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Zuccaro C., «Atto umano», in Benanti P. - Compagnoni F.

- Fumagalli
A. - Piana G., edd. Teologia Morale, San Paolo, Cinisello Balsamo 2019,
39-50
39 ATTO UMANO

ATTO UMANO tradizione che distingue le due qualità che


possono trovarsi nell’unico atto, ma che
Sommario - Premessa. I. L’atto morale personale: non necessariamente e in modo automa-
1. Luci dal Medioevo; 2. Dalla “persona-in-atto”, tico si danno in questo modo. Più sfuma-
all’“atto-in-persona”; 3. Tentazioni di espropria-
re la persona dall’atto morale. II. Oltre la per-
ta è la posizione di Alberto Magno, per il
sona e l’atto morale: 1. Sempre dentro una quale le azioni sono causate da Dio e con-
rete di relazioni e di circostanze; 2. Verso il tengono già la loro bontà o malizia in
superamento della rete domestica. III. Atto mo- forza della loro essenza naturale. La loro
rale e atto di fede. qualità morale, tuttavia, diversamente da
Lombardo, va distinta da quella ontologi-
Premessa - Il binomio “atto morale” è
ca in modo accidentale (bonitas et malitia
stato soggetto a una serie di spostamenti
accidunt actioni).
di accenti lungo la storia, ponendo in pri-
Tommaso sembra discostarsi da questa
mo piano ora la dimensione legata al sin- linea poiché, ponendo al centro della di-
golo atto come un manufatto depositato mensione morale la persona e la nozione
nei solchi della storia, ora la dimensione di fine, mostra coerentemente come l’atto
specificamente morale come espressione morale sia lo stesso atto umano. Per Tom-
di responsabilità della coscienza dell’agen- maso, tutti gli atti umani sono anche atti
te. All’interno di questa dialettica altale- morali in quanto vengono compiuti in vista
nante di tanto in tanto la riflessione si di un fine che specifica sia la loro natura
apriva alla dimensione teologica, cercando umana sia la loro natura morale, positiva
di mostrare come l’atto morale potesse o negativa. Va ricordato come, nella pro-
entrare nell’orizzonte del rapporto dell’agen- spettiva tommasiana, ciò che determina la
te con Dio. Ripercorrere la vicenda storica volontà come buona o cattiva è l’accetta-
di questo itinerario non ha soltanto un zione o il rifiuto del dettato dell’intelletto,
valore legato alla cronaca, ma, almeno nel- un evento, questo, che non è un dato pre-
la prospettiva sperata, serve anche a chia- vio oppure neutro rispetto alla scelta mo-
rire i termini della questione e soprattutto rale, ma coincide proprio con questa. Per-
a proporre un approfondimento ulteriore. tanto, esiste un unico account per atto uma-
Una seconda attenzione preliminare no e atto morale. La vera distinzione, si
consiste nel notare come nella letteratura argomenta, avviene tra atto dell’uomo (actus
non sempre sia presente in modo consape- hominis) e atto umano (actus humanus): ma,
vole la distinzione tra atto umano e atto poiché quest’ultimo reca l’impronta della
morale, dal momento che spesso, quasi in libera e consapevole responsabilità dell’agen-
modo automatico, i due lemmi vengono te, ciò basta perché l’agire entri nell’oriz-
usati in modo interscambiabile, come si- zonte e nel dominio morale. La linea di
nonimi. Accanto a coloro che pongono una separazione tra atto umano e atto morale
distinzione tra dimensione umana e dimen- ha prevalso e si è approfondita nel periodo
sione morale dell’atto, si possono incon- successivo al Concilio di Trento, non ultimo
trare altri autori per i quali una tale distin- a causa dell’insistenza sul diritto naturale.
zione non ha praticamente rilevanza. Que- In realtà, dalle prime Institutiones theologiae
sta specie di ambiguità o meglio ambiva- moralis del dopo Trento fino ai manuali pri-
lenza affonda le radici soprattutto nel ma del Vaticano II, si è rafforzata la con-
Medioevo. vinzione che ogni atto morale si possa
Pietro Lombardo, per esempio, è chiaro considerare un atto umano, sebbene non
nel distinguere tra carattere ontologico sia necessariamente vero il contrario.
dell’azione (atto umano) e il valore mora- Il senso che si attribuirà al lemma “atto
le di essa (atto morale), dando inizio alla morale”, nella riflessione che segue, non

