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IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE

Come si conclude il contratto. — L’art. 1882 stabilisce che l’assicurazione  «è il contratto col quale l’assicuratore,
verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto
da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana».
Vi si trovano compresi due sottotipi: L’assicurazione ramo danni e l’assicurazione ramo vita.
Si tratta di un contratto con prestazioni corrispettive, aleatorio a forma libera ad esecuzione continuata o
periodica.
Il contratto di assicurazione appartiene alla categoria dei contratti per adesione, al fine di permettere
all’assicuratore di disporre di un arco di tempo sufficiente a valutare l’opportunità di stipulare o no il contratto
tenuto conto della entità del rischio da prendere su di sé, l’art. 1887 impedisce al proponete di revocare la proposta
per quindici giorni (che diventano trenta ove sia necessaria una visita medica). Ai sensi dell’art. 176 cod. ass. (d.
lgs. 209 del 2005) la proposta relativa al contratto di assicurazione sulla vita di cui ai rami I, II, III e IV dell’art. 2,
1° comma, è viceversa revocabile.
Si tratta di contratto a forma libera ma si deve provare per iscritto (ossia non si può rpovare per testi o
presunzioni semplici).
Ove non sia diversamente pattuito dalle parti, la copertura assicurativa decorre dalle ore ventiquattro del giorno
dell’accordo alle ore ventiquattro dell’ultimo giorno della durata stabilita nel contratto. L’assicuratore, in alternativa
ad una copertura annuale, può proporre una copertura poliennale a fronte di una riduzione del premio. In questo
caso se il contratto oltrepassa i cinque anni, l’assicurato — trascorso il quinquennio — ha facoltà di recedere dal
contratto con preavviso di sessanta giorni e con effetto dalla fine dell’annualità nel corso della quale la facoltà di
recesso è stata esercitata (art. 1899, 1° comma). Il contratto può essere tacitamente prorogato per una durata non
superiore a due anni (art. 1899, 2° comma).

Difetto di rappresentanza. – Colui che stipula il contratto in nome altrui senza averne il potere, anziché essere
responsabile dei danni patiti dal terzo contraente per aver confidato senza colpa nella validità del vincolo negoziale,
è obbligato personalmente a pagare il premio e a osservare gli altri impegni assunti nomine alieno finché l’assicuratore
non abbia avuto notizia della ratifica dell’interessato o del suo rifiuto. Il contratto di assicurazione qui considerato
è dunque pienamente efficace, in quanto l’assicuratore sopporta validamente il rischio ancorché il rappresentante
abbia agito senza potere.
Se il soggetto falsamente rappresentato non si avvale della facoltà di ratifica (la quale può intervenire anche
successivamente al verificarsi sinistro) il sedicente procuratore è tenuto a pagare i premi del periodo in corso nel
momento in cui l’assicuratore ha avuto notizia del rifiuto (art. 1890).

L’assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta. — Il contratto di assicurazione può essere stipulato per conto
altrui o per conto di chi spetta (art. 1891). Nel primo caso, vi è soggetto – il contraente – che stipula il contratto
per attribuire il diritto all’indennizzo a un altro soggetto, colui che è portatore del rischio (ad esempio il trasportato),
nel secondo per conto di chi si trova in una certa situazione (ad esempio chi abbia la proprietà della merce deperita
in un certo momento: appunto chi spetta).
Il diritto all’indennizzo spetta al titolare dell’interesse leso, mentre gli obblighi contrattuali verso l’assicuratore
incombono sul contraente come se avesse agito nel proprio interesse.

