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QUALITÀ DEI PRODOTTI ANIMALI

Concetto di qualità
In senso tecnico viene definita come il complesso delle caratteristiche che rendono un oggetto
adatto all’uso o alla funzione a cui è destinato. Applicato all’ambito alimentare possiamo dire che
l’aspetto della qualità fa riferimento alla sicurezza (dell’alimento) e all’aspetto nutrizionale ovvero in
che modo soddisfa il nostro fabbisogno.
In realtà questi ultimi due aspetti non coprono totalmente il concetto di qualità in quanto bisogna
considerare anche l’aspetto edonistico legato alla scelta che noi facciamo circa cosa mangiare. Su
questa scelta ovviamente incidono molti aspetti.
Si tratta quindi di:
 Multidimensionalità: nella qualità dell’alimento troviamo aspetti come l’etica e la sostenibilità
(Carbon e Water Footprint). Legati alla soggettività dell’individuo.
 Dinamica: la percezione della qualità può variare nel tempo, anche radicalmente. Esempi
validi sono il caso della mucca pazza del 1993 che ha portato a una forte riduzione del
consumo di carne bovina o il caso della diossina nei polli e nei suini. Ciò significa che può
determinare problemi nel mercato e nella gestione delle produzioni.
 Capacità d’acquisto

Qualità igienico-sanitaria

Considerato per un alimento sano che non arreca danno al consumatore; per molti è considerato
un prerequisito. Le fonti di rischio possono essere molteplici:
 Contaminazione microbiologica: l’obbiettivo è limitare la crescita microbica utilizzando i
fattori che la influenzano quali substrato, pH, temperatura, acqua libera e ossigeno. Per
conservare il prodotto devo rendere sfavorevole almeno uno di questi fattori.
Sulla base della temperatura di sviluppo ritroviamo:
- Psicrofili: crescono tra – 5°C e 20°C; optimum attorno ai 15°C.
- Mesofili: crescono tra 20°C e 45°C; optimum attorno ai 37°C.
- Termofili: crescono tra 40°C e oltre i 90°C; optimum attorno ai 60°C.
Per contenere la crescita microbica ci sono molte strategie che comprendono metodi
chimici, metodi fisici, chimico-fisici e metodi biologici.

 Residui di farmaci, pesticidi e altre sostanze di sintesi: da questo deriva il problema


dell’antibiotico resistenza. Può portare alla selezione di ceppi resistenti a determinati
farmaci: la selezione ha origine negli allevamenti in quanto rappresentano il primo luogo di
utilizzo di questi prodotti. In merito a questo le risposte stanno migliorando. Gli utilizzi di un
antibiotico in allevamento riguarda:
- Scopo terapeutico;
- Profilassi: ovvero prevenire;
- Promotori della crescita: con scopo auxinico; elimino i patogeni e i microrganismi meno
efficienti favorendo quelli migliori  ho un aumento delle rese animali dettate da migliori
performance.
Gli antibiotici, assieme agli ormoni, hanno rappresentato per molto tempo importanti forti di
profitto (negli USA è possibile utilizzare ormoni ma solo quelli animali). Tuttavia ci è accorti
successivamente che questo portava a problematiche di antibiotico resistenza con
selezione di ceppi resistenti.
L’uso in se è stato introdotto con gli allevamenti intensivi a seguito di maggiori richieste
produttive da parte dei consumatori sul fatto che le proteine animali divenissero prodotti di
base e quindi che la produzione costasse poco. La presenza di questo tipo di allevamenti,
data la loro impostazione, favorisce notevolmente la diffusione di malattie e si rende quindi
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necessaria una prevenzione attraverso la profilassi. Non volendo applicare la profilassi si
scelgono sistemi di allevamento con benessere maggiore per gli animali ma questo porta
ad aumentare i costi di produzione. con questo secondo approccio si vuole diminuire i
consumi in favore di un migliore aspetto qualitativo – nutrizionale. N.B.: le filiere si adattano
alle richieste dei consumatori.

Sistema di sorveglianza europea sull’uso di sostanze antimicrobiche

Andando a guardare le vendite di antimicrobici (legato alle vendite) come uso di


antimicrobici/kg di biomassa animale ritroviamo Italia, Spagna, Portogallo come maggiori
utilizzatori. Questo deriva dal fatto che ci troviamo in climi caldi che favoriscono lo sviluppo
di malattie.
Guardando agli antibiotici di ultima generazione c’è una minor vendita in Italia. In 10 anni si
è circa dimezzato la vendita di sostanze antimicrobiche.
Dati italiani: dal piano di sorveglianza del ministero della salute si può vedere come in 10
(2010-2021) si è passati da 421,1 a 173,5 mg/PCU (unità di bestiame).

Su questo aspetto la GDO fa molto marketing: si ricercano sempre più delle linee di prodotti
antibiotic free o con periodi di sospensione molto lunghi.
Dal punto di vista produttivo la presenza di antimicrobici porta a una mancata coagulazione
del latte.
La risposta generale al problema è quella di modificare le proprie abitudini.

 Inquinanti ambientali: rappresentati da metalli pesanti e radionuclidi. Si pensi ad esempio


alla presenza di piombo nei carburanti. Le sostanze radioattive derivano in genere da
eventi avversi. Lo spostamento di queste sostanze tra gli esseri viventi segue la strada
della concentrazione (fall out) con la concentrazione che avviene tra gli animali. Un
esempio è il mercurio che dagli organismi filtratori si concentra fino all’ultimo consumatore.
La prevenzione vede tecniche che riguardano la diluizione o disinquinamento usando
piante per la fitodepurazione.
Altre sostanze tossiche che possono presentarsi sono le micotossine: ovvero tossine
fungine sviluppate sulle piante e i loro prodotti. Il problema riguarda soprattutto il mais e la
frutta secca. Ciò determina il problema nella zootecnia dato dall’utilizzo del mais come
mangime. Inoltre con l’aumento delle temperature e la minore diponibilità idrica si
amplificano le condizioni che portano a uno stress del mais con successiva produzione da
parte delle muffe. I fattori che determinano la produzione di micotossine sono l’ambiente, la
presenza del patogeno e sensibilità dell’ospite.
Negli alimenti le ritroviamo principalmente nei prodotti in figura. Annate con estati siccitose
e calde favoriscono la loro produzione.
Aflatossine: sono quelle che danno
maggiori problemi in ambito
zootecnico. Possono portare a effetti
immunodepressivi, cancerogenicità
e epatotossicità.
I limiti di aflatossine negli alimenti sono
riportati nel Reg. CE 401/2006:
- Materia prima B1 20 µg/kg (ppb)
- Mangime B1 5 µg/kg
- Latte M1 0,05 µg/kg

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Risulta fondamentale la prevenzione al fine di limitarne la presenza. Si può procedere attraverso:
 Irrigazione: fornendo acqua in quantità richiesta del mais; tale da non indurlo in stress.
Questo prevede una migliore gestione delle risolse idriche attraverso piani di accumulo che
prevedono la costruzione di bacini di accumulo artificiali.
 Alternative agronomiche a scopo zootecnico: rotazione e avvicendamento colturale. Viene
imposto dalla PAC, inoltre aiuta a ridurre gli sprechi.
A questo proposito i possibili sostituti sono rappresentati dal sorgo. Pianta proveniente dall’Africa.
Si presenta rustica e resistente e quindi molto meno sensibile agli attacchi fungini. Fornisce fibra e
anche amido. Aiuta a compensare il
mais che potrei utilizzare in quanto
contaminato. Guardando il grafico si
intuisce come abbia senso produrre
mais nel momento in cui si ha la
disponibilità idrica. Se c’è poca
disponibilità di acqua la pianta va in
stress e favorisce la crescita di
Aspergillus.
- Il terzo approccio prevede la
lotta biologica: si usano dei
“ceppi utili” di funghi. Ceppi di
Aspergillus che non
producono muffe. L’obiettivo
è quello di utilizzarli come
competitors. La selezione di questi funghi prevede che:
- Siano autoctoni: si devono adattare.
- Non siano tossigeni;
- Siano forti competitori con i ceppi tossigeni;
- Efficaci in piano campo e facili da utilizzare.

Altre inquinanti potenzialmente presenti sono le biotossine algali. Queste si accumulano


principalmente negli organismi filtratori. Sono molto pericolose e molto stabili e a elevata
patogenicità.
Ultime sono le sostanze tossiche fraudolente: la loro presenza deriva dall’etica del comportamento.
Un esempio è il caso della diossina  quali sostanze che sono state introdotte nella catena
alimentare in quanto utilizzate per alimentare i polli e i suini. Altro esempio è l’aggiunta di
melammina, sostanza utilizzata per produrre i mobili, in Cina nel latte per aumentare il titolo
proteico. Ciò ha comportato la morte di alcuni bambini.

Qualità organolettica
Sono in grado di avvicinare o allontanare il potenziale consumatore da un alimento. Possono
sembrare marginali in realtà, anche se hanno minime relazioni con l’aspetto nutrizionale, guidano
fortemente le nostre scelte. Questo attraverso la nostra disponibilità economica ma anche da altri
aspetti di gradimento: ci avvicinano alla probabilità di acquisto.
Le analisi della qualità comprendono sia analisi di laboratorio che valutazioni sensoriali  fa parte
della qualità di processo. sono analisi che vengono effettuate prima di lanciare la campagna
commerciale attraverso un panel interno. Sono importanti in quanto l’aspetto nutrizionale non, in
realtà, è poco sentito nelle nostre scelte.
Si parla di percezioni sensoriali che riguardano tutti i sensi. La vista non è da sottovalutare in
quanto influenzata dalle luci nel luogo di acquisto. Ad esempio nelle macellerie la disposizione
delle luci è tale da far apparire la carne migliore agli occhi del consumatore. Oltre a questo

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possiamo utilizzare la vista per valutare lo stato di conservazione. Altri aspetti riguardano l’odore
attraverso il quale posso capire se un prodotto sia marcio o acido legato anche ad aspetti igienico-
sanitari. La consistenza da informazioni sullo stato di avanzamento del processo proteolitico. Un
metodo utilizzato per valutare la freschezza di un uovo è quello di immergerlo in un bicchiere
d’acqua leggermente salata e vedere se va a fondo.

Qualità nutrizionale

L’aspetto nutrizionale è poco influente nella scelta del prodotto. Ciò è anche dovuto dal fatto che
c’è poca conoscenza dei principi nutritivi. Per questo motivo si rende fondamentale l’educazione
alimentare nei bambini al fine anche di ridurre i problemi di salute. Si gioca sulla prevenzione. Dai
prodotti animali, come già dal latte ad esempio, mi aspetto di ricavare proteine e lipidi. Vitamine e
Sali minerali sono meno presenti nei prodotti di origine animale. questi aspetti sono generalmente
poco noti o del tutto sconosciuti alla maggior parte dei consumatori. Dal punto di vista nutrizionale i
prodotti di origine animale forniscono proteine
per:

Con variabilità legata al taglio, tipo di animale,


ecc…

Funzione delle proteine

Fabbisogno proteico
Considerando tutto il fabbisogno, e non solamente quello derivante dai prodotti animali, il valore si
attesta circa a circa 1 g di proteine/kg di peso corporeo. Il valore è una media. Per persone
sedentarie è stimato a 0,83g mentre per gli sportivi può andare da 1,2 g fino a 2 g; lo stesso vale
per individui nella fase di sviluppo. Quantitativamente non sono molte e questo rischia di
determinare una sovralimentazione.

Turnover proteico
Si tratta di amminoacidi che periodicamente vengono sostituiti. Gli amminoacidi totali che
compongono le nostre proteine sono 20. Il legame peptidico è un legame ad alta energia e questo
determina che elevata sia l’energia necessaria per la formazione di tali legami.

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Circa la metà degli amminoacidi negli organismi superiori non ha una via metabolica di sintesi:
questo determina che bisogna assumerli attraverso l’alimentazione. Non si parla più di fabbisogno
proteico ma di “fabbisogno amminoacidico” per gli amminoacidi essenziali. Questi amminoacidi
essenziali diventano chiave nel momento in cui mancano e l’assenza stessa blocca la sintesi della
proteina secondo la legge del minimo di Liebig. “La sintesi di una proteina è limitata dalla presenza
di un amminoacido presente in quantità minima”  concetto di amminoacido limitante: è il primo
amminoacido, limitante di solito, che risultante carente blocca la sintesi proteica. Quando si ha un
amminoacido limitante, oltre al blocco della sintesi proteica, gli altri amminoacidi risultano in
eccesso  il nostro organismo non può stoccare amminoacidi e per questo vengono catabolizzati.
Per prima cosa avviene una deaminazione che
determina la perdita del gruppo amminico NH2 , ad
esempio per gluconeogenesi o energia. Questo
porta all’eccesso di azoto circolante con effetti
potenzialmente tossici, anche sulla fertilità: una
alimentazione iperproteica può avere effetti sul calo
della fertilità. Questo azoto non può essere liberato
come tale, a differenza dei pesci che sono in grado
di liberarlo mediante ammoniaca. L’uomo è
ureotelico in quanto nelle cellule epatiche (o
epatociti) avviene il ciclo dell’ornitina-citrullina.
L’azoto, nel mitocondrio, consuma energia in forma
di ATP producendo poi urea che viene eliminata
attraverso le urine. Si tratta quindi di un metabolismo
energicamente costoso.
Le proteine animali non sono tutte uguali e la qualità dipende dal profilo amminoacidico che le
compone in particolar modo dagli amminoacidi essenziali che portano. Si parla quindi di valore
biologico: ovvero come l’apporto di amminoacidi si avvicina al fabbisogno dell’organismo che li
consuma. Quelle di origine animale hanno valore biologico maggiore. Guardando il valore
biologico si nota come l’uovo rappresenti la fonte di amminoacidi essenziali di riferimento. Per i
vegani è fondamentale la complementarietà tra gli alimenti.

Strutture delle proteine


Caratterizzano la loro funzionalità. La struttura può essere modificata grazie al calore e al pH.
Entrambi ne determinano una denaturazione con modifica fisica e conformazionale.
Il calore è legato alla cottura che porta a una modifica della struttura spaziale delle catene
polipeptidiche con conseguente aumento della disponibilità di amminoacidi. Gli scopi della cottura
sono diversi; ritroviamo quello di igienizzare il prodotto attraverso una sanificazione dell’alimento e
quello di aumentare la digeribilità, rimanendo entro certe temperature. Le temperature da
mantenere dipendono dal tipo di carne di cui si parla:
 Bovino: non bisogna superare i 70°C al cuore in quanto questo porta a un eccessivo
scadimento qualitativo, dovuto a una perdita di liquidi, determinando così un prodotto più
secco; le proteine si denaturano.
 Suino e pollo: si tratta di temperature più alte riferite all’aspetto della sicurezza del prodotto;
un esempio è il Campylobacter per il pollo.
La cottura attraverso la bollitura riduce la disponibilità di proteine e amminoacidi.

Apporto lipidico
I lipidi sono i nutrienti più energetico con 9 kcal/g. nei prodotti di origine animale l’apporto lipidico è
molto variabile nei formaggi soprattutto (scremati o non scremati) ma anche nei pesci se si pensa
che sono compresi sai i mitili che le anguille.

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Sono definiti come sostanze organiche insolubili in acqua ma solubili in solventi organici come
etere, esano e benzene.

Qualità dei lipidi


 Più del 90% dei lipidi si presenta come trigliceride e quindi come unione mediante legame
estere di 3 acidi grassi a una molecola di glicerolo. Rappresentano gli stock di energia negli
organismi superiori.
 Steroli: composti organici policiclici che comprendono vitamine liposolubili (A,D,E,K) ma
anche sostanze ad azione ormonale. Un esempio è il colesterolo che rappresenta:
- precursore degli acidi biliari;
- precursore di ormoni sessuali.

Acidi grassi
Sono catene carboniose che presentano un
gruppo carbossilico (-COOH) a una estremità mentre possiedono un gruppo metilico (-CH 3)
all’estremità opposta. Il numero di atomi di carbonio è pari poiché la loro sintesi avviene mediante
l’aggiunta di 2 atomi di carbonio per volta. In numero di atomi di carbonio di un acido grasso
saturo, che non presenta quindi doppi legami, viene riportato come C n. Per acidi grassi insaturi e
che presentano quindi almeno un doppio legame si riportano con Cn:n dove la seconda “n”
rappresenta in numero di insaturazioni. Questa differenza strutturale porta a delle modifiche del
comportamento della molecola e del prodotto oltre che della qualità. Gli acidi grassi insaturi sono
principalmente presenti in alimenti di origine vegetale. Questi acidi grassi sono però maggiormente
suscettibili a reazioni di ossidazione e irrancidimento che portano a degli effetti anche sulla
conservabilità del prodotto stesso.
Gli acidi grassi saturi hanno un punto di fusione maggiore e perciò li ritroviamo principalmente in
forma solida a temperatura ambiente.
Gli acidi grassi insaturi, data la presenza delle insaturazioni, sono generalmente liquidi a
temperatura ambiente data la loro temperatura di fusine più bassa. Dal punto di vista salutistico
questi sono preferiti in quanto non si depositano nel sistema cardiovascolare a differenza di quelli
saturi che ne determinano una riduzione dell’elasticità. Anche per questo motivo è sconsigliato di
assumere alimenti di origine animale molto grassi.

Problemi di irrancidimento
L’ossidazione degli acidi grassi determina una rottura dei doppi legami, catalizzata dalla luce.
Questo interessa la conservazione dei prodotti: ad esempio nei salumi la presenza di acidi grassi
saturi, dal punto di vista tecnologico, facilita la conservabilità. Per gli individui mono gastrici gli acidi
grassi ingeriti rimangono tal quali mentre per i ruminanti avviene, nel rumine, la trasformazione da
insaturi a saturo che ritroveremo poi nel prodotto finale.

Acidi grassi polinsaturi


Catene carboniose che hanno un numero di insaturazioni maggiore di 1. Li troviamo, seppur in
quantità minima, nei prodotti ittici. Ne sono arricchiti i prodotti come il latte ad esempio grazie al
pascolo delle vacche che attraverso l’erba introduce questi composti nel prodotto finale.

Qualità nutraceutica
Nutraceutico: assieme di aspetti nutrizionali e terapeutici.

Qualità tecnologica
Deriva dalle trasformazioni ovvero come l’attitudine di una materia prima a essere trasformata. Si
stratta di un settore molto variegato. Un esempio di valutazione della qualità tecnologica è
l’attitudine casearia del latte, sulla base della composizione. Altro esempio sono i salami in

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stagionatura e le caratteristiche organolettiche che ne derivano. Sono richiesti infatti specifici
attributi come il grasso e quale grasso; il rapporto grasso/magro per la palatabilità e la presa del
sale: più è magro maggiore è l’assorbimento del sale. Le caratteristiche specifiche, circa la qualità
tecnologica, vengono riportate nei disciplinari.

Qualità ambientale (sostenibilità)


Molto importante, considerata tra i fattori principali. Consiste ne conoscere il contributo di un
prodotto al consumo idrico e all’inquinamento ambientale. È un aspetto trasversale che va oltre il
settore alimentare.
Per gli alimenti di origine animale, ruminati soprattutto, è un punto di debolezza: le emissioni di co2
e metano dalle fermentazioni ruminali sono di molto maggiori a quelle dei monograstrici. Non
bisogna tralasciare il contributo dell’agricoltura dovuto, ad esempio, dal protossido di azoto
derivante dalla produzione dei pesticidi.
Oltre al settore del bestiame anche gli altri hanno un impatto non trascurabile. Il bestiame ha
l’aspetto positivo che fa manutenzione ambientale attraverso il pascolo.

Emissioni
I bovini risultano i meno efficienti ma si possono effettuare delle mitigazioni lavorando
sull’efficienza per diminuire le emissioni, soprattutto per i bovini.
Ad oggi l’India è il maggiore produttore di latte nel mondo; questo però non è abbinato a una
buona efficienza di produzione:

Figura 1Produzione di latte nel mondo e relativa efficienza della produzione. Ad oggi l'India è il maggiore produttore

Si può aumentare l’efficienza della produzione attraverso il trasferimento di tecnologie.


Qualità etica
Requisiti di un alimento o di una filiera in linea con le aspettative di determinati gruppi di
consumatori. “Fairtrade”: garantisce una corretta retribuzione e rispetto dei diritti minimi dei
produttori; non riguarda solo l’ambito alimentare. a questo è legata la banca etica che presenta dei
requisiti minimi per effettuare degli investimenti.
“Freedom Food”: è una certificazione volontaria. RSPCA è l’ente di certificazione. Riguarda il
benessere di animali da reddito. Certifica che gli animali siano allevati con il rispetto di determinati
requisiti. Sono molto diffuse nel nord Europa, importanti per creare vantaggio competitivo. L’UE ha
importanza nella salute degli animali da reddito, maggiore rispetto agli USA, e questo rappresenta
un aspetto di marketing importante considerando anche il fatto che in UE i prodotti costano di più.
Tutta la Politica Agricola Comunitaria vuole garantire il rispetto di determinati standard e, inoltre, un
animale che sta meglio permette di ridurre l’utilizzo di pesticidi. Oggi si è aggiunta anche la ricerca
delle positive emotions dell’animale. Si cerca di ridurre la morbilità = n animali ammalati/n totale di
animali. Le produzioni DOP dovrebbe essere leader di questo tipo di produzioni.

Qualità etnica/religiosa
Alimenti prodotti nel rispetto di determinati credo religiosi (macellazioni rituali islamiche Halal ed
ebraiche Schechità. Si tratta di macellazioni rituali che interessano gli arabi e i giudei: non
accettano lo stordimento degli animali, aspetto obbligatorio in UE per poi procedere alla morte per
dissanguamento. I prodotti per ebrei e arabi fanno parte di filiere specifiche per questi gruppi etnici
dove la morte avviene per immediata recisione della carotide.

Qualità commerciale
Indica la capacità di penetrare il mercato. I marchi a livello europeo sono:
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 BIO: che definisce il regime Bio di produzione;
 DOP: relativo all’origine geografica;
 IGP: relativo all’origine geografica;
 STG: relativo alla produzione, alla sua tradizionalità.

In realtà questo tipo di marchi ha una capacità di penetrazione ridotta se paragonata a marchi
commerciali come McDonald o Coca-Cola. Questi hanno maggiore potere pur non considerando
affatto l’aspetto nutrizionale. Bisogna poi considerare che in ogni individuo questi hanno
un’importanza diversa.
In Italia i consumi stanno diminuendo anche senza considerare le oscillazioni dovute al covid.
Questo va sfavore dei consumi dei prodotti di origine animale:
 Nuove abitudini alimentari: aumento del vegetarianismo e dei vegani;
 Si parla male delle filiere animali: favorito dal fatto che sono molto frammentate;
 Intolleranza al latte;
 Carne: molteplici motivi che guidano a ridurne il consumo;
 Prodotti ittici: timori igienico-sanitari; è più costoso, soprattutto il pescato.

