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Il tomismo

La grazia di seguire risolutamente la dottrina di San Tommaso d’Aquino, «come comanda la Chiesa, e in
questo contesto, i migliori tomisti, come p. Cornelio Fabro» 1 è un altro degli elementi legati al nostro
carisma che mirano direttamente alla formazione di coloro che appartengono a questa famiglia religiosa.

(Quindi, ogni uomo per diritto naturale possiede una inclinazione a conoscere la realtà. La

conoscenza fedele della realtà prende il nome di verità: «La verità è l'adeguamento dell'intelletto alla
realtà» (Tommaso d'Aquino)) nell'ambito della teologia cristiana la verità è Cristo stesso: «lo sono la via, la
verità e la vita» (Gv 14,6).

(Ho voluto parlare sul relativismo già che è un pericolo e una ideologia dalla quale tanti cattolici sono
seguaci.  

I cattolici relativisti sono quelli che, fedeli a questa ideologia, non accetteranno tutte le verità che ci insegna
la Chiesa, ma solo quelle che li fanno più comode. Di questo parlava il papa GP II quando diceva che stiamo
vivendo in un cristianesimo fai da te, dove ognuno prende sugli scafali del CCC quello che vuole e le
interessa creando in questo modo una religione alla sua misura…Come cambiano le cose…nella Genesi si
dice che l’uomo fu creato a immagine e a somiglianza di Dio, ma adesso e Dio che si deve accomodare alla
nostra immagine e somiglianza.  

In questo modo li articoli del Credo non sono già la base indiscutibile della nostra fede. Iniziando dalle
prime parole del credo, non tutti i cristiani accettano che Dio sia il creatore del cielo e della terra, non tutti
credono nel inferno, che Cristo ci giudicherà secondo le nostre azione buone o cattive, molti dicono di
credere in Cristo ma non nella Chiesa fondata per Gesucristo, non tutti credono nel perdono dei peccati o
almeno non frequentano il sacramento della confessione, per fino molti vivono come se non esistesse una
vita eterna un aldilà già che vivono immersi in questo mondo senza pensare un attimo nelle realtà eterne,
come la morte il giudizio il cielo e l’inferno.  

Applicando il relativismo nei comandamenti possiamo constatare un panorama simile, molti decidono che i
comandamenti non sono più dieci ma solo due, non rubare e non uccidere. Per altri il peccato e qualcosa
fuori moda. Non si parla di peccato ma solo di comportamenti inadeguati, anti ecologici, antiumani. 

Ricorda

«Si può definire […] l’uomo come colui che cerca la verità». (Giovanni Paolo II, Fides et ratio n. 28). 
E le più profonde verità che l’uomo possa conoscere le può apprendere solo da Gesù Cristo: «Io sono la via,
la verità, la vita»(Gv  14,6). 
Ricordiamoci che il Cristiano deve essere coerente con la dottrina di Cristo, non possiamo ritagliare le sue
parole, non possiamo annacquare il suo vangelo, Cristo non è la persona delle mezze parole e ce lo dice
chiaramente nel suo vangelo “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde” (Mt
12,30). 

Chiediamo a Maria santissima di difendere le nostre radici cristiane, di conservare intatto il nostro credo, la
nostra identità. Si ci lasciamo rubare la nostra identità ci ruberanno anche la nostra libertà).  

In una conferenza intitolata suggestivamente «Nell’occhio della tempesta», fatta nel 1995, e poi riportata
nel suo libro El Arte del Padre, 377-384, padre Buela spiega ampiamente l’importanza che vogliamo dare
alla sequela di San Tommaso d’Aquino e ai migliori tomisti, specialmente al padre Fabro. Padre Buela dice
1
Notas del V Capítulo general, 5. (trad. nostra)
nel suo libro che: «(...) oggi non basta una formazione verniciata come cristiana, non basta avere principi
attaccati con le spille, non basta ripetere a memoria frasi scritte da illustri autori. Non è sufficiente
conoscere la metafisica come se fosse un catechismo di prime nozioni basate su domande e risposte che
vengono ripetute come pappagalli. È necessario pensare. (...) È necessaria una metafisica grintosa, che
“morda” la realtà, e non che si occupi di disquisizioni stratosferiche o deliri cervellotici, intrattenendoci nel
calcolare quanti angeli possano sedersi sulla punta di uno spillo. Per questo una delle cose per cui mai
smetteremo di ringraziare padre Meinvielle è di averci fatto conoscere padre Cornelio Fabro che, secondo il
nostro modo di vedere, è il più profondo conoscitore di San Tommaso di tutti i tempi. (...)

