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DALL’AORISTO ALL’IMPERFETTO

O DAL PRIMO PIANO ALLO SFONDO


Un paragone tra sintassi greca e sintassi ebraica
A. Niccacci

1. Un testo di partenza

Luca 12-13 presenta una sequenza di cose dette a tutti e di cose dette ai
discepoli alternativamente:

Lc 12,1 h[rxato levgein pro;" tou;" Cominciò a dire prima di tutto ai suoi
maqhta;" aujtou' prw'ton   1 discepoli:
Guardatevi dal lievito dei farisei, che è
ipocrisia…
Dico poi a voi, amici miei: Non abbiate
paura di quelli che uccidono il corpo…
Dico poi a voi: Chiunque mi confessa
davanti agli uomini … davanti agli angeli
di Dio.

Lc 12,13 Ei\pen dev ti" ejk tou' Gli disse poi uno della folla…
o[clou aujtw'/
oJ de; ei\pen aujtw'/ Gli rispose…
Ei\pen de; parabolh;n Disse poi la seguente parabola per essi…
pro;" aujtou;" levgwn Così è colui che ammassa tesori per se
stesso e non diventa ricco per Dio.

Lc 12,22 Ei\pen de; pro;" tou;" Disse poi ai suoi discepoli:


maqhtav" aujtou' Per questo dico a voi… Cercate piuttosto il
suo regno…
Non temere, piccolo gregge… Dov’è il
vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siano cinti i vostri fianchi… Anche voi
siate pronti…

1. N. Geldenhuys, Commentary on the Gospel of Luke, Grand Rapids, Michigan 1979, an-
nota che prw'ton potrebbe essere l’inizio del discorso; contrario, con riserva, W. Hendriksen,
Exposition of the Gospel According to Luke, Grand Rapids, Michigan 1988, 658-659. M.-J.
Lagrange, Evangile selon Saint Luc, Paris, 3 ed., 1927, 351, è uno dei pochi che nota il
passaggio alternato del discorso dai discepoli alla folla.

LA 42 (1992) 85-108
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Lc 12,41 Ei\pen de; oJ Pevtro", Disse poi Pietro: Signore, è per noi che
Kuvrie, pro;" hJma'" th;n dici questa parabola o anche per tutti? 2…
parabolh;n tauvthn A chiunque è stato dato molto, molto sarà
levgei" h] kai; pro;" chiesto a lui…
pavnta"… Pensate che è la pace che sono venuto a
porre nella terra? No, vi dico, ma piuttosto
la divisione…

12,54 “Elegen de; kai; Diceva poi anche alle folle 3…


toi'" o[cloi" Ipocriti, l’aspetto della terra e del cielo lo
sapete discernere, questo tempo invece
come mai non lo discernete?
Perché poi non giudicate anche da voi
stessi il giusto? …
Lc 13,1 Parh'san dev tine"… Ora, erano presenti alcuni…
kai; ajpokriqei;" ei\pen Rispondendo disse loro: Pensate che questi
aujtoi'" Galilei fossero diventati peccatori più di
tutti i Galilei? …
13,6 “Elegen de;  44 tauvthn
  Diceva poi questa parabola…
th;n parabolhvn

Questa sequenza alternata di detti indirizzati ai discepoli e detti indiriz-


zati alla folla, appare legata a un tema fondamentale 5: l’ipocrisia, cioè il
problema della corrispondenza, o piuttosto non corrispondenza, tra esterno

2. “Noi” indica i discepoli che seguono Gesù da vicino; “tutti” si riferisce agli ascoltatori in
generale. E’ l’opposizione tra il gruppo degli intimi e la folla degli ascoltatori che si verifica
nella predicazione in parabole. Le opinioni dei commentatori non sono concordi al riguardo.
3. Una traduzione del tipo “He also said to the crowds” (J.S. Kloppenborg, Q Parallels.
Synopsis, Critical Notes & Concordance, Sonoma, California 1988, 145), oppure “Diceva
ancora alle folle” (versione ufficiale della CEI), oscura l’alternanza degli indirizzati. Bene
invece Lagrange: “Il disait aussi pour la foule”, il quale annota: “La petite introduction
n’indique pas un nouveau sujet, mais plutôt une conclusion” (p. 375; differentemente a p.
430 a proposito di 16,1). Tale annotazione riveste una certa importanza in vista di ciò che
si dirà nel paragrafo seguente.
4. Normalmente le frasi introduttive dei discorsi vengono studiate dagli specialisti in quan-
to sono o non sono caratteristiche di uno o dell’altro degli evangelisti, senza chiamare in
causa la funzione delle forme verbali che vi compaiono. Ad esempio, l’introduzione e[legen
dev è caratteristica lucana secondo J. Jeremias, Die Sprache des Lukasevangeliums. Redak-
tion und Tradition in Nicht-Markusstoff des dritten Evangeliums, Göttingen 1980, 33. 224.
5. I commentatori, di solito, non vedono alcun collegamento ampio all’interno di Lc 12-13,
o lo vedono in modo diverso; si può consultare Hendriksen, 535-538. Per Lagrange, 351, il
tema generale è la salvezza che ormai bisogna porre al di sopra di tutto.
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e interno. Questo tema può unificare i vari argomenti trattati in Lc 12-13:


uccidere il corpo e uccidere l’anima, confessare davanti agli uomini e da-
vanti agli angeli di Dio, ammassare tesori per gli uomini e per Dio, cercare
la vita e cercare il regno, il tesoro e il cuore, pace e divisione, aspetto della
terra e del cielo e “questo tempo”. In collegamento con il tema fondamen-
tale, viene stimolata l’attitudine a giudicare da se stessi il giusto (non aspet-
tarlo dal magistrato), la capacità di discerne “questo tempo” (in cui Dio
visita il popolo in Gesù) come si discerne lo stato atmosferico del cielo e
della terra (chi non lo sa fare è ipocrita!); comprendere la guida di Dio at-
traverso gli avvenimenti della vita, anche della cronaca (i Galilei uccisi da
Pilato, i 18 su cui rovinò la torre di Siloe).

2. Aoristo e imperfetto

Le sequenze maggiori, dove compare uno o l’altro degli indirizzati (disce-


poli, folla), sono introdotte da aoristo (Lc 12,1; 12,13; 12,22; 13,1), che è
forma narrativa normale, o forma di primo piano indicante il livello princi-
pale della narrazione. In due casi, però, all’interno delle sequenze maggio-
ri, compaiono unità minori introdotte non da aoristo ma da imperfetto
(12,54; 13,6), che è forma verbale di sfondo. Ne risulta una sequenza
aoristo → imperfetto, che segnala un passaggio dal primo piano allo sfon-
do, o dal livello principale al livello secondario 6.
Non dovrebbe essere difficile convincersi che l’imperfetto è forma di
sfondo in greco. Infatti, secondo la teoria comune, esso indica continuità,
abitudine, ripetizione ecc., che sono aspetti tipici della descrizione o del
commento. La descrizione è statica per sua natura; in quanto tale si con-
trappone alla narrazione vera e propria, che è dinamica, comunica una pro-

6. E’ imbarazzante per me leggere l’opposto di quanto viene qui affermato in un’opera re-
cente sul verbo greco che usa la medesima terminologia: “It is noteworthy that in Greek the
basic narrative is laid down by the 3d Person Aorist, a common trait of the background
tense, while the Imperfect/Present introduces significant characters or makes appropriate
climatic reference to concrete situations, typical of the foreground tense. Also, when an
extended noteworthy description is given, the foreground tense is used” (S.E. Porter, Verbal
Aspect in the Greek of the New Testament, with Reference to Tense and Mood, New York -
Bern - Frankfurt a.M. - Paris 1989, 92); e più avanti: “The Aorist provides the backbone
for the narrative by describing a series of complete events (…)” (p. 206). Non capisco come
l’aoristo possa introdurre la “basic narrative” e insieme essere “the background tense”,
esprimere il “backbone” e insieme “framework” di una narrazione. Indicazioni migliori,
benché ugualmente legate all’aspetto del verbo (ritenuto elemento secondario nella presen-
te trattazione), si trovano in Smyth e più recentemente in Fanning (infra, § 3).
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gressione di azioni o di informazioni. Ora, la stasi utilizza il livello secon-


dario della comunicazione (imperfetto, appunto), mentre la progressione
utilizza il livello principale (aoristo) 7.
La sequenza aoristo → imperfetto è analoga alla sequenza ebraico-bi-
blica wayyiqtol → waw-x-qatal. In ebraico il wayyiqtol è forma verbale di
primo piano, forma indipendente nella narrazione; il qatal è forma verbale
di livello secondario, dipendente dalla forma narrativa di primo piano. Un
buon esempio per mostrare l’effetto della sequenza wayyiqtol → waw-x-
qatal si trova in Gn 3:

Gn 3,14 ≥≥≥ vj;N:h'Ala, µyhiløa‘ h/;hy“ rm,aYow" Allora Yahveh Dio disse al serpente …
Gn 3,16 ≥≥≥ rm'a; hV;aih;Ala, Alla donna, invece, disse …
Gn 3,17 ≥≥≥ rm'a; µd:a;l]W All’uomo, invece, disse …

I costrutti di Gn 3,16 e di 3,17, con il verbo finito in seconda posizione (x-


qatal, o waw-x-qatal senza differenza alcuna), costituiscono proposizioni
che non possono stare da sole, non sono indipendenti, ma hanno bisogno di
appoggiarsi alla forma di primo piano che precede (wayyiqtol) 8. Le tre for-
me verbali costituiscono un’unità sintattica non divisibile, comprendente pri-
mo piano (wayyiqtol) + sfondo (x-qatal). La costruzione sintattica indica che
la condanna dei tre personaggi del racconto della caduta viene riferita come
un’unità: la condanna della donna e quella dell’uomo vengono presentate in
relazione, e in contrapposizione, a quella (principale) del serpente.