Strumenti e metodi per misurare la qualità degli alimenti di origine animale


È fondamentale dare un’unità di misura alla qualità; ci sono descrittori che possiamo misurare.
Considerare che ci sono aspetti olistici che riguardano la qualità. Nell’agroindustria risulta
fondamentale gestire la qualità. La misurazione della qualità è fondamentale per:
 Certificarla;
 Per discriminare i prodotti; ad esempio nel caso della nutraceutica.

Descrittori della qualità


1. Sicurezza igienico-sanitaria;
2. Aspetto sensoriale;
3. Ruolo nutrizionale.

1. Sicurezza igienico-sanitaria
Fondamentale conoscere quali siano i fattori rischio. A questo proposito si parla di:
 Contaminazione microbica: patogeni o microrganismi degradatori;
 Presenza di residui: farmaci e fitofarmaci;
 Inquinanti.
In relazione all’inquinamento microbiologico si considera:
 Carica microbica totale (quantificazione);
 Ricerca di ceppi patogeni: ad esempio Escherichia coli O157:H7; Salmonella nelle uova;
 Ricerca di prodotti del metabolismo: ELISA, kit immunoenzimatici, possono presentare limiti
di legge.

La presenza di residui fa riferimento anche al problema dell’antibiotico resistenza e quindi al


rispetto del tempo di sospensione: il mancato rispetto porta, tra le altre cose, all’ottenimento di latte
che non coagula. Attraverso il Delvotest è possibile verificare la presenza di residui di antimicrobici
tramite una reazione colorimetrica. Altri kit utilizzati sono quelli per la ricerca delle aflatossine. La
ricerca dei residui interessa anche i metalli pesanti: tramite ICP (MS) che rileva la presenza di
radionuclidi. A queste si affiancano tecniche rapide per effettuare test rapidi.

2.1Caratteristiche sensoriali

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Alcune sono misurabili, altre reologiche: ho strumenti e valori standard di riferimento. Alcune sono
più difficili da misurare anche se molto importanti per il consumatore. Misurarle può diventare
molto costoso.
Parametri misurabili
Colore:
 Metodi soggettivi:
- yolkmetro;
- giurie di esperti;
 Metodi oggettivi (strumentali):
utilizzati per fare confronti;
- Colorimetri: sono rapidi e non invasivi. Esprimono il colore utilizzando una scala
3D.:
y: luminosità (bianco - nero)
x: indice rosso (verde - rosso)
z: indice giallo (blu - giallo)
qualsiasi tonalità è ottenibile cambiando i parametri. È possibile valutare la
variazione dell’indice del rosso nelle diverse matrici proteiche: ad esempio il pesce
non presenta la mioglobina.

Tenerezza: molta gente smette di consumare la carne rossa perché meno tenera: determinante la
riduzione del grasso. A questo si abbina la riduzione del tempo di frollatura per necessità
commerciali. Posso misurarla considerare la nostra masticazione (aspetto complesso):
 Analisi soggettiva: tramite panel test;
 Metodi strumentali: tenerimetri. Il tenerimetro a ghigliottina misura lo sforzo, in kg o N/unità
di superficie, per il taglio di un cilindro di carne dalle dimensioni standard.
Dove gli strumenti risultano più complicati da utilizzare le caratteristiche sensoriali risultano ancora
più importanti e di conseguenza è fondamentale l’addestramento a monte.

Analisi sensoriale
Coinvolge tutti i sensi, attività su base
scientifica. Ad esempio già la vista ha la
capacità di allontanare o avvicinare un
consumatore al prodotto (presenza di muffe,
presenza di altri difetti).
Ci sono due tipi di test sensoriali: test analitici,
con base scientifica e test affettivo, legato al
marketing.

Test sensoriale analitico: utilizzato per conoscere il profilo sensoriale di un alimento per, ad
esempio, discriminarlo dai competitor: presenza dell’insilato nella produzione del Grana rispetto al
parmigiano, dove è vietato. Si tratta di persone addestrate e selezionate. Importante che durante
l’analisi si creino le condizioni ottimali per ottenere un’analisi oggettiva e non influenzata da aspetti
esterni. A questo si abbina un processo che parte dal reclutamento dei soggetti per passare poi
alla selezione, sulla base della loro sensibilità. Successivamente si ha una fase di addestramento
che si incentra sulla capacità di saper valutare e rapportare.
Uso questo tipo di test per confrontare i risultati del panel con quelli delle analisi strumentali:
rapporto lo sforzo al taglio con la tenerezza percepita dal panel.

Test sensoriale affettivo: l’obbiettivo è quello di valutare l’accettabilità o la preferenza di un tal


prodotto. Questo prodotto viene proposto ai potenziali consumatori e non al panel di esperti. Il
numero di individui interessati in questo test è generalmente molto maggiore rispetto a quello

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utilizzato nei panel test. L’aspetto del marketing è determinante per questo tipo di analisi. I test
affettivi sono utilizzati:
- Dai produttori dei beni di consumo;
- Dai fornitori di servizi (come le mense interne).
Si parla quindi di un numero elevato di soggetti, non addestrati e che devono far sì che i
consumatori siano propriamente rappresentati.

3.Ruolo nutrizionale
Vi sono molte analisi che rientrano in questo ambito. Si parla dell’analisi di target come proteine,
amminoacidi, lipidi, profili acidici, minerali, vitamine, ecc…I costituenti nutrizionali, oltre che per
l’importanza in se all’interno dell’alimento, sono obbligatori da riportare nell’etichetta per legge.
Per i prodotti animali l’interesse fondamentale è quello per l’apporto proteico e lipidico.

Proteine
L’analisi quantitativa interessa l’analisi della proteina grezza mediante l’utilizzo del Kjeldahl:
attraverso un idrolisi acida ottengo l’azoto del campione e moltiplicando per 6,25 ottengo il
contenuto proteico che viene poi riportato in etichetta. Nel caso del latte il fattore di conversione
dell’azoto totale è 6,38. Attraverso quest’analisi ottengo quella che è definita la proteina grezza:
questo in quanto si considera che posso avere nel campione azoto non proteico come azoto
solubile rappresentato da urea e amminoacidi. La proteina vera è ottenuta sottraendo dalla
proteina grezza l’azoto solubile: Proteina vera=Proteina grezza− Azoto solubile
Limitarsi a parlare di proteine può non essere sufficiente in termine di qualità per questo motivo si
parla di profilo amminoacidico: in relazione al quantificavo di amminoacidi essenziali per la sintesi
delle nostre proteine  collegato all’aspetto nutraceutico. Posso quindi qualificare le proteine sulla
base degli amminoacidi che le compongono.
L’analisi qualitativa consiste in un’idrolisi della proteina e quantificazione degli amminoacidi
mediante HPLC. In questo caso gli alimenti animali hanno un profilo amminoacidico molto
equilibrato rispetto ai nostri fabbisogni.

Lipidi
Sono generalmente visti negativamente e tendono a “squalificare” le caratteristiche di un alimento.
L’analisi quantitativa sfrutta la loro solubilità in solventi organici per analizzarli attraverso il Soxhlet:
prevede la solubilizzazione dei lipidi di una matrice che andremo quindi a ritrovare nella soluzione
dove poi l’eluente viene eliminato.
Il profilo lipidico è rappresentato principalmente da acidi grassi; in parte minore ritroviamo ormoni,
vitamine, ricercate successivamente tramite HPLC. Con l’analisi quantitativo ricavo solo l’energia
che questi apportano.
L’analisi qualitativa si concentra sul profilo degli acidi grassi. Questi:
 Caratterizzano le proprietà: consistenza, tendenza a irrancidire;
 Caratterizzano l’aspetto nutrizionale: “grassi buoni” (insaturi) e “grassi cattivi” (saturi).
L’appeal dell’alimento aumenta con la presenza di acidi grassi polinsaturi: omega 3, omega 6,
EPA, DHA che danno un contributo positivo all’alimento. Sono questi i driver delle etichette che
migliorano l’attrazione nei confronti del consumatore.
Gli acidi grassi insaturi, seppur visti in maniera migliore da parte dei consumatori, rappresentano
una componente lipidica instabile. In questo caso si parla di qualità in base alle alterazioni, ovvero
l’irrancidimento. Negli acidi grassi insaturi questo fenomeno è più veloce. La luce funge da
catalizzatore che porta alla formazione di radicali allilici. Si creano quindi perossidi che diventano
loro stessi catalizzatori  reazione che si autoalimenta. In generale ciò che deriva
dall’irrancidimento sono molecole sgradevoli. Andando a monitorare i perossidi si denota come
questi prima aumentano salvo poi calare in quanto si creano prodotti secondari come aldeidi; di
conseguenza il prodotto non può essere consumato e commercializzato.

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Alimentazione e salute

Diversi sono gli obbiettivi per cui si mangia. Questi posson essere riassunti nel fatto che mangiamo
per coprire i nostri fabbisogni e per un aspetto edonistico. L’aspetto della salute spesso risulta
essere marginale: l’uomo sta percorrendo una strada dove l’alimentazione è un fattore di rischio. Si
parla quindi di “Globesity” intesa come obesità a livello mondiale legata a uno scorretto stile di vita
e/o alimentazione. All’interno di questo quadro bisogna capire quale sia l’incidenza dei prodotti di
origine animale e vedere quindi cosa porta la popolazione ad aumentare di peso:
 Si parla di un ambiente obeso-genico  aspetto legato alla presenza di un paniere sempre
più ricco di calorie (cibi processati, bibite, ecc…);
 Stile di vita sempre più sedentario: introdotto fin dai primi anni di vita nei bambini.
Al fine di monitorare la situazione fisica della popolazione si utilizza l’indice di massa corporeo
massa(kg)
(BMI) calcolato come
altezza (m)2
Come riportato in figura ci sono dei range numerici che sono
utilizzati per distinguere la condizione fisica degli individui:
 Normopeso: fino a 24,9 e non sotto 20;
 Sovrappeso: fino a 29,9;
 Obeso: per valori ≥ a 30
Bisogna considerare che tutto questo ricade sulla spesa sanitaria
pubblica: è importante intervenire per ridurre il rischio di
determinate patologie.
Andando a guardare la relazione tra BMI e il rischio di patologie si può osservare:
 Nell’intervallo normale: minimizzo il rischio; se troppo magro si entra comunque in una fase
di rischio.
 Con l’aumentare del BMI aumentano i problemi come il diabete, problemi cardiovascolari,
ictus e di conseguenza aumenta la richiesta di ospedalizzazione.

Peso nel mondo


Quello del sovrappeso è un problema globale, contenuto dive si hanno problemi di
sottoalimentazione. La presenza di un maggior BMI ha determinato una correlazione con una
maggiore mortalità dovuta al covid.
Sovrappeso in Europa
In Europa più del 50% della popolazione è in sovrappeso. Andando a guardare il singolo stato in
Italia il sesso femminile ha un BMI inferiore rispetto al sesso maschile.

Situazione in Italia
La somma tra persone obese e sovrappeso è di poco al di sotto del 50%. Il problema in realtà è
abbastanza precoce; per questo motivo lo si inizia a monitorare già nei primi anni di età, tra i 9 e i
10 anni. Questo per capire la situazione attuale, i trend e cosa porta come rischi per la salute.

A questo proposito è stato effettuato uno studio in Italia per


verificare lo stato fisico dei bambini relazionato anche a
quello dei loro genitori. I risultati hanno dimostrato come
circa il 68,6% dei bambini risulta normopeso; il 20,4
sovrappeso e il 9,4 obeso. Da questo ne deriva che circa un
individuo su tre ha valori anomali. Se si guarda al sesso i
maschi hanno una maggiore incidenza di casi si individui
sovrappeso o obesi. Guardando al trend negli ultimi anni si evince un minimo calo. Considerando
l’aspetto geografico la situazione peggiore la ritroviamo nel sud del paese.
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Considerando la familiarità ovvero la correlazione che ritroviamo tra un bambino con valori anomali
e la presenza di tali valori all’interno della famiglia si può dire che vi è una correlazione tra genitori
in sovrappeso e bambini in sovrappeso. Da questo si può assumere come lo stile di vita del
genitore si rifletta anche in quello del bambino. Un altro aspetto dei genitori che ha dimostrato
avere un’influenza nello stato dei bambini è il loro livello di scolarizzazione: più alto è il livello di
scolarizzazione minori sono i problemi sovrappeso: c’è una maggiore attenzione a uno stile di vita
sano. Atro parametro che ha dimostrato avere un influenza è il reddito familiare: minore è il reddito
più lo stile di vita e le abitudini sono maggiormente caloriche. Le risposte a un questionario
dimostrano che tra le abitudini scorrette dei bambini ritroviamo:
 Non fanno colazione al mattino; problema maggiormente presente al sud;
 Mancato consumo di frutta e verdura (carenza di fibra);
 Non viene svolta attività fisica;

Apporto nutrizionale
 60% carboidrati;
 25% lipidi;
 15% proteine;
oltre a questo non bisogna trascurare le calorie apportate dall’eventuale consumo di alcol. Gli
alimenti di origine animale rientrano nel fabbisogno lipidico e proteico. Con molta probabilità
mangiamo più proteine di quante ne abbiamo bisogno, nonostante questo una dieta iperproteica
non porta a ingrassare  una volta coperto il fabbisogno proteico gli amminoacidi che eccedono il
fabbisogno non servono più e vengono catabolizzati:
 Rottura del gruppo amminico (deaminazione epatica);
 Scheletro carbonioso entra in vie metaboliche che portano a un eccesso di energia;
In realtà la deaminazione determina la presenza di azoto ammoniacale: è necessaria quindi una
detossificazione. L’uomo elimina l’azoto ammoniacale non come tale. I pesci sono in grado di farlo:
sono ammoniotelici in quanto liberano ammonio per liberarsi. Questo aspetto ha un risvolto negli
kg di alimento
allevamenti quando si considera l’indice di conversione alimentare (IC): . I
kg di accrescimento
pesci hanno un IC molto basso in quanto non spendono energia per liberarsi dell’azoto.
L’uomo è definito ureotelico: trasforma l’azoto ammoniacale in urea che ritroviamo poi nelle urine.
Questo attraverso il ciclo dell’ornitina-citrullina che richiede energia e fa quindi aumentare l’indice
di conversione. Da questo ne deriva che un’alimentazione iperproteica non porta a un surplus di
energia e quindi che gli alimenti di origine animale non possono essere la causa di un sovrappeso.
Potenzialmente i problemi possono derivare dal grasso della carne che però è stato ridotto
notevolmente negli anni.
Buona parte della sovralimentazione calorica deriva dai carboidrati: queste rappresentano il 60%
del nostro fabbisogno. I carboidrati si suddividono in zuccheri semplici (mono e disaccaridi) e in
polisaccaridi. Quest’ultimi sono rappresentati da:
 Amido: derivante dal dimero del glucosio quale il maltosio (α glucosio). Lo troviamo in
forma sferica/granulare. L’uomo ha gli enzimi per degradarlo.
 Cellulosa: che rappresenta la fibra alimentare. Deriva dal dimero quale il cellobiosio (β 1-4
glucosio) e forma strutture lineari. L’uomo non ha il corredo enzimatico per poterla digerire;
un minima digestione avviene nell’intestino crasso dove viene parzialmente fermentata.
L’errore dal punto di vista alimentare sta nel fatto che del 60% per cui è previsto il consumo la
maggior parte o buona parte è rappresentata da zuccheri semplici e amidi, eliminando la fibra
importante per le peristalsi. Tutto ciò non ha legati con i prodotti di origine animale.

Indice glicemico (IG)


Rappresenta la velocità con la quale aumenta la glicemia (tasso di glucosio ematico) a partire
dall’assunzione di 50g di carboidrati.
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 Glucosio e fruttosio portano a un importante aumento dell’indice;
 Fruttosio, presente nei prodotti vegetali, determina un rialzo minore dell’indice glicemico.
Da questo è possibile dedurre come i prodotti processati sono quelli che aumentano
maggiormente l’indice glicemico.
L’indice glicemico può essere cambiato: più raffino un prodotto più l’indice glicemico tende a salire.
 cottura: la cottura ha il potere di aumentare l’indice glicemico dell’amido. La pasta al dente, per
esempio, ha un indice inferiore graie a una minore gelatinizzazione dell’amido.
Altro esempio sono le banane che quando sono molto mature determinato un indice glicemico
maggiore nel consumatore.
IG × qtà carboidrati/100 g
Il calcolo dell’indice glicemico tiene conto del “carico glicemico” = ' .
grammi del l amilento (100)

Nuove abitudini alimentari


La disaffezione ai prodotti animali deve essere analizzata in quanto determina il futuro delle filiere
animali.

Vegetariani
La maggior percentuale di persone vegetariane la ritroviamo in India dove rappresentano il 30%
della popolazione. Il linea generale è abbastanza diffuso questo regime alimentare; anche nei
paesi economicamente più forti.
 In Italia: dai dati Eurispes post covid si evidenzia una diminuzione dei vegetariani: ad oggi
rappresentano poco meno del 6%.

Cosa sono i vegetariani:


 Latto-ovo-vegetariani: non consumano proteine animali derivanti d animali morti. È il
regime vegetariano maggiormente diffuso.
 Latto-vegetariani: molto diffuso in India. Non prevede il consumo di uova.
 Veganismo: prevede l’abbandono di qualsiasi alimento di origine animale. rappresentano
la percentuale più limitata.

Vegani nel mondo


India: 7%
Italia: 1-2%  i vegetariani assieme ai vegani sono al di poco sotto dei 4 milioni di individui.

Motivi alla base della scelta:


un ruolo importante è rappresentato dal sesso dell’individuo. Per i maschi il principale motivo per il
quale non consumano carne è per seguire una filosofia di vita; al secondo posto l’aspetto della
salute. Per le femmine il primo motivo è il rispetto per gli animali  un aumento dei vegetariani è
dovuto anche all’aumento della presenza di animali da compagnia che portano a cambiare la
percezione del rapporto uomo-animale. si prevede che per il futuro questo aspetto avrà un impatto
non trascurabile nelle filiere.
L’industria alimentare, dato l’interesse dei consumatori, ha dato una risposta:
 Fast food: “Plant Based Revolution” rappresentata dagli pseudo-hamburger. Nonostante
questo bisogna sottolineare come negli USA questo progetto di McDonald abbia fallito e sia
stato interrotto.
 Italia: Plant based è rappresentato da Valsoia, con i burger 100% vegetali, e da Kio-ene. Si
tratta in ogni caso di alimenti processati.

Veganismo
Totale eliminazione di alimenti di origine vegetale.

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 1° rischio: è relativo ai fabbisogni proteici. La sintesi proteica è legata alla disponibilità di
amminoacidi. Se un amminoacido essenziale risulta carente la sintesi potrebbe bloccarsi con la
necessità poi di dover smaltire gli amminoacidi in eccesso.
Le proteine vegetali sono sbilanciate rispetto al nostro fabbisogno in quanto hanno un minor valore
biologico. Per un soggetto vegano risulta quindi fondamentale la complementarietà: ovvero
diversificare le fonti proteiche. L’obiettivo è quello di arrivare all’optimum di disponibilità di
amminoacidi. Non bisogna trascurare che questo ha un costo.
Le fonti proteiche utilizzate sono principalmente:
 Soia: con prodotti come il tofu, il tempeh, il miso. Il loro punto di forza sta nel fatto che sono
privi di colesterolo e questo porta a ridurre il rischio di problemi cardiovascolari.
Conferiscono inoltre isoflavoni che aiutano a ridurre l’incidenza dell’osteoporosi.
Sono carenti in metionina (come tutti i legumi): rappresenta un donatore di gruppi amminici
in molti processi come, ad esempio, la produzione di colina (vitamina).
Presentano sostanze antinutrizionali: i fitati che riducono l’assorbimento di composti
oligominerali.
 Glutine: con prodotti come il seitan, composto per il 78% da proteine. I vantaggi di questo
prodotto sono i medesimi visti per la soia.
Sono carenti in lisina (come tutte le proteine dei cereali). L’aumento dei prodotti a base di
glutine sarebbe alla base dell’intolleranza al glutine.

 2° rischio: la vitamina B12 è veicolata da alimenti di origine animale. La ritroviamo soprattutto


nell’olio di fegato dei pesci. Questa vitamina ha un ruolo nella formazione di eritrociti; nello sviluppo
e nelle funzionalità del sistema nervoso: vi sono degli studi che correlano la diminuzione
dell’assorbimento della vitamina B12 con l’aumento delle malattie neurodegenerative. Il fabbisogno
maggiore è rappresentato da quello dei bambini.
Metabolismo della vitamina B12: una volta assunta raggiunge lo stomaco dive incontra uno
specifico fattore intrinseco che viene qui sintetizzato. Questo lega la vitamina e ne permette
l’assorbimento che avverrà poi nell’intestino. La mancata assunzione può portare a non
sintetizzare più il fattore intrinseco.
Andando a guardare la carenza di vitamina B 12 nei vegetariani si denota come il rischio sia
maggiore per i vegani, seguiti dai vegetariani; ultimi gli onnivori.

 3° aspetto: rapporto omega 6/omega 3 ovvero tra acidi grassi polinsaturi. Gli omega 3 sono
rappresentati da: EPA e DHA mentre gli omega 6 dall’acio linoleico coniufìgato (CLA). Le
indicazioni riportano che un rapporto ottimale ω 6 /ω 3 dovrebbe essere di 4:1. Questo è raggiunto
dalle popolazioni di eschimesi dato il loro elevato consumo di prodotti ittici che si rivela poi anche
diminuire i problemi cardiovascolari. La dieta mediterranea è squilibrata in quanto presenta un
rapporto pari a 7:1.
I vegani hanno il rischio di essere eccessivamente sbilanciati in favore agli omega 6 in quanto
consumano molti semi.

Guardando alla sostenibilità delle diete il problema di quella vegana può essere rappresentato
all’origine dei prodotti vegetali ovvero ai costi ambientali di trasporto.

Filiera delle carni

Il consumo di carne nel mondo sta aumentando; questo dovuto al fatto che sta aumentando la
popolazione ma anche i driver che guidano il consumo. Il consumo è sbilanciato tra le diverse parti
del mondo. Tra le regioni dove se ne consuma di più troviamo: Australia, continente americano,
l’Europa e il Medio Oriente. Africa e Asia sono i continenti dove se ne consuma di meno.

