Sei sulla pagina 1di 14

GBPress- Gregorian Biblical Press

Autore e lettore: il problema della comunicazione nell'ambito dell'esegesi biblica


Author(s): Massimo Grilli
Source: Gregorianum, Vol. 74, No. 3 (1993), pp. 447-459
Published by: GBPress- Gregorian Biblical Press
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23579288
Accessed: 27-06-2016 09:09 UTC

REFERENCES
Linked references are available on JSTOR for this article:
http://www.jstor.org/stable/23579288?seq=1&cid=pdf-reference#references_tab_contents
You may need to log in to JSTOR to access the linked references.

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at
http://about.jstor.org/terms

JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted
digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about
JSTOR, please contact support@jstor.org.

GBPress- Gregorian Biblical Press is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to
Gregorianum

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
Gregorianum 74, 3 (1993) 447-459

Autore e lettore:
il problema della comunicazione
nell'ambito dell'esegesi biblica

Da alcuni decenni l'esegesi biblica, nel tentativo di dare risposta


alle istanze disattese dall'approccio storico-critico, ha intrapreso la stra
da di una collaborazione sempre più stretta con le scienze del testo. Ne
sono scaturiti orientamenti che, pur nella provvisorietà degli elementi
offerti e delle soluzioni raggiunte, si propongono senza dubbio come
componenti di estremo interesse per l'attuale dibattito sull'ermeneutica
biblica. Il presente intervento non intende offrire un contributo su tutto
questo universo in movimento, ma solo su un aspetto specifico, che
riguarda propriamente il rapporto tra esegesi e comunicazione o, più
precisamente, tra l'esegesi e quell'ambito specifico della Linguistica de
nominato «Linguistica pragmatica» ο «Pragmàlinguistica»1. A questo

1 I limiti del nostro studio impediscono di occuparci approfonditamente delle nozioni


di Semiotica, Linguistica, Pragmatica e dei relativi ambiti di intervento. In questi ultimi
decenni si sono moltiplicati, a riguardo, vari e interessanti lavori, fra i quali segnaliamo: U.
Maas - D. Wunderuch, Pragmatik und sprachliches Handeln (Frankfurt/Main 1972); S.J.
Schmidt, Texttheorie (UTB 202; Miinchen 1973); U. Eco, Trattato di semiotica generale
(Milano 1975); B. Schlieben-Lange, Linguistische Pragmatik (Stuttgart 1975); H. Wein
rich, Sprache in Texten (Stuttgart 1976); M. Corti, Principi della comunicazione letteraria
(Milano 1976); T.A. van Duk, Text and Context: Explorations in the Semantics and Prag
matics of Discourse (London 1977); H.F. Plett, Textwissenschaft und Textanalyse (UTB
328; Heidelberg 1979); J. Searle, Expression and Meaning: Studies in the Theory ofSpeech
Acts (Cambridge 1980); J. Lyons, Language and Linguistics (Cambridge 1981); H. Kal
verkamper, Orientierung zur Textlinguistik (LA 100; Tùbingen 1981); P. Cole (ed.), Rea
ding Pragmatics (New York 1981); A. Akmajian - R.A. Demers - R.M. Harnish, Lingui
stica. Introduzione al linguaggio e alla comunicazione (Bologna 1982); H. Parret, Semio
tics and Pragmatics (Amsterdam 1983); B. Sowinski, Textlinguistik. Eine Einfiihrung
(Stuttgart 1983); E. Fava - R. Galassi - P. Leonardi - M. Sbisà, Prospettive di teoria del
linguaggio. Filosofia del linguaggio: sintassi - semantica - pragmatica (Milano 1983); S.C.
Levinson, Pragmatics (Cambridge 1983); M. Sbisà, Atti linguistici, Azione, Interazione.
Progetto di Teoria Pragmatica (Trieste 1984); F. Armengaud, La Pragmatique (Paris
1985); G.M. Green, Pragmatics and Naturai Language Understanding (1989); U. Eco, I
limiti dell'interpretazione (Milano 1990); R. Simone, Fondamenti di Linguistica (Bari 1991).
Sul piano dell'esegesi biblica, interessanti considerazioni si possono trovare in H. Franke

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
448 MASSIMO GRILLI

scopo, dopo esserci soffermati sul processo di comunicazione codificato


in un testo, passeremo ad analizzare i soggetti della comunicazione e
l'interazione che si stabilisce tra loro, per arrivare, infine, a dare alcuni
elementi operativi per l'analisi di un testo biblico.