7. La linguistica testuale si oppone al tipo di analisi tradizionale, legato alla proposizione


singola, e propugna la necessità di utilizzare il “testo” come base dell’analisi. Seguo
l’impostazione fondamentale di H. Weinrich, Tempus. Le funzioni dei tempi nel testo, Bo-
logna 1978 (traduzione della 2 ed. tedesca, Stuttgart 1971). Weinrich ha applicato la sua
teoria alle lingue moderne occidentali (italiano, francese, tedesco, inglese, spagnolo) e in
parte anche alle lingue classiche e alla narrativa medievale. Recentemente la teoria di
Weinrich è stata applicata al latino (H. Rosén, “‘Exposition und Mitteilung’ – The Imperfect
as a Thematic Tense-Form in the Letters of Pliny”, in: H.B. Rosén - H. Rosén, ed., On
Moods and Tenses of the Latin Verb, München 1980, 27-48), all’italiano (B. Bagioli - V.
Deon, “Il tempo verbale nel testo: tempo e tempus”, in: S. Cargnel - G.F. Colmelet - V.
Deon, ed., Prospettive didattiche della linguistica del testo, Firenze 1986, 61-76) e anche
all’ebraico biblico (W. Schneider, Grammatik des biblischen Hebräisch, München, 5 ed.,
1982; A. Niccacci, Sintassi del verbo ebraico nella prosa biblica classica, Jerusalem 1986,
anche in versione inglese, rivista e aumentata: Sheffield 1990). Si può vedere, più recente-
mente, A. Niccacci, Lettura sintattica della prosa ebraico-biblica. Principi e applicazioni,
Jerusalem 1990.
8. Anche in italiano una frase come “Alla donna, invece, disse …”, “All’uomo, invece, dis-
se …” non è indipendente dal punto di vista testuale, nel senso che non può esistere da sola,
ma richiede una precedente forma di primo piano.
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Possiamo mostrare che l’aoristo svolge la funzione del wayyiqtol (for-


ma di primo piano) e l’imperfetto svolge la funzione del waw-x-qatal (co-
strutto di livello secondario) che abbiamo rilevato nei passi citati di Gn 3.
L’imperfetto è collegato all’aoristo che precede; la proposizione con l’im-
perfetto dipende da quella con aoristo, ne indica lo sfondo.
Si verifica così un passaggio dal primo piano (aoristo) allo sfondo (im-
perfetto) di cui dobbiamo chiederci, volta per volta, la funzione comunica-
tiva. Esaminiamo i due casi segnalati sopra. Nel primo il collegamento
appare chiaro se si osserva la successione delle frasi:

Lc 12,41 Disse poi Pietro: Signore, è per noi che dici questa parabola
o anche per tutti?
9
Lc 12,42-53 (Gesù parla ai discepoli con la parabola dell’amministratore)
Lc 12,54 Diceva poi anche alle folle…

Dopo essersi rivolto ai discepoli (con la parabola dell’amministratore fede-


le e saggio e con l’annuncio di divisione in seno alla famiglia), Gesù am-
monisce le folle. Così, indirettamente, risponde alla domanda di Pietro (per
noi o per tutti?): la parabola vale anzitutto per i discepoli, poi anche per le
folle. L’uso di due forme verbali che costituiscono un’unità sintattica
(aoristo = primo piano + imperfetto = sfondo) ha l’effetto di produrre un
collegamento stretto fra le due ammonizioni.
Così, in modo discreto, si stabiliscono collegamenti a distanza; unità let-
terarie apparentemente autonome risultano interdipendenti per il fatto stesso
di essere introdotte da forme verbali che si richiamano dal punto di vista
sintattico. Attraverso l’uso delle forme verbali lo scrittore manifesta la sua
volontà di stabilire un collegamento logico tra unità letterarie diverse.
Anche nel secondo caso, benché non sia evidente, esiste collegamento
con la pericope precedente:

Lc 13,2 Rispondendo disse loro… Se non vi convertirete, perirete tutti


allo stesso modo…
Lc 13,6 Diceva poi questa parabola…
(sulla pazienza di Dio che si esercita per la preghiera dei responsa-
bili, argomento collegato)
Abbiamo dunque il fenomeno di una pericope introdotta da disse
(aoristo in greco) seguita da un’altra introdotta da diceva (imperfetto), col-

9. Così intendono gli interpreti; ad esempio, Geldenhuys, 363.


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legate tra di loro dal punto di vista sintattico (la seconda esige la prima) e
riferite allo stesso argomento (le due si completano a vicenda). Cito un al-
tro caso di questo genere in Luca:

Lc 5,34 oJ de; ∆Ihsou'" ei\pen pro;" Gesù allora disse loro…


aujtouv" (gli invitati a nozze non digiunano)
Lc 5,36 “Elegen de; kai; Diceva poi anche una parabola ad essi…
parabolh;n pro;" aujtouv" (non si mette una pezza nuova in un vestito
vecchio né vino nuovo in otri vecchi,
argomento collegato)

Si possono citare altri casi analoghi in Luca: 6,3 (“disse Gesù”) → 6,5 (“e
diceva loro…”); 9,18-22 (“li interrogò … dissero … disse … disse … or-
dinò”) → 9,23 (“diceva poi a tutti…”); 10,1 (“designò altri settantadue e li
mandò”) → 10,2 (“diceva poi ad essi…”). Cito anche un paio di casi fuori
di Luca : Mc 7,6 (“egli disse loro”) → 7,9 (“e diceva loro…”); Gv 12,30
(“Gesù rispose e disse”) → 12,33 (“questo poi lo diceva significando…”).
Un fenomeno analogo fu notato, più di mezzo secolo fa, da Joüon in
un passo della Lettera di Aristea (§§ 187-300) in cui il re Tolomeo pone
una serie di domande ai settanta traduttori della Legge:

Pour cette première question (§ 187), Aristée emploie naturellement


l’aoriste historique hjrwvthse. Mais partout ailleurs il emploie l’imparfait
hjrwvta, par exemple, dès la seconde question 10.

Joüon osserva che questi imperfetti non si possono spiegare con il senso
normale di azione durativa; per cui postula un imperfetto di continuazione
e propone di tradurre: “il interrogea encore” (p. 94). Per Joüon questa fun-
zione continuativa si spiega nel quadro del valore durativo dell’imperfetto,
mentre secondo la posizione sostenuta nel presente articolo, il valore
durativo non rappresenta la funzione primaria dell’imperfetto; in altre pa-
role, l’imperfetto che segue un aoristo non ha funzione di continuazione
ma di sfondo, perché non si colloca sul medesimo livello sintattico
dell’aoristo ma ne dipende (§ 3).

10. P. Joüon, “Imparfaits de ‘continuation’ dans la Lettre d’Aristée et dans les Evangiles”,
RSR 28 (1938) 93-96 (p. 93). Tra i passi dei vangeli in cui si verifica il medesimo feno-
meno Joüon cita, oltre quelli che ho segnalato sopra, i seguenti: Mc 8,34 (aoristo) → 9,1
(imperfetto); 14,60 → 61; 15,2 → 4; 15,9 → 12. 14; Lc 5,34 → 36; 12,42 → 54; 13,2 →
6; 13,15 → 18; 14,5 → 7; 17,37 → 18,1; 23,40 → 42; Gv 8,13 → 19. 22. 23. 25. 31;
6,61 → 65.
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Esamino infine un caso più complesso ma, spero, altrettanto chiaro di


Luca:

Lc 6,17 Kai; kataba;" met∆ aujtw'n Sceso con essi, si pose su un


e[sth ejpi; tovpou pedinou' luogo pianeggiante
kai; o[clo" poluv" … e una folla numerosa…
Lc 6,18 kai; oiJ ejnoclouvmenoi ajpo; e quelli che erano tormentati da
pneumavtwn ajkaqavrtwn spiriti immondi venivano guariti.
ejqerapeuvonto.
Lc 6,19 kai; pa'" oJ o[clo" ejzhvtoun a{ptesqai E tutta la folla cercava di
aujtou', o{ti duvnami" par∆ aujtou' toccarlo perché una forza usciva
ejxhvrceto kai; ija'to pavnta". da lui e curava tutti.
Lc 6,20 Kai; aujto;" ejpavra" tou;" ojfqalmou;" Egli poi, alzati gli occhi verso i
aujtou' eij" tou;" maqhta;" aujtou' suoi discepoli, diceva…
e[legen…

In questo brano si trova un solo verbo principale, quello all’aoristo (“si


pose”, v. 17); ad esso sono collegati gli imperfetti che seguono come sfon-
do. Questa struttura sintattica ha la funzione di collegare le diverse infor-
mazioni intorno a quella di livello principale: Gesù sta in piedi su un luogo
pianeggiante (informazione principale); accanto a lui stanno le folle che
egli guarisce con la sua potenza, e con l’occhio rivolto ai discepoli egli
pronuncia le beatitudini (informazioni di sfondo).
L’importanza non solo grammaticale ma anche esegetica del collega-
mento tra aoristo e imperfetto è stata rilevata acutamente da Joüon:

L’intérêt en est surtout grammatical; cependant, dans tel ou tel cas la


présence d’un imparfait de continuation peut permettre à l’exégète de
conclure que l’écrivain a voulu rattacher plus étroitement la phrase ou le
morceau à ce qui précède; et ceci peut avoir son importance 11.