Le dichiarazioni precontrattuali. — Gli artt. 1892 e 1893 introducono regole speciali in tema di dichiarazioni inesatte
o reticenti del contraente. Tutto questo per consentire all’assicuratore di valutare la consistenza del rischio da
assicurare. Se queste sono inesatte o reticenti, e il contraente è in dolo o colpa grave, il contratto è annullabile. Se
manca il dolo o la copia grave, il contratto è valido ma l’assicuratore può recedere dal contratto o la somma dovuta
in caso di sinistro è ridotta proporzionalmente.
L’oggetto dell’assicurazione è l’assunzione da parte dell’assicuratore del rischio dedotto nel contratto. Se non
esiste il rischio, il contratto è nullo, se viene meno si risolve automaticamente.
Il rischio dell’evento dannoso, pur continuando ad esistere, può subire modifiche nel corso del rapporto.
Il rischio manca anche se il sinistro è provocato volontariamente dall’assicurato: per questo l’assicuratore non
è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o colpa grave del contraente, dell’assicurato o del beneficiario, salvo
patto contrario per i casi di colpa grave (art. 1900, 1° comma).
In caso di assicurazione sulla vita, l’assicuratore è tenuto a adempiere in caso di suicidio dell’assicurato, a meno
che — fatto salvo il patto contrario — esso sia avvenuto prima che siano decorsi due anni dalla stipulazione del
contratto (art. 1927, 1° comma).
L’ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI

Il principio indennitario. — L’intera disciplina sull’assicurazione contro i danni è segnata dal principio indennitario,
che introduce limiti all’autonomia privata. Esso qualifica l’insieme delle regole la cui ragion d’essere va ricercata
nell’esigenza di evitare che l’assicurato tragga indebito profitto dal sinistro.
Ne discende che il contratto è nullo se, nel momento in cui produce i propri effetti, manchi l’interesse
dell’assicurato al risarcimento del danno (art. 1904): si pensi al caso in cui abbia assicurato l’incendio di una casa
non mia.
L’assicuratore è tenuto a risarcire il danno sofferto dall’assicurato in conseguenza del sinistro, nei limiti e nei
modi pattuiti (art. 1905, 1° comma). Oggetto dell’indennizzo è di norma il danno emergente, a meno che le parti
abbiano espressamente concordato la risarcibilità del profitto sperato (art. 1905, 2° comma).
L’indennizzo non può superare il valore della cosa assicurata al tempo del sinistro.
Quando il valore assicurato risulti inferiore al valore assicurabile al momento del sinistro, l’assicuratore dovrà
corrispondere l’indennizzo in proporzione alla differenza tra i due valori. Ad esempio, se il valore assicurato è pari
a cinquanta mentre il valore assicurabile ammonta a cento, l’indennizzo dovuto sarà conseguentemente ridotto
nella misura della metà del danno effettivo.
La regola proporzionale è tuttavia derogabile mediante convenzione.
Nell’ipotesi inversa, di assicurazione per una somma eccedente il valore reale della cosa assicurata (o
«soprassicurazione»), l’indennizzo non potrà comunque oltrepassare quest’ultimo valore e il contraente ha diritto
a ottenere per il futuro la proporzionale riduzione del premio (art. 1909, 2° comma).

L’assicurazione della responsabilità civile. — L’assicurazione della responsabilità civile si caratterizza per il fatto che
l’assicuratore si obbliga a tener indenne l’assicurato dalle pretese risarcitorie invocate dai terzi a titolo di
responsabilità contrattuale o aquiliana. L’oggetto immediato della copertura non è dunque una res determinata ma
il patrimonio dell’assicurato, che costituisce a favore dei terzi garanzia generica dei crediti derivanti dall’illecito
perpetrato dal debitore della prestazione risarcitoria (art. 2740).
Ad esempio, provoco un danno a Tizio; questi mi domanda il risarcimento e in questo consiste il rischio: mi
trovo il patrimonio esposto alla pretesa di Tizio.
I terzi danneggiati, essendo estranei al rapporto contrattuale, non hanno azione contro l’assicuratore, il quale
ha tuttavia la facoltà di pagare direttamente nelle loro mani previa comunicazione all’assicurato. L’accennata
facoltà si tramuta in obbligo quando il pagamento a favore del terzo sia stato richiesto dallo stesso assicurato
(art. 1917, 2° comma): in questo caso ci troviamo di fronte a una delegazione di pagamento (art. 1269).