1. Testo biblico e processo di comunicazione

Tutti gli esseri viventi, per poter sopravvivere, hanno assoluto biso
gno di comunicare. Persino il silenzio ribelle ο il rifiuto di relazione
nascondono, spesso, la nostalgia di un rapporto autentico. Il sistema di
cui animali e uomini si servono per comunicare è costituito dal linguag
gio che, ovviamente, non è solo verbale2. Con esso animali e uomini si
fanno riconoscere, instaurano rapporti, corteggiano, stabiliscono inte
se, ecc. Heidegger affermò che «l'uomo non sarebbe uomo se non gli
fosse concesso di dire "è"... In quanto il linguaggio concede questo l'es
sere dell'uomo poggia sul linguaggio»3.
Una delle funzioni preminenti della lingua è l'istanza comunicativa,
che si nasconde, spesso, anche nelle forme più pure di espressione. So
prattutto per influsso di Jakobson4 è diventato dato comune che il fine
precipuo del parlare ο scrivere sia l'esigenza comunicativa. Da questo
punto di vista, un testo, sia scritto che orale, può essere definito come
una «comunicazione cristallizzata», un «messaggio codificato», elabora
to da un emittente con l'intenzione di interpellare il lettore e produrre
su di lui un effetto5.

molle, «Evangelist und Gemeinde. Eine methodenkritische Besinnung (mit Beispielen aus
dem Matthàusevangelium)», Bib 60 (1979) 153-190; J.-N. Alette «Exégèse biblique et
Semiotique. Quels enjeux?», RSR 80 (1992) 9-28.
2 II sistema di comunicazione di cui si servono le formiche, che marciano in fila india
na, per esempio, è costituito dagli odori. Le capofila, che hanno le funzioni di sentinelle ed
esploratrici, lasciano sul terreno (o esalano a distanza) odori per dare segnalazioni alle altre
formiche operaie.
3 M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio (Milano 1973) 189.
4 Roman Jakobson (1896-1982) è un linguista russo, emigrato e vissuto negli Stati
Uniti d'America. Tra i suoi scritti: R. Jakobson - M. Halle, Fundamentals of Language
(Mouton 1956); R. Jakobson, «Concluding Statements: Linguistics and Poetics» in: Th. A.
Sebeok (ed.), Style and Language (Cambridge 1964).
5 I costituenti dell'evento comunicativo possono essere ridotti a sei:
1. L'«emittente»: è colui che invia il messaggio.
2. Il «destinatario»: è colui che lo riceve.
3. Il «messaggio»: sono le informazioni trasmesse.
4. Il «referente con il suo contesto»: è l'oggetto specifico a cui si riferisce il messaggio
insieme agli altri elementi da cui è contornato.
5. Il «canale»: è costituito dal mezzo scelto per far passare il messaggio (canale sonoro,
visivo, olfattivo, tattile).

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
IL PROBLEMA DELLA COMUNICAZIONE E DELL'ESEGESI BIBLICA 449

Da questa elementare costatazione scaturiscono alcune domande:


in che relazione si trova un testo rispetto all'intenzione dell'autore che
lo ha generato e del lettore destinatario? Il dibattito classico insisteva
sul binomio intentio auctoris, intendo operis; non si potrebbe parlare, in
qualche modo, anche di intentio lectorisl Nella gamma delle risposte
date in questo ultimo secolo, in campo biblico ha dominato il metodo
storico-critico, i cui risultati si possono definire senza dubbio eccellenti.
Oltre alla preoccupazione per i diversi strati sepolti sotto l'apparente
unità di un testo, l'identificazione degli autori storici, del «Sitz im Le
ben», ecc., questo metodo ha insistito in maniera rilevante sul senso
conferito al testo dall'autore storico. Costui ha imposto un significato
(intentio auctoris) che il lettore, da parte sua, ha il compito di scoprire6.
Dagli anni sessanta, con lo Strutturalismo, si è sviluppata una lettu
ra, in qualche modo, contrapposta. L'approccio dello Strutturalismo,
infatti, prescinde da eventuali tensioni del testo, prendendone in consi
derazione solò lo stato attuale. Sostiene, inoltre, che il testo è organiz
zato dall'autore in un sistema di relazioni tale che può funzionare in
modi diversi; si possono sviluppare, cioè, differenti possibilità di signifi
cazione, che dipendono sostanzialmente dalla cultura e dalla sensiblità
del lettore. Quindi, se da un lato il metodo storico critico e i suoi deriva
ti rendono il testo del tutto dipendente dall'autore, dall'altro lato lo
Strutturalismo pone il testo alla mercè del lettore7.
Sempre a partire dagli anni sessanta, gli studi sulla teoria della
comunicazione8 hanno consolidato sempre più la convinzione che il fun
zionamento di un testo si spiega considerandone non solo il momento
generativo, ma anche il ruolo svolto dal destinatario. Questa convinzio
ne ha dato origine a una moltiplicazione di teorie sul binomio «Autore
Lettore». È in questo ambito che si è sviluppata la Linguistica Pragmati
ca, il cui presupposto consiste proprio nella persuasione che ogni testo
— e, dunque, anche quello biblico — non è un sistema chiuso di segni,
che funzionano quasi indipendentemente dall'emittente e dal destinata
rio, ma è piuttosto il punto di contatto di ambedue. Una struttura comu
nicativa non può prescindere né dal polo emittente né da quello riceven

6. Il «codice» è costituito dalla serie di norme sulla cui base si determina il significato del
messaggio.
6 Cf. H. Simian-Yofre, «Pragmalingiiistica: comunicación y exégesis», RevistB 30/31
(1988) 78.
7 H. Simun-Yofre, «Pragmalingiiistica», 78-79.
8 II pioniere della svolta linguistica è ritenuto F. De Saussure, Cours de linguistique
générale (Paris 1916).

