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associazioNE cULtUraLE “MaEstro roDoLfo LiPizEr” oNLUs - gorizia

L’ANIMA DEL MONDO 1958


di Max Fabiani
a cura di Diego Kuzmin e Patrizia Ugrin

Nuove Edizioni della Laguna


MASSIMO FABIANI
ACMA L’anima del mondo
ASSOCIAZIONE CULTURALE
«MAESTRO RODOLFO LIPIZER» ONLUS - GORIZIA

Con il contributo del

DgBicDirEzioNE gENEraLE
BiBLiotEcHE E istitUti cULtUraLi

Nuove Edizioni della Laguna


di Francesco Degrassi

In copertina:
autoritratto di Max Fabiani
disegno a pastelli su cartoncino beige, cm 14,3 x 9,5
cartolina irmata e datata: 9.VI.31. MF
destinataria: Neera Gatti, via Belpoggio 2, Trieste
testo: “Roma, Albergo Genio”

La pubblicazione dei due autoritratti di Max Fabiani, in copertina e a pag.183, è stata


concessa dall’ERPAC - Servizio Musei e Archivi Storici, Fototeca Musei Provinciali di
Gorizia, con autorizzazione Prot. 2017-2166-A del 11 ottobre 2017.
ASSOCIAZIONE CULTURALE “MAESTRO RODOLFO LIPIZER” ONLUS - GORIZIA

MAX FABIANI

ACMA
L’anima del mondo
1958

a cura di
Diego Kuzmin e Patrizia Ugrin

Nuove Edizioni della Laguna


Questo testo è dedicato
alla memoria di
Marco Pozzetto
(1925-2006)
PRESENTAZIONE

Una vita senza idee e una società che non sprigiona idee, sono “infelici”,
cioè infeconde, non creative, destinate non a vivere ma a sopravvivere
come colonie.
G. Zagrebelsky, Fondata sulla cultura. Arte, scienza, Costituzione, Einaudi, 2014

L’Associazione Culturale “Maestro Rodolfo Lipizer” Onlus ha tra i suoi


compiti - come afermato nello Statuto - quello di promuovere l’attivi-
tà culturale. Si legge infatti all’art. 2: “ L’Associazione si costituisce con
inalità morali e culturali allo scopo di favorire I’istruzione e la difusione
della cultura musicale e di ricordare nel contempo degnamente la lun-
ga opera del Maestro Rodolfo Lipizer (...). Tali inalità verranno attuate
in particolare attraverso (...) la pubblicazione [oltre a quella delle opere
musicali e didattiche del Maestro] di saggi e studi che comprendano una
panoramica della vita musicale-culturale goriziana”.
Negli anni - dal 1977, data della costituzione dell’Associazione - questa
“panoramica” si è ampliata ino a comprendere la pubblicazione, attuata
attraverso il contributo economico prima del Ministero dei Beni Culturali
e Ambientali e poi da quello dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo,
di una nutrita serie di spartiti musicali e saggi, questi ultimi di argomen-
to nello speciico sì musicale, ma anche più estesamente storico, memo-
rialistico, biograico, ilosoico.
Opportunamente si inserisce quindi ACMA di Max Fabiani nel catalo-
go delle pubblicazioni edite dall’Associazione, reperibili nel repertorio
bibliograico della Biblioteca Musicale e Musicologia “Maestro Rodolfo
Lipizer” con sede a Gorizia in via don Giovanni Bosco n. 91, e attraverso
i portali informatici dedicati alla bibliograia (ad esempio OPAC SBN) o
nel caso della “Lipizer” il proprio sito e anche il Polo TSA - Università degli
Studi di Trieste e del Friuli Venezia Giulia, al quale essa fa riferimento e di
cui fa parte.
I volumi vengono inviati, a cura dell’Associazione, agli Archivi di Stato, al-
le Biblioteche e alle Università nazionali ed estere, ai Conservatori e agli
Istituti musicali pareggiati, grazie ai fondi erogati dal Ministero, al quale
viene presentato il dovuto rendiconto.

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Si avvia, dunque, una difusione “virtuosa” dei testi, fatti conoscere in
modo capillare, a cui gli studiosi possono attingere con indubbio agio.
E tale connotato va meritoriamente attribuito ad ACMA di Max Fabiani,
testo con una vita piuttosto tribolata - come si evince nell’Introduzione
- e che trova inalmente la sua seconda edizione, dopo la prima fortuno-
sa del 1946, per i caratteri delle Nuove Edizioni della Laguna e a titolo
dell’Associazione “Lipizer”, che si pregia di poterlo pubblicare.
La pertinenza - se si vuole con motivazione raziocinata eppure realisti-
ca e plausibile - nel catalogo “Lipizer” del libro di Fabiani, goriziano di
adozione e cittadino del mondo, contemporaneo (1865-1962) di Rodol-
fo Lipizer (1895-1974), è data anche dalla “ainità intellettiva” dei due:
“Fabiani è Der Suchende, colui che cerca” (P. Ugrin, Introduzione) e tale è
stato anche Lipizer, creatore dell’opera didattica La tecnica superiore del
violino, in cui ha “cercato” e trovato soluzioni fondamentali per gli ese-
cutori, per i quali tuttavia - egli aferma - la soluzione tecnica non può
prescindere da quella espressiva e interpretativa e quindi “spirituale”.
Scrive il Maestro nell’Introduzione di un’altra sua opera innovativa, L’arte
e la tecnica del vibrato sul violino e viola: “Se l’esecutore saprà aggiungere
alla buona esecuzione tecnica quel quid spirituale che corrisponde alle
vibrazioni di un temperamento artistico, egli saprà esprimere nel suono
anche il soio, che è il profumo dell’arte, profusovi dal genio del compo-
sitore” e ACMA è appunto lo spirito, il soio, l’anima, l’intima essenza di
ogni uomo.
Va riconosciuto ai curatori del volume, Diego Kuzmin e Patrizia Ugrin,
il merito di riproporre, oggi, un testo segnatamente denso e visionario.

Per l’Associazione Culturale


“Maestro Rodolo Lipizer” ONLUS
Gianni Drascek

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Diego Kuzmin

morì in dignitosa miseria...