L’assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore. — I veicoli a motore senza guida di rotaie — compresi i
filoveicoli e i rimorchi — non possono essere posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste
equiparate se non siano coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi prevista dagli artt. 2054
e 91, 2° comma, c. str. (art. 122, 1° comma, c. ass.).
L’assicurazione comprende la responsabilità per i danni alla persona causati ai trasportati, qualunque sia il
titolo in base al quale è effettuato il trasporto (art. 122, 2° comma, c. ass.).
Salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno patito dal terzo trasportato è risarcito
dall’impresa di assicurazioni del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro a prescindere
dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro (art. 141, 1° comma, c.
ass.).
Al fine di ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell’impresa di assicurazioni
del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento prevista nell’art. 148 c.
ass. (art. 141, 2° comma, c. ass.).
Nel caso di sinistro verificatosi tra veicoli a motore per i quali sussista l’obbligo di assicurazione, i conducenti
dei mezzi coinvolti o, se persone diverse, i rispettivi proprietari sono tenuti a denunciare il sinistro alle rispettive
compagnie di assicurazione. In caso di mancata presentazione della denuncia di sinistro entra in azione l’art.
1915 (art. 143, 1° comma, c. ass.). Quando il modulo contenente suddetta denuncia rechi la sottoscrizione dei
conducenti coinvolti nel sinistro si presume, salvo prova contraria da parte dell’assicuratore, che il sinistro si sia
verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso (art. 143, 2°
comma, c. ass.).
Il danneggiato ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’impresa di assicurazioni del
responsabile civile (art. 144, 1° comma, c. ass.). Essa non può opporre al danneggiato eccezioni fondate sulle
clausole contrattuali; ha tuttavia diritto di rivalsa verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe avuto
contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la sua prestazione (art. 144, 2° comma, c. ass.).
Qualora si debba applicare la procedura ex art. 148 c. ass., l’azione per il risarcimento dei danni può essere
proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona (art. 145, 1°
comma, c. ass.).
È in ogni caso ammessa, accanto alla procedura di risarcimento del danno diretto, l’azione ex art. 2054 contro
il responsabile civile.
L’impresa, a séguito della richiesta di risarcimento diretto, è obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni
per conto dell’impresa di assicurazioni del veicolo responsabile, ferma restando la successiva regolazione dei
rapporti tra le imprese medesime. Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offerta, l’impresa di assicurazioni
provvede al pagamento entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione.
In caso di comunicazione dei motivi che impediscano il risarcimento diretto, ovvero in ipotesi di mancata
comunicazione dell’offerta (o di rifiuto della stessa) entro i termini di cui all’art. 148 c. ass., il danneggiato può
proporre l’azione diretta ex art. 145, 2° comma, c. ass., nei soli confronti del proprio assicuratore.

L’ASSICURAZIONE SULLA VITA

L’assicurazione sulla vita è svincolata dal principio indennitario. Lo conferma la circostanza che le parti sono
libere di determinare l’entità della prestazione assicurativa. Per altro verso il requisito dell’interesse dell’assicurato
non è richiesto sia nell’ipotesi di assicurazione sulla vita propria, sia in quella sulla vita del terzo.
Le assicurazioni per il caso di morte si distinguono in ragione del fatto che il decesso dell’assicurato o del terzo
condiziona la prestazione dell’assicuratore. Tali polizze possono essere a vita intera, a vita temporanea o a termine.
Invece nelle assicurazioni per il caso di vita o di sopravvivenza dell’assicurato o del terzo l’assicuratore si obbliga a
pagare il capitale (o la rendita) se nel giorno stabilito l’assicurato o il terzo sia ancóra in vita. Ma esistono anche
contratti misti con i quali l’assicuratore si obbliga ad eseguire la prestazione pattuita o alla data fissata qualora
l’assicurato sopravviva, oppure alla sua morte se tale evento sopravvenga ante diem.
Nelle assicurazioni sulla vita il terzo beneficiario è il soggetto a favore del quale è dovuta la prestazione
dell’assicuratore (art. 1920). Il beneficiario può coincidere con lo stipulante, il quale ultimo è colui che sottoscrive
il contratto. Occorre inoltre tenere a mente che l’assicurato può essere persona diversa dal contraente ove sia stata
stipulata l’assicurazione sulla vita di un terzo. Ragioni di ordine pubblico stanno alla base della regola secondo cui
l’assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è valida se questi o il suo legale rappresentante non
dà il consenso alla conclusione del contratto. Siffatto consenso deve essere provato per iscritto (art. 1919, 2°
comma).