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
450 MASSIMO GRILLI

te, per il fatto che la costituzione di un codice separato dalla comunica


zione effettiva, senza alcuna relazione al locuiore e all'uditore, rischia
di ridurre il linguaggio a finzione scolastica. Sulla base di questo assun
to, la Pragmatica si è concentrata su un aspetto importante del linguag
gio: la parola come azione (pragma = atto)9 e ha studiato come si stabi
lisce, si mantiene e si modifica il rapporto tra interlocutori; come si può
influire sugli altri, quali sono le condizioni per una buona riuscita di un
atto linguistico, ecc. Secondo la Pragmatica, dunque, il testo non è un
puro contenitore oggettivo di informazioni, che passa dalle mani del
l'autore a quelle del lettore, ma un messaggio codificato che contiene da
una parte l'intenzione del produttore di influire sul destinatario attiran
dolo alle proprie convinzioni e finalità e, dall'altra, la disposizione del
recettore a lasciarsi coinvolgere e a rispondere.
Questa sommaria descrizione del processo comunicativo richiede
che ci soffermiamo più dettagliatamente sia sulle nozioni di autore e
lettore, emittente e recettore, sia sul processo di interazione che si svi
luppa nella comunicazione. Considerato lo scopo dell'articolo, intendia
mo affrontare questi due problemi da un punto di vista più specificata
mente biblico-esegetico, focalizzando l'attenzione sul Vangelo di
Matteo.

2. Il testo e i soggetti della comunicazione

Abbiamo già accennato all'odierno spostamento di accento dal te


sto considerato come recipiente immobile di contenuti al testo conside
rato come comunicazione cristallizzata tra autore e lettore. La risposta
all'interrogativo di quale autore e lettore si stia trattando sembrerebbe
scontata, ma di fatto abbiamo oggi una proliferazione di termini che
nascondono una problematica assai più complessa. Si parla, oltre che
dell'autore, anche del narratore e del narratario, di narratori semiotici,
metanarratori, soggetti della enunciazione, ecc.; e, dall'altra parte, di
lettori empirici, lettori virtuali, lettori ideali, lettori modello, metaletto
ri, e via dicendo. Il problema, dunque, non è semplice e la soluzione
dipende sostanzialmente dai «modelli di lettura» di cui si fa uso nell'ap
proccio ai testi. Da un punto di vista più prettamente biblico, questi
modelli potrebbero ridursi a tre10.

9 Classica, a proposito, è l'opera di J.L. Austin, How to Do Things with Words (Cam
bridge 1962).
10 Seguo qui, sostanzialmente, J.D. Kingsbury, «Reflections on "the Reader" of
Matthew's Gospel», NTS 34 (1988) 442-460.

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
IL PROBLEMA DELLA COMUNICAZIONE E DELL'ESEGESI BIBLICA 451

a. La lettura di tipo «storico-biografico» considera il Vangelo di


Matteo come una ricostruzione «storica», opera di un evangelista di
nome Matteo. Quanto ai lettori/uditori si impone necessariamente una
distinzione: gli «originari» sono i contemporanei di Gesù, testimoni di
retti dei fatti narrati; i successivi — per i quali Matteo ha scritto il suo
libro — non possono essere considerati «originari» per il semplice fatto
che sono messi a confronto con eventi passati.
I principali problemi che pone questo metodo derivano proprio dal
suo presupposto. Molti passi oppongono resistenza ad essere interpreta
ti in maniera biografica: si adattano bene a situazioni successive al tem
po di Gesù, ma sono senza rilevanza per gli ascoltatori originari. In Mt
10,17, per esempio, Gesù rivolge a «i Dodici» (cf. 10,5a) queste parole:
«Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai sinedri e vi fla
gelleranno nelle loro sinagoghe...»: Il logion descrive circostanze diffi
cilmente attribuibili alla situazione de «i Dodici» a cui è diretto il discor
so missionario contenuto in Mt 10. Osservazioni analoghe potrebbero
farsi a proposito di Mt 23,34: «Ed ecco Io vi mando profeti e saggi e
scribi; ma di questi alcuni li ucciderete e li metterete in croce, altri li
flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città».
Le categorie menzionate sono presentate come «inviati di Gesù», coin
volti in vessazioni di ogni tipo, fino alla crocifissione e alla morte. Tutte
circostanze che non hanno riscontro nell'arco di tempo a cui il testo fa
riferimento.
In un modello di questo tipo, dunque, i contemporanei di Gesù
storico rimangono spesso estranei agli eventi, mentre i lettori posteriori
vengono ridotti al ruolo di spettatori di eventi passati.