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Questa differenza è figlia del potere di acquisto: quando il consumatore aumenta il proprio potere
d’acquisto (inteso come stipendio medio/anno) si ha un aumento del consumo di prodotti animali.
Per il futuro, visto il costante aumento della popolazione previsto, bisognerà interfacciarsi con il
problema della sostenibilità. Si stimano per questo importanti incrementi nel consumo di proteine
animali ma con gradienti diversi: il maggior aumento è previsto per gli avicoli seguiti dai suini;
meno importante l’aumento delle carni bovine. Questa previsione dipende da fattori diversi:
 Il pollo è il più sostenibile;
 Dal punto di vista zootecnico il pollo è più efficiente per la trasformazione alimentare:
guardando il suo indice di conversione alimentare (kg alimento / unità di prodotto) gli avicoli
risultano i più efficienti tra i tre con un rapporto 2:1 contro il 7:1 dei bovini.
 Resa in carne: intesa come parte edibile ottenibile dall’animale. Per un bovino di 500 kg si
stima una carcassa di 300 kg e un prodotto finale edibile di circa 1/3. Dal suino si ottiene
quasi il 50% del suo peso mentre per gli avicoli siamo al 50%.
 Aspetti ambientali: utilizzando il rapporto di kg di proteine edibili/ha SAU (SAU = Superficie
Agricola Utilizzata). I bovini hanno la minor quantità di proteina prodtta seguiti dai suini e
dagli avicoli. Si guarda anche al consumo idrico /tonnellata di carne considerando quella
consumata dall’animale e dai mangimi che consuma. I bovini ne consumano nettamente di
più.
 Aspetti religiosi: i suini non sono consumati dagli islamici e dai giudaici.

Situazione in Italia
Il consumo pro capite di carne è stimato a 80 kg carne/anno. In realtà si tratta di un “consumo
apparente” in quanto acquistando carne non consumiamo per intero la quantità che acquistiamo.
Andando a guardare quella che realmente consumiamo il dato si attesta sui 40 kg/anno che
equivalgono a circa 110 g/giorno. Da questi si ricavano corca 25 g di proteine di cui possiamo fare
parzialmente a meno e ridurre anche il costo della mia dieta.
In Italia il consumo di carne sta diminuendo (molto evidente per il coniglio che è stabilmente
considerato un animale da compagnia). Tra le cause alla base della riduzione del consumo di
carne rossa e dei salumi ritroviamo:
 Aspetti sanitari;
 Aspetti legati alle metodiche di allevamento  solo il 4% del totale dei lavoratori opera
nell’agricoltura: questo determina un forte scostamento tra chi compra e chi lavora e
produce creano dei problemi nel trasferimento di informazioni.
Per limitare questo calo nel consumo è fondamentale il trasferimento di informazioni per
fidelizzare:
 Sapere da fonti ufficiali l’assenza di rischio per la salute;
 Conoscere meglio i metodi di allevamento.
Altrettanto utile per contrastare questa problematica è il fatto di puntare sulla qualità d’eccellenza:
questo porta a costi maggiori ma si ottiene un prodotto d’eccellenza. L’Italia può puntare a
massimizzare la qualità (olistica, comprende anche aspetti della sostenibilità ad esempio) piuttosto
che la quantità.

Carni bovine
L’Italia ha una grande dipendenza dall’estero per queste carni. Lo si valuta utilizzando il grado di
produzione
approvvigionamento: ×100 . Siamo un paese deficitario. Ci
∏ . interna+import−export
sollochiamo al terzo posto in europa come produzione ma siamo settimi per numero di vacche
nutrici, ovvero vacche che generano figli. Le maggiori importazioni riguardano il settore ittico
seguito da quello delle carni bovine.
Cause che rendono l’Italia deficitaria:

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 Manca il patrimonio di vacche da carne;
 Minori spazi disponibili: vengono allevate in pascoli semi estensivi.
Colmare il gap
Per colmare la differenza necessaria a soddisfare le esigenze interne si procede a importare
giovani bovini vivi o carni fresche macellate (l’Italia rimane comunque un paese deficitario).
 canali di approvvigionamento:
 Si importano circa 1 milione di bovini come scottone e giovenche. Questo canale risulta
tendenzialmente in contrazione;
 Importazione di carne: anche questo in contrazione: il consumatore è più fidelizzato alla
carne prodotta in Italia. La GDO cerca di priorizzare la carne animale considerando che in
etichetta sono riportati i luoghi dove l’animale è:
- Nato;
- Allevato;
- Macellato;
- (Porzionato/sezionato).
Se tutte queste diciture, o almeno dall’allevamento in poi, riportano il paese “Italia” il consumatore
vedrà più positivamente quel prodotto. La dicitura allevato in Italia è possibile se l’animale
importato è stato allevato per almeno 6 mesi in Italia. La provenienza che ritroviamo in etichetta
delle diverse operazioni dipende anche dal punto vendita in cui ci troviamo: nei discount è più
probabile ritrovare carne che è stata allevata in paesi esteri, soprattutto la Polonia oltre che
Francia e Olanda.

Macellazione
Ad oggi si macellano circa 2,5 milioni di capi/anno a differenza di qualche anno fa quando i capi
macellati erano circa 3,3 milioni. Di quelli ad oggi macellati circa:
 Un quarto sono rappresentati da vitelli a carne bianca;
 Il 60% da vitelloni, manze e giovenche con le manze in crescita;
 20% vacche che generalmente vengono esportate.
Per la carne bovina ritroviamo una peculiarità nei canali di approvvigionamento (rispetto a suini e
avicoli) in quanto sono molto presenti le macellerie: vendita diretta e personalizzata. Il costo che
presenta è maggiore rispetto ai prodotti della GDO.
Dati:
 Nella GDO è in forte calo la carne bovina (rossa) mentre sta aumentando l’interesse per il
pollo e il suino che rappresentano, in genere, carne più anonima.
 Macellerie: la carne di bovino è quasi esclusiva e ho la libertà della porzionatura; oltre a
questo ritroviamo una migliore qualità organolettica data dal maggior tempo di frollatura che
queste carni subiscono. Il tempo di frollatura è inteso come l’intervallo temporale che
intercorre tra la macellazione e la messa in commercio del prodotto dove avviene un
processo di autolisi che permette la trasformazione da tessuto muscoloso a carne (anche
da qui derivano i costi maggiori). Le macellerie rappresentano quasi un quarto delle vendite
di carne bovina.

Riferimento ai tagli:
 Quarto anteriore: pancia, petto: utilizzati per il brodo; sono di minor qualità.
 Quarto posteriore: lombata, coscia, natica: sono tagli di prima qualità. Presentano un tempo
di frollatura molto maggiore nelle macellerie rispetto alla GDO (28 giorni contro 9).

Dinamiche: si denota una contrazione degli acquisti di vitellone e vitello, dovuti principalmente al
prezzo. La scottona è in aumento: a parità di razza ed età sono più precoci  presentano più
grasso di marezzatura e più in generale carni migliori rispetto al maschio.

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Vitello
Si tratta di carne bianca consumata da molto tempo. I maggiori produttori sono, in ordine: Francia,
Olanda, Italia. L’olanda rappresenta il paese di riferimento: tutto il know how riguardante le
strutture di allevamento, l’alimentazione (latte in polvere) derivano da qui. In Olanda sono macellati
circa 1,2 milioni di vitelli ma ne sono consumati pochi: per questo motivo è il primo esportatore: in
Francia, Italia e poi il resto del mondo.

Allevamento: è standardizzato. A circa 15-20 giorni di età inizia i ciclo per i maschi da latte e
termina a 5-6 mesi (= ciclo breve). Si tratta infatti dei maschi delle vacche da latte. Presenta poca
carne nella coscia  denominata “fusello” o “coscia di pollo”. Questo in quanto deriva da vacche
da latte che anatomicamente presentano delle cosce meno voluminose per far spazio alle
mammelle. La presenza di poca carne determina un’alimentazione molto energetica, un ciclo
breve in quanto mantenerlo ulteriormente significherebbe farlo ingrassare (non voluto dai
consumatori delle filiere della carne).
I vitelli vengono raccolti e allevati in centri specializzati dove la loro dieta sarà composta
principalmente da:
 Sostitutivo del latte in polvere: siero di latte magro addizionato di proteine; consumato per 2
pasti/giorno;
 Pasti solidi

Criticità della carne di vitello: soprattutto etiche  fino a 20 anni fa. Risolto in parte con
l’introduzione del regolamento sull’allevamento dei vitelli. In passato lo si alimentava solo con latte,
in forma liquida, fino ai 6 mesi. In realtà un vitello già dopo 2/3 mesi inizia a provare altri alimenti
oltre al latte. Essendo inizialmente un animale monogastrico alimentarlo con solo latte manteneva
lo stato di monogastrico e lo allontanava dallo sviluppo fisiologico. Con il regolamento delle
associazioni di categoria si sono aggiunti anche i materiali solidi.

Resa: un animale di 230 kg presenta una resa al macello di circa il 60%. La carcassa è la parte
rimanente della macellazione: vengono tolte la testa, le parti distali, gli organi cavitali, il sangue.

Allevamenti – Italia
Sono localizzati principalmente in pianura padana. La regione maggiormente rappresentata è il
Veneto:
 Asolo, Castelfranco e Montebelluna;
 Verona – Mantova e Brescia.
Il Veneto assieme alla Lombardia rappresentano circa l’80% degli allevamenti. Troviamo circa 600
mila vitelli in Italia.

Come riportato in precedenza l’allevamento è totalmente specializzato. Si guarda alla disponibilità


di ferro in alimentazione: per ottenere la carne di un rosa pallido la dieta è a quantità ridotta di
ferro. La disponibilità del ferro nell’animale è valutata nel corso del ciclo. A questo proposito
bisogna specificare:
 Emoglobina: proteina che trasporta ossigeno dai polmoni alla periferia mentre trasporta co2
dalla periferia ai polmoni;
 Mioglobina: interessa lo scambio gassoso e il colore rosso della carne;
La diminuzione delle concentrazioni di emoglobina corrispondono a una diminuzione delle
concentrazioni di mioglobina. Il controllo qualità si occupa di monitorare questa situazione nel
tempo: favorire un calo di emoglobina durante il ciclo che non deve scendere mai il livello stabilito
per legge quale 4,5 mmol/L o 7,25 g/dL. Si utilizza quindi l’emoglobina come marker della
mioglobina.
Il controllo prevede alcuni prelievi:
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1. Dopo 15-30 giorni: fornisco o tolgo ferro dal latte sulla base del livello che riscontrato.
2. A metà ciclo.
3. A 20 giorni prima della macellazione: in questo caso sono effettuati prelievi a campione.
Se ci si trova sotto il limite si può fornire ferro destrano. Il prezzo della carne di vitello è dato dal
colore: il colore percepisce positivamente il colore odierno.
Ricapitolando l’allevamento prevede: controllo dell’emoglobina e del ferro nel sangue.

Punti di forza (slide):


 Allevamento standardizzato, molto specializzato  contratti di soccida: più allevamenti
sono controllati da un singolo gruppo, associato generalmente a un macello. Il soccidante
fornisce all’allevatore mangimi, animali, assistenza tecnica e sanitaria, ecc…
 Vista positivamente dal consumatore
Criticità:
 Concorrenza dell’Olanda: esporta molto; allevatori italiani penalizzati;
 Calo dei consumi: oggi i prezzi sono più elevati;
 Proviene da ciclo di allevamento con restrizioni rispetto alle caratteristiche di un poligastrico
 critiche dalle associazioni animaliste (diete carenti in ferro).

Ci sono alternative dove è eliminato il limite di ferro negli allevamenti: i vitelli sono svezzati e
vengono poi macellati a 10-12 mesi. La dieta è più normale e le associazioni animaliste si
presentano meno critiche. In Italia non è presente: non è accettato il prodotto da parte del
consumatore in quanto risulta troppo rosato. Le associazioni animaliste suggeriscono il vitello
sotto-madre: è allevato in presenza della madre. Ci sono però problemi pratici per farlo e altri
problemi legati al costo.

Carni rosse
In Italia ritroviamo almeno 1,5 milioni di capi suddivisi in 600 mila femmine, numero in aumento, e
900 mila maschi. Ritroviamo un dimorfismo sessuale in quanto i maschi vengono macellati con un
peso di circa 100 kg superiore alla femmina; questo aspetto deriva da:
 Il potenziale miogenetico è maggiore nei maschi;
 La macellazione dei bovini da carne rossa è legata allo stato di ingrassamento: se sono
troppo grassi sono pagati di meno. La femmina è precoce  viene macellata prima per
evitare un accumulo di grassi.
Le rese in macellazione sono simili al vitello.

Vitellone (e scottone)
Abbiamo tre linee di produzione.
1. Linea di produzione: “vitellone leggero”: peculiarità genetica  figlio di una vacca da latte
x il seme da toro da carne = un meticcio. Dall’allevamento delle vacche da latte quelle più
produttive sono fecondate, ad esempio frisona con frisone, e ottengo femmine da latte, che
sono tenute in allevamento, mentre i maschi sono venduti. Le vacche meno produttive sono
fecondate con il seme del toro da carne  ottengo un meticcio che ha il 50% dei geni da
carne: sia i maschi che le femmine sono vendute. Il meticcio sarà un po’ precoce in quanto
caratteristica ottenuta dalla madre; in allevamento lo si porta a un peso un po’ precoce per
evitare la carcassa eccessivamente grassa. Il prezzo di questi è di circa € 6 rispetto ai € 2
dei vitelli.

Allevamento: soprattutto in Pianura Padana in quanto sono presenti anche gli allevamenti
delle vacche da latte.

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La macellazione avviene attorno ai 14 – 16 mesi. È la carne nazionale che porta la dicitura
“IT” in tutte e quattro le voci dell’etichetta. Questa linea sta portando alla riduzione dei vitelli
puri.

2. Linea di produzione: “vitellone pesante”: cambia l’aspetto genetico. Si tratta di quelli che
generalmente importiamo  Charolaise e Limousine quali razze prettamente da carne.
Allevamento: ha inizio a 10-12 mesi dalla Francia dove gli animali vengono importati
settimanalmente su gomma. Il peso si aggira sui 400 kg. L’allevamento dura 6-7 mesi per
poter conferire la dicitura “IT” nell’allevamento.
La macellazione avviene sui 600-700 kg (Charolaise) attorno ai 16-20 mesi (le femmine per
prime in quanto precoci). Questa linea rappresenta il prodotto trainante della GDO.
 allevamenti intensivi – Pianura Padana: li ritroviamo principalmente qui in quanto ritroviamo
anche le coltivazioni di mais utilizzate per alimentare gli animali. Si tratta di allevamenti
specializzati che necessitano di almeno 300 capi per poter fruttare.
Guardando al diagramma di flusso della filiera ritroviamo che dopo l’import c’è una fase di ingrasso
seguita dalla macellazione per arrivare infine nel canale di distribuzione della GDO.

Punti di forza (slide):


 Sono allevamenti molto specializzati con un know how tecnologico rilevante;
 Massimizzano l’efficienza;

Criticità:
 C’è una forte dipendenza dal mercato: se a causa di qualche pandemia si necessita di
bloccare il trasporto dei bovini la produzione si blocca;
 Poca autonomia imprenditoriale: il prezzo della carne dipende dalla GDO; gli allevatori
“subiscono la filiera”. Dipendono inoltre dagli allevatori di carne.
 Immagine “industriale” del prodotto e della produzione agli occhi del consumatore  solo
un prodotto IGP;
 Meno amata rispetto al vitello: meno frollatura

Vitelloni e manza da carne  3a linea di produzione: rappresentano circa il 15% dell’offerta


della carne. Gli allevamenti sono distribuiti lungo la dorsale appenninica dove partiamo con la
razza Romagnola fino ad arrivare alla Podolica (vedi slide). Le dimensioni degli allevamenti sono
molto più piccole: si parla di aziende multitasking in cui la carne è solo uno dei prodotti che
l’azienda ha.
Le razze utilizzate sono quelle “bianche da carne” che presentano inoltre una attitudine meccanica
al lavoro: grandi ma lente nello sviluppo.
Sono macellati attorno ai 18 mesi e sotto i 24 in quanto dai 24 scatta la dicitura “bovino adulto” che
determina un deprezzamento del prodotto.
Allevamento: semi estensivo (parte di pascolo). La fecondazione avviene per via naturale. Si
hanno parti primaverili dove i quali i vitelli rimangono con la madre fino a novembre salvo poi
iniziare la fase di ingrasso.
Si parla di piccole dimensioni aziendali, con 30 – 40 capi, dove ritroviamo spesso strutture
obsolete e un’alimentazione che non prevede un unifeed.
Interessano filiere corte: il prodotto è venduto nei mercati locali e viene apprezzato a livello locale
(il prezzo è interessante ma si tratta di numeri piccoli). Essendo aziende multiprodotto la stalla è
solo complementare.

Punti di forza (slide):


 Immagine positiva: la Fiorentina dalla Chinina; anche se in realtà non tutte quelle
commercializzate, soprattutto a prezzo inferiore, sono da Chinina;
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 Forza delle filiere corte: buona parte del ricavo rimane all’allevatore;
 Presenti delle IGP;
Criticità:
 Allevamenti piccoli e obsoleti; possono presentare ancora animali legati;
 Scarsa propensione all’innovazione;
 Animali più terose (?) = presentano più osso.

Suini
In Italia sono allevati circa 8 milioni di suini: dato stabile tra le diverse categorie (slide). Questi non
coprono il nostro fabbisogno e per questo abbiamo un tasso di approvvigionamento di circa 2/3.
Ultimamente, post covid, esportiamo più di quanto importiamo  eliminato il deficit economico nel
2021.
Punti di forza:
 I volumi;
 I prezzi: il salume italiano è di eccellenza: prosciutto crudo, mortadella. Si vuole una
commercializzazione che non depauperi la qualità: un salume in Italia, essendo molto
consumato, viene affettato quotidianamente differenza dell’estero, nord Europa soprattutto,
dove è meno richiesto, dato il maggior consumo di carne cotta, e quindi si incorre più
facilmente in uno scadimento qualitativo. La soluzione è stata trovata nel confezionamento
in atmosfera modificata: conserva meglio la qualità.

Import: si tratta di carni fresche usate per le trasformazioni. Correlato bisogna ricordare come il
DOP sia l’unico marchio comunitario che tutela l’origine del prodotto (IGP no).
Guardando al “Disciplinare del Prosciutto di Parma” DOP questo specifica l’origine del suini di
partenza
DOP – Punti di forza della filiera
 produzione DOP e IGP: in Italia abbiamo molti IGP (21) e molti DOP (21) che rappresentano un
forte radicamento nel territorio. (tab. slide % di quota dei prodotti).
Per la carne bovina abbiamo i contratti di soccida nel caso del suino ritroviamo un sistema
fortemente integrato  contratti di soccida:
 Soccidante: fornisce il capitale, gli animali, gli alimenti, il supporto tecnico, ecc… Si tratta di
grandi gruppo come Negroni o Veronesi;
 Soccidario: fornisce attività di allevamento.
Si tratta di contratti indipendenti dove l’allevatore perde l’attività indipendente e diventa un
“prestatore d’opera”; non ha più il rischio imprenditoriale.

Tipo di prodotto e ciclo di allevamento


La suinicoltura in Italia prevede:
 “suino pesante”: macellato a 9 mesi e mezzo (?) al peso di 160 kg in quanto previsto dai
disciplinari del Prosciutto di Parma e dal San Daniele: necessari i depositi lipidici. Ha una
peculiarità che è quello di essere un sistema costoso dato dal ciclo più lungo. Ad oggi si
vuole abbassare il peso al macello riducendo il peso delle cosce.
 “suino magrone”: macellato a 110 kg e circa 3 mesi prima: lo ritroviamo in Germania. È
meno costoso in quanto il ciclo è più breve. Utilizzato per produrre carni fresche.

Aumentando il peso dell’animale ne deriva anche un aumento del costo in kg/peso. Un suino che
passa da 100 kg a 110 kg la differenza è rappresentata da lipidi che hanno un costo energetico
maggiore rispetto agli altri nutrienti. Si può quindi dire che aumentando l’indice di conversione
alimentare vi è un maggior accumulo di costo.

20
Allevamento: siamo principalmente in Pianura Padana dove ritroviamo un “allevamento a ciclo
aperto”: grandi dimensioni dove le scrofe sono suddivise dai suinetti destinati all’ingrasso.
Nel centro – sud la suinicoltura assume un aspetto più tradizionale con allevamenti di razze di
nicchia: “allevamento a ciclo chiuso” rappresentato da un unico corpo aziendale.

Razze e schemi di accoppiamento


Nel disciplinare del Prosciutto San Daniele DOP ritroviamo:
 La femmina Large White o Landrace che si accoppia con maschio Large White o Landrace:
si ottiene una scrofa che viene fatta accoppiare con un verro Duroc italiana o Large White
italiana. Dal punto di vista dei costi è meno prolifico (della Landrace danese ad esempio);
questi sono stati trovati nel ciclo produttivo della DOP il che rappresenta una non
conformità oltre che una frode.
Nel caso della carne fresca (non DOP):
 Il verro Pietrain, che presenta ipertrofia alla coscia, viene fatto accoppiare una scrofa
qualsiasi: si ottiene il Suino Mediterraneo i cui suinetti danno carne magra. In questo caso
non bisogna rispettare vincoli imposti dalle DOP.

Allevamenti intensivi
Sono “blindati” sotto il punto di vista della biosicurezza: accedevi è molto difficile e quindi lo è
anche controllare cosa succeda al suo interno.
Consumi
Circa 1/3 della carne, dato in contrazione. Più importante attraverso i salumi: circa il 70% della
carne di suino consumata è rappresentata da questo tipo di prodotti.
 i salumi hanno dato una spinta importante alle esportazioni attraverso i prodotti in vaschetta che
permettono di preservare bene la qualità. L’aspetto negativo correlato è l’uso della plastica che
può essere in parte mitigato attraverso i polimeri riciclabili e l’uso di biofilm destinati poi a un
bioriciclo.

Punti di forza (slide)


 Offerta diversificata;
 Filiera molto strutturata: soccide, marchi, ecc…
Criticità
 Non siamo autosufficienti, anche per i prodotti che poi sono trasformati in IGP;
 Costo della produzione: il sino pesante ha un costo maggiore rispetto a quello leggero
(possibile diminuzione del peso delle cosce ei disciplinari per ridurre anche il costo
produttivo);
 Impatto ambientale: si parla di “Farmindustry” dove la biosicurezza lo porta a essere un
sistema chiuso.
 Negli allevamenti al pascolo vi è il rischio dei cinghiali in quanto vettori di malattie come la
peste suina africana.

Carni bianche
Gli avicoli sono in crescita mentre i conigli in forte diminuzione (visti come pet). Rappresenta la
carne del futuro per aspetti etici, ambientali e perché è ben vista dal consumatore in quanto
leggera, pratica  ha un profilo più forte rispetto alla carne rossa. Si prestano inoltre al trend
odierno della cucina con prodotti ready to eat e ready to cook.
Le carni bianche nel tempo hanno saputo seguire le modalità dei consumi della maggioranza: il
petto perde di importanza in favore di tagli meno pregiati, come le ali, che vengono speziate.
È una filiera completamente integrata: ritroviamo il gruppo Veronesi, oggi venduto a Tyron Food, e
Amadori.