LE GARANZIE PERSONALI

LA FIDEIUSSIONE E LE FATTISPECIE AFFINI

La fideiussione in generale. — La fideiussione genera un’obbligazione di garanzia personale a favore del creditore.
Ciò significa che la fideiussione, a differenza del pegno e dell’ipoteca, non ha per oggetto un determinato bene, ma
tutto il patrimonio del fideiussore ai sensi dell’art. 2740.
Si tratta di un contratto a forma libera – ma la volontà di prestare fideiussione deve essere espressa»(art. 1937) –
con effetti continuati nel tempo. Può essere gratuito oppure o no.
Il fideiussore può impegnarsi a garantire non già l’esatta esecuzione dell’obbligazione, bensì la prestazione di
risarcimento dei danni a titolo d’inadempimento contrattuale (fideiussio indemnitatis). In questa seconda ipotesi
viene a mancare l’identità di contenuto tra prestazione principale e prestazione di garanzia, poiché il fideiussore
non è tenuto all’adempimento in solido con il debitore garantito, dovendo tenere indenne il creditore dei danni a
questi arrecati dall’eventuale inattuazione del sottostante rapporto obbligatorio.

Il principio di accessorietà. — In forza del rapporto di accessorietà che collega la garanzia personale all’obbligazione
principale, l’invalidità di quest’ultima si riflette su quella del fideiussore, a meno che il vizio derivi da incapacità (legale
e non già naturale) (art. 1939). Più in dettaglio, la nullità del rapporto fondamentale importa la nullità della fideiussione
per difetto di causa; l’annullabilità o la rescindibilità dello stesso non inficia la fideiussione, fermo restando il potere
del fideiussore di rifiutare la prestazione al creditore mediante exceptio fondata sull’art. 1945. Per altro verso, ove la
fideiussione ecceda quanto dovuto dal debitore principale, l’obbligazione del garante deve essere ricondotta nei limiti
dell’obbligazione garantita ai sensi dell’art. 1941. Nulla esclude che l’impegno del fideiussore possa essere circoscritto
a una parte soltanto del debito assunto dall’obbligato principale.
Il principio di accessorietà importa altresì che il fideiussore possa opporre al creditore tutte le eccezioni che
avrebbe potuto opporre a questi l’obbligato principale, salva l’eccezione d’incapacità (art. 1945).
Il fideiussore risponde in solido con il debitore principale; per questa ragione il creditore ha la facoltà di chiedere
l’adempimento direttamente al fideiussore ove costui garantisca l’adempimento anziché il credito derivante dalla
responsabilità: è possibile concordare il beneficio della preventiva escussione dell’obbligato principale, da cui deriva
l’attenuazione (giammai l’estinzione) del vincolo di solidarietà (art. 1944).
Il fideiussore, il quale abbia soddisfatto la pretesa del garantito, è surrogato nei diritti che quest’ultimo aveva
contro l’obbligato principale (artt. 1949 e 1203, n. 3), ed ha inoltre azione di regresso (art. 1950).

La fideiussione di secondo grado, la pluralità di fideiussioni e la confideiussione. — È ammissibile la stipulazione di una


fideiussione di secondo grado: parti del contratto sono il fideiussore del fideiussore e il creditore. Il fideiussore
del fideiussore si obbliga a pagare al creditore la somma garantita quando tanto il debitore principale quanto il
primo fideiussore non abbiano adempiuto.
È altresì possibile pattuire una pluralità di fideiussioni, tra loro non collegate, a garanzia dell’adempimento della
stessa prestazione; in tale situazione i singoli fideiussori rispondono (ad unum debitum) l’uno disgiuntamente
dall’altro. Il fideiussore escusso, essendo nella specie impercettibile il vincolo di solidarietà passiva che mette in
relazione il singolo garante agli altri, non può perciò agire verso costoro in via di regresso, ma sarà legittimato ad
esperire l’azione di surrogazione giacché subentra nei diritti originariamente vantati dal creditore soddisfatto nei
riguardi degli altri fideiussori, i quali rispondono — si è detto — disgiuntamente (art. 1203, n.3).