b. Un altro modello di lettura è proprio della «Redaktionsge


schichte». In questo tipo di approccio il Vangelo è letto come una «sto
ria kerigmatica». Autore e lettori originari del Vangelo sarebbero i
membri della chiesa matteana, vissuti alla fine del primo secolo della
nostra èra. I fatti passati, narrati dall'autore, diventano «trasparenti»,
perché in essi i discepoli di quella chiesa possono in qualche modo ri
specchiarsi. Questo metodo di lettura è senza dubbio più appropriato
del precedente, ma presenta anch'esso dei problemi. Prendiamo come
esempio i due mandati missionari di Mt 10 e Mt 28, dove Gesù, in un
primo tempo, ordina ai Discepoli di evangelizzare soltanto Israele
(10,5b-6), mentre alla fine comanda di andare a tutte le Genti (28,19).
Siccome i mandati risultano in qualche modo contraddittori, pur essen
do stati impartiti ambedue da Gesù ai Discepoli, come possono essere

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
452 MASSIMO GRILLI

considerati «trasparenti» per il presente della chiesa matteana? Si po


trebbe supporre che solo alcuni eventi, parole e passaggi sono tali (es.
Mt 28,16-20) mentre altri evocherebbero circostanze storiche (es. Mt
10,5b-6). Ma chi decide questo e in base a quali criteri? Il corto circuito,
nell'esempio proposto, si evidenzia nelle numerose e contrastanti pro
poste di soluzione offerte dagli esegeti11.
Possiamo concludere quanto esposto finora affermando che il pas
saggio «diretto» dalla situazione del testo alla situazione storica dei con
temporanei di Gesù ο a quella della comunità rischia di porre in primo
piano il parere personale dell'interprete e di non rendere giustizia al
testo.

c. Il terzo modello di lettura è chiamato «critico-letterario». In


questo tipo di approccio il lettore di Matteo non è «primariamente» né il
contemporaneo di Gesù storico, né il membro della Chiesa matteana
della fine del primo secolo. Allo stesso modo, l'autore non è il Matteo
empirico della fine del primo secolo. Autore e lettore, in questo model
lo, sono «impliciti», nel senso che sono inscritti nel testo stesso, nella
forma di presupposizioni ο di conoscenze assunte come comuni. Il letto
re implicito, pertanto, è il lettore inteso dall'autore, il quale, scrivendo,
attribuisce qualità reali ο ideali ai destinatari e le esprime sotto forma di
linguaggio. Ed è pure colui nel quale l'intenzione dell'autore raggiunge
in qualche modo la sua realizzazione, per cui potrebbe essere chiamato
anche lettore «ideale». In questo modello, il problema posto dai due
mandati di missione in Mt 10 e Mt 28, per esempio, si risolve ottima
mente all'interno del testo, all'interno della storia raccontata. Matteo,
infatti, non lascia identificare definitivamente il lettore con l'ordine con
tenuto in 10,5b-6. Alla fine del Discorso egli tralascia di menzionare la
partenza dei Discepoli per la missione; solo Gesù prosegue il suo mini
stero (cf. 11,1). Si rimandano, dunque, i lettori a un compimento futuro
e si lascia intendere che l'ordine di evangelizzare Israele (10,5b-6) di
venta parte della missione universale a tutte le Genti, consegnata dopo
la resurrezione (28,16-20)12. In questa visuale si spiega bene anche Mt
28,20, dove il Risorto afferma «Ed ecco Io sono con voi tutti i giorni fino
alla fine del mondo». La menzione de la fine del mondo rende chiaro che
nel pronome di seconda persona plurale — voi — sono ovviamente im

11 Cf. J.D. Kjngsbury, «Reflections», 452-454.


12 Ulteriori elementi si possono trovare in M. Grilli, Comunità e Missione: le direttive
di Matteo. Indagine esegetica su Mt 9,35-11,1 (Europàische Hochschulschriften XXIII,
458; Peter Lang, Frankfurt am Main 1992) 227-233.

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
IL PROBLEMA DELLA COMUNICAZIONE E DELL'ESEGESI BIBLICA 453

plicati non solo gli undici discepoli presenti alla scena (cf. 28,16), e nep
pure soltanto i membri della chiesa matteana, ma tutti i lettori del tem
po post-pasquale fino alla consumazione dell'evo: quelli, appunto, «im
pliciti» nel testo.
Potremmo chiederci ora se il metodo «critico-letterario» non con
tenga una connotazione anti-storica. La risposta è negativa, per la sem
plice ragione che non si contrappone il piano empirico al piano lettera
rio. I testi, naturalmente, non sono prodotti di un vuoto sociale e non
sono stati scritti da «robot»! Si censura solo il passaggio «diretto» dal
«mondo del testo» al «mondo reale». Chiarito questo aspetto, è eviden
te che il «mondo della narrazione» si dimostra una componente fonda
mentale per raggiungere il «mondo dell'evangelista» e il «lettore impli
cito» un indice per arrivare al «lettore empirico». Comprendere il mon
do della narrazione è solo una tappa preliminare alla ricostruzione del
mondo reale. Ma bisogna riconoscere che un testo è prima di tutto un
testo13.

