tati ma che possono turbare una persona di un’altra cultura. A meno che,
naturalmente, non sia l’allievo stesso a richiedere un training specifico in
ti
ut
mente di non adeguarsi in modo totale alle modalità dei madrelingua, per
ito
una ragione psicologica del tutto individuale che spesso coincide con il sem-
ed
19
Trad. it. dell’autore.
129
definibile solo per differenziazione. Vale a dire, ogni allievo adulto, (o grup-
po di allievi adulti) è classificabile in base al vissuto, alle motivazioni, agli stili
di apprendimento e alle esigenze che lo caratterizzano. Possiamo pertanto
affermare che non esiste un modello di UD di lingua italiana come LS per
apprendenti adulti. Esistono modelli differenziati (es. UD di letteratura, di
intercultura, di microlingua, ecc.), come appare negli esempi di questo volu-
me a cui rimandiamo, i quali si conformano al modello di scansione dell’u-
nità didattica classico (cfr. Balboni, 1994; Freddi, 1994) e ai principi dell’ap-
proccio umanistico-affettivo. Se, quindi, gli apprendenti a cui si insegna non
sono bambini, per la pianificazione delle attività e la preparazione dei mate-
riali possiamo individuare dei punti di riferimento generali nelle variabili su
cui si è riflettuto nei precedenti paragrafi. A livello d’approccio riteniamo
ti.
altresì che quello umanistico-affettivo rappresenti un contenitore abbastan-
va
za capiente da riuscire a comprendere le esigenze di ciascuno, dal momento
er
che si fonda su principi che, allo stato attuale, possiamo ritenere universal-
ris
mente applicabili. In particolare il principio di insegnare ad una persona (cfr.
Balboni, in questo volume), ci invita a non sottovalutare che un adulto è una
tti
iri
persona con bisogni molto diversi da quelli di un bambino, con una mente
id
scegliendo, innanzi tutto, un metodo che si adatti ai bisogni del suo partico-
ito
lare gruppo, che – nei limiti del fattibile – sia in sintonia con il suo stile
ed
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id
132
Capitolo 10
L’UtiLiZZo dei materiaLi aUtentiCi
neLL’insegnamento deLL’itaLiano Come
Ls
Barbara Spinelli
ti.
l’insegnamento, dei materiali e delle tecniche utilizzati nella classe di lingua.
va
In questo capitolo si tenterà di esaminare le diverse prospettive che ne sono
er
scaturite in rapporto alla selezione e all’utilizzo di materiali autentici che pos-
ris
sono integrare la realtà circoscritta dell’ambiente scolastico e dei manuali
adottati per l’insegnamento della lingua. Tra le risorse verranno analizzate le
tti
ulteriori opportunità fornite dalle tecnologie interattive che propongono
iri
id
nuove realtà di apprendimento.
ti
ut
utilizzato e dalle interazioni sociali che vengono a crearsi tra i vari membri
ci
133
ambiente scolastico né rispondere in maniera ugualmente qualificata a tutte
le esigenze didattiche del contesto. Non è auspicabile pensare che gli stru-
menti di cui gli insegnanti si avvalgono per sostenere il loro percorso didat-
tico, ovvero i libri di testo, anche nei casi in cui risultino ben strutturati ed
articolati, riflettano appieno la complessa realtà dell’italiano e incontrino gli
eterogenei interessi degli studenti.
Il dialogo che s’instaura mediante un manuale è quello tra il suo autore che
modella e “distorce” la realtà proposta dal suo libro nella selezione del mate-
riale in base ad obiettivi grammaticali e lessicali e lo studente che ne è il rice-
vente (Rings 1986). I testi che vi si trovano, scritti e orali, possono essere prin-
cipalmente di due tipi: 1) quelli che propongono un discorso autentico che si
riferisce ad una comunicazione naturale, 2) e quelli che simulano un discorso
ti.
autentico (Omaggio 1986). In quest’ultimo caso i testi vengono realizzati per
va
specifici scopi didattici e le regole stilistiche che seguono sono diverse da
er
quelle del materiale strutturato per un’audience madrelingua. Un esempio è
ris
fornito dai dialoghi orali presenti nei libri di testo che, basandosi perlopiù su
testi scritti, perdono la spontaneità del discorso non pianificato. Anche nel
tti
iri
caso in cui si adottino materiali autentici, lo scopo del loro utilizzo, per esem-
id
segue è di natura normativa (Kramsch 1987, Omaggio 1986), vale a dire non
ito
134
se di materiali può essere ulteriormente integrato se viene reinterpretato il
concetto stesso di “autenticità”.
ti.
no in tale contesto. In questa sede ci si concentrerà in maniera specifica sul-
va
l’utilizzo di materiali definiti autentici.
er
Generalmente per materiali autentici s’intendono quelli prodotti per un
ris
pubblico di parlanti nativi che possono decodificare le intenzioni dell’auto-
re grazie alla condivisione di convenzioni stilistiche e culturali comuni. Chi
tti
entra in contatto con tali materiali deve, dunque, essere partecipe di tale
iri
id
conoscenza per elaborarne un’interpretazione appropriata.
ti
ut
le dei materiali definiti autentici che non deve essere trascurato in un conte-
ito
del suo autore che filtra, seleziona e rielabora la sua realtà. All’interno di una
stessa comunità culturale si delineano diverse tipologie di autenticità deter-
ci
135
abilità interpretative.
La didattica relazionale
Widdowson (1979) sostiene che l’autenticità non viene riassunta nel signi-
ficato del testo in sé, ma si realizza attraverso il rapporto dialogico che s’in-
staura tra il lettore-spettatore e l’autore di quel testo. Ne consegue un incon-
tro tra ciò che non è conosciuto e ciò che è familiare (Widdowson 1990), nel
quale lo studente reinterpreta e valuta i nuovi contenuti collocandoli e adat-
tandoli “geograficamente” nel mondo ideologico e culturale che già possie-
de. In questo caso non si tratta dell’acquisizione di una nuova conoscenza,
ma dell’estensione della propria (Swaffar 1985) che determina un processo
di appropriazione (Kramsch 1998) tanto più agevolato quanto più estese
risultino la qualità e la quantità delle conoscenze pregresse dell’individuo. Il
ti.
testo non ha più un significato fisso poiché lo studente se ne appropria e lo
va
utilizza per dare un significato al suo mondo e per costruire le sue azioni
er
sociali. Lo scopo di tale processo non è quello di simulare certi atti comuni-
ris
cativi in lingua straniera o di assistere ad eventi culturali, ma d’interagirvi
attraverso un atteggiamento analitico. In tal modo s’interpreta la lingua non
tti
iri
solo come strumento di comunicazione, ma come segno rappresentativo di
id
Benché sia diffusa la convinzione che i testi fin qui definiti autentici
Bo
136
nell’iter didattico. Da qui si delineano due tendenze ideologiche che perse-
guono convinzioni e cammini pedagogici differenti.
Da un lato, secondo approcci di tipo umanistico-affettivo, un testo è inte-
ressante se risulta comprensibile, per questo si suggerisce di seguire un per-
corso graduale di lettura che accompagni lo studente nella comprensione
progressiva di testi semplificati o inventati verso quelli autentici più “legge-
ri” per approdare alla decodifica del linguaggio accademico dei materiali
autentici complessi (Krashen 1997). Se si considera, inoltre, che un testo è
autentico per la comunità per la quale è stato creato (Little, Devitt e
Singleton 1988) e s’individua questa comunità in un pubblico di studenti
stranieri, anche quello ideato o semplificato per scopi didattici può essere
ritenuto autentico (Pallotti 2002). In tal caso la motivazione è alimentata
ti.
dalla facilità di lettura o di comprensione orale.
va
D’altro canto, tuttavia, si pensa che la risorsa principale di fattori affetti-
er
vi positivi sia alimentata nell’apprendente proprio dal piacere di agire nello
ris
stesso contesto socio-culturale dell’italiano LS che funge da ponte di con-
nessione tra la costretta conoscenza della classe e il mondo reale (Wilkins
tti
iri
1976). Fattori estrinseci al testo, quale una forte motivazione generata dal-
id
137
ricolo può essere produttivo principalmente per tre motivi:
1. offrono un terreno significativo per la struttura cognitiva degli appren-
denti
2. sviluppano abilità intuitive ed analitiche creando connessioni con il
microcosmo ideologico e socio-culturale del singolo
3. se didattizzati attraverso tecniche adeguate e se incontrano l’interesse
degli studenti, favoriscono l’abbassamento del filtro affettivo grazie alla
forte motivazione che agevola la comprensione.
L’insegnante, in realtà, non si trova a adoperare una scelta binaria tra
materiali autentici e non autentici, ma può sfruttarne l’estrema varietà ed
integrarli in base agli obiettivi che si è prefisso e alle esigenze degli studenti
ti.
con cui si trova a collaborare nel suo iter didattico a partire dai primi stadi
va
di conoscenza dell’italiano.
er
ris
3. risorse di materiale autentico
tti
Le fonti da cui attingere per recuperare materiale autentico sono nume-
iri
rose. Le nuove tecnologie hanno ampliato il ventaglio di opportunità sia di
id
coli in codici orali, visivi e grafici che devono essere inclusi nella valutazione
ito
della comunicazione.
ed
ci
138
La stessa economia di messaggio può essere ritrovata negli spot pubblici-
tari, scritti o videoregistrati, di cui si può usufruire a vari livelli di studio del-
l’italiano sia in base alle tecniche didattiche ad essi applicate che agli scopi
prefissi. La motivazione dello studente ad affrontare tali materiali può esse-
re alimentata dal riconoscimento del genere “pubblicità” ampiamente diffu-
so in molti paesi attraverso tecniche discorsive e commerciali simili, quindi
prevedibili, e laddove questo non si verifichi la mancata conformità può for-
nire terreno propizio di discussione per una didattica relazionale. Le stesse
anticipazioni possono realizzarsi per altri generi di testi scritti, orali e video
(previsioni del tempo, oroscopi, gialli televisivi, telegiornali, trasmissioni
radiofoniche, ecc.).
Nell’analisi di elementi sociolinguistici e sociopragmatci un supporto può
ti.
essere fornito da interviste in cui vengono richieste opinioni personali o da
va
sequenze di film che possono offrire un ampio spettro d’informazioni relati-
er
ve a varietà di registro in base al background socio-culturale degli intervista-
ris
ti riscontrabili nel lessico, negli indicatori discorsivi e nelle prese di posizio-
ne rispetto all’argomento trattato oltre che negli elementi extralinguistici da
tti
iri
loro utilizzati.
id
ragiscono i parlanti (ad esempio la casa), dei luoghi e dei momenti di socia-
lizzazione (ad esempio il bar o la piazza in Italia), dei mezzi e degli strumen-
ti utilizzati dalla comunità in rapporto al loro valore nell’interazione sociale
(ad esempio, le dimensioni fisiche e le convenzioni civili che caratterizzano il
“traffico dei mezzi di trasporto” in situazioni culturali diverse). Come si è già
accennato a proposito della didattica relazionale tali occasioni di metarifles-
sione vanno ricreate in classe sia per contestualizzare i significati di cui una
lingua si fa portatrice, sia per sensibilizzare lo studente all’idea che lo scopo
139
principale del suo apprendimento non si limita alla comunicazione in sé,
oltre la quale ciò che resta determinante è la sua univoca visione del mondo,
ma nel saperlo osservare attraverso la “lente di un caleidoscopio” (Kramsch
1993).
ti.
taliano in un ambiente più autentico rispetto lo spazio delimitato della clas-
va
se e per sviluppare competenze socio-culturali. La dimensione pluridimen-
er
sionale della cultura multimediale crea una connessione bilaterale tra “la lin-
ris
gua nella cultura e la cultura nella lingua” che può integrare le informazioni
fattuali fornite in unità discrete dal libro di testo (Kramsch 1999). Le risorse
tti
offerte dal mondo in rete, in più, compensano la fugacità annuale dei mate-
iri
id
riali cartacei, poiché sono soggette ad un aggiornamento costante sulla cul-
tura contemporanea e sulla vita quotidiana del paese straniero. Il nuovo con-
ti
ut
140
li testi mediatici e di comunicazione autentica. Uno di questi obiettivi può
essere, ad esempio, la costruzione di un Cd Rom o un di ipertesto che illu-
stri la cultura dell’Italia. Lo studente può ricorrere in questo progetto all’u-
tilizzo di un’estrema varietà di materiali (video, musica, immagini, grafici,
ecc.) attraverso i quali si esprimono più “voci”. L’apprendimento della lin-
gua, in tal caso, non si riassume nella “parola”, ma nell’utilizzo della stessa
come “segno” rappresentativo della realtà dello studente. In questo proces-
so avviene una trasformazione reciproca tra l’oggetto usato (lo strumento
elettronico) e il soggetto (l’apprendente) per esprimere il suo modo di vede-
re il mondo e di rappresentarlo attraverso l’italiano (Latour 1999). Nella
costruzione di un progetto come quello sopraccitato, i discenti non si limita-
no ad archiviare materiale autentico, ma a ricontestualizzarlo per creare il
ti.
loro nuovo testo multimediale. Durante il loro lavoro selezionano informa-
va
zioni utili, le manipolano, scelgono immagini informative, decidono quale
er
musica usare o quali parole chiave rendere cliccabili, imparano, quindi, attra-
ris
verso l’utilizzo diretto, le strategie comunicative dei linguaggi mediatici. Il
computer potenzia in questo modo l’autonomia e l’autorità dello studente
tti
iri
permettendogli di sfruttare una globale autenticità di plurimi codici. Si deli-
id
nea la possibilità di creare del materiale interattivo in cui viene meno il rap-
porto monodirezionale tra autore e lettore proprio dei testi scritti, poiché il
ti
ut
di chi lo vuole esplorare. Alcune ricerche testimoniano che gli studenti defi-
re
Breen (1985) sostiene che tutto quello che avviene in una classe è auten-
Bo
tico. Ciò assume un valore se si pensa ai contesti che si possono ricreare attra-
verso piattaforme elettroniche in cui studenti di italiano LS possono intera-
©
gire e costruire progetti comuni con i parlanti nativi attraverso e-mail o Chat.
Queste occasioni generano una diversa concezione di apprendimento dell’i-
taliano poiché tra i partecipanti non avviene esclusivamente una negoziazio-
ne d’informazioni, ma una nuova definizione dei significati e della rappre-
sentazione di sé e dell’altro che nasce dall’incontro di diverse visioni del
mondo. Il computer offre così un ulteriore spazio d’interazione che può inte-
grare l’artificialità della classe in presenza creando un ponte di connessione
con il mondo esterno.
141
5. Criteri di selezione del materiale autentico
Chi si appresta ad integrare la propria classe di italiano LS con materiale
autentico adopera una selezione che risulta comunque soggettiva e delimita-
ta. Ne consegue che ricreare un ambiente interamente autentico è un’impre-
sa poco probabile per due motivi principali:
1. i materiali creati per i madrelingua una volta trasportati nella classe
vengono decontestualizzati,
2. non è possibile includere tutte le varianti linguistiche regionali, indivi-
duali, sociali o riprodurre le reazioni socio-pragmatiche di un parlan-
ti.
te nativo a certi eventi comunicativi.
va
Tuttavia, l’utilizzo di varie tipologie di testi, la diversificazione dei conte-
er
sti e dei mezzi d’insegnamento possono fornire una visione più articolata
ris
della cultura italiana ed agevolare il processo di apprendimento coinvolgen-
tti
do diverse operazioni cognitive. Lo studente di italiano possiede già un suo
iri
vissuto, una sua conoscenza che si basa su un tessuto di credo, valori, abitu-
id
142
l’insegnante riesce a prevedere quali materiali autentici incontrano gli inte-
ressi dei suoi studenti e a capire ciò che questi rievocano nelle loro menti, il
processo di apprendimento viene incrementato produttivamente.
Nella selezione dei materiali deve essere considerato anche il ruolo che lo
studente di italiano assume nella comunità culturale italiana, ovvero quello
di outsider. Ciò che lo differenzia rispetto ad un insider è la sua attitudine
contrastiva. Gli insider di una cultura tendono ad analizzare ciò che hanno
già sperimentato, gli outsider, al contrario, notano ciò che è estraneo alla loro
esperienza (Nostrand 1989). Tale attitudine è proficua per lo sviluppo di abi-
lità analitiche e per una didattica relazionale, ma potrebbe rivelarsi un limi-
te ai primi stadi di conoscenza dell’italiano.
A livelli intermedi ed avanzati la scelta di testi complessi è agevolata dalla
ti.
più solida competenza linguistica degli apprendenti. Il problema si pone ai
va
primi livelli di studio dove, anche se è presente una buona conoscenza del
er
mondo, il limite linguistico può presentarsi come barriera. Il rischio di man-
ris
cata comprensione di un testo e il senso di frustrazione e di demotivazione
che ne possono conseguire è più alto. Tuttavia, se i criteri di selezione del
tti
iri
materiale autentico esulano dalla semplicità lessicale e sintattica che questo
id
143
cinque stadi dal maggior al minore grado di autenticità di una lingua orale,
utili per la selezione del materiale:
1. un testo genuinamente autentico è quello che si ha quando i due parlanti
nativi non hanno la consapevolezza di essere registrati per scopi didatti-
ci (messaggi di segreteria telefonica, trasmissioni radiofoniche, ecc.),
2. meno autentico si può considerare lo scambio orale in cui solo uno dei
due partecipanti alla comunicazione sa di essere registrato,
3. di grado successivo è la registrazione di roleplay in cui ai due parteci-
panti viene assegnata solo la situazione da improvvisare,
4. più strutturato è il contesto in cui ai parlanti vengono affidati ruoli
precisi,
ti.
5. ultimo degli stadi è quello in cui i due parlanti recitano un testo scritto.
va
Al primo stadio di questa scala, possono occorrere anche errori d’esposi-
er
zione da parte dei parlanti nativi in quanto questi si esprimono spontanea-
ris
mente senza porre attenzione alla struttura dell’italiano in sé. Secondo Rings
tti
(1986) quest’elemento deve essere incluso nella più ampia conoscenza dello
iri
studente poiché fa parte del discorso non pianificato e perché non sempre
id
ciò che può essere considerato scorretto nella lingua scritta lo è altrettanto in
ti
quella parlata.
ut
.T
La vasta disponibilità di testi scritti è già stata presa in esame nel para-
ito
grafo 3.1. I criteri per la selezione di questo tipo di materiali variano, come
ed
144
essere facilitata dalle diverse interpretazioni dei compagni. Un siffatto lavo-
ro può integrare il lavoro di classe, attraverso:
1. la realizzazione di progetti per gruppi d’interesse,
2. uno studio individuale ed indipendente,
3. fasi di tutoraggio.
ti.
infinità d’informazioni e di pagine Web a disposizione richiedono un’atten-
va
ta analisi del materiale e dei siti da proporre per poter aiutare lo studente
er
nella ricerca.
ris
Queste scelte possono seguire criteri di valutazione quali:
tti
- accuratezza dei contenuti (chiunque può pubblicare in rete e talvolta le
iri
informazioni non sono controllate da editori specifici);
id
- oggettività (possono essere poco chiari gli obiettivi degli autori dei
materiali);
re
ito
6. Conclusione
Sebbene il limite dell’ambiente didattico rappresenti un dato oggettivo,
145
l’infinita varietà di risorse, di tecniche didattiche e di mezzi tecnologici che
sono ora utilizzabili, possono facilitare le connessioni con la realtà extrasco-
lastica e i contatti con il mondo socio-culturale di una lingua straniera. Da un
lato queste infinite disponibilità agevolano la didassi, dall’altro, però, evi-
denziano il problema della pluralità di competenze che l’insegnante dovreb-
be sviluppare, richiamandolo ad una riqualificazione continua.
Concludendo si può dedurre che, al di là delle diverse scelte metodologi-
che adottate dall’insegnante e di ciò che lui interpreta come “autenticità”
nella selezione del materiale utilizzabile, resta sempre valida l’osservazione
con la quale Corder (1976) sottolinea che: “Un efficace insegnamento della
lingua straniera lavora con anziché contro i processi naturali, facilita e non
impedisce l’apprendimento. L’insegnante e i materiali di cui si serve devono
ti.
adattarsi all’apprendente e non viceversa.”
va
er
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Press.
c
147
Capitolo 11
Lo sViLUPPo deLLe aBiLitÀ ProdUttiVe
Maddalena Angelino
ti.
primarie si basa sull’interrelazione tra due assi: da un lato l’opposizione
va
orale-scritto, dall’altro quella ricettivo-produttivo. Nella comunicazione,
er
però, raramente viene utilizzata separatamente una sola abilità alla volta e il
ris
loro uso può essere simultaneo o integrato. Le abilità sono quindi molte di
più se si considerano accanto alle quattro primarie tradizionali quelle che
tti
iri
richiedono un’integrazione di più abilità: l’abilità di interazione (saper
id
la sua attenzione è focalizzata più sul significato che sulla forma” (Nunan
c
na
1. Parlare
©
148
immediato dell’interlocutore e utilizzare la ridondanza come facilitatore di
comprensione. L’impossibilità di ‘cancellare’ quanto è stato detto porta
spesso i parlanti ad autocorreggere e riformulare gli enunciati. Ricorrenti
sono i segnali discorsivi, le interruzioni e le false partenze, le ellissi,
l’implicitezza e gli accenni alle conoscenze condivise. L’intonazione e il
ricorso a mezzi paralinguistici diventano nel parlato parte integrante della
comunicazione. Il fatto che i parlanti si trovino quasi sempre nello stesso
luogo e nello stesso tempo rende possibile il ricorso alla deissi e coinvolge nel
processo anche i codici extralinguistici.
Nonostante le differenze, la ricerca attuale non individua più
un’opposizione fra parlato e scritto, tanto che alcuni studiosi considerano il
parlato come una variante di lingua legata al mezzo fonico-uditivo
ti.
(Bazzanella 1994). Molti tratti che caratterizzano l’italiano parlato oggi in
va
Italia spesso sono condivisi anche dallo scritto informale: alta frequenza dei
er
connettivi polifunzionali, riduzione delle congiunzioni coordinanti e
ris
subordinanti molto specifiche a favore di sinonimi di tipo polifunzionale,
presenza di colloquialismi, semplificazione dell’apparato morfosintattico del
tti
iri
verbo (uso dell’indicativo in luogo del futuro o del congiuntivo),
id
Balboni 2002) e inoltre di organizzare il discorso nel modo più efficace per
raggiungere i suoi fini pragmatici.
©
149
conoscenze sull’argomento, con le sue opinioni, con le sue richieste di
chiarimento o i suoi dubbi nella costruzione del discorso. E non solo:
l’ascoltatore poi dovrà poter disporre degli strumenti linguistici per prendere
a sua volta la parola e condurre il gioco (Zorzi Calò 1991).
I partecipanti ad una conversazione devono dunque di continuo negoziare
i contenuti del loro scambio comunicativo. I parlanti nativi utilizzano, molto
spesso inconsapevolmente, strategie discorsive con cui esplicitano le loro
intenzioni comunicative negoziando l’un con l’altro lo svolgimento della
comunicazione. Alcuni dei mezzi linguistici più frequenti del parlato italiano
si possono così raggruppare:
- per interrompere la comunicazione per inserirvisi e organizzare il
cambio di turno: appunto, infatti, anzi, scusa ma, prima che mi
ti.
dimentichi;
va
- per sollecitare la reazione dell’ascoltatore: chiaro?, no?, mi sono
er
spiegato?, vero?, mi stai seguendo?;
ris
- per mettere il proprio enunciato in relazione a quello che è stato detto
tti
prima e segnalare all’attenzione i punti di snodo del discorso: allora,
iri
id
insomma, ecco, quindi, cioè, voglio dire;
- per fornire all’interlocutore elementi di controllo sull’andamento della
ti
ut
150
quelli che disturbano di più, anche se inconsapevolmente, il nativo e
addirittura giungono in alcuni casi a bloccare la comunicazione (cfr.
Zamborlin e Pavan in questo volume).
Il parlante non nativo tuttavia durante il processo di apprendimento di
una lingua straniera mette in atto strategie per sopperire alla difficoltà di
espressione e alle lacune di tipo linguistico che gli impediscono una
comunicazione efficace. Nell’interazione orale è importante non
interrompere la comunicazione, si cerca quindi di superare le difficoltà con
opportune strategie, alcune delle quali possono anche essere sviluppate
didatticamente. Se ne può tentare una classificazione (Bygate M. 1984):
- strategie di conseguimento: sono strategie di approssimazione come
l’adattamento di una parola della lingua madre, il prestito dalla lingua
ti.
madre, la traduzione letterale, il conio di nuove parole, l’uso di
va
perifrasi. Sono anche strategie cooperative come la richiesta di
er
traduzione, la richiesta di chiarimento, la mimica, la costruzione con
ris
l’aiuto dell’interlocutore di una frase.
tti
- strategie di riduzione: strategie di elusione delle difficoltà fonologiche,
iri
l’elusione della complessità grammaticale, l’abbandono del tema, la
id
151
le conoscenze reciproche e si ha un passaggio di informazioni. Le attività
proposte in classe dovrebbero avere come oggetto entrambe le tipologie di
parlato (Zorzi Calò 1991).
Nel primo caso il dialogo da realizzare sarà molto più standardizzato e
potrà essere di grande aiuto la conoscenza degli script o copioni situazionali,
cioè delle sequenze prevedibili e abbastanza fisse di atti e mosse
comunicative nei quali presumibilmente comparirà anche il lessico tematico
relativo (ad esempio: al bar: cliente e cameriere – alla stazione: turista e
bigliettaio) e delle formule di routine, formule fisse e codificate (saluti,
ringraziamenti, commiati e altre espressioni frequenti).
Nel secondo caso non sarà facile creare in classe le condizioni della
conversazione casuale, certo meno prevedibile, più spontanea e creativa di
ti.
conversazioni più codificate.
va
Prima di passare ad analizzare alcune tecniche ed attività didattiche utili
er
a tal fine, è opportuno ribadire come premessa, sempre più condivisa, che la
ris
realizzazione di scambi autentici in classe può avvenire solamente con la
presentazione di testi di ascolto autentici e con lo svolgimento di attività
tti
iri
coinvolgenti dal punto di vista comunicativo che permettano agli studenti di
id
per ipotesi e tentativi sforzandosi di colmare il divario tra ciò che riesce a dire
Bo
a) Tecniche esercitative
Drills strutturali
Sono attività di tipo meccanico che hanno lo scopo di fissare strutture e
espressioni, rafforzando con la pratica gli automatismi necessari affinché
152
avvenga produzione orale. Queste esercitazioni possono riguardare le
strutture grammaticali, le funzioni o il lessico. Sono state recentemente
rivalutate perché essendo il parlare un’abilità cognitiva complessa che
implica l’uso parallelo e coordinato di molte sotto-procedure e, non essendo
possibile attivarne più di due o tre in parallelo, l’automatismo di alcune di
queste permetterà al parlante di concentrarsi via via sulle altre o di far fronte
a elementi nuovi o imprevisti migliorando la sua esecuzione (Pallotti 1999).
I drill anche se privi di reali scopi comunicativi, hanno il vantaggio di
richiedere poco tempo per lo svolgimento in classe e sono scarsamente
ansiogeni. Con alcuni accorgimenti (uso di immagini o di realia, giochi basati
sulla ripetizione o sul movimento) risultano piacevoli e possono essere
considerate esercitazioni “pseudo-comunicative”.
ti.
Drammatizzazione
va
Anche la drammatizzazione non ha alcun elemento creativo, ma consente
er
di fissare con la recitazione le espressioni che realizzano i principali atti
ris
comunicativi e soprattutto di esercitare gli aspetti fonologici e paralinguistici.
tti
È importante che l’insegnante fornisca come modello testi autentici per
iri
poter lavorare sull’ intonazione, il ritmo, la velocità di eloquio e il tono della
id
voce. Molto motivante risulta l’uso di sequenze filmiche nelle quali è facile
ti
Role taking
ito
di una simulazione molto guidata in cui, sulla base di un dialogo già noto, gli
ci
situazione al bar, ad esempio, chi assume il ruolo del cliente può inserire
na
alcune variazioni su ciò che ordina, sulle caratteristiche che deve avere,
Bo
mentre chi assume il ruolo del barista varierà di conseguenza il prezzo e altri
particolari.
©
b) Tecniche di simulazione
Role play
Usiamo questo termine per indicare una simulazione che lascia gli
studenti interagire liberamente sulla base di informazioni riguardanti i
partecipanti e la situazione. Le simulazioni possono essere reali, cioè partire
da situazioni comuni nella realtà extrascolastica, o immaginarie, cioè
situazioni irrealizzabili, di fantasia.
153
Nel role play di tipo reale lo studente può anche interpretare sé stesso
variando il setting o i rapporti di ruolo tra i partecipanti: in questo caso lo
sforzo comunicativo è sostenuto dal coinvolgimento della sfera affettiva ed
emotiva. L’insegnante farà poi attenzione a rispettare la privacy dei singoli
studenti non esponendoli troppo di fronte al gruppo con la richiesta di
rielaborare quanto è stato detto o ponendo domande dirette.
Negli altri casi per contare su uno scarto comunicativo, un vuoto di
informazione, che metta in moto un’interazione molto simile a quella reale
bisognerà fare in modo che ogni partecipante abbia informazioni accessorie
che l’altro non ha. Seguendo queste modalità ci si avvicina allo scenario
proposto da Di Pietro nell’approccio dell’interazione strategica. Nello
scenario l’intera classe partecipa alla fase di preparazione anche se poi solo
ti.
alcuni membri procedono alla messa in scena. I protagonisti, ognuno
va
all’insaputa dell’altro, dovranno cercare di fare valere le proprie opposte
er
esigenze e risolvere situazioni di difficoltà facendo un uso strategico della
ris
lingua. L’analisi della performance verrà svolta da tutto il gruppo guidato
dall’insegnante. Nelle attività di simulazione l’insegnante avrà un ruolo
tti
iri
centrale di “regista” nella fase iniziale e conclusiva, mentre durante
id
trasmissione. Per simulare una telefonata si dovrà fare in modo che gli
ito
la comunicazione sarà più difficile perché gli studenti, come in una vera
telefonata, non potranno così far ricorso agli elementi extralinguistici. Anche
c ci
le componenti paralinguistiche.
154
diventare ‘l’arbitro’del gioco. Le tecniche ludiche sono ben accette anche
dagli adulti a patto che gli scopi glottodidattici siano esplicitati e l’attività
proposta sia motivante. L’atmosfera giocosa contribuisce ad abbassare il
filtro affettivo favorendo così l’acquisizione. L’insegnante dovrà selezionare e
dosare le tipologie di giochi da svolgere in classe in modo che la
competizione alla lunga non prevalga sulla cooperazione.
Soluzione cooperativa di problemi
Sono compiti che richiedono un’interazione comunicativa tra i
partecipanti per raggiungere una soluzione unica al problema. I gruppi di
lavoro usano materiali diversi ma complementari distribuiti dall’insegnante
(orari, mappe e cartine, fotografie, testi orali o scritti) e interagiscono tra di
loro scambiando informazioni e opinioni usando la lingua oggetto di studio.
ti.
Un compito, ad esempio, potrebbe essere: risolvere un giallo in base ad
va
indizi e informazioni di vario genere fornite dell’insegnante.
er
Compiti più complessi, che richiedono anche interazioni con il mondo
ris
reale fuori dalla classe e giungono alla realizzazione di un prodotto o
tti
un’esperienza, rientrano nel project work (cfr. Ridarelli 1998). Nelle fasi di
iri
realizzazione l’italiano LS è il mezzo per preparare, sviluppare e portare a
id
Discussione
ito
spesso difficile da gestire, tuttavia è utile per rendere consapevoli gli studenti
na
delle differenti modalità di presa di parola, di uso del tempo e di gestione dei
Bo
155
volontariamente, per indicare che sono d’accordo, si annoiano, sono
interessati, si divertono, sono infastiditi.
In classe spesso il monologo coincide con un turno esteso interrotto da
brevi domande da parte degli altri studenti o dell’insegnante e può rientrare
in generi diversi: narrazione, descrizione, relazione, persuasione. Il
monologo può essere preparato in precedenza, per potere organizzare i
contenuti e avere a disposizione una “scaletta”, o improvvisato. Nel secondo
caso l’insegnante dovrà tener presente che saper improvvisare su un dato
soggetto davanti ad un gruppo di ascoltatori è una capacità utilissima che
però non si consegue spontaneamente e richiede uno specifico
addestramento. Nella fase preparatoria può essere opportuno segnalare la
possibilità di ricorrere a segnali discorsivi del tipo “in primo luogo”, “in
ti.
secondo luogo”, “inoltre”, “infine”, oppure anche più chiari come “vedremo
va
anzitutto…”, “abbiamo visto… e ora passiamo a…”: si tratta di strumenti di
er
coerenza testuale per organizzare il discorso e nello stesso tempo aiutare la
ris
comprensione di chi ascolta testi (per approfondimenti cfr. Balboni 1998 e
Brighetti, Minuz 2001).
tti
iri
La gestione dello spazio in classe durante le attività comunicative riveste
id
156
2. scrivere
Il lavoro sull’abilità di scrittura non va confuso con lo svolgimento degli
esercizi scritti, che sono in realtà tecniche di manipolazione centrate su
strutture morfosintattiche, attività puramente esercitative prive di scopi
comunicativi. Con scrivere come abilità primaria si intende la produzione di
testi scritti, che può essere più o meno guidata oppure libera. Scrivere fa
parte integrante della competenza comunicativa, spesso però nei livelli più
bassi ha un ruolo secondario rispetto alle altre abilità, mentre nei livelli più
alti viene richiesta la produzione scritta per diverse finalità trascurando il
lavoro sui processi che facilitano questo tipo di produzione.
Indubbiamente la produzione di un testo scritto presenta difficoltà, a tutti
i livelli di apprendimento e talvolta anche in LM. Per scrivere un testo
ti.
efficace lo studente dovrebbe possedere il controllo lessicale, strutturale,
va
testuale e stilistico della lingua oggetto di studio, adatto al testo che intende
er
scrivere e all’evento comunicativo in cui si inserisce. I destinatari dovrebbero
ris
poi poter decodificare con chiarezza i contenuti comunicativi del testo
tti
prodotto. Il testo scritto risulta solitamente più “corretto” rispetto al parlato,
iri
più esplicito, proprio perché non è possibile fare ricorso a mezzi prosodici,
id
né alla mimica o ai gesti e non si può tener conto del feedback immediato
ti
Nelle attività di scrittura possiamo fare ricorso alla funzione del monitor
c
157
formalistico, negli ultimi tempi si sta riequilibrando nella prassi didattica a
favore della lingua scritta. Lo scrivere in realtà consente allo studente di
esprimere le proprie opinioni ed emozioni, la propria creatività, di
raccontare la sua storia e i suoi progetti personali, insomma “di farsi sentire”,
anche se non fin da subito in modo appropriato ed efficace. Questi sono i
presupposti fondamentali perché si realizzino, sia nell’orale che nello scritto,
gli obiettivi di un approccio di tipo comunicativo. Un uso dell’italiano
centrato sui contenuti che si vogliono comunicare, inoltre, favorisce
l’acquisizione della lingua oggetto di studio. Ribaltando le convinzioni del
metodo grammaticale-traduttivo, si può parlare allora di un uso della lingua
per imparare quella lingua e non di imparare una lingua per usarla. Quando,
nelle fasi iniziali dell’apprendimento, risulta molto più difficile esprimere
ti.
opinioni o raccontare avvenimenti oralmente, l’espressione scritta - pagine di
va
diario, lettere, brevi commenti - può evitare il senso di frustrazione che
er
alcuni studenti, soprattutto adulti, inevitabilmente provano. Lo scrivere può
ris
essere visto come un’utile palestra che può dare allo studente sicurezza anche
nella produzione orale o abituare ad un uso più creativo della lingua, se
tti
iri
l’attenzione non è posta esclusivamente sul prodotto finito e corretto ma sui
id
contenuti.
ti
ut
programmazione del corso, darà ampio spazio alle attività mirate allo
sviluppo delle abilità che consentono di saper stendere relazioni e progetti,
c ci
elaborare tesine.
Bo
158
potrebbe definire uno scritto molto vicino al parlato (Spina 1996).
Tradizionalmente nella didattica l’attenzione era posta sul prodotto finito,
sul risultato della scrittura, mentre ora si tende a considerare la scrittura
soprattutto come processo, in cui si possono identificare alcune fasi.
Vediamo come impostare alcune attività per lavorare sul processo:
a) analisi del contesto situazionale: gli scopi di chi produce quel dato testo
e quelli del destinatario, il rapporto di ruolo che intercorre fra i due, il luogo
fisico e culturale in cui si trovano. È utile abituare gli studenti ad individuare
in testi autentici proposti dall’insegnante, ad esempio alcuni tipi di lettere, lo
scopo, il rapporto tra l’emittente e il destinatario ed il registro usato;
b) la definizione del tipo di testo che si intende produrre (argomentativo,
ti.
istruttivo o altri) e del genere testuale (ad esempio relazione, lettera, articolo).
va
Per riflettere sui generi comunicativi si possono analizzare, sempre in gruppi,
er
testi appartenenti a generi comunicativi diversi: ad esempio una lettera
ris
ufficiale, un curriculum vitae, una descrizione. Le ipotesi e i risultati possono
tti
poi essere messi a confronto e discussi collettivamente. Lo scopo dell’analisi
iri
è riuscire a scoprire quali regole li caratterizzino, regole che possono variare
id
questo tipo sarà utile, dove è possibile, evitare proposte troppo schematiche,
perché potrebbero risultare demotivanti, e presentare allo studente la
©
159
consegna. A questo livello le informazioni possono mantenere il loro aspetto
sintetico, vengono solo messi in evidenza i concetti e i legami fra di essi.
Questa fase dovrebbe essere completamente libera e basarsi sulla espressione
delle idee: eliminando l’ansia legata alla scrittura dovrebbero venir attivate le
conoscenze inconsce. Si può lavorare sulla progettazione decidendo ad
esempio di variare la disposizione del materiale tematico o dei fatti, di
eliminare o di aggiungere alcune parti. Nella fase della progettazione di testi
si possono utilizzare tecniche di brainstorming e costellazioni (per
approfondimenti sulle tecniche cfr. Balboni 1998);
d) la stesura di un testo coerente e coeso. Una volta decisa la scaletta le
fasi di espansione, stesura e poi di revisione possono essere condotte
individualmente o a gruppi. In questa fase prevalgono le decisioni che
ti.
riguardano la sfera linguistica, ad esempio l’uso di determinati costrutti
va
sintattici, le concordanze, i connettivi. La stesura del testo scritto può
er
risultare piuttosto complessa se i processi ai livelli più bassi (ortografico,
ris
morfologico, sintattico) non sono ancora automatizzati. Tutte le tecniche
tti
adatte a rinforzare la competenza morfosintattica e grafemica possono
iri
gradatamente portare all’automatizzazione di alcuni processi e abbassare il
id
parte dell’ insegnante dovrà tenere conto di una graduazione dei compiti, in
ut
modo che chi scrive possa concentrarsi sulle scelte via via necessarie a livello
.T
prodotti da altri studenti. Il lavoro di revisione può essere svolto tra pari dagli
studenti, tenendo presente che chi ha scritto il testo è pur sempre l’autore e
©
160
Il ricorso al lavoro di gruppo in alcune fasi del processo di scrittura è
supportato dalla considerazione che solitamente le prestazioni del gruppo
sono migliori di quelle di un unico componente. Inoltre interagire può
significare per gli studenti scoprire debolezze o punti forti, porsi domande e
trovare risposte, avere più occasioni di pratica e negoziazione, creare un
clima disteso e rilassato che consenta di sopportare eventuali fallimenti e di
abbassare il filtro affettivo (Ciliberti 1994).
ti.
puro esercizio scolastico di sviluppo di un argomento o amplificazione di
va
una tesi in cui l’allievo doveva scrivere un testo disponendo unicamente di
er
sintetiche indicazioni. I dati riguardanti il destinatario, il rapporto di ruolo
ris
tra il destinatario e l’emittente, lo scopo per cui si scriveva un “tema” non
tti
erano mai resi espliciti, il testo prodotto era quindi privo di bisogni
iri
comunicativi reali e di coordinate che potessero regolarlo. Il tema
id
161
scopi che ci si prefigge, con una notevole attenzione ai meccanismi di
coesione e agli usi del congiuntivo.
Il lavoro sull’abilità di scrittura si può cominciare già nei livelli più bassi,
seguendo alcuni accorgimenti:
- fornire sempre esempi semplici e autentici con cui gli studenti possano
familiarizzarsi e da cui possano partire per la loro produzione;
- cominciare con testi brevi e aumentare gradualmente la lunghezza dei
testi che si richiede di produrre;
- in un primo tempo facilitare il processo di scrittura, fornendo una
struttura graficamente attraente da completare o una serie di domande
che impostino un testo già dotato di coerenza;
ti.