Il cosiddetto “conine mobile”1, è quello che segna il limite orientale del


territorio dell’Italia attuale e dell’odierna Venezia Giulia, nome peraltro
d’invenzione questo2, che attorno al 1920 si è voluto propagandistica-
mente attribuire a quanto conquistato un paio d’anni prima ed annes-
so al Regno d’Italia, al ine di rimuovere ogni identità della precedente
Nazione della quale era stato parte: il Litorale o, più propriamente, l’Ö-
sterreichisches Küstenland, costituito dalla Città immediata di Trieste,
la Principesca Contea di Gorizia e Gradisca e il Margraviato d’Istria, dal
1861 uno dei Länder federati alla Corona austriaca, con caratteristiche
di autonomia allora ben maggiori rispetto a quelle “concesse” oggi dallo
Stato italiano alla Regione “autonoma” del Friuli Venezia Giulia.
Fino al 1918, quando il territorio del Litorale era parte dell’Impero asbur-
gico, arti e professioni, commerci ed economia, facevano capo a Vienna,
in quel momento forse la più importante e moderna tra le capitali della
cultura e della scienza d’Occidente che, dal punto di vista geograico, pe-
raltro, è più vicina a Trieste (530 km) di quanto non lo sia Roma (675 km)3.
È stato un lungo periodo durante il quale il territorio gravitava nell’orbita
transalpina del mondo germanico4, con oltre mezzo millennio di svilup-
po economico e culturale che, dal punto di vista della storia dell’arte, fu
contrassegnato dall’opera di architetti e progettisti di indiscusso valore,
come il goriziano Nicolò Pacassi (1716-1790)5, o lo svizzero naturalizzato
triestino Pietro Nobile (1774-1854)6, o il veneziano Carlo Ghega (1802-
1860)7, o il triestino Camillo Sitte (1843-1903)8, oppure l’altro goriziano
Antonio Lasciac (1856-1946)9.
Personaggi tutti senz’altro degni di fama internazionale, misconosciuti
però dal primo dopoguerra, dopo l’annessione all’Italia dei conquistati
territori del Litorale austriaco. Personaggi troppo “tedeschi” per gli italiani
e ormai troppo “italiani” per i tedeschi, immersi in un oblio dai lutti del
quale le loro opere a volte emergono, ma con diicoltà enormi, ancorché
abbiano segnato profondamente la storia dell’architettura non solo loca-
le, se non altro per i tanti allievi che da questi maestri furono istruiti e che
tanto hanno poi realizzato e costruito, secondo gli insegnamenti appresi.

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Maks Fabiani10 invece, che sembrava anch’egli essere condannato alla
medesima misconoscenza, ebbe la fortuna di diventare oggetto degli
studi e fulcro delle ricerche di Marco Pozzetto, docente di Storia dell’ar-
chitettura alla Facoltà di Ingegneria civile dell’Università di Trieste, lungo
un quarantennio di attività conluita dapprima nel testo “Max Fabiani
Architetto” edito dal Comune di Gorizia nel 1966 e inine, dopo nume-
rose pubblicazioni parziali, nell’ultimo ponderoso compendio delle 421
opere della produzione dell’architetto da lui riconosciute ino a quel mo-
mento, in “Max Fabiani”, MGS Press, del 1998.
Massimiliano Fabiani (1865-1962) nacque a Kobdilj, in italiano Cobidil,
un ridente paesino del Carso oggi in Slovenia presso San Daniele, a po-
chi chilometri ed equidistante tra Gorizia e Trieste. I suoi genitori furono
Anton Fabiani, con avi da Paularo in Friuli e Charlotte Koler, nobile trie-
stina di origine tirolese. Le prime tre lingue arrivano già dall’infanzia, l’i-
taliano in casa, lo sloveno dal paese e il tedesco a scuola, con le superiori
a Lubiana e la laurea al Politecnico di Vienna nel 1892. Trascorsi i tre anni
del premio vinto al Concorso nazionale “Borsa di Studio Carlo Ghega”
viaggiando attraverso l’Europa per conoscere architetture e città, spe-
cialmente in Italia e Grecia, ritorna a Vienna dove collabora con Otto Wa-
gner alla redazione del fondamentale testo “Moderne Architektur”, edito
a Vienna nel 1895 con ampi contributi di Fabiani stesso.
Ben presto esperto in pianiicazione territoriale (Landschaftsplanungen)
con i piani regolatori per Lubiana nel 1895 e nel 1898 per Bielitz, oggi
Bielsko in Polonia, diventa soprattutto architetto alla moda, con ope-
re sempre rispettose del “Genius loci” disseminate in tutte le principali
città dell’Impero, da Vienna a Lubiana, da Trieste a Gorizia, da Bielsko
all’isola di Brioni, per essere incaricato, nel 1902, al restauro del Castello
di Konopište in Boemia, che l’Erede al trono, l’arciduca Francesco Ferdi-
nando d’Asburgo Este, aveva deciso di adibire a luogo della sua corte
utilizzando le capacità professionali dell’architetto e la sua erudizione in
storia dell’architettura, dell’arte e dell’archeologia.

... dotato di eccezionali capacità intellettive, arricchite da prolungati


studi umanistici, laborioso, determinato ed ambizioso, eccelle ovun-
que e si inserisce in committenze di architettura e di urbanistica, che
richiedono studi, proposte e progetti di altissimo livello e grande re-
sponsabilità, in varie città e località della Monarchia. Gode del mas-

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simo prestigio anche quale cattedratico, confortato dalla nomina ad
architetto di iducia del principe ereditario Franz Ferdinand, per i suoi
vari castelli e residenze, nonché membro della ristretta corte, con un
rapporto di contiguità ed amicizia, per afrontare le problematiche
della rivalutazione dell’Impero, con la valorizzazione dei popoli slavi,
nel qual caso il Fabiani, primo sloveno, avrebbe assunto il Ministero
dell’Architettura11.

L’assassinio dell’arciduca da parte di Gavrilo Princip a Sarajevo il 28 giu-


gno del 1914, avrebbe disposto diversamente per l’Europa e per Fabiani,
al quale nel frattempo erano stati aidati anche i lavori per la villa d’Este
di Tivoli e per la residenza di Brioni. Scrive Marco Pozzetto a proposito
del rapporto di lavoro tra l’architetto e l’erede al trono, che nel tempo si
trasformò in amicizia:

... spesso Francesco Ferdinando conidava all’architetto i suoi progetti


politici per il futuro della Monarchia ... Le conidenze di Francesco Fer-
dinando lasciarono indubbiamente una traccia nell’animo di Fabiani:
in efetti egli fu consenziente alla trasformazione della Monarchia in
Stato federale. Forse vedeva in tale trasformazione la sola possibile
salvezza dell’Impero: per il fatto di essere nato all’estrema periferia,
poteva, meglio degli altri, avvertire le tendenze centrifughe latenti12...

Le idee politiche di Francesco Ferdinando, circa un assetto più moderno


da dare all’Impero mediante una federazione di nazionalità delle tante
culture e lingue presenti sul territorio dello Stato, con la rappresentanza
che ino allora ancora mancava, come ad esempio per il popolo sloveno.
Idee troppo moderne, che non piacevano troppo alla corte di Vienna,
tanto che all’anziano Imperatore non venne mai in mente di abdicare.

Se Francesco Giuseppe avesse abdicato, se il Kronprinz non fosse


morto, se le vicende della guerra non avessero avuto l’esito che han-
no avuto, Fabiani sarebbe stato l’uomo dell’imperatore per le arti e la
cultura. Ma la storia non si fa con i se e i ma13.