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lo distingue in modo sostanziale dall’atto le sue circostanze e l’intenzione dell’agen-
umano che, in quanto compiuto in vista te. Certamente l’interesse attorno all’azio-
di un fine liberamente e consapevolmente ne, letta alla luce delle fonti della moralità,
voluto, reca sempre l’impronta della re- ha lasciato emergere aspetti fecondi che
sponsabilità personale della coscienza ed sono entrati ormai a far parte della tradi-
entra, pertanto, nell’ambito della moralità zione teologica morale, ma ha messo in
personale. La prospettiva adottata è quella luce anche alcuni limiti che non sono sfug-
della percezione che la coscienza morale giti al vaglio della critica. Il luogo classico
ha nei confronti di quell’atto particolare. in cui ha trovato posto questo capitolo
Esso entra nella dimensione morale proprio della morale è il trattato De actibus humanis
in quanto la coscienza non rimane indif- e, in modo particolare, la comprensione
ferente, ma di fatto subisce l’obbligazione del “fine dell’atto”, soprattutto in riferi-
di giudicare la natura di quell’atto in rela- mento all’“intenzione del­l’agente”. Comu-
zione alla persona. La qualità morale dell’at- nemente si fa risalire al Medioevo una
to è determinata proprio dalla consapevo- duplice tendenza relativa alla comprensio-
lezza della coscienza morale che non può ne del rapporto tra fine dell’atto (finis ope-
ignorare come quell’atto concreto stia pla- ris), chiamato anche “oggetto morale dell’at-
smando la fisionomia dell’agente, non to” o “materia circa quam” o talvolta “fine
tanto e non solo sotto il versante partico- immediato”, e intenzione dell’agente (finis
lare di un valore umano realizzato o tradi- operantis) chiamata anche “fine remoto”.
to, ma nel suo essere buono oppure cattivo. 1. Luci dal Medioevo - In questo pe-
Partendo dalla sensibilità storica, appena riodo storico, troviamo originale una parte,
accennata in un periodo particolare, ver- la convinzione che a determinare essenzial-
ranno proposti tre diversi paradigmi dell’at- mente la qualità morale dell’atto debba
to morale, secondo un ordine cronologico essere il suo oggetto, per cui l’intenzione
che rispecchia sensibilità legate alle diverse dell’agente non può cambiarne la specie
stagioni teologico-morali e cerca, su questa morale. Dall’altra parte, al contrario, la
base, di interpretare nuove e future pro- convinzione che sia proprio l’intenzione
spettive. Questi i tre paradigmi: l’atto mo- dell’agente a specificare la qualità morale
rale personale; oltre la persona e l’atto positiva o negativa dell’atto. Si tratta di
morale; atto morale e atto di fede. due diverse prospettive che si potrebbero
chiamare rispettivamente: la prima ogget-
I - L’atto morale personale - Nonostante tivo-materiale, perché insiste maggiormen-
la tradizione biblica abbia da sempre insi- te sull’oggetto dell’atto, spesso inteso come
stito sulla nozione di interiorità e di cuore “oggetto materiale” e non, come nella tra-
come elementi determinanti per qualifica- dizione tommasiana, “oggetto morale”; la
re le azioni compiute davanti a Dio, la seconda, invece, formale-personale, perché
comparsa della morale come scienza teo- insiste piuttosto sulla dimensione intenzio-
logica originale ha trovato una sistemazio- nale, prestando, però, il fianco a critiche
ne nella cosiddetta “morale della legge”, il di soggettivismo e relativismo. Naturalmen-
cui punto di forza si è concentrato attorno te, nella letteratura queste due linee di
al decalogo e alla legge naturale. In questo tendenza non compaiono in modo così
orizzonte nasce e si sviluppa il metodo nettamente separato ed esclusivo, perché
casistico, con l’obiettivo prioritario di va- condividono diversi elementi comuni.
lutare la moralità positiva o negativa dell’at- Una parte della storiografia ha voluto
to particolare. Come strumenti ermeneu- vedere nell’impostazione di Abelardo il
tici privilegiati, in questa specie di discer- paradigma più intenzionale in base al qua-
nimento, vengono assunti il fine dell’atto, le viene determinata la qualità morale del­

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l’atto. Che lo sfortunato monaco abbia andato confezionandosi fino a raggiungere


accentuato maggiormente l’elemento per- la forma di un atto esteriormente posto.
sonale e intenzionale non solleva dubbi, Al contrario, in Tommaso l’analogato prin-
ma una lettura più attenta della sua impo- cipale del termine oggetto è quello della
stazione etica non autorizza a confondere volontà dell’agente e non del semplice con-
questa sottolineatura con una facile forma tenuto dell’atto materiale eseguito. Nella
di relativismo morale, come se l’oggetto prospettiva tommasiana quando si parla di
del­l’atto non avesse nessuna rilevanza nel- oggetto ci si riferisce prima di tutto alla
la determinazione della sua specie morale. volontà di un agente e, solo in modo deri-
Infatti, il termine intentio, nella prospettiva vato, a un atto. In tal senso, l’oggetto dell’at-
di Abelardo, non può essere tradotto con to è determinato da ciò cui tende diretta-
una qualunque intenzione individuale che mente e immediatamente la volontà, cioè
aprirebbe la strada al soggettivismo e rela- dalla scelta di una precisa successione di
tivismo morale. Al contrario, l’intentio ha azioni particolari che sono proprio quelle
un valore obiettivo perché implica neces- dovute, quelle appropriate e adatte (debitae)
sariamente la scelta di un comportamento per realizzare l’obiettivo della volontà del­
esterno che è quello adeguato al raggiun- l’agente.
gimento effettivo della realtà intenzionata. Le “tre fonti” della moralità in realtà non
L’intenzione si invera nella coerenza tra il possono essere utilizzate separatamente,
bene cui si tende e la realizzazione di “ciò perché sono piuttosto tre punti di vista, tre
che deve essere fatto” (quod debet) per rag- elementi distinti e riuniti nell’unico atto
giungerlo. Sullo sfondo appare evidente la morale concretamente posto e che pertan-
relazione tra bonum facere e bene facere, nel to vanno contemporaneamente tenuti pre-
senso che, la retta intenzione (bonum facere) senti nella sua valutazione morale. L’ap-
esige la scelta corrispondente della catena proccio non è più gerarchizzato seguendo
di azioni che compongono l’azione più la triade tradizionale, ma olistico e siner-
adeguata capace di tradurre l’intenzione gico, per cui va rivista la comune convin-
visibilmente e depositarla come evento nei zione che la moralità essenziale dell’atto è
solchi della storia (bene facere). costituita dal suo oggetto, mentre intenzio-
La stessa corrente storiografica ha oppo- ne e circostanze sarebbero elementi secon-
sto, in modo piuttosto netto, la prospettiva dari e ausiliari. È errato determinare la di­-
dell’Aquinate all’impostazione intenziona- mensione morale dell’atto partendo esclusi­
le di Abelardo. Tommaso, certo, non ha vamente dal suo oggetto o dal­l’in­tenzione
bisogno di difendersi dall’accusa di sogget- dell’agente, come se il primo non conte-
tivismo morale, dato il carattere palesemen- nesse elementi propri del progetto inten-
te realistico del suo impianto di pensiero. zionale dell’agente e la seconda non tro-
Questo, al contrario, aiuta a capire come vasse un limite oggettivo nella struttura
il criterio di fondo per determinare la qua- della catena degli eventi che conduce l’agen-
lità morale dello stesso atto sia piuttosto te a porre quel determinato atto.
l’oggetto dell’atto, cioè il finis operis. Tale 2. Dalla “persona-in-atto”, all’“atto-
impostazione, tuttavia, non deve indurre in-persona” - Quanto detto è sufficiente
una “lettura cosificata” dell’atto, come se per mettere in discussione il lemma dell’at-
il suo oggetto consistesse semplicemente to morale in sé, considerato cioè in modo
nell’esecuzione esteriore e materiale di qual- isolato e al di fuori di ogni riferimento
cosa che si impone dall’esterno all’agente, personale e circostanziale. Pur apprezzan-
senza che questi possa determinarne la done alcuni vantaggio didattici, va chiara-
qualità morale già tutta quanta racchiusa mente riconosciuto che l’atto in sé non
in quel manufatto che progressivamente è esiste. Per dirla in modo provocatorio, l’at-