3. Considerazione teorica

Prima di discutere altre funzioni dell’imperfetto, riflettiamo su una conse-


guenza dell’analisi che precede. Bisognerà ammettere che l’imperfetto non
indica sempre azione continuata, abituale o ripetuta, o altro aspetto che
normalmente gli viene attribuito. Come si può sostenere infatti che l’im-
perfetto diceva in Lc 12,54 o in 13,6 denoti un’azione differente da disse

11. Joüon, “Imparfaits de ‘continuation’”, 96.


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di 12,41 e 13,2? Una differenza c’è, ma non riguarda l’aspetto dell’azione


bensì il livello linguistico. L’autore ha scelto di porre alcune informazioni
nel primo piano (aoristo), altre nel livello secondario dello sfondo (imper-
fetto); così dà rilievo differente alla sua narrazione. Una conclusione mi
sembra inevitabile: l’imperfetto non indica sempre l’aspetto, mentre indica
sempre lo sfondo.
Il fatto che spesso l’imperfetto indichi l’aspetto si comprende facilmen-
te; infatti continuità, ripetizione o abitudine si esprimono con forme verba-
li di livello secondario, non con quelle di livello principale. Questo si
verifica, probabilmente, in tutte le lingue. Consideriamo un passo di
Weinrich a proposito della lingua francese:

A questo punto osserviamo anzitutto, per motivi di metodo, che nel corso
di queste considerazioni, non ci occuperemo più dell’“aspetto” o della
“natura dell’azione”. Questi concetti, checché essi possano voler signifi-
care secondo i singoli studiosi, si riferiscono alla frase. Qui, viceversa, si
pone il quesito quale sia la funzione di questi tempi verbali in un testo.
Giacché nella lingua francese l’imparfait e il passé simple sono tempi nar-
rativi, si indaga quale è la loro funzione nelle narrazioni. Essi danno, per
l’appunto, rilievo a una narrazione articolandola in senso ricorrente in pri-
mo piano e sfondo. Nella narrazione l’imparfait è il tempo dello sfondo e
il passé simple il tempo del primo piano.
Che cosa sia nella narrazione lo sfondo e che cosa sia il primo piano
non è cosa che si può dire una volta per tutte se non si è ancora ammes-
sa la proposizione inversa, secondo la quale è sfondo tutto ciò che sta
all’imparfait e primo piano tutto ciò che sta al passé simple. Per ciò che
riguarda la distribuzione dell’imparfait e del passé simple nella narrazio-
ne non si hanno leggi immutabili, tranne che essi fondamentalmente ap-
paiono mescolati. La loro distribuzione dipende, in ogni singolo caso, dal
criterio del narratore, la cui libertà viene però limitata da alcune strutture
fondamentali dell’atto stesso del narrare. (Weinrich, Tempus, 128; corsi-
vi dell’autore)

È l’autore che sceglie di porre alcune informazioni nel primo piano,


altre nel livello secondario dello sfondo; così egli dà rilievo differente alla
narrazione, esercita la sovranità sulle informazioni e manifesta la sua stra-
tegia comunicativa. La differenza tra informazioni di primo piano e infor-
mazioni di sfondo non riguarda l’importanza “oggettiva” di esse; riguarda,
appunto, la strategia comunicativa. Il modo di disporre le informazioni ri-
sponde alla necessità di creare una comunicazione che sia in grado di atti-
rare e conservare l’attenzione del lettore/ ascoltatore. Dice bene Weinrich
che, perché questo si realizzi in modo efficace, la libertà dell’autore deve
tener conto delle leggi fondamentali del narrare (vedi infra, § 5).
DALL’AORISTO ALL’IMPERFETTO 93

Conclusioni di questo genere sono possibili solo se l’analisi sintattica


si basa sul testo, dove si sviluppa il processo della comunicazione, e non si
ferma alla frase singola e all’aspetto dell’azione. Ciononostante, alcuni ele-
menti della teoria testuale appena enunciata sono notati anche dai gram-
matici fautori dell’aspetto. Ad esempio, una differenza tra aoristo e
imperfetto viene vista correttamente da Smyth, il quale tra le caratteristi-
che del secondo elenca quella di indicare “actions subordinate to the main
action”, mentre all’aoristo attribuisce “main actions, without reference to
other actions” 12. Secondo Fanning, l’opposizione “imperfect vs. aorist”
equivale all’opposizione “descriptive vs. factual narration”:

The imperfect highlights the manner of occurrence while the aorist merely
relates the fact of it. This distinction can show up in contrasting paragraphs
or larger sections each containing predominantly aorists or imperfects, or as
a mixture of aorists and imperfects within the same paragraphs. In these
larger units, strings of imperfects give a tone of vivid, lively description
(which as a consequence seems to move more slowly), while aorists give a
straightforward recounting which moves along more rapidly (…)
On the other hand, the contrast of progressive imperfects with aorists may
involve the temporal feature of simultaneous vs. sequential occurrence.
The imperfect can be used of particular situations which were going on at
the same time as another event, while an aorist usually involves an
occurrence which took place in its entirety before the next situation
narrated and thus sets up a sequence of events. 13

Specificamente, riguardo a verbi di ordinare o di dire usati nell’aoristo e


nell’imperfetto, Fanning annota:

The difference (is) of sequenced vs. simultaneous occurrence. The aorist


records events, including utterances, in sequence occurring in toto one
after another, but the imperfect time can be inserted to denote conversation
going on at the same time as some event. (p. 288) 14

12. H.W. Smyth, Greek Grammar, ed. G.M. Messing, Cambridge, Massachusetts 1956, §
1909. Secondo l’autore, la “subordinazione” sembra essere di tipo logico (un’azione è su-
bordinata a un’altra) non sintattico (una forma verbale è subordinata all’altra). La sua os-
servazione è comunque un passo nella direzione giusta.
13. B.M. Fanning, Verbal Aspect in New Testament Greek, Oxford 1990, 244. Tale volume
porta quasi lo stesso titolo, ed è uscito quasi nello stesso tempo di quello di Porter, che in-
fatti non viene citato da Fanning.
14. Tra gli esempi più chiari citati figura la frase giovannea ejkei'no" de; e[legen… (Gv 2,21
ecc.). Fanning rimanda a Mateos, Aspecto verbal, 107, ma francamente questo volume non
aiuta granché sull’argomento. Fanning conclude che i verbi di dire o di ordinare non pre-
sentano alcuna caratteristica speciale rispetto ad altri verbi.
94 A. NICCACCI

La relazione di dipendenza dell’imperfetto dall’aoristo è attestata in


altre lingue. In italiano, ad esempio, l’imperfetto viene analizzato corretta-
mente come tempo “relativo”, tale cioè che ha bisogno di un appoggio tem-
porale preciso (detto “ancoraggio temporale”) in opposizione al passato
remoto (o “perfetto”) che può stare da solo:

L’imperfetto è il Tempo “relativo” per eccellenza, mentre i perfetti sono


Tempi autosufficienti dal punto di vista testuale. Tuttavia l’“ancoraggio
temporale” (…) non deve essere necessariamente esplicito (…)
Tra i Tempi passati, solo l’imperfetto può svolgere la funzione di Tempo
della simultaneità (…). 15

Nell’opera appena citata non si dice espressamente che l’imperfetto, come


tempo relativo, si appoggia al passato remoto, né si descrive questa rela-
zione come forma di subordinazione di tipo linguistico-testuale; ma ciò è
conseguenza di un’insufficiente attenzione al testo 16.