Solo tornando a scoprire in pienezza l’essere e i primi principi dell’essere e del pensare, si permetterà
all’uomo di ritornare validamente allo Stesso Essere Sussistente, al suo principio e fine, e al massimo
garante della sua inalienabile libertà. Come dice Fabro: “La crisi attuale della teologia, e di riverbero della
Chiesa post-conciliare, è di natura metafisica: è l’oscuramento, se non il rifiuto esplicito, della presenza
dell’assoluto nell’orizzonte della coscienza dell’uomo contemporaneo: una crisi che si è trasferita nei
teologi per una “collisione di simpatia”, come direbbe Kierkegaard. E senza il riferimento all’assoluto
nessun valore può resistere, privo del riferimento metafisico il soggetto stesso, non riesce a costituirsi in
centro operativo responsabile ed è travolto dal gioco irrazionale delle passioni e delle forze della storia.

Senza un Dio trascendente, Creatore del mondo e dell’uomo, non c’è alcun io come nucleo infrangibile di
libertà. Senza l’Uomo-Dio, redentore e santificatore, immanente nella storia come vero uomo e
trascendente nell’eternità come vero Dio secondo la formula calcedoniana, non c’è alcuna speranza di
salvezza. Senza metafisica non c’è allora teologia, non c’è senso e consistenza di teologia, poiché senza il
fondamento assoluto il discorso teologico è travolto nella precarietà del discorso delle cosiddette “scienze
umane”, nell’insignificanza dell’impressione, del sentimento, del gioco semantico, dell’enfasi vuota. Senza
l’assoluto della metafisica viene a mancare all’uomo il fondamento della pietas, l’animo si indurisce
nell’orgoglio del transeunte, e la volontà si corrompe nella suggestione degli istinti: la rivolta come
contestazione permanente o il suicidio2.

Per tutto questo, riteniamo che padre Cornelio Fabro sia stato l'intenditore più profondo e scientifico di San
Tommaso. Dio voglia che si compia ciò che lui, confidenzialmente, ci ha assicurato: “Il prossimo millennio
sarà il millennio di San Tommaso”. Si è detto di San Tommaso che “ha illuminato la Chiesa più di tutti gli
altri Dottori, e un uomo fa più profitto sui libri suoi in un solo anno, che non sulle dottrine degli altri per
tutto il tempo della sua vita” [Giovanni XXII]. “Perché tenne in somma venerazione gli antichi sacri dottori,
per questo ebbe in sorte, in certo qual modo, l’intelligenza di tutti” [Card. Gaetano]. Perché “la Chiesa fece
sua la dottrina di Tommaso” [Benedetto XV, Fausto apetente die]. E perché Dio ha voluto che per la forza e
la verità della dottrina del dottore angelico “…le eresie, vinte e confuse, si disperdono come nebbia…” [San
Pio V, Mirabilis Deus; cfr. Leone XIII, Æterni Patris]» (trad. nostra).

Sulla stessa linea, padre Nieto diceva a Fossanova, nella sua Lectio brevis all’inizio dell’anno accademico
delle nostre case di formazione in Italia, che «non ci compete un tomismo di massa, un tomismo da
manuale, come quello di coloro che conoscono “qualcosa”, in modo generico, superficiale, epidermico, e
quasi sempre impregnato della scolastica formalista o essenzialista, che ha sostituito l’esse con l’esistenza,
e da dove nascono “spiritualità” e “pastorali” formaliste o essenzialiste, senza grinta e incapaci di mordere
la realtà. Al contrario, ci sforziamo di acquisire un'intelligenza autenticamente metafisica, che rende i nostri
religiosi in grado di conoscere la realtà, e di farne una diagnosi accurata, al fine di applicarvi i rimedi
appropriati. In altre parole, dobbiamo acquisire una metafisica con “grinta”, che morde la realtà, che sia
efficace per l’evangelizzazione e il rinnovamento del mondo. Questa metafisica non può che essere quella

2
CORNELIO FABRO, L’avventura della teologia progressista, Eunsa, 1976, pp. 319-320: «Il ritorno al
fondamento».
dell'actus essendi (esse ut actus), quella dell'essere, che è – con le parole di Paolo VI – “la metafisica
naturale dell’intelletto umano”3».4.