21
Dati
 137 milioni di avicoli in allevamento;
 Consumo di circa 20 kg/anno/pro-capite  meno costose e facilità di preparazione: sia
come tagli singoli che processati.
 Italia totalmente autosufficiente: sono cicli molto brevi che mi permettono quindi id
modulare bene la produzione; poco più di un mese.
 Contratti di soccida: da gruppi come Fileni, Amadori  controllo con contratti di filiera:
allevamento, macellazione, filiera fino anche ad affittare uno spazio nel punto vendita della
GDO. Forniscono animali, alimenti, controllo sanitario, tecnologie. Il soccidario ha un plus
nelle retribuzioni se il suo prodotto è valido qualitativamente; al contrario ha un malus. Non
ha più il rischio di azienda e diventa un prestatore d’opera.

Allevamento: anche qui il fattore della biosicurezza rende difficile accedervi.


Principalmente dalla Pianura Padana. È un settore molto stressato per quanto riguarda
l’organizzazione della produzione:
la concentrazione dei capi
per allevamento è
notevolmente aumentata
tale da renderla una
produzione praticamente
“industriale”.

Prodotti
1. Pollo: che suddivide in leggero (da rosticceria) e quello pesante (processato);
2. Tacchino;
3. Faraone;
4. Galline da brodo: galline ovaiole a fine carriera.

Pollo
si tratta di un sistema
spinto per aumentare le
performance.

Tacchino
è presente un dimorfismo sessuale tra maschio e
femmina.

Sistema di allevamento
Le normative sul benessere animale permettono che si possano ottenere 33 kg/m 2 di pollo che
equivalgono a 19 polli leggeri/m2 e a 12 polli/m2. Questa situazione è dovuta alla maggiore
richiesta a prezzi bassi da parte dei consumatori: porta a un uso intensivo dei farmaci. Una
soluzione è quella di cambiare le abitudini alimentari.

Evoluzione del mercato

22
Il settore avicolo si è evoluto nel tempo: si è partiti dal busto intero che però richiede una
preparazione lunga. L’evoluzione ha capito che gli usi alimentari stavano cambiando dovuto anche
a un impatto non trascurabile di McDonald nei consumi; il settore ha capito che il pollo intero era
scomodo; si è passati dunque al porzionato:
1. 2 gamma: fettine;
2. 3 gamma: hamburger e spiedini;
3. 4 gamma: cotolette;
4. 5 gamma: affettati, polpettone ready to eat;
 sì valorizzano i tagli meno pregiati portano a un importante valore aggiunto.

Punti di forza (slide)


 Settore emergente;
 Costo limitato;
 Offerti in maniera attraente;
Criticità
 Impatto ambientale;
 Elevata concentrazione di animali: dubbi sul benessere animale e sul rischio sanitario.
“scandalo Fileni”: mancato rispetto dei disciplinari.

Carni bianche – cunicole


Hanno cambiato destinazione d’uso passano da “animale da reddito” a “animale da compagnia” e
questo ha portato a una riduzione importante dei consumi.
Si tratta di carni laboriose nella preparazione e nel consumo in quanto è richiesta una disossatura
importante. Oltre a questo anche l’aspetto etico determina un consumo piuttosto limitato nel
mondo (Italia, Ungheria).

Allevamento
 Spinto;
 Chiuso  biosicurezza

Ciclo
Prevede in genere 84 giorni per arrivare a 2,5 kg.

Punti di forza (slide)


 Allevamento di soccida
Criticità
 Impatto ambientale;
 Aspetto etico;
 Elevata concentrazione di animali

Carni ovi-caprine
Nel nord Italia vengono consumate e quindi richieste solo nel periodo pasquale; si tratta quindi di
un prodotto molto stagionalizzato. Presente anche in montagna come ovini da carne: Beershaft.
Al centro – sud ritroviamo la maggiore concentrazione.
Dati
Fatturati pseudo-importanti e consumi in diminuzione: la carne è un sottoprodotto della linea latte.
Poca solidità economica: il reddito deriva dai contributi comunitari piuttosto che dall’allevamento in
se. Siamo importatori di carne tra marzo e aprile: Serbia, Ungheria, Romania. Si tratta di molte
aziende piccole che al sud prevedono l’allevamento di ovini da latte.

23
Agnello: molto leggero che ha portato a cambiare i regolamenti per abbassare il peso minimo.
Sono considerati sottoprodotti.

Macellazioni
Il principale interessato è l’agnello. Anche l’agnellone è importante in quanto risulta in crescita:
deriva da l’aumento della popolazione mussulmana che ha la richiesta di questa carne nella festa
che celebra la fine del Ramadan (aspetto ottimale per gli allevatori).

Punti di forza (slide)


 Importanza nel sud Italia;
 IGP che le tutelano;
Criticità
 Polverizzazione degli allevamenti e senilizzazione degli allevatori (non c’è ricambio
generazionale).
Trasporto al macello e qualità della carne
Il trasporto
Nella qualità della qualità quello che percepiamo al momento del consumo è il punto finale di un
percorso iniziato in allevamento e prosegue con una serie di anelli della filiera dove è possibile
diminuire la qualità mentre più complicato è aumentarla.
Il trasporto è un fattore di rischio ma è un qualcosa di necessario.
Trasferimento dell’animale dal sito di allevamento a quello di abbattimento. È un fattore di rischio
perché rappresenta un fatto nuovo per l’animale: in allevamento si susseguono eventi per loro noti
(pulizia della stalla, alimentazione). Il ruolo dello zootecnico è quello di rispettare questo ciclo per
rassicurare l’animale.
L’animale però non ha esperienze di trasporto, o al massimo ne ha una. Poca familiarità al
trasporto  situazione inaspettata che vinee affrontata con apprensione da parte dell’animale.
prevede l’abbandono del sito di allevamento per il trasferimento in autotreno verso qualcosa di cui
non hanno idea.
Tanto più le cose sono organizzate in maniera corretta tanto più questo panico viene mitigato.
 Vie di movimentazione ben ideate;
 Rampe di carico.
Nel momento in cui l’allevamento non ha una organizzazione ottimale si hanno delle problematiche
a livello del trasporto. Provoca paura all’animale. Evitare forche, vocalizzazioni e puntatori elettrici.
Il tutto creare stress che si somma a ulteriori fattori di affaticamento e dalle condizioni di viaggio.

Animale:
 Aumento ormoni glucocorticosteroidei: ormone della paura quale l’adrenalina;
 Aumento frequenza cardiaca;
 Consumo di energia: consumato il glicogeno.
Esempio nello stress da mescolamento: bovini che devono definire delle gerarchie all’interno della
mandria: si denota un dimezzamento delle riserve di glicogeno con un successivo tempo molto
lungo per ricostruire le riserve di glicogeno.
Le procedure usate per il trasporto degli animali al macello: rischio di danneggiare le riserve di
glicogeno e quindi ricaduta della qualità della carne:
il glicogeno muscolare è un substrato per la pacificazione del muscolo dopo la morte: entriamo in
una fase di anossia dopo la morte  il glicogeno muscolare è usato in respirazione anaerobia e
produciamo acido lattico: caduta del pH. Questa inattiva gli enzimi glicolitici provocando una
carenza di energia muscolare che provoca il rigor mortis (contrazione irreversibile)_ primo stadio di
trasformazione del muscolo in carne. Se manca glicogeno (mancano le riserve energetiche) non
avrò acidificazione: il rigor viene ottenuto in maniera scorretta. Si parla di carni DFD (dry firm and

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dark), nel bovino (dark cutting beef). La carne assume un colore molto scuro, forte ritenzione idrica
 substrato di crescita microbica ancora migliore.

Cerchiata è l’assenza della caduta di pH. È una situazione


molto penalizzante in termini qualitativi.
Guardando alla frequenza della problematica è minore per gli
animali più pregiati mentre
è emergenza  maggiore
per le vacche in quanto
trasportate al macello
quando in condizioni di
emergenza ho stress.
Il rischio può riguardare anche gli operatori: importante la
preparazione e la sicurezza.

Un altro problema, opposto, in pre macellazione sono le carni PSE: pallide, soffici ed essudative.
Era presente soprattutto per i suini  caduta rapida di pH già dalla prima ora di abbattimento degli
animali. Nei suini si valuta la qualità di acidificazione di effettuano due
misure: a 45 minuti e dopo 24 ore. Se dopo 45 minuti siamo a pH 5,5
abbiamo la carne pallida. Anche qui sono carni fortemente penalizzate;
non utilizzabili per i salumifici.
Determina la PSE:
 Alte temperature che provocano stress;
 Suini: predisposizione genetica verri con elevata suscettibilità
allo stress.
Tutti verri utilizzati per la riproduzione vengono testati. La predisposizione (frequenza del gene) era
massima per la Pietrain e Landrace belga  razze da carne con ipertrofie muscolari; sono quelle
più a rischio. Nel disciplinare della DOP Parma/San Daniele sono bandite le razze che hanno
questa sensibilità all’alotano (gene PSE).

Spesso il trasporto è anche un momento in cui gli animali si confrontano tra loro; incontrano
barriere architettoniche  lesioni. Se ho lesioni nella carcassa al macello ho il deprezzamento in
quanto ferite e ematomi richiedono delle rifilature. Le lesioni si presentano di solito in zone
pregiate: natica, groppa (tagli di prima qualità), la spalla.

Cause:
 Maltrattamenti da parte degli operatori: pungolamento con la forca;
 Inappropriate vie di movimentazione  Temple Gradin: non inserire angoli retti nelle vie di
movimentazione ma utilizzare vie con curve dolci. Ha introdotto inoltre la presenza di pareti
piene nelle vie di movimentazione: no si distrae guardando fuori.
Costi:
 Perdita di prodotto
 Lavoro per rimuovere le parti lesionate;
 Deprezzamento della carcassa

Oggi interessa anche la pulizia degli animali: dovrebbero arrivare al macello in condizioni di pulizia
 minor carica microbica veicolata in partenza. La pulizia è stata normata inizialmente negli stati
anglosassoni  classifica:
1. Pulito;
2. Minime aree
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3. Pochi problemi;
4. Aree imbrattate da miscela di reflui e lettiera;
iniziano i deprezzamenti
5. Molto sporco;
Basta mantenere gli ambienti puliti: spazi dedicati,
pulizia della lettiera.

Qualità al macello
Stordimento e macellazione con recisione delle carotidi e dissanguamento. Tolta la parte non utile
del suo corpo.
Fondamentale creare le condizioni affinché ci sia un perfetto rigor mortis: contrazione non
reversibile delle fibrille contrattili; primo passaggio da tessuto muscolare a carne. Tempi diversi: i
ruminanti lo hanno più lungo. Arrivo a un’assenza di energia a livello muscolare (mancanza ATP),
la tenerezza è al minimo.
Ottenuto il rigor, misurato con il tenerimetro, inizia la maturazione o frollatura: lisi muscolare.
Degradazione del tessuto muscolare che è a carico di alcuni enzimi:
 Calpaine: già in pre rigor sono operative;
 Catepsine: quando nel rigor, il pH è basso.
Sono proteasi che lisano le catene polipeptidiche delle due fibrille contrattili miosina e actina.
Tutto questo fabbisogno di una variabile quale il tempo. Aumentare il tempo porta ad aumentare il
costo del prodotto. Viene fatto dal macellaio, deve vendere un prodotto di eccellenza; meno
importante per prodotti della GDO. Dopo due o tre settimane in cella una mezzena esce scura e
quindi deve essere rifilata; inoltre perde liquidi e quindi peso  problema per la GDO. Sul
processo di frollatura giocano diversi fattori:
Igienico: raffreddare più velocemente possibile la carne: proteggo la carne da attacco di mesofili.
Si parla di tunnel di refrigerazione per abbattere la temperature della carcasse. Ma se
l’abbassamento è troppo rapido: il rischio di “contrattura da freddo”: ottengo una contrazione
anomala dei muscoli superficiali; altero il rigor. Al momento del consumo, misurata in maniera
sensoriale (non ho unità di misura nelle ordinate), il prodotto raffreddato rapidamente evidenzia
un’anomalia nell’evoluzione della tenerezza in modo che un abbassamento rapido porta a
un’attività anomala degli enzimi proteolitici che interessano il rigor.
pH: abbassarlo permette di frenare la proliferazione microbica. Limito l’instaurarsi di metabolismi di
tipo putrefattivo. Il pH che non scende: carni scure; pH che scende troppo velocemente abbiamo
carni PSE. Importante le condizioni di pre-macellazione (trasporto), refrigerazione delle carcasse.

Fattori che determinano il valore economico


Al macello per una stessa specie:
 Categoria: evidente nel caso della carne bovina. Nie nostri macelli dovremmo trovare 4
tipologie commerciali di carcasse:
- vitello a carne bianca (V): età inferiore agli 8 mesi e peso inferiore della carcassa ai
185 kg; il prezzo della carne è determinato dal colore;
- Vitelloni (A): giovani, sesso maschile, non castrati, tra i 12 e 24 mesi. Oltre i 24
siamo nella categoria B, valore commerciale dimezzato.
- (E): giovane bovina di sesso femminile, sopra i 12 mesi che non ha figliato. Se ha
figliato entra nelle vacche da riforma  categoria (D) (minor valore).
Ci sono altre categorie in quanto il regolamento è a livello europeo, vedi slide.

Nella mezzena troviamo etichette nella spalla es. e troviamo informazioni quali: la categoria.

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Alle quattro categorie ho prezzi di partenza diversi:

 Tipo genetico;
 Resa in macello: “carnosità” della carcassa  tessuto connettivo, muscolare, adiposo. Il
tessuto muscolare può essere ipertrofico o minimo. Dipende dal potenziale miogenetico
 misuriamo la “carnosità” con la resa in macello: peso della carcassa
(commercialmente utile)/ peso vivo dell’animale al macello.
Al macello generalmente non sono pesati: caricano un lotto in totale/ numero degli animali;
al macello recuperano il peso della carcassa.
ESAME: resa 0-100%  numeratore è il peso della carcassa.

Carcassa: quello che resta al netto di alcune tare. Per il bovino è quello che resta dell’animale
dopo:
 Dissanguamento;
 Rimossa pelle;
 Rimossa testa;
 Rimossi parti distali;
 Tolti gli organi cavitali: organi corali, stomaci e pre-stomaci ecc…

Rimane la parte commercialmente utile. Il peso della carcassa può variare in maniera importante:
un animale che ha uno spiccato sviluppo muscolare ha un peso della carcassa maggiore rispetto
ad altri.
Altro parametro per fare il prezzo:
 Valutazione della carcassa: da regolamento comunitario. Evita che vi siano distorsioni
all’interno del mercato che dovrebbe essere libero e omogeneo:
- Carnosità;
- Stato di ingrassamento: presenza di tessuto lipidico.
Il regolamento comunitario ha l’obiettivo di ottenere un’uniformità di valutazione. Valuta:
 Conformazione muscolare: 6 classi, di cui la “super” è stata aggiunta dopo. Quella a 5 era
l’EUROP: E: excellent; P: poor.
La valutazione viene fatta:
guarda la mezzena dalla faccia esterna  concavità o convessità dell’animale (maggiore se più
muscolosa  ipertrofia).
La guarda anche in un’altra angolazione per vedere l’ipertrofia della spalla.
Maggiore è l’ipertrofia maggiore è la classe.
 S: superiore. Alta ipertrofia. Poche razze vi rientrano;
 E:
 U
 R
 O
 P
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Scendendo con le classi diminuisce l’ipertrofia e arriviamo alla concavità della coscia. Nell’etichetta
si aggiunge questa lettera, dopo quella della categoria dell’animale.
 Stato di ingrassamento: si entra in una logica di mercato specifico ovvero cosa vuole un
certo mercato. Il valutatore osserva l’entità dei depositi adiposi. Lo fa nella coscia, lombi e
spalla. All’interno della mezzena guarda il
deposito adiposo a livello della cassa toracità:
grasso intercostale. La classe va da 1 a 5; con
1 praticamente privo di grasso.
La classe ottimale dipende dal mercato: in
Italia si ricerca 2 o 3, in Inghilterra siamo a 4 o
5.
Abbinando le caratteristiche dello stato di
ingrassamento e carnosità troviamo per il mercato italiano: le carcasse magre e carcasse medie.
A seconda del mercato la GDO posiziona i vari prodotti, al sud generalmente le carni sono più
grasse.

Le griglie di valutazione ci sono anche per altre specie di interesse zootecnico.


Carcasse ovine:
5 unità di grasso, 5 classi di muscolosità.
Guardando a quelle inglesi si vede come sia maggiore il contenuto di grasso.
In Italia si parla di razze da latte talmente più piccole che non rientravano neanche nella classe più
bassa  è stata fatta un’aggiunta successiva tale da poterle inserire.

Carcasse suine:
in Italia c’è un obbiettivo produttivo che si discosta da quello degli altri paesi. Nel centro-nord
Europa l’obbiettivo è quello di un consumo diretto. In Italia l’obiettivo è l’ottenimento delle cosce
per ottenere prosciutti e salumi con rapporto grasso/magro elevato. In Italia l’animale rimane di più
allevamento e depone grasso nella parte finale. Una griglia di classificazione finalizzata al
consumo di carne fresca penalizza le nostre produzioni  considera la % di carne magra:
maggiore è migliore è la classe di destinazione.
Il rapporto lo ottengo usando il fat-o-meter: spettrofotometro che misura la diversa riflettanza dei
due tessuti. Si eseguono misure in diverse posizioni della carcassa: spessore in mm del grasso;
del muscolo  li inserisco nell’equazione specifica per suini leggere e suini pesanti. Risulta
penalizzante per un suino più grasso, usato per fare prosciutto rispetto a uno magro.
Il grasso serve come aspetto tecnologico:
 Riduco la presa di sale: se magro quando salo la carne prenderebbe molto sale;
 Difesa nei confronti dell’aggressione microbica: avere una certa consistenza e saturo per
poter stagionare.
Oggi tutto il settore della suinicoltura sta cercando di abbassare il peso della coscia ma comunque
ancora idonea a un’adeguata stagionatura e salatura.
Questo grasso deve avere una specifica qualifica dal punto di vista acidico: non devo avere grassi
insaturi; altrimenti non posso stagionare; favorisce altrimenti l’irrancidimento in stagionatura.

Percorso carcasse
Dal macello ottengo:
 Carcasse;
 Mezzene
Ottenute le mezzene è possibile nel macello ottenere i due quarti della mezzena (nei bovini).
Quello anteriore ha minor valore commerciale; in quella posteriore, a pistola, abbiamo i tagli di
maggior qualità.

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A questo punto la carne dal macello viene spostata nelle piattaforme di lavorazione: strutture
satellite, anche a stretto contatto con il macello. Ci sono anche piattaforme indipendenti che
ricevono mezzene, quarti, carcasse e le dissezionano.
Dissezione: porzione che può arrivare a singoli tagli (SLIDE) oppure al prodotto in vaschetta.
Al momento dell’acquisto: guardare alle informazioni in etichetta: posso tracciare l’origine
dell’animale:
 Nato;
 Allevato;
 Macellato;
 (sezionato)
Nel post covid il consumatore si è affezionato alle 4 IT.

Protocolli analitici della qualità della carne


Facendo analisi della qualità della carne cosa misuro. Fare le analisi di qualità della qualità costa. I
costi iniziano dall’acquisizione della materia prima. I protocolli analitici cercano quindi di ottenere il
maggior numero di informazioni da un pezzo limitato di prodotto. Nella carne abbiamo diversi
tessuti, ognuno con la propria importanza nella qualità:
 Fibre muscolari: actina e miosina. Rilassate o in rigor;
 Tessuto connettivo: impalcatura in cui è strutturato il tessuto muscolare. Diverso dal
muscolo per quanto riguarda la qualità. Forma i tendini: collegano i muscoli all’impalcatura
scheletrica. Ha caratteristiche diverse dal punto di vista nutrizionale e organolettico. I tagli
da brodo hanno molto collagene.
 Tessuto adiposo: presenza di venature e marezzature  aspetto organolettico ottimale. In
Italia si predilige la carne meno grassa. È quello che ha proprietà nutraceutiche e ricco di
acidi grassi polinsaturi; è possibile trasferirli.

Dove si misura la qualità:


ci sono punti specifici dove si effettua la misura:
 Bovini: porzione di carne tra la settima e ottava costa toracica. Tra taglio a pistola e quarto
anteriore  minor deprezzamento. Usando lo stesso taglio posso fare dei confronti.
Acquisito il taglio campione ottengo il muscolo per fare le analisi: Longissimus thoracis  dal
cuore del taglio. Buona norma: lo spessore sarà di 2,5 cm. Meglio che il mio campione abbia
almeno uno spessore campione potendo quindi usare carne non di superficie. In cui ci eseguo il
protocollo analitico.
Per un pollo: le misure di qualità sono realizzate nei muscoli pettorali e in parte quello della coscia.

 Colore: legato alla presenza del pigmento respiratorio quale la mioglobina responsabile di
scambi gassoso con la emoglobina. Protocollo analitico molto specifico: taglio la bistecca
dal pezzo di carne campione (preparazione del campione); in frigo per 1 ora; poi
valutazione:
- Soggettiva;
- Scale di colori;
- Strumentali;
il colore varia in funzione del contatto con l’ossigeno: partendo dal colore del taglio
campione: Fe della mioglobina in forma ridotta (rosso porpora)  dopo 1 ora di
ossigenazione ho ossimioglobina (miglior colore). Prolungando ho lo stato di ossidazione:
meta mioglobina, Fe ossidato.
Io voglio misurare la ossimioglobina, ovvero quindi in uno stato di ossigenazione.

Fattori che controllano il colore:


 Contenuto di mioglobina: entro specie aumenta con l’età degli animali.
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 Livello di ossigenazione: a seconda dell’esposizione con l’aria il colore si modifica: all’inizio
ho ossigenazione.
 Grasso: diversa infiltrazione può modificare la percezione cromatica. Carni più marezzate
hanno una tonalità di un rosso meno intenso.

Normalmente si usa il colorimetro: posso esprimere tutti i valori cromatici attraverso le 3 coordinate
L,a,b. un vitello avrà maggior luminosità. Una carne avicola avrà una tonalità di giallo maggiore
rispetto a quella rossa.

Seminario parte 2 – 29/03/2023


NIR: molto precisa  estremamente ripetibile. Non avviene per le analisi chimiche in cui il fattore
umano porta un errore.
NIR è limitata alle molecole organiche dipolari legate al C,H,O. la parte inorganica è invisibile nello
spettro elettromagnetico dell’infrarosso

XRF: fluorescenza a raggi x.