- indicare sempre l’evento comunicativo in cui si colloca la produzione
va
scritta;
er
- variare e diversificare le tipologie dei testi;
ris
- prevedere, se necessario, un lavoro preliminare sul vocabolario
tematico;
tti
iri
- collegare e inserire le attività di scrittura alle funzioni e al vocabolario
id
solito le accompagna;
re
- includere commenti positivi sulle parti ben riuscite del testo (Cicogna e
ito
Nuessel, 1993).
ed
I testi con cui si possono confrontare gli allievi già dalle prime lezioni
ci
messaggi personali, come quelli lasciati sui post-it o inviti informali. Anche le
Bo
162
complesse e articolate che richiedono l’uso di più abilità. Nonostante
l’utilizzo di materiali autentici e ricorrendo a simulazioni il più possibile
vicine alla realtà extrascolastica sappiamo che il lavoro resta molto spesso
artificiale. In questo caso per rendere lo scrivere in classe realmente
comunicativo e interattivo la soluzione, con l’aiuto delle nuove tecnologie,
potrebbe essere quella di impostare uno scambio di e-mail con studenti
italiani (Besnard, Elkabas, Rosienski-Pellerin 1996) o organizzare la
partecipazione a chat.
La pagina di diario ha per definizione un suo scopo comunicativo: si scrive
per se stessi. Un suggerimento per fare diventare questo tipo di attività
ancora più interessante è quello di rendere il diario personale accessibile ad
altri studenti o allo stesso insegnante, in modo da stimolare reazioni
ti.
personali e commenti a quanto scritto (Brodine 1990). Facilmente
va
realizzabile è anche un diario di classe alla stesura del quale a turno
er
collaborano tutti gli studenti.
ris
Le descrizioni di tutti i tipi - di persone, di luoghi, di immagini - si
prestano a diverse attività di solito ben accette dagli studenti e adatte a tutti
tti
iri
i livelli a seconda del tipo di descrizione che si vuole realizzare. Anche con i
id
dagli altri studenti oppure creando insieme una storia seguendo diverse
re
Mollica per lavori a coppie o in gruppi (Mollica 1995, Luzi Catione 1995).
c
na
163
dello studente. Esprimere le proprie reazioni e il proprio giudizio costituisce,
infatti, uno scopo comunicativo valido. Nei livelli avanzati, se si intende dare
maggior spazio alla scrittura, si potrà lavorare, a seconda dei bisogni
linguistici degli studenti, alla stesura di tesine, relazioni, verbali, lettere
formali con diversi scopi, articoli di cronaca o di costume, magari all’interno
di un progetto per un giornale della scuola.
ti.
comunicativa è limitata infatti dalla natura ciò di cui può disporre
va
l’insegnante: i prodotti linguistici, le esecuzioni comunicative degli studenti,
er
che possono essere frutto di apprendimento razionale e non di acquisizione
ris
duratura e non ci informano con attendibilità sui processi e sulla
competenza. La nostra riflessione toccherà qui per ovvi motivi solo alcuni
punti fondamentali sul piano metodologico. tti
iri
id
La verifica può essere condotta secondo due modalità complementari:
- il testing diffuso, i cui i dati vengono registrati in una scheda durante le
ti
ut
Il testing formale si può effettuare alla fine di una o più unità, alla fine di
un modulo o come test conclusivo di un corso. Oggetto della verifica dovrà
c ci
non verbali. Per ottenere dati affidabili le tecniche utilizzate per la verifica
dovranno essere già note e familiari agli studenti per il fatto che sono state
©
164
cercare di non guidare eccessivamente la conversazione e favorire con
spontaneità la produzione da parte dello studente.
A maggior ragione il monologo dovrebbe essere valutato solo in presenza
di una registrazione. I risultati di questa prova possono essere considerati
significativi solo se i parametri sono stati chiaramente definiti in precedenza.
Se si intende verificare l’abilità di scrittura è necessario fornire sempre
chiarimenti riguardo al genere, allo scopo e al destinatario del testo scritto.
Sarebbe consigliabile dare anche indicazioni sulla lunghezza minima e
massima del testo da produrre per una comparazione più uniforme delle
produzioni scritte degli studenti del gruppo. Anche in questo caso il
parametri dovranno essere chiari e, essendo unicamente gli aspetti linguistici
oggetto di verifica, non comprenderanno aspetti di tipo cognitivo e
ti.
nozionistico.
va
Suggeriamo di seguito un agile strumento per la verifica delle abilità di
er
produzione, una scheda utilizzabile sia per il testing diffuso che per il testing
ris
formale, nella quale per ogni voce si inseriranno giudizi o punteggi numerici:
tti
iri
nome efficacia scorrevolezza precisione accuratezza coerenza
id
riferimenti bibliografici
c
na
165
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tti
iri
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id
167
Capitolo 12
Lo sViLUPPo deLLe aBiLitÀ riCettiVe
Elena Ballarin
ti.
1. La comprensione
va
er
Il processo di comprensione si mette in moto in conseguenza all’intera-
ris
zione di alcuni fattori: la competenza comunicativa, la conoscenza del
mondo e il complesso dei processi cognitivi che presiedono alla definizione
tti
dei nessi temporali o causali. Questa interrelazione attiva la Expectancy
iri
id
Grammar, la quale opera sulla base della consapevolezza situazionale e in
base alla ridondanza (ottenendo informazioni supplementari nel contesto,
ti
ut
può essere detto o scritto in una determinata situazione, usando un certo les-
sico quando si parla o si scrive di determinati argomenti (contesto), quando
ci
soggetti viene determinato dai loro scopi comunicativi, dalle norme sociali
che regolano la comunicazione, dalla ridondanza contestuale (il fatto che lo
stesso messaggio possa essere ripetuto in codici diversi da quello verbale).
Il cotesto è definito dal genere comunicativo cui l’evento comunicativo
appartiene e di cui si conoscono le norme costitutive, è delineato dalla testu-
ra, da quei meccanismi che definiscono la coesione dell’atto comunicativo,
dagli indicatori metacomunicativi, perché definiscono la coerenza del mes-
saggio, infine i reticoli morfosintattico e semantico offrono esempi di ridon-
168
danza che facilitano la comprensione.
Il paratesto è definito dai titoli, dalle figure che accompagnano un testo,.
Da tutti quegli elementi che, attorno al testo, aggiungono informazioni sup-
plementari e ridondanti.
La comprensione non viene vista, quindi, come un processo lineare, ma
come un processo globale e simultaneo, perché l’expectancy grammar per-
mette di creare un’ipotesi globale e simultanea1 di quanto può essere detto o
scritto e questa ipotesi viene, poi, confermata, modificata o smentita da ciò
che successivamente si ascolterà o si leggerà. Se l’ipotesi è corretta, sarà pos-
sibile comprendere anche un messaggio disturbato come un annuncio alla
stazione ferroviaria o un messaggio stampato male.
ti.
1.2 L’enciclopedia
va
Con questo termine si indica la conoscenza del mondo condivisa tra chi
er
parla e chi ascolta. Questa conoscenza permette di creare ipotesi su quanto
ris
può essere detto o scritto e, allo stesso tempo, consente di disambiguare gli
elementi polisemici.
tti
iri
Esistono dei copioni di comportamento tipici di molte situazioni: una
id
persona saluta un’altra persona conosciuta, le chiede come sta, come sta la
ti
cotone, può essere larga o stretta, può essere in vari colori, in tinta unita o in
fantasia.
c ci
169
poter comprendere. Se l’interlingua è limitata, la capacità di comprendere è
parimenti ridotta.
Insegnare a comprendere una lingua comporta, dunque, l’affinamento, il
potenziamento e l’attivazione costante di tutte le strategie di comprensione e
dei processi cognitivi che sottostanno alla expectancy grammar e che sono
inconsci. Perciò, le strategie didattiche dell’insegnante devono essere tese a
mettere in moto la capacità di creare ipotesi adeguate, non a colmare ipote-
tiche carenze linguistiche.
Inoltre, a seconda degli scopi, la comprensione si distingue in compren-
sione intensiva (parola per parola), comprensione estensiva (globale) e com-
prensione mirata (tesa all’identificazione di qualche dettaglio). Perciò è asso-
lutamente funzionale all’insegnamento della comprensione della lingua
ti.
anche la scelta appropriata di quale strategia convenga utilizzare.
va
er
1.4 Obiettivi
ris
Ai fini dell’educazione linguistica in riferimento specifico alle abilità di
tti
ricezione, si può, dunque, dire che bisogna insegnare a cogliere il contesto
iri
situazionale per poter creare ipotesi attendibili, a cogliere il cotesto e il para-
id
testo, infine, a scegliere e poi a utilizzare la strategia adeguata per poter com-
ti
imparare una lingua per poter attivare le strategie più adeguate: se, infatti, in
re
del cancello da cui parte un determinato volo, sarà opportuno attivare una
ed
170
lo semantico e pragmatico) e per poter collegare e cogliere il filo logico che
lega il discorso.
La glottodidattica non solo definisce le mete e gli obiettivi dell’educazio-
ne linguistica, ma indica anche i percorsi in cui le mete e gli obiettivi sono
disposti gerarchicamente
ti.
inizialmente sull’abilità di ascolto lasciando che lo studente produca lingua
va
soltanto quando si sente psicologicamente e affettivamente sicuro.
er
ris
2.2 Priorità dell’abilità ricettive orale sull’abilità ricettiva scritta
tti
La scrittura è un codice derivato dalla lingua orale e la sequenza “dall’o-
iri
rale allo scritto” viene confermata dal Direct Method, dall’approccio struttu-
id
padronanza della lingua viva, soprattutto nella sua forma parlata; tuttavia,
questo obiettivo è subordinato al fatto che lo studente, prima di tutto, deve
re
essere a diretto contatto con la lingua parlata. Tra lo studente e la lingua stra-
ito
niera vi deve, quindi, essere un contatto diretto, senza ricorrere alla lingua
ed
2
Cfr. G. Freddi (1999), Op. cit., capp. 1-2
3
Che viene anche chiamato audio-lingual in inglese.
4
Cfr. anche R. Titone (1993), Psicopedagogia e glottodidattica, Padova, Liviana.
171
Verranno qui analizzate alcune tecniche volte allo sviluppo delle due abi-
lità primarie della comprensione, ascoltare e leggere.
ti.
tica e il compito è solo quello di cogliere il maggior numero possibile di dati.
va
Alla fine dell’ascolto i dati vengono controllati a gruppi o a coppie, si proce-
er
de a un’attività di anticipazione e poi a un secondo ascolto. L’oggetto di que-
ris
sta tecnica è la capacità di cogliere frammenti e di servirsene per creare ipo-
tti
tesi contestuali (comprendere il luogo, dove ci si trova; comprendere la situa-
iri
zione, cosa sta avvenendo).
id
ti
numero del testo alla lettera dell’immagine (es. A2, B5, ecc.). Questa tecnica
ci
ne; è, inoltre, utile se usata nella fase di verifica della comprensione e può
na
e il recupero.
©
3.3 Elicitazione
Tecnica didattica che consiste nell’estrarre, attraverso domande, suggeri-
menti, brainstorming, ecc. informazioni o frammenti di informazioni che i
172
vari allievi possiedono ma che, essendo distribuiti in maniera casuale e
incompleta nella classe, non appaiono significativi se non dopo che, elicitan-
doli, l’insegnanti li ha collegati fra loro. Questa tecnica è fondamentale per
sviluppare il processo di anticipazione, quindi, per l’attività iniziale del pro-
cesso di comprensione. Attraverso l’elicitazione, infatti, l’insegnante riesce a
rendere consapevoli gli studenti di quello che già sanno e su cui possono
innestare nuovo input. Inoltre, questo tipo di tecnica favorisce la collabora-
zione in classe e questo elemento permette di tenere sempre sotto controllo
il meccanismo del filtro affettivo. È noto infatti che, soprattutto nella didat-
tica ad adulti, la generazione di ansia e stress blocca il processo di acquisi-
zione linguistica.
ti.
3.4 Cloze
va
Il cloze consiste nell’eliminazione di una parola ogni x. Di solito viene eli-
er
minata ogni “settima” parola, perché questa corrisponde a quel 15% della
ris
comunicazione che, statisticamente, viene perso a causa di rumori o disturbi
tti
della codifica, trasmissione o decodifica dei messaggi.
iri
L’allievo deve inserire nel vuoto la parola mancante o, almeno, una paro-
id
righe del testo. Mano a mano che il testo si definisce meglio, si passa a eli-
.T
minare una parola ogni sei e poi una ogni cinque, ma sotto la soglia della
re
quinta parola il testo non è più ricostruibile, quindi, non sarà proponibile un
ito
cloze che riporti vuoti troppo frequenti e scenda oltre la soglia del cinque.
ed
che (che si riferiscono a informazioni già presenti nel testo) o solo le parole
rematiche (portano informazioni nuove rispetto a quanto già espresso nel
©
173
ta un testo orale (un nastro registrato) interrompendosi in più punti; l’allie-
vo avrà qualche secondo per formulare un’ipotesi sulla parola (o sulla frase)
che segue basandosi sulla sua expectancy grammar.
Questa tecnica, di solito, viene accettata dagli allievi senza troppi proble-
mi di filtro affettivo, in quanto l’allievo è solo di fronte al testo e non c’è l’in-
segnante-inquisitore che lo intimorisce. Inoltre, l’elemento della sfida favori-
sce la motivazione e mette, quindi, in moto il processo di acquisizione lin-
guistica.
Il cloze è un’ottima tecnica per sviluppare la capacità di una persona di
considerare il testo nella sua globalità: per individuare la parola mancante o
un suo sinonimo, bisogna cogliere ogni ridondanza contestuale e cotestuale
e non fissarsi sulla singola frase.
ti.
Inoltre, per la sua precisione essa viene usata molto spesso nella fase di
va
verifica e anche nel language testing e per il suo carattere di sfida è uno stru-
er
mento ideale per il recupero individualizzato di quegli allievi che presentano
ris
una expectancy grammar inadeguata.
tti
iri
3.5 Attività di accoppiamento e incastro
id
Anche in questo caso queste attività sono molto bene accettate dagli allievi
ito
174
- incastro delle battute di un dialogo. In una colonna si dispongono, nel-
l’ordine corretto, le battute di un personaggio, nell’altra colonna si tro-
vano scompigliate le battute dell’altro personaggio. Questa variante
attiva la competenza pragmatica: l’allievo deve identificare gli scopi dei
parlanti e poi individuare le battute con cui tali scopi vengono perse-
guiti;
- incastro di battute nelle vignette di un fumetto. Le vignette sono ripro-
dotte nella successione originale, mentre le battute, numerate, sono in
ordine casuale. L’allievo deve scrivere nella “nuvoletta” di ogni scena il
numero della battuta appropriata. Questa attività stimola la competen-
za pragmatica e anche la competenza semiotica, perché prevede l’inte-
razione tra due codici;
ti.
- incastro di vignette. Le vignette, ciascuna complete di disegno e battu-
va
ta, vengono presentate in ordine sparso. In questo caso si verifica l’in-
er
terazione funzionale dei codici visivo e verbale;
ris
- incastro di testi. Si presenta agli allievi una serie interrelata di testi come
tti
accade, ad esempio, in una transazione commerciale. Gli allievi devono
iri
leggere i testi e poi indicare quale di essi è il primo, quale il secondo e
id
lettura e ascolto.
c ci
na
175
gnante-inquisitore che pone domande di cui già conosce le risposte; l’allievo
ha un testo come controparte e può misurare da sé la propria competenza;
non si verifica il problema della scelta della lingua in cui porre la domanda e
fornire la risposta; la correzione, che può essere anche collettiva, è, inoltre,
rapida e oggettiva.
La scelta multipla è essa pure una variante della domanda e può presen-
tarsi come una frase con tre o più conclusioni possibili, come una serie di
affermazioni che possono essere vere o false, come frasi o testi al cui interno
si trovano parole poste in alternativa ad altre parole. Questa tecnica è molto
adatta per la guida alla comprensione, perché presenta chiaramente gli ele-
menti su cui l’allievo deve focalizzare l’attenzione e, inoltre, la correzione
può essere effettuata in tempo reale, durante l’ascolto. Nella variante del
ti.
vero/falso si può, infine, stimolare una discussione per giustificare la scelta
va
della risposta.
er
ris
3.7 Trascodificazione
tti
Questa tecnica prevede che lo studente trasformi il messaggio in un codi-
iri
ce diverso da quello originale: il messaggio linguistico può essere transcodi-
id
I vantaggi offerti da questa tecnica sono diversi, ma, tra questi, i più note-
ed
3.8 Dettato
©
176
anche la padronanza alfabetica.
Particolarmente efficace nello sviluppo della comprensione appaiono,
dunque, la variante del dettato-cloze in cui l’allievo deve scrivere solo le parti
mancanti del testo e la dicto-composition, in cui l’allievo trova le parti delle
frasi che compongono un riassunto e deve completarle sotto dettatura.
Tuttavia, perché il dettato produca acquisizione, è necessario che non crei
ansia. Dunque, per limitare l’effetto ansiogeno, è necessario che la correzio-
ne avvenga tra compagni o in autocorrezione e, perciò, sarà cura dell’inse-
gnante fornire a ciascuno studente, alla fine del dettato, il testo completo e
corretto. Particolarmente efficace, ai fini di ridurre l’ansia e lo stress, appare
la variante del dettato-disegno, in cui il disegno viene realizzato dall’allievo
che ne ascolta le caratteristiche dettate dall’insegnante. L’allievo deve, dun-
ti.
que, dimostrare di comprendere il messaggio ascoltato, ma il tutto avviene in
va
un’atmosfera giocosa e distensiva.
er
ris
4. La verifica delle abilità di comprensione
tti
Le tecniche descritte precedentemente servono anche per la verifica delle
iri
id
abilità ricettive. Per alcune è possibile procedere all’attribuzione del punteg-
gio secondo una scala del tipo: tot risposte corrette, tot punti, come nel caso
ti
ut
delle scelte multiple. Altre tecniche, invece, come il cloze o certi tipi di inca-
.T
per ogni errore, calcolando che, oltre una certa soglia, il punteggio è zero.
ito
Può essere utile per una verifica in itinere una scheda di questo tipo:
ed
ci
177
referenze, ecc.) che regolano un testo.
Uno strumento di questo tipo è altamente flessibile e adattabile a secon-
da degli elementi che si intendono valutare: possono essere oggetto della
verifica, ad esempio, anche l’analisi dei ruoli sociali di un testo o il registro
di una conversazione.
ti.
5.1 Individuazione della letterarietà
va
Questa tecnica aiuta a scoprire testi scritti con intenti letterari distin-
er
guendoli da testi scritti con altri scopi. Si presenta all’allievo un testo lettera-
ris
rio accanto alla sua parafrasi: viene richiesto allo studente di individuare il
testo letterario e di motivare la sua scelta presentando le “prove” della lette-
tti
iri
rarietà. Una variante di questa tecnica può essere la presentazione di testi che
id
Attraverso il confronto e l’analisi testuale dei tre brani viene richiesta all’al-
.T
retta della letterarietà, quanto piuttosto la motivazione di tale scelta che può
ed
può ancora definirsi letterario. Tutti gli elementi possono essere modificati:
si possono eliminare gli “a capo” alla fine di ogni verso, il dialogo può esse-
re trasformato in discorso indiretto, il punto di vista può essere spostato da
un personaggio all’altro, le digressioni possono essere poste in nota, ecc.
Anche in questo caso lo scopo di questa tecnica non si esaurisce nella
modifica del testo, ma nella discussione che giustifica ogni singola modifica
e che permette all’allievo di acquisire gli elementi che caratterizzano un testo
come letterario.
178
5.3 Apprezzamento critico
Una tecnica che può aiutare l’allievo a riflettere sul valore di un testo è il
ranking: l’allievo riceve una serie di giudizi relativi a un testo e deve creare
una graduatoria, indicando qual è il giudizio che meglio definisce il testo.
Un’altra tecnica utile è la scelta multipla in cui tutte le varianti proposte
possono essere valide: in questo caso ogni scelta va motivata e spiegata alla
classe e all’insegnante.
Entrambe queste tecniche, come pure le tecniche proposte precedente-
mente, prevedono una presa di coscienza degli elementi costitutivi la lettera-
rietà e il valore estetico del testo: proporne una discussione collettiva favori-
sce il processo di acquisizione e avvantaggia notevolmente il processo di
comprensione.
ti.
va
er
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tti
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Utet.
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ci
179
Capitolo 13
La VaLUtaZione degLi
aPPrendimenti LingUistiCi
Rita Minello
ti.
malmente utile.
va
Accanto all’interpretazione valoriale, vi sono diverse altre funzioni valu-
er
tative, fra cui quella esplicativa, progettuale, decisionale e orientativa, for-
ris
mativa e sommativa, certificativa. In pieno approccio umanistico, possiamo,
tti
infine, identificare uno scopo sociale della valutazione e della sua cultura:
iri
favorire e promuovere la padronanza allargata delle trasformazioni e delle
id
zione, l’istruzione.
ut
180
ce di consentire una “classificazione” e un’interpretazione che vada oltre le
loro caratteristiche intrinseche. Un evento ritenuto positivo in rapporto a
certi scopi o in determinati contesti, può infatti rivelarsi negativo in relazio-
ne ad altri scopi ed altri contesti. Il giudizio può essere formulato solo in base
al sistema di discriminazione elaborato o prescelto perché, se è importante
valutare i successi, è altrettanto decisivo determinare la natura e la frequen-
za degli scarti tra ciò che ci si aspetta e ciò che si verifica. Base di partenza
del processo valutativo sarà dunque una raccolta d’informazioni utili per
facilitare le scelte.
Vi è una sostanziale differenza tra verifica e valutazione, che possiamo
così sintetizzare:
Verificare: registrare in forma quantitativa il livello dei singoli risultati
ti.
raggiunti in base agli obiettivi posti inizialmente; in tal caso, più che di
va
“misurazione”, preferiamo parlare di “accertamento”, ovvero di analisi
er
ponderata (misurazione) di ciò che è possibile osservare e misurare
ris
mediante strumenti che differenziano e discriminano le caratteristiche
dei fenomeni sottoposti a controllo.
tti
iri
Valutare: giudicare in forma qualitativa i cambiamenti e i progressi fatti
id
fiche.
ut
.T
no.
ito
divenire, non una “foto segnaletica” punitiva con giudizio di valore annesso.
Se ci si limitasse a misurare la comprensione, le conoscenze già possedute, le
capacità innate, allora la valutazione sarebbe davvero un giudizio di valore,
per cui il bambino più fortunato per provenienza socioculturale o per intel-
ligenza innata, sarebbe da premiare con una lista di “Ottimo”, mentre il
bambino svantaggiato o in difficoltà sarebbe spesso “punito” da valutazioni
minime o insufficienti.
Ciò non significa che la “misurazione” degli apprendimenti sia un’opera-
zione secondaria: anzi, è necessario sperimentare e saper costruire prove di
181
verifica ben strutturate per garantire una rilevazione corretta delle compe-
tenze e delle abilità.
Secondo Tessaro (1997) le principali azioni di valutazione consistono nel
- reperire informazioni sulla quantità e la qualità dell’acquisizione di un
allievo (testing)
- definire dei parametri (operazione detta anche scaling) da applicare ai
dati del test per ottenere un punteggio (operazione detta anche scoring);
- elaborazione
a. di un giudizio statistico sul rapporto tra un allievo e il suo gruppo
b. di un giudizio di merito sull’acquisizione avvenuta
c. di un giudizio rapportato alla personalità del singolo: i suoi punti di
ti.
partenza, i suoi progressi, le sue capacità. Quest’ultima fase è quella
va
che spesso porta a definire la valutazione come un atto politico, in
er
quanto mette in gioco una serie di valori ideologici da parte dell’in-
ris
segnante;
tti
- espressione del giudizio, che può essere un voto in numeri o in lettere
iri
oppure può avere la forma di un giudizio, in cui si fa una diagnosi e, se
id
valuta riesce a tenere sotto controllo le proprie strutture egoiche. L’altro, l’al-
ito
comprenderli.
c ci
na
2. La dimensione valutativa
Bo
intenzionale rientra a pieno titolo nel progetto formativo, pur nella consape-
volezza dei limiti costituiti dai fattori soggettivi e personali che in essa inter-
vengono.
E, tuttavia, nel processo d’apprendimento, è impossibile valutare sempre e
tutto: il controllo totale è antiformativo proprio come la stessa assenza di
controllo. Le attività di valutazione vanno dosate, calibrate, centrate su quei
nodi che si considerano cruciali per l’apprendimento.
La valutazione punta alla consapevolezza: si apprende davvero quando si è
182
consapevoli di ciò che si è appreso e del perché lo si è appreso.
ti.
va
er
ris
tti
iri
id
ti
ut
.T
re
ito
di momenti intermedi, bensì come il feedback delle varie fasi della progetta-
Bo
183
3. Le tipologie della valutazione
Fra le tante distinzioni degli esperti, limitiamoci a considerare la valuta-
zione formativa e sommativa. Due tipologie di valutazione i cui termini sono
stati coniati da Michael Scriven (1980) e tradotti in italiano in modo appa-
rentemente letterale, ma di fatto non corrispondente: nel nostro sistema sco-
lastico spesso la valutazione formativa viene associata a tecniche qualitative,
interpretata come attenta alle esigenze e bisogni degli allievi; mentre la valu-
tazione sommativa viene impropriamente associata a tecniche quantitative,
alla docimologia, interpretata in funzione certificativa.
La valutazione formativa – che sarebbe più opportuno denominare
“costruttiva” - è la valutazione di un programma di intervento durante la sua
fase di attuazione, allo scopo di apporvi parziali adattamenti e verificare il
ti.
reale contributo delle attività messe in opera.
va
Accogliamo pertanto i due termini con la seguente accezione:
er
Valutazione sommativa (raccolta, ponderazione, misurazione di punteggi
ris
e bilancio amministrativo):
tti
- Prima dell’apprendimento - diagnostica: nel caso si operi una valutazio-
iri
ne per stabilire una soglia, un livello di partenza dove situare le attitu-
id
valutazione diagnostica:
re
184
ulteriore e valutare i risultati solo “a termine”, dopo aver operato una
serie di osservazioni su questo momento futuro. Per tale motivo è pre-
feribile un metodo di valutazione distribuito longitudinalmente nel
tempo, basato su tecniche cronologiche di relazione che permettono di
collegare gli osservatori a momenti precisi. A ben guardare, questo
obiettivo di previsione comprende gli obiettivi di comunicazione, di
descrizione e di comprensione tipici della valutazione formativa.
- Dopo l’apprendimento - validazione (attestazione, certificazione, quali-
ficazione); momenti particolarmente delicati e significativi per l’inse-
gnante di lingua, soprattutto oggi, visto che la più recente normativa ha
introdotto i concetti di competenza e di valutazione delle competenze
nella pratica scolastica. Occorre modificare la prospettiva della valuta-
ti.
zione e della certificazione. Ci occuperemo più avanti di tali risvolti.
va
Numerosi studi criticano l’eccessiva importanza accordata in ambito sco-
er
lastico alla valutazione sommativa e ne smascherano il carattere fintamente
ris
terminale. Osserva Guy Berger (1977, 13): “non esiste valutazione compiu-
tti
ta, ovvero reticolo di significati, che non possa essere completato e, proprio
iri
per questo, privato della sua validità. La valutazione sommativa perciò è
id
poco più di una pia illusione, oppure è un modo per delimitare artificial-
ti
negano significato.”
re
configura come:
na
185
- Comunicazione. Innanzitutto, la valutazione deve darsi come obiettivo
quello di comunicare. Si valuta per comunicare, in modo sintetico, un
giudizio di valori a qualcuno diverso da sé. Questo obiettivo implica
due aspetti: quello della comunicazione tra valutatore e valutato, basa-
to essenzialmente sulla fiducia reciproca, e quello della comunicazione
tra valutatori che, sebbene meno complicata (di tipo intellettuale, impli-
ca la comprensione dello stesso codice) non sempre viene ben realizza-
ta, spesso a causa della povertà del codice di mediazione. L’obiettivo di
comunicazione - prioritario per ciascun insegnante - si prospetta come
vera e propria emergenza per l’insegnante di lingua. Dal momento che
si opera con diversi tipi di attori (in ambito educativo, sono presenti
almeno tre/quattro diversi interlocutori: discente, docente, amministra-
ti.
zione e, a volte, genitori) è necessario conoscere in che modo il messag-
va
gio circola all’interno del gruppo di riferimento ed in che modo opera-
er
re una traduzione in termini ed elementi sintattici differenti. Questo
ris
procedimento a volte esige l’utilizzo di un mediatore in grado di com-
prendere entrambi i codici.
tti
iri
- Comprensione. Utilizziamo il termine “comprensione” in luogo di
id
studente sa o non sa, può o non può, è o non è. La valutazione priva del-
.T
186
L’osservazione è un processo intellettuale, spinto da disposizioni di ordine
cognitivo e affettivo allo stesso tempo.
- Autovalutazione nel processo d’autonomia dei soggetti conoscenti/
coscienti. Obiettivo raggiungibile tramite azioni di co-valutazione o
valutazione mediante consultazione. La caratteristica della valutazione
mediante consultazione è quella di seguire una negoziazione, una ricer-
ca comune tra valutatore e valutato; si tratta di un incontro interperso-
nale, un dialogo dallo schema ben definito, e che unisce valutatore e
valutati nell’accertamento di una situazione o di prodotti di apprendi-
mento a seguito di un’azione didattico-educativa o di formazione. Si
rende indispensabile l’esatta e puntuale definizione dell’obiettivo della
valutazione stessa, a beneficio del valutatore e del valutato. È anche
ti.
importante esprimere chiaramente le aspettative di ruolo, sia da una
va
parte che dall’altra, e precisare se la richiesta di accertamento proviene
er
dal valutato, dal valutatore, o di comune accordo.
ris
- Modello sistemico inteso come prospettiva globale. L’osservazione siste-
tti
matica è una metodologia rigorosa che porta alla produzione di una
iri
documentazione utile sia ai fini autovalutativi (lo studente può acceder-
id
prospettive
©
187
tano all’uso di testi e strutture monotoni e/o sorpassati, si affidano alle pra-
tiche non chiare ed ormai abitudinarie della correzione dei compiti o dello
spoglio dei test ed alla conseguente redazione di banali osservazioni; la valu-
tazione così diventa fine a se stessa e non è affatto critica.
Càpita non di rado, nelle attività d’apprendimento linguistico, che i diver-
si comportamenti pedagogici, quali l’assegnazione di voti, la classificazione,
l’orientamento, la selezione, la formazione, il controllo e la valutazione, ven-
gano compressi all’interno di una sola attività.
Manca ancora, a nostro avviso, un uso consapevole degli strumenti valu-
tativi dei processi linguistici, particolarmente nella prima fase, di raccolta
dati in preparazione della valutazione. La precisione della valutazione è
indubbiamente legata alla qualità degli strumenti di approccio - griglie di
ti.
osservazione, protocollo d’osservazione nel tempo, ecc. Manca però uno
va
strumento unico che consenta di avere una visione globale di tutte le sfac-
er
cettature. Si rende dunque necessario assumere l’atteggiamento mentale tipi-
ris
co di quando si fa un’analisi dei sistemi, e ricordare che il risultato che descri-
ve le conoscenze ad un certo momento assume significato solo se completa-
tti
iri
to da un risultato che descrive il comportamento.
id
ti
omogenei, quali:
ci
188
ogni altro possibile strumento di verifica e documentazione, ma la valutazio-
ne deve poggiare su basi di realtà. Strumenti conosciuti e ritenuti validi dal
docente (o dal gruppo di docenti) che decide di usarli, possono offrire il
punto di partenza e di riferimento, essere un esempio, ma è necessario riela-
borarli contestualizzandoli.
L’approccio qualitativo nasce dalla presa di coscienza della limitatezza del
pensiero umano, della sua impossibilità a descrivere e spiegare la realtà in
modo completo, e dalla considerazione che nel processo di osservazione,
descrizione e valutazione della realtà si inserisce anche il valutatore come
condizionante della valutazione. Strumento fondamentale dell’approccio
qualitativo è l’analisi dei prodotti, l’esame dei materiali verbali, grafici, pla-
stici realizzati dagli studenti spontaneamente o a seguito di sollecitazioni, per
ti.
ricavarne informazioni sulle conoscenze, sulle capacità cognitive.
va
Nell’approccio qualitativo la valutazione si basa sull’interpretazione dei
er
risultati e sull’attribuzione ad essi di un significato.
ris
Da quanto sostenuto sin qui, si evince con chiarezza un’indicazione pri-
tti
vilegiata per l’insegnante di lingua: osservare per valutare.
iri
Si tratta di definire il campo della nostra osservazione, i comportamenti
id
osservare?)
ci
vato?)
Bo
189
fanciullo deve saper leggere, cioè capire il significato di testi scritti a fini
diversi; deve saper ricercare e raccogliere informazioni da testi scritti; segui-
re la descrizione, il resoconto, il racconto e saperne cogliere l’essenziale;
[deve saper] leggere facili testi di tipo anche letterario, che attivino processi
interpretativi”. Cogliamo questi suggerimenti, validi anche nelle situazioni
d’acquisizione dell’extra-scuola e nell’acquisizione di una lingua straniera.
Può essere utile presentare in sintesi gli obiettivi di lettura e comprensione
che vengono messi a fuoco dai vari item delle prove oggettive.
ti.
- comprendere un breve testo narrativo
va
- ricostruire un testo
er
- trarre conclusioni
ris
- operare inferenze
- comprendere un testo argomentativo
tti
iri
- comprendere un dialogo
id
- trarre conclusioni
Bo
- operare inferenze.
©
190
plesse e in tempi reali con tutte le proprie risorse.
Da ciò consegue la necessità di modificare anche la prospettiva assunta
nel contesto della valutazione e della certificazione. In ambito linguistico,
risulta, infatti, ben difficile l’impegno di documentare e certificare le compe-
tenze effettivamente acquisite, basandosi solo sui tradizionali modelli di
valutazione.
ti.
percorso formativo – alla competenza come mobilizzazione e orchestrazione di
va
risorse cognitive, affettive e operative interne secondo tipologie specifiche: non
er
è più possibile l’equazione: competenza = prestazione = comportamento;
ris
come, d’altra parte, non è più accettabile l’altra equazione: compito = pro-
tti
cedura esecutiva = algoritmo comportamentale. (Pellerey, 2000)
iri
id
portare a termine in un ambito particolare del sapere, del saper fare, del
saper essere o del sapere stare insieme con gli altri, solo come indicatori di
competenza. Questa, per sua natura è invisibile, ma può essere individuata
attraverso una famiglia di prestazioni che permettano di inferirla presente nel
soggetto. Tale famiglia è tanto più vasta e differenziata, quanto la competen-
za appare più complessa e flessibile.
Seguendo questa impostazione, siamo in grado di identificare gli obietti-
vi di apprendimento essenziali per la valutazione linguistica:
191
- Saperi (competenze relative ai contenuti linguistici).
- Abilità (competenze strumentali e abilità di esecuzione legati all’uso
della lingua italiana).
- Capacità trasversali (insieme completo dei saperi e delle abilità transdi-
sciplinari utilizzate tramite l’esercizio della lingua italiana, per esempio:
informarsi).
- Saper essere (disposizione alla vita collettiva in relazione alla comunità
culturale di cui si studia la lingua, accettazione interculturale della
civiltà italiana, per esempio: partecipazione, ascolto, responsabilità,
cooperazione).
Benché vada specificato che le competenze non sono esse stesse dei sape-
ti.
ri, dei saper fare o degli atteggiamenti, ma quelle che mobilitano, integrano,
va
orchestrano tali risorse in ogni situazione singolare, che può essere trattata
er
solo per analogia con altre già incontrate. L’esercizio della competenza passa
ris
per operazioni mentali complesse, sottese da schemi di pensiero, quelli che
permettono di determinare (più o meno coscientemente e rapidamente) e di
tti
realizzare (più o meno efficacemente) un’azione relativamente adattata alla
iri
id
situazione. (Perrenoud)
ti
ut
che lo studente sa, sa fare, sa essere o come sa stare con gli altri:
ci
mativo e quanto è stato via via evidenziato nel tempo. Con questo non solo
si permette un’autentica valutazione formativa, che aiuta il docente ad aggiu-
stare il tiro sulla base dei risultati progressivamente conseguiti, ma anche
l’autovalutazione da parte dell’allievo e la collaborazione e la negoziazione
degli obiettivi da raggiungere tra insegnante e studente.
L’aggettivo “formativo” evidenzia il fatto che questo tipo di portfolio ha
finalità specifiche nell’ambito dei processi e delle situazioni di ordine educa-
tivo e formativo. Non solo, ma accentua anche il fatto che la sua valorizza-
zione si colloca nella corrente di pensiero che sottolinea nell’ambito delle
192
pratiche valutative l’aspetto longitudinale: si mira, cioè, a seguire gli effetti
dei processi formativi nel loro svolgersi temporale dalla valutazione iniziale,
a quella continua, a quella finale o sommativa. Ciò è accentuato ulterior-
mente dal secondo aggettivo “progressivo”. Il portfolio così concepito ha
quindi un ruolo di documentazione o testimonianza dei progressi che il
discente compie verso l’acquisizione delle competenze intese dal programma
formativo.
Una valutazione autentica (portfolio) deve rispondere ad almeno quattro
esigenze:
a. avere a disposizione testimonianze provenienti da una molteplicità di
attività e di prestazioni;
b. sostenere e dirigere sia l’insegnamento che l’apprendimento in manie-
ti.
ra più incisiva e motivata;
va
c. rispondere alle esigenze poste dagli obiettivi formativi espressi in ter-
er
ris
mini di competenze;
d. fornire un quadro che permetta un’analisi e interpretazione sia di tipo
tti
longitudinale, o progressiva, sia di tipo conclusivo, o sommativo.
iri
id
193
- Quali sono le esigenze in materia di valutazione del nuovo curricolo di
italiano come lingua straniera strutturato per “obiettivi formativi e com-
petenze” e come si costruisce un sistema “interno” di valutazione del
curricolo?
- Infine, quali sono le esigenze dei sistemi scolastici in materia di nuove
certificazioni?
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ti.
va
er
ris
tti
iri
id
ti
ut
.T
re
ito
ed
c ci
na
Bo
©
195
Capitolo 14
La riCerCa-aZione
Maria De Luchi
Tutti gli insegnanti devono spesso confrontarsi con domande cui non
sanno dare una risposta, riguardanti contesti problematici di classi o di sin-
goli studenti e sono costretti a cercare delle soluzioni da soli. In questo con-
testo, la Ricerca-azione può rivelarsi un’efficace modalità di indagine e di
lavoro che, avvalendosi della collaborazione dei soggetti coinvolti nel pro-
cesso educativo, rende possibile la messa a fuoco del problema da risolvere,
la pianificazione razionale del piano di intervento che si andrà a realizzare in
ti.
classe e la successiva analisi degli esiti raggiunti.
va
In questo capitolo, illustreremo i principi base su cui si fonda la Ricerca-
er
azione e daremo alcune indicazioni relative al come organizzare un percorso
ris
di questo tipo.
tti
iri
1. La ricerca-azione e la “pratica riflessiva”
id
negli Stati Uniti degli anni ’40, ma è nell’ambito della ricerca didattica che
.T
196
tano dall’ondata dell’accadimento, e di rivisitare la propria routine e com-
portamenti in momenti di assenza di bisogno di soluzioni immediate: uno
spazio in cui ci si attrezzi per poter meglio far fronte all’urto dell’ondata
quando questa arriverà” (ibidem).
L’insegnante che deve gestire una classe molto vivace, oppure in cui gli
allievi hanno molta difficoltà ad esprimersi, si interrogherà innanzitutto sulla
propria pratica didattica, al fine di chiarire la natura del problema.
Presupposto essenziale per l’avvio di un percorso adeguato è, quindi, l’as-
sunzione di un atteggiamento critico da parte del docente coinvolto. Nel suo
Training Foreign Language Teachers. A Reflective Approach, Michael Wallace
afferma che la pratica didattica è in grado di produrre crescita professionale
solo a condizione che diventi “pratica riflessiva”. Ciò significa che il docente,
ti.
rinunciando a comodi assunti dettati da conoscenze ed esperienze acquisite,
va
deve continuamente porsi domande sul cosa fare e perché, rendendosi
er
disponibile a mettersi in causa e ad analizzare con distacco il proprio opera-
ris
to; per evitare l’auto-referenzialità, tuttavia, non può che aprirsi al confron-
to con gli altri attori del processo educativo (colleghi ed allievi).
tti
iri
Nel caso in cui, ad esempio, si sia registrata una certa riluttanza da parte
id
questi siano inibiti dal prevalere della lezione frontale; si potrà poi sondare
.T
197
utile alla crescita professionale (Wallace 1991; Nunan 1993). Vediamo ora
perché.
ti.
ben strutturato da realizzare in classe, il cui svolgersi ed i cui effetti siano
va
chiaramente sottoposti al monitoraggio, all’analisi ed alla riflessione condivi-
er
sa sugli esiti raggiunti.
ris
Si tratta di un tipo di approccio “radicato all’interno di un reale contesto
tti
sociale”, che può prendere in considerazione “i molteplici fattori che deter-
iri
minano le azioni, le interazioni e le relazioni interpersonali all’interno di con-
id
della materia, ovvero studiosi che, sulla base di una determinata teoria, defi-
c
198
lizzarlo e valutarne gli esiti.
L’insegnante assume dunque il ruolo di “ricercatore” (Coonan 2000) e
diventa soggetto attivo del processo. Quale esperto professionista, abile nel
coniugare teoria e pratica didattica, può assumere decisioni operative in
grado di apportare dei cambiamenti efficaci, agendo in prima persona nella
propria classe; nel contempo, in quanto capace di “pratica riflessiva”, saprà
predisporre strumenti di osservazione utili al monitoraggio del processo in
corso, si renderà disponibile ad operare con colleghi e studenti in un’ottica
collaborativa e sarà in grado di analizzare i dati raccolti, riflettendo critica-
mente sul percorso realizzato.
ti.