4. Imperfetto di sfondo

Dobbiamo dedicare ancora un po’ di attenzione alla funzione che ha l’im-


perfetto di indicare lo sfondo di una narrazione. Da quanto abbiamo detto
sopra, questa funzione è legata alla natura stessa dell’imperfetto, che è for-
ma verbale del livello secondario. Tale funzione non ha dunque bisogno di
congiunzioni o particelle apposite per esercitarsi; spesso però queste sono
presenti. L’imperfetto è frequente, infatti, in frasi con gavr esplicativo (Mt
14,4; Mc 6,31; Lc 5,9 ecc.) o con dev di transizione (Lc 1,80; 2,19; 5,15;
14,7 ecc.), e in proposizioni subordinate di vario tipo, ad esempio relative
(Mt 18,28; Mc 5,3; Lc 5,10. 17. 18. 29 ecc.).
Un problema abbastanza grave si avverte quando, all’interno di una nar-
razione, si verifica il passaggio repentino dall’aoristo all’imperfetto. Spesso,
in verità, questo fenomeno si comprende senza problemi come passaggio dal

15. L. Renzi - G. Salvi, ed., Grande grammatica italiana di consultazione. II. I sintagmi
verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione, Bologna 1991, 73-74. 75. “Tempo” con
iniziale maiuscola sta a indicare il tempo verbale, distinto dal tempo fisico (p. 13); il termi-
ne “perfetto” viene preferito alla designazione tradizionale “passato”: “perfetto semplice”
per passato remoto, “perfetto composto” per passato prossimo (p. 15). E’ giusto che lonta-
nanza e vicinanza sono “spuri criteri semantici”; ma neppure la terminologia perfetto/ im-
perfetto è inattaccabile. Privilegia infatti il criterio dell’aspetto, che è pure semantico e va
ritenuto secondario, anche se non è possibile farne a meno del tutto (infra; nota 25).
16. Sulla subordinazione si veda la parte quarta dell’opera di Renzi - Salvi appena citata.
DALL’AORISTO ALL’IMPERFETTO 95

primo piano (aoristo) allo sfondo (imperfetto), come abbiamo già segnalato.
Talvolta però aoristo e imperfetto si seguono immediatamente e sono persi-
no collegati dalla congiunzione kaiv. I fautori della teoria dell’aspetto spiega-
no il fenomeno in base alla qualità dell’azione: le due forme verbali
indicano, rispettivamente, azione unica e puntuale e azione continuata o ripe-
tuta. Abbiamo però osservato sopra che l’aspetto non è la funzione principa-
le dell’imperfetto; dobbiamo chiederci perciò se non sia possibile spiegare
anche quel fenomeno con i principi dell’analisi proposta, cioè come un pas-
saggio dal primo piano allo sfondo. Consideriamo alcuni esempi:

Mc 6,41 eujlovghsen kai; katevklasen (Gesù) benedisse e spezzò i pani,


tou;" a[rtou"
kai; ejdivdou toi'" maqhtai'" e intanto li dava 17 ai [suoi] discepoli
ªaujtou'º i{na paratiqw'sin aujtoi'", perché li distribuissero ad essi,
kai; tou;" duvo ijcquva" ejmevrisen e i due pesci li divise per tutti.
pa'sin.
Lc 7,11 Kai; ejgevneto ejn tw'/ eJxh'" Avvenne in seguito che egli se ne
ejporeuvqh eij" povlin kaloumevnhn andò verso una città chiamata Nain.
Nai?n
kai; suneporeuvonto aujtw'/ oiJ E/ ora andavano insieme con lui i
maqhtai; aujtou' kai; o[clo" suoi discepoli e una grande folla.
poluv".
Lc 7,12 wJ" de; h[ggisen th'/ puvlh/ th'" Quando poi si avvicinò alla porta
povlew" della città,
kai; ijdou; ejxekomivzeto teqnhkw;" ecco che veniva portato via morto un
monogenh;" uiJo;" th'/ mhtri; aujtou' figlio unico di sua madre,
kai; aujth; h\n chvra, kai; o[clo" la quale era vedova, e una folla
th'" povlew" iJkano;" h\n su;n numerosa della città era insieme con
aujth'/. lei.

17. Bene, sembra, la traduzione di Vaccari: “man mano li dava”, che esprime contem-
poraneità all’azione dello spezzare; meno bene il commento di Zerwick a questo passo (M.
Zerwick, Graecitas biblica Novi Testamenti exemplis illustratur, Roma, 5 ed., 1966, § 271).
Se fosse vero ciò che Zerwick scrive: “Sunt autem quaedam verba, quae ex natura sua
tendant ad hoc, ut in imperfecto ponantur. Huc pertinent 1) verba dicendi, ubi orationem
directam (imprimis longiorem) introducunt … Ita Sermo Montanus ejdivdasken aujtou;"
levgwn (Mt 5, 2) …” (§ 272), sarebbe da chiedersi per quale motivo il discorso escatologico,
anch’esso lungo, sia introdotto da un aoristo (Mt 24,2). Altre caratteristiche imposte all’im-
perfetto sono semantiche, costruite ad hoc, non hanno base sintattica (ad esempio, Zerwick,
§§ 272-273). E’ invece giusto, quanto alla sostanza, quello che Zerwick osserva più avanti:
“Imperfectum imprimis adhibetur de actione quae consideratur coepta et durans alia actione
intercedente …” (§ 275). Questo vuol dire che l’imperfetto indica relazione di contempo-
raneità, o più generalmente di dipendenza, dall’aoristo; questo e nient’altro.
96 A. NICCACCI

Negli esempi citati sembra effettivamente possibile spiegare la transizione


temporale aoristo → kaiv (ijdouv) imperfetto come passaggio rapido dal primo piano
allo sfondo. In italiano possiamo rendere questo passaggio con “e intanto”, “e
subito”, “e contemporaneamente”, oppure con “ecco che”, secondo i casi. Spesso,
infatti, quella transizione temporale serve a comunicare un’informazione di cui
si intende sottolineare la contemporaneità, la repentinità o la sorpresa 18.
Un’altra funzione del passaggio brusco aoristo → imperfetto è sottoli-
neare la differenza tra due personaggi, o meglio: descriverli uno in relazio-
ne all’altro, o sullo sfondo dell’altro, come avviene per la folla e i farisei
in Mt 9,33-34, e per le due sorelle Marta e Maria in Gv 11,20:

Mt 9,33-34 kai; ejqauvmasan oiJ o[cloi Le folle si meravigliarono dicendo:


levgonte" Mai è apparsa cosa simile in Israele!
oiJ de; Farisai'oi e[legon I farisei, invece, dicevano:
E’ nel principe dei demoni che egli
caccia i demoni!
Gv 11,20 hJ ou\n Mavrqa wJ" h[kousen Marta dunque, appena sentì che Gesù
o{ti ∆Ihsou'" e[rcetai veniva, gli andò incontro;
uJphvnthsen aujtw'/:
Maria;m de; ejn tw'/ oi[kw/ Maria, invece, stava seduta in casa.
ejkaqevzeto.

Talvolta si può indicare il passaggio aoristo → imperfetto con “men-


tre”, rendendo subordinata la frase con l’imperfetto. Questa traduzione non
altera fondamentalmente la sintassi della frase; possiamo dire che la rende
esplicita. Infatti la proposizione con imperfetto è sintatticamente dipenden-
te dalla proposizione con aoristo a cui è collegata, benché non sia subordi-
nata grammaticalmente: è proposizione principale ma non proposizione
indipendente. Questa affermazione si comprenderà non appena abbiamo
precisato la terminologia. E’ subordinata grammaticalmente quella propo-
sizione che è introdotta da una congiunzione subordinante come o{ti, o{pw",
o w{ste. E’ subordinata sintatticamente quella proposizione che pur non
essendo introdotta da congiunzione subordinante, tuttavia dipende da un’al-
tra per il fatto che la sua forma verbale è di livello secondario: essa dipen-
de dalla proposizione con la relativa forma verbale di primo piano.

18. Una sequenza simile, in italiano, è quella analizzata in Renzi - Salvi, ed., Grande gram-
matica italiana, II, 77-78: “Miro girò l’interruttore. La luce lo abbagliava”. A differenza di
quella greca, essa è però asindetica.
DALL’AORISTO ALL’IMPERFETTO 97

5. Imperfetto iniziale e finale

Un’altra funzione dell’imperfetto è indicare l’antefatto. Chiamiamo ante-


fatto quella unità del testo, espressa con forme verbali del livello seconda-
rio, che descrive la situazione previa in cui la storia è collocata, oppure
fornisce le informazioni che il lettore/ ascoltatore deve conoscere per com-
prendere la storia che sta per essere narrata.
Nella funzione di antefatto, in greco, troviamo molto di frequente l’im-
perfetto, ma non solo l’imperfetto. Un esempio chiarirà l’esposizione:

Lc 13,10-11 «Hn de; didavskwn ejn mia'/ tw'n Stava poi insegnando in una
sunagwgw'n ejn toi'" savbbasin. delle sinagoghe di sabato.
kai; ijdou; gunh; pneu'ma e[cousa Ed ecco una donna che aveva
ajsqeneiva" e[th dekaoktw; uno spirito di infermità da
kai; h\n sugkuvptousa kai; mh; diciotto anni,
dunamevnh ajnakuvyai eij" to; era curva e non poteva
pantelev". raddrizzarsi in nessun modo.
Lc 13,12 ijdw;n de; aujth;n oJ ∆Ihsou'" Vistala Gesù la chiamò e le
prosefwvnhsen kai; ei\pen disse…
aujth'…/