Dopo Caporetto, Fabiani decide di partecipare attivamente alla rico-


struzione dei luoghi natii distrutti nel corso delle Battaglie dell’Isonzo,

9
a capo dell’Uicio Ricostruzioni (Wiederaufbau) di Gorizia e Gradisca,
attività che proseguirà poi nel primo dopoguerra dopo l’annessione
del territorio all’Italia, riiutando a tale scopo, nel gennaio del 1919, di
riprendere la sua attività di docenza al Politecnico di Vienna che aveva
esercitato dal 1898 ino al conlitto mondiale. Condannando così se stes-
so ad un progressivo decadimento nell’eicacia della sua professione,
coninata in un territorio che una volta era centrale per l’Impero, Trieste
e il Litorale Adriatico, ma che era ormai divenuto provincia periferica nel
Regno d’Italia, dove il suo stile modernamente storicistico, identiicato
da Marco Pozzetto come “baroccus fabianensis”, non trovava più quel
terreno fecondamente secessionista dell’anteguerra: con l’avvento del
Regime fascista, in breve tempo il nuovo stile razionalista avrebbe diver-
samente contraddistinto i centri urbani del Ventennio.
L’oblio circa l’attività di Max Fabiani, è stato evitato per l’incessante lavo-
ro di ricerca di Marco Pozzetto14, iniziato ancora prima della sua tardiva
laurea in storia dell’architettura al Politecnico di Torino nel 1968 con una
tesi su Max Fabiani, che aveva già delineato due anni prima nel suo pri-
mo libro “Max Fabiani architetto”, edito dal Comune di Gorizia nel 1966,
con sindaco Michele Martina, cofondatore nello stesso 1966 dell’Istituto
per gli Incontri Culturali Mitteleuropei di Gorizia15, organismo nato con

l’obiettivo di ricomporre, su un piano più alto di quello puramente


politico o economico, un tessuto di rapporti, valori e tradizioni che
era stato disarticolato a seguito della prima e poi della seconda guer-
ra mondiale. La formula della Mitteleuropa, dell’Europa di mezzo,
o dell’Europa come mezzo, non è stata scelta a motivo di nostalgie
asburgiche o vaghe aspirazioni pangermaniche bensì quale evidenza
simbolica per esprimere il senso di appartenenza ad un comune desti-
no dei popoli centro-europei, l’esigenza della fraternità, della circola-
zione delle idee e del sapere, l’aspirazione ad un’elevazione del model-
lo democratico e la determinazione ad una progettualità condivisa16.

Numerosi sono poi seguiti articoli, testi, mostre, pubblicazioni ed inter-


venti, con il suo libro più importante “Max Fabiani” edito nel 199817, con-
densandovi in esso ogni notizia circa la igura dell’architetto di Cobidil.

Durante la seconda guerra mondiale, tra i bombardamenti e fughe


dalle case successivamente danneggiate, Fabiani meditava sui gran-

10
di problemi della vita, sul passato e sul fu-
turo dell’umanità18. Per il suo ottantesimo
compleanno fece stampare le conclusioni
che «completano e concludono la mia vi-
ta», in un libretto di 144 pagine, divise in
23 capitoli (Iucchi, Gorizia, 1946). Nell’at-
tuale epoca di delirante consumismo, le
argomentazioni di Fabiani non sembre-
ranno attuali ad una parte dei lettori: ciò,
del resto, è stato detto anche per la sua
pianiicazione urbanistica ino all’altro ie-
ri... Alcuni acuti giudizi testimoniano che
1
l’agilità del pensiero e la facoltà di sintesi
dei non facili concetti si è semmai rafor-
zato nel tempo. Il volumetto fu stampato
in 300 copie, senza illustrazioni, per cui
l’autore lo ritirò, ripromettendosi di farne
una seconda edizione, per la quale aveva
preparato alcuni disegni19.

Del primo Acma a stampa del 1946 sono rima-


ste pochissime copie, una delle quali, rarissima,
è consultabile presso la Biblioteca Statale Ison-
tina di Gorizia20 (ig.1), dove si conserva mal-
grado la fragilissima carta riciclata dell’editore
2
G. Iucchi. Fabiani aveva ideato un logo per l’oc-
casione (ig.2), anche questo poi non utilizzato
come gli altri disegni.
Dopo la pubblicazione di ampi stralci in molti
dei suoi vari testi, per Pozzetto la prima occa-
sione di una edizione inalmente integrale di
Acma arriva nel 1999, quando ne cura la stam-
pa del testo del ‘46 tradotto in lingua slovena,
probabilmente da lui stesso, edita dalla “Fon-
dazione Max Fabiani” (Ustanova Maks Fabiani)
di San Daniele del Carso, oggi Štanjel in Slove-
nia. Il volume intitolato “Akma duša sveta”, raf-
igurava nella copertina l’immagine della car- 3

11
telletta originaria realizzata dall’architetto
per contenerne gli appunti (ig.3), che viene
nuovamente riproposta quale sfondo anche
nella presente edizione, assieme a un auto-
ritratto a pastelli su cartoncino che, in forma
di cartolina, Fabiani ha voluto inviare a Nee-
ra Gatti il 9 giugno del 193121.
4
Delle immagini disposte a corredo della
pubblicazione slovena, alcune erano quelle
predisposte da Fabiani per l’edizione com-
pleta, frammiste però a scopo meramente
decorativo con altre tratte da suoi disegni.
L’auspicio di Pozzetto era che, in tempi brevi
e oltre all’edizione slovena, fosse stata pos-
sibile anche la riedizione in lingua italiana
dell’originale del 1946, mai concretizzatasi,
e pure l’edizione del testo deinitivo di Fa-
biani, che viene oggi presentato in queste
pagine, con i soli disegni originariamente
predisposti, provenienti dall’archivio di Mar-
co Pozzetto, evitando l’utilizzo ornamentale
di disegni non strettamente pertinenti.
5 Max Fabiani è un architetto di frontiera, rap-
presenta sia la cultura architettonica italiana
quanto quella slovena, in una felice sintesi
che traspare dalle sue architetture “austria-
che”. Doveroso quindi per la giovane nazione
slovena dedicare all’architetto cosmopolita
l’anno 2015, il 150° dalla sua nascita, con nu-
merose celebrazioni, manifestazioni, produ-
zioni cinematograiche e teatrali, come pure
un francobollo uscito insieme alla “busta del
primo giorno” il 30 gennaio di quell’anno a
San Daniele del Carso (ig. 4). Sempre nel
2015, a cura della Ustanova Maks Fabiani e
con le edizioni del Museo di Architettura e
Design (Muzej za arhitekturo in oblikovanje
6 - Mao) di Lubiana, esce una ristampa dell’o-

12
riginale del ’46 in lingua italiana “Massimo Fabiani - Acma l’anima del
mondo” (ig. 5) e, per la prima volta la sua traduzione in lingua inglese
“Max Fabiani - Acma soul of the world” (ig. 6), ambedue con una postfa-
zione sull’opera ilosoica dell’architetto scritta da Janez Koželj, professo-
re emerito alla facoltà di architettura di Lubiana:

Nelle proprie rilessioni sullo sviluppo dell’uomo e della società pren-


deva spunto da Anassimandro, Leibniz e Schopenauer. Secondo Fa-
biani tutto ciò che esiste ha ininite possibilità di sviluppo; è lo svilup-
po stesso ad essere ininito. La posizione evoluzionistica di Fabiani
è chiara quando aferma che l’uomo è il risultato di un processo di
continui adattamenti e sottostà alle leggi evolutive di un insieme in-
initamente frazionabile che rende tutte le parti del mondo tra loro
collegate ed interdipendenti.
Fabiani inoltre afermava che ogni stato di cose è da ritenersi prov-
visorio, e che vanno pertanto ricercate le direzioni nelle quali esso
può svilupparsi e il modo in cui l’uomo vi si può adattare. In questo
senso siamo destinati ad una continua ricerca della verità e ad un
continuo avvicinamento al senso. Lo sviluppo sociale ci porta verso
una coscienza ed una solidarietà universale, dalla quale scaturirà un
giorno una cultura sovrannazionale. L’architetto ha trasposto le leggi
del divenire eterno anche sul campo dell’urbanistica e dell’architet-
tura, nonché dell’arte in generale. Il primo compito di ogni architetto
consiste, secondo Fabiani, nel liberarsi dalla convenzionalità e dall’ar-
tiiciosità. L’arte sia ricerca di sé, una ricerca volta alla sensibilità e alla
modestia che mitigano le volontà e i desideri dell’uomo. L’architetto
deve quindi coltivare il gusto per la semplicità, la chiarezza e la tota-
lità della composizione.
Tra le posizioni più note di Fabiani, va sicuramente citata la sua con-
vinzione secondo la quale la stagnazione e la riproduzione di modelli
ormai desueti vanno combattute anche con una mirata demolizio-
ne. «Nelle più grandi diicoltà, nella tormenta dell’esistenza, che il
destino non risparmia a nessun essere, possiamo accorgerci sempre
del processo di riscossa, del cambiamento immancabile, della demo-
lizione del vecchio, degli elementi del nuovo: del respiro dell’Acma.»

Acma di Max Fabiani viene così oggi pubblicata per la prima volta nella
sua edizione deinitiva, come voluta da Max Fabiani e tratta dai testi ri-

13
maneggiati più volte dalla ine degli anni Quaranta nella sua ultima ver-
sione del 1958, quando aveva ormai 93 anni. Una versione che riporta
anche le aggiunte successivamente “decifrate” nelle variazioni autografe
apportate al testo, che forse avrebbe ancora voluto e potuto modiicare,
con chiose e precisazioni ai dattiloscritti nella cartelletta.
Già le diverse graie di tali annotazioni costituiscono una scaletta tem-
porale: anche tre o quattro correzioni sulla stessa parola, passando dalla
graia dal tratto sicuro e corposo della maturità a quella spezzata e an-
golosa della vecchiaia. Decifrarle è stata quasi una sida e in alcuni casi
si è trattato del tentativo di una trascrizione. Tenuto conto che la lingua
italiana usata da Fabiani risente molto spesso della costruzione frasale
tedesca e slovena, in qualche occasione e limitatamente ad alcuni casi
di comprensione particolarmente diicile, si è data diversa sistemazione
al testo nella sequenza della frase.
Quattro anni dopo, a Gorizia, come scrisse Marco Pozzetto, Max Fabiani
morì in dignitosa miseria, novantasettenne, il 12 agosto 196222.

ACMA 1946 e 1958: due edizioni a confronto

Rileva Patrizia Ugrin, come Acma 1958 sia il frutto di un lavoro di rico-
struzione e riedizione del testo di Acma del 1946, integrato con le rie-
laborazioni e gli appunti autograi dello stesso Max Fabiani, che aveva
preannunciato la “seconda edizione dell’Acma” dedicandovi a questo
proposito il capitolo XXII alla ine della prima edizione del 1946, con
la previsione di aggiungerevi i ... disegni con brevi spiegazioni... desti-
nati alla prima edizione ma non pubblicati, nonché ... completamenti
di testo ricostruito successivamente... alla perdita della casa di Kobdilj
nell’autunno del 1944.
In tale anticipazione o programma di lavoro, l’architetto sollevava il pro-
blema della diicoltà nella ricostruzione del corpus dei suoi appunti e
degli studi ormai distrutti. Nel 1946 poteva disporre solo di una limitata
documentazione composta dalle bozze dei testi per la stampa e di quan-
to del suo archivio, dopo la perdita della casa, era riuscito a trasferire a
Gorizia ... tutto in due stanze e poco altro, in una situazione che - sebbene
malinconica - diventava anche motivo di rilessione dinamica sullo scar-
so materiale conservato.

14
Gli indici del testo di Acma 1946 e Acma 1958, all’apparenza grossomodo
identici, mostrano invece signiicative varianti a partire dalla scelta dei voca-
boli nella sezione riguardante i concetti della Famiglia e della Razza, ampia-
mente distanziati nel loro signiicato originario dall’esperienza della Secon-
da Guerra Mondiale, dall’Olocausto e dal Processo di Norimberga conclusosi
nell’ottobre dello stesso 1946, anno della prima edizione di Acma, per giun-
gere all’odierno concetto di Popolo, di Paese o di etnia come un complesso
insieme di esperienza, cultura e demograia, rappresentato con la traduzio-
ne Družina in rod (Famiglia e stirpe) nell’edizione slovena del 1999.
acMa - indice edizione 1946 acMa - indice edizione 1958
L’INFINITESIMALE L’INFINITESIMALE
cap. I cap. I
1. NUOVI CONCETTI DELL’UNIVERSO 1. NUOVI CONCETTI DELL’UNIVERSO
2. L’IDEA DELL’INFINITO 2. L’IDEA DELL’INFINITO
3. IL MONDO DELL’INFINITAMENTE PICCOLO 3. IL MONDO DELL’INFINITAMENTE PICCOLO
cap. II cap. II
4. L’IDEA DELL’ACMA 4. L’IDEA DELL’ACMA
5. L’UNITA’ DEL MONDO 5. L’UNITA’ DEL MONDO
6. IL CONTATTO CON L’UNIVERSO 6. IL CONTATTO CON L’UNIVERSO
cap. III cap. III
7. IL MONDO INFINITESIMALE 7. IL MONDO INFINITESIMALE
8. NUOVO MODO DI OSSERVARE LE COSE 8. NUOVO MODO DI OSSERVARE LE COSE
9. ESEMPI 9. ESEMPI
L’INDIVIDUO, LA COSA L’INDIVIDUO, LA COSA
cap. IV cap. IV
10. LA FORMAZIONE DELL’INDIVIDUO 10. LA FORMAZIONE DELL’INDIVIDUO
11. L’ESISTENZA 11. L’ESISTENZA
12. LE DIFFERENZIAZIONI 12. LE DIFFERENZIAZIONI
cap. V cap. V
13. LA DIFESA DELL’INDIVIDUALITÀ 13. LA DIFESA DELL’INDIVIDUALITÀ
14. L’ADATTAMENTO 14. L’ADATTAMENTO
15. LA RICERCA D’EQUILIBRIO 15. LA RICERCA D’EQUILIBRIO
cap. VI cap. VI
16. L’INDIVIDUO NELL’UNIVERSO 16. L’INDIVIDUO NELL’UNIVERSO
17. L’INTERDIPENDENZA 17. LE INTERDIPENDENZE
18. LE QUALITÀ DELL’INDIVIDUO 18. LE QUALITÀ DELL’INDIVIDUO
L’INDIVIDUO UOMO L’INDIVIDUO UOMO
cap. VII cap. VII
19. IL SINGOLO UOMO 19. IL SINGOLO UOMO
20. LA RELAZIONE CON IL PROSSIMO 20. LA RELAZIONE CON IL PROSSIMO
21. IL SUO POTENZIALE 21. IL SUO POTENZIALE
cap. VIII cap. VIII
22. LA DONNA 22. LA DONNA
23. SPECIFICA CARATTERISTICA 23. CARATTERISTICHE
24. EDUCAZIONE E COSCIENZA 24. EDUCAZIONE E COSCIENZA
cap. IX cap. IX
25. LA COSCIENZA DI NOI STESSI 25. LA COSCIENZA DI NOI STESSI
26. LA COMPRENSIONE DEL PROSSIMO 26. LA COMPRENSIONE DEL PROSSIMO
27. LA POSIZIONE NELLA VITA 27. LA POSIZIONE NELLA VITA

