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Atto Umano
Atto Umano
- Fumagalli
A. - Piana G., edd. Teologia Morale, San Paolo, Cinisello Balsamo 2019,
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39 ATTO UMANO
sua esecuzione esterna non è mai lo stesso l’agente ne rimane costretta e pienamente
del momento in cui è stato concepito determinata: la configurazione dell’atto è
nell’intenzionalità dell’agente. Lungo il così determinata che non è suscettibile di
processo della sua attuazione si modifica, un significato morale diverso da quello
almeno parzialmente, perdendo alcune determinato dall’intreccio dei suoi elemen-
caratteristiche iniziali e arricchendosi di ti costitutivi che sono moralmente così
altre che, nel frattempo, si impongono alla significativi da non poter essere ignorati
considerazione dell’agente. Questa sorta dall’agente. È come se l’atto rispondesse
di meticciato dell’atto morale avrà il suo quasi a un dinamismo suo proprio interno
peso nella determinazione della responsa- che è, almeno parzialmente, indipendente
bilità morale. dalla volontà dell’agente, la cui valutazione
La dialettica del rapporto tra atto e per- può esaurire e definire la realtà dell’atto
sona rende possibile superare una mera stesso fino a un certo punto.
morale degli atti, ricordando come la loro 3. Tentazioni di espropriare la per-
specie morale non si appiattisca e non si sona dall’atto morale - In questo con-
determini sulla base dell’esecuzione mate- testo si pone il tema dell’intrinsece malum.
riale esterna dei loro effetti. L’atto morale, Ci si chiede, cioè, se esistano delle azioni
infatti, non è tale solo perché produce de- morali la cui struttura è così rigidamente
gli effetti, ma anche perché riflette ed espri- predeterminata da rendere impossibile che
me un progetto articolato dell’agente che la persona se ne serva per esprimere una
non si esaurisce nella produzione materia- finalità morale diversa da quella già prefor-
le di alcuni effetti. Del resto, la tradizione mata nella sua struttura di senso. La rispo-
ben conosce la distinzione tommasiana tra sta a un tale quesito sembrerebbe scontata,
in intentione, ciò che l’agente assume come perché di fatto si danno delle azioni che
parte del suo progetto, e praeter intentionem, in nessun modo possono essere ordinate
ciò che pur essendo conosciuto e accettato al bene e, in termini teologici, a Dio come
come effetto dell’atto, tuttavia non è as- fine ultimo. Si pensi, per esempio, all’as-
sunto dall’agente come qualificante la di- sassinio oppure al furto: in nessun caso
mensione morale del suo progetto. Per possono essere giustificati, per cui non è
questo possono darsi azioni simili in quan- mai lecito porre un atto di questo genere.
to producono effetti uguali, ma che richie- Il problema, però, nasce nel momento in
dono una valutazione morale diversa, per- cui si osserva, già alla scuola di Tommaso
ché appartengono a un progetto intenzio- d’Aquino, che l’omicidio dice più della
nale diverso. semplice uccisione di un uomo, così come
L’impostazione del rapporto tra atto il furto dice più di una sottrazione di pro-
morale e persona permette anche il supe- prietà a un altro. Infatti, tali atti quando
ramento di una morale sbilanciata sul ver- sono compiuti rispettivamente o per legit-
sante intenzionale, come se l’agente fosse tima difesa o per estrema necessità di so-
assolutamente libero nei confronti della pravvivenza cessano di comparire nella
struttura dell’atto morale. Infatti, proprio tassonomia degli atti di assassinio o di fur-
l’analisi del rapporto tra atto morale e per- to e si configurano con un registro morale
sona permette il superamento di una con- diverso. Qui non si nega l’esistenza di atti
cezione strumentale dell’atto morale, con morali che sono intrinsecamente cattivi,
la quale esso si ridurrebbe a puro materia- anzi se ne postula il riconoscimento incon-
le grezzo che l’intenzione dell’agente po- dizionato. Ciò che si intende sottolineare
trebbe plasmare e modellare secondo i suoi è altro: supposta la validità della struttura
fini. Talvolta, infatti, l’atto morale è strut- dell’atto proposta in precedenza, il lemma
turato in modo tale che l’intenzione del dell’intrinsece malum non è intellegibile in
e focalizzare meglio lo stesso atto morale. un fine ulteriore si limitava di fatto all’in-
Riscoprire la persona come agente erme- terno della singola persona più che aprirsi
neutico dell’atto morale equivale a collo- a una concezione sociale.