Di seguito, Padre Nieto tirava in ballo un importante passaggio del nostro Diritto Proprio che dice:
«L’insegnamento della filosofia non deve accontentarsi di un mero “dettato” di classe bensì, nei limiti delle
possibilità degli studenti, deve puntare a “fare filosofare”, perché la filosofia si impara filosofando. Niente
di più utile, dunque, che trascendere il metodo manualistico con:

1) Il ricorso costante alla lettura delle grandi opere filosofiche dell’antichità (Aristotele, Platone, Agostino,
ecc.)

2) Il tomismo vivo, che implica:

– il contatto diretto con lo stesso Aquinate, nelle sue opere principali e secondarie, analizzate
diacronicamente (nella loro evoluzione storica) e sincronicamente (in tutta l’opera);

– arrivando così al pensiero autentico di San Tommaso;

– e poter pensare da esso, entrando in dialogo e in polemica con i problemi e i pensatori


contemporanei;

– tomismo vivo che si contrappone al tomismo formalista e fossilizzato.

È quello che padre Fabro chiama il “tomismo essenziale” 5.

3) i grandi commentatori di San Tommaso: che siano del passato (Gaetano, Banez, Giovanni di San
Tommaso, ecc.) quanto i moderni, come la monumentale opera di Fabro (più importante che gli anteriori
per quanto è conoscitore di tutti quelli e possessore di testi autentici e studi storici più avanzati
sull’Aquinate, che lo pongono nel contatto più puro con il pensiero originale dell’Angelico.)

4) La filosofia moderna: poiché è agli interrogativi e alle domande degli autori moderni che dobbiamo
rispondere. In modo particolare, è fondamentale conoscere criticamente il pensiero di Kant e Hegel 6.»7

Concludiamo questo punto applicandolo ai terziari, come ha fatto padre Nieto durante l’IVE Meeting,
invitandoli nei limiti delle loro possibilità ad acquisire anche loro una solidità metafisica che li aiuti a
trasformarsi e a trasformare, «perché “Il bene della persona è di essere nella Verità e di fare la Verità” 8.
Lungi dai nostri laici la superficialità, la vana curiosità, l’enciclopedismo, l’erudizione vana che cerca
l’estensione anziché la profondità9. Voi dovete essere uomini e donne che sappiano essere all’altezza degli
avvenimenti, che sappiano giudicare le realtà temporali secondo le verità soprannaturali. È facile fluttuare
lungo il fiume, ma solo coloro che sono ben stabili nella verità e nella sana dottrina possono resistere alla
corrente.

3
Allocuzione al Congresso tomista internazionale, 10 novembre 1965
4
P. NIETO, GUSTAVO, IVE, «La grazia del tomismo. Perché leggiamo e studiamo Cornelio Fabro», conferenza a
Fossanova, Italia, 3 ottobre 2017; in Custodite il carisma, pp. 382-383.
5
AA.VV, Le ragioni del Tomismo, Pamplona 1980
6
Direttorio di formazione intellettuale, 56
7
P. NIETO, GUSTAVO, IVE, Ibidem.
8
SAN GIOVANNI PAOLO II, Ai partecipanti al Congresso internazionale di teologia morale, 10 aprile 1986; DTO,
497
9
cfr. DTO, 551
In questo senso dovete mirare a formare la coscienza, pura, senza falsità e senza giustificazioni e ad esserle
fedeli, in quanto è attraverso di essa che si manifesta la voce di Dio, agendo sempre con rettitudine
d’intenzione, senza doppiezze né ambiguità»10.