15
LA FAMIGLIA E LA RAZZA LA FAMIGLIA
cap. X cap. X
28. I LEGAMI DI FAMIGLIA 28. I LEGAMI DI FAMIGLIA
29. CARATTERE E FEDE 29. CARATTERI E FEDE
30. LA PROLE 30. LA PROLE, LA SCUOLA E LA VITA
cap. XI cap. XI
31. GLI INCROCI DI SANGUE 31. MESCOLANZE
32. LA STIRPE 32. LA STIRPE
33. LA CULTURA RAZZIALE 33. LE CULTURE
cap. XII cap. XII
34. LA MENTALITÀ DEI POPOLI 34. LA MENTALITÀ DEI POPOLI
35. I CENTRO EUROPEI 35. I CENTRO EUROPEI
36. ORIENTALI E OCCIDENTALI 36. ORIENTALI E OCCIDENTALI
LA SOCIETÀ UMANA LA SOCIETÀ UMANA
cap. XIII cap. XIII
37. CONVIVENZA SOCIETARIA 37. CONVIVENZA SOCIETARIA
38. GLI INTERESSI MATERIALI 38. GLI INTERESSI MATERIALI
39. IL LAVORO 39. IL LAVORO
cap. XIV cap. XIV
40. IL CULTO E LA SCIENZA 40. RELIGIONE E SCIENZA
41. LA COSCIENZA MORALE 41. LA MORALE
42. FATTORI EDUCATIVI 42. FATTORI EDUCATIVI
cap. XV cap. XV
43. SENTIMENTO E INTUITO 43. CONCETTI DI SENTIMENTO E INTUITO
44. L’IMPORTANZA DELLA SENSIBILITÀ 44. L’IMPORTANZA DELLA SENSIBILITÀ
45. ARTE E MESTIERI. 45. ARTE E MESTIERI.
LO STATO LO STATO
cap. XVI cap. XVI
46. LA FORMAZIONE DELLO STATO 46. LA FORMAZIONE DELLO STATO
47. LE MINORANZE E LA FUSIONE DEI GRUPPI 47. LA VOLONTà DELLA MAGGIORANZA
48. IL POTERE 48. I FATTORI DEL POTERE
cap. XVII cap. XVII
49. L’ORGANIZZAZIONE DELLO STATO 49. L’ORGANIZZAZIONE DELLO STATO
50. LA COOPERAZIONE DEL POPOLO 50. LA COLLABORAZIONE DEL POPOLO
51. IL RINNUOVO 51. L’AMMINISTRAZIONE
cap. XVIII cap. XVIII
52. LA DIFESA DELLO STATO 52. ELEMENTI DI DIFESA DELLO STATO
53. L’EDUCAZIONE TOTALITARIA 53. L’EDUCAZIONE
54. IL PANE E L’ESISTENZA. 54. LA PREPARAZIONE SPIRITUALE E TECNICA
L’EVOLUZIONE FUTURA L’EVOLUZIONE FUTURA
cap. XIX cap. XIX
55. LA NUOVA EPOCA 55. LA NUOVA EPOCA
56. MANCHEVOLEZZE DELLA NOSTRA CIVILTA’ 56. MANCHEVOLEZZE DELLA NOSTRA SOCIETà
57. RETTIFICA MENTALE 57. RETTIFICA MENTALE E COMPRENSIONE
cap. XX cap. XX
58. PENETRARE L’UNIVERSO 58. PENETRARE L’UNIVERSO
59. LE TRASFORMAZIONI 59. LA RICCHEZZA DEL MONDO
60. GLI SVILUPPI PREVIDIBILI 60. GLI SVILUPPI PREVEDIBILI
cap. XXI cap. XXI
61. ALTRI MILLENNI 61. I PROSSIMI MILLENNI
62. FANTASIA SUL LONTANO AVVENIRE 62. FANTASIA SUL LONTANO AVVENIRE
63. LE ULTIME METE 63. LE ULTIME METE
cap. XXII
SECONDA EDIZIONE DELL’ACMA

16
Le teorie di Franz Boas23 del 1938 e le successive evoluzioni della ricerca
su lingua e cultura, potrebbero spiegare proprio alcune variazioni che
intervengono nel punto di vista di Fabiani rispetto al temperamento ar-
tistico nelle diverse razze e la loro trasformazione in qualcosa di concet-
tualmente più vicino alle categorie grammaticali della lingua. In pratica
Fabiani cerca di spiegare quella relatività di sentire che, come nell’espres-
sione linguistica - mezzo di conoscenza del mondo - determina una di-
versa percezione e ricaduta culturale e ricostituisce, nel particolare, un
concetto generale, quale ad esempio il campanile, secondo la propria
semantica etnica e tradizionale.
Oggi queste ipotesi, distanziate dal periodo storico di Fabiani, studiano
e ridimensionano le costruzioni frasali e le metafore che in ogni lingua
intessono il signiicato della parola, spesso con riferimenti non più im-
mediatamente intellegibili. Ecco come il passato e la storia della lingua
(ma anche del suo sentire artistico) riesce a sincronizzarsi al presente e,
per Fabiani, nel lungo periodo, a connaturarsi alla stirpe.
Oltre alla edizione del nuovo testo integrato, si sono volute anche ofrire
delle note scientiiche attraverso il contributo del professor Fabio Ferrari,
isico e pronipote dell’architetto, nonché testimone di prima mano degli
interessi scientiici di Fabiani. Una parte di questo suo minuzioso lavoro,
purtroppo rimasto incompiuto a causa della scomparsa dello stesso Fer-
rari nel 2007, è reperibile in A proposito di isica come Acma dello Zio Max,
in postfazione alla presente edizione.