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to morale esiste solo in me, nel senso che in atto e che, di conseguenza, la sottrae
l’atto morale prende vita sempre e solo alla disponibilità dell’agente.
nella persona che lo concepisce, lo esegue In una prospettiva diversa, la dialettica
e lo consegna visibilmente alla storia. La tra atto e persona si ritrova nel legame tra
dimensione morale dell’atto non si dà fino motivazione, intenzione ed esecuzione
a quando la persona non percepisce, in esterna dell’atto: tre dimensioni che non
coscienza, che proprio attraverso di esso sono separabili una dall’altra. La motiva-
sta plasmando la sua fisionomia come zione si pone sul versante dell’agente, in
buona o cattiva. Non solo, occorre ricor- quanto esprime la sua tensione verso il suo
dare che la “persona-in-atto” non vive iso- essere buono (opzione fondamentale e vir-
lata, ma è posta sempre all’interno di una tù). Anche l’intenzione si pone sullo stesso
ragnatela di relazioni interpersonali e di versante, sebbene rappresenti già un aggan-
circostanze dentro cui l’atto viene conce- cio verso la concretezza materiale dell’atto,
pito, generato e collocato come elemento in quanto tende alla ricerca di organizzare
di novità che cambia la stessa rete di rela- i passi strategici efficaci per attuare la ten-
zioni. sione al bene sul piano della correttezza.
Pertanto, solo il rapporto tra atto e agen- L’esecuzione esterna, infine, è il risultato
te può determinare un corretto discerni- storico e circostanziato dell’intero proces-
mento morale sull’agire. L’atto morale as- so nel quale diventa concretamente possi-
sume in sé la responsabilità e il mandato bile vedere depositato l’oggetto morale
di ambasciatore dell’agente all’interno del- dell’atto, ormai non più sperabile dall’agen-
la rete di relazioni nella quale egli è costi- te, di cui porta impresse la motivazione e
tuito e che tende a sua volta a costituire l’intenzione. In una battuta sintetica e fi-
proprio attraverso il suo agire. L’azione nale potremmo dire che la “persona-in-atto”
morale, cioè, pur presentandosi come un trova un confronto speculare nell’“atto-in-
fenomeno nell’esteriorità del fatto, non si persona”.
confonde con esso, ma rimanda a un va- Il rapporto necessario dell’atto alla per-
lore espressivo presente in essa e in essa sona non va pensato, però, come l’esecu-
impresso da un’organizzazione personale. zione di un programma al computer; l’atto
L’atto morale è perciò l’emergere visibile morale non deriva dalla persona con la
della volontà dell’agente che, tra i tanti stessa immediatezza e coerenza con cui
modi possibili, ha scelto proprio quella l’applicazione deriva dal software che l’ha
determinata azione per rendere esecutivo generata. La libertà e la consapevolezza,
il suo progetto nella storia. Analogamente che stanno alla base della dimensione uma-
al rapporto tra la punta dell’iceberg che na e morale dell’atto, non si danno mai a
emerge a pelo d’acqua, e la parte più vo- livello di astrazione, ma sempre incarnate
luminosa che rimane invece sommersa, in una persona all’interno di un contesto.
possiamo pensare il rapporto tra persona Sono dunque sempre condizionate in di-
e atto morale. Per questo, almeno in modo versa misura, sebbene tale condizionamen-
tendenziale, la persona è ciò che fa e fa ciò to ordinariamente non sia in grado di sop-
che è, sebbene il suo atto morale non esau- primere la responsabilità personale. Per
risca e non si sovrapponga completamente questo motivo, l’atto morale non sarà mai
con il suo essere moralmente buona o cat- asettico e incontaminato, ma “sempre un
tiva. Si potrebbe evocare la riflessione di atto sporco”, non nel senso di peccamino-
Blondel il quale sottolinea sia la valenza so, ma nel senso di contaminato da ele-
personale dell’azione, in quanto sintesi menti che non si integrano sempre con il
dell’attività dell’agente, sia la sua autonomia suo oggetto, cioè con il fine dell’agente. In
propria, che essa acquista una volta posta pratica, l’atto morale nel momento della