ARTICOLO 3: FORMAZIONE INTELLETTUALE


[219] La formazione intellettuale dei futuri sacerdoti è un elemento
urgente per la nuova evangelizzazione e per le esigenze
moderne. Tale formazione è “come un’esigenza insopprimibile
dell’intelligenza con la quale l’uomo partecipa della luce della
mente di Dio e cerca di acquisire una sapienza, che a sua volta, si
apre e punta sulla conoscenza e sull’adesione a Dio” 244. Questa
241 Nella versione della Vulgata.
242 SAN TOMMASO D’AQUINO, Ad Ephesios Lectura, Lect. VI, 4 (t. n.).
243 Lettera a Diogneto, V, 4 (t. n.).
244 PDV, 51.
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formazione si compone di due momenti, uno ordinato all’atro: lo
studio della filosofia e lo studio della Scienza Sacra.
[220] “Un momento essenziale della formazione intellettuale è lo
studio della filosofia, che conduce ad una più profonda comprensione
e interpretazione della persona, della sua libertà, delle sue
relazioni con il mondo e con Dio”245. Questo studio è urgente non
solo in vista degli studi teologici posteriori, ma anche di fronte a
una situazione culturale del tutto particolare, che esalta il soggettivismo
come criterio e misura della verità246. È necessaria una
“certezza della verità”, che può essere raggiunta solo da una sana
filosofia, fondata sulla realtà oggettiva delle cose poiché “l’intelligenza…
può raggiungere la realtà (ciò che è)”247. Senza di essa
non ci sono le fondamenta per il dono personale totale a Gesù e
alla Chiesa, poiché “se non si è certi della verità, come è possibile
mettere in gioco l’intera propria vita ed avere la forza per
interpellare sul serio la vita degli altri?” 248. Per questo lo studio
della filosofia conduce il candidato a una venerazione amorosa
della verità, la quale porta la consapevolezza che essa non è stata
creata e misurata dall’uomo, è stata invece data all’uomo come
dono per la Verità Suprema, Dio; e che, sebbene con limitazioni
e a volte con difficoltà, la ragione umana può raggiungere la
verità obbiettiva universale, anche quella relativa a Dio e al senso
radicale dell’esistenza; che la fede stessa non può prescindere
dalla ragione né dallo sforzo di pensare ai suoi contenuti, come
testimoniava la grande mente di Agostino: “Ho desiderato di
vedere con l’intelligenza ciò che ho creduto, ed ho molto disputato
e molto faticato”249.
[221] Anche qui, nella formazione intellettuale, il principio e il
fine è Gesù Cristo. In particolare, Gesù Cristo conosciuto attraverso
le Sacre Scritture. Lui è la luce delle Pagine Sacre: allora
aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture (Lc 24,45).
245 Ibidem, 52.
246 Cf. ibidem.
247 PAOLO VI, Credo del popolo di Dio, Motu proprio, 1968, 5.
248 Ibidem.
249 De Trinitate XV, 28: CCL 50/A, 534. Ibidem.
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Comprendere la Bibbia è una grazia di Cristo: …ma le loro menti
furono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane,
10
P. NIETO, GUSTAVO, IVE, «Omelie: “Santa Messa conclusiva”»; 3 agosto 2019; in Omnia in Christo
instauranda. Atti dell’IVE meeting, Roma 2019, p. 124.
non rimosso, alla lettura dell’Antico Testamento, perché è in
Cristo che esso viene eliminato (2 Cor 3,14). Lui è al centro della
Scrittura Santa: …spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva
a Lui. (Lc 24,27). Per questo “ignorare le Scritture significa ignorare
Cristo”250. Da questo deriva che la Sacra Scrittura sia “l’anima”
della teologia251.
[222] Tuttavia, la lettura della Sacra Scrittura deve essere fatta
“in Chiesa”252 perché …sappiate anzitutto questo: nessuna
Scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione (2 Pt 1,20).
Per questo è assolutamente necessaria la massima fedeltà al
Magistero supremo della Chiesa di tutti i tempi, norma prossima
della fede.
[223] “La formazione intellettuale del futuro sacerdote, tuttavia, si
basa e si costruisce soprattutto sullo studio della sacra doctrina,
della teologia”253, che proviene della fede e intende di condurre ad
essa, come sempre ha insegnato il Magistero della Chiesa e i teologi