Ogni insegnante pianifica il proprio intervento o ciclo di interventi sulla
va
base di una programmazione predeterminata, fissando gli obiettivi che vuole
er
raggiungere e scegliendo materiali ed attività utili al raggiungimento di tali
ris
obiettivi. Nel corso della lezione sarà pronto a cogliere sia i segnali positivi
tti
che negativi che gli studenti gli inviano e, a lezione conclusa, rifletterà sul
iri
raggiungimento o meno di quanto stabilito. Si interrogherà su un problema
id
presentato);
ci
199
ti “osservatori”, studenti ed eventualmente esperti del campo, genitori,
Preside) e non riferibili unicamente al docente di classe. I dati verranno poi
posti in relazione tra loro ed analizzati in modo tale da fornire un quadro
“realistico e fedele” della situazione. La cosiddetta “triangolazione” delle
informazioni, raccolte da più punti di vista e tra loro correlate, caratterizza
l’intero piano d’azione, ossia la fase operativa da realizzare in classe.
In quest’ottica la Ricerca-azione non può che essere una modalità di lavo-
ro di tipo cooperativo, improntata al dialogo ed al confronto con le persone
coinvolte a vari livelli nel percorso di insegnamento/apprendimento. Il pro-
cesso non può essere condotto in forma occasionale, né si può basare sul-
l’improvvisazione: esiste infatti un protocollo preciso che andiamo ad illu-
strare e le cui fasi vanno rispettate, pur nella specificità della situazione di
ti.
riferimento.
va
er
2. Le fasi della ricerca-azione
ris
La Ricerca Azione è un “processo di analisi sistematica” che consiste di
tre componenti essenziali: tti
iri
id
b. la raccolta dati;
ut
(1982):
c ci
RICOGNIZIONE
na
Bo
1. PIANIFICARE
©
2. AGIRE
3. OSSERVARE-MONITORARE
4. RIFLETTERE-VALUTARE
200
La durata di un ciclo completo varia in base al “fuoco” prescelto, che può
concentrarsi sulla pratica didattica del docente (analisi del tempo-parlato,
modalità di correzione dell’errore, modalità di interazione con la classe),
sulle reazioni degli studenti (il loro livello di attenzione e motivazione, la par-
tecipazione ai lavori di gruppo, numero e tipologia degli interventi), oppure
può riguardare l’organizzazione della lezione e la gestione delle sue varie fasi,
oppure la scelta ed utilizzo di materiali e strumenti di vario tipo.
Generalmente si consiglia di delimitare il fuoco della ricerca ad obiettivi
realisticamente perseguibili in un arco temporale ben delimitato.
Normalmente è necessario completare almeno tre o quattro cicli prima di
poter essere completamente soddisfatti dei miglioramenti apportati (Elliott
1991). Vediamo ora da vicino le varie fasi del percorso.
ti.
va
2.1 La fase di ricognizione
er
Contrariamente al tradizionale approccio di tipo ipotetico-deduttivo, tipi-
ris
co della ricerca tradizionale, ove “le teorie vengono prima validate in forma
tti
autonoma e poi applicate alla pratica” (Elliott 1991), la Ricerca-azione parte
iri
dall’identificazione di problemi pratici o di interrogativi che scaturiscono
id
201
tesi può confermare oppure rettificare il problema iniziale. Nel caso specifi-
co presentato, il questionario ed i colloqui possono aver evidenziato l’imba-
razzo di molti studenti ad esprimersi in pubblico, sia per scarsa consuetudi-
ne a questo tipo di attività, sia per timore di commettere errori ed essere di
conseguenza giudicati negativamente da docente e compagni.
2.2. Pianificare
Il passo successivo dell’insegnante consisterà nel pianificare un progetto
di intervento che miri alla risoluzione del problema, oppure fornisca la rispo-
sta ad una domanda precisa (perché gli studenti si esprimono con difficoltà
in lingua italiana?); si stabiliranno, inoltre, le modalità di valutazione degli
effetti prodotti dall’intervento che si andrà a realizzare in classe. Il piano
ti.
generale d’azione prevede la definizione di:
va
a. Contenuti ed azioni finalizzati a migliorare l’azione
er
ris
b. Tempi
c. Sequenze
tti
iri
d. Attori coinvolti
id
punto.
Particolare attenzione verrà posta nella valutazione della gestibilità del
Bo
202
2.3 Agire
In questa fase si realizzerà il piano d’azione in classe. Nel nostro caso,
questo includerà:
- il coinvolgimento della classe nel reperimento dei materiali di lavoro;
- l’attivazione del lavoro a coppie e di gruppo;
- un utilizzo limitato della correzione dell’errore da parte dell’insegnante.
Il docente attiverà lavori a coppie e di gruppo su argomenti di interesse,
coinvolgendo gli studenti nel reperimento di materiali utili alla discussione:
i piccoli, ad esempio, porteranno a scuola oggetti, immagini o fotografie,
mentre giovani ed adulti potranno utilizzare sezioni di riviste o materiale
web. Ciò dovrebbe aumentare il grado di coinvolgimento personale e la
ti.
motivazione. La comunicazione in gruppi ristretti, inoltre, potrebbe favorire
va
la libera espressione di chi si sente inibito dalla discussione in classe.
er
Un osservatore esterno registrerà le reazioni dei singoli, nel corso delle
ris
varie attività, con annotazioni estemporanee, oppure completando un’appo-
tti
sita griglia (vedi paragrafo 3) mentre il docente fisserà le sue osservazioni con
iri
brevi note sul campo, oppure rifletterà in modo più articolato sull’esperien-
id
203
la registrazione audio e/o video di fasi di produzione orale e successiva ana-
lisi, oppure la registrazione della tipologia di feedback all’errore offerta dal
docente e registrata dall’osservatore su apposita scheda (vedi paragrafo 3).
Durante l’osservazione, in assenza di colleghi disponibili, si potranno coin-
volgere degli studenti, se opportunamente motivati e responsabilizzati rispet-
to al progetto in corso. L’osservazione pone, tuttavia, dei problemi etici
riguardanti le persone coinvolte, dai quali non si può prescindere e che
vedremo insieme.
ti.
to dei dati personali, specificando gli obiettivi della ricerca e precisando chia-
va
ramente le modalità di utilizzo dei dati emersi. Importante risulta in questo
er
contesto, ad esempio, la disponibilità espressa dai genitori di minorenni
ris
all’utilizzo della telecamera in classe. La letteratura in materia (Burns 1999;
tti
Hopkins 1985) consiglia la definizione concordata di un protocollo di intesa
iri
tra i vari partecipanti al progetto.
id
La sequenza finale vede il docente riflettere sugli effetti prodotti dal per-
corso effettuato ed eventualmente progettare un ulteriore piano di interven-
to, dando così vita ad un procedimento ciclico o “a spirale” (Hopkins 1985).
Successivamente alla messa in atto del piano d’intervento ed al monitoraggio
dell’intero percorso, si valuteranno gli esiti conseguiti (gli studenti si espri-
mono con maggiore spontaneità in lingua italiana? È migliorato il clima di
classe? Il docente ha rivisto o corretto la sua modalità di correzione dell’er-
rore?).
204
Anche in questa fase, le considerazioni e riflessioni personali vanno con-
frontate con le osservazioni, spontanee o desunte dalle schede di osservazio-
ne, fornite dal collega “osservatore” e con il feedback ricevuto dagli allievi:
un questionario a loro rivolto consentirà, ad esempio, di operare un con-
fronto tra la situazione di partenza e quella finale, mentre una discussione in
classe, oppure un’intervista ad un campione di studenti, evidenzierà il loro
grado di apprezzamento delle varie attività proposte. Si potranno così rile-
vare punti forti e deboli del piano d’azione realizzato, al fine di valutarne gli
esiti (ad es.: la classe è più partecipe, ma due studenti manifestano ancora
grosse difficoltà di comunicazione) e progettare successivamente una nuovo
ciclo di Ricerca-azione, orientato verso il recupero linguistico dei due allievi
problematici.
ti.
Come detto in precedenza, considerazioni e conclusioni cui perveniamo
va
durante le varie fasi della ricerca, trovano il loro fondamento nella riflessio-
er
ne condivisa su dati ben precisi, desunti da fonti diverse e posti a confronto.
ris
I dati raccolti possono essere di tipo quantitativo e provenire, ad esempio, dal
numero di risposte chiuse fornite ad un questionario, oppure da tabelle,
tti
iri
schemi, griglie riassuntive; in tal caso essi potranno essere tradotti in cifre e/o
id
relazioni, lettura di diari: nel nostro caso si potrà così evidenziare, ad esem-
.T
una percezione non sempre positiva del clima d’aula. Questi dati di tipo qua-
ito
205
generalizzazione dei risultati raggiunti.
Il processo prevede addirittura che oggetto di analisi siano soltanto uno o
due studenti con particolari difficoltà e che si progetti un piano d’azione
rivolto principalmente a loro. Si tratta dei cosiddetti “studi di un caso”,
orientati alla soluzione di problemi molto specifici, ma che mantengono
ugualmente il loro valore “scientifico”(Wallace 1991).
Come assicurare, allora, la validità ed “oggettività” del lavoro svolto?
Burns (1999) e Hopkins (1985) affermano che la Ricerca-azione ha un pro-
prio criterio di validità, che deriva dal rigore con cui viene svolto il piano d’a-
zione, fondato sulla raccolta dati. Ciò che garantisce oggettività e spessore
scientifico ad un tipo di indagine qualitativa come questa è senza dubbio la
triangolazione, ossia l’analisi ed il confronto tra informazioni di origine
ti.
diversa.
va
Se, all’inizio del nostro percorso, il docente sentiva la necessità di inter-
er
venire in risposta ad una percezione soggettiva di disagio (scarso livello di
ris
produzione ed interazione orale in lingua italiana), questi ha posto a con-
fronto la sua percezione individuale in primo luogo con quella degli studen-
tti
iri
ti (mediante il questionario) e successivamente con quanto osservato dal col-
id
lega. In tal modo i dati raccolti e provenienti dai vari soggetti coinvolti sono
stati correlati ed hanno consentito la corretta messa a fuoco del problema.
ti
ut
206
tale attività richiede tempo e pazienza, ma la registrazione attenta del vissu-
to in classe stimola il distacco critico e la riflessione personale, resa ancor più
efficace dalla lettura diacronica di pagine relative, ad esempio, ad attività che
coprono un arco di tempo abbastanza lungo. Più agili risultano in tal senso
le note di campo, brevi annotazioni del docente colte “in tempo reale” ed in
seguito formalizzate attraverso l’utilizzo di promemoria analitici; questi ulti-
mi consentiranno al docente ed all’osservatore di fare il punto sulla situazio-
ne, registrando i dati raccolti e le riflessioni condivise, e di predisporre così
il piano d’azione.
Questionari aperti o chiusi rivolti agli alunni e al docente “osservatore”
ed orientati sul possibile “fuoco dell’osservazione” (es.: le attività di produ-
zione ed interazione in lingua italiana normalmente svolte e quelle che si vor-
ti.
rebbero invece introdotte in classe), consentiranno di effettuare una prima
va
indagine conoscitiva a diversi livelli.
er
Durante le fasi successive si potranno utilizzare le seguenti modalità di
ris
raccolta dati, qui brevemente delineate e tratte da Elliott (1991, in Pozzo,
Zappi 1993):
tti
iri
id
lavoro);
ed
pio, può basarsi sul fattore temporale (time based), qualora si decida di
descrivere un situazione ad intervalli di tempo regolari, ossia ogni 5 o
Bo
207
Durata della 10 minuti 15 minuti 20 minuti 15 minuti
fase di lezione
Docente Saluta la classe Presenta l’attività Dà la consegna Guida la
Richiama i punti di ascolto relativa all’attività discussione
nodali della Dà istruzioni alla di ascolto analitica di classe
lezione classe distribuisce foglio Fornisce
precedente Ascolto di con domande di chiarimenti
un’intervista comprensione
registrata Fa riascoltare la
Pone domande di registrazione
comprensione
globale alla classe
Allievi Rispondono Ascoltano le Lavorano a coppie Riportano gli esiti
ti.
alle sollecitazioni istruzioni Eseguono la del lavoro svolto
va
del docente Rispondono alle consegna Discutono esiti
er
domande di del lavoro e lo
ris
comprensione annotano nei
globale quaderni
Risorse Lavagna, penne, Lavagna tti
Registratore Quaderni, penne,
iri
quaderni Registratore Fotocopie lavagna
id
ti
ut
osservatore esterno;
- Registrazioni audio e/o video e successiva trascrizione di eventi signifi-
c ci
208
parzialmente d’accordo – in disaccordo – in disaccordo totale” (Pozzo,
Zappi 1993);
- Le schede di osservazione, di cui si offre un esempio, tratto da Wajnryb
1992 e relativo alla tipologia di feedback all’errore degli studenti:
ti.
RIPOSTA
va
DELLO STUDENTE
FEEDBACK
er
DEL DOCENTE
ris
RISPOSTA
DELLO STUDENTE
tti
iri
AL FEEDBACK
id
ti
Burns 1999, Hopkins 1985, Wajnryb1992 per una trattazione completa). Per
.T
ognuna di loro, che può essere liberamente creata dal docente, è necessario
re
vazione (docente, classe, singoli studenti), gli attori coinvolti, tempi e criteri
ed
209
riferimenti bibliografici
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va
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Deakin University Press.
tti
iri
HOPKINS D. (1985), A Teacher’s Guide to Classroom Research, Buckingham,
id
Boringhieri.
Bo
210
Capitolo 15
La LetteratUra neLLa CLasse di LingUa
Giovanna Pelizza
ti.
venuta a delineare nel nostro Paese in cui i due approcci hanno convissuto
va
per anni fino ad oggi dando vita a scelte, sia programmatiche che operative,
er
contraddittorie (cfr. Lavinio 1990). Ciò è dovuto soprattutto a due fattori. Il
ris
primo riguarda la forte presenza, ancora oggi, di un approccio di tipo for-
malistico alla base della formazione universitaria della maggioranza degli
tti
iri
insegnanti di lingue e lettere, approccio che questi tendono ad applicare, pur
id
ma del ruolo sempre più incerto della letteratura nella società odierna. Infatti
ed
Ceserani 1999).
Bo
1. Letteratura e complessità
©
211
lenti e individuali sia diventata una pratica che difficilmente si sposa con le
modalità della società complessa in cui prevale l’immediatezza del qui e ora
(cfr. Bloom 2000); mentre non si può fare a meno di rilevare lo scollamento
tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e le competenze apparen-
temente specialistiche che richiederebbe la lettura, osservando come i tempi
sempre più ridotti a disposizione delle varie agenzie formative richiedano
modalità flessibili e la formazione di competenze più urgenti e direttamente
spendibili nella pratica professionale.
La letteratura intesa come piacere e risposta al bisogno di immaginario
trova oggi la sua nuova forma di fruizione nei grandi mezzi di comunicazio-
ne, soprattutto la televisione e il cinema. (cfr. Armellini 1987). Infatti i gran-
di temi che in passato sono stati di esclusivo appannaggio della letteratura
ti.
sono gli stessi che oggi ritroviamo nelle trame cinematografiche e soprattut-
va
to in tutte le forme di intrattenimento televisivo, per non parlare poi delle
er
nuove forme multimediali e telematiche che la letteratura intesa come luogo
ris
dell’immaginario starebbe assumendo. Da questo punto di vista la letteratu-
ra si troverebbe solo ad aver cambiato forme e strumenti di fruizione e quin-
tti
iri
di sarebbe quantomeno poco realistico non fare i conti con questi profondi
id
cambiamenti.
ti
ut
più spesso comunità elettive e culturali nel senso più ampio del termine.
na
212
essere né onnicomprensivi, né totalizzanti. Il riconoscimento delle particola-
rità di un testo letterario come caratteristiche strutturali e stilistiche può esse-
re condotto su testi che non appartengono necessariamente al canone tradi-
zionale. Nello stesso modo se l’obiettivo è quello di formare il senso critico,
un approccio semiotico applicato ai diversi media, dalla televisione al cine-
ma, ai videoclip musicali, ai fumetti, ai videogiochi, permette di arrivare agli
stessi obiettivi con il vantaggio di usare materiali e mezzi di fruizione che
sono molto più vicini alle esperienze e ai gusti degli studenti (cfr. Fabbri
1998). In questo modo è possibile ottenere più facilmente l’abbassamento di
tutti i filtri affettivi e aumentare notevolmente la motivazione.
2. Letteratura e glottodidattica
ti.
va
er
2.1 Letteratura e linguistica
ris
Anche se recentemente la glottodidattica e la didattica della letteratura
cominciano a vedere nella semiotica e negli studi culturali degli interlocutori
tti
iri
importanti per ridisegnare il ruolo della letteratura in campo educativo, esiste
id
tuttora una grande difficoltà da parte loro a sottrarsi a una pesante influenza
della linguistica tradizionale che vede la letteratura in termini di devianza
ti
ut
modalità della lingua. Ma se, come avviene sempre più spesso, si riconosce
ito
testo letterario non può essere considerato come devianza da una norma i cui
confini sono sempre più difficili da riconoscere, l’insegnamento della lettera-
ci
tura deve trovare una diversa giustificazione che ne metta in rilievo l’impor-
c
na
tura viene così recuperata come educazione del lettore comune attraverso il
piacere della lettura, evasione nelle vicende di un buon romanzo, immedesi-
mazione con le avventure umane narrate, unite all’apprezzamento formale di
una trama ben costruita o di dialoghi particolarmente brillanti. La letteratura
è inoltre uno strumento utile a far emergere bisogni non immediatamente per-
cepibili connessi a problematiche comuni a tutti gli esseri umani come la com-
prensione della vita, delle sue dinamiche affettive, di potere e di giustizia che
sono anche i grandi temi della letteratura.
213
2.2 Letteratura e scienze psicologiche
Il ruolo fondamentale che le varie scienze psicologiche sono venute assu-
mendo, nella definizione stessa e nelle modalità operative proprie della glot-
todidattica, ha letteralmente rivoluzionato il tradizionale rapporto privilegia-
to tra disciplina e insegnante riportando al centro del processo di apprendi-
mento lo studente. L’attenzione alle caratteristiche cognitive e affettive di
ogni studente all’interno dell’azione didattica deve quindi costituire non solo
il punto di arrivo, ma essere alla base di ogni programmazione e accompa-
gnare tutto il processo educativo la cui meta finale è l’autonomia stessa di
ogni individuo.
È per questi motivi che l’attenzione agli aspetti cognitivi e affettivi che
sono in gioco nel processo di apprendimento non può limitarsi esclusiva-
ti.
mente a una delle fasi del lavoro sul testo letterario. Molto spesso infatti si fa
va
appello all’affettività dello studente solo in riferimento alla motivazione ini-
er
ziale nei riguardi di un brano letterario, oppure riguardo il fine pratico di
ris
alcune attività in cui gli studenti sono chiamati a operare attraverso il brano
tti
letterario senza che gli obiettivi specifici legati a questo siano del tutti chiari.
iri
In tutte queste situazioni, il richiamo all’affettività rischia spesso di ridursi a
id
abilità e strategie in gioco c’è il rischio che gli studenti diano importanza solo
ed
a ciò che si fa sul testo e non a cosa il testo stesso invita a fare.
ci
soprattutto nel caso in cui le attività a essa collegate siano incentrate sulla
discussione, lo scambio di opinioni, la negoziazione di significati già dati,
©
percepiti quindi come il contenuto che il testo ha già in sé. D’altra parte
usare il testo letterario esclusivamente come una palestra per esercitare abi-
lità linguistiche o per ricercare elementi di pregnanza socio-culturale signifi-
ca ridurre notevolmente le sue risorse soprattutto quando si hanno a dispo-
sizione tipologie testuali ben più adatte a questi scopi e che presentano un
numero molto minore di difficoltà morfo-lessicali, strutturali e discorsive.
Anche nel caso in cui si voglia richiamare l’attenzione degli studenti su
aspetti più specifici del testo letterario si può incorrere nell’errore opposto. La
214
densità formale e contenutistica, spesso in complessa interazione reciproca, le
caratteristiche testuali e culturali finiscono per richiedere la messa in campo
di tali e tante strategie e abilità che spesso il testo letterario rischia di esserne
sommerso fino a perdere qualunque funzione comunicativa percepibile.
Il pericolo è che le abilità e le strategie cognitive messe in campo finisca-
no per diventare fini a se stesse, per essere percepite in termini di quantità e
non come elementi costitutivi di ogni individualità in un rapporto privilegia-
to con il testo letterario. Mentre i termini qualitativi, cosa avviene e come si
interagisce davanti a un testo letterario, finiscono per essere tarati esclusiva-
mente sulla produzione pratica con il prevalere del qui e ora della lingua
della comunicazione di tutti i giorni in cui tutti i significati sembrano già dati.
Se è pur vero che molte delle tecniche di analisi del testo letterario sono le
ti.
stesse della lettura di testi non letterari, nondimeno occorre sensibilizzare e
va
far riflettere gli studenti sul processo stesso e sugli obiettivi che si intendono
er
raggiungere.
ris
3. Una letteratura per ogni studente
tti
iri
id
A prescindere dal tipo di programma o curricolo propri delle diverse isti-
tuzioni formative, se l’educazione letteraria deve entrare di diritto a far parte
ti
ut
che si può fare con la lingua, di ciò che gli scrittori, ma anche i cantanti e i
ed
l’insegnamento della letteratura si deve regolare non tanto sul supposto inte-
c
na
lingua straniera il loro incontro con la letteratura, o meglio con alcuni aspet-
©
ti della letterarietà (cfr. Chines-Varotti 2001), non possono essere che indi-
retti e solo propedeutici. La maggior parte del lavoro verrà svolto con l’inse-
gnante della lingua materna. In ogni caso è possibile sfruttare la propensio-
ne dei bambini a giocare con i suoni e le parole della lingua straniera per sot-
tolineare concetti quali la rima e il ritmo anche attraverso la memorizzazione
di conte e filastrocche molto semplici delle quali non è necessario conoscere
il significato di ogni singola parola, bensì concentrarsi sull’effetto divertente,
giocoso ed evocativo di suoni e parole particolari. Inoltre l’ascolto di sem-
plici narrazioni fatte dall’insegnante a commento di immagini raffiguranti
215
una favola conosciuta o eventi relativi alla storia della classe o di qualche
bambino, possono costituire una buona base di partenza per affrontare nei
cicli superiori narrazioni più complesse di prima mano.
Durante l’adolescenza l’avvicinamento alla letteratura in lingua straniera
dovrebbe procedere su due coordinate. Da un lato dovrebbe inserirsi in un
percorso che preveda il graduale isolamento delle varianti presenti nella lin-
gua parlata della comunicazione per soffermarsi maggiormente su quelle che
si ritroveranno poi anche nei testi scritti e in quelli letterari. Dall’altro attra-
verso l’affinamento delle abilità generali di lettura e di scrittura il testo lette-
rario, inteso anche e soprattutto nell’accezione più ampia a cui si è fatto rife-
rimento, dovrebbe costituire un esempio o una tappa utile verso la forma-
zione del senso critico e, nella migliore delle ipotesi, promuovere il piacere
ti.
di leggere.
va
Gli adulti costituiscono un pubblico variegato dalle esigenze diverse che
er
è mosso da motivazioni spesso disparate. L’italiano come lingua straniera
ris
può costituire solo un mezzo per migliorare l’accesso a informazioni riguar-
danti il tempo libero e gli interessi personali (sport, moda, musica, cinema,
tti
iri
arte, letteratura, ecc), oppure uno strumento di lavoro. È soprattutto per
id
questo tipo di utenti che leggere la letteratura italiana, anche nel senso clas-
sico del termine, può costituire uno degli obiettivi che li porta a scegliere un
ti
ut
sce un problema, semmai ciò di cui hanno bisogno sono modalità e tecniche,
re
4. Un modello comune
©
216
uno dei suoi obiettivi primari: la creazione della competenza comunicativa.
L’approccio comunicativo, se inteso in modo riduttivo, non riesce a fornire
strumenti adatti per una pratica didattica che basi il suo modello operativo su
un continuum linguistico che va dalla lingua comune alla lingua letteraria, senza
ricadere nella trappola, sempre incombente, di un banale comunicativismo.
Paradossalmente è come se l’incontro con la letteratura obbligasse a un
ripensamento della definizione stessa di lingua. Affermando che la lingua
serve per comunicare e che rappresenta nello stesso tempo lo strumento pri-
vilegiato del pensiero, se ne enfatizza soprattutto l’aspetto veicolare e fun-
zionale, considerando quindi la lingua in sé come una forma vuota all’inter-
no della quale vengono, di volta in volta, inscritti dei significati che la prece-
dono. Lo scambio di messaggi che avviene tramite la lingua è invece un’ope-
ti.
razione complessa che riassume in sé tutta una serie di varianti e fattori che
va
interagiscono all’interno dell’evento comunicativo dando vita a significati
er
che non sono dati a priori. A questo proposito basta ricordare l’analisi det-
ris
tagliata fornitaci da Hymes per definire il contesto in cui avviene la comuni-
cazione e che è riassunta nell’acronimo SPEAKING. Tenendo nel dovuto conto
tti
iri
tutte le variabili che contribuiscono a creare l’evento comunicativo non è dif-
id
to di una sua forma precisa, quanto piuttosto la forza motivante del sistema.
re
217
tenze (linguistica, socio-pragmatica, culturale) dalla cui interazione si svilup-
pa quella macro-competenza che si definisce «comunicativa». Partendo da
una definizione di lingua come forma vuota, come semplice strumento di
comunicazione ed espressione in cui vengono inscritti a posteriori dei signi-
ficati, è sin troppo facile scoprire che le intenzioni comunicative rimangono
invariate all’interno dell’interazione, come invariate rimangono le operazioni
cognitive e le componenti affettive ed emotive dei partecipanti. Nessun even-
to comunicativo è qualcosa di già dato, di già esistente, ma è appunto qual-
cosa che avviene, producendo un cambiamento nella realtà, o meglio crean-
do la realtà stessa. Non si tratta quindi di percepire la realtà e di incasellarla
in schemi mentali preesistenti, bensì di osservare come l’uso della lingua
all’interno di un evento comunicativo contribuisca a creare e a operare dei
ti.
cambiamenti nel contesto, nell’uso della lingua stessa e nei parlanti.
va
Prestando maggior attenzione a tutte le variabili che determinano l’evento
er
comunicativo si contribuirà anche a creare la consapevolezza di come la lin-
ris
gua agisce ed è agita nella comunicazione.
Un approccio comunicativo fondato principalmente sul parlare e l’ascol-
tti
iri
tare non può dunque prescindere dalla ricerca dei livelli multipli della com-
id
per produrre comunicazione ma anche per operare dei cambiamenti nei par-
.T
vedere come ogni variazione nel contesto possa portare in primo piano varia-
zioni di significato nel testo. Non è difficile osservare come un simile approc-
ci
interpretazione e valutazione.
©
218
li di giornale, saggi, ecc.
Attraverso la comunicazione scritta è più facile far rilevare il processo di
costruzione e interpretazione dei significati già presente nella comunicazio-
ne orale. Infatti la lingua scritta significa sia di più che di meno di quello che
dice e la lingua letteraria aggiunge una dimensione di particolarità. In questo
modo è possibile mettere a fuoco la particolarità (della lingua, della struttu-
ra, dei significati, ecc.), analizzando il testo secondo una prospettiva di inter-
soggettività, di dialogo e di differenza culturale. L’attenzione si va così gra-
datamente allontanando dal solo livello contenutistico e referenziale per
focalizzarsi maggiormente sui modi in cui lo scritto prende forma.
Partendo dalla sostanziale continuità tra lingua orale e lingua scritta
occorre sviluppare un confronto tra le differenti tipologie testuali: da quelle
ti.
più vicine all’oralità a quelle più tipiche della lingua scritta. Chi scrive dà
va
forma al medium linguistico, struttura la propria esperienza scegliendo strut-
er
ture grammaticali e lessico così da portare il lettore a condividere il mondo
ris
che egli ha creato. Inoltre attraverso il processo di negoziazione di significa-
to tra il testo e il lettore quest’ultimo è chiamato a collaborare alla creazione
tti
iri
del testo partecipando a una relazione intersoggettiva in cui viene sollecitata
id
una sua risposta personale. Per capire i testi, i lettori si rifanno a esperienze
e conoscenze precedenti, fanno anticipazioni di significato ricorrendo alla
ti
ut
tutto può sembrare automatico sotto la pressione del qui e ora, sottolinea
maggiormente la presenza del mezzo e la sua funzione di dare forma e signi-
ci
ficato a ciò che si scrive. Una semplice attività come quella di chiedere agli
c
na
studenti di scrivere una frase che descriva la stessa azione che tutti vedono
Bo
vento in un certo modo lo ricrea e obbliga i lettori a vederlo dal suo punto
di vista. Accade così che la realtà dell’evento condiviso venga assoggettata e
subordinata al linguaggio attraverso il filtro soggettivo.
Chi scrive stabilisce e crea una realtà da condividere con chi legge dando
forma alla propria esperienza attraverso la struttura grammaticale e la scelta
del lessico. Analizzando queste scelte strettamente linguistiche è possibile un
confronto iniziale tra ciò che viene detto e le modalità utilizzate per espri-
merlo, per poi osservare come questo rapporto contribuisca a ridefinirne il
contenuto.
219
5.2 Individuare il rapporto tra testo e lettore: la negoziazione del significato
I testi letterari invitano i propri lettori a entrare nel mondo dello scritto-
re facendo così appello a una risposta soggettiva del lettore. Se da una parte
esiste un testo materiale uguale per tutti, dall’altra ogni singolo atto di lettu-
ra dà vita a un testo diverso, infatti il testo cambia attraverso il dialogo con
ognuno dei suoi lettori. Non è possibile descrivere un testo prescindendo
dall’incontro con un determinato lettore: se il testo originale è unico, ci sono
però tante versioni del testo quanti sono i lettori.
Ai primi stadi di apprendimento della lingua solitamente viene incorag-
giata una lettura in cui l’attenzione dello studente si focalizza principalmen-
te su quello che rimarrà dopo la lettura. Questo tipo di lettura, in cui il let-
tore è concentrato su quello che porterà via, è stato anche definito «lettura
ti.
efferente», dal latino efferre «portare via». Si tratta di un’abilità essenziale per
va
la comprensione delle notizie riportate da un giornale, per comprendere tutti
er
i tipi di istruzioni, per consultare guide turistiche, ecc.
ris
Al contrario, in quella che si definisce «lettura estetica» l’attenzione del
tti
lettore è focalizzata su quello che succede durante l’evento della lettura. In
iri
una lettura estetica l’attenzione del lettore si concentra su quello che sta
id
In ogni caso queste due modalità devono essere entrambe viste come
re
dimensioni del dialogo che si instaura tra testo e lettore, tenendo conto che
ito
uno stesso testo può essere letto sia in modo efferente che estetico.
ed
ci
220
pratica didattica può essere quindi più proficuo non tanto domandarsi quali
e quante informazioni devono essere date agli studenti, bensì concentrarsi
sulla loro qualità. Di solito quando si affronta la letteratura si tende a forni-
re agli studenti informazioni riguardo la conoscenza retorica e formale neces-
saria ad apprezzare l’abilità dello scrittore, informazioni sul periodo storico,
sull’autore, sul genere e sulla logica interna della narrazione. Oppure si tende
a fornire informazioni contestuali referenziali rispetto al contenuto, al tema
e al valore sociale e culturale del testo. Ciò su cui si dovrebbe focalizzare l’at-
tenzione dovrebbe essere il rapporto tra il contesto culturale e il contesto
interattivo che si viene a creare tra testo e lettore. In questo modo gli studenti
possono confrontarsi con le interpretazioni del testo da parte dei lettori di
madrelingua, e cogliere come la loro esperienza personale di lettori stranieri
ti.
possa contribuire alla comprensione dell’esperienza trasmessa dal narratore.
va
er
5.4 Individuare le esperienze testuali precedenti
ris
Un contributo importante alla comprensione e al dialogo con il testo let-
tti
terario può essere fornito anche dall’esperienza precedente degli studenti
iri
come lettori, dalle storie lette o raccontate dai genitori durante l’infanzia ai
id
testi letterari e non, letti nel corso della propria esistenza. Queste esperienze
ti
Occorre quindi tenere conto e utilizzare tutti i diversi stili e modalità cogni-
tive facendoli interagire reciprocamente, in modo da facilitare l’approccio
c ci
221
6. il testo letterario
Una della maggiori difficoltà per gli studenti di lingua nei confronti dei
testi scritti consiste nello scarto tra una tipologia testuale più legata al parla-
to, e una più letteraria. Poiché chi scrive attua delle scelte che non sono sem-
pre facilmente prevedibili, occorre rendere consapevoli gli studenti che la
specificità e la singolarità possono essere apprezzate attraverso un’interazio-
ne tra loro e il testo, aiutandoli quindi a trasformare le abilità orali sviluppa-
te in precedenza per esprimere significati generali in abilità per esprimere
significati particolari. I testi letterari nella classe di lingua costituiscono una
risorsa importante grazie alla speciale dote che ha la letteratura di rappre-
sentare la voce particolare dello scrittore tra le tante della propria comunità
e in questo modo di fare appello all’individualità del lettore. Il lettore viene
ti.
sollecitato dalla particolarità della voce dello scrittore a ricercare e sviluppa-
va
re la propria voce personale all’interno della comunità straniera. In questo
er
senso i testi letterari offrono quindi maggiori opportunità per una negozia-
ris
zione dialettica del significato attraverso la focalizzazione delle differenze.
tti
iri
6.1 La scelta dei testi
id
222
si perda in considerazioni generiche che hanno poco a che fare con il testo.
L’insegnante sceglierà non più di due punti nodali del testo da svolgere in
classe durante una sessione di lavoro. Questi punti devono essere pertinenti
sia a livello della storia che a livello del discorso. Occorre liberarsi dall’illu-
sione di dover affrontare un testo in tutte le caratteristiche sia formali che
contenutistiche, potranno esserci altre occasioni e soprattutto altri testi.
L’insegnante deve anche decidere prima quale forma dare al lavoro in classe
per affrontare i punti su cui ha deciso di focalizzare l’attenzione. Il confron-
to tra questi punti e le varie attività che fanno parte del repertorio didattico
la aiuterà nella scelta del tipo migliore di interazione: discussione in plenum,
domande individuali, role-play, lavoro di gruppo, lavoro a coppie, ecc.
ti.
6.2 Attività propedeutiche alla lettura
va
Queste attività possono essere svolte in classe o a casa. Ogni insegnante
er
può strutturare la sequenza delle attività nell’ordine che meglio si adatta agli
ris
obiettivi che si è prefissato. Può essere utile spiegare alla classe la differenza
tti
tra una lettura diretta a raccogliere informazioni e una lettura che enfatizzi l’e-
iri
sperienza di leggere. L’insegnante deve sempre spiegare agli studenti che cosa
id
menti che accadono e delle azioni hanno luogo. Attraverso domande perso-
ito
nalizzate, attività scritte, o la presentazione di altri testi simili può essere utile
ed
ria. Pur senza indulgere troppo con la terminologia della critica letteraria è
Bo
utile che gli studenti sappiano di che si tratta: una satira, una tragedia, una
commedia, un racconto, un brano di un romanzo.
©
In ogni caso, sia che il testo sia affrontato in un’unica sessione o in più
incontri almeno il primo paragrafo va comunque riletto insieme in classe
(dall’insegnante, dagli studenti, ad alta voce o singolarmente in silenzio).
Dopo che la sintassi e il lessico sono stati chiariti, l’insegnante rilegge il brano
ad alta voce fermandosi dopo ogni frase incoraggiando i singoli studenti a
intervenire con possibili associazioni, commenti, domande, ecc.
223
6.4 Analizzare la storia e il discorso
In ogni testo letterario il dialogo tra il lettore e il testo si orienta su due
livelli: quello della storia e quello della struttura del discorso, della sua nar-
razione. Esistono diversi modi per attivare il processo cognitivo durante la
lettura e rendere il testo significativo per gli studenti: formulare domande,
stabilire connessioni logiche e analogiche, selezionare/scartare informazioni,
raggruppare, organizzare/riorganizzare fatti e eventi, generalizzare, mettere
in ordine di importanza, esplorare le conseguenze di azioni, generare alter-
native, prevedere risultati; valutare, raccogliere fatti (linguistici e referenzia-
li), raccogliere le idee su progetti e intenzioni e mettere entrambi in relazio-
ne all’esperienza personale dei lettori.
Per illustrare il modo in cui il medium dà forma al significato può essere
ti.
utile tradurre il testo in un medium cinetico, visivo o in un altro linguaggio.
va
È possibile chiedere di disegnare la copertina del libro in modo da catturare
er
il tema del romanzo. Gli studenti, nel giustificare le loro scelte dei motivi,
ris
colori, forme e collocazioni spaziali si troveranno nella stessa situazione del-
tti
l’autore quando ha scelto determinate parole, frasi, immagini, ecc. La stessa
iri
attività può essere fatta chiedendo agli studenti di esprimere il tema del testo
id
attraverso l’uso di altre tipologie testuali. Un altro modo per mettere in luce
ti
il valore delle scelte dell’autore consiste nel confrontare il testo con la tradu-
ut
spesso aiuta a vedere in modo più chiaro come il punto di vista scelto dal-
ito
lezione può riassumere oralmente il testo che ha letto a casa. Alcuni studen-
ci
ti alla lavagna devono scrivere con parole loro il riassunto del compagno,
c
224
Per apprezzare il processo di costruzione di schemi che ha luogo durante la
lettura gli studenti dovrebbero essere in grado di confrontare i loro schemi
mentali con le aspettative che avevano in precedenza e con le aspettative che
il testo costruisce attraverso la sua struttura. Fornire un testo di cui manca la
conclusione e chiedere agli studenti di scriverla può rappresentare un’occa-
sione per paragonare la loro logica con quella che il testo li invita a svilup-
pare. Alla fine è possibile raccogliere tutti i finali sullo stesso foglio, incluso
il finale originale, e discutere sulle differenze considerando i vari effetti sul
lettore e anche l’influenza che questi possono avere sul significato generale
del testo.
Per aiutare gli studenti a identificare le varie voci del testo sono stati avan-
zati diversi suggerimenti, alcuni suggeriscono la sceneggiatura di testi origi-
ti.
nariamente non pensati per questo scopo. Il principio è semplice: in piccoli
va
gruppi gli studenti devono decidere chi darà voce a quali parole o gruppi di
er
parole del testo mentre il gruppo legge ad alta voce. Separare le voci senza
ris
cambiare nulla nel testo promuove la riflessione sui processi interpretativi e
compositivi del testo. Decidere se alcuni parti devono essere lette da deter-
tti
iri
minati personaggi piuttosto che da altri permette di distinguere tra le voci dei
id
fatti, le voci delle speculazioni, le voci del presente, le voci del passato, ecc.
Un’altra alternativa può essere quella di far sentire le voci più silenziose.
ti
ut
Mettere in scena una conferenza stampa in cui uno studente assume la parte
.T
del narratore, o un dibattito tra due narratori, può dare visibilità alla pro-
re
riferimenti bibliografici
c
Zanichelli.
Bo
BALBONI P.E. (2002), Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società com-
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er
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tti
iri
FABBRI P. (1998), La svolta semiotica, Roma-Bari, Laterza.
id
226
Capitolo 16
La didattiCa deLLe miCroLingUe
Paola Begotti
ti.
morfosintattiche che la rendono micro rispetto alla lingua comune, infine
va
nella terza parte verranno sottolineati alcuni aspetti della didattica della
er
microlingua, in particolar modo quelli scientifico-professionali.
ris
1. Una definizione di microlingua
tti
iri
id
Tutti i testi di glottodidattica sull’argomento prendono in esame la que-
stione terminologica, sulla quale non vi è tuttora uniformità tra gli studiosi.
ti
ut
lingua una parte della macrolingua, intendendo con tale termine la lingua
quotidiana usata dalla gente comune, che si arricchisce di continuo di appor-
re
1
Balboni P.E. (2000), Le microlingue scientifico-professionali, Torino, Utet.
227
proposta da Berruto2 nel 1987, il quale poneva l’accento sull’aspetto diafasi-
co, sul contesto extralinguistico e sull’argomento; “linguaggi specialistici” di
Gotti3 nel 1991, il quale predilige definire l’uso che gli specialisti fanno del
linguaggio nel proprio ambito professionale; la suddivisione proposta da
Sobrero4 nel 1993 tra “lingue specialistiche”, ovvero altamente specializzate,
e “lingue settoriali”, più afferenti all’ambito professionale. Infine Balboni5
nel 2000 ha proposto il termine “microlingue scientifico-professionali” per
delimitare ulteriormente il campo di lavoro.
ti.
a. la massima chiarezza, la comunicazione non ambigua: si utilizza la
va
microlingua per ridurre al massimo e, se possibile, eliminare comple-
er
tamente ogni ambiguità dalla comunicazione, ma, se impiegata al di
ris
fuori del contesto in cui si è sviluppata oppure con non esperti o ini-
tti
ziati, la microlingua può avere esattamente l’effetto contrario, vale a
iri
dire rendere la comunicazione assai complessa e, in certi casi, persino
id
impenetrabile;
ti
ut
tifico-professionale o sociale.
re
2
Berruto G. (1987), Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Roma, Nuova Italia Scientifica.