care quest’ultimo nell’orizzonte dell’opzio- Lo sviluppo dell’antropologia teologica
ne fondamentale. Esso, in questa luce, si cristiana ha condotto a una maggiore sen-
lascia vedere non solo nella sua dimensio- sibilità nei confronti della persona come
ne di un evento che è posto in modo pun- essere costituito e strutturato nella relazio-
tuale, come un prodotto finito a sé stante, ne, proprio in quanto immagine e somi-
ma anche nel processo dinamico che lo glianza di Dio Trinità. Ma già sotto il pro-
caratterizza. Esiste, infatti, una biografia filo semplicemente umano è possibile ca-
che accompagna ogni atto morale dal mo- pire la dimensione relazionale della persona
mento genetico del suo concepimento nel partendo dall’antropologia dell’indigenza,
l’intenzione dell’agente fino al momento dal fatto cioè che l’umano non si dà l’esse-
della sua esecuzione esterna. Perciò nell’at- re da sé, ma lo riceve. Certo egli è l’essere-
to morale si esprime il desiderio di fare in-persona, ma in quanto donato a se stes-
un’azione, la previsione dei mezzi neces- so porta sempre scritta la cifra del bisogno
sari per realizzare lo scopo e la soddisfa- che lo apre alla relazione. Una tale apertu-
zione per ciò che è stato fatto a servizio ra si dà come un dato di fatto, mentre il
del progetto globale di bene o di male che modo concreto con cui egli la vive, nel
l’agente si è dato. tentativo di un possesso strumentale dell’al-
L’opzione fondamentale, però, non è la tro oggetto della decisione di coscienza.
sola ragione per esaminare l’atto morale al Infatti, egli può scegliere di vivere la rela-
di fuori di se stesso, superando un’autore- zione con gli altri secondo il paradigma del
ferenzialità che ha determinato lo sbilan- possesso oppure quello del dono. Ciò che
ciamento della morale sulle azioni, a sca- però non dipende da lui è la condizione di
pito delle virtù. La ricollocazione dell’atto socialità, cioè il fatto di essere in rete, dal
in rapporto alla persona, il suo legame con momento che costitutivamente è posto in
l’opzione fondamentale e l’approfondimen- questa apertura relazionale.
to delle circostanze come elemento per Tenendo conto del percorso fin qui com-
nulla contingente e secondario nella deter- piuto è possibile capire un altro aspetto
minazione della sua dimensione morale lo importante nella descrizione dell’atto mo-
spingono in un orizzonte di ulteriorità e rale: la sua valenza sociale. Una volta ese-
lo proiettano quasi verso un’autotrascen- guito e deposto nella storia come un atto-
denza. Infatti, l’atto morale, pur avendo in-persona, che quindi assume una sua fi-
una sua fisionomia e una sua biografia, sionomia propria, non può più essere piena
non esaurisce se stesso con la sua esecu- mente disponibile alla volontà dell’agente.
zione esterna, ma mette in moto una serie Come l’inizio dell’atto morale non coincide
di reazioni che lo assumono come occasio- con la sua esecuzione esterna, dal momen-
ne e come mezzo per ulteriori scopi. In to che esso era già presente nel concepi-
qualche modo già la tradizione medievale mento dell’agente, così la sua fine non
induceva a riflettere sul fatto che il fine di coincide con la sua esecuzione esterna.
un atto morale poteva diventare un mezzo Quando è posto, l’atto morale si inserisce
da impiegare per realizzare un fine ulterio- dentro una rete di relazioni che è costretta
re, tenendo conto che solo il fine ultimo, a cambiare proprio in seguito alla presenza
proprio in virtù della sua natura, non può di questo nuovo elemento e che determina
essere utilizzato per nessun altro fine. Ma la necessità di un riassetto generale. Poiché
nella prospettiva dell’Aquinate l’assunzione sono le persone a costituire la relazione,
del fine come un mezzo per raggiungere allora è chiaro che esiste un influsso che
camente umani, pur senza perdere la sua essenziale: l’amore di Dio e del prossimo.