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sua esecuzione esterna non è mai lo stesso l’agente ne rimane costretta e pienamente
del momento in cui è stato concepito determinata: la configurazione dell’atto è
nell’intenzionalità dell’agente. Lungo il così determinata che non è suscettibile di
processo della sua attuazione si modifica, un significato morale diverso da quello
almeno parzialmente, perdendo alcune determinato dall’intreccio dei suoi elemen-
caratteristiche iniziali e arricchendosi di ti costitutivi che sono moralmente così
altre che, nel frattempo, si impongono alla significativi da non poter essere ignorati
considerazione dell’agente. Questa sorta dall’agente. È come se l’atto rispondesse
di meticciato dell’atto morale avrà il suo quasi a un dinamismo suo proprio interno
peso nella determinazione della responsa- che è, almeno parzialmente, indipendente
bilità morale. dalla volontà dell’agente, la cui valutazione
La dialettica del rapporto tra atto e per- può esaurire e definire la realtà dell’atto
sona rende possibile superare una mera stesso fino a un certo punto.
morale degli atti, ricordando come la loro 3. Tentazioni di espropriare la per-
specie morale non si appiattisca e non si sona dall’atto morale - In questo con-
determini sulla base dell’esecuzione mate- testo si pone il tema dell’intrinsece malum.
riale esterna dei loro effetti. L’atto morale, Ci si chiede, cioè, se esistano delle azioni
infatti, non è tale solo perché produce de- morali la cui struttura è così rigidamente
gli effetti, ma anche perché riflette ed espri- predeterminata da rendere impossibile che
me un progetto articolato dell’agente che la persona se ne serva per esprimere una
non si esaurisce nella produzione materia- finalità morale diversa da quella già prefor-
le di alcuni effetti. Del resto, la tradizione mata nella sua struttura di senso. La rispo-
ben conosce la distinzione tommasiana tra sta a un tale quesito sembrerebbe scontata,
in intentione, ciò che l’agente assume come perché di fatto si danno delle azioni che
parte del suo progetto, e praeter intentionem, in nessun modo possono essere ordinate
ciò che pur essendo conosciuto e accettato al bene e, in termini teologici, a Dio come
come effetto dell’atto, tuttavia non è as- fine ultimo. Si pensi, per esempio, all’as-
sunto dall’agente come qualificante la di- sassinio oppure al furto: in nessun caso
mensione morale del suo progetto. Per possono essere giustificati, per cui non è
questo possono darsi azioni simili in quan- mai lecito porre un atto di questo genere.
to producono effetti uguali, ma che richie- Il problema, però, nasce nel momento in
dono una valutazione morale diversa, per- cui si osserva, già alla scuola di Tommaso
ché appartengono a un progetto intenzio- d’Aquino, che l’omicidio dice più della
nale diverso. semplice uccisione di un uomo, così come
L’impostazione del rapporto tra atto il furto dice più di una sottrazione di pro-
morale e persona permette anche il supe- prietà a un altro. Infatti, tali atti quando
ramento di una morale sbilanciata sul ver- sono compiuti rispettivamente o per legit-
sante intenzionale, come se l’agente fosse tima difesa o per estrema necessità di so-
assolutamente libero nei confronti della pravvivenza cessano di comparire nella
struttura dell’atto morale. Infatti, proprio tassonomia degli atti di assassinio o di fur-
l’analisi del rapporto tra atto morale e per- to e si configurano con un registro morale
sona permette il superamento di una con- diverso. Qui non si nega l’esistenza di atti
cezione strumentale dell’atto morale, con morali che sono intrinsecamente cattivi,
la quale esso si ridurrebbe a puro materia- anzi se ne postula il riconoscimento incon-
le grezzo che l’intenzione dell’agente po- dizionato. Ciò che si intende sottolineare
trebbe plasmare e modellare secondo i suoi è altro: supposta la validità della struttura
fini. Talvolta, infatti, l’atto morale è strut- dell’atto proposta in precedenza, il lemma
turato in modo tale che l’intenzione del­ del­l’intrinsece malum non è intellegibile in

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assenza di un legame con la persona. Per- l’agente che potrebbe manipolarla per im-
tanto esso esiste, certo, ma sempre in base primerle una qualunque forma morale, a
alla struttura dell’atto e quindi anche sem- dispetto delle imprescindibili indicazioni
pre in base al riferimento alla persona. In morali da essa già possedute. Il grado di
questo senso addirittura ogni azione mo- coinvolgimento della persona nell’azione
ralmente cattiva è sempre intrinsecamente da compiere o da evitare è proporzionato
cattiva e non può mai cambiare la sua spe- al legame da lei percepito proprio attraver-
cie morale. È come dire che l’intrinsece ine- so la materia o l’oggetto dell’atto. Per que-
risce sempre e in modo assoluto al malum, sto una volta che sinceramente e in modo
là dove si è valutato che tale malum ha una corretto la persona si lascia raggiungere dal
natura morale. vincolo che la lega all’azione nasce l’obbli-
La concezione dialettica dell’atto in re- go morale che, in quanto tale, non può
lazione alla persona getta luce anche sulla mai essere disatteso. Ma tale vincolo non
distinzione tra precetti positivi e precetti è determinato né dall’azione in sé, né dal-
negativi. I primi obbligano semper sed non la semplice intenzione personale: solo il
pro semper, poiché possono darsi circostan- discernimento potrà determinarlo. Infatti,
ze che sono tali da sospenderne ragione- solo il discernimento e la valutazione com-
volmente l’obbligazione, a differenza dei parativa di tutti gli elementi moralmente
secondi che, invece, senza eccezioni possi- rilevanti conducono l’agente alla percezio-
bili, mantengono inalterata la loro validità ne e al riconoscimento dell’oggetto morale
semper et pro semper. Non si deve intendere dell’atto, cioè del vincolo irrinunciabile
la distinzione come se ci fosse una mag- della coscienza di compierlo, se buono, o
giore cogenza e serietà dei precetti morali evitarlo, se cattivo.
negativi rispetto a quelli positivi. Come se,
in primo piano, la morale dovesse preoc- II - Oltre la persona e l’atto morale -
cuparsi di evitare atti moralmente cattivi e 1. Sempre dentro una rete di relazioni
peccaminosi, piuttosto che esortare a com- e di circostanze - La teologia morale ha
piere atti virtuosi. Se così fosse, all’orizzon- praticamente assimilato la lezione di inte-
te permarrebbe una concezione ancora grare la concezione dell’atto morale dentro
negativa della morale, legata alla necessità il più ampio contesto ermeneutico del rap-
di evitare i peccati, piuttosto che di cresce- porto con l’agente. Contestualmente ha
re nella virtù; tesa più alla paura del male chiarito sempre meglio il modo di inten-
che al godimento del bene. dere il fine, le circostanze e l’intenzione
Il grado di obbligatorietà non è legato come parametri utili da applicare in modo
alla dimensione negativa o positiva della olistico per la determinazione della specie
norma, ma al grado più o meno intenso morale dell’atto e non semplicemente come
del legame che esiste tra l’agente e l’atto tre fonti diverse gerarchicamente struttura-
che è chiamato a compiere o a evitare. te. Mantenendo sempre uniti i due poli di
Nella tradizione tale legame è stato giusta- riferimento, la domanda circa l’atto mora-
mente compreso a partire dalla materia le non è più proponibile come semplice
dell’atto, precedentemente descritta anche ricerca di ciò che è giusto fare, ma anche
come il suo oggetto. Non è inutile osser- di quale azione compiere per diventare ciò
vare ancora che la materia o l’oggetto che si decide di essere. Il discorso chiama
dell’atto morale non possono comprender- in causa l’opzione fondamentale in rappor-
si come una sorta di “letto di Procuste” to all’agire categoriale, tema che non è
che regola e costringe la capacità morale possibile sviluppare nell’economia della
della persona. E nemmeno come un am- voce trattata se non per un fatto: superare
masso di creta informe a disposizione del­ una visione frammentata della vita morale