3
Gotti M. (1991), I linguaggi specialistici, Firenze, La Nuova Italia.
4
Sobrero, A. (cur.) (1993), Introduzione all’italiano contemporaneo. (Le strutture. La variazione e gli
usi), Bari, Laterza.
5
Balboni P.E. (2000), Le microlingue scientifico professionali, Torino, Utet: “[...] useremo microlingue
scientifico-professionali per riferirci alle «microlingue (prodotte cioè dalla selezione all’interno di tutte le
componenti della competenza comunicativa in una lingua) usate nei settori scientifici (ricerca, università)
e professionali (dall’operaio all’ingegnere, dall’infermiere al medico, dalla studente di liceo al critico
letterario) con gli scopi di comunicare nella maniera meno ambigua possibile e di essere riconosciuti come
appartenenti ad un settore scientifico o professionale” (pag. 9).
228
sapere la lingua (competenza linguistica ed extralinguistica), ma anche saper
fare lingua (padronanza dei processi cognitivi) e saper fare con la lingua (com-
petenza socio-pragmatica).
Per quanto riguarda le abilità utilizzate nelle microlingue, il “saper fare
lingua”, esse si differenziano secondo le varie professioni: se per un camerie-
re è fondamentale saper scrivere sotto dettatura e prendere appunti, que-
st’abilità è sicuramente meno importante per un architetto o un avvocato.
Nella dimensione pragmatica della microlingua, il “saper fare con la lin-
gua”– ossia il sapere di che cosa parlare, con chi, come e quando – sono pri-
vilegiate funzioni diverse a seconda degli ambiti, ma in generale prevalgono la
funzione referenziale, quelle regolativo-strumentale e metalinguistica, mentre
risulta quasi inesistente la funzione poetico-immaginativa o personale.
ti.
va
2. Caratteristiche formali delle microlingue
er
ris
Le microlingue presentano delle peculiarità che vanno ben oltre la carat-
terizzazione lessicale su cui a lungo si è concentrato lo studio dei linguaggi
settoriali. tti
iri
id
Il lessico microlinguistico è sicuramente l’elemento più fortemente mar-
cato di ciascun linguaggio settoriale, ma non è l’unico. Le microlingue, infat-
ti
ut
ti, possono presentare anche fenomeni linguistici di tipo testuale, sia di gene-
.T
6
Hoffmann L. (1984), “Seven Roads to LSP”, in Special Language-Fachsprache, VI, 1-2, pag. 28-38.
229
- oggettività, la scienza e la tecnica richiedono testi formulati in modo
obiettivo, tralasciando interpretazioni o commenti personali e soggettivi;
- generalizzazione, la microlingua deve essere facilmente comprensibile
da quanti fanno parte del settore, perciò devono diffondere e divulgare
i concetti teorici con i relativi termini microlinguistici, ad esempio ter-
mini generati con prefissi e suffissi greci o latini i quali rendono inter-
nazionali i termini: nel campo della medicina, termini come “ipertiroi-
dismo” viene facilmente e velocemente diffuso tra gli addetti ai lavori;
- densità di informazione, le microlingue scientifiche e tecniche devono
condensare molti concetti in poche righe, perciò si utilizzano generi
testuali particolari, si pensi all’abstract, oppure termini generati dalla
fusione di altri due, ad esempio “informatica”, unione di “informazio-
ti.
ne” e “automatica”;
va
- brevità;
er
ris
- neutralità emotiva;
tti
- mancanza di ambiguità, ossia la monoreferenzialità dei termini: ogni
iri
parola deve indicare un unico strumento, oggetto, concetto, non deve
id
presentare sinonimi;
ti
cialistico.
Un testo microlinguistico ben redatto rende chiara sia la sua coerenza, sia
la sua struttura concettuale, e ciò serve per aiutare il lettore a comprendere
le informazioni, a dargli la possibilità di scoprire il disegno concettuale su cui
si basa e di recuperare le conoscenze prerequisite.
I generi testuali rappresentano le forme di realizzazione dei vari tipi di
testo e si differenziano notevolmente nelle varie microlingue a tal punto che
alcuni di essi sono diventati peculiari di un’unica microlingua: ad esempio la
230
recensione è il genere testuale tipico della critica letteraria o cinematografica.
Ci sono generi che sono specifici del settore scientifico-professionale
come ad esempio l’abstract o il saggio, altri invece tipici della microlingua del
commercio o del turismo, come ad esempio la lettera commerciale o il curri-
culum vitae.
Le regole che sottendono a tali generi testuali sono molto più standardiz-
zate e rigide rispetto a quelle appartenenti alla lingua comune, normalmente
non vengono accettate varianti e se i testi non sono stati redatti in quella
determinata struttura, non vengono ritenuti sufficientemente scientifici dalla
comunità degli specialisti.
Sono stati condotti molti studi sulla strutturazione dei testi microlingui-
stici, e, come Balboni7 ha evidenziato, lo specialista segue un percorso che
ti.
appone parti tematiche a parti rematiche, esponendo un argomento (tema) e
va
commentandolo successivamente (rema), apportando in questa seconda fase
er
un contributo al concetto espresso nella prima parte e garantendo coerenza
ris
e coesione al testo stesso.
È interessante osservare, inoltre, che questi testi presentano generalmen-
tti
iri
te una struttura gerarchica delle informazioni, struttura che spesso viene evi-
id
ciò al fine di arrivare alla densità d’informazioni ricercata e per dotare il testo
.T
fessionale e finire con notizie sui propri interessi che possono risultare utili,
c
na
conversazione, ecc.) ci possono essere supporti sia di tipo visivo che meta-
comunicativo.
©
7
Balboni P.E. (2000), Le microlingue scientifico-professionali. Natura e insegnamento. Torino, Utet
Libreria, pag. 38.
231
redatta utilizzando analoghe parti di apertura (data, indirizzi destinatario e
mittente, numero di protocollo, formule di apertura rigide), formulando una
parte centrale con la richiesta commerciale, i termini di consegna e paga-
mento, oppure di informazioni o lamentele, e concludendo con una parte
finale contenente le formule di chiusura rigide e talvolta obsolete e i saluti.
Se poi prendiamo in considerazione i contratti di tipo notarile e legale,
è interessante notare come la strutturazione testuale sia talmente rigida e
ripetitiva, che si è giunti a predisporre moduli standard con appositi spazi
bianchi in cui inserire successivamente i dati personali dei contraenti e le
clausole particolari, e ciò è indice di una struttura testuale poco incline alle
evoluzioni.
È da osservare, tuttavia, che non è soltanto la disposizione grafica delle
ti.
informazioni che può rendere trasparente il disegno semantico alla base del
va
testo stesso.
er
Tutti i dispositivi di coesione tipici dei testi microlinguistici, come, ad
ris
esempio, gli indicatori metacomunicativi oppure le locuzioni di carattere
temporale (“pertanto”, “se”, “allora”, “quindi”, “dunque”, “ne consegue
tti
iri
che”) possono concorrere a rendere il testo maggiormente comprensibile agli
id
- grafici;
- figure ed illustrazioni;
©
- tabelle;
- diagrammi;
- glossari dei termini tecnici
- un indice analitico
- bibliografia delle opere citate nel testo.
Tutti gli elementi paratestuali quali figure, diagrammi di flusso, tabelle,
simboli grafici, sigle o acronimi, sono peculiari dei testi scientifici e tecnici e
232
ciò allo scopo di ampliare la trasparenza del testo microlinguistico per gli
esperti del settore.
ti.
mente nella lingua comune: si dà luogo in questo modo, come afferma Gotti9
va
nel suo studio, ad un fenomeno di tipo quantitativo, più che qualitativo.
er
L’uso di strutture della lingua comune permette, infatti, di raggiungere il
ris
massimo della chiarezza e di soddisfare contemporaneamente le esigenze sti-
listiche tipiche della microlingua.
tti
iri
Allo scopo di individuare e descrivere gli aspetti linguistici che – se uti-
id
liare lo stile delle microlingue, è utile sottolineare che essi riguardano essen-
ut
bili dal contesto, la cui elisione non compromette quindi la comprensione del
Bo
testo.
©
8
Bertocchi D., Lugarini E. (1982), “L’insegnamento della lingua straniera per scopi speciali: proposte
per un syllabus funzionale”, in Rassegna Italiana di Linguistica applicata, XVI, 1.
9
Gotti M. (1991), I linguaggi specialistici. Caratteristiche linguistiche e criteri pragmatici, Firenze, La
Nuova Italia, pag. 65.
233
aggettivi, mentre la punteggiatura è ridotta al minimo indispensabile: in que-
sto caso la scelta di eliminare parti della frase è dovuta più al mezzo utilizza-
to che alla specificità della microlingua.
I manuali d’istruzione di carattere tecnico, invece, spesso omettono gli
articoli sia per densità concettuale, sia per la ristrettezza di spazio messo a
disposizione. Si pensi, ad esempio, ad un manuale di montaggio o di funzio-
namento di un apparecchio elettrico (“alzare leva B”, “premere pulsante
rosso”, “inserire presa”).
Un’altra caratteristica del sintagma nominale è il processo di nominaliz-
zazione, il quale prevede l’utilizzo di sostantivi al posto dei verbi per spiega-
re procedimenti o azioni.
Ciò è dovuto alla complessità della costruzione verbale (ad esempio la
ti.
consecutio temporum) perciò spesso si preferisce sostituire il predicato con
va
un nome a favore della semplicità e della densità concettuale.
er
Si pensi a tal proposito alla diagnosi espressa da un medico: il verbo
ris
spesso viene completamente omesso, come viene espresso nel seguente
esempio “Pressione 160 su 90, battito cardiaco regolare, presenza di cia-
tti
iri
nosi e fremiti…”.
id
l’oggetto.
ito
valore del verbo, il quale spesso viene relegato a funzione di copula, a mero
collegamento tra i sintagmi nominali complessi. È per questo motivo che il
ci
verbo più utilizzato è il verbo essere, come si può osservare sia nei manuali
c
na
234
utilizzati nell’esperimento.
Si utilizzano, a tale scopo, verbi tipici dell’indagine scientifica (“dimo-
strare”, “evidenziare”, “confermare”…) coniugati in forme impersonali o
con soggetti inanimati. Spesso è l’evento stesso a fungere da soggetto, l’au-
tore si cita con pronomi personali alla terza persona oppure con perifrasi
come “l’autore”, “il gruppo di ricerca”.
La passivazione prevede l’uso del verbo nella forma passiva ed è dovuto
all’esigenza di enfatizzare il tema rispetto alla persona che compie l’azione, la
quale viene collocata successivamente nel complemento d’agente.
Il passivo consente di spersonalizzare il discorso, in modo da evidenziare
l’azione più che il soggetto che la compie, e a tal fine spesso in italiano si
omette il complemento d’agente per aumentare l’impersonalità del discorso;
ti.
Ogni area microlinguistica utilizza in prevalenza alcuni tempi verbali
va
particolari, i quali diventano peculiari di determinati generi testuali micro-
er
linguistici.
ris
Ad esempio nei manuali di montaggio o di funzionamento di strumenti si
riscontra maggiormente l’uso del modo imperativo o infinito (“selezionare le
tti
iri
impostazioni…”, “inserite nell’apposito spazio la chiave…”). Una relazione
id
microlinguistico.
na
Anche se ora gli studi del settore procedono secondo una prospettiva
Bo
testuale più che lessicale, si è concordi nell’affermare che la parola che per
sua natura è polisemica e ambigua, diviene nelle microlingue termine, assu-
©
235
Conseguenza di questo fatto è l’estrema esiguità di termini microlingui-
stici, come ha analizzato Hoffmann10 nei suoi studi (1178 sono le parole
mediche frequenti, 1114 quelle matematiche), e questo fattore è dovuto alla
volontà di chiarezza e di non ambiguità;
Un altro aspetto lessicale è la tendenza alla stabilità. Un termine in uso in
un ambito scientifico difficilmente verrà cambiato, e ciò per esigenze di chia-
rezza, ma questo può dar luogo, come nel caso della lingua giuridica, anche
ad un certo conservatorismo obsoleto.
Un ulteriore fenomeno è la sinteticità, ottenuta utilizzando termini sorti
dalla fusione di altri due, oppure dalla loro giustapposizione: in ambito ban-
cario si richiede un “estratto-conto”, in informatica opera “l’analista-pro-
grammatore”, in medicina troviamo il “cardiochirurgo”. Analogamente si
ti.
utilizzano per lo stesso scopo acronimi e abbreviazioni.
va
La rapidissima evoluzione e i continui cambiamenti delle diverse discipli-
er
ne determinano il fenomeno linguistico più caratteristico delle microlingue,
ris
la formazione di nuovo lessico.
I neologismi si possono ottenere in vari modi, ma in questa sede trattere-
tti
iri
mo le tipologie di generazioni più diffuse nelle microlingue.
id
di non voler usare parole comuni allo scopo di evitare quelle ambiguità che
ito
notare come molti termini medici si formano a partire dalla radice greca o
latina anche se esiste una traduzione del termine nella lingua comune: consi-
ci
pelle/dermo- ecc.
Bo
10
Hoffmann, L. (1979), “The Linguistic Analysis and Teaching of LSP in the German Democratic
Republic”, in ALSED-LSP Newsletter, II,3.
236
La generazione per analogie si presenta quando un termine viene coniato
su opposizione di uno già esistente, ad esempio all’hardware del computer si
contrappone un software.
Nelle microlingue si osserva spesso il ricorso ad altre lingue, fenomeno
molto frequente nelle microlingue scientifiche e tecniche. In questo caso, si
può verificare un prestito vero e proprio (ad esempio nel campo musicale
“jazz”, “rock”, in ambito cinematografico “film”, “star”, in quello culinario
“mousse”), oppure un calco, quando il prestito viene utilizzato in italiano (ad
esempio in informatica “scannerizzare” da “scanner”, “digitale” per “nume-
rico” ecc.) infine una traduzione letteraria, quando il termine viene esatta-
mente tradotto (ad esempio “grattacielo”, “baco del millennio” ecc.).
ti.
3. La didattica delle microlingue
va
Il problema della didattica delle microlingue è stato ampiamente dibattu-
er
to in questi anni sia in scuole e università sia in centri professionali e azien-
ris
de, le cui pressanti richieste determinano lo stimolo per una continua ricer-
ca nel settore.
tti
iri
Considerando che le mete educative delle microlingue sono le stesse
id
zione), si può affermare che i tre punti fondamentali su cui si basa la didat-
ut
metodo didattico.
re
ito
L’insegnante di lingua è stato ritenuto per molto tempo una sorta di pro-
ci
11
Freddi G. (1979), Didattica delle lingue moderne, Bergamo, Minerva Italica.
237
competenza linguistica.
Egli propone un modello di conoscenza specializzata, ribadendo che l’in-
segnante di microlingua deve essere autonomo sotto vari punti di vista, come
ad esempio nel condurre l’analisi dei bisogni, nell’impostare una glottodi-
dattica specifica per studenti adulti e nell’approfondimento della natura dei
testi, attualmente sempre più in forma multimediale.
L’insegnante di microlingua, quindi, non può e non deve essere un perito
elettronico oppure un informatico, ma deve essere un umanista colto, molto
preparato sul piano linguistico e in grado di applicare le sue competenze ai
diversi ambiti disciplinari e culturali in cui si trova ad operare.
Infatti, anche se l’insegnante può “costruire” una competenza nell’aspet-
to linguistico e comunicativo della microlingua in esame, la competenza nel-
ti.
l’argomento specialistico è patrimonio dell’allievo e non può essere richiesta
va
all’insegnante.
er
L’allievo di microlingua, infatti, ha come pre-requisito quello di essere
ris
specialista del settore che utilizza la microlingua. Anche se non domina per-
fettamente la lingua comune, con molta probabilità, l’allievo intuisce termi-
tti
iri
ni ed espressioni tipiche della microlingua che risultano invece meno fami-
id
patrimonio culturale.
.T
re
razione.
Bo
12
Balboni P.E. (2000), Le microlingue scientifico-professionali, Torino, Utet, pag.110.
13
Balboni P.E., op. cit., pag.78.
238
integrare e perfezionare continuamente la microlingua cui si è dedicato.
Quando lo studente di microlingua è però un ragazzo delle scuole supe-
riori, egli può essere a volte demotivato di fronte ad un insegnamento micro-
linguistico obbligatorio perché previsto nel piano di studi dell’istituto che
frequenta e di cui non prevede l’utilità pratica immediata. In una tale situa-
zione è compito dell’insegnante motivare l’allievo coinvolgendolo nella defi-
nizione dei suoi bisogni professionali futuri.
L’insegnamento microlinguistico deve essere in questo caso sostenuto
anche da una collaborazione interdisciplinare tra docenti dello stesso istitu-
to, che coinvolga l’insegnante di lingua e quello esperto della materia tecni-
ca, in modo tale che si creino le condizioni migliori perché avvenga l’ap-
prendimento da parte dello studente.
ti.
va
4. Conclusioni
er
ris
In conclusione, insegnare una microlingua, quindi, non significa unica-
mente elencare una serie di parole settoriali.
tti
Per mezzo dell’educazione microlinguistica, il docente avrà cura di svi-
iri
id
luppare nello studente una forma mentis in grado di analizzare la logica che
è sottesa nei testi e nel linguaggio microlinguistico, di operare un’analisi dello
ti
ut
stile, dei generi testuali e delle peculiarità sintattiche e lessicali della micro-
.T
lingua.
Grazie alla didattica della microlingua, inoltre, gli studenti hanno l’op-
re
fronti del docente e dei compagni, approccio che è l’elemento chiave del-
ed
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Bo
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Capitolo 17
L’itaLiano Come LingUa VeiCoLare:
insegnare Una disCiPLina
attraVerso L’itaLiano
Graziano Serragiotto
Insegnare una disciplina, sia linguistica che di altro ambito, attraverso una
lingua straniera è una delle sfide metodologiche della glottodidattica ai gior-
ni nostri.
Anche nel Livre blanc sur l’education et la formation, testo della Comunità
ti.
Europea voluto da Delors e approvato nel 1995, si auspica la necessità e l’op-
va
portunità che la lingua straniera possa diventare la lingua di insegnamento di
er
alcune discipline, linguistiche e non, nella scuola secondaria in modo da
ris
poter raggiungere un obiettivo di plurilinguismo.
In questo modo l’acquisizione sarebbe facilitata perché sarebbe più spon-
tti
tanea e ci sarebbe una maggiore esposizione alla lingua straniera; inoltre il
iri
id
“focus” dell’attenzione passerebbe dalla forma al contenuto cioè a quello che
verrebbe veicolato e questo potrebbe diventare molto utile anche per
ti
ut
pline.
ito
ed
1. L’italiano e il CLiL
c ci
concetto.
Il principio che sta alla base è che l’italiano può essere utilizzato per inse-
©
241
zione sui termini “insegna” versus “promuove” e “impara” versus “usa”
dove il ruolo della lingua non è metalinguistico ma serve da tramite per
acquisire dei contenuti non linguistici.
In questo modo l’acquisire una lingua non viene visto come fine a se stes-
so ma può essere il mezzo che permette di arrivare ad altri contenuti.
Di solito quando ci si riferisce a questo tipo di approccio si usa l’cronimo
inglese CLIL (Content and Language Integrated Learning): apprendimento
integrato di lingua e contenuti. Tale denominazione mette in risalto come ci
sia un equilibrio tra l’apprendimento delle varie discipline e quello della lin-
gua straniera, nel nostro caso la lingua italiana.
Il CLIL è sicuramente un approccio innovativo e rivoluzionario che ha
come obiettivo il plurilinguismo; favorisce l’integrazione curricolare e com-
ti.
prende una varietà di modi di insegnare e di situazioni talmente flessibili tale
va
da permettere ad ogni docente o gruppo di docenti di decidere il percorso
er
da seguire e le modalità più adatte per la propria classe, introducendo anche
ris
eventuali modifiche in itinere per migliorare l’apprendimento.
Sebbene il presente contributo sia focalizzato in particolar modo sull’in-
tti
iri
segnamento dell’italiano LS, il CLIL potrebbe essere vantaggiosamente uti-
id
lizzato anche nell’ambito dell’italiano L2. Nel primo caso la lingua non è par-
lata dalla comunità, viene imparata solo in un ambiente scolastico e non c’è
ti
ut
gere una terza qualora l’italiano venga usato come lingua etnica; in questo
ed
caso il suo utilizzo veicolare non potrebbe che essere apprezzato per un
miglior apprendimento linguistico.
ci
242
utilizzato soltanto nelle ore canoniche di insegnamento della lingua
italiana, ma anche nell’orario di altre discipline e questo favorisce l’in-
nalzamento dei livelli di competenza nella lingua italiana degli studen-
ti; inoltre, accanto alla lingua italiana, ci potrebbero essere altre lingue
ad uso veicolare e questo favorirebbe l’uso di una varietà di lingue ed
il plurilinguismo;
b. una migliore qualità dell’esposizione all’italiano: l’insegnamento inte-
grato di lingua italiana e contenuti può favorire un insegnamento di
tipo interattivo e assicurare un certo livello qualitativo perché molto
spesso è richiesta una profondità di rielaborazione che non si avrebbe
in un insegnamento tradizionale;
c. una maggiore motivazione all’apprendimento: diventando il contenuto
ti.
della materia il focus dell’attenzione anche gli allievi che non presen-
va
tano un’attitudine particolare per l’apprendimento linguistico o che
er
non amano in modo particolare le lingue possono seguire la logica
ris
cognitiva delle discipline e potenziare l’italiano o altre lingue straniere
tti
con attività che possono essere considerate incidentali, proprio perché
iri
non sono state costruite primariamente per questo scopo.
id
autenticità delle attività che riguardano la lingua perché non vi sono simula-
ut
.T
sibilità che l’input venga reso comprensibile non solo dalla lingua ma anche
na
mento della lingua tradizionale perché è la stessa lingua che cerca di spiega-
©
243
sono essere raggiunte dagli studenti a seconda degli approcci e metodi uti-
lizzati:
BICS (Basic Interpersonal Communicative Skills): è una competenza
linguistica che permette interazioni non sofisticate su argomenti comu-
ni e quotidiani; viene raggiunta attraverso l’insegnamento tradizionale
curricolare;
CALP (Cognitive Accademic Language Proficiency): è una competenza
linguistica elaborata e sofisticata che prevede attività cognitive d’ordine
superiore; si ottiene attraverso l’insegnamento veicolare, in quanto fa
riferimento anche a concetti astratti tipici di alcune discipline.
Ciò dimostra come l’insegnamento veicolare permetta di raggiungere una
competenza più elevata e sofisticata rispetto all’insegnamento tradizionale.
ti.
va
Ciononostante bisogna precisare che questo approccio non deve essere
visto come sostitutivo dell’insegnamento curricolare di una lingua straniera:
er
ris
ricerche svolte hanno dimostrato che in assenza di un apprendimento for-
male gli studenti non raggiungono la completa padronanza di una lingua
straniera. tti
iri
id
questo tipo di insegnamento. Una prima variabile riguarda la scelta delle lin-
ed
gue (nel nostro caso l’italiano, affiancato o meno ad altre lingue straniere
come lingue veicolari), la scelta delle discipline da mettere in gioco e il rap-
c ci
porto che si viene a creare tra la lingua e la materia non linguistica. In secon-
na
244
a. la situazione geografica ed economica del paese o della regione dove si
trova la scuola: per ragioni legate all’economia locale può essere utile
scegliere una lingua rispetto ad un’altra oppure considerare le lingue
parlate negli stati limitrofi. Ad esempio in Austria, per questioni eco-
nomiche e geopolitiche potrebbe essere utile inserire la lingua italiana;
anche in Argentina, per ragioni etniche, l’italiano sarebbe una scelta
opportuna. Si possono poi affiancare altre lingue straniere a seconda
delle varie esigenze.
b. il grado di somiglianza che esiste tra l’italiano e la lingua materna degli
studenti: sul piano lessicale, fonetico e grammaticale nel caso di lingue
affini (per esempio, italiano e spagnolo) è possibile iniziare contempo-
raneamente con più materie del curriculum scolastico, anche con
ti.
discipline che si basano esclusivamente sulla comunicazione verbale e
va
che richiedano un certo grado di astrazione. Nel caso di lingue non
er
affini (per esempio, tedesco e italiano), è necessario che ci sia una
ris
buona conoscenza preliminare della lingua straniera da parte degli stu-
tti
denti, soprattutto con le materie in cui la comunicazione verbale è fon-
iri
damentale e non vengono in aiuto elementi extralinguistici.
id
245
conoscenza della lingua italiana da parte degli studenti.
Per le materie che si avvalgono invece anche di codici extralinguistici si
può partire anche da livelli elementari di competenza nella lingua italiana,
svolgendo attività molto pratiche: indicare le capitali in un atlante di geogra-
fia, mostrare dei movimenti in educazione fisica, introdurre una serie di verbi
in lingua straniera, ecc.
La finalità ambiziosa di questo metodo è lo sviluppo di competenze meto-
dologiche e relazionali in tutti gli ambiti disciplinari.
ti.
doppia abilitazione, in italiano e in un’altra disciplina, e che quindi
va
possono condurre autonomamente l’insegnamento veicolare nei vari
er
gradi d’istruzione. Questa situazione è abbastanza comune in alcune
ris
realtà estere, ma molto improbabile in Italia dove la laurea è specifica-
tti
mente di area umanistica o scientifica, senza possibilità di unire disci-
iri
pline di aree diverse (a parte alcune eccezioni nella scuola secondaria,
id
nuti della disciplina vengano acquisiti senza che la lingua sia un pro-
Bo
246
conosce l’italiano e che può, con il supporto metodologico di quello di
lingua, creare dei moduli autonomi in italiano; oppure il docente di
italiano può essere in grado di lavorare in un’altra disciplina chieden-
do il supporto dell’insegnante specifico. Per questo tipo di intervento
è necessario stabilire un livello minimo di competenza, sia di lingua
italiana sia disciplinare posseduto dall’insegnante; tale competenza
deve poter essere anche certificata in un portfolio del docente.
ti.
le condizioni b. e c., in cui i due insegnanti, uno di italiano e uno di disciplina
va
specifica, organizzano delle lezioni, dei moduli, degli ambiti tematici chieden-
er
do l’autorizzazione all’interno del proprio istituto e inserendo tale progetto
ris
all’interno del piano formativo d’istituto. Pochi sono ancora i casi di esperien-
za totale curricolare, in quanto è necessaria una garanzia istituzionale.
tti
Le aree di azione dei due insegnanti devono restare distinte e separate.
iri
id
L’insegnante di italiano insegna la lingua, gli studenti acquisiscono abilità
e competenze d’uso linguistiche; l’insegnante della disciplina promuove la
ti
ut
Tra i due insegnanti ci deve essere una stretta collaborazione, sia nella
programmazione sia in itinere in modo che ognuno utilizzi le proprie com-
re
petenze.
ito
247
c. prevedono possibilità di cambiamenti in itinere con una certa flessibi-
lità
d. formulano il piano di lavoro in comune sulla base delle proprie com-
petenze
e. prevedono le difficoltà
La collaborazione tra docenti porta a dei buoni risultati per lo scambio
vicendevole che si verifica e permette di superare alcune incertezze: il docen-
te della materia non si sente all’altezza a livello linguistico per poter insegna-
re attraverso l’italiano, l’insegnante d’italiano ritiene di non conoscere in
modo approfondito gli argomenti che riguardano la disciplina.
L’insegnante di disciplina non linguistica insegna la materia e l’insegnan-
te di italiano la rende in lingua straniera.
ti.
L’insegnante di italiano lingua veicolare deve conoscere metodologie
va
appropriate per l’insegnamento e la valutazione, da impiegarsi con studenti
er
di lingua straniera.
ris
L’insegnante di italiano deve acquisire un minimo di familiarità con i con-
tti
cetti e la microlingua della disciplina non linguistica e con le modalità di
iri
valutazione più appropriate per quella disciplina.
id
Non si effettuano solo lezioni frontali, tipiche delle discipline non lingui-
ti
248
linguistica degli studenti nella lingua italiana, il tipo di scuola o di
corsi, ecc.;
b. modello operativo CLIL: una lezione, alcune unità didattiche, un
modulo; un’ora, una settimana, un mese; gli insegnanti lavorano in
sinergia o in co-presenza; CLIL con prevalenza della lingua, CLIL con
prevalenza della disciplina, ecc.;
c. area curricolare/extracurricolare: analisi dei temi e degli argomenti del
percorso;
d. competenze chiave del contenuto (obiettivi): conoscenze, concetti, fatti;
e. lessico chiave: individuare il lessico necessario e scegliere le tecniche
più adatte per farlo memorizzare e riutilizzare;
ti.
f. abilità linguistiche attivate: non è necessario utilizzare tutte le abilità
va
linguistiche, alcune possono essere attivate solo parzialmente; è neces-
er
sario quindi fare una scelta a seconda delle priorità (ad esempio solo
ris
lettura ed ascolto);
g. abilità di studio coinvolte: prendere appunti, riassumere, ecc.;
tti
iri
h. processi cognitivi: definire, valutare, osservare, sintetizzare, illustrare,
id
ecc.;
ti
separazione, in concomitanza;
re
249
tanti devono essere ripetuti attraverso tecniche diverse per assecondare i
diversi stili cognitivi di apprendimento degli studenti.
Gli elementi astratti devono essere illustrati attraverso esempi concreti in
modo da semplificarne la comprensione; bisogna inoltre evidenziare nei testi
i marcatori di ordine logico, temporale, causale, ecc. in modo che i contenu-
ti vengano acquisiti in modo corretto.
Bisogna fare uso delle attenzioni didattiche già utilizzate in altri metodi:
enfatizzare le sezioni importanti, riprendere i punti, ecc.
È preferibile far lavorare gli studenti a coppie o gruppi, interrompendo le
sequenze frontali, cercando di far diventare l’insegnante un mediatore e veri
protagonisti gli studenti.
Dopo ogni sezione di lavoro si chiede agli studenti di fare una sintesi di
ti.
quello che hanno appreso, completando una tabella, disegnando un grafico,
va
non necessariamente in italiano.
er
Durante l’esposizione da parte degli studenti bisogna intervenire sugli
ris
errori solo quando questi siano tali da impedire la comprensione.
Successivamente, con l’insegnante di italiano, verranno ripresi e sarà cura
tti
iri
dello stesso insegnante trovare i modi più efficaci e gli esercizi più idonei per
id
blema, perché attualmente non vi sono ancora materiali adatti: quelli che esi-
ito
stono sono stati pensati e didattizzati per essere utilizzati in altri contesti
ed
in Italia, perché i testi delle scuole italiane possono usare approcci diversi,
punti di vista e programmi differenti rispetto alle scuole straniere e perché
©
quei testi sono stati concepiti per studenti madrelingua italiani e mancano di
una parte fondamentale che dovrebbe rendere il contenuto comprensibile a
livello linguistico.
La didattizzazione del materiale autentico non è facile; richiede molto
tempo, una scelta oculata dei contenuti e delle attività correlate.In base al
tipo di disciplina veicolata è necessario utilizzare anche elementi extralingui-
stici per rendere comprensibile il contenuto.
L’insegnate deve redigere il materiale in base alle necessità legate al con-
250
tenuto che si vuol trasmettere e al mezzo linguistico che lo veicola, utilizzan-
do il concetto di ridondanza, ribadendo in modo diverso e spesso i concetti
fondamentali, cercando che ci sia una cooperazione fra gli obiettivi di
apprendimento della lingua e quelli della disciplina non linguistica veicolata
in italiano.
Qualunque sia il materiale scelto si devono considerare alcune variabili
per poterlo proporre agli studenti:
a. il contesto;
b. i pre-requisiti, se necessari;
c. gli obiettivi specifici;
d. gli strumenti utilizzati.
ti.
Anche nella didattizzazione del materiale bisogna considerare alcune
va
variabili:
er
a. l’aspetto grafico: è meglio dividere in blocchi un testo lungo, mettendo
ris
in grassetto le parole chiave, evidenziando i titoli, i sottotitoli, ecc.;
tti
b. le attività e gli esercizi di supporto: in base agli obiettivi devono essere
iri
scelte varie tipologie di attività ed esercizi;
id
251
di comprensione in contenuti espressi in italiano nella valutazione dello
studente in ambito disciplinare e capire se un fallimento è dovuto a scarsa
competenza linguistica o a scarsa assimilazione dei contenuti. o ad entram-
bi i fattori.
Durante la verifica si deve supportare il messaggio linguistico in modo da
rendere il significato chiaro e comprensibile; si possono ridurre le richieste
linguistiche, si possono usare diverse modalità di valutazione e verifiche
incrociate.
Usando dei punteggi separati per la lingua e il contenuto è possibile evi-
denziare il progresso degli studenti in termini di autovalutazione attraverso
una valutazione continua con dei piani di lavoro individualizzati.
ti.
6. Conclusioni
va
er
Queste riflessioni mettono in evidenza come la metodologia CLIL sia
ris
innovativa e favorisca l’acquisizione linguistica attraverso un aumento della
quantità di esposizione all’italiano, una migliore qualità dell’ esposizione all’i-
tti
taliano e una maggiore motivazione all’apprendimento. L’attenzione è focaliz-
iri
id
zata maggiormente sul contenuto da veicolare piuttosto che sulla lingua stes-
sa, in modo da potenziare le competenze linguistiche senza che lo studente
ti
ut
se ne accorga.
.T
e gli stessi studenti dovranno adottare modalità diverse di lavoro che con-
ed
riferimenti bibliografici
Bo
BALBONI P.E. (2002), Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società com-
plesse, Torino, Utet Libreria.
©
252
siti d’interesse
Università di Venezia: www.unive.it/linguistica.glottodidattica/riebi
TIE-CLIL: www.tieclil.org
Euroclic: www.euroclic.net
DIALANG: www.dialang.org
CLIL Compendium: www.clilcompendium.com
ti.
va
er
ris
tti
iri
id
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na
Bo
©
253
©
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cci
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id
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tti
ris
er
va
ti.
Parte QUarta
ti.
va
er
strUmenti e sUPPorti
ris
Per L’insegnamento
tti
iri
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ti
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iri
tti
ris
er
va
ti.
Capitolo 18
indiCaZioni Per L’anaLisi di manUaLi
Per L’insegnamento deLL’itaLiano Ls
Marina Biral
ti.
stiche del testo.
va
er
ris
1. Premessa
tti
Negli ultimi anni il panorama delle pubblicazioni di manuali per l’inse-
iri
gnamento dell’italiano come lingua straniera si è diversificato e ampliato. I
id
per il turismo, per gli affari, ecc), o manuali per i bambini stranieri che stan-
c
na
no affollando le aule delle nostre scuole Elementari. E inoltre, testi che sono
Bo
257
2. indicazioni per l’uso della scheda
Grafica
ti.
va
Se si pensa che il manuale per principianti è il primo strumento di
approccio con una nuova realtà linguistica, è naturale che un libro colorato,
er
con foto, vignette, spazi per scrivere rappresenta un sostegno alla motivazio-
ris
ne di apprendere e uno stimolo visivo e mentale, sia per bambini che per
adulti. tti
iri
id
Istruzioni
ti
ut
cipianti non sono leggibili, significa che l’insegnante è necessario anche per
re
Approccio
c
na
258
Metodologia
Tutti i manuali hanno impostazione comunicativa; alcuni fanno maggior-
mente uso di strategie di coinvolgimento attivo degli studenti con molte atti-
vità che favoriscono l’interazione linguistica all’interno del gruppo.
Testi per studenti avanzati hanno i materiali organizzati per Unità temati-
che, tecnica che a questi livelli si rivela ottima per poter approfondire le
conoscenze linguistiche attraverso l’esplorazione di temi culturali.
Obiettivi
Questa voce indica se nel testo compare un indice in cui siano esplicitati
funzioni, contenuti grammaticali, lessicali e culturali di ogni Unità o modu-
ti.
lo. Ormai tutti i nuovi testi soddisfano questa richiesta. In alcuni, l’indice
va
compare anche come introduzione ad ogni UD, in modo da servire come
er
orientamento per lo studente che così può autonomamente rendersi conto
ris
del percorso da seguire.
Cultura tti
iri
id
do presenta tutti e tre gli indicatori, è già un chiaro segnale che il materiale
è impostato su strategie didattiche molto efficaci.
c ci
na
Input
Bo
Testi
La selezione del primo indicatore, autentici, è la necessaria conseguenza
di testi impostati su strategie di tipo comunicativo. Le voci successive della
colonna di sinistra segnalano una maggiore efficacia didattica. Se i testi che
state valutando, orali o scritti che siano, appaiono poco in sintonia con gli
interessi della classe, sarà più difficile stimolare la motivazione degli studen-
ti. Se presentano anche variazioni di registro, di accenti regionali, daranno
259
maggiore garanzia di potenziare la capacità sociolinguistica degli studenti.
L’ultimo indicatore riguarda la varietà del genere testuale, che chiaramente
sarà subordinata al livello linguistico dello studente che dovrà affrontare e
decodificare testi sempre più complessi.
Ascolto
Per i principianti è raro che i manuali presentino dialoghi in presa diret-
ta, ma è importante che siano autentici in quanto realmente comunicativi e
non artificiali. Un dialogo è autentico per la velocità del parlato, se ci sono
espressioni tipiche come anacoluti, interiezioni, sospensioni, pause, cioè i
tratti verbali paralinguistici senza i quali ogni conversazione sarebbe priva di
incisività. Per i livelli più alti, l’ascolto di un dialogo è generalmente sostitui-
ti.
to con testi differenti quali: canzoni, trasmissioni radio, dibattiti, interviste.
va
er
Orientamento iniziale
ris
La presenza di questo elemento è necessario e ormai presente in tutte le
tti
ultime pubblicazioni.Viste le difficoltà relative alla comprensione orale, mag-
iri
giori sono le strategie di orientamento presentate nel testo, minore è il peri-
id
Comprensione orale
ed
scegliere le attività più stimolanti che il testo offre. Come per altri indicatori
c
na
Produzione orale
Le voci sono qui indicate in ordine crescente di complessità; è perciò
ovvio che il primo indicatore appaia in un manuale per principianti mentre
il penultimo e l’ultimo sono tipici di livelli più avanzati. L’attività relativa ai
giochi può essere presentata subito, dal livello principianti, fino al livello più
avanzato; un testo che presenti questa attività darà modo di far lavorare la
classe in varie modalità, a gruppi, favorendo il coinvolgimento degli studen-
ti, o individualmente, dando modo a ciascuno di sfidare se stesso.
260
Comprensione
Anche per questo indicatore non sono stati elencate tutte le varietà possi-
bili; è valido sempre lo stesso principio: più materiale è presentato nelle
Unità, maggiori possibilità avrà l’insegnante di lavorare in modo flessibile
agli interessi e ai bisogni degli studenti.
ti.
Produzione scritta
va
Gli studenti vanno avviati verso la produzione scritta autonoma con eser-
er
citazioni graduate; da semplici attività manipolative ad attività più autonome;
ris
dalla produzione di paragrafi su modelli dati, alle composizioni guidate o la
rielaborazione di un brano usando un genere testuale diverso o altro registro.
tti
iri
Per studenti già abili, gli esercizi che mettano in campo abilità diverse, come
id
comunicazione. Come sempre, maggiori sono gli elementi qui suggeriti pre-
.T
Grammatica
ed
strategia che permette che gli elementi grammaticali vengano scoperti dallo
studente nella misura in cui la sua interlingua è in grado di identificarli ed assi-
milarli. Gli indicatori successivi, nel numero in cui sono presenti nel testo da
analizzare, permettono di capire se il materiale è ben strutturato o meno.
Importante anche la presenza dell’ultimo elemento: ogni studente, special-
mente ai livelli più bassi, ha necessità di ancorare le proprie acquisizioni lin-
guistiche a degli schemi scritti, in modo da poterli rivedere in ogni momento.
261
Lessico
Questo indicatore è importante perché non tutti i manuali curano la parte
lessicale, che è invece essenziale. Se appare la prima voce, significa che l’in-
segnante avrà minore necessità di integrare con altro materiale questa sezio-
ne e che lo studente potrà, anche autonomamente, rivedere questa parte per
fissare gli elementi del vocabolario presentati negli input dell’Unità. L’ultimo
elemento, purtroppo, non è facilmente presente nei manuali, anche più
recenti: un indice lessicale risulta un appiglio molto utile per il ripasso dello
studente.
Fonologia
ti.
Tale sezione deve essere presente nei manuali per principianti perché la
va
pronuncia errata di un suono, di una frase o l’uso improprio del ritmo e del-
er
l’intonazione possono compromettere l’efficacia comunicativa del messaggio.
ris
Modalità di lavoro
tti
iri
La scelta di queste voci sono importanti perché se tutti gli indicatori ven-
id
gono segnati nella scheda, il materiale che state analizzando appare degno di
interesse. Gli studenti hanno bisogno di interagire, per socializzare e per uti-
ti
ut
recupero o fissazione.
c ci
na
Materiale integrativo
Bo
Efficacia
Per un soddisfacente processo di apprendimento si devono seguire deter-
minati parametri:
porre lo studente come elemento centrale del percorso didattico;
motivare lo studente coinvolgendolo in attività comunicative stimolanti;
262
utilizzare tecniche varie e diversificate che possano soddisfare diversi stili
di apprendimento, perché non tutti apprendono allo stesso modo (c’è chi
preferisce lavorare in gruppo, chi da solo, c’è chi segue ritmi più lenti).