3. Il testo biblico e il processo di interazione tra i soggetti della comunica


zione

Dopo aver chiarito i concetti di «autore» e «lettore» passiamo ora a


descrivere il secondo aspetto del problema, che riguarda più propria
mente il rapporto di interazione tra i partners della comunicazione. Ab
biamo già sottolineato come l'apporto della Pragmatica allo studio del
testo abbia evidenziato l'aspetto operativo del linguaggio. Nel passato
l'analisi di un testo si limitava per lo più allo studio dei tratti sintattici e
semantici. Fu Charles Morris, nel 1938, in quello che è considerato il
testo istituzionale di Semiotica14, a delineare una divisione tripartita del
la scienza dei sistemi segnici, che comprendesse oltre alla Sintattica e
alla Semantica anche la Pragmatica che, tuttavia, si impose all'attenzio
ne degli studiosi soltanto alla fine degli anni sessanta15. Per Morris la
Pragmatica si occupava del rapporto dei segni con i loro interpreti, cioè
con gli utenti, in quanto il segno esprime l'utente. La sua concezione,
comunque, risentiva di quell'atteggiamento per cui la comunicazione è

13 Cf. J. Delorme, «Sémiotique et lecture des Évangiles à propos de Me 14,1-11», in:


Naissance de la méthode critique. Colloque du centenaire de l'École biblique et archéologi
que francaise de Jérusalem (Patrimoines Christianisme; Paris 1992), 161-166.
14 C.W. Morris, Foundations of the Theory of Signs (Chicago 1938).
15 Notare, comunque, che già H.E. Mantz, «Types of Literature», The Modem Lan
guage Review 12 (1917) 469-479, aveva messo in evidenza la funzione comunicativa dei
«generi letterari».

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
454 MASSIMO GRILLI

trasmissione di un messaggio, quasi consegna di un pacchetto da un


soggetto a un altro16. Wittgenstein17 polemizzò fortemente contro que
sta concezione e rivalutò l'aspetto attivo del parlare. Anni dopo Austin
e Searle precisarono ancora di più il concetto18.
Nel testo colui che parla/scrive si incontra con chi ascolta/legge. Il
testo, però, non è solo un contenitore di significati, ma un agente opera
tivo. Comunicare un'informazione è soltanto una delle funzioni del lin
guaggio e, a volte, si rivela insufficiente a spiegare un enunciato. È
possibile, cioè, che l'intenzione delle proposizioni non combaci perfet
tamente con il loro contenuto. Ci sono degli assunti che non possono
essere resi in termini di contenuto, ma devono essere spiegati in termini
di «funzione» che essi rivestono per il destinatario. Per scoprire la verità
di un testo ο il suo senso completo è necessario tener conto di quegli
elementi che soggiacciono e interagiscono nel processo tra i partners:
chi è il soggetto della comunicazione e con chi sta comunicando; in qua
le contesto19 avviene la comunicazione; cosa si vuole trasmettere, quale
effetto si cerca di ottenere, con quali soluzioni e valori l'emittente mira
a far identificare i lettori20. Nella Pragmalinguistica, in conclusione, si
riconosce al testo un carattere «funzionale»21. Tra le funzioni del lin
guaggio possiamo annoverare quella informativa, espressiva, persuasi
va, di contatto, ecc.
In generale, un riferimento costante al lettore è comune nelle defi
nizioni classiche dei segni. Gli elementi retorici di un discorso e quelli
narrativi di un racconto possono essere considerati, in qualche modo,
come forme di Pragmatica22. Le stesse definizioni classiche di significa
zione contengono elementi pragmatici; infatti, i sistemi di significazione
e di comunicazione non sono tra loro estranei23. Il linguaggio è situato

16 Cf. Μ. Sbisà, Prospettive, 361.


17 L. Wittgenstein, Philosophische Untersuchungen (1953).
18 J. Austin, How to do Things with Words (Cambridge 1962); J. Searle, Speech Acts
(Cambridge 1969).
19 Si tratta, in questo ambito, di «contesto linguistico»: l'insieme delle conoscenze che
i partecipanti alla comunicazione hanno della situazione.
20 Per l'analisi delle strategie in uso nel liguaggio parlato cf. G.M. Green, Pragmatics,
soprattutto i capitoli V, VI e VII.
21 Una brevissima e banalissima enunciazione come, per es., «piove a dirotto!» può
avere una forza illocutiva se viene pronunciata in determinate circostanze e potrebbe, dun
que, corrispondere a un ordine, come, per es.: «non uscire di casa!».
22 Interessanti osservazioni a proposito possono essere dedotte dalla lettura di un clas
sico: H. Lausberg, Handbuch der literarischen Rhetorik. Eine Grundlegung der Literatur
wissenschaft. 2 voli. (Miinchen 21973).
23 Cf. U. Eco, Semiotica generale, 19-20.