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e focalizzare meglio lo stesso atto morale. un fine ulteriore si limitava di fatto all’in-
Riscoprire la persona come agente erme- terno della singola persona più che aprirsi
neutico dell’atto morale equivale a collo- a una concezione sociale.
care quest’ultimo nell’orizzonte dell’opzio- Lo sviluppo dell’antropologia teologica
ne fondamentale. Esso, in questa luce, si cristiana ha condotto a una maggiore sen-
lascia vedere non solo nella sua dimensio- sibilità nei confronti della persona come
ne di un evento che è posto in modo pun- essere costituito e strutturato nella relazio-
tuale, come un prodotto finito a sé stante, ne, proprio in quanto immagine e somi-
ma anche nel processo dinamico che lo glianza di Dio Trinità. Ma già sotto il pro-
caratterizza. Esiste, infatti, una biografia filo semplicemente umano è possibile ca-
che accompagna ogni atto morale dal mo- pire la dimensione relazionale della persona
mento genetico del suo concepimento nel­ partendo dall’antropologia dell’indigenza,
l’intenzione dell’agente fino al momento dal fatto cioè che l’umano non si dà l’esse-
della sua esecuzione esterna. Perciò nell’at- re da sé, ma lo riceve. Certo egli è l’essere-
to morale si esprime il desiderio di fare in-persona, ma in quanto donato a se stes-
un’azione, la previsione dei mezzi neces- so porta sempre scritta la cifra del bisogno
sari per realizzare lo scopo e la soddisfa- che lo apre alla relazione. Una tale apertu-
zione per ciò che è stato fatto a servizio ra si dà come un dato di fatto, mentre il
del progetto globale di bene o di male che modo concreto con cui egli la vive, nel
l’agente si è dato. tentativo di un possesso strumentale dell’al-
L’opzione fondamentale, però, non è la tro oggetto della decisione di coscienza.
sola ragione per esaminare l’atto morale al Infatti, egli può scegliere di vivere la rela-
di fuori di se stesso, superando un’autore- zione con gli altri secondo il paradigma del
ferenzialità che ha determinato lo sbilan- possesso oppure quello del dono. Ciò che
ciamento della morale sulle azioni, a sca- però non dipende da lui è la condizione di
pito delle virtù. La ricollocazione dell’atto socialità, cioè il fatto di essere in rete, dal
in rapporto alla persona, il suo legame con momento che costitutivamente è posto in
l’opzione fondamentale e l’approfondimen- questa apertura relazionale.
to delle circostanze come elemento per Tenendo conto del percorso fin qui com-
nulla contingente e secondario nella deter- piuto è possibile capire un altro aspetto
minazione della sua dimensione morale lo importante nella descrizione dell’atto mo-
spingono in un orizzonte di ulteriorità e rale: la sua valenza sociale. Una volta ese-
lo proiettano quasi verso un’autotrascen- guito e deposto nella storia come un atto-
denza. Infatti, l’atto morale, pur avendo in-persona, che quindi assume una sua fi-
una sua fisionomia e una sua biografia, sionomia propria, non può più essere piena­
non esaurisce se stesso con la sua esecu- mente disponibile alla volontà dell’agente.
zione esterna, ma mette in moto una serie Come l’inizio dell’atto morale non coin­cide
di reazioni che lo assumono come occasio- con la sua esecuzione esterna, dal momen-
ne e come mezzo per ulteriori scopi. In to che esso era già presente nel concepi-
qualche modo già la tradizione medievale mento dell’agente, così la sua fine non
induceva a riflettere sul fatto che il fine di coincide con la sua esecuzione esterna.
un atto morale poteva diventare un mezzo Quando è posto, l’atto morale si inserisce
da impiegare per realizzare un fine ulterio- dentro una rete di relazioni che è costretta
re, tenendo conto che solo il fine ultimo, a cambiare proprio in seguito alla presenza
proprio in virtù della sua natura, non può di questo nuovo elemento e che determina
essere utilizzato per nessun altro fine. Ma la necessità di un riassetto generale. Poiché
nella prospettiva dell’Aquinate l’assunzione sono le persone a costituire la relazione,
del fine come un mezzo per raggiungere allora è chiaro che esiste un influsso che