Sono le ultime indicazioni della scheda, quelle che riassumono la validità
o meno del materiale da analizzare: se nel manuale che state valutando nes-
suno di questi parametri viene soddisfatto, cestinatelo. Se, invece, tutte que-
ste componenti sono presenti, è molto probabile che il testo sia valido.
Nella pagine seguenti, la scheda intera.
ti.
adolescenti
va
adulti
er
Lingua M eterogenea
ris
unica
Conoscenza italiano
tti
scarsissima
iri
sufficiente
id
buona
ISTRUZIONI Facili
ti
ut
Difficili
.T
GRAFICA Stimolante sì no
APPROCCIO Per comportamenti grammaticali sì no
re
Comunicativo generale sì no
ito
saper dialogare sì no
saper prendere appunti sì no
ci
saper riassumere sì no
c
na
lettura sì no
METODOLOGIA UD per funzioni/situazioni sì no
UD per attività sì no
UD tematiche sì no
OBIETTIVI Esplicitati sì no
CULTURA Con informazioni adeguate sì no
Coerenti con argomento UD sì no
Con attività di rinforzo delle altre abilità sì no
INPUT Sufficienti sì no
Diversificati sì no
263
TESTI Autentici sì no
Interessanti sì no
Vari per registro: colloquiale/informale sì no
Vari per area geografica sì no
Vari per genere:annunci, articoli, lettere… sì no
ASCOLTO (Dialogo) Autentico sì no
Per situazione comunicativa sì no
Per velocità d’eloquio sì no
ORIENTAMENTO Tramite elicitazione sì no
INIZIALE Con illustrazioni sì no
Con parole chiave sì no
COMPRENSIONE Attività di guida all’ascolto con scelta multipla /
ORALE Vero o Falso/griglie, ecc. sì no
ti.
Attività di decodificazione con scelta multipla / griglie sì no
va
Transcodificazioni sì no
er
Cloze sì no
ris
Domande sì no
PRODUZIONE Ascolto - Ripetizione sì no
ORALE Simulazione/ drammatizzazione tti sì no
iri
Role play/ dialogo aperto sì no
id
Scambi di informazioni sì no
ti
Giochi sì no
ut
Discussione sì no
.T
Racconti sì no
ci
Poesie sì no
c
Griglie /Riordino sì no
Cloze sì no
©
Domande sì no
PRODUZIONE Con attività graduate sì no
SCRITTA Trasformazione
ad altro genere comunicativo sì no
ad altro genere testuale sì no
a registri diversi sì no
Composizione sì no
Con attività integrate:riassunti /appunti sì no
264
GRAMMATICA Del testo e della comunicazione sì no
Della frase sì no
Con presentazione induttiva sì no
Con inclusione ed esclusione sì no
Riordino sì no
Con attività di fissazione numerose e varie sì no
Con manipolazioni di tipo strutturale sì no
Con riempimento di spazi sì no
Con cloze sì no
Con specchietti finali sì no
LESSICO Con sezione specifica sì no
Abbinamento sì no
Inclusione/Esclusione / Seriazione sì no
ti.
Cloze sì no
va
Con indice finale sì no
er
FONOLOGIA Esercizi sul ritmo, sulla intonazione sì no
ris
MODALITA’ DI LAVORO Flessibile sì no
Con attività per gruppi sì no
A coppie tti sì no
iri
Individuali con chiave delle risposte sì no
id
Audiocassetta / Videocassetta sì no
.T
Cd rom sì no
re
Siti su Web sì no
ito
265
Capitolo 19
L’UtiLiZZo deL Video
neLLa didattiCa deLL’itaLiano Ls
Paolo Torresan
ti.
dente disponga degli strumenti necessari per inferire i significati.
va
Detto altrimenti, l’esposizione tout court ad una sequenza video, per
er
quanto questa possa risultare interessante e piacevole e per quanto la lingua
ris
sia sempre in contesto, non è garanzia di successo da un punto di vista glot-
tti
todidattico. Così, mentre fenomeni di apprendimento spontaneo sono circo-
iri
scrivibili a situazioni di forte motivazione e a grandi aspettative di integra-
id
266
dei significati e all’intuizione complessiva degli aspetti non verbali della
comunicazione, il secondo è preposto all’analisi sequenziale dei dettagli, agi-
sce secondo le leggi della logica, segue percorsi lineari e si focalizza sulla
dimensione verbale della lingua. Danesi sostiene che quando si impara una
lingua, la mente segue un ordine preciso, afferrando prima il significato glo-
bale, quindi scendendo nell’analisi dei particolari.
Il video rispetta questa direzione “naturale” dell’apprendimento per il
fatto che “il senso visivo permette il massimo di informazione nel minor
tempo possibile. L’occhio prende contatto in modo immediato con l’oggetto
percepito, non analizza i particolari delle immagini e attiva le funzioni del-
l’emisfero destro del nostro cervello, al quale sono prevalentemente legati i
processi correlati alle immagini, all’organizzazione spaziale e alle attività glo-
ti.
bali” (Troncarelli 1994).
va
Diverse ricerche dimostrano inoltre l’efficacia del linguaggio iconico ai
er
fini di una memorizzazione a lungo termine: accade che si ricordi il 10% di
ris
ciò che si vede, il 20% di ciò che si ascolta, il 50% di ciò che si vede e si
ascolta (Begley 1994, citato in Porcelli, Dolci 1999, p. 52).
tti
iri
In sintesi si può affermare che con il video si impara in modo efficace e si
id
ricorda di più.
ti
ut
base agli interessi, all’età e ai bisogni linguistici dei discenti, è il luogo in cui
Bo
In realtà, l’insegnante che intende usare il video può contare pure su una
discreta mole di materiali strutturati presenti nel mercato - video pensati ad
hoc per studenti di italiano come LS (documentari, film semiautentici, etc.),
caratterizzati da un lessico e da una sintassi relativamente semplificati; tutta-
via si tratta di materiali spesso inefficaci nel rappresentare la realtà del Paese,
sia dal punto di vista linguistico (la lingua usata nasce dallo scritto ed è
distante dalle reali strategie messe in atto in una normale comunicazione fac-
cia a faccia) sia da quello culturale (alcuni prodotti rinforzano, anziché sfa-
267
tare, i più diffusi stereotipi sull’Italia).
Diversamente, i materiali autentici (vale a dire i programmi televisivi o le
pellicole cinematografiche di cui l’insegnante seleziona e didattizza una o più
sequenze) hanno il pregio di essere attuali e riscuotono perciò un maggior
interesse da un punto di vista culturale e sociolinguistico.
Nella sua preziosa ricerca del 1994, P. Diadori ha mostrato come l’italia-
no televisivo sia per così dire “sospeso” tra oralità e scrittura. In effetti, mal-
grado il messaggio raggiunga gli spettatori principalmente attraverso il cana-
le uditivo, la natura testuale di molti prodotti video si presenta fortemente
caratterizzata dalle “norme” tipiche dello scritto. Ciò vuol dire che sotto la
dicitura “materiali autentici” rientrano testi che si distinguono per un mag-
giore o minore grado di controllo della lingua. Nei servizi giornalistici, così
ti.
come nelle voci fuori campo dei documentari, prevale un parlato-scritto (letto
va
ad alta voce), che presenta la tipica testualità della scrittura, un’oculata pia-
er
nificazione e una necessità di esplicitazione, mentre nei dialoghi dei pro-
ris
grammi di intrattenimento, nelle telefonate ai concorrenti di un quiz, nelle
interviste improvvisate prevale un parlato-parlato (spontaneo nel caso della
tti
iri
candid camera), dove le difficoltà di comprensione dovute alle variazioni dia-
id
di connettivi, una relativa semplicità sintattica, le pause, etc. Tra i due estre-
re
degli esperti di varie discipline, i cui interventi si basano il più delle volte su
Bo
268
nenti paralinguistiche della comunicazione (pronuncia, intonazione, timbro,
velocità di eloquio) e di penetrare meglio le intenzioni psicologiche degli
interlocutori. Con il video si possono esaminare e valutare distintamente le
componenti extralinguistiche: la gestualità, la mimica facciale, i cenni del
capo, la distanza tra gli interlocutori, il significato sociale di oggetti e vestiti.
Tecniche didattiche come il doppiaggio o la drammatizzazione valgono, in
un momento successivo, al fissaggio dei tratti sovrasegmentali e degli aspetti
extralinguistici oggetto di analisi (preziosi suggerimenti in Rostagno 1999).
È chiaro d’altronde che una didattica orientata ad un confronto intercul-
turale promuove la selezione di filmati che mettono in luce quegli aspetti
della società che stimolano discussioni circa le differenze che intercorrono
con la cultura propria dell’allievo; diventa ancora più proficuo tale confron-
ti.
to se l’allievo è stimolato a formulare un giudizio critico sulle stesse modalità
va
mediante le quali il regista ha deciso di presentare una certa immagine della
er
cultura della lingua obiettivo (Triolo 2003).
ris
2.4 Variabili che determinano le difficoltà di comprensione di uno spezzone
tti
iri
La consapevolezza delle variabili da cui dipende la difficoltà di compren-
id
stabilire, in primo luogo, fino a che punto l’interlingua dello studente può
re
tra suono e immagine si dia un rapporto parallelo (il contenuto delle parole
Bo
tore straniero.
Una struttura narrativa compiuta e lineare e aperta a più possibilità di
didattizzazione costituisce un parametro positivo sul piano della compren-
sibilità.
La presenza di rumori di sottofondo invece, come avviene nella presa
diretta, comporta una minore nitidezza del suono; alla pari, un testo risulta
più difficile da capire quanto maggiore è il numero degli interlocutori, quan-
to più la pronuncia si caratterizza diatopicamente e quanto minori sono le
269
informazioni extralinguistiche (è molto più facile comprendere il messaggio
di un parlante in primo piano rispetto a quello di una voce fuori campo).
Diverse strategie di comprensione, e quindi diversi gradi di difficoltà,
vengono attivate a seconda della modalità di codificazione, ovvero della
natura testuale, orale o scritta, del testo audiovisivo; è un argomento a cui
abbiamo già accennato e che approfondiremo nel paragrafo successivo.
Per inciso, ci preme sottolineare l’opportunità di valutare i contenuti cul-
turali; se troppo marcati o troppo distanti dall’universo di valori della cultu-
ra d’origine dello studente, potrebbero generare una barriera di tipo “emo-
tivo”, se non addirittura “etico”, con una conseguente reazione di rigetto
(Maggini 2001).
ti.
2.5 Differenti possibilità di utilizzo didattico delle varie tipologie testuali
va
I materiali che vengono più largamente usati dagli insegnanti di italiano
er
sono la pubblicità, il telegiornale, il film e il talk-show; seguono i videoclip,
ris
le previsioni del tempo, i documentari (Cassandro 1999).
tti
La pubblicità è un prodotto raffinato, che gioca su più codici: il colore e
iri
le immagini (di solito ridondanti), gli spazi (che creano un vero e proprio
id
200 volte al giorno, fra giornali, riviste, annunci, radio, Internet, televisione,
cinema, manifesti. Lo scopo della pubblicità è quello di affermare un pro-
c ci
Fabris 1995). È chiaro allora che lo spot non informa solo sul prodotto, ma
è un’espressione più o meno manifesta dei costumi sociali, delle tendenze,
delle mode e dei valori di una cultura. Da un punto di vista didattico, la spen-
dibilità di uno spot risiede nella sua brevità (è quindi ottimo per i livelli ele-
mentari), nel forte accento dato alle componenti extralinguistiche, nonché
nella possibilità di tematizzare alcuni aspetti morfosintattici, quali: l’indicati-
vo presente (per affermare la qualità di un prodotto), l’imperativo (per esor-
tare all’acquisto), il futuro (per promettere), i comparativi e i superlativi (per
270
paragonare o affermare l’eccellenza del prodotto).
Il telegiornale è il modo italiano di vedere il mondo, e come tale si presta
ad osservazioni di tipo interculturale: si possono, ad esempio, invitare gli stu-
denti a individuare le caratteristiche di un notiziario italiano e metterle a
confronto con quelle di un notiziario del loro Paese (serio/ superficiale; ten-
denzioso/ obiettivo; sensazionale/ pacato; etnocentrico/ aperto ai fatti inter-
nazionali, etc.). La divisione delle informazioni in rubriche (politica, crona-
ca, economia, sport, spettacolo, etc.), e quindi in sequenze, facilita, ai fini
della comprensione, l’individuazione delle 5 W, permette un arricchimento
lessicale e stimola la capacità di sintesi; al pari, la descrizione degli avveni-
menti, la previsione di piani futuri, etc., aiutano a focalizzare l’attenzione
sulla sintassi e la morfologia. La natura scritta del testo parlato a voce alta dal
ti.
giornalista, la velocità di eloquio, l’assenza di pause, il fatto di dare per scon-
va
tate una serie di informazioni (sigle, contratti, associazioni, neologismi della
er
politica, metafore, ecc.) costituiscono notevoli difficoltà alla comprensione.
ris
Come precisa Zonari (1997), nel telegiornale la comprensione è affidata per
lo più alla parola: le immagini hanno una funzione di supporto e a volte pos-
tti
iri
sono addirittura disorientare il discente a causa di una relazione contraria
id
con i contenuti verbali. È bene pertanto, ogni qual volta si sceglie di agevo-
lare la comprensione, presentare sequenze in cui la ridondanza o la comple-
ti
ut
ne del parlato dei notiziari verso pronunce regionali (Bosc, Malandra 2000).
ito
sopraffazione. I registi che si sono distinti negli ultimi anni e che hanno avuto
un’eco internazionale, tendono, eccezion fatta per Moretti e la Archibugi, a
©
271
durata dello spezzone non dovrebbe superare i cinque – sei minuti; occorre
inoltre che la scena abbia una sua compiutezza e non presenti eccessivi
rimandi alle scene precedenti. La sequenza dovrebbe andare incontro agli
interessi culturali, ai gusti personali e all’età dei discenti, corrispondere al
loro livello di conoscenza della lingua, e fornire stimoli nuovi o rinforzare
strutture e contenuti appresi in precedenza. È necessario che la sequenza si
raccordi (è un criterio valido del resto per ogni genere testuale) con l’intera
programmazione curricolare (che non rappresenti cioè un’esercitazione cir-
coscritta), ed è auspicabile che sia il “nodo” di un complesso reticolo modu-
lare, per cui il testo video si lega ad altri tipi di testo (articoli di giornale,
recensioni, pagine web, canzoni, etc.): le tematiche affrontate vengono così
ulteriormente approfondite, e si costituisce alla fine quella fitta rete di signi-
ti.
ficati che sta alla base di ogni processo di acquisizione.
va
I talk show sono un’autentica miniera sociolinguistica, poiché fortemente
er
caratterizzati diatopicamente. Inoltre, con la loro bizzarra asintatticità, pre-
ris
sentano una vasta gamma di caratteristiche proprie della lingua parlata: le
ripetizioni, le riprese, gli anacoluti, le esitazioni, la ridondanza di alcuni riem-
tti
iri
pitivi, etc. Le espressioni del volto, il cenno del capo per annuire o negare, il
id
re, ribadire, etc.) sono utili per allargare la consapevolezza linguistica e l’uso
ito
mento basate sulla canzone o come stimolo per attività ludiche, quali il
karaoke (Cardona 1998).
©
272
costruzioni sintattiche sono complesse, ricche di subordinate e di incisi, e il
lessico tende ad essere specialistico, fino a rasentare talvolta l’ambito micro-
linguistico.
Esistono infine alcuni materiali che rimangono piuttosto inesplorati: le
lotterie, le notizie sportive (ottime entrambe per svolgere attività sui numeri),
le televendite (da cui si possono ricavare attività lessicali) e i cartoni animati
(i quali, pur presentando una trama semplice, per cui la formulazione di ipo-
tesi è facilitata dalla prevedibilità degli eventi, implicano alcune difficoltà di
comprensione, dovute in specie alla pronuncia nasale e a una discreta velo-
cità di eloquio).
ti.
Esiste una ricca bibliografia sui criteri mediante i quali si può progettare
va
proficuamente un’unità didattica basata sul video (tra gli altri: Giraudo 1991;
er
Continanza, Diadori 1997; Diadori 1992, 1994, 2001; Vannini 1994; Andres
ris
1996; Fratter 2000; Bosc, Malandra 2000). Attraverso una sintesi delle diver-
tti
se esperienze possiamo riassumere alcune tecniche di base da utilizzare nelle
iri
diverse fasi di un’unità.
id
dei personaggi, dei loro stati d’animo, del contesto storico e sociale; una rico-
ito
gnizione delle scene precedenti; una descrizione della vita e dello stile del
ed
regista, ecc.
Per introdurre lo studente alla visione e all’ascolto della sequenza l’inse-
c ci
(vision on and sound off) oppure ad un ascolto senza visione (sound on and
vision off) o infine a una visione scissa (split viewing). Nel primo caso gli stu-
©
denti, concentrati solo sulle immagini, formulano ipotesi sul contenuto della
storia (ai livelli più bassi si può semplicemente chieder loro di porre atten-
zione a relazioni statiche e descrivere persone, oggetti e ambienti); è una tec-
nica che, oltre a creare aspettative e suscitare interesse, permette di isolare ed
esaminare distintamente le componenti extralinguistiche. Escludendo invece
la visione dallo schermo e invitando la classe ad un ascolto dei dialoghi, si
mira a un’operazione di segno opposto: ricostruire la storia, e quindi avan-
zare una serie di ipotesi su avvenimenti, relazioni tra i personaggi, etc., a par-
273
tire dal solo dato acustico. È chiaro che mediante una visione completa gli
studenti sono messi nelle condizioni di verificare le loro supposizioni. Nel
caso di una visione scissa, infine, avviene un confronto tra i membri della
classe che hanno assistito ad una visione senza suono e quelli che, in un’aula
distinta, hanno solamente ascoltato i dialoghi; si può prevedere un terzo
gruppo che ricostruisce la scena assieme agli altri a partire dalla lettura della
sceneggiatura o del romanzo da cui il film è tratto (Granone, 1999).
Altre modalità per stimolare la formulazione di ipotesi e la capacità di
predizione sono il blocco dell’immagine (pause/ freeze – frame control) e il
riordino delle sequenze (jumbling sequences). Per quest’ultima attività è
necessario disporre di due videoregistratori, in modo da doppiare la scena
originale (Jobst, 1999; Rostagno, 1999).
ti.
Per sviluppare o verificare la comprensione si può ricorrere a tecniche
va
“tradizionali”, quali: griglie, scelte multiple, domande aperte o chiuse, vero
er
o falso, abbinamento (personaggi-luoghi, personaggi-azioni, personaggi-
ris
ruoli), riordino (ridefinire l’ordine in cui compaiono i personaggi e le loro
azioni, con la presenza o meno di un intruso), incastro di parole o frasi (da
tti
iri
mettere nell’ordine giusto secondo l’ordine di comparsa nel filmato), tran-
id
scodificazione, etc.
Attività di analisi a carattere morfosintattico o lessicale richiedono che lo
ti
ut
studente abbia sottomano una trascrizione più o meno completa del brano
.T
ne frasi presenti nel testo (che devono essere riordinate dallo studente e
ito
quindi confrontate con l’originale), fornire griglie lessicali (i nomi dei perso-
ed
naggi in una colonna, gli aggettivi che esprimono il loro carattere in un’altra),
proporre attività di seriazione, di inclusione, ecc.
ci
274
2. Produzione di materiale audiovisivo
L’insegnante e gli studenti possono vestire i panni del regista e produrre
materiali video.
L’insegnante può videoriprendersi o farsi videoriprendere, per esempio,
allo scopo di osservare il proprio modo di interagire in classe, il proprio lin-
guaggio del corpo, la gestione dei turni di parola, l’eventuale preferenza
accordata ad alcuni studenti rispetto ad altri, etc.: un insieme di osservazio-
ni utili a valutare la qualità del proprio insegnamento mediante un autentico
percorso di Ricerca-Azione.
L’insegnante può inoltre videoriprendere scambi tra nativi in un contesto
spontaneo o semiautentico, e creare scenari incentrati su funzioni comunica-
tive specifiche (salutarsi, dare ordini, etc.), oppure riprendere gli studenti
ti.
durante le attività di gruppo per valutare, tra le altre cose, il ruolo della lea-
va
dership, eventuali progressi a distanza di tempo, le dinamiche di autocorre-
er
zione, etc.
ris
I corsisti possono invece girare sketch di programmi televisivi di vario
tti
genere (pubblicità, telegiornale in chiave ironica, etc.), realizzare interviste a
iri
nativi o montare piccole sequenze di film per le quali si sono accordati sui
id
riferimenti bibliografici
ed
BENUCCI A., CINI L., DIADORI P. et al. (1988), Cara Italia. Guida all’uso di
c
na
275
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va
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er
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ris
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Humphris, C. (cur.), Uso dei testi letterari e cinematografici. Atti dell’11°
tti
iri
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id
seminario internazionale per insegnanti di lingua, Roma, Dilit, pp. 129 – 137.
.T
276
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ti.
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va
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ris
tti
iri
id
ti
ut
.T
re
ito
ed
c ci
na
Bo
©
277
Capitolo 20
softWare neLLa didattiCa
deLL’itaLiano Ls
Paola Celentin
ti.
“software per la didattica dell’italiano lingua straniera” per veder comparire
va
centinaia di siti) quanto piuttosto la qualità degli stessi e la loro effettiva atti-
er
tudine didattica.
ris
Per questo motivo, attraverso le pagine seguenti, intendiamo proporre un
tti
percorso di riflessione sui significati e sulle implicazioni dell’uso dei softwa-
iri
re didattici, per giungere a focalizzare l’attenzione sulla valutazione critica
id
degli stessi.
ti
ut
.T
1. L’ergonomia cognitiva
re
ter-human interaction); per quanto riguarda invece i siti Web si usa di solito
il termine “usabilità”3.
È possibile effettuare una classificazione sommaria dei prodotti (di tutti i
prodotti) partendo dal punto di vista ergonomico, tenendo conto che l’ergo-
nomia non è una scienza prescrittiva, ma piuttosto una metodologia per osser-
1
Dizionario della lingua italiana Devoto-Oli (2000).
2
Dallo statuto della Società Europea di Ergonomia Cognitiva – EACE, costituita nel 1987.
3
Anzalone F., Caburlotto F. (2002), Comunicare in rete = l’usabilità, Milano, Lupetti.
278
vare come si comporta l’individuo quando ha a che fare con le tecnologie.
Tracciando un sistema cartesiano i cui due assi rappresentino la gradevo-
lezza e l’utilità, i prodotti si possono collocare come nello schema seguente4:
bello
buon design
sfarzo tecnologico
(cattivo design) ergonomico
inutile utile
ti.
va
dilettantesco accessibile
er
ris
brutto
tti
iri
Introdurre la nozione di ergonomia nell’ambito specifico della didattica
id
significa dare avvio ad una riflessione sulle modalità più adatte per svolgere
in modo efficace una funzione educativa, al fine di:
ti
ut
Ogni qual volta vengano impiegati software per l’attività didattica sarà
ed
seguenti caratteristiche:
c
na
4
Tratto dall’intervento di Bonaiuti G., “Ergonomia delle interfacce e apprendimento” al seminario di
aggiornamento per insegnanti di ogni ordine e grado di scuola “Didattica in rete - materiali e giochi online,
18 - 19 novembre 2002”, IPRASE del Trentino
5
Calvani M. (2001), Educazione, Comunicazione e nuovi media, Torino, Utet
279
- il contesto didattico circostante sia adeguatamente orientato, evitando
interferenze con la soluzione del problema.
ti.
è stata la teoria neo-comportamentista, che vede l’apprendimento come un
va
processo di interiorizzazione di schemi di comportamento intesi come mec-
er
canismi inconsci di reazione agli stimoli6. È in questo contesto che nasce il
ris
CAI, Computer Assisted Instruction, che vede la macchina come fornitrice
tti
di stimoli a cui lo studente deve rispondere in modo meccanico. In quest’ot-
iri
tica l’interesse specifico dell’insegnante è chiaramente valutare se la forma e
id
studente fornirà.
ut
discussione dal cognitivismo, che mette l’accento sui processi interni e sug-
re
degli obiettivi didattici, e non soltanto gli obiettivi stessi. Ai fini cognitivisti
ed
mette di agire lavorando con più codici rispetto al materiale didattico tradi-
Bo
6
Skinner B.F. (1957) [1976], Verbal Behavior, New York, Appleton-Century-Crofts (trad. it. Il
comportamento verbale, Armando, Roma).
280
nologie didattiche, andando ad indagare anche sulla predisposizione degli
ambienti, sulla tipologia di scaffalature (scaffolding) con le quali vengono
modulate le opportunità formative e sull’impatto che questi elementi hanno
sulla motivazione individuale all’apprendimento.
ti.
- il progettista, cioè colui che ha pensato e realizzato il software, cercando
va
di anticipare i bisogni e le scelte dell’utente.
er
Molto spesso accade però che ci sia uno “scollamento” fra caratteristiche
ris
del prodotto finito e reale valenza didattica del prodotto stesso. I sussidi glot-
totecnologici, le tecnologie avanzate, oltre che la ricerca tecnologica applica-
tti
iri
ta all’insegnamento, rischiano di diventare delle sezioni autonome e separa-
id
blicazione.
©
7
Nell’ambito informatico l’interfaccia è un meccanismo che permette all’utente di accedere alle
funzioni di uno strumento tecnologico, traducendo il “linguaggio” umano in quello della macchina.
281
2.1 Il processo di fruizione del software
Come avviene la fruizione di un software da parte dell’utente? È impor-
tante osservare questo processo per poter esprimere poi dei giudizi sulla vali-
dità o meno ai fini didattici di un determinato programma. Questa fruizione
avviene normalmente in tre tappe.
1. L’azione
L’utente non è una tabula rasa. Quando si pone davanti al computer ha
una propria serie di riferimenti (culturali, sociali, operativi…) che lo porta-
no ad assumere un certo tipo di atteggiamento. A questo bisogna aggiunge-
re il ruolo giocato dal “contesto d’uso”: l’ambiente di apprendimento (sia
ti.
fisico che informatico) porta l’individuo a costruirsi dei modelli mentali di
va
funzionamento. Attraverso il mapping, ossia l’insieme di “correlazioni logico-
er
spaziali fra quello che l’utente vuol fare e ciò che appare (o è) fattibile”8, si
ris
ha l’azione vera e propria.
2. Il feedback tti
iri
id
di aver fatto una scelta giusta oppure sbagliata e può proseguire qualora il
.T
3. Situazione imprevista
ed
8
Norman D.A. (1997), La caffettiera del masochista. Psicopatologia degli oggetti quotidiani, Firenze,
Giunti.
282
2.2 I requisiti di una buona interfaccia
Quali caratteristiche deve quindi avere un’interfaccia per agevolare il pro-
cesso di apprendimento? Jakob Nielsen9 individua cinque requisiti fonda-
mentali per poter definire un software usabile:
1. Facilità di apprendimento
I programmi migliori sono quelli che non prevedono alcun “costo” di
apprendimento (zero learning time).
2. Efficienza d’uso
Capacità di adempiere pienamente agli scopi per cui è stato progettato.
ti.
va
3. Facilità di comprensione
La ricerca è orientata verso una progressiva riduzione dei tempi di ricer-
er
ris
ca delle informazioni (per usare il software) in memoria, andando verso un
processo di naturalizzazione.
tti
iri
4. Reversibilità degli errori
id
5. Soddisfazione nell’uso
ito
lo sta eseguendo10.
©
Bisogna però anche rendersi conto che esistono alcuni ostacoli alla pro-
gettazione di interfacce di questo genere. Innanzitutto un’interfaccia sempli-
ficata potrebbe:
- non essere adatta allo scopo che si intende perseguire;
- non essere gradevole;
- non essere intuitiva e naturale per tutti.
9
Nielsen J. (1993), Usability Engineering, San Diego CA, Academic Press.
10
Visciola M. (2000), Usabilità dei siti Web, Milano, Apogeo.
283
2.3 L’evoluzione delle interfacce
La scienza informatica mette oggi a disposizione dell’utente tre tipi di
interfacce11.
Interfacce simboliche
I primi dialoghi uomo-macchina sono avvenuti attraverso un linguaggio
molto prossimo al linguaggio macchina, comprensibile solo per gli “iniziati”
e gli “addetti ai lavori”. Nei primi computer messi a disposizione dalla tec-
nologia era necessario quindi usare dei comandi espliciti, come ad esempio i
comandi da prompt.
ti.
Interfacce atomiche
va
È il primo tipo di interfaccia grafica che è stata messa a disposizione del-
er
l’utente e che ha rivoluzionato l’immagine del computer. Esso infatti è passa-
ris
to da “calcolatore” a “comunicatore”, in quanto è possibile, attraverso la sele-
zione tra opzioni diverse (ad es. i menu) passare da una funzione all’altra.
tti
iri
id
Interfacce continue
ti
11
Levialdi (1999), in rete http://cesare.dsi.uniroma1.it/~ium/welcome.html
284
bilità fra i software e la piattaforma sulla quale devono essere installati, oppu-
re alla tipologia di connessione ad Internet nel caso di software disponibili
online. Accenniamo poi solo di passaggio alle grossissime difficoltà che le
interfacce grafiche presentano per gli studenti non vedenti.
Particolare cura deve essere riservata alla selezione degli elementi grafi-
ci come colori, icone e immagini, valutandone sempre l’uso che ne viene
fatto e la comprensibilità (ricordando anche che gli elementi grafici posso-
no avere connotazioni diverse nelle varie culture e che la distinzione fra gli
elementi non può essere basata solo sul colore in quanto possono esserci
utenti daltonici).
Il linguaggio deve essere scelto in base al contesto culturale a cui il softwa-
re è destinato, sia in termini di complessità delle scelte linguistiche operate,
ti.
sia in termini di connotazioni particolari dal punto di vista semantico.
va
Il software deve sempre promuovere un giusto equilibrio fra attenzione e
er
interazione, in quanto scopo specifico di un software didattico è quello di
ris
raggiungere obiettivi di natura cognitiva che passano attraverso un’interazio-
ne “strumentale” con la macchina. Tale interazione, se strutturata in modo
tti
iri
opportuno, può diventare essa stessa parte dell’obiettivo formativo.
id
attendibile.
.T
re
zione sulla necessità di valutare i software didattici che possono essere messi
ci
285
(Istituto Nazionale di Documentazione per l’Innovazione e la Ricerca
Educativa) che ha come fine ultimo quello di stabilire una sorta di “certifi-
cazione” per i prodotti didattici offerti dalle nuove tecnologie. Le aziende
possono sottoporre i propri software didattici che verranno esaminati, in
maniera incrociata e indipendente, da due esperti e almeno due scuole, che
li utilizzano nelle attività didattiche e li valutano con una scheda compilata
dagli insegnanti ed una dagli alunni.
Siamo però convinti che, al di là delle valutazioni che possono essere
espresse da istituzioni di maggiore o minore prestigio, resta fondamentale
l’approccio critico dell’insegnante e dello studente nei confronti del softwa-
re utilizzato. Riteniamo infatti che l’utilizzo passivo e standardizzato dei
media messi a disposizione del sistema educativo, tanto per l’autoapprendi-
ti.
mento quanto per l’apprendimento in contesti istituzionalizzati, sia contrario
va
alla crescita di una cultura della comunicazione tecnologica che non si basi
er
su facili entusiasmi. Si tratta di sviluppare un atteggiamento cosciente e cri-
ris
tico nei confronti non solo del software specifico ma in generale dell’accesso
all’informazione. Al giorno d’oggi, infatti, ha sempre meno senso parlare di
tti
iri
distinzione tra software in senso stretto e Internet visto che stanno progres-
id
scelte cognitive13.
Bo
12
http://www.bdp.it/software/index.php dove si possono consultare anche le schede di valutazione
proposte.
13
Celentin P., “Autonomia e supporti informatici e telematici nell’insegnamento dell’italiano a
stranieri”, in Dolci R., Celentin P. (2000), La formazione di base del docente di italiano per stranieri, Roma,
Bonacci.
286
Scientificità Qual è l’argomento scelto per il percorso didattico?
È interessante?
Chi è l’autore? È conosciuto? È affidabile?
Quali sono i materiali utilizzati?
Sono adatti ad affrontare l’argomento proposto?
Le singole unità sono ben costruite?
Hanno autonomia di contenuti?
Come sono organizzate le unità del percorso?
Le relazioni tra queste unità sono significative e
intuitive?
Ergonomia Come viene comunicato l’obiettivo globale del
software?
È comunicato in modo efficace?
ti.
Come è strutturato nel complesso il software?
va
Questa struttura è chiara, facilmente fruibile?
er
Come sono date le singole consegne?
ris
Il linguaggio è chiaro?
I contenuti operativi delle singole consegne sono
significativi? tti
iri
id
Il software è flessibile?
È possibile adattarlo ai diversi ritmi e stili di
ti
immediati?
re
software?
Per quali destinatari è pensato?
Il software può modificare i ruoli didattici presenti
all’interno della classe? In che modo?
287
riferimenti bibliografici
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LEVIALDI (1999), in rete http://cesare.dsi.uniroma1.it/~ium/welcome. html
er
NORMAN (1997), La caffettiera del masochista. Psicopatologia degli oggetti
ris
quotidiani, Firenze, Giunti.
tti
NIELSEN J. (1993), Usability Engineering, San Diego CA, Academic Press.
iri
PORCELLI G., DOLCI R. (1999), Multimedialità e insegnamenti linguistici,
id
288
Capitolo 21
internet Per La didattiCa
deLL’itaLiano Ls
Marco Mezzadri
Questo breve capitolo intende fornire alcuni spunti per una prima rifles-
sione sull’uso didattico di Internet nella didattica dell’italiano LS. Per un
approfondimento delle tematiche si rinvia ai testi citati in bibliografia.
1. introduzione
ti.
L’insegnamento dell’italiano LS ha saputo ricevere e adattare al proprio
va
contesto le maggiori novità tecnologiche nell’ambito della comunicazione:
er
dal registratore audio, al televisore, dalla radio al videoregistratore, dal labo-
ris
ratorio linguistico al computer.
tti
Dalla metà degli anni ’90 le cosiddette nuove tecnologie (NT) hanno fatto
iri
irruzione nella glottodidattica, arricchendone il panorama.
id
sostanza si adattano e sono subordinati alle logiche della didattica che ven-
c
na
289
È sicuramente una chiave di lettura in parte provocatoria e ambiziosa,
soprattutto se si valuta la realtà didattica di molti corsi di lingua. Tuttavia la
risposta del sistema educativo ai reali bisogni degli studenti e, in ultima ana-
lisi, la sopravvivenza stessa del docente di lingua passa attraverso la trasfor-
mazione del linguaggio così come dell’ambiente in cui si svolgono i processi
di comunicazione.
La distanza tra mondo reale esterno, caratterizzato da una dimensione
multimediale e ipermediale sempre più diffusa, e mondo della scuola, dell’u-
niversità, dei corsi di lingua formali va via via aumentando, con il rischio di
non saper più trovare un canale di comunicazione idoneo che faccia inten-
dere gli studenti e il docente o l’istituzione. Un esempio sotto gli occhi di
tutti è dato dalla considerazione che oggigiorno la grafica colorata e ricca di
ti.
immagini, schemi, diagrammi, ecc., nonché realizzatrice di una dimensione
va
meno sequenziale del testo (la pagina scritta dalla prima all’ultima riga senza
er
interruzioni) è quanto chiedono gli studenti e quanto l’insegnante ritiene
ris
indispensabile per poter mantenere alta la motivazione degli studenti. Così
come la presenza di audio e video a corredo di un testo di lingua è sentita
tti
iri
come imprescindibile.
id
metodologici adottati.
c
na
Bo
1
Si veda l’articolo “Il libro nella rete: una morte annunciata?” (Mezzadri, 2001b).
290
no dirsi d’accordo con le affermazioni del paragrafo precedente.
Tuttavia, allo stato attuale, la ricerca è ben lontana dal poter affermare che
le NT e in particolare Internet siano di per sé un elemento positivo per la
didattica; è quindi preferibile affrontare il problema mettendo in risalto
tanto gli aspetti positivi quanto quelli negativi.
Come accennato nel paragrafo precedente Internet offre svariate possibi-
lità di sintetizzare e applicare teorie che nella classe di lingua tradizionale
fanno fatica a vincere le resistenze consce e inconsce dell’insegnante, dello
studente e del sistema formativo in generale.
Crediamo che sia questo il maggior vantaggio, che nella lista che segue
viene puntualizzato e arricchito di ulteriori spunti. La lettura di questo para-
grafo rimanda, giocoforza, alla trattazione di argomenti di tipo teorico
ti.
(Mezzadri, 2003).
va
er
I vantaggi offerti da Internet nella didattica dell’italiano LS sono numerosi:
ris
- vi sono innumerevoli materiali autentici disponibili che arricchiscono
tti
gli strumenti didattici a disposizione offrendo una immagine fresca e
iri
aggiornata della civiltà di un paese e della sua lingua;
id
gnante;
- chiama lo studente ad applicare abilità cognitive di livello superiore svi-
luppando non solo la competenza BICS, attraverso i contatti interper-
sonali o attività mirate alle abilità comunicative di base, ma anche la
competenza CALP (vedi Serragiotto in questo volume);
- permette di produrre lingua e di procedere con un approccio problem-sol-
ving che porta lo studente a costruire ipotesi e a verificarle nel corso della
comunicazione, proprio come avviene in situazioni comunicative reali;
- impone una dimensione culturale all’apprendimento linguistico;
291
- offre occasioni per espandere il lavoro in classe grazie alle numerose
risorse, alcune delle quali aumentano la motivazione e generano acqui-
sizione: i giochi, ad esempio;
- può favorire la crescita dell’autostima nell’apprendente se utilizzata da
studenti in possesso delle abilità tecniche necessarie e con un livello
d’autonomia in crescita o già buono;
- può rendere più attiva la partecipazione dello studente al dialogo edu-
cativo con l’insegnante, la classe e gli altri soggetti coinvolti;
- contribuisce a migliorare oltre alla lingua anche le capacità di utilizzo
critico delle abilità informatiche;
- incentiva la creatività e la conoscenza di sé e della propria realtà, per-
ti.
mettendo situazioni in cui gli apprendenti devono predisporre presen-
va
tazioni personali, descrizioni del proprio ambiente in modo creativo e
er
comunicativo;
ris
- favorisce i percorsi di apprendimento grazie alla multimedialità e ai
meccanismi cognitivi che mette in funzione;
tti
iri
- offre nuove occasioni di acquisizione naturale a persone con meccani-
id
stesici;
.T
Se molti sono i vantaggi numerosi sono anche gli svantaggi spesso esatta-
c
na
comunicazione;
- preparare la lezione con utilizzo di Internet può essere dispendioso per
l’insegnante in termini di tempo e per la classe o lo studente singolo per
l’esecuzione delle attività;
- e quindi è spesso difficile integrare l’uso di Internet in situazioni didat-
tiche che devono fare i conti con il tempo a disposizione, con i pro-
grammi, con le tante limitazioni causate dalla condivisione con altre
classi degli spazi con accesso alle NT;
292
- il rapporto tra il classico manuale e i percorsi in Internet può essere dif-
ficoltoso se i presupposti metodologici non coincidono, ad esempio se
la teoria alla base del manuale promuove più la forma che il significato
e la comunicazione;
- studente e insegnante devono adattarsi a ruoli nuovi che sono a volte in
aperto contrasto con la loro formazione;
- il tipo di studente richiesto per un efficace utilizzo di Internet nella
didattica della lingua deve possedere livelli di autonomia elevati e con-
dividere in maniera cosciente molti presupposti della glottodidattica
moderna;
- lo studente e l’insegnante devono possedere un livello discreto di cono-
scenze tecniche;
ti.
va
- la sovrabbondanza di materiali disponibili genera probabili e frequenti
er
sovraccarichi cognitivi;
ris
- per evitare il sovraccarico cognitivo si richiede un’attenta pianificazione
tti
e un costante monitoraggio da parte dell’insegnante;
iri
- vi sono insidie in Internet difficilmente evitabili (siti di dubbia morale
id
ta;
Bo
293
favorire alcuni tipi di apprendenti e sfavorirne altri.
Sono tanti i punti elencati sia a favore che a sfavore dell’uso di Internet
nella didattica della lingua. E diversi altri potrebbero essere aggiunti. Ciò che
appare immediatamente evidente è l’importanza di un forte raccordo tra
Internet e la glottodidattica; è questa valenza attribuita a Internet non come
semplice strumento didattico integrativo, ma come nuovo ambiente di lavo-
ro che racchiude in sé una serie di conseguenze sulla didattica, foriera di
numerosi sviluppi nell’insegnamento delle lingue.
Il computer è sì una macchina e quindi di per sé uno strumento, ma la
realtà virtuale di Internet è ben di più, è un ambiente di lavoro, di studio, di
vita, un ambiente per le relazioni, per il tempo libero.