Il racconto citato di Lc 13 non inizia con aoristo, forma di primo piano, ma


con imperfetto e proposizione nominale (introdotta da kai; ijdouv), che sono
ambedue costrutti di livello secondario nella narrazione. Lc 13,10-11 è un
antefatto che comunica informazioni previe alla narrazione che segue: atti-
vità di Gesù; descrizione di una donna inferma. La narrazione vera e pro-
pria comincia nel v. 12 con l’aoristo.
Anche in questa funzione di antefatto, come in quella di sfondo, l’im-
perfetto corrisponde al costrutto ebraico waw-x-qatal. Mi dispenso dal por-
tare esempi dato che ho già trattato questo argomento 19.
Resta da segnalare che l’imperfetto compare alla fine di una narrazione
con funzione conclusiva. Questo fenomeno è documentabile con sicurezza.
Cito alcuni esempi
Lc 2,40 To; de; paidivon hu[xanen kai; Il bambino intanto cresceva e si
ejkrataiou'to plhrouvmenon fortificava pieno di sapienza
sofiva/
kai; cavri" qeou' h\n ejp∆ aujtov. e la grazia di Dio si riversava su di
lui. (conclusione di 2,22ss)

19. Niccacci, Sintassi, §§ 18-20 (idem nell’ed. inglese).


98 A. NICCACCI

Lc 2,51-52 kai; h\n uJpotassovmeno" Egli intanto era sottomesso ad essi;


aujtoi'"
kai; hJ mhvthr aujtou' diethvrei sua madre custodiva tutte le cose
pavnta ta; rJhvmata ejn th'/ nel suo cuore;
kardiva/ aujth'".
Kai; ∆Ihsou'" proevkopten ªejn Gesù poi progrediva nella sapienza,
th'/º sofiva/ kai; hJlikiva/ kai; età e grazia presso Dio e gli uomini.
cavriti para; qew'/ kai; (conclusione di 2,41ss)
ajnqrwvpoi".
Lc 5,15-16 dihvrceto de; ma'llon oJ lovgo" Ma la fama di lui si diffondeva
peri; aujtou', ancor più;
kai; sunhvrconto o[cloi polloi; molta folla accorreva per ascoltare
ajkouvein kai; qerapeuvesqai ed essere guariti dalle loro malattie.
ajpo; tw'n ajsqeneiw'n aujtw'n.
aujto;" de; h\n uJpocwrw'n ejn Lui però si ritirava nelle regioni
tai'" ejrhvmoi" kai; deserte e pregava.
proseucovmeno" (conclusione di 5,12ss)

Il fatto di concludere una narrazione con forme verbali dello sfondo è


attestato in varie letterature, talvolta anche nella narrazione ebraico-bibli-
ca 20. Citiamo ancora Weinrich:

Al principio della storia è necessaria un’esposizione di certe proporzioni,


per questo normalmente la narrazione comincia con una introduzione; nel-
l’introduzione in genere si ha un tempo dello sfondo. Molte narrazioni,
inoltre, sottolineano espressamente la fine per mezzo di una conclusione:
anche la conclusione dà la precedenza al tempo dello sfondo. Ciò non è
necessario né è sempre così, eppure al principio e alla fine di un racconto
si incontra con relativa frequenza una concentrazione di tempi dello sfon-
do… Nel nucleo vero e proprio del racconto i tempi dello sfondo (accanto
all’imparfait anche il plus-que-parfait) si incontrano invece nelle circostan-
ze secondarie, nelle descrizioni, nelle riflessioni e in tutti gli altri argo-
menti che il narratore vuole spostare verso le sfondo. (Weinrich, Tempus,
128-129)

Weinrich enuncia delle regole o costanti della narrativa in quanto tale, in


certo modo di qualsiasi lingua, prendendo come base di analisi la letteratu-
ra francese. La funzione dei tempi dello sfondo si svolge nell’inizio e nella
fine di una narrazione, cioè nell’antefatto e nella conclusione, e anche nel
corpo della narrazione stessa. La distribuzione dei tempi del primo piano e

20. Niccacci, Lettura sintattica, 128.


DALL’AORISTO ALL’IMPERFETTO 99

dei tempi dello sfondo costituisce il rilievo della narrazione. Quello che
occupa il primo piano è il “fatto inaudito”, ciò che ritiene l’attenzione del
lettore/ ascoltatore; quello che viene posto nello sfondo rappresenta la cor-
nice e il supporto di esso.
Per quanto riguarda la narrazione italiana, la situazione è delineata bene
nella citazione che segue:

L’imperfetto è dunque il tempo dello sfondo narrativo (marca, ad esem-


pio, le introduzioni, le conclusioni, le circostanze secondarie), mentre il
passato remoto è il tempo del primo piano, della messa in rilievo. La li-
bertà di chi scrive narrando è, ovviamente, condizionata nell’uso di questi
tempi, dal momento che la comunicazione, per essere coerente, deve ri-
spondere a precise intenzionalità comunicative: primo piano sarà perciò
quello per cui la storia si racconta, sfondo ciò che facilita all’ascoltatore
l’orientamento nel mondo narrato.
Lo sfondo è così, nel mondo narrato, ciò che è la situazione pragmatica nel
mondo commentato, dove elementi gestuali o deittici svolgono quella fun-
zione di orientamento che, nel narrato, si esprime con mezzi linguistici.
Situazione nel mondo commentato e tempus nel mondo narrato sono dun-
que mezzi equivalenti che concorrono, in situazioni comunicative diverse,
a fissare il senso del discorso in ordine alle intenzioni del parlante 21.

6. Analisi di una narrazione

Nella narrazione greco-biblica l’aoristo è dunque forma di livello principa-


le e di primo piano, mentre l’imperfetto è forma di livello secondario, nor-
malmente con funzione di sfondo o di antefatto. Su questo dato possiamo
costruire un metodo di leggere la narrazione neotestamentaria. Utilizzere-
mo i criteri già seguiti per analizzare la narrazione ebraico-biblica 22 con gli
adattamenti del caso.
Nella narrazione ebraico-biblica abbiamo individuato tre livelli: livello
1, o linea narrativa principale, espressa dal wayyiqtol; livello 2, o linea se-
condaria, con waw-x-qatal o altre forme e costrutti di livello secondario;
livello 3, o discorso diretto. Per la narrazione greco-biblica stabiliremo
ugualmente tre livelli fondamentali: livello 1, o linea narrativa principale,
espressa dall’aoristo, in certi casi dal presente storico; livello 2, o linea se-
condaria, con imperfetto, piucchepperfetto o altri costrutti di livello secon-

21. Bagioli - Deon, “Il tempo verbale nel testo”, 73 (il testo citato è della Bagioli).
22. Niccacci, Lettura sintattica. I criteri sono esposti nel § 7.
100 A. NICCACCI

dario; livello 3, o discorso diretto. Porremo il testo di livello 1 al margine


sinistro della pagina, quello di livello 2 rientrato e accompagnato da una
riga verticale, e il livello 3 ancor più rientrato e accompagnato da una riga
verticale tratteggiata.
L’identificazione del livello 1 e del livello 3 non crea problemi; dob-
biamo spiegare invece i criteri per identificare il livello 2. Porremo nel
livello 2 il testo che ha funzione di antefatto. Il criterio primo per rico-
noscere questa funzione è l’uso delle forme verbali: di regola, tutte le
forme verbali diverse dall’aoristo segnalano un livello secondario; è fre-
quente soprattutto l’imperfetto. Porremo nel livello 2 il testo con imper-
fetto quando si stacca dal testo di livello 1. Il caso più frequente è,
appunto, l’antefatto. Intendiamo per antefatto non soltanto quello che si
trova all’inizio di una narrazione, ma anche quello che interviene all’in-
terno per segnare suddivisioni minori del medesimo racconto. Caratteri-
stica della forma di antefatto è che segna una rottura rispetto alla forma
di primo piano che precede mentre costituisce un’unità sintattica con la
forma di primo piano che segue (unità formata da imperfetto di antefatto
+ aoristo narrativo).
Normalmente non porremo nel livello 2 una frase che contiene un im-
perfetto con funzione di sfondo, in quanto essa segnala un’interruzione
minore della linea narrativa principale e costituisce, in realtà, un’unità
sintattica con la frase principale che precede (unità formata da aoristo di
primo piano + imperfetto di sfondo). Talvolta però, a motivo della sua lun-
ghezza e complessità, è consigliabile assegnare una frase di sfondo al li-
vello 2, come faremo in Gv 11,30 (infra).
Applicheremo questi principi di analisi a un testo abbastanza lungo e
complesso come Gv 11. Nel livello 1 (grado zero) la forma verbale nor-
male è l’aoristo, ma si passa al presente (presente storico, indicato con
bordo con linea semplice) quando l’azione si fa drammatica; lo sfondo
viene espresso dall’imperfetto (indicato con bordo con linea tratteggiata) 23.
Nel livello 2, oltre alle forme attese (imperfetto e piucchepperfetto), in
casi speciali si trova anche l’aoristo (indicato con sottolineatura doppia).
Nel livello 3 compare maggiore varietà di forme verbali: presente, perfet-
to, aoristo, futuro, sia indicativi che congiuntivi, e imperativo.