17
Note
1 Solo nella prima metà del Secolo breve, il Novecento, Gorizia, la città che ha ospitato
gli ultimi anni di Max Fabiani, fu austriaca ino al 1919, poi italiana ino al 1943, quindi
Adriatisches Küstenland nazista ino al 1945, poi quaranta giorni di occupazione da
parte dell’Esercito di liberazione jugoslavo, due anni di amministrazione del Gover-
no militare alleato (con Trieste Territorio libero ino al 1954) e inine e ad oggi nuova-
mente italiana, perdendo però la gran parte di quello che era l’originario territorio ex
asburgico, assegnato alla Jugoslavia e oggi in Slovenia.
2 Il nome della Venezia Giulia (ex Österreichisches Küstenland), assieme a quelli di Ve-
nezia Euganea (Veneto e Friuli) e Venezia Tridentina (Trento e Sud Tirolo), uniti italia-
namente nella denominazione delle Tre Venezie, va attribuita al glottologo goriziano
Graziadio Isaia Ascoli (1829-1907), al quale fu dedicata la Società Filologica Friulana
fondata nel 1919 proprio a Gorizia per ribadirne la nuova nazionalità acquisita, quan-
do ancora non faceva parte del Regno d’Italia ma era retta da una Amministrazione
militare provvisoria.
3 Non si può non rilevare, in un momento storico come l’attuale, la distanza dei prov-
vedimenti legislativi emessi nella capitale, percepiti come “romani” e del tutto ina-
deguati per questa regione mitteleuropea, che su due lati conina con l’Europa, l’Au-
stria a nord e la Slovenia ad est.
4 Dalla dinastia dei conti di Gorizia (1100c.-1500), a quella degli Asburgo (1500-1919).
5 Architetto di corte dell’imperatrice Maria Teresa e autore, tra l’altro, del completa-
mento dello Schönbrunn e della Hofburg a Vienna, del castello di Budapest, di quelli
di Praga e Bratislava e progettista del palazzo reale di Milano...
6 Architetto di corte per gli imperatori Francesco I e Ferdinando I. Sue opere il Theseus-
tempel a Vienna, la chiesa di Sant’Antonio a Trieste, ecc.
7 Ingegnere, autore tra l’altro della ferrovia d’alta quota del Semmering e quella della
Meridionale a collegare Trieste con Vienna.
8 Camillo Sitte è in realtà molto noto. Le sue biograie però, quasi sempre lo dico-
no nativo di Vienna, mentre pare sia invece nato a Trieste da padre boemo, Franz
(1807-1879) anch’egli apprezzato architetto, come ebbe modo di spiegare Luigi Dodi
(1900-1983) nella sua premessa alla riedizione della fondamentale opera del Sitte
“L’Arte di costruire le città”, Antonio Vallardi Editore, Milano, 1953.
9 Ad oggi, su Antonio Lasciac (1856-1946), architetto di corte del Khedivè d’Egitto Ab-
bas Hilmi II tra il 1907 e il 1914, grande costruttore di regge e palazzi ad Alessandria
e al Cairo, nulla di esaustivo è stato ancora pubblicato.
10 Max, Maximilian, Maks, Massimiliano, ma anche Massimo, veniva chiamato e si ir-
mava in modi diversi, a seconda del contesto. Max era comunque il preferito (Ar-
chitekturZentrum - ArchitektenLexikon Wien 1770-1945 Max Fabiani: http://www.
architektenlexikon.at/de/119.htm).
11 Giuseppe Skerk, Mostra con catalogo sull’architetto Max Fabiani, Duino-Aurisina, Trie-
ste, Centro d’Arte e Cultura Skerk, 2014, p. 3.
12 Marco Pozzetto, Max Fabiani architetto, Gorizia, Comune di Gorizia, 1966, p.45.
13 Giuseppe Skerk, Mostra con catalogo sull’architetto Max Fabiani, Duino-Aurisina, Trie-
ste, Centro d’Arte e Cultura Skerk, 2014, p. 87.
14 Pozzetto, Marco. - Storico dell’architettura italo-sloveno (Lubiana, Slovenia, 1925 -
Trieste 2006). Ultimati gli studi superiori in Slovenia, si è trasferito in Italia nel 1945,
dove ha frequentato la Facoltà di Architettura prima a Venezia e poi a Torino (laurean-
dosi con una tesi su M. Fabiani). P. ha intrapreso la carriera accademica e nel 1976 si è
stabilito a Trieste per insegnare Storia dell’architettura alla Facoltà di Ingegneria civile
(ha mantenuto la cattedra per i successivi trent’anni) e approfondire gli studi sulla
cultura architettonica mitteleuropea tra Ottocento e Novecento (su tutti si ricorda il
saggio La Scuola di Wagner del 1979). Nel 2008 è uscita, postuma, la raccolta di saggi

18
e scritti Figure della Mitteleuropa e altri scritti d’arte e di architettura. Treccani.it
15 Anche Marco Pozzetto fu socio dell’ICM, in dagli inizi.
16 www.icmgorizia.it, sito consultato il 05/06/2017.
17 Il primo testo del 1966, “Max Fabiani architetto”, porta la semplice dedica “A mia mo-
glie”: Dopo oltre trent’anni, quello conclusivo del 1998 “Max Fabiani” reca “A mia ma-
dre che nacque, visse e morì giovanissima nella Bianca Lubiana di Max Fabiani”.
18 Nel testo citato “Max Fabiani architetto”, a p.46 Pozzetto scrive che “Nel 1914, ... ne-
gli oscuri anni della guerra fece un bilancio della sua attività: scrisse le prime bozze
dell’Acma, ...”
19 Marco Pozzetto, Max Fabiani sulla cultura delle città, Editoriale Stampa Triestina Spa,
Trieste, 1988, p. 111.
20 Collocazione: Co2-40 Civ.
21 Il laconico testo di Fabiani sul retro della cartolina, citava l’indirizzo del mittente “Ro-
ma, Albergo Genio”. Dell’immagine disegnata, un breve commento di Patrizia Ugrin
“Autoritratto a metà. Questa laconica comunicazione di reperibilità è aidata a un
mezzo ironico sorriso. Il pastello si arricchisce di sfumature non naturalistiche, toni
verdi e gialli, colpi di rossi, il fondo blu con inserti ocra. Quasi una chiave di espres-
sionismo sottile ed elegante, in rapporto per le tonalità insolite ma eicaci, anche
con il seguito del post-impressionismo che conluirà, ad esempio, in Pierre Bonnard,
Autoritratto allo specchio”.
Patrizia Ugrin, Max Fabiani le cartoline all’acquarello e l’opera graica indipendente dal
progetto architettonico, tesi di laurea, Trieste, Units, 1999, p.132.
22 Tale sua condizione economica è attestata da una corrispondenza indirizzata a De
Gasperi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri a Roma, nel novembre del
1950 all’età di ottantacinque anni, della quale è rimasta la minuta del testo dattilo-
scritto ma non la certezza circa l’efettiva spedizione, custodita presso l’Archivio di
Stato di Gorizia:
Oggetto: Prof.ING.M.Fabiani
chiede aiuti per inire lavori scientiici
ILLUSTRE PRESIDENTE,
Sono occupato di studi sull’architettura, pianiicazioni, alloggi sociali, e uno che ri-
guarda la difesa militare - studi molto progrediti - per inire i quali avrei bisogno di
un’aiuto mensile, o globale, che posso motivare come segue:
Già prof.ord, di Università percepisco la esigua pensione (vecchio regime) di L.17135
-e sono costretto a umili lavori ausigliari, con grave perdita di tempo e energia.
Nel 1944 mi fu distrutta, con granate incendiarie la casa, biblioteca e ogni proprietà,
sita oltre conine, a S. Daniele del Carso - e non ho ricevuto nessun risarcimento né
altro aiuto.
Membro di diverse commissioni amministrative e culturali, già parecchi anni sin-
daco, lavoro tuttora - nell’interesse dello Stato e della Provincia - sempre onoriica-
mente. Come d’accordo con il provveditore, sono anche pronto ad un breve ciclo di
conferenze univ. sull’urbanistica cn. che sarebbero di rilevante attualità e utilità.
Per la serietà degli studi allego uno scritto (Acma), ricostruito a memoria, e stampato
da tipografo amico.
I miei lavori sono del resto conosciuti e approvati da ogni ing.arch. delle tre Venezie
e fuori, per aver vinto diversi concorsi internazionali -.così anche alle autorità, com-
preso il presidio militare e credo al Capo del Governo On. De Gasperi.
E forse mio torto non insister sui compensi che mi spettano da parte di molte perso-
ne, e da enti statali e dalla Curia - ma ora non posso ne arrivo occuparmene.
Anche se non posso, per ovvii motivi rivolgermi all’estero, da dove ho ricevuto ofer-
te assai vantaggiose.
Così in diicoltà - mi decido alla presente domanda, che ritengo giustiicata e prego
accogliere - senza troppo tardare.
Gorizia, Nov. 1950
23 Franz Boas - Etnologo tedesco (Minden 1858 - New York 1942). Si laureò in isica nel