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l’atto morale esercita nei confronti degli Innanzitutto occorre una rinnovata con-
altri e dei loro comportamenti. Questo va- sapevolezza di questo radicale cambiamen-
le sia nel caso che l’atto morale esprima la to del contesto sociale dentro cui la tradi-
bontà dell’agente, sia nel caso opposto: zione del Medioevo aveva posto il tema
nell’operato della persona c’è sempre anti- dell’atto morale. Questo non significa che
cipata parte di ciò che gli altri faranno. Non la riflessione precedente sia stata inutile.
nel senso che esista un passaggio di respon- In particolare va sviluppata l’intuizione del
sabilità da una persona all’altra – ciascuno legame che è stato chiaramente inteso tra
rimane responsabile delle proprie azioni –, il bonum facere e il bene facere, ossia tra la
ma nel senso che il comportamento e le sincera ed effettiva volontà di compiere il
azioni di ciascuno sono condizionati e a bene e la scelta dell’atto più conveniente,
loro volta condizionano quelli degli altri, e proporzionato al raggiungimento, per
nel bene o nel male. In fondo si tratta del- realizzarlo effettivamente. Questo orienta-
la stessa sensibilità che la tradizione ci ha mento permette di superare un duplice
consegnato con il lemma del buon esempio rischio: innanzitutto quello di un agire in-
o di quello cattivo che rendono più facile genuo che miri a ottenere un vantaggio
o ostacolano il compimento del bene. immediato, solo apparentemente tale, per-
2. Verso il superamento della rete ché annullato in seguito dallo stesso modo
domestica - Quanto ricevuto dalla tradi- di procedere che l’ha prodotto. In secondo
zione, tuttavia, va oggi vissuto in termini luogo, la presunzione di pensare all’utile
forse anche qualitativamente diversi nel individuale come se fosse il bene più ido-
senso che, a differenza di un passato nem- neo e opportuno per lo stesso individuo,
meno troppo lontano, oggi non sempre si senza calcolare la ricaduta sociale e le con-
riescono a prevedere, e perciò anche a con- seguenze che questo comporta per le re-
trollare, gli effetti che scaturiscono dalle lazioni nelle quali egli è costituito. L’as-
azioni morali. Rimane la responsabilità dei sunzione di un criterio che vada oltre il
nostri atti, ma non sempre riusciamo a punto di vista soggettivo nella determina-
prevedere ed esercitare il nostro dominio zione della moralità dell’atto è oggi più
sulla serie di effetti che essi mettono in che mai ineludibile. Di fronte al fenomeno
moto. La riflessione sull’atto morale è av- delle grandi migrazioni di massa e alla
venuta finora sostanzialmente “dentro le presenza di tante persone dentro i confini
mura di casa”, cioè in un contesto preva- finora ritenuti nazionali, diventa obsoleto
lentemente cristiano, occidentale, umano. e quasi irritante concepire l’atto morale in
Non servono grandi dimostrazioni per ca- termini individuali. Nella formulazione
pire che si tratta di tre categorie che attual- triadica delle fonti della moralità, proprio
mente perdono sempre più il centro dell’in- l’ultima, le circostanze, dovrebbe diventa-
teresse, perché tendenzialmente lasciano il re la preoccupazione centrale nella deter-
posto alla dimensione interreligiosa, all’ini- minazione della qualità umana e morale
zio dell’era della mondialità contro ogni del­l’atto. Se la domanda su cosa sia giusto
forma di etnocentrismo, a una relazione dover fare, propria della morale degli atti,
di alleanza e non di sfruttamento dell’uo- è stata ricentrata sulla domanda di chi si
mo con il resto del creato. Naturalmente voglia essere, propria dell’etica della virtù,
non è in questa sede che tali temi si do- oggi le circostanze spingono ancora oltre
vranno trattare, ma è proprio qui che essi e aprono alla domanda morale su quale
dovranno comparire per sollecitare un ri- mondo e su quale senso umano si voglia
pensamento dell’atto morale che sia non consegnare al futuro.
solo in continuità con la tradizione, ma Si percepisce già con questo che la na-
anche che la oltrepassi. tura della morale, come scienza e come

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prassi, può o forse deve modellarsi sempre di incidenza e di responsabilità. Vengono,