23. Non sottolineo gli imperfetti che compaiono in frasi dipendenti, come in Gv 11,6 (ejn w|/
h\n tovpw/).
DALL’AORISTO ALL’IMPERFETTO 101

6.1. Giovanni 11

1 «Hn dev ti" ajsqenw'n, Lavzaro" ajpo; Bhqaniva", ejk th'" kwvmh" Mariva" kai;
Mavrqa" th'" ajdelfh'" aujth'".
2 h\n de; Maria;m hJ ajleivyasa to;n kuvrion muvrw/ kai; ejkmavxasa tou;" povda"
aujtou' tai'" qrixi;n aujth'", h|" oJ ajdelfo;" Lavzaro" hjsqevnei.
3 ajpevsteilan ou\n aiJ ajdelfai; pro;" aujto;n levgousai,
lll

Kuvrie, i[de o}n filei'" ajsqenei'.


4 ajkouvsa" de; oJ ∆Ihsou'" ei\pen,
Au{th hJ ajsqevneia oujk e[stin pro;" qavnaton ajll∆ uJpe;r th'" dovxh" tou'
llllll

qeou', i{na doxasqh'/ oJ uiJo;" tou' qeou' di∆ aujth'".


5 hjgavpa de; oJ ∆Ihsou'" th;n Mavrqan kai; th;n ajdelfh;n aujth'" kai; to;n
Lavzaron.
6 wJ" ou\n h[kousen o{ti ajsqenei', tovte me;n e[meinen ejn w|/ h\n tovpw/ duvo hJmevra",
7 e[peita meta; tou'to levgei toi'" maqhtai'",
lll

“Agwmen eij" th;n ∆Ioudaivan pavlin.


8 levgousin aujtw'/ oiJ maqhtaiv,
ÔRabbiv, nu'n ejzhvtoun se liqavsai oiJ ∆Ioudai'oi, kai; pavlin uJpavgei" ejkei'…
lll

9 ajpekrivqh ∆Ihsou'",
Oujci; dwvdeka w|raiv eijsin th'" hJmevra"…
llllllllllllllllll

ejavn ti" peripath'/ ejn th'/ hJmevra/, ouj proskovptei, o{ti to; fw'" tou'
kovsmou touvtou blevpei:
10 eja;n dev ti" peripath'/ ejn th'/ nuktiv, proskovptei, o{ti to; fw'" oujk
e[stin ejn aujtw'/.
11 tau'ta ei\pen, kai; meta; tou'to levgei aujtoi'",
Lavzaro" oJ fivlo" hJmw'n kekoivmhtai: ajlla; poreuvomai i{na ejxupnivsw
llllll

aujtovn.
12 ei\pan ou\n oiJ maqhtai; aujtw'/,
lll

Kuvrie, eij kekoivmhtai swqhvsetai.


13 eijrhvkei de; oJ ∆Ihsou'" peri; tou' qanavtou aujtou',
ejkei'noi de; e[doxan o{ti peri; th'" koimhvsew" tou' u{pnou levgei.
14 tovte ou\n ei\pen aujtoi'" oJ ∆Ihsou'" parrhsiva/,
Lavzaro" ajpevqanen,
llllllllll

15 kai; caivrw di∆ uJma'" i{na pisteuvshte, o{ti oujk h[mhn ejkei':
ajlla; a[gwmen pro;" aujtovn.
16 ei\pen ou\n Qwma'" oJ legovmeno" Divdumo" toi'" summaqhtai'",
lll

“Agwmen kai; hJmei'" i{na ajpoqavnwmen met∆ aujtou'.


102 A. NICCACCI

17 ∆Elqw;n ou\n oJ ∆Ihsou'" eu|ren aujto;n tevssara" h[dh hJmevra" e[conta ejn tw'/ mnhmeivw./
18 h\n de; hJ Bhqaniva ejggu;" tw'n ÔIerosoluvmwn wJ" ajpo; stadivwn dekapevnte.
19 polloi; de; ejk tw'n ∆Ioudaivwn ejlhluvqeisan pro;" th;n Mavrqan kai;
Maria;m i{na paramuqhvswntai aujta;" peri; tou' ajdelfou'.
20 hJ ou\n Mavrqa wJ" h[kousen o{ti ∆Ihsou'" e[rcetai uJphvnthsen aujtw'/: Maria;m

⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄
de; ejn tw'/ oi[kw/ ejkaqevzeto.
21 ei\pen ou\n hJ Mavrqa pro;" to;n ∆Ihsou'n,
Kuvrie, eij h\" w|de oujk a]n ajpevqanen oJ ajdelfov" mou:
llllll

22 ªajlla;º kai; nu'n oi\da o{ti o{sa a]n aijthvsh/ to;n qeo;n dwvsei soi oJ qeov".
23 levgei aujth'/ oJ ∆Ihsou'",
∆Anasthvsetai oJ ajdelfov" sou.
lll

24 levgei aujtw'/ hJ Mavrqa,


Oi\da o{ti ajnasthvsetai ejn th'/ ajnastavsei ejn th'/ ejscavth/ hJmevra/.
lll

25 ei\pen aujth'/ oJ ∆Ihsou'",


∆Egwv eijmi hJ ajnavstasi" kai; hJ zwhv:
llllllllllllll

oJ pisteuvwn eij" ejme; ka]n ajpoqavnh/ zhvsetai,


26 kai; pa'" oJ zw'n kai; pisteuvwn eij" ejme; ouj mh; ajpoqavnh/ eij" to;n
aijw'na: pisteuvei" tou'to…
27 levgei aujtw'/,
Naiv kuvrie, ejgw; pepivsteuka o{ti su; ei\ oJ Cristo;" oJ uiJo;" tou' qeou' oJ eij"
llllll

to;n kovsmon ejrcovmeno".


28 Kai; tou'to eijpou'sa ajph'lqen kai; ejfwvnhsen Maria;m th;n ajdelfh;n aujth'"
lavqra/ eijpou'sa,
lll

ÔO didavskalo" pavrestin kai; fwnei' se.


⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄
29 ejkeivnh de; wJ" h[kousen hjgevrqh tacu; kai; h[rceto pro;" aujtovn:
30 ou[pw de; ejlhluvqei oJ ∆Ihsou'" eij" th;n kwvmhn,
ajll∆ h\n e[ti ejn tw'/ tovpw/ o{pou uJphvnthsen aujtw'/ hJ Mavrqa.
31 oiJ ou\n ∆Ioudai'oi oiJ o[nte" met∆ aujth'" ejn th'/ oijkiva/ kai; paramuqouvmenoi aujthvn,
ijdovnte" th;n Maria;m o{ti tacevw" ajnevsth kai; ejxh'lqen, hjkolouvqhsan aujth'/
dovxante" o{ti uJpavgei eij" to; mnhmei'on i{na klauvsh/ ejkei'.
32 hJ ou\n Maria;m wJ" h\lqen o{pou h\n ∆Ihsou'", ijdou'sa aujto;n e[pesen aujtou' pro;"
tou;" povda" levgousa aujtw'/,
lll

Kuvrie, eij h\" w|de oujk a[n mou ajpevqanen oJ ajdelfov".


33 ∆Ihsou'" ou\n wJ" ei\den aujth;n klaivousan kai; tou;" sunelqovnta" aujth'/
∆Ioudaivou" klaivonta", ejnebrimhvsato tw'/ pneuvmati kai; ejtavraxen eJautovn
34 kai; ei\pen,
lll

Pou' teqeivkate aujtovn…


DALL’AORISTO ALL’IMPERFETTO 103

levgousin aujtw'/,
Kuvrie, e[rcou kai; i[de.
lll
35 ejdavkrusen oJ ∆Ihsou'".

⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄
36 e[legon ou\n oiJ ∆Ioudai'oi,
“Ide pw'" ejfivlei aujtovn.
lll

37 tine;" de; ejx aujtw'n ei\pan,


lllllll

Oujk ejduvnato ou|to" oJ ajnoivxa" tou;" ojfqalmou;" tou' tuflou' poih'sai


i{na kai; ou|to" mh; ajpoqavnh/…
38 ∆Ihsou'" ou\n pavlin ejmbrimwvmeno" ejn eJautw'/ e[rcetai eij" to;
mnhmei'on:
h\n de; sphvlaion kai; livqo" ejpevkeito ejp∆ aujtw'/.
39 levgei oJ ∆Ihsou'",
“Arate to;n livqon.
lll

levgei aujtw'/ hJ ajdelfh; tou' teteleuthkovto" Mavrqa,


lll

Kuvrie, h[dh o[zei, tetartai'o" gavr ejstin.