 Non distruttiva;
 Multi parametrica;
 Rapida: qui minuti rispetto ai secondi del NIR;
Le tecniche convenzionali per l’analisi dei minerali:
 Assorbimento atomico;
 Plasma di accoppiamento induttivo (ICP)
 entrambe sono tecniche distruttive per poi effettuare l’analisi.
L’alternativa è la XRF
I raggi x sono raggi ionizzati. Quando vengono irradiati in un oggetto l’energia è molto elevata. I
raggi vanno a scalzare un elettrone nell’orbitale k (il primo vicino al nucleo). Determina, in quanto
più trattenuti, uno sconquasso nell’atomo che diventa instabile e quindi un elettrone dell’orbitale L
lo rimpiazza. Scendendo dall’orbitale emette energia  è la fluorescenza. Misuro l’energia
necessaria per ristabilizzare l’orbitale k. Succederà poi la stessa cosa per l’orbitale L. Vengono
emesse determinati livelli di energia specifici per orbitale e per elemento.
Si bombarda per qualche minuto il campione registrando in continuazione le emissioni di energia
su una banda spettrale. Si ottengono picchi, più o meno nitidi (se sovrapposti con altri elementi).
Con il NIR leggo tutte le assorbanze tra loro sovrapposte. Anche qui li quantifico facendo l’area del
picco; dipende dalle emissioni dei vari orbitali.
Con una corsa dell’XRF posso quantificare tutti gli elementi, partendo d quello più leggero. Nel NIR
l’accuratezza dipende dalla calibrazione: modello matematico che mi interpreta lo spettro
infrarosso.
Qui: potendo separare bene ci sono misurazioni standard-less; senza bisogno di calibrazione.
Soprattutto se abbiamo materiale tutto minerale. Se abbiamo materiale organico dove vogliamo
trovare quelli minerali la matrice organica ha un effetto  si costruiscono delle calibrazioni che
sono comunque da fare.

Impiego:
 Nel riciclo dei metalli: per conoscere quale sia il metallo di interesse;
 Identificare il vetro: distinguo quello di Murano ad esempio;
 Presenza di metalli pesanti (contaminazioni) negli alimenti;
 Giocattoli con pitture al piombo: bandite;

 in zootecnia:
 Qualità del latte

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Strumenti abbastanza costosi 80 – 120 mila euro. Sono grossi e pesanti, un po’ vecchi quindi 
schermati da barriere al piombo per un fattore di sicurezza controllando l’emissione di radiazioni.
 Analisi dal sodio all’uranio (esempio);
 Campione essiccato e macinato  omogeneità e rappresentatività;
 Essendoci materiale organico viene pressato in una pastiglia;
 Messo nell’autocampionatore;
in base al prodotto il macchinario manda onde per analizzare i diversi minerali.

Zolfo e cloro sono difficili da analizzare con le tecniche tradizionali in quanto sono volatili: con le
tecniche distruttive li andrei a perdere in quanto acidifico e riscaldo.
Come per il NIR non possiamo andare a concentrazioni estremamente basse: ci si ferma a 5ppm.
Se abbiamo contaminanti a concentrazioni molto basse, come il Cd < 1 ppm, non lo vedo con
l’XRF.

Estremamente accurata e attendibile.


Vantaggio: individua picchi di ciascun elemento  individua eventuali contaminanti, anche senza
riuscire a quantificarli (vedo il picco, la quantificazione viene fatta da un laboratorio).

Latte: profilo minerale importante per la caseificazione. La coagulazione della caseina avviene solo
in presenza di Ca; se il profilo minerale è alterato ci sono delle alterazioni in caseificazione. Il cloro
incide sull’acidità totale del latte

Conclusione: abbiamo due strumenti rapidi e snelli per analizzare la materia organica e inorganica
delle matrici alimentari. Per il NIR le applicazioni sono le più svariate.

Appunti 04/04/2023

Fattori biologici e colore della carne


Da fattori infravita: durante la fase di allevamento dell’animale; e da fattori nel post mortem.
Parlando della specie: il colore varia in funzione ella presenza della mioglobina: per i pesci il filetto
è depigmentato. Dalle carni bianche si arriva alle carni rosse e scure (selvatici). Influisce anche il
tipo di alimentazione che porta a variare la disponibilità di ferro. La movimentazione porta ad
aumentare la colorazione.
Età: l’aumento porta a una colorazione più intensa, in condizioni normali di allevamento. Si parte
da colorazioni rosate fino al rosso per animali adulti.

Fattori tecnologici
Posso modulare il colore dal punto di vista tecnologico. In funzione di un certo sistema di
allevamento posso influenzare il colore della carne. Carne grass-fed ottenuta da animali al
pascolo: la movimentazione porta ad aumentare il rosso e in più dall’erba si introduce ferro
biodisponibile. L’erba porta anche sostanze pigmentate come xantofille e caroteni. In questa carne
vedo una colorazione più scura e un grasso più giallo rispetto al bianco della carne classica (grain-
fed). Per anni la grass-fed è stata criticata per le sue pigmentazioni anomale ma oggi stanno
acquisendo, per motivi etici, maggiore interesse.
Posso modulare con un sistema di allevamento.

Nel programma di alimentazione: rientra il caso del vitello con una dieta a disponibilità limitata di
ferro che porta a creare uno stato di carenza della disponibilità di ferro che porta a un colore rosa
chiaro della pelle che viene vista positivamente da parte del consumatore.
La biodisponibilità del ferro da alimenti animali è molto maggiore rispetto a quello dei vegetali.

31
Altri esempi riguardano l’introduzione di antiossidanti con l’obiettivo di mantenere la colorazione
della carne  somministrazione di vitamina E alla fine del ciclo di ingrasso. Chi l’ha assunta tende
a mantenere più stabile il colore rosso per un tempo prolungato rispetto al controllo che non ha
ricevuto la vitamina. Considerare il costo importante della vitamina E. lo stesso grass-fed potrebbe
garantire maggiore stabilità del colore in quanto si introduce vitamina E con l’erba.

Colore - azione sul profilo ormonale: modificando il profilo endocrino dell’animale attraverso una
castrazione. Negli usa e UK la carne è prodotta attraverso una castrazione (eliminazione delle
gonadi maschili) che porta a una maggiore lipogenesi. Il grasso di marezzatura aumenta
notevolmente. La percezione visiva è che vediamo il prodotto maggiormente rosato.

Condizioni pre e post macellazione: due anomalie: carne DFP o PSE che rendono la carne di
qualità inferiore rispetto a un corretto processo di acidificazione.

Frollatura- post mortem: la carne progressivamente modifica il colore nel corso della maturazione
con un aumento dell’indice del rosso e del giallo rispetto alla luminosità.

Grana/tessitura
Legata alla struttura del tessuto muscolare quale impalcatura di fasci muscolari che si strutturano
su uno scheletro connettivo; quando questo è più evidente la grana è più grossolana. È un
rapporto tra parte muscolare (actina e miosina) rispetto al tessuto connettivo. Dove la grana è
molto fine, muscoli dorsali, otteniamo carni a maggiore tenerezza.

Marezzatura
Infiltrazione lipidica inframuscolare. Il consumatore non vuole vedere ma apprezza. Concorre
positivamente a una percezione della tenerezza.
Analiticamente può essere valutata quantitativamente da un pezzo di tessuto muscolare,
liofilizzandolo e estrazione mediante un solvente organico: la differenza di peso rappresenta la
componente lipidica. Non conferisce informazioni sull’aspetto nutrizionale.
È influenzata da:
 Età: maggiore è l’età più, dal punto di vista endocrino, una volta che ha completato lo
sviluppo miogenetico l’energia in più che forniamo viene destinata al deposito di grasso.
Nei suini il rapporto grasso/magro aumenta quando macelliamo l’animale a un peso
maggiore.
Ad oggi sta prendendo importanza anche l’aspetto qualitativo della frazione lipidica.

Quantitativamente l’accumulo di grasso è maggiore nel caso di un animale allevamento in modo


intensivo. Animali che vivono al pascolo hanno minor grasso in quanto al movimento è associata
una frazione minore di grasso presente nell’alimentazione. Si parla di finissaggio degli animali con
diete ricche di energia per ottenere l giusta presenza di grasso. Ci sono tagli carnei con quantità
diverse di grasso: coscia di pollo maggiore che rispetto al petto.

Aspetto qualitativo: si tratta di conoscere la composizione del grasso  valori nutraceutici.


Negli animali al pascolo si ha una deposizione lipidica nell’animale che è a favore di un rapporto
omega 6/omega3 corretto.
Importante è che grass-fed sia un
animale che sia realmente allevato
al pascolo e che non sia stato
introdotto in un allevamento
intensivo  bastano pochi mesi a

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modificare il profilo lipidico dell’animale con il regime intensivo (3 mesi circa per la perdita dei tratti
del pascolo).

Nei lipidi troviamo le vitamine liposolubili:


guardando alla vitamina E si vede una
differenza tra animali che hanno pascolato e
che non hanno pascolato.

Perdite di cottura
Viste molto negativamente da parte del consumatore. Sono in parte inevitabili  contenute entro il
25% del taglio. Se troppo elevate sono indice di anomalie.
Per valutarle in maniera standardizzata e poterle quindi confrontare: le fettina di 2,5 cm del taglio
campione è posta in un sacchetto sigillato e vinee cotta a bagnomaria per 50 min a 75°C.
terminata la cottura si raffredda il campione e si può:
 Pesare il campione: ottengo il valore ponderale per differenza peso;
 Valutare la differenza di superficie del taglio.
Viene influenzata da:
 In passato: trattamenti illegali eseguiti con l’obiettivo di favorire una ritenzione idrica a livello
muscolare. Al macello animali edematosi nella cottura perderanno molta acqua. Si usavano
cortisonici oppure tireostatici. I cortisonici favoriscono l’aumento dell’appetito dell’animale.

Tenerezza
Ha portato a un progressivo abbandono della carne. È il frutto del percorso di evoluzione del
tessuto muscolare post mortem fino a diventare carne. È un percorso che spesso limitiamo in
quanto legato alla variabile tempo che rappresenta dei costi. I fattori che controllano la tenerezza
sono:
 Risoluzione del rigor mortis: degradazione enzimatiche delle proteine miofibrillari che
rompono la contrazione irreversibile del rigor. Qui la frollatura ha come fattore critico il
tempo che dovrebbe essere di almeno un paio di settimane per un quarto posteriore di un
bovino  nella GDO non sono rispettati.
 Legato alla struttura muscolare  contenuto e solubilità del connettivo: ancora i muscoli
allo scheletro. Tanto maggiore è la quantità di connettivo e minore la sua solubilità tanto più
faticosa sarà la masticazione. Peggiorano con l’età.
 Marezzatura: favorisce una maggiore tenerezza della carne.

Dopo l’abbattimento il tessuto muscolare entra in rigor e progressivamente ritorna a un valore


apprezzabile grazie alla frollatura. Tutto ciò richiede
tempo:
 6 giorni per recuperare un valore di tenerezza
riconducibile a quella pre-macellazione;
 Oltre: inizia l’intenerimento della carne che
ottiene il suo massimo a 3 settimane (non
raggiunta nella GDO).

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Lavorare sulla tenerezza è l’obiettivo primario di chi lavora sulla carne.

La si misura in maniera strumentale (sforzo al taglio) che sensoriale (panel).


La tenerezza è influenzata:
 Fattori infravita: entro specie  razza, sesso, età, tipo di muscolo.
Aspetto genetico: nei bovini ci sono razze selezionate per produrre carne a fronte di quelle a
duplice attitudine e di quelle selezionate per la produzione di latte. La selezione per la produzione
della carne ha interessato due caratteri:
 Precocità dell’animale: velocitò con cui l’animale raggiunge un determinato stadio del
proprio sviluppo. Fase di sviluppo miogenetico seguita da una fase lipogenetica.
Nell’animale giovane abbiamo molta acqua, seguita dalla proteina. Nell’adulto cala l’acqua
e aumentano i lipidi. Questo sviluppo è mediato dagli ormoni: controllano la crescita
muscolare  nelle razze specializzate da carne si è rallentata l’evoluzione ottengo quindi
razze tardive: l’accumulo di muscolo di prolunga durante la vita dell’animale. gli animali
precoci sono molto più grassi.
Quello che differenzia i soggetti tardivi non è solo il posticipo della lipogenesi ma anche:
 Rallentamento dello sviluppo del tessuto connettivo: nelle razze da carne si sviluppa
quantitativamente più lentamente rispetto a un soggetto più precoce.
Lo sforzo al taglio di una razza da carne, nonostante il minor contenuto lipidico, è minore rispetto
ad altre razze.
Per questo le frisone sono usate per la carne bianca (precoce e con potenziale miogenetico
limitato) mentre la Charolaise ha un grande potenziale miogenetico abbinato a una dose buona di
grasso. Il tessuto connettivo ha un controllo maggiore sulla tenerezza rispetto al grasso di
marezzatura.

Sesso: le femmine sono più precoci dei maschi (entro razza). Le femmine hanno quindi maggior
contenuto di grasso  si ripercuote nello sforzo al taglio. Il mercato richiede manze che non hanno
figliato.

Profilo endocrino: castrando mi aspetto carni più tenere con però un evidente aumento della
lipogenesi  più bassa resistenza al taglio.
In Italia: non si castrano gli animali perché: si venderebbe molto bene la lombata ma il resto
sarebbe troppo grasso per il mercato italiano  si usano animali “interi”.

Età: gioca a sfavore della tenerezza. Cambia il tessuto lipidico che tende ad aumentare con l’età
ma contemporaneamente cambia la quantità di connettivo e la perdita di solubilità  aumenta lo
sforzo massimo al taglio e diminuisce la tenerezza (misurata a livello sensoriale).

Tipo di taglio: i muscoli di sostegno (dorsali: lombata) sono tendenzialmente più teneri rispetto a
quelli legati alla locomozione. Ritroviamo qui i tagli di eccellenza.

Influisce:
 Raffreddamento troppo rapido: contrazione del tessuto che penalizza la tenerezza. Per
motivi igienico-sanitari si ricerca un raffreddamento rapido ma se si eccede si ottiene una
perdita di tenerezza.
Come processo di intenerimento si è lavorato attraverso l’elettrostimolazione: energia elettrica per
stimolare contrazioni nei muscoli dell’animale (post mortem). Proposta su ovini in Nuova Zelanda:
 Prevenire la contrattura da freddo
 Migliorare la tenerezza e velocizzare la maturazione.
Si applicano due elettrodi in posizione apicale della carcassa  due trattamenti:

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1. Bassa tensione: 30-80 V. La corrente attraversa la carne attraverso il tessuto nervoso che
favorisce la contrazione che intenerisce e accelera la maturazione. Processo lento (10-15
minuti)
2. Alta tensione: 500-700V; più pericoloso. Necessità di strutture adeguate. La corrente passa
attraverso l’intero tessuto muscolare. Il processo è molto più rapido.

Altre ricerche: una sospensione delle carcasse differente da quella tradizionale (= gancio al
tendine d’Achille)  una sospensione pelvica crea maggiore rilassamento dei muscoli che
favorisce un intenerimento della carcassa soprattutto nel quarto posteriore.
Utilizzo di enzimi proteolitici di origine vegetale: papaina, bromelaina, ficina  lisi proteica che
porta all’intenerimento.

Il metodo può utilizzato per l’intenerimento è la macinazione della carne  “intenerimento


meccanico”. Modalità di consumo maggiore delle carni nel mondo.

Qualità delle carni di pollo e miopatie emergenti


La carne di pollo è legata a un oligopolio.
Le carni avicole rappresentano le carni del futuro come proiezioni dei consumi futuri  carbon e
water footprint migliori dei competitor. Oltre agli aspetti ambientali ci sono anche quelli di tipo
nutrizionale  più magre e con meno grassi saturi dei competitor. Limitato contenuto di
colesterolo, soprattutto non consumando la pelle. Sono proteine molto digeribili e ad alto valore
biologico.
Altri spetti sono quelli tecnologici: carne che è andata incontro al mercato in funzione delle
modalità di consumo: dal pollo a busto a prodotto porzionato e poi al prodotto trasformato e pronto
al consumo. Lo ha fatto cercando di ottenere sempre più valore aggiunto dalle parti meno nobili
dell’animale: fusello, sovra coscia, ali.
Nel mercato ritroviamo il pollo da rosticceria, macellato circa a 1,5 kg dopo 32-37 giorni di ciclo e il
pollo macellato a 3 kg dopo 42-65 giorni di ciclo.

Fattori che influenzano il processo produttivo della carne:


Endogeni:
 Genetica: lavoro importante sul pollo e tacchino finalizzato ad aumentare la resa del petto.
Linee a elevate velocità di crescita con ottimale resa (lavoro sull’indice di conversione).
 Dimorfismo sessuale: soprattutto nel tacchino, le femmine sono più precoci e presentano
una maggiore lipogenesi a parità di età.
 Età – peso di macellazione: aumenta una deposizione di grasso viscerale che viene
scartato. Aumenta il gusto.
Esogeni:
 Sistema di allevamento: quello intensivo utilizza linee (incroci interrazziali) per crescite
raide per esprimere il loro potenziale miogenetico rapidamente. La crescita degli animali è
legata alla loro inattività  non si muovono. Geneticamente fanno difficoltà a muoversi.
Processo produttivo standardizzato per un prodotto standard.
Biologico: animali che crescono più lentamente. L’ambiente è parzialmente all’aperto  più
critico per le problematiche sanitarie odierne. Razzolando possono accedere a superfici di
erba che conferiscono caroteni e xantofille che portano acido grassi polinsaturi alla carne e
composti antiossidanti. Qui siamo fuori dalla standardizzazione del prodotto.

Il processo di crescita è influenzato da:


 Densità di allevamento: 11-18 polli/m2
 Ambiente di crescita
 luce
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 Minimizzare le condizioni di stress: in allevamento e al trasporto in macello  DFD meat:
elimino le riserve di glicogeno e altero il rigor (breve per gli avicoli). PSE: più rara per gli
avicoli.

Miopatie emergenti
L’accesso alla carne avicola a prezzi piuttosto contenuti è abbinata una richiesta in crescita dovuta
all’aumento della popolazione mondiale. Il mercato ha risposto con una selezione genetica: “fast
grower” abbinati a una dieta energetica  crescita rapida con una resa elevata del petto.
Si è giunti a problematiche a livello dei muscoli pettorali  problemi di qualità. Le anomalie
qualitative interessano:
1. Striature bianche
2. Petto legnoso
Il taglio di eccellenza ha evidenziato quindi delle criticità.
 Striature bianche soprattutto a
livello craniale  si tratta di
tessuto connettivo che sostituisce
le fibre muscolari.
 Petto legnoso: i muscoli pettorali
sono legnosi; appaiono zone
emorragiche. Ci sono zone che
perdono di consistenza che porta a
una carne filamentosa. Inizia in posizione craniale che può interessare poi l’intero petto.

chi ha disegnato dal punto di vista selettivo dal punto di vista ipertrofico e iperplasico ha portato al
fatto che questa crescita cellulare così rapida rende insufficiente il flusso ematico: il flusso di
nutrienti diventa insufficiente. A livello cellulare entriamo in una
situazione di ischemia che porta a processi infiammatori che
determina a livello tissutale porta a una sostituzione di tessuto
muscolare con tessuto cicatriziale. Va incontro alla necrosi e viene
sostituita da cellule di tipi cicratriziale e lipidico porta a una
separazione che porta alla formazione di filamenti.
(Striatura bianca: 41%; petto legnoso: 56%)
Questi animali inoltre hanno un comportamento del tutto anomalo: ha uno sviluppo talemete
accentuato del petto ceh si “china” in avanti per rimenre in piedi inoltre non riesce a sbattere le ali
dato l’eccessivo sviluppo del petto.
Le anomalie diventano problematiche per quanto riguarda la qualità: meno proteina perché
sostituta d aproteine del collagene e da grasso  carne di pollo problematica dal punto di vista
dell’aspetto nutrizionale. Tutto questo porta alla soluzione di macinare queste carni e ottenere dei
prodotti trasformati.
Nel macello viene fatto uno screening: chi ha probleimi più seri vengono condotti nei prodotti
trasformati

Ad oggi si cerca di capire da dove deriva questa problematica.

Carne sintetica
La scelta di questo nuovo prodotto è condotta dall’etica. L’impatto ambientale difficilmente verrà
diminuito grazie a questo prodotto. Il maggior significato è dato dalla mancanza della sofferenza
dell’animale. Oltre all’etica ci sono aspetti che portano al consumo di carne coltivata: allevamento
di animali con disfunzioni; il problema delle zoonosi  mettono l’allevamento degli animali in una
situazione critica. Anche l’uso di farmaci negli allevamenti intensivi è un aspetto che limita il
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consumo di carne. In passato l’uso di ormoni sintetici ha portato importanti problematiche; causa
della morte.
È nata questa biotecnologia: partendo da cellule staminali fatte sviluppare in un bioreattore. sì
punta sulla differenziazione delle cellule abbinato a delle strutture che richiamano al tessuto
muscolare.
Vantaggi:
 produrre alimenti molto più sani rispetto a quelli convenzionali (micotossine);
 posso indirizzare la produzione verso composti nutraceutici;
 si lavora in sterilità;
 si evita il problema delle zoonosi  concetto della “one health”
Criticità:
 gestire la presenza dei lipidi: è la frazione più variabile come quantità e come profilo
acidico. Ha un ruolo fondamentale nel gusto;
 micronutrienti: le carni convenzionali hanno ottima biodisponibilità di micronutrienti.
Valutare se si può ottenere la stessa biodisponibilità. Si tratta comunque di un aspetto
minore;
 una volta che il processo sarà industrializzato potrebbero esserci problemi a mantenere la
sterilità;
 sostenibilità ambientale: riguardo le emissioni, l’uso della terra, la richiesta di energia 
rispetto ai bovini ci sono valori nettamente migliori;
 saranno prodotti costosi, anche nel caso di una maggiore produzione;
 valutare la produzione a livello industriale;
 dipendenza dall’uomo e dalla tecnologia  aspetto non così negativo;
 vuoto normativo da colmare

Si toglie il problema dei gas serra prodotti e dell’uso di fertilizzanti. L’unico problema rimane la co2
che però, per ora, rimane un fattore che non possiamo ancora quantificare  è una stima che in
realtà considera una produzione di carne molto importante in tutto il mondo: in realtà questo è
poco plausibile.

Aspetto
Non ha un colore molto invitante: uso di sostanze coloranti. Si presenta in forma macinata. La
stampa 3D punta a richiamare la forma di un taglio carneo. Si sta valutando la possibilità di ottenre
del ferro biodisponibile in quantità riconducibile a quello della carne convenzionale.

Gusto
Legata al post mortem e a come la prepariamo. Nella coltivata si valuta l’introduzione di
appetizzanti.

