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Vasilij Kandinskij, Coppia a cavallo (1906 – 1907)

La piccola tela Coppia a Cavallo di Wassilij Kandinskij rappresenta un cavaliere che stringe amorevolmente


la sua dama tra le braccia, montando un cavallo vistosamente bardato; sullo sfondo si staglia una città dalle
architetture orientaleggianti che si specchia con le sue luci sulle acque di un fiume, in un momento della
giornata identificabile con un’alba o con un tramonto. Il tema rievoca l’atmosfera medievale e fiabesca
comune a diversi lavori di quel periodo: una coppia su un cavallo dalla bardatura anticheggiante cavalca
lentamente lungo la riva di un fiume. Le piccole navi vichinghe al centro del quadro, la scintillante città
russa sullo sfondo, turrita e dalle cupole dorate, il copricapo della dama in primo piano, tipico delle
popolazioni della Russia occidentale, sono elementi che contribuiscono a creare una suggestione, senza
tuttavia indicare modelli storici o temporali precisi (come nella pittura storicista dell’Ottocento). La
datazione dell’opera, 1906-1907, corrisponde al periodo in cui l’artista è già venuto a contatto con
i Fauves (1905) ed in particolar modo con Matisse (1906); tale influenza è riconoscibile nella stesura del
colore resa a tocchi separati che ha a sua volta origine dal Pointillisme di Seurat, sperimentato da Kandinskij
già dal 1904. L’elemento più significativo del quadro è il suo elaborato sistema compositivo: l’immagine si
compone di innumerevoli tocchi di colore su uno sfondo nero. L’impressione è quella delle tessere di
mosaico e dei modelli pointillistes e divisionisti italiani di qualche decennio prima. La scelta di dipingere
alcune zone del quadro, come il cielo, a larghe pennellate, e altre con piccoli punti di colore rispecchia il
desiderio dell’artista di utilizzare il contrasto tra le due tecniche, praticate contemporaneamente, per
suscitare una particolare risposta emotiva nello spettatore e guidare il movimento del suo sguardo sulla
tela.

Il dato referenziale, pur essendo riconoscibile, è notevolmente essenzializzato (anche se ancora non
approda all’astrattismo): le foglie degli alberi sono diventate puntini, le cupole e i minareti in lontananza
non sono altro che squillanti piani-colore, rialzando i toni del quadro che verterebbero altrimenti sulle
gamme più scure del blu, del bruno e del nero. Poche pennellate definiscono i volti dei due personaggi: un
tratto rosso brillante per il copricapo dell’uomo, il cui viso non è minimamente precisato. Nonostante ciò è
ravvisabile il profondo sentimento che anima i due. Come osserva P.G. Tordella: “La pittura, realizzata con
macchie differenziate, veniva a rivestire il colore di un significato autonomo rendendolo indipendente dalla
forma dell’oggetto“. Il merito va alla spiritualità che forma e colore, anche in uno stato più puro e meno
definito, instaurano con uno spettatore che abbia l’animo predisposto a questa esperienza: ciò costituirà
anche la profonda differenza tra l’opera di Kandinskij con quella di Matisse. Come è noto, questo sarà il
tema di tutta la ricerca kandiskiana che verrà affrontata, oltre che nei suoi quadri, anche nel libretto Dello
Spirituale nell’Arte.
L’altra direttrice seguita da questa opera è l’interesse da parte dell’artista per il Medioevo russo con le sue
fiabe e leggende. L’ attenzione a tale argomento gli era stata prematuramente instillata durante l’infanzia
dalla zia materna Elisabetta Ivanova. Come ricorda lo stesso Kandinskij: “Debbo a lei il sorgere in me d’un
grande amore per la musica, per le fiabe, poi per la letteratura russa, e per la profonda natura del popolo
russo”. In fondo, la sua predisposizione ad uno stile bidimensionale e pointilliste è rintracciabile anche
nell’antica arte russa, con i suoi mosaici, la sua pittura di vetrate e le sue icone, che sicuramente l’artista
aveva conosciuto durante i numerosi viaggi. L’interesse maturerà ulteriormente quando Kandinskij
frequenterà la cerchia de Il Mondo dell’Arte di Ivan Bilibin e Nikolaj Rerich. Dunque, la determinazione ad
indagare le ragioni e le origini del fare artistico, che si evince da questo quadro, sarà una costante del suo
percorso, anche quando giungendo all’astrazione, egli risalirà allo studio del disegno infantile come forma
primordiale dell’esperienza estetica umana.

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