cattolici: così insegna San Tommaso che la fede è come
l’“habitus” della teologia, vale a dire il suo principio operativo
permanente254 e che tutta la teologia è ordinata a nutrire la fede 255.
Quanto dobbiamo addentrarci, attraverso gli studi teologici, nei
misteri della nostra fede, essendo stati chiamati ad essere uomini di
fede, che devono portare e rinforzare nella fede i propri fratelli!
[224] “La riflessione teologica trova il suo centro nell’adesione a
Gesù Cristo, Sapienza di Dio…, aiuta a sviluppare nei candidati al
sacerdozio, insieme al rigore scientifico, un grande e vivo amore a
Gesù Cristo e alla sua Chiesa”256, amore che alimenta la vita spiri-
250 SAN GIROLAMO, Commento a Isaia, prologo (t. n.).
251 Cf. OT, 16.
252 GIOVANNI PAOLO II, Discorso al Consiglio internazionale dei gruppi di Nostra
Signora (17/09/1979).
253 PDV, 53.
254 Cf. In Lib. Boetii de Trinitate, V, 4, ad 8; cf. PDV, 53.
255 Cf. In I Sent. d.1, q.1, a.1.
256 PDV, 53.
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tuale e allo stesso tempo serve anche da modello per l’esercizio
generoso del ministero. Per questo motivo la teologia deve alimentarsi
con la preghiera e con l’amore verso Gesù Cristo. Avvertiva
San Buonaventura: “Non si creda che basti la lettura senza l’unzione,
la speculazione senza la devozione, la ricerca senza lo stupore,
l’osservazione senza il giubilo, l’attività senza la pietà, la
scienza senza la carità, l’intelligenza senza l’umiltà, lo studio
senza la grazia divina, l’investigazione senza la saggezza dell’ispirazione
soprannaturale”257.
[225] Questo studio deve portare “a possedere una visione delle
verità rivelate da Dio in Gesù Cristo e dell’esperienza di fede
della Chiesa che sia completa e unitaria: di qui la duplice esigenza
di conoscere tutte le verità cristiane e di conoscerle in
modo organico”258.
[226] Nella sua riflessione sulla fede, la teologia si muove in due
direzioni: lo studio della Parola di Dio, scritta nel Libro Sacro,
celebrata e trasmessa nella Tradizione viva della Chiesa e interpretata
correttamente tramite il suo Magistero. Da qui lo studio delle
Sacre Scritture, dei Padri della Chiesa, che hanno spiegato i fatti e
le parole rivelate da Dio e consegnati nelle Scritture 259, della liturgia,
della storia ecclesiastica, delle dichiarazioni del Magistero. La
seconda direzione è quella dell’uomo, “interlocutore di Dio”, chiamato
a vivere, credere e comunicare la fede cristiana. Da qui lo studio
della dogmatica, della teologia morale, della teologia
spirituale, del diritto canonico e della teologia pastorale 260.
[227] Un posto preferenziale avrà la conoscenza di San
Tommaso d’Aquino poiché la formazione deve essere realizzata
“sotto il suo magistero”261, “avendo come maestro principalmente
San Tommaso”262. Perché “illuminò più la Chiesa che tutti
257 Itinerarium mentis in Deum, Prologo, nº 4 (t. n.).
258 PDV, 54.
259 Cf. AG, 22.
260 Cf. PDV, 54.
261 Cf. OT, 16.
262 CIC, c. 252 § 3.
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gli altri dottori. Nei suoi libri giova di più un uomo in un solo
anno che nello studio di tutti gli altri durante tutta la vita” 263.
“Perché tenne in somma venerazione gli antichi sacri dottori, per
questo ebbe in sorte, in certo qual modo, l’intelligenza di
tutti”264. Perché “la Chiesa ha proclamato che la dottrina di San
Tommaso è la sua propria dottrina”265. E perché Dio ha disposto
che per la forza e la verità della dottrina del Dottore Angelico “le
eresie vinte e confuse, si disperdano come nebbia…” 266. Allo
stesso modo la sua conoscenza è insostituibile e fondamentale per
la corretta interpretazione delle Sacre Scritture, per poter trascendere
il sensibile e giungere all’unione con Dio, per edificare l’edificio
della Sacra Teologia sopra le solide basi che consentono
una conoscenza profonda della filosofia dell’essere, “patrimonio
filosofico perennemente valido”267 tenendo conto di tutti i progressi
dell’investigazione filosofica.

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