Accettabilità: per ora è abbastanza bassa; ma non è alta nemmeno quella convenzionale. Dovuto
dal fatto anche che gli aggettivi usati come coltivata, prodotta in laboratorio, sintetica non
avvicinano il consumatore. In linea generale c’è una curiosità nel prodotto. Il consumo però
dipende molto dal costo del prodotto. Gli uomini sono più propensi al consumo della carne
coltivata.

Caratteristiche sensoriali: ancora da migliorare e da valutare.


Si considera comunque che si elimina la macellazione. Il prodotto sarà comunque un prodotto
processato e controllato da pochi “players”.

Religioni: favorevoli all’assenza del sacrificio di animali.

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In sintesi: probabilmente rappresenta la carne del futuro; in ogni caso non si eliminerà del tutto la
macellazione.

Latte

Definizione normativa: “Per latte deve intendersi il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare,
ininterrotta e completa degli animali in buono stato di salute”. Differiscono dal “plant-based”.

L’india è il maggior produttore di latte al mondo: ha una


popolazione bovina enorme ma con una produttività per
capo molto bassa (aspetto delle emissioni). La Turchia
è un grande competitor per l’acquisto di animali.
L’india comunque è un paese in deficit. Il latte si muove
nel mondo  sottoforma di latte in polvere.
In UE il trend è crescente e i grandi produttori sono
quelli dei paesi centro-continentali. L’Italia è quarta ma
prossima a essere superata  effetto limitante della
superficie agricola. In UE risulta un prodotto eccedente,
guardando al tasso di autoapprovvigionamento:

Il latte si muove quindi in una direttrice nord  sud.

Italia
Sta diventando sempre più autosufficiente: in 10 anni dal 70% al 95 di autoapprovvigionamento.
Stanno aumentando le produzione e le esportazioni intese come di latte e equivalente (formaggi) e
stanno diminuendo le esportazioni.
Si parla del settore lattiero caseario nell’insieme  è entrata in saldo positivo. Stanno andando
bene i formaggi italiani. Il problema legato è che gli ambasciatori del settore sono stranieri.

Import – export italiano:


importazioni (come latte equivalente): latte alimentare è il 13%, calato negli anni (-30%); da
Slovenia mentre sono crollate quelle dalla Germania e dalla Francia. La frazione forte sono i
formaggi (64%) con un aumento del 4%; principalmente dalla Germania. Anche il siero viene
importato.

Esportazioni: per il 97% sono formaggi. Principalmente sono DOP  strettamente legati al paese
d’origine.

Nell’insieme: esportiamo formaggi a un valore economico importante ma parallelamente


importiamo molti formaggi a basso costo. Il consumo degli italiani riguarda quindi maggiormente
prodotti di bassa qualità.

Organizzazione delle filiere


 a livello agricolo le aziende stanno calando: siano a 25 mila allevamenti. Si perdono circa
640 aziende all’anno.
 Si tratta di un business del
nord per un 80% 

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Pianura Padana dove si sta concentrando la produzione. aspetto che va in contrasto con le
produzioni di qualità.
 Modifica delle aziende: nel 2011 le il 59% delle aziende aveva meno di 50 capi. Nel 2021 il
numero delle aziende è diminuito fortemente e si tratta in particolare delle aziende piccole.
Le aziende più grandi sono passate al 4% con una produzione di un terzo del latte
 Quattro regioni producono l’80% del latte nazionale. Questo porta a un rischio di
eutrofizzazione nella pianura padana (problemi di sostenibilità). Abbandona molte parti del
territorio tra cui le montagne che sono state una parte importante della produzione.
problemi ambientali e anche turistici.
 Le consegne di latte stanno aumentando notevolmente.
 La produzione del latte in Italia ha un andamento fortemente stagionale: in primavera la
produzione cala  stress da caldo: impatto del riscaldamento globale. Richiama anche un
importante problema del latte di qualità del latte. Nel 2022 la produzione autunnale ha
avuto un calo importante dovuto al caldo.

Destino del latte in Italia


Ha una primaria destinazione casearia: solo l’8% diventa latte alimentare; 47% per le DOP (far sì
che diventi un punto di forza in quanto non c’è concorrenza estera);
trasformazioni: poco latte UHT; circa il 70% destinato alle produzioni casearie non DOP
 in totale circa il 75-85% del latte finisce in caldaia.

Consumi in Italia
Non vanno bene; tendono a calare sia perché c’è meno interesse da parte dei consumatori ma
soprattutto per una spinta inflazionistica che ha reso il prodotto meno attraente.

Nel futuro: dirigersi verso una nuova zootecnia da latte gestita con nuovi paradigmi che prima era
solo la produzione legata alla qualità; oggi la qualità deve essere legata alla sostenibilità:
 Economica: l’Italia è messa abbastanza bene;
 Ambientale: lavorare sulle emissioni di gas serra considerando che i bovini sono i maggiori
produttori. Bisogna valorizzare le grass-land facendo sì che i ruminanti tornito a diventare
dei grandi erbivori  in Italia non sta succedendo, si è in uno stato di allevamenti intensivi;
 Sociale: ovvero l’accettabilità del consumatore riguardo il nostro sistema produttivo.
Guardare al benessere animale ed evitare il problema dell’uso dei farmaci (problema
presente ovunque ma peggiore per il settore degli avicoli).
 nell’insieme si parla di etica.

Seminario miele
Prodotto di origine animale con un mercato ristretto, prodotto di origine minore. In Italia il mercato
sta cambiando.

Alto contenuto di zuccheri  il cervello dipende dagli zuccheri semplici.

Storia:
dalla caccia degli alveari fino a un’apicultura più rudimentale; oggi siamo a livelli moderni dove le
api sono allevate in maniera intensiva.

La composizione varia a seconda della stagione e del territorio; non è un prodotto uniforme.

Nel mercato italiano c’è molto interesse nel mercato mono-flora, all’estero di meno. L’apicoltore
non ha un ruolo di allevatore  ha una funzione attiva in quanto produttore di biodiversità.

39
Produzione dall’alveare:
api: ce ne sono circa 2000 specie: sociali; solidali; mellifere. Anche i bombi rientrano nelle api.
Hanno funzioni impollinatorie  con le angiosperme.
Le api mellifere sono 11-12 specie. Ogni ape mellifera ha sviluppato la eusocialità  organizzate
in colonie e possono vivere per diversi anni (le vespe e i bombi non passano l’inverno come
colonie). Apis mellifera è una specie globale; fa parte dell’Europa ma anche dell’asia.

Alveare: slide
La cosa più importante è l’alveare di per se. Ci sono dei morfismi all’interno dell’alveare:
 Una regina: può deporre fino 2000 uova al giorno;
 Diverse operaie: femmine sterili. Migliaia di funzioni da cui dipende l’alveare. 60-70 mila
operaie a colonie
 Fuchi: unici maschi nell’alveare. Presenti da marzo a agosto. L’unica funzione è quella
riproduttiva.
Il miele è un adattamento che questa società ha sviluppato per passare l’inverno. La funzione è
quella di stoccare alimenti  usato per termogenesi e produrre calore nell’alveare. Producono
calore consumando miele e usando i muscoli alari provocano delle contrazioni e queste producono
calore che distribuiscono al favo e quindi alle api operaie e scaldare l’ambiente. si arriva fino ai 32-
35°C  alta efficienza nel produrre calore.
Il miele è usato come matrice di scambio di informazioni  spostando miele da uno stomaco
all’altro trasportano informazioni chimiche (ferormoni).
Essendo organizzate in società numerose  interesse a mantenere condizioni igieniche: il miele
ha attività antifungina e antimicrobica. Col miele promuovono i meccanismi di disintossicazione e
immunità  “immunità sociale”: insieme di comportamenti per mantenere la colonia viva e
salutare.
Favo: struttura di cera prodotta dalle api  creano queste strutture.
Apiario: può essere stanziale o anche mobile  in Italia sono nomadi: vengono spostati dove ci
sono le fioriture

Miele: la produzione parte dal nettare; prodotto dalle angiosperme. È zuccherino ma anche alto
contenuto in acqua. È prodotto per attirare le api e favorire l’impollinazione.
Il pelo delle api serve per raccogliere il polline e trasportarlo nelle altre piante. Un’ape operaia (3
settimane di vita)
Le api nutrici sono quelle che si occupano della regina: più l’ape è giovane più i tessuti sono
performati e possono produrre enzimi: pappa reale per la regina (vive fino a 5 anni). Più l’ape
invecchia meno il tessuto ghiandola produce enzimi  ape indirizzata a produrre miele.

Enzima invertasi: il glucosio è poi usato dalla glucosio ossidasi.

La bottinatrice in campo: torna all’alveare orientandosi senza problemi. Accumulano il polline


all’interno dell’addome. Il nettare ha funzione energetica; il polline è molto più ricco in amminoacidi
 alimentazione delle larve.
La bottinatrice quando ritorna: la trasformazione del nettare in miele avviene ancora prima che
ritorni all’alveare (uso delle invertasi e glucosio invertasi). Scarica il nettare a una ricevitrice.

Le api comunicano in diverse maniere: vibrazioni e sonore  importante il favo che permette di
scambiare le informazioni. Per comunicare utilizzano anche feromoni.

40
L’ape percepisce il nettare maturo (a una certa quantità di acqua) viene riposto nella celletta e da
questo punto si parla di miele. È ancora da maturare in quanto ha molta acqua; maturo quando
sotto al 18%. Le api tolgono acqua:
 Attraverso lo scambio termico, se fa caldo;
 Attivamente tramite la ventilazione
Quando disidratato viene opercolato: usano la cera per chiudere le cellette.

1 kg di miele: 60 000 voli; 500 000 visite ai fiori; 150 000 km percorsi. Un’ape produce poco miele
durate la sua vita.

Lavorazioni dell’apicoltore
Aggiunti dei melai all’arnia durante la stagione produttiva. Essendo la regina più grossa non riesce
ad attraversare la griglia  vi entrano solo le api operaie.

Ci sono stagioni produttive che variano dal paese in cui ti trovi. In veneto una stagione produttiva
può partire da metà aprile fino a metà luglio. Acacia: miele cristallino (come colore), sapore di
miele ammandorlato e viene prodotto nelle prime parti di maggio. Altri mieli: di castagno
(montagne) e miele millefiori che è quello prodotto nell’intermezzo.

Si toglie l’opercolo con un coltello oppure, più comunemente, con macchinari che disopercolano. Si
procede all’estrazione con lo smielatore: aperte le cellette sono inserite nei punti cavi  raccolgo
con la forza centrifuga e raccolto. Estrazione con lo smielatore. Successivamente viene filtrato.
I maturatori hanno la funzione di preservare il miele: fatto riposare c’è una separazione tra le
molecole dei diversi componenti; ulteriore essicazione del miele.

La catena in Italia è abbastanza semplice; all’estero viene anche scaldato. Il consumatore italiano
preferisce il miele grezzo. Se lo scaldo tolgo la possibilità di cristallizzare. Non vengono mischiati in
genere ma si preferisce la singola categoria.

Miele millefiori: proveniente da una moltitudine di varietà non precisate. Le api raccolgono da
diversi fiori. Ha colori e sapori diversi ogni anno  ogni anno ci sono condizioni climatiche
differenti. Ci saranno quindi fioriture diverse in termini di durata.
Miele monoflora: deriva da un’unica varietà/fioritura. Le api preferiscono raccogliere da una singola
fioritura è il potenziale mellifero: quantifico la quantità di miele prodotta dalla singola varietà.

L’alveare è considerato come singola identità. Per sopravvivere si prediligono attività a basso
dispendio energetico. Le api tendono a raccogliere il nettare dalla specie che produce più nettare.
L’acacia ha un potenziale mellifero di circa 625 kg/ha. Le api decidono di raccogliere da una
determinata specie indirizzando le api bottinatrici verso una singola specie. Le fioriture durano
circa una settimana, cercano quindi la specie prediletta successiva  ecco perché ci sono i miei
monoflora.
Il miele agrumi ha un potenziale mellifero molto basso ma ha una durata della fioritura molto lunga.

Tipicità e stagionalità:
 tipicità: si intendo le caratteristiche di un territorio;
 stagionalità: piante diverse con periodi di fioritura diversi
 a un determinato territorio sarà associata una determinata produzione di miele. In base alle
necessità si spostano le api. Spesso con l’acacia: si parte a valle e poi si sale in montagna dove le
fioriture sono più ritardate.

41
Slide – mappe delle produzioni del miele in base alla presenza delle diverse varietà. Oggi il tiglio è
in carenza. L’agricoltura urbana si sta diffondendo sempre di più: si allevano le api in ambiente
urbano. Non si ha il problema dello svernamento: in città ci sono circa 2-3°C in più che fuori.

Criteri di qualità

Dipende dalla nostra prospettiva. È una caratterizzazione del prodotto che rende possibile
distinguerlo. Per il miele si parla di:
 igiene;
 aspetto organolettico;
 favorire un’apicoltura locale: in Italia siamo deficitari. Determina un’importante importazione
estera

Direttiva UE 2014/63: riporta la definizione di miele. Tutto ciò che è al di fuori di questa definizione
non è definibile come miele. Si specifica che rientrano anche secrezioni che si trovano sulle piante
 miele di melata: la melata è prodotta da afidi, parassiti della pianta. Assorbono la linfa delle
piante, molto zuccherina, e cercano quindi di espellerla. Alcuni insetti come le formiche hanno
imparato ad utilizzare la melata per produrre miele. Gli afidi in cambio guadagnano difesa da parte
delle formiche. Viene prodotto in aree boscose nel periodo di giugno.

Composizione:
 80% zuccheri
 18% acqua
 2% resto: acidi organici, sali minerali, proteine
La parte più importante sono gli zuccheri, per analisi chimica e verificare quindi la presenza di
frodi. Il miele è il secondo alimento al mondo più contraffatto.

Criteri di qualità:
1. Umidità e tenore di acidità
2. Contenuto di zuccheri riducenti e saccarosio
3. Enzimi e indice diastasico
4. Slide

Umidità: l’interesse è raccogliere il miele con il tenore di acqua sotto il 18%  si conserva senza
problemi. A seconda dell’origine botanica e delle condizioni ambientali di raccolta posso influire
nell’umidità. Fioriture veloci e imponenti fanno sì che il miele raccolto sia molto umido. A seconda
delle condizioni ambientali: se le condizioni alla raccolta sono piovose il miele sarà più umido.
Anche le lavorazioni interferiscono: umidità ambientale dove lo utilizzo.
Per assicurarsi che l’umidità sia bassa:
 Ispezione visiva: con favi aperti sono sicuro che il miele sia umido; aspetto che le api
abbiano sigillato le cellette.
Per allontanare le api dal favo: spazzolate via, strutture che si mettono nel mezzo tra nido e
melario. A seconda dell’età le api hanno una funzione diversa nell’alveare: quelle giovani sono api
nutrici che non sono capaci di volare; devono essere istruite per poter volare (quando crescono,
dopo un paio odi settimane).
 Utilizzo di rifrattometro: tramite analisi ottica.

Acidità: inferiore a 50 m eq/kg. Principalmente da acido gluconico. Parametro fondamentale per la


fermentazione del miele. Il miele fermentato ha un sentore molto acido. I lieviti riescono a
proliferare sul miele e fermentarlo usando i disaccaridi e polisaccaridi. I lieviti arrivano in quanto il
miele era troppo umido. Importante quindi mantenere l’umidità sotto controllo.
42
Se si trova una separazione di fase anche nel caso in cui il miele sia stato riscaldato  fatto nel
caso in cui si mischiano i mieli. Se scaldo eccessivamente ho la separazione di fase. Scaldando
c’è la tendenza a non ricristallizzare.

Zuccheri riducenti e saccarosio: più zuccheri ho meno i lieviti riescono ad attaccare il miele data la
loro capacità osmotica. Fruttosio e glucosio sono i principali. Fruttosio ha il potere dolcificante
maggiore. A seconda del loro rapporto il colore del miele cambia. Il rapporto cambia a seconda
della specie botanica.
cristallizzazione: nel tempo tenderà a cristallizzare se ha alto contenuto di glucosio; influenzato
dalle temperature. Sotto i 14°C tende a cristallizzare naturalmente. La presenza di mono o
oligosaccaridi estranei può indicare l’aggiunta fraudolenta di sciroppi zuccherini. Gli sciroppi sono
di riso e di mais. Con l’analisi C6-C4 posso vedere se sono stati aggiunti questi sciroppi. È
abbastanza comune questa aggiunta (miele molto frodato).
A livello europeo: più del 14% dei campioni hanno presentato non conformità relativo all’aggiunta
di sciroppi zuccherini.

Enzimi: il tenore enzimatico di un alimento si può valutare in molti modi. Indice diastasico valuta la
presenza di alcuni enzimi. Deve essere maggiore di 8. Enzimi prodotti dalle api sono le invertasi,
glucosio ossidasi e diastasi , si usa l’indice diastatico.

Idrossimetilfurfurale: si produce in ambienti acidi per degradazione degli zuccheri. A alte T la


produzione aumenta. Conferisce un colore bruno. A elevate concentrazioni può essere tossico. Più
è invecchiato il miele, più il glucosio si ossida, più HMF trovo.
Enzimi e HMF mi dicono quanto è fresco quel miele. La data di scadenza deve essere di almeno
18 mesi dalla data di confezionamento.

Profilo melissopalinologico: scienza che studia i pollini. Troviamo queste figure anche all’interno
della polizia: si usa un’analisi dei pollini che si trovano nel vestiti per identificare la locazione.
Si caratterizza nel polline la provenienza di questo miele: sciolto nel nettare e poi si trasferisce
anche nel miele. Posso fare un’analisi per verificare la provenienza botanica e origine geografica
(analisi al microscopio). Filtrazioni eccessive possono modificare il profilo melissopalinologico.

Residui di sostanze esogene: ci sono LMR che differiscono a seconda delle sostanza e delle
situazioni. Sostanza usate in maniera lecita o illecita da parte degli apicoltori. In apicoltura in UE è
illegale utilizzare antibiotici per trattare le api. Le api sono molto soggette alle infezioni batteriche.
Posso capire se usano gli antibiotici valutando gli LMR.
L’uso di acaricidi: acaro proveniente dall’Asia che porta un’alta mortalità negli alveari. Ha infestato
le api quasi a livello mondiale  quasi obbligati usare acaricidi, altrimenti si stima che un alveare
viva massimo 1 anno.
Ci sono acaricidi di sintesi o organici: nel biologico bisogna usare quelli organici.

I contaminanti sono spesso antibiotici, utilizzabili in USA e Cina. Anche i pesticidi portano molta
mortalità negli alveari.

Neonicotinoidi: usati per la produzione del mais: nella concia del mais. Proteggono il seme. Questi
prodotti nella concia del seme fa sì che rimangano nel terreno anche dopo la crescita della pianta.
I neonicotinoidi lo si ritrovano nell’acqua a livello dei germogli della pianta. Se le api raccoglievano
acqua da queste piante introducevano questi composti  diventano confuse e presentano
difficoltà a tornare all’alveare.

Italia:

43
 1,8 milioni di alveari;
 72 mila apicoltori
Buon comparto di apicoltori e alveari.

La maggior parte degli alveari sono gestiti da apicoltori professionisti e quindi produttori. Gli
andamenti produttivi sono andati positivamente: si stimano 24 mila tonnellate di produzione. nel
2022 ci si è avvicinati molto alla stima. Negli ultimi anni c’è stata una certa fluttuazione dovuta alle
condizioni ambientali che influiscono nella produzione del nettare.
In realtà il 2022 non è un anno positivo in quanto la resa unitaria si è ridotta in proporzione al 2018.
Al momento non siamo in condizione di soddisfare la domanda interna: circa il 60% del miele in
commercio in Italia proviene dall’estero. in Italia c’è un buon consumo pro capite di miele. La forca
tra importazioni ed esportazioni sta aumentando sempre più negli anni a favore della prima.

Nel mondo:
la Cina è il primo produttore e va a intasare il mercato estero; al secondo posto c’è l’UE.

In Italia il miele ha una buona qualità.

Etichettatura e tutela del consumatore


Necessario riportare l’origine del miele. Se viene da una miscela di mieli, molto comune, bisogna
riportare come “miscela originaria della CE”.
Valorizzazione del miele italiano: interesse del produttore a migliorare la qualità. Ad oggi la
quantità è di minor interesse in quanto la Cina ha saturato il mercato. Crescono gli esperti
nell’analisi sensoriale. Crescono le DOP.

Latte e la sua composizione

Costituenti:
 Acqua: 87- 88% (principale costituente)
 Grasso
 Proteine, 3.25-3.3 % • Lattosio, 4.9-5.0 % • Minerali e Vitamine, 0.6-0.7 %

Importante ricordare la variabilità della composizione del latte: razze, alimentazione. Nell’ambito
della qualità risulta importante la quantità delle caseina: considerare la k caseina che influenza la
resa. Guardando ai lipidi: determina la qualità casearia.
Minerali e vitamine sono presenti in quantità minori: apporta quindi i nutrienti che un organismo
superiore dovrebbe assumere.

Biodisponibilità: importante la sua disponibilità.


Guardando alla quantità: il peso specifico del latte è maggiore dell’acqua: a 20°C pesa 1028 g/L.
alcuni costituenti giocano in maniera positiva e altri in maniera negativa:
 Lo aumentano: minerali, proteine, lattosio;
 Lo diminuisce: i lipidi (vitamine liposolubili e acidi grassi)  affiorano.

È una preziosa fonte di molte vitamine:


 Liposolubili;
 Idrosolubili
Minerali: calcio e fosforo.

Biodisponibilità: fondamentale.
44
L’industria ha proposto dei latti funzionali che rafforzano determinate caratteristiche:
 Intolleranza al lattosio: tutti i prodotti delattosati;
 Rafforzano la presenza di minerali o vitamine;
 Aggiunte di ingredienti: “latte omega 3”

Iodio: microelemento molto carente nella popolazione europea. Importante date le sue molteplici
funzioni che vanno oltre la tiroide: effetti che regolano la crescita, l’attività cellulare e gli impulsi
nervosi. Rispetto ai fabbisogni l’assunzione di iodio alimentare risulta per molte fasce carente. È
valutata come “ioduria”: concentrazione di iodio nelle urine  carente se sotto i 100 μg/L.
particolarmente interessante la carenza delle donne in gravidanza. Si crea quindi un problema
sociale derivante dalle cure mediche. In Veneto siamo in media a 81 μg/L. in Italia, dagli anni ’70,
si sono messe in campo delle metodologie per l’integrazione: sale iodato soprattutto  promosso
anche attraverso dei provvedimenti legislativi: nelle mense, negli HORECA.

Iodio – fonti:
 Crostacei;
 Pesci;
 Assenti nei vegetali;
 Poco nelle uova;
 Latte abbastanza accentuato  potenziale integratore.