La fideiussione per obbligazioni future. — E’ consentita ma, a pena di nullità, occorre che sia stabilito l’importo
massimo garantito (art. 1956, 1° comma). Si vuole impedire che il creditore di propria iniziativa conceda al debitore
principale un credito pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere
notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito. A questo fine rileva non già il bisogno ex latere debitoris di
ulteriori «prestiti», bensì il mutamento delle condizioni economiche in rapporto allo stato delle cose esistente
all’epoca del perfezionamento della fideiussione, tale da aumentare il rischio d’insolvenza dell’obbligato principale,
con il conseguente pregiudizio della posizione giuridica del garante.
Nell’àmbito della fideiussione per obbligazioni future un posto a sé va riservato alla fideiussione omnibus
normalmente stipulata a favore delle banche, con la quale il garante assicura l’adempimento di tutte le obbligazioni
presenti e a venire assunte dal debitore principale nei confronti del beneficiario entro un determinato periodo.

Il contratto autonomo di garanzia. — I bisogni del commercio hanno dato impulso alla creazione di una fattispecie
fideiussoria mirata a rendere l’obbligazione di garanzia il più possibile autonoma da quella principale, ad evidente
vantaggio del creditore il quale può in tal modo confidare di ottenere la prestazione emancipandola di massima
dalle vicende del rapporto con il debitore originario.
Il contratto autonomo di garanzia si caratterizza per questo motivo: il garante è tenuto a pagare a prima richiesta,
rinunziando ad opporre al garantito le eccezioni derivanti dal contratto principale. Né pare affiorare l’obbligo del
creditore di escutere previamente il debitore principale, dato che la garanzia in discorso non ha natura sussidiaria.
Qualora si parta dalla premessa secondo cui gli artt. 1939 e 1945 non enunciano una regola d’ordine pubblico,
svanisce ogni remora alla sua derogabilità pattizia per mezzo del contratto autonomo di garanzia.
Grava il fideiussore l’onere di sollevare l’eccezione di dolo quando risulti prima facie dimostrata l’abusiva
escussione, ad esempio perché il debito è già stato adempiuto dall’obbligato principale.

Il mandato di credito. — Il mandato di credito svolge una funzione preparatoria al perfezionamento di un contratto
di finanziamento. A tale riguardo l’art. 1958, 1° comma, stabilisce che il soggetto, il quale abbia conferito ad un
altro l’incarico di fare credito al terzo, in nome e per conto proprio, risponde ex lege verso l’incaricato come
fideiussore di un debito futuro. L’incaricato non può rinunciare all’impegno assunto, fermo restando il potere
dell’incaricante di revocare l’ordine.

Le lettere di patronage. — La pratica commerciale ha coniato le lettere di patronage tramite le quali un oggetto (in
genere la società che ne controlla un’altra) trasmette ad una banca dichiarazioni variamente modulate, il cui
contenuto minimo è rappresentato dalla specificazione delle relazioni intercorrenti con l’altro soggetto al fine di
agevolare la concessione di finanziamenti a quest’ultimo o la proroga degli stessi. Il vantaggio è evidente perché la
controllante, evitando di prestare una garanzia tipica, riesce a sormontare l’obbligo di registrare a bilancio
l’obbligazione accessoria.
Tali lettere possono consistere in una semplice comunicazione relativa all’entità del controllo, cui può accedere la
promessa di non alienare la quota di partecipazione senza aver previamente avvertito la banca o prima dell’estinzione
del debito della controllata. Ma da esse possono discendere vincoli più profondi, che si concretano nell’impegno della
controllante ad esercitare sulla controllata la propria influenza affinché l’obbligazione venga esattamente adempiuta,
o a mantenere la controllata in stato di solvibilità.
Dunque, tramite le lettere di «mera comunicazione» la società controllante non assume una responsabilità in
caso d’inadempimento della controllata; risponde tuttavia per la rottura dell’affidamento suscitato dalla
dichiarazione ove tale dichiarazione non corrisponda al vero o sia comunque reticente o fuorviante. Sicché, la
banca potrà agire a titolo di risarcimento del danno da inesatta dichiarazione.