trascendenza e indisponibilità, in quanto Nella prospettiva accennata, la fede, pur
dono di Dio. non essendo esplicitamente professata,
L’atto di fede è dunque un atto morale, probabilmente non può dirsi assente, così
ma con questo non si è ancora giunti a che anche una dimensione teologica vera
capire se anche il contrario potrebbe esse- e propria dell’agire morale potrebbe essere
re vero, cioè se l’atto umano potrebbe ave- intellegibile.
re un valore religioso e teologico. Ancora
una volta la coscienza morale appare come Conclusione - Partendo dalla riflessione
elemento centrale nella determinazione scolastica sull’atto umano si è preso co-
della risposta. Secondo la nota e profonda scienza di una continua e progressiva aper-
descrizione di GS 16: «La coscienza è il tura verso l’agente e verso una dimensione
nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, sociale ancora più ampia, comprendente
dove egli si trova solo con Dio, la cui voce non solo gli uomini, ma anche l’ambiente.
risuona nell’intimità propria. Tramite la Questo dinamismo, che evidentemente
coscienza si fa conoscere in modo mirabi- supera i confini ristretti dell’atto morale,
le quella legge, che trova il suo compimen- tuttavia non si sovrappone ad esso, come
to nell’amore di Dio e del prossimo». Il qualcosa di estrinseco, ma scaturisce come
dialogo intimo dell’uomo con Dio avviene esigenza interna della sua natura.
in tanti modi, ma la domanda è se l’espe- La collocazione dell’atto morale all’in-
rienza del valore morale, cioè di un appel- terno delle fonti della moralità, inoltre, ha
lo insopprimibile della coscienza che per- condotto a una discussione che ha visto
cepisce l’obbligazione morale della scelta spostare l’accento ora sull’oggetto dell’atto
che le sta davanti, possa rappresentare ora sull’intenzione dell’agente. L’insoddi-
un’istanza teologica. sfazione nella determinazione della dimen-
La riflessione teologica morale ha mo- sione morale dell’atto, affidata solo a uno
strato l’ingenuità sia di una sovrapposizio- di questi elementi (preferenzialmente all’og-
ne tra verità morale e verità di salvezza, getto), ha finito per proporre un approccio
senza alcuna distinzione, sia la loro com- olistico nel quale tutti gli elementi moral-
pleta estraneità, senza alcuna relazione. La mente significativi entrano nella determi-
coscienza morale è il luogo teologico in cui nazione della moralità dell’atto. Da qui
la persona percepisce la dimensione mora- una maggiore sottolineatura delle circostan-
le della sua decisione di fede e contempo- ze, spesso sottovalutate dalla tradizione, e
raneamente la dimensione di fede della sua soprattutto una prospettiva morale mag-
decisione morale. Non sempre questa per- giormente attenta alla dimensione storica
cezione avviene in modo riflesso e consa- e geografica dell’agire.
pevole, ma di fatto, l’esperienza della co- Infine si è preso coscienza della neces-
scienza morale in relazione al valore mo- sità di una dimensione teologica dell’atto
rale potrebbe rappresentare una di quelle morale, collocato nell’orizzonte più ampio
vie previste da Dio per condurre le persone del rapporto tra fede e morale. A questo
all’obbedienza della fede. L’obbedienza al- proposito è necessario ribadire che lo stes-
la propria coscienza morale potrebbe di- so atto di fede entra nel dominio della
ventare l’occasione concreta attraverso la morale, poiché si presenta come evento di
quale la persona esprime, nell’ambito del coscienza e in quanto tale supera il rischio
concretamente possibile, la sua obbedienza di un pericoloso fondamentalismo religio-
della fede. Soprattutto nel caso in cui tale so. Dall’altra parte, tuttavia, proprio in
persona, sottomettendo se stessa alla voce quanto evento di coscienza, intesa come
della propria coscienza, ne coglie il nucleo voce di Dio, non sembra impossibile che
C. Zuccaro