40 levgei aujth'/ oJ ∆Ihsou'",
Oujk ei\povn soi o{ti eja;n pisteuvsh/" o[yh/ th;n dovxan tou' qeou'…
lll

41 h\ran ou\n to;n livqon. oJ de; ∆Ihsou'" h\ren tou;" ojfqalmou;" a[nw kai; ei\pen,
Pavter, eujcaristw' soi o{ti h[kousav" mou.
llllllllllllll

42 ejgw; de; h[/dein o{ti pavntotev mou ajkouvei",


ajlla; dia; to;n o[clon to;n periestw'ta ei\pon, i{na pisteuvswsin o{ti suv
me ajpevsteila".
43 kai; tau'ta eijpw;n fwnh'/ megavlh/ ejkrauvgasen,
lll

Lavzare, deu'ro e[xw.


44 ejxh'lqen oJ teqnhkw;" dedemevno" tou;" povda" kai; ta;" cei'ra" keirivai",

⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄
kai; hJ o[yi" aujtou' soudarivw/ periedevdeto.
levgei aujtoi'" oJ ∆Ihsou'",
lll

Luvsate aujto;n kai; a[fete aujto;n uJpavgein.


45 Polloi; ou\n ejk tw'n ∆Ioudaivwn oiJ ejlqovnte" pro;" th;n Maria;m
kai; qeasavmenoi a} ejpoivhsen, ejpivsteusan eij" aujtovn:
46 tine;" de; ejx aujtw'n ajph'lqon pro;" tou;" Farisaivou" kai; ei\pan aujtoi'" a}
ejpoivhsen ∆Ihsou'".

⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄⁄
47 sunhvgagon ou\n oiJ ajrcierei'" kai; oiJ Farisai'oi sunevdrion kai; e[legon,
Tiv poiou'men o{ti ou|to" oJ a[nqrwpo" polla; poiei' shmei'a…
llllllllllllll

48 eja;n ajfw'men aujto;n ou{tw", pavnte" pisteuvsousin eij" aujtovn,


kai; ejleuvsontai oiJ ÔRwmai'oi kai; ajrou'sin hJmw'n kai; to;n tovpon kai; to;
e[qno".
104 A. NICCACCI

49 ei|" dev ti" ejx aujtw'n Kai>avfa", ajrciereu;" w]n tou' ejniautou' ejkeivnou, ei\pen
aujtoi'",
lllllllllll
ÔUmei'" oujk oi[date oujdevn,
50 oujde; logivzesqe o{ti sumfevrei uJmi'n i{na ei|" a[nqrwpo" ajpoqavnh/ uJpe;r
tou' laou' kai; mh; o{lon to; e[qno" ajpovlhtai.
51 tou'to de; ajf∆ eJautou' oujk ei\pen, ajlla; ajrciereu;" w]n tou' ejniautou' ejkeivnou
ejprofhvteusen o{ti e[mellen ∆Ihsou'" ajpoqnhv/skein uJpe;r tou' e[qnou",
52 kai; oujc uJpe;r tou' e[qnou" movnon ajll∆ i{na kai; ta; tevkna tou' qeou' ta;
dieskorpismevna sunagavgh/ eij" e{n.
53 ajp∆ ejkeivnh" ou\n th'" hJmevra" ejbouleuvsanto i{na ajpokteivnwsin aujtovn.
54 ÔO ou\n ∆Ihsou'" oujkevti parrhsiva/ periepavtei ejn toi'" ∆Ioudaivoi",
ajlla; ajph'lqen ejkei'qen eij" th;n cwvran ejggu;" th'" ejrhvmou, eij" ∆Efrai;m
legomevnhn povlin, kajkei' e[meinen meta; tw'n maqhtw'n.
55 «Hn de; ejggu;" to; pavsca tw'n ∆Ioudaivwn, kai; ajnevbhsan polloi; eij"
ÔIerosovluma ejk th'" cwvra" pro; tou' pavsca i{na aJgnivswsin eJautouv".
56 ejzhvtoun ou\n to;n ∆Ihsou'n kai; e[legon met∆ ajllhvlwn ejn tw'/ iJerw'/
eJsthkovte",
lll

Tiv dokei' uJmi'n… o{ti ouj mh; e[lqh/ eij" th;n eJorthvn…
57 dedwvkeisan de; oiJ ajrcierei'" kai; oiJ Farisai'oi ejntola;" i{na ejavn ti" gnw'/
pou' ejstin mhnuvsh/, o{pw" piavswsin aujtovn.

6.2. Osservazioni

Giovanni 11 inizia e termina con costrutti di sfondo (vv. 1-2; 54-57). Il


corpo della narrazione utilizza per lo più le forme verbali del primo piano
(aoristo e presente storico) che imprimono un ritmo continuo, interrotto
solo da dialoghi.
I due versetti iniziali costituiscono l’antefatto del racconto; enunciano
la situazione, i personaggi e il luogo. Inizia poi il corpo della narrazione.
Troviamo una prima interruzione nel v. 5, che forma un piccolo antefatto
interno; utilizzando la linea dello sfondo, esso comunica informazioni le-
gate al seguito del racconto: Gesù amava eppure aspetta, per creare ten-
sione. Riprende poi il primo piano, che prosegue fino al v. 17. Viene
interrotto da un breve commento esplicativo (v. 13) che pongo nel livello
dello sfondo perché è legato all’aoristo che segue (eijrhvkei de; oJ ∆Ihsou'"
… ejkei'noi de; e[doxan). La narrazione quindi si arresta, passa alla linea
secondaria, per dare informazioni che interessano il prosieguo dei fatti:
DALL’AORISTO ALL’IMPERFETTO 105

distanza di Betania, presenza dei giudei (vv. 18-19); si tratta perciò di un


altro piccolo antefatto all’interno della narrazione. Il livello principale ri-
prende subito e prosegue fino al v. 29. Nel v. 29 non assegno al livello
secondario l’imperfetto kai; h[rceto perché è sfondo dell’aoristo che im-
mediatamente precede. Il v. 30, però, è frase di sfondo abbastanza auto-
noma e ampia, per cui la assegno al livello 2. Comunica un’informazione
sulla posizione esatta di Gesù, il che rallenta il ritmo delle forme verbali
di primo piano. Subito la linea principale riprende e prosegue rapida. La
presenza del narratore è sensibile, comunque, anche in momenti di gran-
de tensione; egli infatti interviene con informazioni di sfondo, una legata
all’aoristo che precede: “Gesù pianse; per cui i giudei dicevano” (v. 36),
un’altra legata al presente storico che segue: “Ora, (il sepolcro) era una
grotta e su di essa vi era una pietra. Dice Gesù: Togliete la pietra!” (vv.
38b-39). Sono informazioni che, ancora una volta, rallentano il ritmo e
nello stesso tempo aumentano l’attesa.
Nel seguito, quasi tutto è raccontato nel primo piano. Nel v. 44 lo
sfondo dell’aoristo (circostanze dell’informazione principale) è espresso
con un participio e con una frase con piucchepperfetto (indicato con bor-
do con linea tratteggiata come l’imperfetto): “Il morto uscì fuori legato
piedi e mani con fasce, mentre il suo volto era stato avvolto con un pan-
no”. Il piucchepperfetto è un tempo di livello secondario come l’imper-
fetto, con la differenza che indica un’informazione anteriore alla linea
narrativa principale, non contemporanea come l’imperfetto. Un’altra bre-
ve circostanza legata all’aoristo che precede la troviamo nel v. 47 (“e
dicevano”).
Al racconto della resurrezione segue, senza alcuna pausa, quello della
riunione del sinedrio (vv. 47-53). Alla fine, però, la narrazione utilizza la
linea dello sfondo. I vv. 54-57 costituiscono un brano abbastanza ampio e
complesso, che include anche un discorso diretto (v. 56). Nonostante la
presenza di tre aoristi, si può considerare tutto il brano di livello seconda-
rio perché prima e dopo i tre aoristi compaiono imperfetti e alla fine un
piucchepperfetto. Oppure, se si preferisce, è possibile analizzare i vv. 54-
57 come una doppia sequenza di imperfetto → aoristo, che termina con
un piucchepperfetto. Quest’ultima analisi si può rappresentare nel modo
seguente:

54 ÔO ou\n ∆Ihsou'" oujkevti parrhsiva/ periepavtei ejn toi'" ∆Ioudaivoi",


ajlla; ajph'lqen ejkei'qen eij" th;n cwvran ejggu;" th'" ejrhvmou, eij" ∆Efrai;m
legomevnhn povlin, kajkei' e[meinen meta; tw'n maqhtw'n.
55 «Hn de; ejggu;" to; pavsca tw'n ∆Ioudaivwn,
106 A. NICCACCI

kai; ajnevbhsan polloi; eij" ÔIerosovluma ejk th'" cwvra" pro; tou' pavsca i{na
aJgnivswsin eJautouv".
56 ejzhvtoun ou\n to;n ∆Ihsou'n kai; e[legon met∆ ajllhvlwn ejn tw'/ iJerw'/
eJsthkovte",
lll

Tiv dokei' uJmi'n… o{ti ouj mh; e[lqh/ eij" th;n eJorthvn…
57 dedwvkeisan de; oiJ ajrcierei'" kai; oiJ Farisai'oi ejntola;" i{na ejavn ti" gnw'/
pou' ejstin mhnuvsh/, o{pw" piavswsin aujtovn.