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
IL PROBLEMA DELLA COMUNICAZIONE E DELL'ESEGESI BIBLICA 455

tra la dimensione semantica e quella operativa, tra un enunciato prodot


to e la situazione di interazione che lo determina. Si comprende, dun
que, come la definizione del rapporto tra Semantica e Pragmatica sia
uno dei problemi più spinosi. Non solo a causa della nozione di Pragma
tica che, già di per sé, costituisce un problema24, ma per la stessa diffi
coltà di definire l'ambito semantico i cui confini sono molto fluidi, dato
che sulla definizione di «significato» sono competenti varie discipline25.
Semantica e Pragmatica, tuttavia, pur essendo strettamente correlate,
mantengono ciascuna la propria specificità. L'oggetto analizzato è iden
tico, il punto di vista è differente. La Semantica si domanda «cosa vuol
dire ciò?», la Pragmatica, invece, si chiede «cosa vuoi dire con ciò?». La
Semantica si sforza di capire ciò che l'emittente ha espresso, di ideare
cioè il quadro di riferimento indicato dal parlante; nella Pragmatica l'in
terprete valuta quel quadro in rapporto a se stesso, al suo sistema di
valori, al proprio modello di mondo. La Pragmatica, dunque, è funzio
nale alla soluzione di quei problemi linguistici, per i quali Sintattica e
Semantica non danno risposte adeguate. Essa si occupa delle funzioni,
intenzioni, mete ed effetti degli enunciati. Il campo delle competenze
pragmatiche riguarda, pertanto, l'applicabilità delle nozioni teoriche
della Semantica a casi specifici.
Quanto abbiamo detto appare tanto più vero se applicato a deter
minati testi come, per esempio, la Bibbia. Esistono opere che, almeno
espressamente, si pongono come scopo giochi di significato. L'intenzio
ne dell'emittente del testo biblico, invece, è sostanzialmente diversa. La
Scrittura non intende presentare soltanto un compendio di informazioni
ο un manuale «dottrinale»; mira, piuttosto, a far identificare i propri
lettori con le soluzioni e valori che propone, a dettare «modelli». Il
termine «modello», in questo ambito pragmatico, sta ad identificare il
testo non più come contenitore di significati, ma come «criterio» e «nor
ma» dell'agire26. Lo stesso concetto ebraico di «verità» fernet) racchiu
de nel suo significato un programma di vita e, sotto questo aspetto, non

24 S.C. Levinson, Pragmatics, esamina criticamente 14 definizioni di Pragmatica.


25 Sul rapporto tra i vari tipi di teorie semantiche e i diversi tipi di fenomeni pragmatici
cf. U.Eco, I limiti dell'interpretazione, 256-272. Egli parla della Semantica in marcia verso
la Pragmatica e nomina almeno tre tipi di teorie che si possono etichettare come «Semanti
che», ma sono strettamente correlate alla Pragmatica.
26 Giustamente K. Berger annota: «... meine Auslegung der Schrift ist nicht ortloses
Verstehen, sondern ist — formai gesehen — Handeln in einer Situation»: K. Berger,
«Meine Hermeneutik im Gespràch mit Hans Weder», EvTh 52 (1992) 310.

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
456 MASSIMO GRILLI

corrisponde semplicemente al concetto greco di alètheia21. La «Verità»


di un testo biblico, dunque, è pienamente afferrata non solo quando se
ne scopre il suo polo «estetico», ma anche quello «etico».

4. Le dimensioni del testo: Sintattica, Semantica, Pragmatica

L'idea che Sintattica, Semantica e Pragmatica esauriscano fonda


mentalmente la comprensione di un testo è divenuta classica nel campo
semiotico28, ma l'applicazione al campo biblico è ancora agli inizi29. Co
me abbiamo già accennato, non consideriamo questi tre ambiti della
Semiotica una pura confederazione di tre scienze indipendenti, con tre
oggetti svincolati l'uno dall'altro; si tratta dello stesso oggetto discipli
nare, messo a fuoco sotto tre profili diversi. Per Sintattica intendiamo
l'analisi dei segni in rapporto agli altri segni, per Semantica l'analisi dei
segni in rapporto al significato, per Pragmatica l'analisi dei segni in rap
porto all'uso che ne fa l'emittente per l'utilità dell'utente. La Sintattica
considera il testo dal punto di vista formale-strutturale, la Semantica dal
punto di vista dell'oggetto significato, la Pragmatica dal punto di vista
comunicativo-funzionale. Esaminiamo questi tre ambiti più specificata
mente sotto l'aspetto operativo.
a. L'analisi lessicale-sintattica studia il testo nella sua articolazione
formale. Senza una coerenza di questo tipo, infatti, non è concepibile

27 Κ. Berger, «Meine Hermeneutik», 314.