Queste potenzialità possono tradursi in elementi di enorme utilità per la
ti.
didattica delle lingue.
va
er
ris
3. il docente ai tempi di internet
Prima di analizzare il ruolo del docente ai tempi di Internet appare neces-
tti
iri
sario uno sguardo sul concetto di alfabetizzazione.
id
294
impiego proficuo delle NT.
Con la solita, indispensabile attenzione agli aspetti didattici, è necessario
tenere in considerazione i filtri affettivi che una scarsa competenza tecnica
può far sorgere, così come le dinamiche di gruppo distorte che possono
crearsi in situazioni in cui, dopo la prima fase di alfabetizzazione comune, i
membri del gruppo non possiedano tutti un livello accettabile di conoscen-
ze tecniche, permettendo così l’affermarsi di squilibri nel gruppo e processi
che portano alla demotivazione e alla deresponsabilizzazione.
È inoltre indispensabile che l’insegnante possa fungere da costante punto
di riferimento, da risorsa tecnica per la classe; non si tratta di auspicare la
sostituzione del docente di lingue con un tecnico informatico, ma solo di
affermare la necessità di prevedere un profilo per l’insegnante dell’era di
ti.
Internet che lo descriva quale utente competente delle NT. Un insegnante
va
dunque che possa far ricorso alle proprie risorse tecniche, ma anche a quel-
er
le metodologiche, nell’osservazione degli studenti, nella determinazione dei
ris
loro bisogni, nella predisposizione delle lezioni e nella gestione della classe,
ma anche un insegnate che possa porre rimedio, attraverso risorse didattiche
tti
iri
predisposte in alternativa al percorso con le NT, agli improvvisi e purtroppo
id
(European Computer Driving Licence), una vera e propria patente per l’uso
.T
2
Si vedano i siti web: www.ecdl.com/, e per la versione italiana www.aicanet.it/ecdl.htm oppure
www.didasca.it.
295
- studia il progetto educativo a cui deve rispondere (il programma, silla-
bo, ecc.);
- analizza i bisogni dei singoli apprendenti;
- verifica i percorsi da mettere in atto per un apprendimento linguistico
e culturale, ma anche in relazione alle strategie d’apprendimento;
- pianifica e organizza la lezione in funzione del processo d’apprendi-
mento;
- gestisce i tempi, i modi e gli scopi del percorso;
- guida gli apprendenti alla scoperta del percorso didattico;
- gestisce l’organizzazione del lavoro di gruppo;
- agisce quale punto di riferimento per le informazioni necessarie a pro-
cedere nella lezione o attività; è una sorta di consulente/consigliere; è
ti.
va
un tutor;
er
- facilita l’esperienza nel tentativo di far raggiungere i necessari obiettivi
ris
didattici, compresi quelli legati all’autonomia del discente;
- monitorizza il percorso, fornendo l’appoggio necessario per giungere
agli obiettivi prefissati; tti
iri
id
- fornisce appoggio psicologico per abbassare l’ansia e i filtri affettivi;
- fornisce supporto tecnico per non lasciare l’apprendente “in balia”
ti
ut
della macchina;
.T
In questo paragrafo vengono indicati siti che possono essere utili nella
didattica dell’italiano a stranieri. La scelta oggigiorno è tra centinaia di pro-
poste e in questa sede vengono suggeriti siti a volte solo a titolo esemplifica-
tivo o che, ed è la nella maggior parte dei casi, permettono ulteriori percorsi
esplorativi tra le risorse del web.
296
4.1 Siti istituzionali
Ministero degli Affari Esteri: www.esteri.it
Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca: www.istruzione.it
4.2 Università per stranieri o con ricca offerta nel campo dell’italiano a
stranieri
Università per Stranieri di Perugia: http://www.unistrapg.it
Università per Stranieri di Siena: http://www.unistrasi.it
Università Ca’ Foscari di Venezia (Progetto Itals e Alias):
http://www.itals.it/
Università di Roma 3: http://w3.uniroma3.it
ICoN, Italian Culture on the Net: http://www.italicon.it
ti.
va
4.3 Liste di discussione per insegnanti
er
Italiano L2 dell’Università per Stranieri di Perugia:
ris
http://www.unistrapg.it/lista/lista.htm
Italian Studies: http://www.jiscmail.ac.uk/lists/italian-studies.html
tti
iri
Discutiamone insieme:
id
http://www.guerra-edizioni.com/it_x_ins/mailing/intro.htm.
Silfi: http://www.uni-duisburg.de/FB3/SILFI/lista/info.htm
ti
ut
.T
http://www.italianstudies.org/aati/
ci
http://www.uni-duisburg.de/FB3/SILFI/
SLI (Società di Linguistica italiana): http://www.csovi.fi.cnr.it/sli/
Bo
ILSA: http://associazioni.comune.firenze.it/ilsa/ass.htm
©
297
Italianisticaonline: http://www.italianisticaonline.it/
Italica: http://www.italica.rai.it/index.htm
In.it online: http://www.initonline.it
Portale linguistico italiano: http://www.syllabos.com/
4.7 Letteratura e cultura italiana
Autori italiani principali:
http://digilander.libero.it/Kingofnetsite/letteraturaitaliana/index.htm
Canta Italia: http://www.cantaitalia.com/
Dante: http://www.danteonline.it/italiano/home_ita.asp
Enciclopedia Treccani: http://www.treccani.it/
Èulogos: http://www.eulogos.net
ti.
Il Narratore: http://www.ilnarratore.com/
va
Letteratura del ’900:
er
http://digilander.libero.it/letteratura/Novecento/novecento.htm
ris
Liber Liber (Progetto Manuzio): http://www.liberliber.it/home/index.asp
Opera: http://www.operabase.com/
Percorsi storico-letterari: www.sussidiario.it tti
iri
id
Rai Educational: http://www.educational.rai.it/index.htm
Storia della letteratura italiana:
ti
ut
http://www.fausernet.novara.it/fauser/biblio/indexsto.htm
.T
http://www.italica.rai.it/principali/lingua/storialingua.htm
ito
http://guide.supereva.it/italiano/letteratura_italiana/
c ci
4.8 Dizionari
na
http://www.yourdictionary.com/languages/romance.html#italian
©
298
Corso di sopravvivenza di lingua italiana:
http://www.sirio.regione.lazio.it/giubilando/index.htm
Cyber Italian: http://www.cyberitalian.com/
Enigmistica: http://www.aenigmatica.it/
Giochi con l’italiano: http://web.arts.ubc.ca/italian/giochi.htm
Il verbo italiano:
http://www.chass.utoronto.ca/~ngargano/corsi/verbi/verbi.html
Io parlo italiano: http://www.educational.rai.it/ioparloitaliano/main.htm
Italia in rete, catalogo di link utili: http://www.guerra-edizioni.com/
Italiano in rete: http://www.hull.ac.uk/langinst/italiano/index.htm
La corrispondenza italiana:
http://www.chass.utoronto.ca/~ngargano/corsi/corrisp/
ti.
corrispondenza. html
va
La ludoteca della BDP: http://www.bdp.it/gioco/index.htm
er
Per creare cruciverba, puzzle, ecc.:
ris
http://puzzlemaker.school.discovery.com/
Programma autore Hot Potatoes in italiano:
tti
iri
http://web.tiscali.it/itisgiorgi/inglese/didattica/hotpot/index.htm
id
Oggi e domani:
http://academic.brooklyn.cuny.edu/modlang/carasi/site/pageone.html
ti
ut
http://helios.unive.it/~italslab/quattropassi/uno.htm
re
ito
riferimenti bibliografici
ed
MEZZADRI M. (2001), “Il libro nella rete: una morte annunciata?”, in In.it,
na
299
©
Bo
na
cci
ed
ito
re
.T
ut
ti
id
iri
tti
ris
er
va
ti.
©
Bo
na
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ed
ito
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ti
id
Parte QUinta
iri
tti
ris
er
La formaZione ContinUa
va
ti.
©
Bo
na
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ed
ito
re
.T
ut
ti
id
iri
tti
ris
er
va
ti.
Capitolo 22
L’imPortanZa deLLa
formaZione Permanente
Paola Celentin
ti.
va
1. il concetto di formazione permanente
er
ris
Già in Platone, Aristotele, Seneca, Sant’Agostino, Montaigne è possibile
individuare una filosofia di vita che segnala, fra i bisogni umani prioritari, la
tti
necessità di apprendere lungo tutto l’arco dell’esistenza. Questa “attività”
iri
soddisfa un’esigenza della mente, è fonte di benessere per la persona e,
id
in senso morale;
ed
303
ta molteplice, in cui hanno ruoli ben definiti anche i mass media, il mondo
del lavoro, le organizzazioni professionali, le comunità locali…
1.1 La formazione professionale
Un aspetto particolare della formazione permanente è la formazione pro-
fessionale. Con questo termine si fa riferimento alle azioni di vario genere
che hanno il fine di modificare l’operatività, gli atteggiamenti, gli stili pro-
fessionali dei lavoratori.
Questa formazione può essere:
- di adattamento, quando il soggetto apprende ciò che gli è necessario per
eseguire correttamente un compito nuovo oppure la prestazione che gli
viene richiesta;
ti.
- professionale in senso stretto, quando il soggetto viene preparato ad
va
agire per far fronte ad innovazione, già attuate o in corso di attuazione,
er
attraverso specifici programmi di formazione che preparano ad un
ris
insieme complesso di compiti, abilità analitiche e decisionali.
tti
Per molti versi si può dire che la formazione di adattamento è il primo
iri
passo verso la formazione professionale vera e propria.
id
ti
gogia, apprende solo se vede l’utilità di ciò che sta faticando ad imparare,
ito
cioè se percepisce che “ne vale la pena”, per la sua crescita personale o pro-
ed
304
fondamentali, che si possono riassumere come segue:
- considerazione della situazione socio-professionale (esperienza di lavo-
ro precedente, ruolo, status);
- considerazione delle caratteristiche individuali (modalità di apprendi-
mento, motivazioni personali);
- ratificazione dell’offerta formativa da parte dei partecipanti, per creare
un clima di intesa e collaborazione.
ti.
dire “a specchio”. L’insegnante, infatti, è formatore a sua volta, e di conse-
va
guenza ha conoscenze e strumenti tali da permettergli un confronto meto-
er
dologico diretto con l’offerta formativa.
ris
A differenza quindi degli altri “formandi”, per l’insegnante non è suffi-
ciente il prodotto: conta anche il processo, cioè come si raggiunge lo scopo;
tti
iri
anzi, potremmo dire che il processo entra a far parte del prodotto finale, in
id
lingue, e di una lingua particolare come l’italiano, una lingua che attualmen-
re
denti mossi dalle motivazioni più disparate: per lavoro, per affetto, per cul-
ed
1
Un’interessante panoramica si può trovare in Balboni P.E., Santipolo M. (cur.) (2003), L’italiano nel
mondo, Roma, Bonacci.
305
2. Le iniziative del Laboratorio itals per la formazione permanente
degli insegnanti di italiano Ls
Il Progetto Itals fu fondato da G. Freddi, negli anni Settanta come inizia-
tiva volta alla ricerca in linguistica contrastiva e in glottodidattica e proseguì
negli anni Ottanta con una imponente ricognizione per conto del CNR sulla
diffusione dell’italiano nel mondo; oggi il Progetto trova forma nuova e si
trasforma in una struttura permanente.
Il Laboratorio Itals è una struttura del Dipartimento di Scienze del
Linguaggio dell’Università Ca’ Foscari che si occupa:
- di linguistica, dalla ricerca sulla “lingua in sé” alla descrizione delle sin-
gole lingue, dalla linguistica diacronica e computazionale allo studio dei
disturbi del linguaggio;
ti.
va
- di glottodidattica, cioè dell’acquisizione e dell’insegnamento delle lin-
er
gue, di pianificazione e politica linguistica e della formazione dei docen-
ris
ti di lingue, con un’attenzione particolare per il contributo delle tecno-
logie a questi processi;
tti
iri
- di ricerca sulla didattica dell’italiano a stranieri;
id
proposte.
ed
rilevante attività in questo settore, il cui ruolo è stato confermato dal fatto
na
306
2.1 La formazione degli insegnanti di italiano LS
Per la formazione iniziale e in servizio degli insegnanti e del personale
impegnato in agenzie o scuole che, all’estero, diffondono la lingua e la cul-
tura italiana, il progetto offre:
- Master universitario in didattica e promozione della lingua e cultura ita-
liane a stranieri; il Master contempla due percorsi (italiano LS e italia-
no L2), all’interno del percorso italiano LS è possibile scegliere tra l’in-
dirizzo didattico e l’indirizzo organizzativo; il Master è la combinazione
di modalità formative in rete, in presenza e di tirocinio;2
- Corsi di formazione in didattica dell’italiano L2 online (Progetto Alias);3
- Corsi di formazione iniziale in presenza tenuti in Italia, presso la sede del
ti.
Laboratorio o presso le scuole o gli enti che ne fanno richiesta; i corsi
va
sono di primo e secondo livello;
er
- Corsi di formazione iniziale o in itinere tenuti all’estero, quando si rea-
ris
lizzi un gruppo di dimensioni sufficienti a sostenere i costi del corso;
- Corsi speciali finanziati dal Ministero degli Affari Esteri;tti
iri
id
- Corsi ad hoc per associazioni di insegnanti di italiano, tenuti in Italia o
all’estero.
ti
ut
effettua due volte l’anno a Venezia oppure alla fine dei corsi di formazione
ed
all’estero.
ci
2
Per maggiori informazioni consultare il sito www.unive.it/masteritals
3
Per maggiori informazioni consultare il sito www.unive.it/progettalias
307
esperienza di comunità, fatta attraverso la creazione di “classi”, gruppi di
lavoro, forum di discussione.
Si viene a creare così quella che si definisce una “comunità di pratica”,
cioè un gruppo esteso di professionisti (insegnanti e operatori legati dal pro-
blema della diffusione dell’italiano LS) che condividono interessi, ruoli, pro-
blematiche…pur risiedendo nelle realtà soci-culturali più diversificate.
Questa interazione, impensabile fino all’avvento di Internet e alla sua diffu-
sione nel modo massiccio a cui assistiamo al giorno d’oggi, è arricchente e
fonte di esperienza per tutti i partecipanti, che possono così uscire dall’iso-
lamento in cui molto spesso si erano trovati ad operare in precedenza.
Il sito del Laboratorio Itals offre la possibilità di continuare questa espe-
rienza mettendo a disposizione un ambiente nel quale le persone che hanno
ti.
frequentato il Master Itals possono trovare nuove proposte formative, sotto-
va
porre problemi di rilevanza particolare per l’italiano LS nel mondo, accede-
er
re a materiali e risorse di interesse specifico.
ris
Oltre a questa parte riservata, è prevista però anche un’area ad accesso
libero nella quale potranno intervenire tutti coloro i quali sono interessati
tti
iri
all’italiano LS in generale proponendo argomenti di discussione, mandando
id
di abstract dei saggi e dei volumi (schedati per capitoli) riguardanti l’italiano
Bo
308
(vedi capitolo 22, paragrafo 2.2), deve essere poi presentato dai redattori ai
propri colleghi di studio in una sessione apposita in presenza a Venezia.
Si tratta di lavori di ricerca molto specifici e dettagliati, che, partendo
dalle formulazioni teoriche che stanno alla base dell’approccio glottodidatti-
co che ispira tutta l’impostazione del Laboratorio Itals, affrontano problemi
particolari e propongono soluzioni innovative e originali.
Queste tesi vengono messe a disposizione dell’italianistica mondiale attra-
verso pubblicazione nel sito del Laboratorio, in quanto siamo convinti che
tali lavori possano essere interessanti per tutti coloro i quali operano nel set-
tore dell’italiano LS/L2.
ti.
La Rivista Itals nasce nell’ambito del Laboratorio Itals dell’Università Ca’
va
Foscari di Venezia allo scopo di fornire uno strumento di aggiornamento e
er
ricerca per tutti coloro che operano, come docenti, studiosi, ricercatori, ecc.,
ris
nel contesto dell’italiano come lingua straniera in senso lato.
tti
Gli argomenti trattati riguardano sia la didattica che la linguistica dell’i-
iri
taliano, sia da un punto di vista teorico sia da un punto di vista più pratico,
id
aspetti della cultura e della civiltà italiane) si affiancano ad altre più specifi-
.T
309
Capitolo 23
L’offerta formatiVa Per
i doCenti di itaLiano Ls
Maria Angela Rapacciuolo
ti.
que vengono organizzati in Italia. L’offerta è di vario tipo, da corsi di forma-
va
zione di base, rivolti anche a chi non ha una formazione universitaria ma
er
opera nel campo dell’insegnamento agli stranieri, a corsi di aggiornamento,
ris
di specializzazione post-laurea e Master. Il nostro criterio è stato quello di
tti
partire dai Master e presentare poi gli altri tipi di corsi, descrivendo per
iri
ognuno gli obiettivi, la durata e i destinatari. Si è tralasciato di parlare dei
id
corsi di diploma di laurea in didattica della lingua italiana agli stranieri, nati
ti
negli ultimi anni, decidendo di rivolgerci a chi già insegna o a chi si appresta
ut
del possibile, di ciò che viene offerto nel campo della formazione del docen-
te di italiano LS.
c ci
na
1. master
Bo
seguenti:
310
L’obiettivo è quello di fornire ai destinatari competenze metodologiche e
abilità pratico operative nel campo della lingua italiana agli stranieri, bambi-
ni e adulti, in Italia e all’estero.
Il corso ha la durata di un anno accademico in presenza, con 1.500 ore di
attività. Sono previste circa 150 ore di tirocinio didattico, monitorato, pres-
so scuole, enti o istituzioni pubbliche o private, in Italia e all’estero, in classi
di apprendenti adulti o bambini di lingua madre non italiana.
Per conseguire il Master occorre superare le prove di accertamento e il
lavoro finale.
Informazioni al sito: www.perform.unige.it
ti.
Il Master di Italianistica è istituito dalle università di Pescara-Chieti e
va
Roma 3. È prevista l’adesione anche di altre università, in particolare di
er
Macerata, Lecce e Catania, che realizzeranno Master in Italianistica configu-
ris
rati secondo gli stessi criteri e lo stesso progetto generale di articolazione
delle attività didattiche.
tti
iri
I candidati italiani devono aver conseguito la laurea o la laurea triennale
id
finale.
Informazioni al sito: www.unich.it
c ci
na
311
presso scuole o enti convenzionati con l’Università.
Il corso del Master si conclude con la redazione di una tesina e la relazio-
ne del tirocinio svolto.
Informazioni al sito: www.maldura.unipd.it/masters/italianoL2
2. Corsi di specializzazione
ti.
I corsi di specializzazione si distinguono dai corsi di formazione e aggior-
va
namento per la loro durata (due anni) e per il fatto che alla fine rilasciano
er
un Diploma.
ris
2.1 Università per Stranieri di Perugia
tti
iri
id
Scuola di specializzazione in didattica dell’italiano come LS
ti
312
discussione di una tesi, viene rilasciato il Diploma di specialistica in didatti-
ca dell’italiano come LS.
Informazioni al sito: www.unistrasi.it
ti.
ti in Italia o all’estero da enti, scuole e università italiane.
va
er
3.1 Università per Stranieri di Perugia
ris
Corso di aggiornamento per insegnanti di italiano all’estero
tti
Il corso, riservato a docenti stranieri e italiani residenti all’estero, offre
iri
l’opportunità di approfondire tematiche dell’area linguistico-didattica e di
id
sioni, una invernale e una estiva, viene distribuito nell’arco di tre settimane
ut
zione guidata di classi di lingua. Non sono previsti esami finali e alla fine
re
zione e aggiornamento.
Bo
313
ti operanti all’estero e vengono organizzati in sede e all’estero su richiesta di
Istituzioni pubbliche o private italiane o straniere.
Corsi di Lingua e didattica per Docenti
Vengono svolti presso l’Università nei mesi estivi e sono rivolti ad inse-
gnanti stranieri di italiano che necessitano sia di un approfondimento lingui-
stico che una conoscenza in ambito glottodidattico. Sono previsti due tipi di
corsi: un corso ordinario di 150 ore di lezione di cui almeno 40 di didattica,
e un corso intensivo di 80 ore di lezione, di cui almeno 20 di didattica.
Informazioni al sito: www.unistrasi.it
ti.
Corso di formazione per docenti di italiano L2
va
Il corso, che si sviluppa nell’arco di sei mesi per un totale di 700 ore, oltre
er
all’arricchimento culturale e alla glottodidattica prevede anche l’approfondi-
ris
mento linguistico. Destinatari dei corsi sono coloro che si dedicano all’inse-
tti
gnamento della lingua italiana agli stranieri, che abbiano due anni minimo di
iri
studio di lingua italiana ed eventuali esperienze nel campo della lingua ita-
id
314
stazione sia teorica che pratica e uno stage presso scuole o corsi dove si inse-
gna l’italiano come lingua straniera.
Il corso è articolato in circa 44 di ore di lezione. Dopo un esame finale
viene rilasciato un Attestato.
Scuola estiva ITALS
Consiste in un corso di formazione per insegnanti di italiano come lingua
straniera e lingua seconda. Viene organizzato a Venezia nel mese di luglio e
dura tre settimane, frequentabile separatamente.
È rivolto a tutti i docenti, ai laureati e agli studenti universitari che abbia-
no superato almeno gli esami del secondo anno.
Corso di formazione intensiva
ti.
Il corso è articolato in 30 ore distribuite nell’arco di una settimana e viene
va
organizzato in Italia e all’estero su richiesta di Istituzioni pubbliche o priva-
er
te che si occupano di insegnamento della lingua italiano a stranieri.
ris
Informazioni al sito: http://www.helios.unive.it/~italslab
tti
iri
3.5 Enti e Associazioni
id
IARD
ti
ut
Affari Esteri e della Pubblica Istruzione per la diffusione della lingua e cul-
tura italiana nel mondo. A tale scopo organizza corsi di formazione per inse-
re
ito
315
ed i Centri di Certificazione PLIDA che ne facciano richiesta alla Segreteria
Generale della Sede Centrale.
I corsi offerti sono i seguenti:
Didattica dell’italiano come lingua straniera e certificazione di competenza
della lingua italiana. Il corso, della durata di circa 15 ore, si prefigge di avvia-
re un processo di omologazione della didattica verso un unico modello for-
mativo, che caratterizzi l’insieme dei corsi offerti dalla Società nelle diverse
sedi e di contribuire a creare uno spirito di collaborazione scientifica che
contribuisca ad attivare un programma di produzione di materiali glottodi-
dattici della Società.
Glottodidattica: valutazione del processo di apprendimento dell’italiano
come lingua straniera L’obiettivo è di fornire il quadro teorico per la valuta-
ti.
zione didattica del processo d’apprendimento dell’italiano come lingua stra-
va
niera. La durata del corso è di 15 ore.
er
Storia della lingua e della letteratura italiana;
ris
Canzone italiana;
Informazioni al sito: www.soc-dante-alighieri.it
tti
iri
id
3.6 Scuole o Istituti privati
ti
ri, rivolti soprattutto alla formazione professionale dei propri docenti. Qui
re
vengono indicate due scuole che organizzano dei corsi fissi relativi alla for-
ito
mazione.
ed
nati a chi non ha mai insegnato italiano come lingua straniera o a chi ha inse-
Bo
gnato con una metodologia diversa da quella proposta nei suoi corsi. I corsi
si svolgono esclusivamente nella sede della scuola, durano quattro settimane
©
316
Torre di Babele
La scuola Torre di Babele organizza un corso di formazione per inse-
gnanti, rivolto a partecipanti italiani e stranieri che desiderino avvicinarsi alla
professione di insegnanti di italiano agli stranieri.
L’obiettivo è quello di colmare il divario che spesso la formazione univer-
sitaria lascia aperto tra la conoscenza della lingua e cultura italiana e delle
teorie linguistiche da un lato e quello della realtà della classe dall’altro.
Alla fine del corso è possibile sostenere gli esami per la Certificazione
DITALS.
Informazioni al sito: www.torredibabele.com
4. formazione on-line
ti.
va
Sono solamente due, fino a questo momento, gli enti che si occupano
er
della formazione on-line destinata ai docenti di italiano LS.
ris
4.1 Consorzio ICON - Laurea in lingua e cultura italiana per stranieri
tti
iri
Il corso di laurea in Lingua e cultura per stranieri è erogato dal Consorzio
id
interamente on-line.
ut
- didattico-linguistico
re
- storico-culturale
ito
- letterario
ed
- arti-musica-spettacolo.
c ci
Una parte dei contenuti è comune a tutti i curricula e una parte è spe-
na
cifica.
Bo
317
ri – Master Itals
Il Master ITALS nasce in seno al dipartimento di Scienze del Linguaggio
dell’Università di Venezia, ed è rivolto a laureati. L’obiettivo del Master è
quello di preparare personale con un profilo professionale specifico per l’in-
segnamento e la promozione della lingua e cultura italiane a stranieri, in
Italia e all’estero.
Il Master consiste nella combinazione di tre modalità formative: in rete,
in presenza e tirocinio.
Lo studio avviene sotto la guida di un tutor e in autoapprendimento per
alcuni moduli. Il piano di studi prevede quattro quadrimestri e termina con
la redazione di una tesi. Il Master è articolato in due percorsi, italiano L2 e
italiano LS. Quest’ultimo percorso nel terzo quadrimestre si articola in due
ti.
differenti indirizzi a scelta del corsista, l’indirizzo didattico e l’indirizzo orga-
va
nizzativo e promozionale. Il conseguimento del Master avviene dopo la pre-
er
sentazione di una tesi finale e la realizzazione di uno stage presso struttura
ris
convenzionate.
Informazioni al sito: www.itals.it
tti
iri
Corso di formazione annuale all’estero
id
in 30 ore.
re
che prevede una proposta per il mondo e una variante per l’Europa. Si trat-
ta di una combinazione di studio on-line con tutoraggio e forum, un semina-
c ci
Progetto ALIAS
©
5. Certificazioni
Le Certificazioni qui presentate sono esclusivamente quelle relative alla
certificazione di una competenza didattica.
318
5.1 Certificazione CEDILS
Il CEDILS è una certificazione della competenza in didattica dell’italiano
lingua straniera o lingua seconda, rilasciata dal Laboratorio ITALS
dell’Università di Venezia.
Possono sostenere l’esame sia cittadini italiani e stranieri con formazione
universitaria che docenti non laureati purché in possesso dei requisiti richie-
sti. È possibile frequentare un corso di formazione glottodidattica di 20 ore,
sia nelle sedi convenzionate in Italia che all’estero, propedeutico all’esame. Il
corso viene tenuto da formatori del Laboratorio ITALS dell’Università di
Venezia. Dopo il superamento delle prove d’esame viene rilasciato un atte-
stato di Certificazione CEDILS. L’esame si effettua due volte l’anno in Italia
(marzo e settembre) o all’estero alla fine dei corsi di formazione.
ti.
Informazioni al sito: www.itals.it
va
er
5.2 Certificazione DITALS
ris
La certificazione DITALS, certificazione di competenza in didattica
tti
dell’Italiano a stranieri, è un titolo rilasciato dall’Università per Stranieri di
iri
id
Siena che valuta la preparazione teorico-pratica nel campo dell’insegnamen-
to a stranieri.
ti
ut
Agli esami per la Certificazione Ditals possono partecipare anche non lau-
.T
reati purché in possesso dei requisiti richiesti. Per sostenere l’esame è obbli-
gatorio aver seguito un corso di formazione glottodidattica per almeno 30
re
ore. L’esame DITALS può essere sostenuto sia presso l’Università per stra-
ito
nieri di Siena nelle due sessioni annuali (luglio e dicembre) sia in Italia che
ed
aggiornamento da enti e istituzioni locali. Non è certo facile fare una pano-
ramica di questi corsi, sia per motivi di spazio che per difficoltà a reperire le
informazioni. Si consiglia pertanto di rivolgersi ai comitati della Dante
Alighieri, agli Istituti italiani di cultura e alle università locali, anche perché
ogni Paese ha una sua particolare realtà.
Qui di seguito daremo solo alcune informazioni sugli Istituti italiani di
cultura che organizzano propri corsi.
319
6.1 Istituto Italiano di Cultura di Atene
L’Istituto di Atene organizza corsi di Glottodidattica, Storia della lingua
e Linguistica per insegnanti di italiano come lingua straniera. I corsi sono
quadrimestrali. Alla fine del corso viene rilasciato un Attestato di frequenza.
Informazioni al sito: www.iic.gr
6.2 Istituto Italiano di Cultura di Londra
L’Istituto organizza corsi di aggiornamento professionale rivolto a inse-
gnanti stranieri o bilingui.
Informazioni al sito: www.italcultr.org.uk
6.3 Istituto Italiano di Cultura di Malta
ti.
va
L’Istituto di Malta organizza attualmente un corso di aggiornamento per
gli insegnanti di italiano nelle scuole maltesi in collaborazione con il mini-
er
stero dell’Educazione maltese.
ris
Informazioni al sito: www.iicmalta.org
tti
iri
id
riferimenti bibliografici
UNIVERSITÀ
ti
ut
www.unistrapg.it
Università per Stranieri di Siena : www.unistrasi.it
ci
www.unive.it/progettoalias
©
ISTITUTI
IARD: www.iard.it
Società Dante Alighieri: www.soc-dante-alighieri.it
DILIT International House: www.dilit.it
Torre di Babele: www.torredibabele.com
Consorzio ICON: www.italicon.it
Istituto Italiano di Cultura di Atene: www.iic.gr
Istituto Italiano di Cultura di Londra: www.italcultr.org.uk
Istituto Italiano di Cultura di Malta: www.iicmalta.org
320
ALTRI SITI INTERESSANTI DA CONSULTARE:
www.educational.rai.it/corsiformazione/intercultura
www.porta-oriente.com/italian_course_for_teachers_htm
www.tuttoeuropa.it/aggiornamento.htm
www.dantealighieri.com/indexa.htm
www.scuoladantealighieri.it/corsoagg.htm
www.suggestopediaitalia.it/pag04.htm
www.apuliadomus.com
www.koinecenter.com/code/courses4.html
www.xoom.virgilio.it/eduadu/italianoseconda.htm
www.hal9000/cisi.torino.it/wf/FACOLTA/Lingue-e-L/RICERCA/
FORMAZIONE/TEDESCO/socrates.htm
ti.
www.web.tiscali.it/controra/
va
www.warwick.ac.uk/fac/arts/Italian/Frontpage.shtml.htm
er
ris
tti
iri
id
ti
ut
.T
re
ito
ed
c ci
na
Bo
©
321
Capitolo 24
L’offerta editoriaLe Per
i doCenti di itaLiano Ls
Mara Salvalaggio
ti.
più matura formazione formale, che, a sua volta, diviene formazione conti-
va
nua, cioè esigenza complessa di flessibilità cognitiva e mobilità professiona-
er
le” (v. F. Batini, A. Fontana, “Verso le comunità di apprendimento” in
ris
Rivista dell’Istruzione, n.2/2000, Maggioli Ed., Rimini).
tti
Partendo da tale presupposto, in questo capitolo si cercherà di offrire una
iri
panoramica delle principali risorse editoriali attualmente disponibili per l’au-
id
lane, i testi e le riviste specialistiche pubblicati dalle maggiori case editrici che
Bo
1. Le Collane
In questa sezione vengono presentate le collane che trattano prevalente-
mente tematiche inerenti alla glottodidattica dell’italiano come LS, distinta
da quella dell’italiano come L2, rivolte cioè all’insegnamento dell’italiano a
stranieri in Italia. Sono state citate le opere che le comprendono entrambe,
ma si sono tralasciate quelle che afferiscono unicamente alla didattica dell’i-
taliano come lingua seconda, che esula dall’intento di questa opera.
322
Per motivi di chiarezza si è deciso di presentare le varie collane suddivise
per singola casa editrice, cominciando dall’editore del presente volume.
ti.
approfondimento. Il testo comprende una parte teorica, dedicata alla defini-
va
zione di un approccio formativo-comunicativo e una parte operativa, dedi-
er
cata ai metodi e alle tecniche didattiche, nonché una sezione dedicata a temi
ris
specifici quali l’insegnamento della letteratura e delle microlingue, i proble-
tti
mi dell’insegnamento da parte di docenti di madrelingua e l’insegnamento
iri
agli adulti.
id
Oltre alle parti teoriche, anche questo testo presenta un’ampia sezione ope-
re
rativa, dedicata all’uso del video nella classe di lingua, ed offre vari spunti
ito
zione alle tecniche per lo sviluppo delle abilità linguistiche e alla progetta-
zione dell’unità didattica.
c ci
Test d’ingresso di italiano per stranieri (1995) di P. Micheli, che fornisce sia
na
Benucci, che propone una riflessione teorica sulla natura della grammatica e
sulla configurazione del sistema grammaticale in continuo mutamento, sulla
base di ricerche recenti di storia della lingua italiana e di sociolinguistica.
Una parte è dedicata all’analisi di alcuni testi di grammatica comunemente
utilizzati nell’insegnamento dell’italiano a stranieri.
Curricolo di italiano per stranieri (1995) di AA.VV., nel quale si possono
trovare le liste dei materiali linguistici e culturali nonché delle abilità cogniti-
ve e linguistiche da includere ai vari livelli dell’insegnamento dell’italiano LS.
323
Il testo comprende anche una guida ragionata alle tecniche di classe finaliz-
zate al raggiungimento delle mete glottodidattiche individuate nel curricolo.
Le varietà dell’italiano (1996) di L. Coveri, A. Benucci, P. Diadori, nel
quale si presenta una panoramica della situazione linguistica italiana con-
temporanea sia dal punto di vista sociolinguistico che da quello della didat-
tica della lingua in Italia e all’estero. Il testo fornisce un’ampia scelta di docu-
menti autentici che possono essere utilizzati in classe come esempi di lingua
reale e spunti per l’approfondimento linguistico.
ti.
e diretta da P.E. Balboni. (Per il Progetto Itals vedi capitolo 22)
va
Il primo volume, La formazione di base del docente di italiano per stranie-
er
ri (2000) a cura di R. Dolci e P. Celentin, affronta gli aspetti fondamentali per
ris
una corretta didattica dell’italiano a stranieri, fornendo sia basi teoriche che
tti
soluzioni operative a chi sta iniziando un percorso formativo in qualità di
iri
docente di italiano come lingua straniera o seconda.
id
tivamente succede nelle aule di italiano, tramite la voce di più di 300 inse-
ito
324
Dizionario di Glottodidattica (1999) di P.E. Balboni, uno strumento che
intende contribuire a creare una piattaforma terminologica condivisa dai
glottodidatti italiani e comune ai docenti di lingue in Italia e di italiano all’e-
stero.
Internet nella didattica dell’italiano: la frontiera presente (2001) di M.
Mezzadri, un testo che si propone due obiettivi: da un lato, fornire spiega-
zioni e strumenti pratici per l’utilizzo di Internet e delle nuove tecnologie
nell’insegnamento/apprendimento dell’italiano come lingua straniera, e dal-
l’altro, dimostrare che le nuove tecnologie possono migliorare la qualità del-
l’insegnamento/apprendimento in quanto consentono di mettere in pratica
una serie di presupposti glottodidattici fondamentali che sono il risultato
della ricerca degli ultimi decenni.
ti.
Lingue straniere nella scuola dell’infanzia (2002) a cura di P.E. Balboni,
va
C.M. Coonan e F. Ricci Garotti, nel quale si presentano il progetto, i percorsi
er
e i risultati di una sperimentazione effettuata in alcune scuole materne del
ris
Trentino relativa alle lingue inglese e tedesco. Le indicazioni emerse, le rifles-
sioni sull’organizzazione della scuola ospitante anche una lingua straniera e i
tti
iri
materiali usati per la valutazione dei risultati sono tuttavia applicabili a tutte
id
325
inediti, che mirano a diffondere le idee più avanzate nella glottodidattica
moderna.
Fanno parte della stessa collezione quaderni che si occupano in modo
specifico dell’insegnamento dell’italiano a stranieri, tra cui:
I sussidi didattici per l’insegnamento dell’italiano come lingua straniera
(problematica generale) e L’analisi contrastiva e l’analisi degli errori di lingua
applicata all’insegnamento dell’italiano a stranieri (con dati statistici e sugge-
rimenti per la correzione e la prevenzione degli errori) di K. Katerinov;
Sulle devianze ortografiche di 124 studenti germanofoni ed ispanofoni nei
dettati in italiano (con riflessioni sul piano teorico e suggerimenti pratici) di
M.C. Boriosi;
L’unità didattica. Problemi di programmazione dell’insegnamento dell’ita-
ti.
liano a stranieri (analisi teorica seguita da modelli operativi) di K. Katerinov
va
e M.C. Boriosi;
er
Attività del Centro Italiano di Linguistica Applicata nel campo della diffu-
ris
sione della lingua e cultura italiana all’estero (descrizione dettagliata delle
attività a livello di ricerca, di consulenza scientifica e metodologica, di for-
tti
iri
mazione e aggiornamento degli insegnanti di italiano come lingua straniera)
id
di M.C. Boriosi.
La stessa casa editrice pubblica anche la Collana Ricerca Scientifica e gli
ti
ut
Scriptorium, Torino)
ed
326
li per il curriculum formativo e di aggiornamento dei docenti, dove i risulta-
ti della ricerca glottodidattica si affiancano a suggerimenti operativi:
Routine e rituali nella comunicazione (1999) di Andrea De Benedetti e
Fabia Gatti;
Abilità di lettura (1999) di Alessandra Agati;
Abilità d’ascolto (1999) di Nicoletta Beretta e Fabia Gatti:
Insegnare e imparare la grammatica (1999) di Cecilia Andorno e Paola
Ribotta;
Insegnare e imparare la fonetica (2000) di Lidia Costamagna;
Abilità di scrittura (2000) di Marina Beltramo;
Analisi e correzione degli errori (2000) di Anna Cattana e Maria Teresa
Nesci;
ti.
Insegnare e imparare il lessico (2000) di Alessandra Corda e Carla Marello;
va
Abilità del parlato (2001) di Claudia Brighetti e Fernanda Minuz;
er
Il computer a lezione (2001) di Franca Bosc, M. Conoscenti, A. Corda e
ris
A. Malandra;
Il video a lezione (2001) di Franca Bosc e Aura Malandra;
tti
iri
Leggere testi letterari (2001) di Erminia Ardissino e Sabrina Stroppa.
id
che raccoglie volumi e saggi di alcuni dei più illustri studiosi della disciplina.
re
pi, i modelli e le tecniche tanto della teoria quanto della prassi glottodidatti-
na
327
lingua. La terza parte prende come punto di riferimento l’unità didattica, ed
analizza l’applicazione delle diverse tecniche nelle varie fasi. A conclusione
del volume viene presentato un repertorio ragionato di tutte le tecniche glot-
todidattiche in ordine alfabetico.
Multimedialità e insegnamenti linguistici: modelli informatici per la scuola
(1999) di G. Porcelli e R. Dolci, nel quale si affrontano i problemi legati all’av-
vento dell’era tecnologica. Sono suggerite soluzioni e linee di intervento sul-
l’utilizzo delle moderne tecnologie glottodidattiche in una tipologia di inse-
gnamento che evidenzia come la macchina sia comunque al servizio dell’uomo.
Educazione linguistica e valutazione (1999) di G. Porcelli, che presenta
una visione organica del quadro concettuale entro cui si situa il discorso sul
controllo dell’apprendimento della lingua straniera. Vengono definiti i fon-
ti.
damenti della docimologia applicata all’educazione linguistica e descritte le
va
diverse tecniche di accertamento del profitto in lingua straniera, dal livello
er
fonologico a quello pragmatico.
ris
Psicolinguistica, sociolinguistica, glottodidattica. La formazione di base del-
l’insegnante di lingue e di lettere (1999) di G. Freddi, un testo che suggerisce
tti
iri
prospettive, condizioni, strumenti e tecniche per un moderno insegnamento
id
zione del ruolo del docente e la sua formazione in un’ottica educativa oltre
c
na
che strumentale.
Bo
328
Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse (2002) di
Paolo E. Balboni. L’autore presenta una attenta e stimolante riflessione sul
ruolo e sugli sviluppi della moderna glottodidattica, chiamata a difendere e
a salvaguardare il plurilinguismo, visto come autentico patrimonio culturale
e, forse, unica difesa contro la globalizzazione delle menti e l’omologazione
culturale. Dopo una prima parte dedicata agli elementi comuni a tutti i tipi
di didattica, nella seconda vengono affrontate le problematiche legate alle
differenti condizioni di insegnamento delle lingue straniere. Un’ultima sezio-
ne è riservata alle particolari difficoltà che si incontrano nell’insegnamento
dell’italiano agli stranieri e delle lingue “seconde” nelle regioni bilingui.
La glottodidattica e la lingua veicolare (2001) di Carmel M. Coonan. Il
volume analizza e approfondisce, in modo rigoroso e sistematico, i moltepli-
ti.
ci aspetti metodologici e didattici connessi con l’uso della lingua straniera
va
come veicolo di altri insegnamenti. Nella convinzione che in tal modo si
er
migliori la qualità dell’apprendimento della stessa lingua straniera, si forni-
ris
scono suggerimenti per organizzare il lavoro in classe.
Il ruolo della memoria nell’apprendimento delle lingue straniere (2001) di
tti
iri
Mario Cardona. Il testo si propone come una riflessione articolata sui pro-
id
materiale.
ito
libro offre un’introduzione accurata e completa dei principi teorici che stan-
no alla base dell’analisi sociolinguistica, facendo seguire alle definizioni
ci
329
La lingua italiana d’uso: il lessico del parlato di M. Vedovelli;
La lingua italiana d’uso: morfosintassi del parlato e dello scritto di M.