In questa seconda analisi dei vv. 54-57, per due volte si verifica la tran-
sizione temporale: imperfetto di antefatto → ajllav/ kaiv + aoristo, una tran-
sizione simile, ma inversa, a quella esaminata sopra: aoristo → kaiv +
imperfetto di sfondo (§ 4). Si produce un passaggio altrettanto brusco, con
l’imperfetto che si appoggia alla forma di primo piano che segue. In italia-
no si può tradurre senza problemi: “Per questo motivo Gesù non circolava
più apertamente tra i giudei ma andò da lì alla regione vicino al deserto…
Intanto era vicina la pasqua dei giudei e molti salirono a Gerusalemme da
quella regione…” 24.
Nel complesso, in Gv 11 si contano 32 blocchi di testo nella linea nar-
rativa principale (livello 1), 8 (oppure 10) blocchi nella linea secondaria
(livello 2) e 29 blocchi a discorso diretto (livello 3). Benché le parti a dia-
logo siano davvero numerose, la narrazione è compatta e si muove rapida-
mente. Infatti le parti a dialogo vengono agganciate al livello principale
dalle formule introduttive che utilizzano forme verbali di primo piano
(aoristo e presente storico), eccetto una volta alla fine (v. 56). Troviamo
forme verbali di livello secondario nell’inizio (antefatto) e nella fine (con-
clusione); di quelle che compaiono nel corpo della narrazione, nessuna in-
terrompe seriamente la linea principale della comunicazione. Le forme di
livello secondario servono a disseminare, lungo la narrazione serrata e ca-
rica di tensione, circostanze con funzione esplicativa o ritardante: amore di
Gesù (v. 5), suo riferimento alla morte (v. 13), distanza di Betania e pre-
senza di molti giudei (v. 18-19), posizione di Gesù (v. 30), descrizione del
sepolcro (v. 38b).
In fondo, il capitolo esaminato può essere considerato rappresentativo
della narrativa giovannea: rapida, diretta, con molti dialoghi.

24. Si confronti: “Suonavano le 8 ed egli si alzò” (Renzi - Salvi, ed., Grande grammatica
italiana, II, 77). Questa frase presenta una forma di subordinazione testuale reale benché
implicita; con subordinazione esplicita si direbbe: “Quando suonavano le 8, egli si alzò”,
che è frase equivalente a quella citata. Si veda quanto detto sopra (§ 4 fine).
DALL’AORISTO ALL’IMPERFETTO 107

7. Conclusione

Abbiamo segnalato alcune somiglianze di funzione tra forme verbali del


greco biblico e dell’ebraico biblico. Nella narrazione l’aoristo è la forma
normale del primo piano, mentre l’imperfetto è forma del livello seconda-
rio; l’aoristo comunica le informazioni fondamentali del racconto, la sua
struttura di base, mentre l’imperfetto comunica le informazioni previe del
racconto (antefatto) o quelle di sfondo. La combinazione delle forme ver-
bali di primo piano con quelle di livello secondario crea il rilievo della
narrazione; l’alternarsi delle une e delle altre segna il ritmo del racconto, il
suo evolversi, le sue pause e le sue riprese fino alla conclusione.
Abbiamo elencato alcune funzioni dell’imperfetto in base all’imposta-
zione dell’analisi linguistico-testuale. Secondo questa impostazione, le fun-
zioni delle singole forme verbali vanno rilevate a livello di testo, nelle
relazioni e nelle connessioni che mostrano con altre forme verbali. Nel caso
specifico, le funzioni dell’imperfetto, si colgono in relazione (e contrap-
posizione) con l’aoristo. Fondamentalmente il rapporto dell’imperfetto con
l’aoristo è quello di dipendenza sintattica: anche se non è dipendente dal
punto di vista grammaticale (cioè se non è preceduto da una congiunzione
subordinante) l’imperfetto, in quanto forma del livello secondario, dipende
dall’aoristo, che è forma del livello principale e forma indipendente.
Rilevare questa situazione a livello testuale permette di cogliere con-
nessioni nel testo che sono importanti anche per l’esegesi. Nella narrazio-
ne, ogni imperfetto è forma verbale di relazione e come tale rimanda alla
corrispondente forma verbale di primo piano, che è l’aoristo (talvolta il
presente storico). Ora, l’aoristo può trovarsi nel contesto precedente o nel
contesto seguente (la decisione al riguardo dipende dalla semantica, non
esiste un criterio puramente sintattico). Se si collega a un aoristo che pre-
cede, l’imperfetto ha funzione di sfondo; se invece si collega a un aoristo
che segue, ha funzione di antefatto. Queste sono le funzioni fondamentali
dell’imperfetto, o meglio la funzione fondamentale, perché in fondo si trat-
ta di una sola: comunicare informazioni di livello secondario.
Le funzioni di ripetizione, continuazione, abitudine ecc. che le grammati-
che attribuiscono all’imperfetto non sono essenziali. L’aspetto dell’azione è
elemento derivato, non principale; dipende dalla semantica ed è legato all’am-
bito della proposizione singola 25. Di fatto, l’imperfetto spesso, ma non sempre,

25. Weinrich è categorico al riguardo (si veda il testo citato sopra, al § 3), forse fin troppo.
Io penso che la semantica non si possa escludere del tutto; dev’essere però un criterio su-
bordinato, non primario. Weinrich, probabilmente, reagisce a un malcostume purtroppo
108 A. NICCACCI

indica ripetizione, continuazione, abitudine ecc., mentre sempre indica il livello


secondario della narrazione. Questa è la sua funzione essenziale. In diverse lin-
gue, l’aspetto di ripetizione, continuazione, abitudine ecc. viene espresso nel
livello secondario; per questo motivo coincide con l’imperfetto; ma la funzione
dell’imperfetto è più ampia e non è legata all’aspetto. Il fatto di legare l’uso
dell’imperfetto all’aspetto porta gli studiosi a interpretazioni soggettive, non
sempre suggerite né giustificate dalla sintassi.
Abbiamo mostrato che la funzione dell’aoristo nei confronti dell’imperfet-
to corrisponde alla funzione della forma verbale ebraico-biblica wayyiqtol nei
confronti del costrutto waw-x-qatal. Abbiamo poi analizzato un testo greco-
biblico (Gv 11) secondo i criteri già utilizzati per la prosa ebraico-biblica. Non
si verifica, però, alcun influsso della sintassi greco-biblica su quella ebraico-
biblica; le somiglianze segnalate sono funzionali. Le funzioni fondamentali del
linguaggio sono presenti in tutte le lingue, ma ognuna le rende con le forme
proprie del suo sistema verbale e linguistico. I criteri di analisi usati per l’ebrai-
co biblico possono essere applicati all’italiano o a qualsiasi altra lingua, con i
dovuti accorgimenti che derivano dalla conoscenza della lingua in questione.
Penso sia importante analizzare tutta la sintassi del verbo greco secon-
do la prospettiva della linguistica testuale, che propone di superare il livel-
lo della frase singola per poter comprendere correttamente la funzione delle
forme verbali. Bisognerà prima classificare tutte le forme verbali del gre-
co: quali sono tipiche della narrazione, quali del discorso diretto. Bisogne-
rà poi ricercare la funzione di ognuna di esse nel testo e le relazioni che le
legano tra di loro nel quadro del sistema verbale complessivo.

Gerusalemme, 23 marzo 1992


Alviero Niccacci, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

frequente nell’analisi sintattica, che si può esemplificare nel modo seguente: l’imperfetto (o
altra forma verbale) nei vari contesti indica questo aspetto, si traduce con questa forma ver-
bale, dunque l’imperfetto ha questa funzione. Si aggiunga che tutto il processo è spesso
infarcito di “esegetismi” non sempre di ottima lega, per cui si costringe una forma verbale
ad esprimere tutto quello che passa nella mente dell’interprete. Per essere corretto il proce-
dimento dell’analisi sintattica dev’essere rovesciato: prima esaminare la morfologia del ver-
bo e la proposizione in cui esso compare (livello grammaticale), poi il collegamento delle
proposizioni nel testo (livello sintattico e linguistico-testuale) allo scopo di scoprire la fun-
zione di ciascuna delle forme verbali; dopo, e solo dopo, trovare la forma verbale che svol-
ge la medesima funzione nella lingua della traduzione. Nessun livello di analisi può essere
separato dall’altro. Il testo è l’ambiente vitale dell’analisi. Una lingua si impara sui testi,
non sulle grammatiche. Ringrazio i colleghi Lino Cignelli e G. Claudio Bottini per la revi-
sione del presente scritto, anche se non ho potuto accogliere tutti i loro suggerimenti.

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