L’antìcresi. — L’anticresi è il contratto con il quale «il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile
al creditore a garanzia del credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti, imputandoli agli interessi, se dovuti, e
quindi al capitale».
Oltre all’anticresi estintiva è ammessa la variante dell’anticresi compensativa, la quale affiora quando le parti
stabiliscano che i frutti si compensino con gli interessi. In tale evenienza il debitore può in ogni tempo estinguere
il suo debito in modo da riottenere il valore d’uso dell’immobile (art. 1964).
L’anticresi non può durare oltre il decennio (art. 1962, 2° comma).
Si rammenti infine che l’art. 1963, rinnovando il divieto previsto nell’art. 2744, sancisce la nullità del patto «con
cui si conviene che la proprietà dell’immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del debito».

I CONTRATTI ALTERNATIVI
ALL’ACCERTAMENTO GIUDIZIALE

LA TRANSAZIONE

Finalità ed elementi distintivi del tipo contrattuale. — Scopo della transazione è quello di evitare l’intervento del giudice
per dirimere la diatriba insorta tra le parti. Il contratto esercita su questo versante una funzione (in tutto o in parte)
sostitutiva dell’accertamento giudiziale, perché attraverso lo scambio di concessioni si pone fine al contrasto senza
turbare l’interesse pubblico alla salvaguardia della pace sociale. Ma, a differenza della sentenza che accerta il fatto
e detta la regola (o comando) costituente lo statuto del caso concreto, il contratto di transazione ha sempre natura
dispositiva. Prova ne sia che per il suo tramite le parti esercitano i diritti patrimoniali in vista della estinzione della
controversia pendente.
Non rileva che la pretesa vantata da una delle parti sia o non fondata (c.d. res dubia).
La lite a tenore dell’art. 1965, 1° comma, non solo può essere «già incominciata», ma può anche «sorgere».
Il secondo elemento è dato dallo scambio di concessioni reciproche: la transazione è quindi un contratto con
prestazioni corrispettive.
La transazione è speciale quando verte su una controversia particolare. È invece generale ove mirata a estinguere
ogni disputa tra le medesime parti (art. 1975).
Non è richiesto un nesso di proporzionalità o equivalenza tra le prestazioni perciò non è consentita la
rescissione per lesione.
Quanto alla forma, il contratto di transazione è a forma libera ma non può esser provato per testimoni o
presunzioni semplici (c.d. forma scritta ad probationem). Là dove la disputa concerna diritti immobiliari il negozio
dovrà rispettare la forma scritta a pena di nullità e dovrà essere trascritto.
Attraverso «le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello
che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione» (art. 1965, 2° comma).

La transazione novativa. — Con il contratto di transazione, le parti possono estinguere la lite modificando il
contenuto dei rapporti in essere, la cui fonte generatrice viene lasciata intatta. Questa specie di transazione ha
natura «conservativa», perché si limita a dettare una disciplina che incide sulla preesistente relazione giuridica senza
tuttavia rinnovarne la fattispecie costitutiva, la quale continua ad essere rintracciabile nel contratto in lite.
La transazione anziché correggere può determinare la novazione (oggettiva) del vincolo obbligatorio. In tal caso
avremo una nuova regola di condotta che dispone per l’avvenire innovando rispetto al passato.
L’art. 1976 stabilisce che la risoluzione della transazione per inadempimento non può essere richiesta se il rapporto
preesistente è stato estinto per novazione, salvo che il diritto alla risoluzione sia stato oggetto di riserva specifica.