Vedovelli;
La comunicazione didattica di D. Bertocchi, A. Fioroni e R. Sidoli
Percorsi differenziati per l’apprendimento linguistico di D. Bertocchi, A.
Fioroni e R. Sidoli;
Intercultura e testi popolari di C. Lavinio;
Programmazione e valutazione di C. Lavinio
Valutazione e certificazione delle competenze in italiano L2 di M.C.
Peccianti.
ti.
È una collana scientifica a cura del Dipartimento di Linguistica
va
dell’Università di Pavia. Fanno parte del comitato di redazione, tra gli altri,
er
Anna Giacalone Ramat, Maria Pavesi, Michele Prandi, Paolo Ramat e
ris
Massimo Vedovelli. Tra le pubblicazioni si segnala per l’argomento specifi-
co della didattica dell’italiano come L2/LS:
tti
iri
Italiano Lingua Seconda. Modelli e strategie per l’insegnamento (1991) a
id
330
politica di sostegno della lingua e della cultura italiana all’estero.
La diffusione dell’italiano nel mondo e le vie dell’emigrazione: problemi
istituzionali e sociolinguistici: La prospettiva degli anni ’90 (1996) di T. De
Mauro e M. Vedovelli, Roma, Centro Studi Emigrazione. Si tratta di un sag-
gio sulla diffusione dell’italiano nel mondo e sui problemi istituzionali, socio-
linguistici e didattici relativi alla questione dell’emigrazione, con una consi-
stente appendice documentaria e legislativa.
A Handbook for Teachers of Italian di A. Mollica, Éditions Soleil,
Welland, Canada. È un manuale di didattica dell’italiano che si rivolge pre-
valentemente a docenti non di madrelingua anglofoni. Le numerose propo-
ste didattiche evidenziano l’importanza dell’aspetto ludico nell’insegnamen-
to/apprendimento della lingua.
ti.
Parole comuni culture diverse (1999) di P.E. Balboni, Venezia, Marsilio. Il
va
libro è un manuale di formazione che affronta il tema della comunicazione
er
interculturale, argomento di fondamentale rilevanza nell’epoca della globa-
ris
lizzazione. Attraverso l’analisi di situazioni precise vengono spiegati i criteri
e i modelli della competenza comunicativa.
tti
iri
Lettori e oltre... confine (2000) di M. Catricalà, Firenze, AIDA. Si tratta di
id
e L.G. Sbrocchi, Ottawa, Legas. Il volume raccoglie una serie di saggi di illu-
re
331
Lector in media. La didattica dell’italiano e la comunicazione (2001) di M.
Catricalà ed E. Vannini, Firenze, AIDA. Il volume si rivolge a lettori ed inse-
gnanti di lingua italiana all’estero. La prima parte analizza l’utilizzo delle
nuove tecnologie nella progettazione dei curricula e illustra le opportunità di
esposizione alla lingua grazie alla rete e alle antenne satellitari. La seconda
parte offre esperienze concrete di didattica dell’italiano in classi di studenti
stranieri mediante l’uso di materiali specifici per lo sviluppo della compe-
tenza comunicativa. La terza parte, infine, delinea il ruolo del lettore come
mediatore tra la sua lingua e cultura di origine e quella del paese straniero in
cui opera, sottolineando l’importanza della conoscenza della politica cultu-
rale italiana all’estero.
Guida all’italiano per stranieri. La prospettiva del Quadro comune europeo
ti.
per le lingue (2002) di M. Vedovelli, Roma, Carocci. Il volume, rivolto a
va
docenti italiani e stranieri, mette a confronto le linee contemporanee della
er
diffusione dell’italiano L2/LS con il Quadro comune europeo di riferimento
ris
ed esamina problemi di didattica dell’italiano quali la programmazione degli
interventi formativi e la valutazione e certificazione delle competenze.
tti
iri
L’italiano degli stranieri. Storia, attualità e prospettive (2002) di M.
id
l’italiano come lingua straniera sono ricercate nel passato, con una ricostru-
.T
3. Le riviste
ci
tica delle lingue in generale presentano contributi utili alla formazione del
docente di italiano LS, in questo paragrafo si è scelto di focalizzare l’atten-
Bo
332
migliorare la qualità dell’insegnamento dell’italiano e contribuire a creare una
linea comune di intenti, di condivisione della politica di diffusione dell’italia-
no. Vi si possono trovare informazioni dettagliate sulle attività delle
Università per Stranieri di Siena e Perugia, del Progetto Itals dell’Università
di Venezia, della Dante Alighieri e su altre iniziative a favore dell’italianistica.
Una parte consistente è dedicata a saggi di glottodidattica, compresa una
rubrica per la presentazione delle novità in fatto di libri e materiali didattici.
La versione on line è consultabile al sito www.initonline.it.
SeLM (Scuola e Lingue Moderne), periodico mensile edito da Garzanti
Scuola. È la rivista dell’Organo Ufficiale dell’Anils, Associazione Nazionale
Insegnanti Lingue Straniere, diretta da Paolo E. Balboni. Ogni numero
riporta Saggi, Esperienze e Strumenti relativi alle lingue straniere. Esiste un
ti.
gruppo della segreteria didattico-culturale specifico per l’Italiano come lin-
va
gua straniera.
er
Culturiana, trimestrale di linguistica, glottodidattica e informazione cul-
ris
turale per insegnanti d’italiano come lingua seconda o straniera, edito dalle
Edizioni Linguistic Club, Frascati. Alcuni dei materiali sono disponibili on
tti
iri
line al sito www.linguanet.it/bookshop/culturiana.
id
italiana, si occupa soprattutto dei problemi della lingua, vista anche nella sua
Bo
333
dell’Università per Stranieri di Siena, edito da Protagon Editori Toscani. La
rivista propone testimonianze sullo stato della ricerca nell’ambito della for-
mazione, sia formale sia informale, dal punto di vista dell’educazione per-
manente a livello nazionale e internazionale. Si rivolge prevalentemente a
ricercatori, operatori sociali e docenti che lavorano con gli adulti, ivi com-
presi gli insegnanti dei corsi di lingua italiana per stranieri.
Bollettino Dilit, pubblicazione semestrale di glottodidattica, a distribu-
zione gratuita, a cura del Dipartimento Formazione insegnanti e ricerca della
DILIT International House, Roma. Si rivolge a tutti gli insegnanti di lingua
straniera e, in modo particolare, ai docenti di italiano L2/LS per i quali il
Dipartimento organizza corsi di formazione basati sull’approccio comunica-
tivo. Il Dipartimento organizza anche Seminari internazionali e Convegni di
ti.
cui pubblica poi gli Atti (Ed. DI.L.IT). Tutti gli articoli del Bollettino e alcu-
va
ni dei materiali pubblicati negli Atti dei Seminari internazionali sono dispo-
er
nibili on line al sito www.dilit.it.
ris
Italienisch, la prima rivista scientifica in Germania che si occupa esclusi-
vamente della lingua e della letteratura italiana. È l’organo del Fachverband
tti
iri
Italienisch in Wissenschaft und Unterricht, edita in collaborazione con la
id
turitalia.uibk.ac.at/italienisch/.
ed
cazione per la diffusione della lingua e cultura italiana, dove, tra le altre cose,
Bo
334
©
Bo
na
cci
ed
ito
re
.T
ut
ti
id
Parte sesta
iri
tti
ris
Le istitUZioni e i Casi
er
va
ti.
©
Bo
na
cci
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ito
re
.T
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ti
id
iri
tti
ris
er
va
ti.
Capitolo 25
Le istitUZioni e Le Leggi.
La figUra deLL’insegnante
di itaLiano aLL’estero
Silvana Vassilli
ti.
delle norme e delle opportunità offerte dalle nostre istituzioni.
va
er
1. i canali ufficiali per la diffusione della lingua italiana all’estero
ris
Lo Stato italiano ha affidato al Ministero degli Affari Esteri il compito isti-
tti
tuzionale di promuovere la diffusione della lingua e della cultura italiana
iri
all’estero. Tale azione viene svolta in sinergia e con la cooperazione di varie
id
M.A.E., è regolata dal D.Lvo. 16 aprile 1994 n. 297, Testo Unico delle dispo-
ito
337
- scuole italiane statali, il cui ordinamento è conforme all’ordinamento
scolastico italiano, sono istituite dallo Stato che ne finanzia le spese e
assicura l’invio di personale direttivo, docente e non docente;
- scuole private legalmente riconosciute, istituite da enti, associazioni o
comitati privati; rilasciano titoli di studio validi in Italia a seguito del
riconoscimento legale da parte del MAE di concerto col MIUR. Al loro
funzionamento il Ministero degli Esteri contribuisce con l’invio di alcu-
ne unità di personale di ruolo e con contributi finanziari;
- scuole private con presa d’atto (non legalmente riconosciute), fondate
da enti privati. Poiché i titoli di studio non hanno valore legale gli alun-
ni devono sostenere gli esami finali davanti a una commissione ministe-
riale. Il MAE contribuisce al loro funzionamento attraverso l’invio di
ti.
contributi finanziari.
va
Un contingente di insegnanti di ruolo viene inoltre destinato ai Corsi di lin-
er
ris
gua e cultura italiana per i connazionali all’estero (Legge 153), di cui si parlerà
più diffusamente nel paragrafo 1.2, e nelle seguenti istituzioni, divenute nel-
tti
l’ultimo decennio il settore di punta della politica scolastica all’estero:
iri
id
- Sezioni italiane nelle Scuole Europee che vanno dal livello materno a
quello superiore e sono presenti nei Paesi della Comunità;
ti
ut
soprattutto in Francia;
re
Centro-Orientale.
ed
338
delle cattedre, per l’assunzione di docenti locali a contratto privato, e
per la loro formazione e aggiornamento (D.M. 580 e 581 del 1992);
- contributi annuali a favore dell’insegnamento dell’italiano nelle
Università, per la creazione e il mantenimento delle cattedre di italiano,
per l’assunzione di docenti locali a contratto privato, e per la loro for-
mazione e aggiornamento (D.M. 580 e 581 del 1992);
- assegni per il funzionamento degli Istituti Italiani di Cultura, i quali
negli ultimi anni hanno ripreso in parte a svolgere la funzione che ave-
vano anteriormente alla legge di riforma del 1990, volta principalmente
all’insegnamento della lingua;
- acquisto e fornitura di materiale didattico per l’insegnamento dell’ita-
liano nelle istituzioni scolastiche, nelle università e negli IIC.
ti.
va
Gli insegnanti che non sono nei ruoli dello Stato e che aspirino a inse-
er
gnare all’estero potranno essere assunti direttamente dagli enti del Paese
ris
straniero secondo modalità afferenti le leggi locali. Un elenco di scuole pri-
vate a cui rivolgersi è pubblicato nel sito del Ministero degli Esteri menzio-
nato a fine paragrafo. tti
iri
id
Un’altra opportunità è costituita dalle supplenze all’estero sui posti tem-
poraneamente vacanti di contingente statale, presso scuole statali, private o
ti
ut
terminato con nomina MAE. A tal fine è necessario essere inseriti nelle rela-
re
mente dai Consolati o dai Dirigenti scolastici. A tale proposito nel sito
www.esteri.it viene emanata una apposita circolare contenente le disposizio-
ed
Gli Istituti Italiani di Cultura, che in base alla Legge 401 del 1990 hanno
©
339
lingue straniere. Tale personale è reclutato con contratto a termine della
durata massima di un anno scolastico, rinnovabile per un ulteriore anno.
L’Istituto di cultura effettua il reclutamento attraverso un avviso pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e inviato alle facoltà di let-
tere delle università italiane. Un esempio positivo di utilizzo di tale legge è
offerto dall’Istituto di cultura di Madrid che sta attuando una politica di dif-
fusione della lingua italiana tramite la gestione diretta e il potenziamento dei
corsi di lingua. Tuttavia, dati i limiti temporali imposti dalla legge, che porta
ad una turnazione costante del personale e ad una conseguente mancanza di
continuità didattica, non sono molti gli Istituti che si avvalgono di questa
possibilità.
Si segnala inoltre che i laureati in lettere e lingue straniere possono esse-
ti.
re assunti come lettori di lingua italiana, con un contratto di diritto privato,
va
da Università straniere. Le informazioni relative possono essere richieste
er
direttamente alle università straniere o alle rappresentanze diplomatiche e
ris
consolari.
Per sapere di più:
tti
iri
- sulle norme relative agli Istituti di Cultura, si consiglia la consultazione
id
scuole o università;
re
1.2 Gli interventi della Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le
na
Politiche Migratorie
Bo
340
Nel 2000 la DGIT ha erogato complessivamente 45 miliardi di lire (23
milioni di Euro) in contributi per il funzionamento dei corsi, utilizzati per
l’assunzione dei docenti locali e per la loro formazione.
La legge 153/71, confluita nel D.L. 16 aprile 1994 n.297 Testo Unico delle
disposizioni legislative in materia di istruzione, secondo una ricostruzione fatta
da M. Barni, (2001) in Studio di fattibilità per una ricerca sulle motivazioni e
sulle caratteristiche dei pubblici dei corsi di lingua e cultura italiana all’estero,
realizzato per conto del Ministero degli Affari Esteri, DGIT, Uff.II dal Centro
CILS, MAE, Roma, (p.26-36) prevede all’art. 636 del Testo Unico: l’organizza-
zione all’estero, tra gli altri, dei seguenti tipi di interventi formativi:
a. classi o corsi preparatori aventi lo scopo di agevolare l’inserimento dei
congiunti dei lavoratori italiani nelle scuole dei paesi di immigrazione;
ti.
b. corsi integrativi di lingua e cultura generale italiana per i congiunti di
va
lavoratori italiani che frequentino nei paesi di immigrazione le scuole
er
corrispondenti alle scuole italiane elementare e media;
ris
c. corsi di scuola popolare per lavoratori italiani, non finalizzati al rilascio
di titolo di studio. tti
iri
id
In realtà, una volta applicati ai contesti formativi dei vari Paesi del
mondo, questi interventi hanno assunto forme, strutture e funzioni anche
ti
ut
molto differenziate, che sono però riconducibili alle tre categorizzazioni con-
.T
tenute nei quadri riassuntivi dei dati: corsi integrati, inseriti, extrascolastici.
re
ti nel sistema scolastico del paese ospite. L’italiano è una delle materie obbli-
gatorie del curriculum e oggetto, come le altre materie, di valutazione finale.
ed
gran parte degli alunni che compongono la classe, è una lingua straniera.
c
na
Sono inseriti quei corsi che si svolgono sempre all’interno del sistema sco-
lastico, ma nell’orario riservato alle materie facoltative. L’italiano è quindi
Bo
una delle varie materie facoltative che la scuola offre. Pertanto non è ogget-
©
341
Alighieri e dei suoi 500 comitati presenti in tutto il mondo. Anche la Dante
Alighieri assume direttamente in loco i docenti da destinare ai proprio corsi
di lingua, seguendo propri criteri di selezione e di formazione iniziale e in iti-
nere. L’attività dei Comitati è supportata dal Ministero degli Esteri attraver-
so un contributo annuale erogato dalla Segreteria Generale.
1.4 Conclusioni
Attualmente nel settore delle istituzioni e iniziative scolastiche sono
impiegate 1.191 unità di personale di ruolo della scuola, utilizzate per il
39,4% nelle Scuole, per il 38,2 % nei Corsi di lingua e cultura italiana, per il
22,4% nei Lettorati presso le università straniere. Negli ultimi anni la rete
delle istituzioni scolastiche è stata parzialmente ristrutturata razionalizzando
ti.
le risorse a disposizione e potenziando il numero dei lettorati a scapito
va
soprattutto del settore dei corsi e delle scuole gestite da enti e comitati pri-
er
vati, ai quali è stato comunque garantito il supporto con l’assegnazione di
ris
contributi per il mantenimento delle attività esistenti.
tti
Le finalità dell’azione svolta dalle istituzioni scolastiche italiane all’estero
iri
rimangono quelle tradizionali di provvedere alla scolarizzazione dei figli dei
id
dentità culturale dei figli degli emigrati anche di seconda e terza generazio-
ut
Attualmente non esiste una mappa completa dei docenti che insegnano
ci
insegnanti di ruolo inviati dal MAE. Per le altre tipologie di insegnanti, quel-
Bo
li “locali” di origine italiana o straniera, i dati più recenti sono quelli indica-
ti nell’inchiesta Italiano 2000, Indagine sulle motivazioni e sui pubblici dell’i-
©
taliano diffuso fra stranieri, Roma – Siena 2001, affidata dal MAE
all’Università di Roma La Sapienza e condotta da M. Vedovelli, M.Barni e L.
Miraglia sotto la direzione di T. De Mauro.
Vediamo nel dettaglio le diverse tipologie di insegnanti.
342
(sulla base dell’ultimo Accordo per la destinazione all’estero del 5.7.2001) una
Laurea in Lettere o in Lingue straniere. Devono aver superato il periodo di
straordinariato o di prova nel ruolo di appartenenza e devono conoscere la
lingua straniera richiesta per il Paese di destinazione. La loro permanenza
all’estero è prevista per un periodo limitato di tempo e il MAE, d’intesa col
MIUR, offre loro una breve formazione iniziale in glottodidattica dell’italiano
affidata nell’ultimo decennio di solito alle Università per Stranieri di Siena o
Perugia, o a vari IRRE (ex IRRSAE), o alla Fondazione IARD.
Al MIUR è demandata la successiva formazione in itinere d’intesa con il
MAE.
Le modalità di selezione dei docenti di ruolo da inviare all’estero per inse-
gnare la lingua italiana sono variate nel corso degli ultimi vent’anni. Si è pas-
ti.
sati da esami orali accertanti la cultura generale e la conoscenza delle lingue
va
straniere ad esami molto selettivi (1989-1997) che prevedevano l’espleta-
er
mento di prove scritte e orali miranti a valutare anche la competenza glot-
ris
todidattica del candidato. Attualmente, la destinazione all’estero di tutto il
personale docente è regolato da D.L. 16 aprile ’94, Titolo II, e dall’Accordo
tti
iri
sopra menzionato, sottoscritto il 5.7.2001.
id
accertamento della conoscenza di una o più lingue straniere tra quelle relati-
re
all’estero, dove sono arrivati per motivi diversi: perché figli di connazionali
laureati o diplomati all’estero, ovvero perché dopo la laurea o il diploma si
sono trasferiti all’estero per motivi professionali e che offrono attività di inse-
gnamento a diversi livelli e in varie istituzioni, quali Università, Corsi (L.
153), Dante Alighieri, Università della terza età, IIC, ecc., e con diverse for-
mule contrattuali.
Mancano dati completi sulla loro formazione glottodidattica iniziale e in
itinere. Nell’Indagine Italiano 2000 (op.cit. p.76- 77), rivolta prevalentemen-
343
te a scandagliare la realtà degli IIC e delle istituzioni con le quali questi sono
in contatto, viene evidenziato ad esempio che i docenti che insegnano nei
corsi degli Istituti di Cultura sono per la maggior parte italiani, solo il 18%
è straniero. La maggioranza di loro, sia italiani sia stranieri, ha conseguito
una laurea. Solo il 14% di tutti gli insegnanti non è laureato, e la percentua-
le dei laureati italiani è leggermente superiore a quella degli insegnanti stra-
nieri. I docenti laureati hanno avuto una formazione prevalentemente lin-
guistica acquisita per lo più in Italia, la competenza glottodidattica operati-
va è stata dunque acquisita prevalentemente sul campo per entrambi i grup-
pi di docenti. Solo il 18,9% hanno con gli IIC un contratto a tempo indeter-
minato, la maggioranza è assunta in base alle esigenze del momento e a
tempo determinato.
ti.
va
2.3 Insegnanti stranieri di italiano
er
Anche questa categoria meriterebbe un’analisi a tutto campo. Si tratta di
ris
insegnanti stranieri che spesso (ma non sempre) hanno conseguito una
tti
Laurea in materie umanistiche, generalmente in Lingue straniere, nelle
iri
Università del loro Paese. Per poter insegnare italiano nelle istituzioni scola-
id
seconda degli ordinamenti dei singoli Stati e delle singole istituzioni. Spesso
.T
zioni scolastiche e universitarie del loro Paese, o nei Corsi (L.153), presso i
na
344
per insegnanti di italiano da destinare all’estero, che sono stati in parte rac-
colti e pubblicati, è possibile ripercorrere le strategie adottate dal MAE per
la formazione iniziale degli insegnanti di ruolo.
Per quanto riguarda la formazione in servizio va notato che fino al 1995 il
MIUR d’intesa con il MAE aveva previsto la figura degli ispettori ministeria-
li all’estero i quali avevano il compito di coordinare e presentare le richieste
di formazione per il personale in servizio nelle scuole e nei corsi di italiano.
Attualmente, venuta meno - con l’entrata in vigore dell’ ultimo contratto
collettivo del comparto scuola - l’obbligatorietà della formazione per la pro-
gressione di carriera, le iniziative di formazione in servizio si sono diradate.
Responsabile per la formazione in servizio comunque è il MIUR ( II
Divisione della Direzione Generale degli Scambi Culturali) il quale negli ulti-
ti.
mi anni ha intrapreso un progetto pluriennale che, utilizzando gli strumenti
va
della formazione a distanza e dell’autoaggiornamento, dovrebbe consentire
er
di raggiungere tutto il personale in servizio all’estero.
ris
La formazione in servizio del personale di ruolo all’estero, negli intenti
del MIUR, avverrà dunque prioritariamente seguendo un modello di for-
tti
iri
mazione a distanza.
id
Per i docenti non di ruolo non sono previste azioni di formazione orga-
nizzate dall’Amministrazione centrale. Il Ministero ha tuttavia istituito l’ero-
ti
ut
richiesta motivata proveniente dalle Ambasciate o dagli IIC sulla base della
Bo
1
Gli atti relativi agli interventi formativi rivolti ai lettori di prima nomina in parte sono stati raccolti
e pubblicati presso l’Editore Aida di Firenze, in parte sono stati stampati in edizione limitata e non in
commercio. (Una copia degli Atti e la raccolta di norme e disposizioni sul servizio all’estero del personale
della scuola a cura dell’Ufficio IV della DGPC sono a disposizione nella Biblioteca del MAE). In questo
passaggio si fa riferimento al volume Catricalà M. e Vannini E. (cur.) (2001), Lector in media: la didattica
dell’italiano e la comunicazione, Università per Stranieri di Siena, MAE, MPI, Aida, Firenze.
345
4. Conclusioni
Tenendo in considerazione gli esiti delle più recenti indagini sulle moti-
vazioni all’apprendimento dell’italiano diffuso fra stranieri (De Mauro -
Vedovelli, 2001, op. cit.), si deve riconoscere che negli ultimi anni i pubblici
dell’italiano sono molto mutati. Chi vuole apprendere l’italiano è attratto
dalla nostra lingua per poter accedere alla nostra cultura, considerata quale
valore in sé, ma anche per poter migliorare la propria posizione professiona-
le. È interessante infatti notare che la richiesta dell’italiano è legata all’im-
magine del “sistema Italia” e ai valori culturali ed estetici che esprime, però
si fa sempre più strada l’esigenza di studio per investimento professionale,
per ragioni d’uso nel settore economico-produttivo.
Nonostante questo cambiamento di tendenza, l’azione ministeriale per la
ti.
diffusione della nostra lingua è ancora molto legata ad un tipo di intervento
va
che è più di supporto all’emigrazione e al mantenimento di una lingua quale
er
testimonianza dell’appartenenza etnica. Pertanto, anche alla luce della muta-
ris
ta fisionomia delle collettività italiane all’estero che sono sempre più integra-
tti
te nei paesi che le ospitano, sembra sempre più necessario e urgente un
iri
ripensamento dell’intera strategia ministeriale e, in particolare, del sistema
id
dei corsi per i connazionali all’estero che assorbe molte risorse finanziarie.
ti
ne della lingua italiana e renderla competitiva sul mercato delle lingue è pun-
.T
tare sulla qualità dell’offerta e quindi sul miglioramento della qualità dell’in-
re
ziamenti a favore della promozione della nostra lingua per raggiungere inve-
Bo
346
stranieri, che lamentano mancanza di comunicazione e attenzione nei loro
riguardi da parte dell’Amministrazione;
una diffusa sensazione di “isolamento” da parte di chi insegna italiano
all’estero e avrebbe bisogno di confrontarsi in termini professionali e umani
con colleghi in situazioni analoghe.
Un’attenzione costante da parte dell’Amministrazione centrale, di moni-
toraggio e di supporto al lavoro di queste diverse categorie di insegnanti,
potrebbe certamente incentivarne la motivazione. Per un docente straniero,
ad esempio, scegliere di insegnare l’italiano invece dell’inglese imperante è
una scelta professionale non da poco: si pensi ad esempio alla volatilità e alla
mutevolezza dei pubblici dell’italiano e alla conseguente incertezza della
continuità del posto del lavoro, in un contesto internazionale in cui le altre
ti.
lingue che concorrono sul mercato e competono con la nostra possono usu-
va
fruire di una solida organizzazione volta alla loro diffusione.
er
Sempre sulla base dell’indagine sulla qualità dell’insegnamento condotta
ris
dal CERI per l’OECD4 emerge quanto sia rilevante il lato umano dell’inse-
gnante, il suo carisma, il rapporto affettivo che instaura nella classe che è una
tti
iri
delle basi del successo scolastico. Poiché allo stato attuale è impensabile sot-
id
2
OCDE (1990), L’enseignant aujord’hui: Fonctions, status, politiques, OCDE, Paris; OECD (1995),
Measuring the Quality of Schools, Paris
3
Si veda ad esempio nel sito dell’Università per Stranieri di Perugia: http://www.unistrapg.it/lista/
lista.htm, l’interessante mailing list per insegnanti di italiano L2.
4
Si veda anche: U. Margiotta (2002), L’insegnante di qualità, Roma, Armando.
347
Capitolo 26
itaLiano Ls aLL’UniVersitÀ:
La KoÇ UniVersitY di istanBUL
Cinzia Ciulli, Stefania Ciurli1
Lingua etnica parlata per secoli solo nei quartieri levantini, spesso sosti-
tuita dal francese, raramente utilizzata come lingua franca: ma allora, nell’ar-
co di quest’ultimo decennio, che cosa ha contribuito a rendere l’italiano la
lingua più amata dai turchi, la più ambita? Il commercio, che vede comun-
que l’inglese sua lingua veicolare ad hoc? La Turchia come probabile nuovo
paese membro della UE? Fenomeno troppo recente per aver già lasciato un
ti.
imprinting così marcato. L’italiano sta raggiungendo apici di popolarità in
va
continua escalation: lo si vuole parlare, capire, vivere.
er
L’italiano ha musicalità, è la lingua dell’arte e della moda: un idioma che
ris
incanta e appassiona, nelle dolci parole della bella Lizabetta da Messina, nei
tti
cieli azzurri di Bocelli e nella logorroica implorazione di Perdono. Il cosid-
iri
detto “caso turco” vive i suoi momenti di splendore: un successo inatteso che
id
lascia a noi, operatori della lingua e della cultura, il doveroso onere di saper-
ti
sionalità.
.T
ne dell’italiano in Turchia.
c ci
na
MAE. Il centro è nato nel 1994 come progetto pilota per monitorare il reale
interesse verso lo studio della lingua italiana. Il successo dell’iniziativa ha
determinato la fondazione, nel 1995, di un Centro Culturale permanente per
la promozione e didattica dell’italiano a stranieri. La presenza dello sponsor
ha permesso la realizzazione di progetti di un certo rilievo che hanno incre-
mentato il prestigio dell’istituzione.
1
Pur concepita insieme, la stesura dell’articolo va attribuita a S. Ciurli per i paragrafi 1 e 1.1, a C.
Ciulli per il paragrafo 1.2.
348
Lo scopo principale del centro è quello di preparare studenti-amici
dell’Italia che, avendo maturato forti legami con la lingua e la cultura italia-
na, possano adottare nella loro carriera professionale, nell’imprenditoria
pubblica o privata, un orientamento italian-friendly. Studenti e docenti si
mostrano sempre più interessati alle iniziative organizzate dal centro; corsi di
lingua, attività extracurricolari, tutoraggi pomeridiani di sostegno e conver-
sazione, forum di discussione, cineforum. Il centro organizza inoltre semina-
ri, conferenze o corsi di formazione per docenti, talvolta organizzati in colla-
borazione con l’Istituto di Cultura consolare.
Un altro polo di notevole interesse è rappresentato dalla gestione delle
convenzioni stipulate tra Koç University e numerosi atenei italiani, coopera-
zioni che prevedono la mobilità del corpo studenti e docenti, borse di stu-
ti.
dio, progetti di ricerca e pubblicazioni. Attività primaria del centro resta
va
comunque la coordinazione didattica, che include la gestione dei corsi di lin-
er
gua e cultura italiana e l’organizzazione delle attività extracurricolari.
ris
Le figure professionali operanti in questa struttura vengono selezionate
tramite concorso per titoli e meriti e sono essenzialmente due: il direttore-
tti
iri
docente ed il docente. Il direttore, a cui sono affidate la gestione del Centro
id
e delle attività, nonché la docenza di tre corsi semestrali, viene assunto con
contratto annuale che può assumere validità di collaborazione a tempo inde-
ti
ut
corsi a semestre), oppure part-time, (con uno, due o tre corsi a semestre).
ed
349
o si abbandoni il programma dopo il primo semestre, al termine del quale lo
studente ha appena superato il livello A1, ovvero ha scoperto la lingua e può
decidere più consapevolmente se continuare a studiarla; qualora lo studente
interrompa il programma successivamente non otterrà la trascrizione dei cre-
diti del/i corso/i frequentato/i in seguito.
I primi 4 corsi (ITAL 201, 202, 301 e 302), 3,45 ore alla settimana ripar-
tite su tre giorni per circa 14 settimane ciascuno, prevedono di condurre lo
studente al Vantage Level del Common European Framework (B2), in segui-
to gli studenti possono continuare ad approfondire le loro conoscenze e
competenze frequentando altri due corsi semestrali, ITAL 401 e ITAL 402,
ciascuno con un monte ore settimanale di 2,30 ore ripartito su due giorni.
Questi due corsi sono indipendenti l’uno dall’altro, così come dal program-
ti.
ma precedentemente menzionato e il prerequisito per accedervi è il possesso
va
della competenza linguistica richiesta.
er
ITAL 401 è un corso di italiano professionale, non tanto incentrato sulla
ris
microlingua, quanto sugli aspetti interculturali inerenti il mondo degli affari
e i rapporti di lavoro italo-turchi, con particolare riguardo alle competenze
tti
iri
paralinguistiche (cinesica, vestemica, ecc.), per cui alla fine del corso gli stu-
id
di questi due corsi prevedono 2-3 verifiche di progresso, mentre il test fina-
le è sostituito da una ricerca individuale presentata in forma scritta e oral-
ci
mente alla classe. Vista la preponderanza delle attività orali svolte a lezione,
c
na
350
laboratorio; infatti gli studenti possono -e devono- avvalersi del laboratorio
multimediale.
L’aspetto culturale, curato anche attraverso varie attività extracurricolari,
è parte fondamentale nella nostra attività didattica; la conoscenza dei valori
e delle tradizioni italiane, nel rispetto della cultura turca, viene trasmessa non
solo parlando, ma anche mangiando, cantando, ballando, giocando e reci-
tando in italiano, durante appuntamenti settimanali, feste e manifestazioni
organizzate dall’Italian Club: Sanremokoç, Italia Quiz Show, ecc., non ultime
la visita guidata all’Istanbul italiana e un viaggio-studio a Firenze.
ti.
La Koç University ha un sito all’indirizzo: www.ku.edu.tr
va
Sul portale d’ingresso si trovano i link per accedere ad informazioni sul-
er
l’università in generale, sulle attività accademiche e di ricerca, la biblioteca,
ris
(con il catalogo on line), la vita sociale del campus, gli studenti, le facilitazio-
ni informatiche; link aperti a tutti come quello per i visitatori e i “corporate”
tti
in cui si presentano rapporti e collaborazioni fra università e mondo del lavo-
iri
id
ro, industria e servizi, ed altri link riservati agli insegnanti, al personale
amministrativo, agli studenti e ai laureati. a cui si accede con la parola d’or-
ti
ut
sitaria per cui ogni comunicazione avviene tramite posta elettronica, studen-
ti ed insegnanti (per iscriversi ai corsi i primi, per consultare l’orario, riser-
re
351
Capitolo 27
Corsi di LingUa e CULtUra.
aBC oVVero istrUZioni Per L’Uso
(LiVeLLo medio, sViZZera)
Anna Maria Marzorati
ti.
offrire una serie di consigli ed indicazioni pratiche per il docente italiano che
va
si trovi catapultato – spesso ad anno scolastico inoltrato - dalla scuola italiana
er
alla composita realtà dei corsi di una circoscrizione consolare in Svizzera.
ris
Un’altra premessa è doverosa: non è possibile parlare di un sistema scola-
stico elvetico, perché ogni Cantone gode di grande autonomia nell’organizza-
tti
zione dell’impianto scolastico, nell’elaborazione dei programmi di insegna-
iri
id
mento, nella regolamentazione del passaggio alle varie scuole e da un livello
all’altro, nell’adozione dei libri di testo, nel reclutamento degli insegnanti, nella
ti
ut
Pertanto la realtà dei corsi di lingua e cultura cambia spesso in modo sensibi-
le a seconda dell’ubicazione in un determinato Cantone e Circoscrizione con-
re
lavoro nei corsi di lingua e cultura italiana a Berna, dal 1995 al 1998, seguita
ed
realtà d’insegnamento, dove la sua attività, agli occhi dei colleghi svizzeri delle
©
varie scuole in cui si tengono i corsi, viene equiparata a quella di un libero pro-
fessionista free lance, spesso catalizzatore di tensioni ed equivoci interculturali
a sua insaputa.
352
che, in base ad accordi annuali, concedono al Consolato italiano l’uso di una
o più aule – e su 6 o 8 gruppi-classe diversi. La composizione numerica dei
gruppi varia da un minimo di 8 alunni per una pluriclasse (allievi iscritti al
sesto – settimo – ottavo anno di scolarizzazione), a 12 per una monoclasse
(allievi iscritti al medesimo anno) e generalmente non supera le 20-25 unità.
Il docente appena arrivato dall’Italia ha l’impressione di essere travolto
dalla complessità e dalla diversità delle varie situazioni. Talvolta le sedi pos-
sono essere anche molto distanti tra loro o in sobborghi e paesini lontani
dalla città. Fortunatamente gli eccellenti collegamenti dei mezzi pubblici in
territorio elvetico rendono raggiungibili anche le località più sperdute, ma è
necessario tener conto dei tempi di spostamento dall’una all’altra sede nel
programmare l’orario del corso. In qualche caso l’avere sedi diverse com-
ti.
porta anche sensibili variazioni nel calendario scolastico, soprattutto per
va
quanto riguarda i numerosi periodi di vacanza durante l’anno. Va infatti
er
tenuto presente che i corsi di lingua e cultura cominciano solitamente duran-
ris
te la seconda settimana d’agosto e proseguono, con frequenti interruzioni,
fino alla prima di luglio, prevedendo non più di sei settimane di vacanza nel
tti
iri
periodo estivo.
id
ra molto legato alla cultura della madrepatria, la ricezione dei più comuni
re
353
proprie del tempo libero. Non è infrequente che si creino situazioni di disa-
gio e di demotivazione che finiscono per rendere la lezione poco produttiva
e insoddisfacente per tutti. Pertanto risulta davvero importante dedicare le
prime lezioni del corso ad attività mirate all’accoglienza, alla conoscenza e
all’espressione di sé e volte a creare le condizioni di benessere offrendo mol-
teplici occasioni di interazioni positive all’interno del gruppo.
Una serie di primi giochi e attività di presentazione di sé e del compagno
di banco, l’avvio di gemellaggi con gruppi di allievi italiani o la corrispon-
denza con classi parallele in Italia, la proposta dell’ascolto di canzoni, l’uti-
lizzo di giornali, riviste e fumetti, la visione di opere cinematografiche o tele-
visive, la redazione di articoli e l’uso delle nuove tecnologie sono alcune delle
tante possibilità di rinforzo della motivazione alla frequenza del corso.
ti.
Nell’ottica di tale rinforzo diventa importante il poter disporre di un’au-
va
la accogliente e ben attrezzata, in cui poter lasciare tutti i vari materiali giu-
er
dicati utili per la lezione, gli eventuali sussidi, qualche libro di lettura, poster
ris
e cartelloni che documentino la composizione del gruppo, i momenti di lavo-
ro, le possibili uscite sul territorio. La questione delle attrezzature e dell’au-
tti
iri
la può sembrare un aspetto secondario o ininfluente, eppure costituisce uno
id
dignitosi e anche adeguati all’utilizzo delle nuove tecnologie e dei vari sussi-
.T
di disponibili.
re
rienze e bisogni; come strumento per conoscere; come strumento per strut-
turare conoscenze ed esperienze. Al termine della frequenza dei tre anni di
corso del livello medio, gli allievi dovranno:
- utilizzare la lingua italiana a livello orale e scritto in modo chiaro, cor-
retto e appropriato;
- aver raggiunto la capacità di comunicare in relazione a destinatari, scopi
e messaggi diversi;
- esprimersi usando un lessico vario e diversificato a seconda degli ambiti;
354
- produrre testi scritti e orali coesi e coerenti;
- comprendere diversi tipi di testo (narrativo, poetico, informativo, rego-
lativo...);
- organizzare e rielaborare le proprie conoscenze in ambito storico-geo-
grafico-sociale.
Le competenze in uscita riguardano soltanto l’aspetto linguistico perché
il discorso sull’ambito culturale risulta ben più complesso e aperto al dibat-
tito. Un’altra possibilità è quella di proporre in uscita dal corso la certifica-
zione delle competenze raggiunte in campo linguistico (Plida Juniores,
Language Portfolio, ecc).
ti.
3. C come Corsi: il rapporto con la scuola del paese ospitante
va
Generalmente i corsi di lingua e cultura italiana a livello elementare e
er
medio hanno una durata variabile, dalle due alle tre ore settimanali, possono
ris
essere del tutto svincolati dall’orario scolastico della scuola locale (“non inse-
tti
riti”), oppure essere realizzati a cavallo di tale orario - nel primo pomeriggio
iri
o in quello del mercoledì, tradizionalmente libero in Svizzera - (“semi-inse-
id
riti”), o, nei casi più fortunati, essere completamente inseriti all’interno della
ti
cornice oraria della scuola svizzera (“inseriti”) (vedi Vassilli in questo volu-
ut
me).
.T
strale sul documento ufficiale di valutazione della scuola svizzera. I voti sono
assegnati in base a una scala numerica da 1 a 6, dove il 6 rappresenta il livel-
c ci
derati insoddisfacenti.
Bo
355
te di classe – e la conseguente apertura di quest’ultimo nei riguardi dell’ita-
liano - abbia contribuito a potenziare la motivazione, l’efficacia e l’autostima
negli allievi del corso d’italiano. A prima vista tale operazione di contatto e
di ricerca di rapporti può sembrare superflua e senz’altro faticosa per il
dispendio di energie che richiede (bisogna essere disposti ad investire molto
tempo, al di fuori del proprio orario di cattedra), ma spesso è l’unico modo
per spezzare il cerchio dell’isolamento e dell’emarginazione in cui risultano
talvolta confinati i corsi di lingua e cultura.
Una figura sconosciuta nella scuola italiana, ma onnipresente in quella
svizzera, è l’Hauswart, una sorta di custode-responsabile che abita con la sua
famiglia presso l’edificio scolastico. Il più delle volte è proprio questa figura
di cerbero, talvolta molto prevenuto, l’unica controparte del docente italia-
ti.
no: un rapporto conflittuale con l’Hauswart (che in alcuni casi estremi ritie-
va
ne il docente responsabile anche per una rosa mancante dall’aiuola del cor-
er
tile...) può significare pessime condizioni di lavoro per vari mesi. Nella scuo-
ris
la locale, infatti, non esiste il personale ATA: la pulizia dei locali è di solito
appaltata all’esterno, mentre ciascun insegnante provvede, con il proprio
tti
iri
gruppo di alunni tra i quali è rigorosamente programmata e parcellizzata
id
mento dei rapporti di collaborazione tra l’Ufficio Scuola del Consolato ita-
ito
356
Capitolo 28
La sCUoLa stataLe itaLiana
di BarCeLLona
Silvio Santagati
ti.
successo che si viene consolidando nonostanze la assoluta normalità delle
va
risorse disponibili.
er
ris
1. Cenni storici
tti
iri
La scuola statale italiana di Barcellona gode di grande prestigio ed è con-
id
pata parallelamente alla crescita della comunità degli immigrati italiani nella
.T
La prima versione della scuola risale al 1882. Nel 1888 c’era già il primo
ito
Nel 1911 la scuola si trasferì nei locali della Casa degli Italiani, l’associazione
che ancora oggi gestisce l’aspetto logistico dell’istituzione. Nel 1918 al corso
ci
magistrale di lavori educativi per maestri spagnoli ed una scuola serale di lin-
Bo
tecnico commerciale. Nel 1928 venne istituita una Casa dei Bambini di cui la
stessa Maria Montessori inaugurò il corso preparatorio il 19 ottobre 1930.