Latte – distribuzione Vicenza – Treviso: la quantità media è attorno ai 280 μg/L. non si è rilevata
differenza tra razze dovuta probabilmente dalla medesima alimentazione. Anche l’utilizzo di
igienizzanti iodati durante la mungitura. Stima consumando 200 mL di latte al giorno si possono
coprire 1/3 del fabbisogno di iodio di un individuo adulto.
Cina: per la pandemia si indicava di introdurre dello iodio  consigliato l’utilizzo dei prodotti lattiero
– caseari. Si trattava della lattoferrina e lattotransferrina che hanno attività nell’influenzare la
risposta immunitaria.

Componenti organolettiche: guidano gli aspetti edonistici. Sostanza aromatiche legate alla
componente lipidica. Acquisisce un’impronta particolare quando i ruminanti consumano dei foraggi
verdi  alpeggio, transumanze. Considerare che possono comunque non essere graditi dal
consumatore.
Consumando questo substrato, erba, come insilato si perdono queste sostanze aromatiche in
quanto volatili e termolabili  ricadute organolettiche.

Componenti tecnologiche: costituenti con ricaduta nella trasformazione casearia:


 Carica batterica: indice di igiene della gestione di un allevamento. UFC del latte  esce
dalla mammella sterile e immediatamente viene contaminato. Inoltre si tratta di un
substrato di crescita ottimale. Importante abbassare immediatamente la temperatura del
latte. La legge pone 100 000 UFC/mL come limite.
 Cellule somatiche: indice di salute –> aumentano in caso si infiammazioni mammarie. Il
limite di legge è pari a 400 000 cell./mL.
Importante ricaduta nella resa del latte in caldaia. Incidono maggiormente nel prezzo qualità del
latte introdotto dal produttore.

Componenti antinutrizionali
 residui di farmaci: in caso di utilizzo intensivo;
 residui di fitofarmaci: utilizzati in allevamento;
 inquinanti ambientali: ad esempio la presenza di isotopi radioattivi, metalli pesanti;

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 tossine: aflatossine soprattutto  presenti in alimenti che consumano gli animali;
soprattutto aflatossina M1. Attenzione da parte di chi acquista il latte.

Destinazioni alimentari del latte:


 consumo diretto;
 casearia

Latte alimentare:
consumo di latte in Italia: in Europa la Bielorussia e l’Ucraina sono i principali consumatori. In
Europa: si consumano circa 53,28 L pro-capite mentre l’Italia si pone a 41 L pro-capite.

Italia: si preferisce il latte UHT  qualitativamente scadente rispetto al latte fresco. Alla base di
questo consumo ritroviamo:
 shelf life prolungata;
 minor costo;
qualitativamente il latte UHT ha un impoverimento nel contenuto di sieroproteine: da 95,5 mg/100g
si arriva a 33,3 nel latte UHT. Determina inoltre una serie di reazioni di Maillard che determina un
sapore di cotto.

Consumo di latte
Latte umano: contenuto proteico molto inferiore e nel corredo proteico ha molte meno caseine
rispetto al latte vaccino. In un processo digestivo del latte quello di vacca è molto più impegnativo
da digerire: la caseina forma un coagulo in digestione e richiede maggiore sforzo per la digestione.

Intolleranza al latte: mancanza dell’enzima Lattasi: nel duodeno scinde il lattosio in glucosio e
galattosio. Se siamo privi dell’enzima il lattosio arriva nell’intestino crasso dove diventa substrato di
fermentazioni microbiche. Possibilità di consumare il latte delattosato.
L’intolleranza è tendenzialmente sovrastimata, si tende a ricondurre con facilità alla intolleranza al
latte.
Abbiamo die tipi di intolleranze:
 genetica:
 acquisita o forma secondaria: emerge in una persona che prima non aveva problematiche.
È una forma transitoria. Legata a trattamenti antibiotici, trattamenti chemioterapici.

Allergia: si manifesta soprattutto nei bambini quando si passa dal latte materno a quello in polvere.
Circa 1-2% dei lattanti possono evidenziare dei sintomi: dolore, vomito, episodi cutanei. Ci sono
dei prodotti che sono delle alternative al latte dove è precedentemente avvenuta una lisi proteica.
Si potrebbe risolvere anche consumando il
latte degli equidi: il latte d’asina. Il problema
tuttavia risulta essere il prezzo importante.

Sostituzione  plant based drinks

Sono bevande di origine vegetale che botanicamente sono differenti: cereali, semi di leguminose,
frutta secca, ecc…
Cosa porta il consumatore verso questo tipo di prodotti:
 aspetto medico: problematiche legate al consumo del latte vaccino;
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 aspetto etico: presa di coscienza per quanto riguarda il consumo di latte  “utilizzo del
prodotto che sarebbe indirizzato al nutrimento dei piccoli”.
 Aspetto come la possibilità che gli animali siano vettori di zoonosi.
 Aspetti salutistici
 Sostenibilità ambientale: considerando che il latte di riso può avere livelli non competitivi
del LCA. Si tratta comunque di prodotti molto processati.
 Problema della CO2 rispetto alle emissioni delle vacche
 Considerata l’aggiunta/assenza di conservanti.

I latti vegetali hanno delle caratteristiche (quantitativamente):


 Minor contenuto energetico: meno grassi e meno zuccheri
 Minor proteine: tranne il latte di soia
Guardando alla qualità: tutti questi prodotti non hanno caseine e quindi non daranno problemi alle
allergie. Elimino anche le intolleranze data l’assenza di lattosio.

Componente lipidica: acidi grassi che si formano nel rumine che determinano la produzione di acidi
grassi, a corta catena soprattutto, che troviamo poi nel latte. Nei plant based sono praticamente
assenti.
Acidi grassi saturi: elevato nei poligastrici in quanto anche quelli insaturi vengono saturati. Nel
plant based è migliore nel come impronta del profilo considerando comunque che sono presenti
meno grassi. Mono e polinsaturi maggiormente presenti nei latti vegetali.

Composizione amminoacidico: il valore biologico basato sulla presenza di amminoacidi essenziali


è maggiore nel latte animale.

Componente minerale: molto più presenti nel vaccino e caprino sia come qualità che come
quantità. Lo iodio non è presente in quello plant based (?)

Considerare bene l’impatto ambientale dei due prodotti in modo da poter avere dei confronti
veritieri.

Qualità de latte alimentare

 Latti tradizionali: non hanno avuto grandi modifiche se non un a riduzione nella
composizione lipidica o arricchimento;
 Latti modificati: hanno avuto aggiunte e/o sottrazioni

Latti tradizionali: gestiti in maniera diversa in base alla loro shelf life:
 Breve conservazione;
 Media conservazione
In base al titolo di grasso:
 Intero;
 Parzialmente scremato

Latte fresco ad alta qualità: il latte viene pastorizzato ma la qualità è garantita alla partenza:
contenuto di proteine minimo. Lo qualifica in quanto la qualità è ottenuta non mescolando prodotti
ma deve essere garantita all’origine in stalla. Non si può mescolare un prodotto di minore qualità
con uno migliore  si tratta di stalle con gestione attenta.

Latti modificati:
 Concentrati;
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 Alta digeribilità;
 Latte fortificato;
 Latte probiotico;
 Aromatizzato;

Novità:
 Latte di montagna: rappresentato da uno specifico logo. Prodotto secondo uno specifico
regolamento comunitario: vincola il prodotto ad animali che trascorrono gran parte del loro
ciclo di vita a un’altitudine superiore 600 m. Riporta anche che la produzione degli alimenti
degli alimenti deve essere almeno per il 60% derivante da ambienti di montagna.

Appunti 26/04/2023

Nel regolamento dei prodotti di montagna sono presenti gli animali che possono essere allevati per
ottenere tali prodotti. Molto presente il produttore “Latte Trento”.

Latte fieno STG: portata avanti dall’Austria. Questa certificazione non ha una specifica
localizzazione geografica ma certifica il metodo di produzione.
Nel disciplinare si riporta:
 Divieto ogm;
 Le bovine non possono essere alimentate con foraggi che non siano affienati o verdi 
esclusi gli insilati;
 Vietato l’utilizzo di urea per aumentare il titolo proteico delle diete;
 La quota di concentrati nella dieta non deve superare il 25% della sostanza secca della
razione somministrata su base annua. Si può modulare l’offerta del mangime all’interno
dell’anno rispettando il limite del 25% alla fine dei 12 mesi. Si tratta di un limite restrittivo.
Nel Parmigiano Reggiano il limite imposto è al 50% mentre le linee guida Slow Food
portano il limite al 30%.

Il latte fieno può essere usato per produrre i derivati che anche loro acquisiranno questo marchio.

Alto Adige – latte fieno STG


 4400 aziende familiari;
 Ad oggi l’allevatore rappresenta un impiego secondario;
 Buona parte delle aziende sorge su territorio in pendenza

Il latte viene raccolto anche sopra i 1500 m e questo determina un “servizio” di manutenzione
ambientale.

Produce 404 milioni di kg di latte di cui il 25% è latte fieno e il 4,5% è latte bio. Questo ha
permesso di differenziare l’offerta dell’Alto Adige. Importante la fidelizzazione con il marchio “Alto
Adige” piuttosto che con il marchio bio  non dà valore aggiunto in quel territorio.

Vantaggi:
 Creata una nicchia di mercato in mercato saturo;
 Differenziazione dai prodotti convenzionali

Latte A2
Latte che si qualifica in funzione a una specifica variante genetica della beta caseina. Per la beta
esistono 13 varianti genetiche  qui abbiamo la variante A2. La caseina ha una catena
48
polipeptidica di 129 aa. Nella variante A2 abbiamo la prolina che sostituisce l’istidina. È probabile
che Uro fosse un omozigote A2-A2. A seguito di una mutazione è comparsa la variante A1 che poi
diventa sempre più importante  sempre più presente nelle razze Bos Taurus (razze europee)
dove è presente la variante A1. Ad oggi l’omozigote A2 è meno presente.

Differenze:
digestione A1 a livello duodeno, a seguito della sostituzione, vede la produzione delle 7 beta
casomorfine (sequenze amminoacidiche)  responsabili di problematiche secondo alcune
ricerche. Ricondotte alla presenza di disturbi comportamentali, diabete di tipo 2, autismo ecc…
Questo porta grande interesse nel latte A2. Si scopre poi che gli stessi ricercatori che hanno
trovato queste risposte sono gli stessi che hanno creato il brand A2.

In Europa l’EFSA esprime un report circa l’impatto sulla salute della presenza delle beta
casomorfine. Riporta che non ci siano evidenze circa la presenza e la correlata insorgenza delle
malattie citate dai ricercatori neo zelandesi.

Esiste nel mercato il latte A2 che deriva sia dal fatto che naturalmente presenti le vacche che
come effetto di ricerca e selezione. Chi lo commercializza oggi non porta molta enfasi nel fatto che
contenga la caseina A2A2.
Tra i grandi produttori ritroviamo Granarolo che anche lui non porta claims circa il contenuto delle
caseine.
Si tende ad evidenziare un certo calo nella resa casearia del latte A2 rispetto a quello A1.

Parametri tecnologici del latte


Almeno il 75% del latte munto in Italia viene indirizzato alla trasformazione. Siamo uno dei paesi di
riferimento per la trasformazione casearia: 51 DOP.

Capacità di coagulazione: proprietà importante del latte in funzione della resa casearia: kg di
formaggio/100 kg latte.
La coagulazione può essere data per via enzimatiche o per acidificazione.

Non esistono limiti di legge ma i caseifici si interessano sempre di più alla resa: attraverso il NIR si
valuta la qualità della caseina per dare un paragone della resa tra diversi latti. Importante che sia
un’analisi rapida e ripetibile.

Ad oggi si usano i lattodinamografi: simulano un a caseificazione con l’aggiunta del caglio e


successiva coagulazione. Si ottengono i tracciati lattodinamografici. Viene riscaldato il latte a 39°C
con l’obbiettivo di acidificarlo grazie a una crescita microbica. Quella acidificazione attiva il caglio.
C’è un certo tempo tra l’aggiunta del caglio e la formazione della micelle di caseina. Questo tempo
rappresenta il primo parametro del tracciato: prima fase del tracciato è lineare. Poi inizia il coagulo
e si formano le micelle  formazione della “campana” che si apre per 20mm. Si misura quindi un
secondo parametro quale il k20: tempo di rassodamento (slide). Si misura poi, dopo 30 minuti, la
consistenza del coagulo  misurata l’ampiezza del coagulo.
Ottengo i tre parametri: r, k20 e a30. Si crea quindi un tracciato lattodinamografico ottimale per la
produzione del singolo formaggio.
Essendo parametri che possono variare è importante capire quali siano i parametri del latte che
possono influenzarli.

1. Contenuto di caseina: maggiore è il contenuto maggiore sarà la resa del formaggio. Lavoro
di selezione indirizzato ad aumentare la quantità di caseina nel latte.

49
2. Qualità della caseina: avendo la alfa, beta, gamma e k. Importante la k caseina per una
resa casearia ottimale. La razza Bruna ha nel proprio patrimonio genetico più elevata
rispetto a quella della frisona; producendo però meno latte nonostante la miglior resa
casearia che consente di raggiungere la Bruna.
3. Cellule somatiche: cellule che possiamo quantificare all’interno di un campione di latte.
Cellule di sfaldamento epiteliale del tessuto secernente mammario. Ha una struttura
circolare vuota all’interno; nei lati troviamo le cellule secernenti. Da lì parte un capillare che
permette il trasporto del latte. Essendoci una fase di sostituzione cellulare queste possono
finire nel capillare e trovarle quindi nel latte.
Un'altra componente cellulare che possiamo trovare sono i leucociti, facenti parte del
sistema immunitario.
Nel latte è sempre presente una certa quantità di latte: attorno ai 100 mila sono quelle di
una mammella clinicamente sana. Sono considerate come indice della salute dell’animale.
sono utilizzate per monitorare la presenza di mastite: monitorando i leucociti. Se si verifica
nell’organo mammario della vacca un processo infiammatorio dovuto a un’infezione
batterica si richiamano leucociti (polimorfonucleati, macrofagi, linfociti) nella mammella.
Determina un aumento del numero di cellule somatiche nel latte. Monitorando le cellule
possono farmi un’idea di quelli che sono i quantitativi di leucociti nel latte e quindi dello
stato di salute.
In media in Italia è su valore più elevati rispetto alle situazioni ottimali. Ci sono picchi nei mesi
estivi  oltre al calo produttivo abbiamo anche un aumento delle cellule somatiche. La resa
casearia diminuisce nei mesi estivi. Attraverso il monitoraggio dele cellule possono stimare la resa
casearia.

Un aumento delle cellule porta a una riduzione importante delle rese casearie. Con l’aumento delle
cellule somatiche si riduce la percentuale di caseina a favore di sieroproteine e peptoni  calo
della resa casearia. Con l’aumento della resa cala notevolmente il comportamento del latte in
caldaia.
Si riduce il rapporto caseine/ sieroproteine. Aumenta il pH e cala l’acidità titolabile  questo porta
a una minore risposta del caglio in caldaia (scarsa reattività al caglio)  parametro r più lungo.
Un latte con molte cellule somatiche è definito ipo-reattivo. Le cellule
somatiche entrano a far parte della qualità nel pagamento del latte.

Latte ipo-reattivo e resa casearia: con un latte di buona qualità nel


momento in cui le cellule aumentano si stima un stima un calo di resa di
6,5 kg formaggio/1000 kg di latte che si può tradurre in una perdita di 247
000 € per un caseificio che lavora 10 caldaie al giorno.

Sistema di pagamento del latte alla stalla:


ogni produttore ha un riferimento come azienda a cui fornisce. Il
pagamento si basa su un prelievo ogni 10 giorni di un campione che misura:

1. Grasso
2. Proteine
3. Cellule somatiche
4. Carica microbica
Per ogni parametro c’è una forchetta di neutralità per cui non si hanno premi e penalità da
aggiungere al prezzo base di partenza. Se siamo sotto la forchetta si prende una penalità, se si è
sopra si riceve un premio. La forchetta si modifica ogni anno.
La proteina ha un premio maggiore al grasso: il latte in Italia viene trasformato in formaggio. Per le
cellule la fascia di neutralità è tra 300 mila e 350 mila; se si rimane sotto si ha un premio di 6 volta

50
maggiore rispetto a quello della proteina. L’allevatore fa controlli per portare a una diminuzione
della carica delle cellule somatiche in funzione anche della riduzione di malattie.

Carica batterica
Non è un indice si sanità della mammella ma di igiene della filiera: dalla stalla al trasporto del latte.
Si monitorano:
 Batteri lattici;
 Stafilococchi
 Batteri sporigeni
 Enterobatteri
Considerando che il latte rappresenta un ottimo substrato di crescita per i microrganismi.
Bisogna monitorare l’igiene di tutta a filiera che ci porta a ricevere il latte:
 Ambiente di allevamento delle bovine: punteggio di pulizia della mammella (1-4). Da una
mammella sana il latte esce sterile ma subito dopo va incontro a contaminazione
ambientale.
 Modalità di mungitura
 Modalità di lavaggio e disinfezione dell’impianto di mungitura;
 Temperatura di conservazione del latte: se non si raffredda rapidamente immediatamente il
latte va incontro ad acidificazione a seguito dello sviluppo microbico.

Influenza della carica sulla resa casearia: quando elevata comporta una diminuzione del lattosio e
delle proteine. Porta a una caduta del pH data la produzione di acido lattico e un aumento
dell’acidità titolabile  latte “iper-reattivo”; caseifica quasi prima dell’inserimento del caglio. Il
parametro r è brevissimo; aspetto negativo. Anche la
carica batterica entra nel sistema di pagamento qualità
del latte alla stalla.

I microrganismi possono portare poi a delle


modificazioni organolettiche del prodotto:
sporigeni anaerobi: clostridi; responsabili del gonfiore
tardivo. Hanno la capacità di sporificare nel momento in
cui l’ambiente circostante è negativo per la loro crescita.
Li ritroviamo nel terreno e possono rientrare in stalla attraverso i foraggi. Si va ad arricchire
l’ambiente stalla di questi inquinanti microbici che possono contaminare il latte in fase di
mungitura. La loro presenza in caldaia può aumentare il rischio di un gonfiore tardivo: in
stagionatura se le condizioni ambientali tornano favorevoli allo sviluppo portano a una
fermentazione della parte proteina con formazione di occhiature non desiderate.
Possono bastare 200 spore/L per creare un rischio di gonfiore tardivo.

La prevenzione che viene fatta vede: per il parmigiano reggiano sono vietati gli insilati:
raccogliendo foraggi umidi dal campo è più alto il rischi di ritrovarsi i Clostridi in stalla.
Nel grana padano è maggiormente presente il problema: durante la stagionatura è presente la
battitura del formaggio  se evidenzia un rischio di potenziali fermentazioni tardive viene
declassato a formaggio “Retinato”: smarchiato e venduto in un mercato di formaggio già
porzionato. La presenza del Retinato rispetto al grana padano è di circa il 2-3%. Questo
rappresenta una perdita potenziale di 6,5 milioni di euro nel mercato generale del grana padano.

Appunti 03/05/2023
Evoluzione della qualità nel settore caseario

51
Vedere come si sono evolute le filiere del settore caseario. Italia è il paese con più DOP
contandone 51. La Francia ne possiede 45.
Il tutto nasce da sistemi di allevamento che prevedevano razioni erbivore abbinate a casari esperti
in grado di lavorare tali prodotti. In Emilia Romagna, culla del Parmigiano, le vacche
principalmente presenti erano:

A partire dagli anni ’70:


 Aumenta la domanda di latte
 Come conseguenza aumenta il prezzo del latte
 gli allevatori hanno quindi convenienza a produrre di più. A questo bisogna poi associare che il
prezzo dei mangimi rimane molto basso. In questi anni gli allevatori hanno potuto guadagnare
molto.

Da qui gli allevatori, con l’obiettivo di fare più latte:


 Sostituiscono le altre razze con la Frisona  fino a
700 mila capi.

In parallelo bisogna considerare che sono cambiate anche le


diete  diete nuove, sistemi di alimentazione nuovi. Di conseguenza cambia anche la
movimentazione di mangimi  sono introdotti i concentrati. Nel tempo poi gli allevamenti si
spostano sempre più verso un sistema intensivo. Affiancato a questo cresce notevolmente la
coltivazione di mais che va a sostituire molte altre colture. Importante il suo utilizzo come silomais
(non ammesso per il Grana). Cambia la zootecnia e cambia quindi anche il latte; in quanto suo
derivato.
Ci sono delle ricadute: prima si portava una certa variabilità nella mangiatoia. Con la monocoltura
si ha una perdita in termini organolettici e in qualità del formaggio  si perde il “terroir” del
formaggio. Tutto questo porta verso una standardizzazione della qualità  si è persa variabilità,
non qualità.

Trend nella resa casearia: si è lavorato bene nell’aspetto igienico-sanitario della stalla  calo delle
cellule somatiche del latte. Si è ad un livello di igienizzazione quasi eccessiva; perdita nella
variabilità della carica microbica che si porta in caldaia.

Un altro ambito dove ci sono stati notevoli cambiamenti è stato quello della montagna. Quasi ogni
valle aveva un formaggio che le caratterizzava. In montagna fare formaggio aveva altre ricadute
rispetto quelle della pianura padana.
In montagna ci sono 27 DOP di quelle totali casearie che ha l’Italia. In montagna, facendo
agricoltura, non si fa solo produzione: la montagna è cambiata. In passato era un allevamento in
equilibrio con l’ambiente  gli animali nelle stagioni autunno-vernine usavano foraggi prodotti
localmente (fieno) e appena possibile si iniziava la transumanza: utilizzo di fonti non affienabili.
Legame forte, dal punto di vista trofico, tra animale e ambiente.
In passato le vacche presenti erano quelle di piccole dimensioni che potevano facilmente muoversi
in pendenza. Le loro produzioni erano modeste; circa la metà di una Frisona. La loro dieta era
ricca di foraggi e soprattutto di foraggi aziendali ovvero provenienti da quello specifico ambiente.
guardando all’impatto ambientale il consumo di sostanza secca che consumavano erano superiori
alla quantità di materia organica proveniente dalle feci.

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Prodotti di questo sistema (passato): con quel tipo di zootecnia si aveva una produzione della “no
food production”  manutenzione ambientale ovvero “servizi ecosistemici”. Se questo sistema
cade, oltre al “danno” produttivo si avrà una problematica relativa all’ambiente.

Successivamente: anche qui il prezzo del latte aumenta  cambio del sistema produttivo anche in
montagna. Si assiste a un cambio delle razze autoctone con l’arrivo di Frisone e Bruna americana
che permettono maggiori produzioni di latte.
Guardando a come si adatto all’ambiente alpino le Frisone producono di
più, dal punto di vista quantitativo, in quanto le produzioni maggiori sono
ottenute in stalla. Il tutto utilizzando parti importanti e maggioritarie di
foraggi concentrati. Si va verso un utilizzo di mais e silomais in quanto
energetici. In malga ritroviamo le manze.
Con questo tipo di scelta cambia completamente il tipo di utilizzo del
territorio alpino.