19
1881 a Kiel. Un viaggio, con una missione geograica, nella Terra di Bain (1883-84)
gli permise di studiare i costumi degli eschimesi in relazione di ambiente (Bain-
Land: Geographische Ergebnisse, 1885; The central Eskimo, 1888), e d’individuare
nell’etnograia il proprio terreno di studio. Assistente al Museum für Völkerkunde di
Berlino, dopo una missione etnograica sulle coste del Paciico settentrionale deci-
se di stabilirsi negli USA, dove ebbe diversi incarichi universitari e fu tra i fondato-
ri dell’American antropological society (1902). Ad opera del B. si è delineata negli
studî antropologici una posizione divergente dall’evoluzionismo e dalla metodolo-
gia comparativa (The limitations of the comparative method of anthropology, 1896;
trad. it. 1970): ogni cultura è vista come il risultato di una crescita interna e di relazio-
ni con culture vicine. In The mind of primitive man (1911; trad. it. 1972) B. polemizzò
contro il razzismo di J. A. Gobineau, H. S. Chamberlain, M. Grant, afermando la so-
stanziale uguaglianza della mente in tutti i gruppi umani. Altre opere del B.: Primitive
art (1927); Anthropology and modern lifeì (1928); General anthropology (1938); e la
raccolta di saggi Race, language and culture (post., 1948). Treccani.it

20
Patrizia Ugrin

LA FILOSOFIA DELL’INGEGNERE1

Sulla cartellina che conteneva gli appunti per Acma, Max Fabiani aveva
riportato uno schizzo in prospettiva di una via cittadina, un indizio per
noi di quanto il progettare sia stato una delle sue vie alla ilosoia della
vita e quanto egli lo abbia ritenuto indivisibile dall’esistenza.
Forse perché progettare e costruire bene richiedono uno sforzo intenso
e completo, un processo continuamente adattato e discusso in sé stes-
si, elastico ma resistente, preciso e aperto ai cambiamenti nello stesso
tempo, Fabiani architetto e Fabiani ingegnere, artista, sociologo o peda-
gogo, poeta o scrittore, esprimono completamento e non ambivalenza
del carattere. Fabiani fu architetto e ingegnere perché questa era la sua
natura, rientrava nel suo modo di essere, stimolava il suo desiderio di co-
noscere, era il lavoro etico a cui aspirava e da cui era ripagato con nuove
sollecitazioni.
Rispondeva alla necessità di dare risposte positive all’esistenza, ad una
vita più aderente ai bisogni dell’uomo e dunque migliore, e in questo
trasformata in percorso possibile verso la comprensione tra gli uomini.
La curiosità scientiica e sperimentale si rivela il motore dei suoi appro-
fondimenti, traccia collegamenti tra discipline dagli aspetti più disparati.
Quella stessa curiosità lo spinge, prima del 1900, nel pianoterra di Por-
tois & Fix, ad usare lo spazio espositivo come una trama da tessere che
si adatti al suo fruitore, lo vede tra i primi sperimentatori del cemento
armato in ediici abitativi, lo ispira ad ideare in piena, spensierata Bel-
le Époque un congegno meccanico per afrontare le salite da anziani,
un esoscheletro diremmo oggi, adattamento della macchina all’essere
umano, un rudimentale passo verso il cyborg2 o fyborg3...
Questo suo forsennato, eclettico, variegato impegno intellettuale è
sconvolgente: in Acma, ad esempio, non siamo preparati a tante idee,
ipotesi, intuizioni, dimostrazioni empiriche mescolate assieme a riles-
sioni sulla vita dell’uomo e la sua evoluzione: Fabiani è Der Suchende,
colui che cerca.
In lingua tedesca, la lingua franca di Fabiani, vengono considerati così
coloro ai quali non basta la conoscenza supericiale delle cose e di sé.

21
Che, più oltre, cercando in e se stessi, vogliono approfondire la cono-
scenza del mondo e cosa ancora mai possa esistere tra la percezione del
mondo e la mente4. Forse quella conoscenza poetica dell’esistenza, giu-
dicata ingenua dalla modernità, che costituisce la molla positiva nella
ilosoia di Fabiani.
Essere se stesso (o cercare se stesso) ino in fondo gli costò sicuramente
molto in termini di posizione e sicurezza inanziaria, portandolo a rinun-
ciare al suo ruolo accademico in funzione appunto del ruolo etico del
suo lavoro5. Ma in questo stava la razionalità degli afetti e dei sentimen-
ti, la conoscenza dell’esistenza, appunto.
Questa stessa poetica e la ricerca di basi su cui fondare una qualche ra-
gionevole aspettativa nella incalzante relatività del presente, possono
far pensare al Siddharta di Hesse.
Lo spessore letterario è chiaramente diverso e forse l’intendimento è ap-
pena simile; mentre per Hesse prevale l’ansia di arrivare alla consapevo-
lezza interiore, in Fabiani ha il sopravvento la necessità di dare un senso
all’esistenza ed al mondo. In entrambi la risposta è allo stesso modo non
convenzionale.
La particolare interpretazione laica del misticismo indiano data da Hesse
ricorre in Fabiani ed è ribadita nel sottotitolo di Acma, “Il rinnovo dell’in-
dividuo”. L’esempio dell’Atman - termine sanscrito e probabile corretta
dicitura di Acma - concetto ilosoico-religioso di spirito come soio, ani-
ma, e che in senso più generico designa il sé, la più intima essenza di
ogni uomo e di ogni cosa - costituisce il rinnovo della religiosità indiana
assieme al Buddha, l’Illuminato che, quasi in analogia con S.Francesco6,
riesce a fondere il concetto di Brahma, ossia l’universo, Dio, con l’Atman,
l’interiorità dell’io, l’anima individuale, ora identica al Brahma e destinata
a fondersi totalmente con esso, ad essere l’Anima del Mondo.
Non crediamo che Fabiani si sia accostato per caso a questi concetti;
piuttosto, se ne è servito per esempliicare ciò che gli premeva e che
resta il tratto continuo dei suoi lavori: la liberazione della Società umana
da arretratezza e ingiustizie come Siddharta ed il Buddha ricercano la
liberazione dalla Samsara, dal cerchio delle continue reincarnazioni e,
dunque, dal dolore.
Il concetto di Acma deve molto anche a quello che dell’ispirazione orien-
tale si ritrova in alcuni elementi della ilosoia e dell’idealismo tedesco,
specialmente - espresso proprio così in diversi scritti di Fabiani - la con-