28 Una sintetica ed efficacie descrizione del testo come sistema linguistico consistente
in questi tre piani si trova in H.F. Plett, Textwissenschaft, 52.114.
29 I lavori biblici che in qualche modo ne tengono conto non sono molti. Fra essi
segnaliamo: H. Rrrr, Das Gebet zum Vater. di Zur Interpretation von Joh 17 (FzB 36;
Wiirzburg 1979); E. Arens, Kommunikative Handlungen. Die paradigmatische Bedeutung
der Gleichnisse Jesu fiir eine Handlungstheorie (Dusseldorf 1982); H. Frankemòlle, Bibli
sche Handlungsaweisung. Beispiele pragmatischer Exegese (Mainz 1983); K. Berger, Exe
gese des Neuen Testamento (UTB 658; Heidelberg 21984); VP. Egger, Methodenlehre zum
Neuen Testament. Einfiihrung in linguistische und historischkritische Methoden (Freiburg -
Basel - Wien 1987); F. Lentzen-Deis, «Passionsberichte als Handlungsmodell? Llberle
gungen zu Anstòssen aus der «pragmatischen» Sprachwissenschaft fiir die exegetischen
Methoden, in: Der Prozess gegen Jesus. Historische Riickfrage und theologische Deutung
(Hrsg. K. Kertelge) (QD 112; Freiburg - Basel - Wien 1988) 191-232; F. Lentzen-Deis,
«Handlungs orientierte Exegese der "Wachstums-Gleichnisse" in Mk 4,1-34. Pragmalin
guistische Aspekte bei der Auslegung fiktionaler Texte», in: Die Freude an Goti - unsere
Kraft (FS. Ο.Β. Knoch; [Hrsg. J.J. Degenhardt] Stuttgart 1990) 117-134; J. Delorme,
«Sémiotique et lecture des Evangiles à propos de Me 14,1-11», in: Naissance de la méthode
critique. Colloque du centenaire de l'École biblique et archéologique fran<;aise de Jérusa
lem (Patrimoines Christianisme; Paris 1992), 161-174; M. Grilli, «Comunità e Missione: le
direttive di Matteo. Indagine esegetica su Mt 9,35-11,1» (Europàische Hochschulschriften
XXIII, 458; Peter Lang, Frankfurt am Main 1992).

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
IL PROBLEMA DELLA COMUNICAZIONE E DELL'ESEGESI BIBLICA 457

nessun testo. Da questo primo approccio anche i passi successivi pren


dono consistenza e credibilità30 perché i messaggi e le sollecitazioni del
testo sono veicolati dalla scelta di una serie di segnali formali regolati da
leggi combinatorie interne31. In questo primo momento un'attenzione
specifica va prestata alla delimitazione del testo, all'uso dei vocaboli,
alle forme strutturanti e alle associazioni di parole e frasi di cui l'autore
si è servito per dare al testo una sistemazione organica. Il reticolo delle
relazioni formali, che operano come elementi aggreganti, deve essere
accuratamente vagliato. Tanto più nei testi biblici che spesso racchiudo
no un repertorio non indifferente di unità minori, combinate insieme
mediante accorgimenti vari. L'analisi sincrònica deve risultare
prioritaria32 ed occupare, perciò, un posto e uno spazio di rilievo. Il
rapporto reciproco degli elementi della struttura — per cui ogni elemen
to è quello che è, in virtù della sua posizione relazionale — va analizza
to, comunque, non a livello «profondo», ma a livello di «superficie»33.
Ogni forma espressiva ha un indissolubile rapporto con il contenuto34; i
criteri di organizzazione, tuttavia, non sono primariamente di ordine
concettuale, ma grammaticale, sintattico e di stile.
b. Dopo l'analisi sintattica si passa ad analizzare le componenti
semantiche. Abbiamo già mostrato come sotto la dizione «Semantica»
si nasconde una tale varietà e ambiguità di senso che resta molto difficile
evitare malintesi. Nasce, così, la necessità di specificare il termine con il
riferimento a un preciso contesto metodologico35. L'analisi semantica di
un testo biblico deve tener conto del contesto in cui esso è inserito, dello
sfondo culturale entro il quale si muove, della comparazione con passi

30 Cf. W. Egger, Methodenlehre, 77-92.


31 Cf. J. Miller, Semantics and Syntax. Parallele and Connections (Cambridge 1985)
192-194.
32 Sulla priorità della «sincronia» sulla «diacronia» cf. M. Theobald, «Der Primat der
Synchronie vor der Diachronie als Grundaxiom der Literarkritik. Methodische Erwàgun
gen an Hand von Mk 2,1-17/Mt 9,9-13», BZNF 22 (1978) 161-186.
33 Manteniamo per chiarezza le denominazioni «struttura profonda» - «struttura di
superfice», anche se non sono condivise da tutti.
34 H. Weinrich esprime in modo assai preciso il rapporto affermando che la posizione
degli elementi nel testo e la loro reciproca determinazione fanno parte anche della Seman
tica, nella misura in cui essa viene intesa non soltanto come semantica del lessema, ma
anche del morfema: H. Weinrich, Tempus. Besprochene und erzàhlte Welt (SL ^ Stutt
gart 1985) 29. Cf. a proposito anche A. Vanhoye, «Discussion sur la strutture de l'Épitre
aux Hebreux», Bib 55 (1974) 368ss.; F. Lentzen-Deis, «Methodische Oberlegungen zur
Bestimmung literarischer Gattungen im Neuen Testament», Bib 62 (1981) 11.
35 Secondo U. Eco occorre sempre specificare se si sta parlando di Semantica come
sistema di «significazione» ο come teoria degli atti di riferimento che sono processi di
comunicazione: U. Eco, I limiti dell'interpretazione, 260-261.