più nell’orizzonte della risposta da dare per esempio, chiamati qui in causa i diver-
alle istanze più significative che la interpel- si stili di vita che non si danno se non
lano. Più che di un elenco di priorità do- attraverso atti morali concreti. Non è pos-
vuto alla cronaca contingente dell’agenda sibile capire come questi stili di vita faran-
morale, si tratta di un modo di essere, cioè no evolvere l’umanità e il mondo, ma ciò
dell’epistemologia stessa della morale, pla- che è necessario è un agire responsabile,
smata dalle circostanze in cui la persona nel quale trovi spazio la consapevolezza
viene a trovarsi. In questa prospettiva va che quel futuro in buona parte dipende
colta un’altra istanza che fa da criterio ba- dalle azioni che ciascuno compie oggi.
sico nella preoccupazione di trovare l’iti-
nerario più corretto nell’attuazione del III - Atto morale e atto di fede - Nella
bene: il rispetto del cosmo. Sembra qui prospettiva tommasiana la domanda circa
opportuno richiamare il monito dell’Enci- la dimensione di fede dell’atto morale for-
clica Laudato si’ (24.05.2015) di Francesco se non ha una sua ragione di essere, dal
a proposito della centralità di un’ecologia momento che a determinare la moralità
integrale, compresa quella che riguarda dell’atto è la nozione di fine che in ogni
l’uomo. In realtà l’atteggiamento di sfrut- caso rimanda al fine ultimo che è Dio.
tamento verso la natura permane come Tuttavia, soprattutto il divario tra condi-
atteggiamento che anima anche i rapporti zione umana e dimensione di fede, sancito
sociali. La terra non è solo la terra degli dall’impostazione della Riforma, e la na-
uomini, ma è anche la casa degli altri vi- scita delle prime Institutiones theologiae mo-
venti. La tentazione di un’attitudine pre- ralis in campo cattolico rendono plausibile
datoria nei confronti di animali e piante la domanda circa il rapporto tra la dimen-
deve suscitare una verifica relativa all’in- sione umana dell’atto e la sua valenza re-
tenzione che guida la persona nel suo agi- ligiosa; come, cioè, un atto morale può
re: l’atto morale è improntato a una re- essere considerato alla luce della fede.
sponsabilità che non solo va oltre ogni nord Non sfugge il fatto che la domanda è
e sud del mondo, ma anche oltre il presen- suscettibile di tanti livelli di risposta e che
te, perché chiamata a farsi carico del futu- essa si colloca comunque all’interno del
ro. La dinamica è certo già contenuta come contesto più ampio della relazione tra fede
dato di fatto nell’atto che, come preceden- cristiana e agire morale, a cui sono state
temente mostrato, non si esaurisce nel date diverse soluzioni. Nell’ambito della
raggio dell’agente, ma cade dentro una re- presente riflessione, è sufficiente limitarsi
te di relazioni che tende a cambiare. Oggi a capire se l’atto morale possa avere una
si tratta di prendere coscienza che la posta connotazione di fede, una valenza teologi-
in gioco è la stessa sopravvivenza del pia- ca che appartiene e qualifica l’agente, op-
neta e questo suscita la responsabilità nei pure se esso si limiti alla responsabilità di
confronti delle generazioni a venire. coscienza della moralità dell’atto, in quan-
Ciò che si sta dicendo sembrerebbe va- to positivo e negativo. La valenza teologica
lere, di primo acchito, solo per poche per- dell’agire morale è determinata dal fatto
sone, o meglio per coloro che detengono che esso è informato dalla grazia, in assen-
i centri del potere e pensano di determina- za della quale, ogni atto morale sarebbe da
re le sorti del mondo e dei popoli. In real- chiamarsi teologico solo in senso indiretto,
tà vale soprattutto per loro, ma non solo: in quanto rappresenta la condizione di pos-
è proprio il fatto che la persona è costitui­ sibilità di ricevere la grazia. In assenza del-
ta in relazione che determina un coinvol- la fede, dunque, non si darebbe una dimen-
gimento nel tutto, sebbene a diversi livelli sione teologica vera e propria dell’agire.

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ATTO UMANO 48
Permane normativa l’affermazione del percepire la presenza di Dio. Questo avvie-
Concilio di Trento che l’uomo non può ne ordinariamente quando la persona, at-
giustificarsi con le sole sue forze naturali, traverso la mediazione sacramentale della
senza la grazia divina donata da Cristo (cfr. Chiesa, l’annuncio di Cristo e la testimo-
DS 1551), anche se, con una sana dose di nianza dei cristiani, accoglie l’offerta di
realismo, lo stesso Concilio afferma che amore di Dio e compie il suo atto di fede,
questo non significa che gli atti morali ponendosi di conseguenza alla sequela di
(opera) compiuti prima della giustificazione Cristo. «Con la fede l’uomo sottomette
non possano essere altro che peccati (cfr. pienamente a Dio la propria intelligenza e
DS 1557). Da una parte, non è vero che la propria volontà. Con tutto il suo essere
«tutte le opere dei senza-fede sono peccati l’uomo dà il proprio assenso a Dio rivela-
e le virtù dei filosofi pagani non sono altro tore. La sacra Scrittura chiama “obbedienza
che vizi», mentre dall’altra, non è vera ogni della fede” questa risposta dell’uomo a Dio
forma di naturalismo e legalismo, che pre- che rivela» (CCC 143). Proprio il CCC aiu-
sume la grazia senza Cristo. ta a capire che se, da una parte questo atto
Accanto a queste indicazioni, vanno di fede permane costantemente nel segno
rilette quelle provenienti dal Vaticano II di un dono gratuito da parte di Dio, dall’al-
che afferma in modo esplicito: «Né la di- tra «non è però meno vero che credere è
vina Provvidenza nega gli aiuti necessari un atto autenticamente umano» (n. 154).
alla salvezza a coloro che senza colpa da Dal momento che l’atto di fede com-
parte loro non sono ancora arrivati a una porta l’esercizio dell’intelletto e della vo-
conoscenza esplicita di Dio, e si sforzano, lontà, esso si presenta non come un mec-
non senza la grazia divina, di condurre una canico “atto dell’uomo”, ma come un “at­
vita retta» (LG 16). Inoltre, pur ribadendo to umano”, nel senso che è soggetto al
la necessità della missione nella Chiesa, lo dinamismo della responsabilità. In quanto
stesso Concilio ricorda come «Dio, attra- tale anche l’atto di fede può essere consi-
verso vie a lui note, possa portare gli uo- derato un evento di coscienza, in quanto
mini, che senza loro colpa ignorano il è soggetto al dinamismo della decisione.
vangelo, alla fede, senza la quale è impos- La testimonianza del Nuovo Testamento è
sibile piacergli» (AG 7). Infine il Concilio chiara nel mostrare come l’esperienza
afferma che non solo il cristiano è assimi- dell’incontro con Cristo costringa l’inter-
lato al mistero di Cristo, perché «ciò vale locutore a decidersi nei suoi confronti:
[…] anche per tutti gli uomini di buona accettare la sua chiamata e mettersi alla
volontà, nel cui cuore lavora invisibilmen- sua sequela oppure ignorarla, attraverso un
te la grazia. Cristo, infatti, è morto per atteggiamento di indifferenza oppure di
tutti e la vocazione ultima dell’uomo è rifiuto esplicito. È ciò che accade in ogni
effettivamente una sola, quella divina; per- tempo, per ogni persona che, in un modo
ciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo proprio e solo da lei conosciuto, subisce
dia a tutti la possibilità di venire associati, l’esperienza dell’incontro con Cristo. Nel
nel modo che Dio conosce, al mistero pa- cuore della propria coscienza, dove tale
squale» (GS 22). esperienza avviene, la persona non può
Mettendo insieme queste indicazioni e rimandare all’infinito la necessità di deci-
ricordando quanto precedentemente mo- dersi: o con un atteggiamento di obbedien-
strato circa il rapporto tra atto e persona, za della fede, oppure di rifiuto e indiffe-
ci si può accostare alla comprensione della renza. La mediazione della coscienza mostra
dimensione di fede dell’atto morale. Il no- come l’atto di fede superi la presunzione
do ermeneutico è quello della coscienza e, fondamentalista di una rivelazione gnosti-
in modo più particolare, la sua capacità di ca e diventi percepibile in termini autenti-