Eccezione – Valle d’Aosta: non ritroviamo la Frisona  nel disciplinare della Fontina è previsto
l’utilizzo di latte proveniente solamente da razza Valdostana.

Succede quindi che scompaiono i caseifici di paese a favore di grossi caseifici. Importante capire
poi chi fa la “no food production”  in parte non la fa nessuno: in 20 anni si sono perse il 25%
delle superfici a prato pascolo. Cominciano problemi legate alle vipere, alle zecche. Si va verso
una montagna che non sempre sarà una montagna viva e gestita ma che potrà avere un’immagine
di abbandono. Vi sono quindi ricadute ambientali e casearie determinante dall’abbandono del prato
pascolo  ricadute anche nel settore turistico. Le stalle sono le stesse abbinato un costo
maggiore dei mangimi. Il sistema intensivo in montagna non ha più senso economico  il latte non
è aumentato di prezzo mentre i cereali sono aumentati di prezzo.

Formaggio Asiago d’Allevo Vecchio: la DOP si è chiesta cosa stesse succedendo in montagna. Si
è confrontato le caratteristiche chimiche e sensoriali dello stesso formaggio in diverse filiere:
malga, caseificio di montagna e caseifici di pianura.
Si è visto che circa l’80% del latte è prodotto in pianura, montagna circa 8% e pianura circa 10%.
Lo si conferma guardando al numero di forme che vengono prodotte.
Guardando alla dieta: in malga i foraggi erano maggiori ma sia in montagna che in pianura i
silomais sono preponderanti. Analisi sul colore della pasta: la malga si distingue bene ma
montagna e pianura sono mischiate tra loro.
Guardando al profilo acidico: la malga e i caseifici sono molto differenti. Ci si è trovati di fronte a
formaggi di caseifici identici tra di loro. Dati sulle frazioni azotate ovvero come cambia il formaggio
in maturazione evidenziano una sovrapposizione tra i formaggi dei caseifici.
Si è quindi raggiunti alla conclusione che solo il formaggio di malga può definirsi diverso da quello
dei caseifici, siano essi di montagna o di pianura.
Analizzando al NIR posso vedere i profili per discriminare le filiere. Emerge che gli spettri delle
malghe si differenziano da quelli dei caseifici e all’interno dei caseifici lo strumento non riesce a
discriminare se il prodotto sia di montagna o di pianura. L’obiettivo sarebbe di aumentare il valore
economico del prodotto di montagna facendolo avvicinare a quello di malga. In realtà si è visto che
i caseifici alpini si sono avvicinati agli standard degli altri caseifici rendendoli simili a quelli di
pianura  determinano soprattutto da un aspetto economico. Oggi le cose stanno cambiando
anche se con difficoltà.

Beaufort - studio: anche qui negli anni ’70 arriva il “rischio Frisona” ma alcuni allevatori creano un a
DOP Beaufort che si pone un limite produttivo. Lega il formaggio a due razze autoctone. Dopo 20
anni aggiunge un ulteriore vincolo quale: limite di 50 quintali/anno di produzione di latte  evita

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l’uso del mangime. Queste vacche che presentano il limite sono quelle che utilizzano tutte le
superfici verdi del territorio della DOP  lega la produzione al mantenimento ambientale.

Caseificio Pennar: obbligo di conferire il latte in caseificio e di non fare il formaggio in malga. Si è
quindi cambiata l’impostazione delle produzioni mantenendo separato il latte di malga.

Appunti 04/05/2023

Sistemi di produzione e qualità delle uova

Nel mondo il maggior produttore è la Cina. Dietro, a molta distanza, ritroviamo gli USA. Sono tra gli
alimenti che consideriamo del futuro  previsioni nel consumo in aumento per tutti i continenti. Le
dinamiche di crescita diversificano: in Africa la dinamica è di circa 1/6 di quella prevista degli altri
nutrienti. Considerare gli apporti nutrizionali come ad esempio le proteine.

Italia: 40 milioni di galline con circa 1700 allevamenti professionali. In Italia si producono circa 12
miliardi di uova. 210 uova/ pro capite è circa il consumo medio annuale considerando che circa
metà deriva per consumo indiretto (pasta, panificazione). Il tasso di approvvigionamento è di circa
il 100%. L’indice di penetrazione (persone che dichiarano l’acquisto di questo prodotto) è di circa il
100%  compresi anche i vegetariani. Le considerazioni etiche sul consumo sono scarse.

Filiera – uova: compare un nuovo protagonista  genetista: disegna la gallina ideale per produrre
uova. Quelle che usiamo non sono razze pure: la vera produzione delle uova è fatta da ibridi,
selezionate dalle grandi aziende internazionali.
Genetista: selezione di ibridi: incroci tra linee diverse. Gli ibridi hanno l’obbiettivo di produrre uova
con:
 Peso elevato
 Guscio resistente: importa qualità per il consumatore
 Colore desiderato
 Idoneo rapporto tuorlo/albume
 Assenza di difetti

In produzione:
 Pezzatura idonea
 Colore del tuorlo: aspetti che il consumatore tende a valutare
 Aspetto dell’albume
 Assenza di odori indesiderati: spesso risolto attraverso mangimi non corretti.

Distribuzione:
 Resistenza del guscio
 Colore ideale rispetto al mercato che acquista
 Limitato interesse nel contenuto

Consumatore:
 Sicurezza: quasi prerequisito
 Freschezza
 Integrità
 Colore del guscio

La parte più importante dell’uovo è l’integrità del guscio

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Molte informazioni sulle uova sono presenti nella confezione stessa:
 Sistema di allevamento
 Peso
 Categoria di qualità: indica la freschezza
 Data di scadenza

Sistema di allevamento: quattro tipi di uova in commercio di cui 3 quelle frequenti


1. In gabbia: bandite da regolamento europeo; permessa la gabbia arricchita  lo spazio è
più accogliente e ci sono dei posatoi (per appollaiarsi)

Definizione riportata sulla confezione ma anche sul singolo uovo. I sistemi sono distinti da:
 Spazio
 Possibilità di accedere all’esterno

 A terra: non hanno l’accesso all’esterno.

Mercato: le soluzione welfare friendly sono quelle che crescono maggiormente, le gabbie si stanno
eliminando.
Altre classificazioni – categoria di peso:
standard europeo che differisce le uova come :

La media è di 60/65 g con un massimo di 70/75 g.

Categoria di qualità: indicatore indiretto di


uova  tempo che intercorre
dall’ovideposizione alla vendita delle
uova. Si valuta lo spessore della camera
d’aria  aumenta in funzione della
distanza dell’ovideposizione. Il guscio è
poroso: nei primi giorni è impermeabile
grazie alla mucina. La porosità
progressivamente cala e si perde in
scambio gassoso  aumento dello
spessore della camera d’aria 
indicatore affidabile della freschezza dell’uovo. Si misura attraverso una speratura. Non vengono
mai lavate le uova  porto via la cuticola aprendo le porte agli scambi gassosi.

Codici di identità:
 Tipo di allevamento
 Stato di produzione
 Unità produttiva
 Codice di allevamento
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 Ultimamente anche la data di scadenza

Proporzioni in peso:
 10% guscio
 30% tuorlo
 60% albume

Misure:
 Diametro all’equatore
 Rapporto D/L circa al 70%  per la resistenza agli urti più è sferico un uovo maggiore è la
sua resistenza agli urti
Il guscio non ha uno spessore costanza  più debole all’equatore. Per misurare lo spessore quindi
si utilizzano delle misure ponderate.

Requisiti qualitativi:
 Aspetto igienico – sanitario: presenza di Salmonella e prodotti che derivano da uova non
cotte. Il rischio aumenta negli allevamenti a terra. I produttori puntavano su questo essendo
contro all’abolizione delle gabbie
Oggi molto presenti le linee antibiotic-free.
Rischio della diossina: alcuni olii esausti sono rientrati nella catena trofica alimentare
attraverso dei mangimi.

Struttura e funzioni del guscio: lo spessore varia da 300 a 350 micron ()<più spesso ai poli. La
forza di rottura è sui 30N. le funzioni sono quelle di protezioni e di controllare gli scambi gassosi.
composizione
 Calcite è il 94% in peso
 Fosforo
 trama proteica e di polisaccaridi in cui sono posizionate le calciti. Il guscio non è impermeabile
ma poroso. I pori nei primi giorni sono occlusi dalla cuticola  protezione della parte interna dagli
scambi gassosi e dalla penetrazione microbica.
I requisiti del guscio per il consumatore è principalmente il guscio. In Italia prevale il guscio color
“pelle”. Dopo il colore abbiamo la resistenza agli urti  difende la parte nobile. È la prima causa di
eliminazione delle uova.

Anomalie – guscio:
 Uova senza guscio
 Guscio con forma fragile: 2-5% eliminate per questi due problemi
 Rottura in raccolta e movimentazioni: 3%
 Eventuali impurità
 Trasporto

Questi difetti sopra riportati caratterizzano die momenti della produzione:


 Iniziale: pollastra che ha la prima ovideposizione (ne fanno due nella carriera)
 A fine carriera

Misura resistenza del guscio:


 Misure dirette: strumenti che applicano una pressione al guscio valutando la pressione al
momento della rottura. Si usa un penetrometro specifico per un uovo.si usa anche la
puntatura  applica una pressione all’equatore dell’uovo e si misura la resistenza

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 Misure indirette: non prevedono la rottura dell’uovo. Applico un peso sull’uovo (500 o 1000
g) e ne valuto la deformazione. Si procede anche misurando lo spessore del guscio.

Valutazione della freschezza dell’uovo: tempo tra l’ovideposizione e il consumo dell’uovo.


 Dal punto di cista scientifico viene misurata con la speratura: si posizione una fonte di luce
dietro l’uovo e si misura lo spessore della camera d’aria. Maggiore è lo spessore minore è
la freschezza.
 Tipo empirico: immergere l’uovo in acqua e sale  tanto più l’uovo tende a tornare in
superficie tanto più lunga è la sua vita.
 Analisi visiva del contenuto dell’uovo: se fresco il tuorlo e l’albume si presentano tonici.
Verso la senescenza aumenta il decadimento.

Aspetti nutrizionali:
considerati alimenti energetici e proteici  componente proteica e lipidica sono quelle principali.
Si tratta di proteine di alto valore biologico che qualifica le proteine di origine animale. i lipidi quasi
tutti nel tuorlo e abbiamo una buona insaturazione; 3% di colesterolo e circa 2:1 come rapporto
insaturi:saturi. Assenza di carboidrati.

Colore del tuorlo: il consumatore privilegia i colori molto pigmentati  pensa che un animale
razzolando abbia la possibilità di acquisire xantofille e caroteni oggetto di colorazione del tuorlo.
Nella realtà si parla di pigmenti sintetici aggiunti per via chimica.
Viene misurato attraverso uno yolkmetro. Si utilizza anche un colorimetro. Nel biologico i pigmenti
di sintesi sono proibiti quindi il colore tende a decadere. un’intensa pigmentazione va a discapito
della vitamina A (liposolubile).

Albume: principalmente proteina come albumina. Si testa qualcosa che richiama alla sua
freschezza  turgido e contenuto attorno al tuorlo. Si misura con il micrometro a tripode: da un
uovo aperto di appoggia un ago sull’albume e misuro il suo spessore: più è elevato maggiore è la
freschezza. Assieme al peso di misure l’indice Haugh  varia da 20 e 110. Maggiore è l’indice
maggiore è la freschezza. Il pH può essere un indicatore di freschezza.

Appunti 30/05/2023

Definizione di benessere animale

Uno degli aspetti principali per la qualità del prodotto animale. Due definizioni:
1. Stato di salute sia fisica che mentale in cui l’animale è in armonia con l’ambiente;
2. Il benessere di un organismo è il suo stato in relazione agli sforzi che deve compiere per
rapportarsi all’ambiente nel quale è inserito. Fa riferimento al fatto che in una situazione di
malessere l’animale investe delle energie destinate a sopravvivere in quello specifico
ambiente. Tanto peggio alleviamo gli animali tanto maggiore sarà il dispendio energetico.

Tutte le normative sul benessere animale fanno riferimento alle 5 libertà:


1. Da fame e da sete
2. Da disagio
3. Da dolore e da malattie
4. Da paura e da stress
Di esprimere il normale comportamento di specie: se si guarda ad esempio alle dimensioni
delle normali attività delle galline e se le si mette in relazione a quelli che sono gli spazi
normalmente utilizzati per gli allevamenti si denota come gli spazi sono notevolmente
insufficienti  non si tratta di benessere animale.

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Come valutare il benessere animale: non giudicare dalle apparenze. L’animale trae il uso equilibrio
da tutto ciò che lo circonda. Spazi in mangiatoia. Il clima dove si trova. Rientrano anche le scelte
gestionali.
Rientra nella valutazione del benessere due indicatori:

 Parametri indiretti: più facili da analizzare  spazi, qualità dell’aria, densità di allevamento,
aspetti strutturali e gestionali.
 Parametri diretti: o animal based quindi relative direttamente agli animali. Il giudizio diretto
è molto più utile. Si parla di parametri patologici, comportamentali, fisiologici e produttivi
(es. vacche che non producono latte).

In Europa le cose stanno cambiando: le associazioni animaliste europee si sono raccolte in una
raccolta firme per portare a una svolta quale la fine dell’era delle gabbie. Entro il 2027 dovranno
essere eliminate le gabbie dagli allevamenti. Richiesto uno sforzo anche da parte del consumatore
ovvero che compri il prodotto non proveniente dalle gabbie nonostante il costo maggiore.

L’Italia è abbastanza avanti  “Classyfarm”. Check list che permettono di valutare il benessere di
tutte le specie e categorie di interesse zootecnico. Il ministero della salute ha fatto il ragionamento
che un animale in salute si ammala di meno e quindi si usano meno farmaci  intraprende un
percorso in cui la salute degli animali sostiene quella che è la One health.
Viene dato un punteggio da valutatori a scopo aziendale o posti dal ministero. Il punteggio va da 0
a 100 ed è costruito attraverso tre classi di parametri :
 Gestione e personale 25%
 Strutture e attrezzature 25%
 SLIDE 50%
Questo strumento può essere calato in un ambito di etichettatura dell’alimento ottenendo il valore
sulla base della filiera.
Il benessere può essere anche una strategia aziendale ad esempio RSPCA e Red Tractor che
propongono delle check list tali da permettere di capire se il soggetto è vissuto in ambienti consoni.
Beter Leven è un sistema olandese che dà classificazioni in stelle:
 1 stella: maggiore spazio e ore all’esterno dell’animale e diminuisce il tempo di trasporto
dell’animale;
 2 stelle: parametri migliori
 3 stelle: parametri migliori

Altro aspetto della qualità è la biodiversità: la mancanza di variabilità toglie l’opportunità di sfruttare
l’eterozigosi. È fondamentale tutelare la biodiversità e quindi proteggerla. L’omogeneità porta a
una debolezza specifica per il singolo patogeno/problema.
Per difendersi si agisce promuovendo la biodiversità: ad esempio nel caso della Cinta Senese. Un
altro esempio sono i profili SlowFood.
Un altro aspetto considerato è il problema delle mutilazioni: pratica effettuata in allevamento che
portano a una modificazione del corpo dell’animale. Possono indurre a dolore e sofferenza. Le
motivazioni che portano alle mutilazioni:
 Bovini: decornazione. Le frisone sono prive di corna in stalla in quanto viene fatto un
trattamento con pasta caustica entro i due mesi nel bottone dove crescono le corna.
Questo per ridurre il rischio nei confronti degli operatori. E anche per limitare il rischio tra gli
animali. Le mutilazioni sono fatte anche per motivi sanitari: presenza di necrosi della coda
derivante da insilati come alimentazione.
 Pecore: ci sono insetti che decompongono uova nella zona perineale dell’animale. Si toglie
una parte del vello si tratta di Nuova Zelanda e Australia soprattutto.

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 Suini: in assenza di stimoli ambientali tendono a morsicare coda e orecchie degli altri
animali. Meglio introdurre degli stimoli piuttosto che effettuare la mutilazione.
 Decornificazione: per evitare che gli animali combattano tra loro.
 Castrazione: modificare il suo profilo endocrino, soprattutto per i maschi. Se non si castra
significa andare in contro a una qualità della carne non commerciabile. La carne di un suino
sessualmente maturo ha un odore riconducibile a quello dell’urina. Si limita così lo sviluppo
delle gonadi. Vengono castrati pochi giorni dopo la nascita. In Europa il 50% sono castrati.
Tra i castrati il 60% sono castrati, il 3% attraverso l’immunocastrazione o castrazione
chimica. Nel 33% dei casi di castrazione non viene effettuata l’anestesia.
Il problema si complica per i suini italiani ovvero quelli pesanti: necessaria una doppia
iniezione per i suini pesanti.
Alternative: o si continua a castrare o si utilizza del seme sessuato ovvero si fanno nascere solo
femmine.

Il veterinario aziendale è la persona responsabile in quanto è in possesso dei farmaci e ha il potere


di decidere come procedere.

Sostenibilità – aspetto ambientale

Descrittore recente nella sostenibilità ma che sta prendendo molto piede. La sostenibilità
ambientale viene misurata attraverso le emissioni ovvero attraverso il suo impatto. Si parla di
inquinanti ovvero i gas serra e sul consumo idrico. Si guarda a tutti i costi che produrre quel
prodotto di quell’animale hanno richiesto a partire dalla produzione delle materie prime fino alla
cottura e consumo del prodotto stesso.
Guardando le emissioni si vede che fatto 100 le emissioni di gas serra, trasformata in CO 2
equivalenti vede per l’80% problemi legate all’energia e ai trasporti e 8% l’agricoltura.
L’agricoltura impatta ma un corretto uso del suo e delle foreste è un carbon sink ovvero trattiene. Il
futuro sarà l’agro-tecnologia ovvero produrre in maniera sostenibile.
La sostenibilità viene misurata in:
 CO2 equivalenti (per metano 25 volte e protossido di azoto 296 volte).

Misurando in agricoltura i principali inquinanti vengono fuori gli animali. Tra gli animali i ruminanti
sono i maggiori soggetti per la presenza dei prestomaci dove la popolazione microbica fermenta
l’alimento con produzione di metano. Ci sono emissioni di gas inquinanti anche attraverso le feci.
Guardando ai ruminanti si vede che le loro emissioni possono essere ridotte attraverso:
 La limitazione di ciò che è legato alla attuale alimentazione dei bovini da carne:
deforestazione in favore di territorio arabile.
 Efficienza della popolazione: in india abbiamo il numero maggiore di capi che però si trova
seconda come produttore di latte dove troviamo gli USA al primo posto. Gli USA sono
settimi come popolazione bovina. In media una vacca americana produce 26,8 kg al giorno.
In india una vacca produce 3,2 kg al giorno.
Riuscendo a migliorare questi sistemi di allevamento per farli produrre come una vacca
americana avrei bisogno solo del 24% degli animali in USA per ottenere la stessa
produzione.

Water Footprint: l’agricoltura è tra i principali consumatori di acqua pulita, è dipendente dall’acqua.
Il consumo è veramente alto e necessita di efficientamento: nell’irrigazione dell’acqua, considerare
anche se e come si va ad inquinare l’acqua in agricoltura attraverso le deiezioni e i composti
chimici. A livello animale i maggiori consumatori di acqua sono i ruminanti. Ad esempio 1900 litri
per produrre un hamburger considerando le necessità a partire dalla materia prime.

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Rinunciando ai ruminanti si starebbe rinunciando a 3.5 miliardi di ettari di praterie non arabili le
quali tra l’altro rappresentano dei sink. I ruminanti agiscono anche come controllo del verde,
prevenzione dei disastri ambientali.
Meglio lavorare con un altro approccio ovvero quello di ridurre le emissioni: mitigare le emissioni.
Un esempio è quello di ridurre il consumo di carne a 70 – 90 g/d al giorno.
Un’altra strategia di mitigazione è quello di puntare su carni sempre più amiche del pianeta
prediligendo le carni bianche. Anche i bovini possono fare la loro parte nel momento in cui fanno
gli erbivori  grass fed.
Effettuare scelte che siamo meno impattanti per il nostro pianeta è di sicuro una soluzione.

Un altro campo nel quale è possibile agire largamente è quello dello spreco alimentare:
Un terzo della produzione annua viene gettato. USA sono i principali. Lo spreco è in grado di
nutrire 4 volte gli 800 milioni di affamati nel mondo. Parlando di spreco bisogna specificare che vi
sono due momenti:
 Perdite alimentari: tutto ciò che facciamo quando rinunciamo ad alimenti potenzialmente
edibili. Sono legate a fattori climatici e ambientali. Legate a sprechi produttivi. In termini di
perdite si parla soprattutto di prodotti di origine vegetale: hanno un prezzo minore e sono
quantitativamente più disponibili.
Perdite dovute da discrasie tra prodotto e gestione del sistema.
 Spreco: relativo alla distribuzione  essendocene molti maggiori saranno gli sprechi.
Maggiori sono gli sprechi maggiore è il prezzo dei prodotti ai quali saranno venduti. Questo
deriva da errori nella stipula degli ordini, da strategie di marketing e vendita. Rientra poi il
consumatore: acquisti eccessivi e/o sbagliati.
Vengono gettati soprattutto i cereali, salumi ecc… tra le motivazioni allo spreco ritroviamo
la scarsa attenzione nella conservazione.

Per frenare questi trend si punta a:


 Inserimento in modelli di agricoltura circolare per il recupero energetico. È un sistema che
riduce i consumi ma non è un sistema virtuoso dal punto di vista delle economie alimentari.
 In Olanda: il vero obbiettivo del riciclo di uno spreco alimentare sostenibile è quello della
riconversione in via trofica: spreco che torna a essere alimento per animali.
 l’animale diventa un sistema che consuma sottoprodotti, scarti e prodotti non consumati
dagli esseri umani. Si stima che l’allevamento in tal modo potrebbe produrre da 9 a 23 g di
proteine al giorno portando a un’estrema efficienza con il minimo spreco di prodotto.

Guardando a cosa equivalgono 20 g di proteine:


 650 g di latte
 1 hamburger
 1 porzione di petto di pollo

Il consumatore medio italiano:


 45 kg di carne/anno
 20 kg di pesce

 in generale consumiamo 56 g/d di proteine senza considerare i vegetali.


I Reducetariani sono quelli che hanno come obiettivo quello di ridurre i consumi in favore di
un’alimentazione più equilibrata con i nostri fabbisogni.

ESAME: domande a scelta multipla di cui solo una è corretta. 45 domande in 45 minuti.

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