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
458 MASSIMO GRILLI

affini, della redazione, del significato che alle parole e alle proposizioni
proviene dal complesso dell'opera, ecc. La Sintassi prende in considera
zione le relazioni formali esistenti tra i segni linguistici, la Semantica si
occupa dei rapporti tra questi segni e il loro contenuto, nonché delle
combinazioni di significato tra parole, frasi e testi36.
c. L'ultimo passo è costituito dall'analisi pragmatica di cui abbia
mo parlato precedentemente. In questa terza parte, si analizzano gli
stessi elementi del testo passati in rassegna nella parte sintattica e se
mantica, ma non più come componenti di un'articolazione formale ο di
un sistema «oggettivo» di informazioni, quanto piuttosto come testimo
ni «funzionali». Bisogna indagare, perciò, sulle domande alle quali il
testo risponde, sui contraccolpi che intende provocare, sul «modello»
che i lettori vi possono riconoscere. A questo scopo sarà necessario ana
lizzare il tipo di locuzioni utilizzate (per es., discorso diretto ο indiretto,
oppure: locuzioni assertive, direttive, performative...)37 e «gli indicatori
di forza (force-indicating-devices)»: i vari tipi di intonazione38, i modi
dei verbi, le costruzioni dell'enunciato, la posizione di avverbi e aggetti
vi, la valenza comunicativa dei generi letterari, delle metafore39, degli
elementi retorici di un discorso ο il ruolo dei personaggi in un racconto;
tutti quei contrassegni, insomma, che rivelano la «strategia» dell'autore
nel motivare e condurre i lettori a sposare un determinato modello ope
rativo.

Conclusione
Gli esegeti sono stati spesso e giustamente messi in guardia contro
un'interpretazione biblica dettata da idee filosofiche precostituite. Nel
lo stesso tempo, però, si è sempre auspicata una più profonda collabora
zione con le altre branche della teologia e le discipline di diversa natura.
In questo contesto si è affermata e sviluppata la fruttuosa cooperazione
tra l'esegesi e le scienze storiche, che ha dominato gli studi biblici di
questo secolo. L'importanza che negli ultimi decenni ha assunto la Lin

36 Η.E. Brekle, Semantik. Eine Einfùhrung in die sprachwissenschaftliche Bedeu


tungslehere (UTB 102; Miinchen 1972) 13.20. Cf. anche S. Ullmann, The Principles of
SemanHcs (Oxford 1957).
37 Riguardo a questi generi di locuzioni cf. J. Austcn, How to Do Things.
38 Questo aspetto riguarda il linguaggio parlato.
39 Spesso costituiscono veri e propri segnali per l'utente: cf. J.L. Morgan, «Observa
tions on the Pragmatics of Metaphor», in: A. Ortony (Ed.), Metaphor and Thought (Cam
bridge 1979) 136-147.

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms
IL PROBLEMA DELLA COMUNICAZIONE E DELL'ESEGESI BIBLICA 459

guistica ha spronato gli studiosi a un'attenzione sempre più marcata allo


spessore e alla funzione dei testi. Il riferimento alla realtà esterna è
veicolato da segni che hanno una consistenza propria, non solo come
contenitori di significato, ma anche come fattori inter-agenti nel proces
so di comunicazione tra emittente e ricevente. La Scienza della Comu
nicazione si propone, così, soprattutto nella sua dimensione pragmati
ca, come un elemento metodologico di notevole interesse per lo studio
della Bibbia e, nello stesso tempo, contribuisce alla ricomposizione del
la frattura creatasi tra esegesi, pensiero teologico e modelli di azione
pastorale.
Massimo Grilli

RÉSUMÉ

L'article considère la possibilité et l'opportunité d'une collaboration entre


exégèse et linguistique pragmatique. Partant de la définition du «texte» comme
message codifié émis par un émetteur qui cherche et aboutit à produire un effet
sur le destinatale, on passe à l'analyse des catégories auteur-lecteur, et du pro
cessus d'interaction qui s'établit entre les sujets de la communication. Le texte
biblique n'est pas pour autant considéré seulement comme pur contenant de
significations objectives qui passent du producteur au receveur, mais aussi
comme «modèle» opératoire, critère et norme de l'agir.

This content downloaded from 128.42.202.150 on Mon, 27 Jun 2016 09:09:33 UTC
All use subject to http://about.jstor.org/terms

Potrebbero piacerti anche