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camente umani, pur senza perdere la sua essenziale: l’amore di Dio e del prossimo.
trascendenza e indisponibilità, in quanto Nella prospettiva accennata, la fede, pur
dono di Dio. non essendo esplicitamente professata,
L’atto di fede è dunque un atto morale, probabilmente non può dirsi assente, così
ma con questo non si è ancora giunti a che anche una dimensione teologica vera
capire se anche il contrario potrebbe esse- e propria dell’agire morale potrebbe essere
re vero, cioè se l’atto umano potrebbe ave- intellegibile.
re un valore religioso e teologico. Ancora
una volta la coscienza morale appare come Conclusione - Partendo dalla riflessione
elemento centrale nella determinazione scolastica sull’atto umano si è preso co-
della risposta. Secondo la nota e profonda scienza di una continua e progressiva aper-
descrizione di GS 16: «La coscienza è il tura verso l’agente e verso una dimensione
nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, sociale ancora più ampia, comprendente
dove egli si trova solo con Dio, la cui voce non solo gli uomini, ma anche l’ambiente.
risuona nell’intimità propria. Tramite la Questo dinamismo, che evidentemente
coscienza si fa conoscere in modo mirabi- supera i confini ristretti dell’atto morale,
le quella legge, che trova il suo compimen- tuttavia non si sovrappone ad esso, come
to nell’amore di Dio e del prossimo». Il qualcosa di estrinseco, ma scaturisce come
dialogo intimo dell’uomo con Dio avviene esigenza interna della sua natura.
in tanti modi, ma la domanda è se l’espe- La collocazione dell’atto morale all’in-
rienza del valore morale, cioè di un appel- terno delle fonti della moralità, inoltre, ha
lo insopprimibile della coscienza che per- condotto a una discussione che ha visto
cepisce l’obbligazione morale della scelta spostare l’accento ora sull’oggetto dell’atto
che le sta davanti, possa rappresentare ora sull’intenzione dell’agente. L’insoddi-
un’istanza teologica. sfazione nella determinazione della dimen-
La riflessione teologica morale ha mo- sione morale dell’atto, affidata solo a uno
strato l’ingenuità sia di una sovrapposizio- di questi elementi (preferenzialmente all’og-
ne tra verità morale e verità di salvezza, getto), ha finito per proporre un approccio
senza alcuna distinzione, sia la loro com- olistico nel quale tutti gli elementi moral-
pleta estraneità, senza alcuna relazione. La mente significativi entrano nella determi-
coscienza morale è il luogo teologico in cui nazione della moralità dell’atto. Da qui
la persona percepisce la dimensione mora- una maggiore sottolineatura delle circostan-
le della sua decisione di fede e contempo- ze, spesso sottovalutate dalla tradizione, e
raneamente la dimensione di fede della sua soprattutto una prospettiva morale mag-
decisione morale. Non sempre questa per- giormente attenta alla dimensione storica
cezione avviene in modo riflesso e consa- e geografica dell’agire.
pevole, ma di fatto, l’esperienza della co- Infine si è preso coscienza della neces-
scienza morale in relazione al valore mo- sità di una dimensione teologica dell’atto
rale potrebbe rappresentare una di quelle morale, collocato nell’orizzonte più ampio
vie previste da Dio per condurre le persone del rapporto tra fede e morale. A questo
all’obbedienza della fede. L’obbedienza al- proposito è necessario ribadire che lo stes-
la propria coscienza morale potrebbe di- so atto di fede entra nel dominio della
ventare l’occasione concreta attraverso la morale, poiché si presenta come evento di
quale la persona esprime, nell’ambito del coscienza e in quanto tale supera il rischio
concretamente possibile, la sua obbedienza di un pericoloso fondamentalismo religio-
della fede. Soprattutto nel caso in cui tale so. Dall’altra parte, tuttavia, proprio in
persona, sottomettendo se stessa alla voce quanto evento di coscienza, intesa come
della propria coscienza, ne coglie il nucleo voce di Dio, non sembra impossibile che

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AUTONOMIA

la decisione relativa all’atto morale da com-


piersi possa rappresentare concretamente,
per una persona nella sua situazione par-
ticolare, la strada per giungere all’obbedien-
za della fede che Dio gli richiede.
Bibl. - V. Balcius, L’agire. Tra virtù e opzione fondamentale,
Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2016 - P.
Carlotti, Teologia della morale cristiana, EDB, Bologna 2016
- M. Chiodi, Teologia morale fondamentale, in Nuovo corso di
teologia morale 1, Queriniana, Brescia 2014 - K. Demmer,
Christi vestigia sequentes. Appunti di Teologia Morale Fonda-
mentale, PUG, Roma 1989 - A. Fumagalli, Azione e tempo.
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Hoffmann, Moral Action as Human Action-End and Object
in Aquinas in Comparison with Abelard, Lombard, Albert, and
Duns Scotus, in The Thomist 67 (1/2003) 73-94 - J. Pilsner,
The Specification of Human Actions in St Thomas Aquinas,
Oxford University Press, Oxford 2006 – J.A. Selling, Object,
End and Moral Species in S.T., I-II, 1-21, in Ephemerides
Theologicae Lovanienses 84 (4/2008) 73-94 - D.F. Weaver,
The Acting Person and Christian Moral Life, Georgetown
University Press, Washington/DC 2011 - C. Zuccaro,
Teologia morale fondamentale, Queriniana, Brescia 20162.

C. Zuccaro

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