I rapporti suscettibili di componimento e la capacità di transigere. — La transazione è valida solamente se i diritti coinvolti
liberamente disponibili (art. 1966, 2° comma).
Non si può ad esempio rinunciare al diritto alle future prestazioni alimentari, dovute in caso di bisogno. Per
identiche ragioni è indisponibile il diritto alla salute, ma è possibile definire con transazione la lite tra paziente e
medico vertente sulla responsabilità di quest’ultimo per lesioni personali derivanti dal malaccorto intervento
chirurgico.
L’invalidità della transazione. — In tema d’invalidità della transazione il codice detta una disciplina speciale che
si muove in armonia con la finalità dell’atto.
L’esigenza di certezza dei rapporti posta alla base della transazione impedisce di ottenere l’annullamento per
errore di diritto.
La transazione su pretesa temeraria (ossia con la consapevolezza di una parte quanto al fatto che essa è del
tutto infondata) consente all’altra di chiederne l’annullamento (art. 1971).
È nulla la transazione sul contratto illecito (artt. 1343 ss.) «ancorché le parti abbiano trattato della nullità di
questo» (art. 1972, 1° comma).
È altresì annullabile la transazione stipulata sulla base di documenti che in séguito sono stati riconosciuti falsi
dell’autorità giudiziaria.
La transazione fatta sopra tutti gli affari intercedenti tra le parti (c.d. transazione generale) non può essere
impugnata per il fatto che posteriormente una di esse venga a conoscenza di documenti che le erano ignoti all’epoca
della composizione, a meno che tali documenti siano stati occultati dalla controparte (art. 1975, 1° comma). La
transazione è invece annullabile quando non riguarda che un affare determinato e con documenti posteriori si
riesca a provare che una delle parti non aveva alcun diritto (art. 1975, 2° comma).
È pure annullabile la transazione conclusa su lite già coperta dal vincolo della sentenza passata in giudicato,
della quale le parti o una di esse non avevano notizia (art. 1974). Siamo di fronte ad un’ipotesi di errore sull’esistenza
del giudicato.
Gli errori indicati acquistano rilevanza a prescindere dall’estremo della riconoscibilità richiesto dall’art. 1431.

Il contratto di accertamento. — Come si è visto gli elementi distintivi della transazione sono rappresentati dal
conflitto di pretese e dalla soluzione del contrasto con concessioni reciproche.
Nel contratto di accertamento, le parti si limitano a chiarire una determinata questione insorta tra loro,
obbligandosi a non revocarla in discussione.

La cessione dei beni ai creditori. — In alternativa all’esecuzione forzata sui beni del debitore inadempiente (artt.
2910 ss. c.c. e 483 ss. c.p.c.) è possibile ricorrere ad una forma di liquidazione privata del patrimonio del debitore
stesso.
Si tratta di un mandato conferito dal debitore ai creditori di convertire in danaro la totalità o una porzione del
proprio patrimonio al fine di permettere a questi ultimi di soddisfare pro quota — fatte salve le cause di prelazione
(art. 1982) — le proprie pretese attraverso il ricavato ottenuto dalla liquidazione.
Considerato che la tratteggiata procedura stragiudiziale di liquidazione appaga anche l’interesse dei cessionari, il
mandato sotteso dalla fattispecie ex art. 1977 deve quindi essere considerato in rem propriam. Ne deriva l’irrevocabilità
dell’incarico, fatta salva la facoltà riconosciuta al cedente di recedere offrendo il pagamento del capitale (oltre agli
interessi e alle spese di procedura) a coloro nel cui interesse la liquidazione fu imbastita (art. 1985).
La cessione ha effetto soltanto nei riguardi dei creditori cessionari, ai quali è vietato agire esecutivamente sul
patrimonio (eventualmente) escluso dalla cessione finché essa non sia stata esaurita, là ove sopravvivano pretese
insoddisfatte (art. 1980, ult. comma). I creditori anteriori alla cessione i quali non abbiano ad essa aderito
conservano il potere di aggredire i beni oggetto di liquidazione (art. 1980, 2° comma). Dalla data dell’accordo il
debitore perde la legittimazione a disporre del patrimonio ceduto (art. 1980, 1° comma). I cessionari sono tenuti
ad anticipare le spese necessarie per l’esecuzione dell’incarico, salvo il diritto di prelevarne l’importo sul ricavato
della vendita (art. 1981).
Il contratto in esame sottostà all’onere della forma per iscritto a pena di nullità (art. 1978, 1° comma). Se tra i
beni ceduti esistano crediti si osservano le disposizioni dettate dagli artt. 1264 e 1265.
Il contratto è annullabile nelle ipotesi di cui all’art. 1986, 1° comma.

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