Il primo febbraio 1951 l’elementare e le secondarie divenivano ufficial-
mente scuole statali italiane.
Negli oltre 50 anni di vita come scuola statale la scuola italiana di
Barcellona ha visto crescere e svilupparsi la propria importanza.
Nei lunghi decenni del franchismo, insieme alle altre scuole straniere pre-
senti nella capitale1, divenne un punto di riferimento democratico per la
357
parte più sensibile della società catalana che soffriva le conseguenze della ter-
ribile situazione di repressione politica e culturale e di segregazione lingui-
stica in cui era sprofondata la Spagna intera. Nell’ oscuro periodo della dit-
tatura la scuola italiana costituì uno dei pochi baluardi di resistenza cultura-
le tollerati. Furono sempre più numerose le famiglie che iscrissero i propri
figli in quella scuola straniera che si ergeva come un oasi di democrazia in un
deserto di repressione e regressione2.
Estintosi il franchismo con la morte del suo artefice e restituito l’intero
stato spagnolo alla democrazia parlamentare ed alla libertà di espressione lin-
guistica, la funzione di diversità della scuola italiana è venuta scemando e per
almeno un decennio si è assistito ad un calo constante e significativo della
popolazione scolastica.
ti.
All’inizio degli anni novanta si è invertita la tendenza negativa con conse-
va
guente risalita delle quotazioni della scuola e con la ripresa delle iscrizioni.
er
All’inizio dell’anno scolastico 2002-2003 la scuola conta con un numero
ris
totale di 503 iscritti, così suddivisi: 119 materna; 187 elementare; 99 media;
98 liceo scientifico3.
tti
iri
id
quartiere ai piedi delle colline5. In più le due scuole sono dirette ciascuna dal
ito
1
La scuola italiana opera attualmente in un contesto dominato dai grandi istituti cattolici privati. La
Bo
più influente e prestigiosa delle scuole straniere è senz’altro la ricchissima scuola statale francese di
Pedralbes, il quartiere più elegante ed esclusivo della città. Altre scuole straniere prestigiose sono quella
inglese e quella tedesca.
©
2
La tradizione familiare è di fondamentale importanza per la scelta del corso di studi. Numerosi degli
alunni iscritti attualmente alla scuola italiana sono catalani figli e nipoti di ex alunni.
3 L’orario delle lezioni è quello del tempo pieno, con mensa inclusa, per la primaria e di tempo
prolungato per la secondaria, dal lunedì al venerdì. Per informazioni dettagliate si possono consultare le
pagine www.simontessori.com e www.liceoamaldi.com
4
La scuola primaria, che comprende materna ed elementare è intitolata a Maria Montessori; la
secondaria, che comprende media e liceo scientifico della durata di quattro anni, è intitolata ad Edoardo
Amaldi.
5
La scuola secondaria ha la sua sede in Passatge Mendez Vigo, accanto all’Istituto Italiano di Cultura
ed alla Casa degli Italiani, tra carrer Aragó e carrer Consell de Cent, a due passi da Plaça de Catalunya.
La primaria è ospitata in una vecchia villa riconvertita in scuola, tra carrer Setantí e carrer Carme Karr,
nel cuore del quartiere di Sarriá.
358
gnanti delle classi quinte elementari e delle classi prime medie ed all’attività
sindacale dei dipendenti6.
In comune rimangono l’ente gestore, propietario degli stabili, i servizi
medici e psicopedagogici e, soprattutto, l’utenza.
Nella situazione particolare di enclave linguistico in cui si viene a trovare
una qualsiasi scuola italiana all’estero la cura dell’utenza7 è di capitale impor-
tanza.
Se possono esserci innumerevoli motivi per scegliere una determinata
scuola, una sola è la ragione per la quale si decide di rimanerci fino alla fine
del corso completo degli studi: il suo livello di qualità.
Nel caso della scuola italiana di Barcellona la qualità è garantita, molto
semplicemente, dalla riproposizione del modello scolastico metropolitano.
ti.
Un modello che alla prova dei fatti si dimostra vincente.
va
All’interno della proposta culturale globale della scuola italiana di
er
Barcellona assume fondamentale importanza il ruolo della scuola primaria.
ris
Sia come serbatoio naturale di utenza sia come base linguistica e culturale
sulla quale costruire le future competenze “adulte”.
tti
iri
Considerando globalmente i quattro segmenti scolastici in cui si divide il
id
corso completo di studi italiani, nel caso specifico di Barcellona la scuola ele-
mentare è quella che offre il modello più convincente.
ti
ut
mento.
c
na
Bo
6
Gli alunni della secondaria hanno un rapporto continuo con la loro vecchia scuola perchè le lezioni
di educazione fisica si svolgono di pomeriggio negli spazi della primaria.
7
La popolazione scolastica è particolarmente composita. Oltre agli spagnoli bilingui c’è una forte
percentuale di alunni italiani i cui genitori si trasferiscono temporaneamente per motivi di lavoro.
Particolarmente numerosi i figli di coppie miste, in origine trilingui (ma in molti casi anche quadrilingui).
A partire dallo scorso anno sono aumentati gli argentini di origine italiana il cui rientro in Europa avviene
attraverso la “scorciatoia” linguistica spagnola.
359
fattore aggiunge alla scuola un surplus di dinamicità che la fa percepire
come una scuola in constante “movimento”.
Movimento che non avrebbe possibilità di riprodursi senza la decisiva
partecipazione del personale docente. Normalissimo personale docente di
ruolo della scuola pubblica italiana, con competenze linguistiche straniere
più o meno sviluppate, ma con una forte motivazione addizionale costituita
dall’eccellenza della retribuzione.
Non è peregrino ritenere che un insegnante gratificato da un assegno di
sede che supera i tremila euro mensili ritrovi delle motivazioni (già perdute)
che ne fanno un eccellente operatore culturale italiano all’estero a tempo
pieno. Non senza considerare che l’effetto gratificante ha un’importante rica-
duta anche sul versante della considerazione sociale di cui l’insegnante ita-
ti.
liano all’estero arriva a godere.
va
Da questo “stato di grazia” del personale docente, ma anche di quello
er
amministrativo e direttivo, derivano degli effetti positivi a catena che si riflet-
ris
tono sulla conduzione dell’intero progetto scolastico.
Il progetto pedagogico della “Maria Montessori” è improntato alla
tti
iri
migliore tradizione umanistico-affettiva. L’ambiente è accogliente, gli spazi9,
id
sono quelli di una scuola piccola e raccolta in cui tutti si incontrano conti-
nuamente e sono “costretti” a stabilire una relazione di amicizia o almeno di
ti
ut
momenti di compresenza.
8
È utile sottolineare che la lingua italiana è assolutamente predominate nel contesto scolastico
ufficiale e che lo spagnolo è la lingua di comunicazione preferita dagli alunni nei momenti extrascolastici.
9
Per la verità l’edificio della Maria Montessori è ormai insufficiente ad ospitare materna ed
elementare. Gli spazi sono angusti ed antiquati e si sente la necessità di ambienti più funzionali. Tuttavia
la scuola si giova dell’atmosfera “magica” di questo vecchio villone e della sua felice ubicazione nel
tranquillo quartiere di Sarriá. Quanto a spazi, la scuola secondaria si trova in condizioni ancora più
precarie.
360
Lo standard linguistico complessivo è più che soddisfacente. Uno studio10
condotto dagli insegnanti dell’elementare nel triennio 1998-99/2000-01 ha
dimostrato “una netta superiorità dei risultati in lingua italiana, sia rispetto
alle altre due lingue [del curriculum] che rispetto agli standard nazionali dei
bambini italiani che vivono in Italia....”.
ti.
va
er
ris
tti
iri
id
ti
ut
.T
re
ito
ed
c ci
na
Bo
©
10
Lo studio è stato condotto attraverso il reperimento degli strumenti di misura delle quattro abilità
linguistiche per ciascuna delle tre lingue e la successiva somministrazione di test già tarati su un campione
ritenuto significativo per la media nazionale italiana e catalana. Vedi: S. Santagati, La Scuola italiana
all’estero e l’insegnamento di qualità, tesi Master Itals, Venezia, luglio 2002.
361
Capitolo 29
L’insegnamento deLL’itaLiano Ls
neLLe sCUoLe tedesChe
Nives Winkler
Questa parte vuole essere una finestra aperta sull’insegnamento della lin-
gua e cultura italiana in Germania, sulle istituzioni, italiane e tedesche pre-
poste allo scopo, sul sistema scolastico tedesco, su come candidarsi e quali i
requisiti richiesti, sulle leggi e normative, italiane e tedesche, che disciplina-
no l’insegnamento all’estero.
ti.
va
1. i compiti dell’Ufficio Culturale dell’ambasciata di Berlino per la
er
promozione e diffusione della lingua e cultura italiana
ris
L’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Berlino si prende cura delle rela-
zioni culturali italo-tedesche:1
tti
iri
- intrattiene i rapporti con le Autorità tedesche centrali e periferiche per
id
zionare: gli scambi di docenti universitari, gli scambi scolastici e gli scam-
re
linguistico;
Bo
1
Informazioni tratte dal sito http://www.botschaft-italien.de
362
abbiamo tratto questa statistica dell’ottobre 2002 che può dare un’idea del
numero di studenti di italiano in Germania:
Questo dato così rilevante, 234.642 studenti di ogni ordine e grado che
ti.
frequentano i corsi di italiano e un ventaglio di strutture così variegato del
va
“dove imparano”, ci porta a voler specificare meglio cosa si intende per
er
“Allievi nelle scuole”, ovvero popolazione della fascia scolastica dell’obbligo
ris
(30.412 utenti).
tti
iri
2. Panorama del sistema scolastico tedesco
id
363
Berufliche Abschlüsse / Allgemeine Allgemeine Hochschulreife
Hochschulreife
Sekundarstufe II
Fachhochschulreife Fachhochschulreife
Gymnasiale
Berufskolleg
Oberstufe
Sekundarabschluss / Fachberschulreife
Hauptschulabschluss nach Klasse 9
Sekundarstufe I
Hauptschule Realschule Gymnasium Gesamtschule
ti.
Sonderschule
va
er
Erprobungsstufe
ris
Primarstufe
Grundschule tti
iri
id
ti
Legenda:
ut
sente l’accesso a tipi di scuole in cui è possibile acquisire il diploma di maturità che apre
ito
Il Gymnasium di cui gli ultimi 3 anni sono chiamati Oberstufe, ovvero superiori, corri-
sponde al nostro tipo di scuola secondaria, il cui diploma di maturità dà accesso a tutti
ci
i tipi di università.
c
La Gesamtschule dalla 1a alla 10a classe, è un tipo di scuola comprensiva che riunisce in sé
na
La Berufskolleg, dopo una licenza di 10a classe, è un tipo di scuola professionale superiore.
La Sonderschule è una scuola differenziale per alunni con difficoltà di apprendimento.
©
364
- Nella Hauptschule (formazione professionale) è offerto l’insegnamento
di una prima lingua straniera, di norma l’inglese;
- nella Realschule (termina con la licenza che permette di accedere a
scuole di specializzazione oppure di effettuare il passaggio al livello
superiore: i tre anni finali del Gymnasium), oltre alla lingua straniera
obbligatoria, è offerta quale materia facoltativa una seconda lingua, di
norma il francese;
- nella Gesamtschule (scuola integrata che si compone di alcuni corsi
comuni per la maggior parte delle materie e di altri specifici per l’ap-
profondimento) spesso viene offerta una formazione bilingue (tede-
sco/italiano, tedesco/francese, tedesco/turco, tedesco/spagnolo);
- nel Gymnasium (si conclude con la maturità e permette l’accesso all’u-
ti.
va
niversità) sono obbligatorie due lingue straniere (a volte una di queste
lingue è l’italiano). Anche questo tipo di scuole offre sezioni bilingui,
er
ris
come ad esempio il “Montessori-Gymnasium” di Colonia, che offre l’i-
taliano come seconda lingua straniera a partire dalla 7a classe, permet-
tti
tendo così alla fine della 13a il conseguimento della maturità bilingue.
iri
Osservando il grafico alla pagina successiva si vede che, oltre all’inse-
id
365
ti.
va
er
ris
tti
iri
id
Nordreno/Westfalia.
Bo
una inviata dal MAE e l’altra lavora con incarico d’insegnamento nel
Nordreno-Westfalia, senza che ció comporti l’instaurazione di un rapporto
di lavoro con il Land. Tale pratica d’insegnamento non conferisce alcun dirit-
to all’assunzione da parte del Land.
Scuole con sezioni bilingui si trovano anche ad Amburgo, Francoforte,
Friburgo, Stoccarda.
Altri esempi di scuole bilingui accompagnano gli studenti fino alla matu-
rità: la Gesamtschule bilingue di Wolfsburg (http://www.ddhannover.de) in
366
Bassa Sassonia, in cui alcuni insegnanti italiani operano insieme a colleghi
tedeschi, a pari condizioni (Gleichstellung), altri sono inviati dal MAE oppu-
re hanno contratto di lavoro con il Land.
Alcuni indirizzi bilingui esistono anche in scuole italiane nel Nord-Reno-
Westfalia: la Gesamtschule “Papa Giovanni XXIII” di Stommeln, ha iniziato
la sua attività come Scuola media italiana (unica possibilità di terminare la
scuola dell’obbligo per quei ragazzi italiani che arrivavano nel Nord-Reno-
Westfalia senza aver concluso le medie e, naturalmente, senza la conoscenza
della lingua tedesca) ed è diventata poi una Gesamtschule bilingue. Ora è
diretta da due presidi, uno tedesco e l’altro italiano. Tutti gli insegnanti ita-
liani, escluso uno con mandato italiano (MAE), hanno un contratto di lavo-
ro con l’amministrazione tedesca, mediato dall’Arcivescovado di Colonia.
ti.
A Colonia esiste da molti anni il liceo parificato “Italo Svevo”, la cui dire-
va
zione è affidata ad un preside italiano che sta per trasformare (entro il 2004)
er
questo Istituto, dotandolo anche di una struttura pari alla Gesamtschule,
ris
quindi offrendo una sezione bilingue, iniziando già dalla 5 a classe, che porti
contemporaneamente alla maturità tenica e linguistica. Interessante il model-
tti
iri
lo di insegnamento della lingua italiana che verrà adottato:
id
nella geografia
©
367
Tutti gli insegnanti dell’“Italo Svevo” devono essere madrelingua italiani
e bilingui, sono assunti dall’Ente gestore in accordo con le autorità tedesche.
ti.
tuzioni presenti in loco. L’Ufficio scuole collabora strettamente con i vari
va
Schulämter (Provveditorati scolastici), con gli Istituti di Cultura, che secon-
er
do lo spirito della legge che ne indirizza l’intervento, promuovono e diffon-
ris
dono la cultura e la lingua italiana negli Stati dove hanno sede avvalendosi di
una propria autonomia operativa e finanziaria, fermo restando un quadro di
tti
obblighi istituzionali, con enti gestori, tipo COASSCIT (Comitato assistenza
iri
id
scolastica italiana) i quali istituiscono coordinano e finanziano anche corsi di
sostegno per bambini italiani con difficoltà nella scuola tedesca.
ti
ut
.T
attua, in base al Decreto legislativo 297 del 1994 che ha recepito la legge 153
ed
Vassilli in questo volume). Nel 1999 sono state realizzate attività scolastiche
c
na
ficio di più di 483.000 utenti. Tali attività sono finanziate mediante uno stan-
ziamento nazionale cui si aggiunge, per i Paesi membri, un contributo
©
368
- istituzione di classi o corsi “di sostegno”, per agevolare l’inserimento di
alunni italiani e di origine italiana nelle scuole dei paesi di insediamento;
- istituzione di corsi speciali annuali per la preparazione agli esami di ido-
neità e di licenza di scuola italiana elementare e media;
Le attività linguistico-culturali vengono realizzate tramite il ricorso ad
enti gestori locali di diritto privato che ricevono contributi dal Ministero
Affari Esteri in denaro, materiale didattico e supporto alle attività per la for-
mazione dei docenti. Tali enti accettano peraltro il coordinamento e la super-
visione del Ministero degli Esteri, che impartisce direttive ed effettua il
monitoraggio di tutte le attività, direttamente ed attraverso i Consoli che
svolgono per legge funzioni di Provveditore agli Studi, sia per l’aspetto finan-
ziario che sotto il profilo della efficacia pedagogico-didattica. Particolare
ti.
impulso è stato dato, negli ultimi anni, alle attività di formazione dei docen-
va
ti locali, che oggi vengono svolte con regolare frequenza da enti formatori
er
specializzati con uso di tecnologie avanzate che consentono un aggiorna-
ris
mento continuo.
tti
iri
Ecco la procedura per la candidatura ed un incarico d’insegnamento
id
presso i Corsi di lingua e cultura italiana nelle scuole pubbliche del Land
ti
Nordreno/Westfalia:
ut
.T
2. Nella misura in cui uno dei posti occupati si renda vacante (a seguito
c
na
369
sata secondo il Bundeasangestelltentarif, nella categoria BAT 5 per i
diplomati e BAT 4 per i laureati. Va precisato che il servizio prestato
presso queste istituzioni scolastiche non dà diritto a punteggio per la
partecipazione ad eventuali concorsi in Italia.
4. L’insegnamento dell’italiano come lingua materna è offerto dalla scuo-
la pubblica tedesca, in genere, al pomeriggio in Schwerpunktschulen
(scuole logisticamente favorevoli) presso le quali sono raccolti alunni
italiani provenienti da più scuole e classi (dalla I alla X classe). I grup-
pi sono composti da almeno 10 alunni (in media, sui 15 alunni) e rice-
vono ciascuno da 3 a 5 ore d’insegnamento settimanale. Il servizio di
ogni insegnante si distribuisce, generalmente, su quattro o cinque sedi
scolastiche della medesima circoscrizione (Bezirk), con un orario d’in-
ti.
segnamento settimanale di 28 ore lezione di 45 minuti.
va
La situazione degli insegnanti di lingua materna, (Muttersprachlicher
er
Unterricht) è in questo momento complessa, in seguito ai risultati del
ris
”Progetto OCSE/PISA/CC”2, che sono stati piuttosto disastrosi, per la scuo-
tti
la tedesca ed in particolare per alunni migranti, a cui si imputa la poca cono-
iri
scenza di entrambe le lingue, quella di origine e quella tedesca.
id
tive allo scopo di promuovere e/o rafforzare le conoscenze della lingua tede-
ut
favore di corsi di sostegno per il tedesco, proseguendo poi a scalare fino alla
ito
fica che se, nei prossimi anni, un insegnante lascia il proprio posto (per
ci
sta verrà approvata, molti alunni non avranno più la possibilità di frequenta-
Bo
370
tra gli insegnanti di lingua materna e gli altri (cittadini tedeschi o meno) si
basa quindi su criteri indipendenti dalla nazionalità e come tale la
Commissione Europea non la ritiene in contrasto con la normativa comunita-
ria. Se un insegnante di lingua materna è pienamente abilitato nel suo paese
di provenienza a insegnare più di una materia, egli soddisfa uno dei due cri-
teri stabiliti dalle autorità del Land Assia ed è collocato al livello retributivo
appropriato. La Commissione ritiene che il riconoscimento delle qualifiche
professionali degli insegnanti di lingua materna di altri Stati membri non
modifica il fatto che essi insegnano una sola materia e sono quindi collocati a
un livello retributivo inferiore rispetto agli insegnanti (di qualsiasi nazionalità)
che insegnano più di una materia. La Commissione Europea sottolinea che gli
insegnanti di lingua materna non hanno bisogno di un riconoscimento for-
ti.
male della loro qualifica da parte delle autorità tedesche per poter insegnare.
va
er
3.2 Scuole tedesche
ris
La formazione e l’abilitazione all’insegnamento dei docenti nel Land
tti
NRW è regolata dal Gesetz über die Ausbildung für Lehrämter an offentlichen
iri
Schulen (LABG) del 23.6.1989. La predetta legge statuisce i seguenti pre-
id
una orale riferite alle materie studiate nella corso di studi universitari;
3. espletamento di un periodo di tirocinio (Vorbereitungsdienst) della
durata di due anni successivo all’esame di stato, consistente in una
parte teorica - da assolversi presso uno Studienseminar – ed una parte
pratica (Referendariat), da assolversi in una scuola del tipo corrispon-
dente a quella dell’abilitazione a cui si aspira;
4. superamento di un secondo esame di stato (Zweite Staatsprüfung),
consistente in un esame scritto, uno orale ed una esercitazione pratica
(Unterrichtssprobe). Al termine del curricolo formativo, il candidato
371
consegue l’abilitazione all’insegnamento (Lehrbefähigung) e può con-
correre all’assegnazione di un posto nella scuola pubblica senza ulte-
riori prove di selezione.
Con Ordinanza del 21.5.1991, modificata dall’Ordinanza 26.5.1994, il
Govemo del Land, recependo la Direttiva della Comunità Europea del
21.12.1988, ha ammesso la possibilità di riconoscimento dei diplomi conse-
guiti nei Paesi membri alle condizioni seguenti:
a. curricolo accademico di almeno un triennio
b. conoscenza della lingua tedesca (accertata attraverso un “colloquio”
presso lo Staatliches Prüfungsamt für Erste Staatsprüfung);
c. abilitazione all’insegnamento di almeno due materie.
ti.
La relativa istanza va rivolta al Ministero dell’lstruzione del Land
va
(Ministerium für Schule und Weiterbildung) entro il 15 ottobre di ogni anno.
er
Eventuali carenze dei suddetti presupposti possono essere integrate attra-
ris
verso la frequenza di appositi corsi (Anpassungslehrgänge) o esami
(Eignungsprüfungen).
tti
I requisiti per l’assunzione da parte tedesca sono:
iri
id
2. esperienze d’insegnamento;
ed
372
3.3 Scuole italiane all’estero e Scuole Europee
Con il Decreto del 1992 sull‘approccio Begegnung mit Sprachen (incontro
con le lingue) il Ministero dell’Istruzione del Land Nordreno-Westfalia ha inte-
so sensibilizzare insegnanti, alunni e, possibilmente, anche genitori nei con-
fronti delle lingue straniere presenti nelle realtà scolastiche di numerose città
tedesche. Con successivi accordi fra i Consolati di Colonia e Dortmund e le
Autorità scolastiche del Land, nell’anno 1996 veniva attivato un progetto
triennale (1996-1999) mirato alla formazione e all’aggiornamento di insegnan-
ti della scuola elementare tedesca nella lingua e nella didattica dell’italiano
come „lingua d’incontro“ che prevedeva la collaborazione fra le due
Amministrazioni avente per obiettivo Förderung der Begegnung mit der italie-
nischen Sprache in den Grundschulen des Landes Nordrhein-Westfalen (promo-
ti.
zione dell’incontro con la lingua italiana nelle scuole elementari del Land
va
NRW). Ai bambini nella scuola veniva/viene offerta la possibilità di “incontra-
er
re” altre lingue straniere tra cui l’italiano. Se nella scuola o classe ci sono bam-
ris
bini di altre lingue materne, si cerca di privilegiarle. Naturalmente questo
tti
“incontro” avviene in forma ludica e tende a risvegliare nel bambino la curio-
iri
sità di sapere “come si dice in….” altra lingua. Di norma questo insegnamen-
id
d’incontro.
ut
altre lingue europee già presenti nella scuola tedesca (inglese, francese, ecc.).
na
Bo
373
riferimenti bibliografici accessibili in rete
http://www.11maggio.de
http://www.botschaft-italien.de
http://welcome.to/uff.scuola.dortmund
http://www.pisa.oecd.org/
http://www.ddhannover.de
http://www.eursc.org
http://www.europeanschool.nl/100/Italiaans/Secties/b.html
ti.
va
er
ris
tti
iri
id
ti
ut
.T
re
ito
ed
c ci
na
Bo
©
374
Capitolo 30
itaLiano Ls aLL’institUto sUPerior
deL Profesorado
“JoaQUÍn V. gonZÁLeZ” di BUenos aires
María Emilia Pandolfi
Capire che aumenta l’interesse per l’italiano nel proprio Paese è qualcosa
che entusiasma e rende ottimisti. L’entusiasmo e l’ottimismo tuttavia sono
seguiti dalla consapevolezza che la diffusione dell’italiano non sarà mai pro-
ficua se non ci saranno insegnanti idonei che riescano a trasmetterlo con pro-
ti.
fessionalità.
va
Compito chiave quindi, in questa catena della promozione dell’italiano, è
er
quello della formazione di formatori d’italiano nel cui operato risiede buona
ris
parte della responsabilità.
tti
iri
1. il Profesorado d’italiano
id
rea tra i quali vogliamo particolarmente illustrare, in questa sede, quello del
c
Profesorado d’Italiano.
na
“universitaria” perché
©
375
Cosí, per esempio, nel Dipartimento di Italianistica, il lavoro verte tanto
sulla conoscenza delle singole discipline insegnate (quali grammatica, foneti-
ca, letteratura, ecc.), quanto sulla trasposizione didattica dei contenuti di
dette discipline facendo sí che, per esempio, la grammatica, oltre a essere una
disciplina a sé, diventi anche una grammatica pedagogica, la fonetica, una
fonetica pedagogica e cosí via.
2. La domanda d’italiano
È noto che, da alcuni anni, si sta verificando in modo generale una gran-
de richiesta di italiano in Argentina dovuta a svariate motivazioni; la conse-
guenza è un vistoso aumento dei corsi di italiano in tutte le istituzioni che si
ti.
interessano dell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera.
va
Anche la scuola ha seguito questo recente entusiasmo e ha dato una rispo-
er
sta, se non esauriente, alquanto soddisfacente nei confronti di questa doman-
ris
da d’italiano.
Infatti, negli ultimi anni, il governo delle Città di Buenos Aires, a livello
tti
educativo-scolastico, ha messo in atto una politica plurilingue che comporta
iri
id
una valorizzazione delle lingue straniere soprattutto delle comunità di mag-
gior presenza nel paese. L’italiano è stato considerato la lingua di una delle
ti
ut
derevole numero di ore settimanali di italiano sin dalla prima classe a carico
ed
3. il corso di laurea
L’attuale corso di laurea è articolato in ben 27 materie annuali distribuite
in tre grandi aree disciplinari: area linguistica, area culturale e area metodo-
logica e un intensivo tirocinio negli ultimi due anni della preparazione.
376
Sette delle materie del piano sono in spagnolo e sono comuni agli altri
dipartimenti di formazione: Filosofia, Espressione orale e scritta dello
Spagnolo, Conduzione dell’apprendimento, Teoria dell’educazione,
Psicologia dell’età evolutiva, Storia sociale dell’educazione, Istruzione civica.
Le altre sono le materie specialistiche che vengono insegnate in italiano:
Lingua I, II, III e IV, Grammatica I e II, Fonetica e Dizione, Storia I, II e III,
Letteratura I, II, III e IV, Latino I e II, Storia della lingua e Metodologia I e II.
In questo momento è in atto un progetto di riforma del piano curricolare
dell’attuale corso di laurea che prevede l’anticipo della pratica docente alle
prime fasi dell’iter di studio in modo che i corsisti abbiano l’esperienza del
tirocinio sin dal primo anno, possano mettere a confronto in modo costante
e sistematico il piano teorico della loro preparazione con quello pratico e
ti.
siano avvezzi alla riflessione sulla prassi scolastica.
va
er
4. il profilo dell’alunno
ris
L’allievo che arriva al Profesorado deve possedere un livello di lingua
tti
alquanto solido equivalente perlomeno a un CILS 3, dato che poi dovrà
iri
id
affrontare tutto il suo studio in italiano.
Gli alunni che riceviamo sono di svariate provenienze. Molti sono della
ti
ut
vinti del prestigio che vanta questa istituzione, la sola che prepara insegnan-
ito
stica, con un’ampia conoscenza culturale, ma allo stesso tempo con stru-
menti molto concreti per:
Bo
377
5. La selezione degli insegnanti
L’insegnante che si volesse inserire nello staff del Profesorado di italiano
deve avere la laurea del Profesorado o dell’università e deve preferibilmente
aver fatto una specializzazione nella disciplina che intende insegnare o un
master in un’università argentina o straniera. L’accesso avviene tramite con-
corso pubblico.
Durante detti concorsi, i candidati presentano alla giuria appositamente
nominata i loro CV e un progetto di lavoro per la disciplina. Successivamente
tengono una lezione di quaranta minuti davanti a una classe sull’argomento
proposto dalla giuria e, in ultimo, sostengono un colloquio nel quale i can-
didati giustificano i criteri del progetto da loro presentato ed espongono le
linee di lavoro e l’impianto metodologico che intendono seguire qualora fos-
ti.
sero incaricati della cattedra.
va
er
ris
6. Proposte extracurricolari
tti
Il Profesorado possiede inoltre un’attiva proposta extracurricolare di
iri
seminari di aggiornamento, corsi di lettura aperti alla comunità e laboratori
id
vari per alunni delle ultime classi e ex-alunni. Cosí per esempio, da un paio
ti
di numerosi e aggiornati volumi in base alle richieste che gli insegnanti inol-
trano.
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7. Conclusioni
Bo
378
Capitolo 31
L’insegnamento deLL’itaLiano Ls
aLL’istitUto itaLiano di CULtUra
di madrid: insieme Per migLiorare
Marilena Da Rold
Negli ultimi anni c’è stata una vera rivoluzione nell’organizzazione dei
corsi di lingua italiana offerti dall’Istituto Italiano di cultura di Madrid, sul
piano didattico, su quello organizzativo e anche sulla composizione del
corpo docenti. Prima i corsi erano annuali, gli insegnanti si coordinavano tra
ti.
di loro più o meno autonomamente, ma non c’era vera e propria unità sul
va
piano metodologico: ciascuno entrava in classe con il proprio metodo
er
d’insegnamento e le proprie tecniche didattiche. Cosa ancor più grave,
ris
alcuni non avevano una formazione specifica nell’insegnamento della LS.
Ora, grazie agli sforzi congiunti di un gruppo di insegnanti, a una seria
tti
coordinazione didattica e non da ultimo, alla volontà del dirigente, gli
iri
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studenti che accedono ai corsi di italiano trovano degli insegnanti formati o
in formazione secondo una linea comune, che utilizzano e seguono lo stesso
ti
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scendendo poi nel dettaglio della realtà della classe con alcune
ed
379
1. La realtà dei corsi
I corsi di lingua italiana per adulti offerti dall’Istituto Italiano di Madrid
si dividono in corsi di lingua generale e corsi speciali. I primi si suddividono
in cinque livelli ulteriormente divisi in moduli di 40 ore ciascuno. I primi tre
livelli sono di 120 ore, composti quindi da tre moduli, mentre il quarto e il
quinto sono di 80 ore (2 moduli); alla fine di ogni modulo gli studenti,
tramite un test, passano a quello successivo e alla fine dell’ultimo modulo del
livello, tramite un altro test che verifica la competenza nelle quattro abilità,
passano al livello successivo e ricevono un certificato con la votazione
ottenuta. Attualmente, i test di passaggio di modulo sono una delle questioni
più dibattute fra gli insegnanti perché molti vedono un divario tra le attività
che si fanno in classe a carattere comunicativo e l’eccessiva attenzione data
ti.
fin dai primi livelli alla morfosintassi nei test; è un tema spinoso perché
va
entrano in gioco questioni non solo didattiche ma anche pratiche e
er
burocratiche che non si è ancora riusciti a risolvere.
ris
I corsi speciali offerti sono di vario tipo: corsi di cultura italiana, di
tti
traduzione, di conversazione, dell’italiano per gli affari, corsi di cucina e
iri
corsi di musica, oltre ai corsi di preparazione alla certificazione
id
Tutti i corsi, normali o speciali sono bisettimanali con lezioni da due ore
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sabato. I corsi di lingua italiana possono anche essere intensivi, di due ore e
ito
mezza dal lunedì al venerdì o super intensivi (quattro ore al giorno) durante
ed
i mesi estivi.
ci
Gli studenti dell’Istituto sono adulti di ogni fascia d’età, dai 18 ai 70 anni,
interessati alla lingua italiana per diverse ragioni; ragioni di carattere
personale (non è raro il caso di fidanzati o fidanzate italiane o passione per il
nostro Paese, che gli spagnoli vedono molto vicino per clima e carattere al
proprio), ragioni di studio (studenti universitari che vogliono passare un
anno in Italia in uno scambio interuniversitario o che tornano da un corso di
questo tipo), motivi di lavoro (sempre più imprese richiedono, oltre
380
all’inglese, un’altra o altre lingue straniere e in tutte quelle imprese che
lavorano con l’Italia è ben vista la conoscenza della lingua). Non bisogna
dimenticare poi che l’italiano e lo spagnolo sono lingue affini e se un adulto
deve scegliere una lingua straniera in più da studiare, “l’apparente” facilità è
senz’altro un incentivo.
Esiste un grosso malinteso tra italiano e spagnolo non solo sul piano
strettamente linguistico, ma anche su quello culturale: c’è la convinzione che
le due lingue siano praticamente uguali e che il modo di pensare sia lo stesso.
Un malinteso in cui al primo impatto è facile cadere, poi però nascono le
prime incomprensioni di carattere socio-culturale. Sul piano strettamente
linguistico abbiamo degli studenti che alla fine del percorso di studi sono in
grado di comunicare perfettamente in una lingua che non è né italiano né
ti.
spagnolo, ma un ibrido. Uno dei grossi problemi che si trova ad affrontare
va
un insegnante in questo ambito è proprio il fatto che ad un certo livello
er
dell’interlingua l’apprendimento si fermi e lo studente non raggiunga mai la
ris
lingua obiettivo. Le ragioni sono molteplici; solo a titolo d’esempio possiamo
citare la motivazione degli studenti, i pochi contatti con la lingua italiana al
tti
iri
di fuori dei corsi di lingua, i metodi di correzione; non è questa la sede per
id
tra livello basso e alto, che cerca di approfondire anche sul pino
morfosintattico e testuale il livello di conoscenza della lingua italiana con
ci
381
molto alti, ma con un livello di produzione scritta basso e con molti errori
sistematici anche nell’orale. Ora, visto che nei corsi si sviluppano tutte e
quattro le abilità, diventa veramente difficile inserirli in un gruppo. A volte
si è riusciti a creare dei gruppi con molti studenti con le stesse caratteristiche
e si sono potute fare attività mirate lavorando con tutta la classe. Più spesso
però l’insegnante deve mediare e dare attività di recupero mirate al singolo
studente, cercando, allo stesso tempo, di tenere alta la sua motivazione anche
nelle attività di comprensione e produzione orale che può trovare troppo
facili o addirittura noiose.
ti.
un approccio comune in tutti i corsi offerti e si è deciso per l’approccio
va
comunicativo, prediligendo tra gli altri il metodo nozional-funzionale. Per
er
fare questo sono stati uniformati i programmi, cercando di adattarli al
ris
quadro comune europeo di riferimento, sono stati adottati dei libri di testo
tti
comuni per ogni livello e si sono fatti, e si continuano a fare tutti gli anni,
iri
corsi di formazione per insegnanti vecchi e nuovi. Naturalmente non è facile
id
382
di italiano standard, è impossibile depurarla totalmente. Naturalmente gli
insegnanti stessi devono essere coscienti di questo e farlo notare agli studenti
per dare loro un’immagine dell’Italia il più vicina possibile a quella reale ed
attuale. Dobbiamo ricordarci sempre che nonostante l’Italia sia
relativamente vicina e molti abbiano la possibilità di andarci, rimaniamo, noi
insegnanti, il primo modello di riferimento linguistico e culturale per la
maggior parte di loro.
Un altro problema nell’insegnamento di LS sta proprio nel materiale
usato in classe. I libri di testo abbiamo detto che sono fondamentali per gli
insegnanti per adottare una linea di lavoro comune, ma lo sono anche per lo
studente che in questo modo può usufruire di materiale più o meno
autentico su cui lavorare a casa, non potendolo attingere dalla vita
ti.
quotidiana così facilmente come invece può fare lo studente di italiano L2. I
va
libri di testo però non sono perfetti e molto del materiale che forniscono è
er
superato; gli insegnanti devono quindi integrarlo o sostituirlo aggiornandolo
ris
continuamente tramite Internet, i giornali o la televisione, sempre con lo
scopo di dare agli studenti un’immagine del nostro paese il più veritiera
tti
iri
possibile. Anche per fare questo la collaborazione e la messa in comune del
id
sottovalutare il fatto che alcuni studenti al di fuori delle cinque o quattro ore
ito
L’insegnante deve quindi, durante le ore di lezione, fornire tutto l’input, deve
c
na
383
e a sforzarsi nel comunicare anche tra loro in italiano.
Lungi dall’essere esaustivi con questo capitolo volevamo portare la nostra
testimonianza di un miglioramento avvenuto nell’apprendimento e
nell’insegnamento della lingua e della cultura italiana nel mondo e allo stesso
tempo fare qualche riflessione sul lavoro che si può fare insieme e si deve
continuare a fare sempre nell’ottica di una formazione continua nell’interesse
dello studente.
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L’italiano per stranieri
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L’italiano all’Opera
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Italian for the English-speaking attività linguistiche attraverso 15 arie famose
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Balboni Chiappini e De Filippo
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GrammaGiochi Un giorno in Italia 1
per giocare con la grammatica corso di italiano per stranieri - primo livello
Barki e Diadori tti
• libro dello studente con esercizi + CD audio
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• guida per l’insegnante + test di verifica
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Pro e contro • glossario in 4 lingue + chiavi degli esercizi
conversare e argomentare in italiano
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livello intermedio-avanzato
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Battaglia Diadori
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Battaglia du Bessé
Leggiamo e conversiamo PerCORSO GUIDAto guida di Roma
letture italiane con esercizi con attività ed esercizi di italiano per stranieri
per la conversazione du Bessé
Battaglia e Varsi PerCORSO GUIDAto guida di Firenze
Parole e immagini con attività ed esercizi di italiano per stranieri
corso elementare di lingua italiana du Bessé
per principianti PerCORSO GUIDAto guida di Venezia
Bettoni e Vicentini con attività ed esercizi di italiano per stranieri
Passeggiate italiane
lezioni di italiano - livello avanzato
Gruppo META Maffei e Spagnesi
Uno Ascoltami!
corso comunicativo di italiano - primo livello 22 situazioni comunicative
• libro dello studente • manuale di lavoro
• libro degli esercizi e grammatica • 2 audiocassette
• guida per l’insegnante
• 3 audiocassette
Marmini e Vicentini
Passeggiate italiane
Gruppo META lezioni di italiano - livello intermedio
Due
corso comunicativo di italiano - secondo livello Marmini e Vicentini
• libro dello studente Ascoltare dal vivo
• libro degli esercizi e grammatica manuale di ascolto - livello intermedio
• guida per l’insegnante • quaderno dello studente
• 4 audiocassette • libro dell’insegnante
ti.
• 3 audiocassette
Gruppo NAVILE
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Dire, fare, capire Paganini
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l’italiano come seconda lingua ìssimo
ris
• libro dello studente quaderno di scrittura - livello avanzato
• guida per l’insegnante
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Pontesilli
• 1 audiocassetta
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I verbi italiani
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Humphris, Luzi Catizone, Urbani modelli di coniugazione
Comunicare meglio
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corso di italiano
Quaderno IT - n. 4
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• 4 audiocassette
Radicchi
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• manuale di lavoro
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• 1 videocassetta livello medio-avanzato
va
• libro dello studente
Ulisse
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• libro dell’insegnante
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Faccia a faccia
attività comunicative
livello elementare-intermedio
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Linguaggi settoriali
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Ballarin e Begotti
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Cherubini • 1 audiocassetta
ed
• manuale di lavoro
• 1 audiocassetta il linguaggio del diritto
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Pubblicazioni di glottodidattica
Progetto ITALS • La formazione di base del docente di italiano per stranieri
a cura di Dolci e Celentin
Progetto ITALS • L’italiano nel mondo a cura di Balboni e Santipolo
I libri dell’arco
1. Balboni • Didattica dell’italiano a stranieri
2. Diadori • L’italiano televisivo
3. Test d’ingresso di italiano per stranieri a cura di Micheli
4. Benucci • La grammatica nell’insegnamento dell’italiano a stranieri
5. AA.VV. • Curricolo d’italiano per stranieri
6. Coveri, Benucci e Diadori • Le varietà dell’italiano
Classici italiani per stranieri
testi con parafrasi a fronte* e note
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1. La Traviata* 6. Tosca*
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2. Cavalleria rusticana* 7. Le nozze di Figaro
ris
3. Rigoletto* 8. Don Giovanni
4. La Bohème* 9. tti
Così fan tutte
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ed esercizi per la comprensione del testo ed esercizi per la comprensione del testo
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Mosaico italiano
1. Santoni • La straniera 7. Andres • Due estati a Siena
2. Nabboli • Una spiaggia rischiosa 8. Nabboli • Due storie
3. Nencini • Giallo a Cortina 9. Santoni • Ferie pericolose
4. Nencini • Il mistero del quadro 10. Andres • Margherita e gli altri
di P. Portese
11. Medaglia • Il mondo di Giulietta
5. Santoni • Primavera a Roma
12. Caburlotto • Hacker per caso
6. Castellazzo • Premio letterario
Bonacci editore
Finito di stampare nel mese di giugno 2003 dalla Tibergraph s.r.l. Città di Castello (PG)