22
sapevolezza di una realtà spirituale fuori dalla comprensione dei nostri
sensi, l’ “apparenza irreale della natura...”7, cioè il concetto di maya o illu-
sione del mondo8.
La novità è che in Fabiani manca del tutto il principale elemento delle
dottrine indiane: il pessimismo, presente invece al contrario come ot-
timismo-speranza-iducia nel possibile miglioramento dell’uomo e del
mondo. Paradossalmente, proprio quello che confortava la cultura te-
desca, cioè la coscienza del Weltschmerz, il dolore cosmico, in Fabiani
diventa accettazione ed attivazione di ogni energia, risorsa di sé e del
suo pensiero alla ricerca di una Weltfreude, fusione positiva dell’Atman
nel mondo.
Fabiani inizia a sviluppare Acma già ai tempi in cui è a Vienna. Tra i trenta
e i quarant’anni ha già raggiunto una posizione accademica e sociale ma
soprattutto si trova a vivere in un contesto irripetibile di cui fanno parte
conoscenze artistiche e politiche di rilievo. Assieme a questo e grazie a
questo, la sua naturale empatia di uomo multietnico si ampliica e riesce
ad entrare in risonanza con le mille variabili che il grande impero danu-
biano trasporta e veicola, come il Danubio, attraverso la capitale. Le fre-
quentazioni nell’ambito artistico della Vienna di ine secolo sono piutto-
sto importanti9 e comportano altri collegamenti, sia con la committenza
che gli aida opere importanti, sia con l’intelligèncija europea10.
In quegli stessi anni si va formando il nucleo di una innovativa corrente
di Filosoia della Scienza ad opera di Ernst Mach, scienziato e ilosofo au-
striaco che proprio tra il 1895 e il 1901 insegnò Filosoia della Scienza e
Storia e teoria delle scienze induttive a Vienna ed ebbe anche un’intensa
attività di conferenziere e divulgatore scientiico. Poco più tardi questi
stessi fondamenti daranno ancora basi feconde per il successivo dibatti-
to ilosoico all’origine dell’esperienza del Circolo di Vienna11. Allo stesso
tempo, Mach si interessava al Buddismo, e considerava importante il ti-
po di astrazione e concentrazione caratteristico delle discipline orientali
nelle sue ricerche più sperimentali, mantenendo quasi due interpreta-
zioni simultanee della realtà...
Nel suo studio Die Analyse der Empindungen und das Verhältnis des Physi-
schen zum Psychischen, 1886 (L’analisi delle sensazioni e il rapporto della
realtà isica con quella psichica), la regolarità della natura diviene un’i-
potesi rigorosamente inveriicabile e le sue leggi sono una ricostruzione
di più fattori. Ma nel suo pensiero troviamo anche l’inaspettata conce-

23
zione del mondo come un tutto, il suggerimento di una connessione
fra fenomeni minimi e quelli che avvengono su scala cosmica. Secondo
Frjtiof Capra12, per “[..] Ernst Mach, l’inerzia di un oggetto materiale – la
resistenza che oppone ad essere accelerato – non è una proprietà intrin-
seca alla materia, ma una misura della sua interazione con tutto il resto
dell’universo”.
E Piergiorgio Oddifreddi ribadisce “Inutile dire che questa invasione
dell’idealismo nella isica può anche essere vista come una riconciliazio-
ne di Occidente e Oriente, e tale è stata percepita dagli stessi padri fon-
datori della meccanica quantistica, a partire da Bohr. L’Occidente sembra
dunque essere pervenuto, dopo venticinque secoli, a dedurre in manie-
ra scientiica quella coincidenza di oggettivo e di soggettivo che l’Orien-
te aveva postulato in dagli inizi, in termini di brahman e atman”13.
Tornando a Fabiani, dal 1902 al 1914 ha anche l’incarico di consulente
artistico per Francesco Ferdinando, erede al trono degli Asburgo. In
questi anni matura delle precise idee sul miglioramento della società,
idee che riversa nel progetto di Acma come annotazioni, argomen-
ti in discussione, temi che gli stanno a cuore. Traspare il desiderio di
rinnovare la società e la cultura, collegandola alla scienza e con ciò
favorendo il progresso e la conciliazione delle masse. L’istruzione,
l’educazione scientiica, la tecnologia, l’arricchimento culturale sono
strumenti di assimilazione dei popoli, problema urgente e immediato
anche per le spinte sempre più violente alla disgregazione favorite dal
nazionalismo.
E, non solo: la stessa Vienna, tanto rainata e rarefatta, febbrilmente
invaghita della splendida artiicialità del Moderno, aveva permesso l’e-
lezione di Karl Lueger a Borgomastro, uomo cinico e ambizioso, rozza-
mente e apertamente antisemita, nonché abile manipolatore ammirato
strenuamente da quel giovane Hitler che, si racconta, Fabiani licenziò
perché troppo ostinato14.
Fabiani segue una sua idea di miglioramento della società basata sull’in-
cremento dell’educazione (anche femminile)15, sulla migliore struttura-
zione del rapporto allievo-insegnante, su una giustizia sociale che deve
venir continuamente incrementata da condizioni lavorative migliori e da
condizioni abitative e di servizi adeguate. Annota in Acma molte idee
che esulano dalla necessità narrativa quali progetti avveniristici e social-
mente utili, case per lavoratori, ecc.

24
Non sembra interessato a far parte di qualche élite svincolata dalla realtà
ma cerca risposte dalle sue osservazioni personali. Ha sicuramente mo-
do di sperimentare l’ipotesi di Acma come continuo ininitesimale muta-
mento evolutivo osservando la situazione politica austriaca, man mano
che si avvicinano i gravi eventi del 1914.
Si serve dell’evoluzionismo16 per spiegare la diversità, la necessaria di-
versiicazione tra gli individui per il progresso dell’evoluzione ed anche
questo ha una tensione didattica. Il diverso non è da considerare peso
o difetto ma arricchimento dell’insieme, concetto controcorrente in un
periodo nel quale razza e minoranza etnica sono considerati elementi
non conciliabili se non addirittura antagonisti. Non è escluso l’interesse
personale data la sua provenienza, Trieste e il Carso, territorio intima-
mente tessuto dagli apporti di più popoli.
Con Acma, più che esporre precise teorie scientiiche, Fabiani vuole cre-
are una base fatta di concetti morali, intellegibile universalmente, dalla
quale partire per proporre un nuovo modo - tratto magari dalle novità
scientiiche del momento - di intendere la vita sociale.
Approitta delle teorie della Fisica dell’epoca (come le emanazioni o ra-
diazioni) per suggerire che ogni nostro atteggiamento o reazione ne
provoca altre a catena, di cui siamo solo parzialmente coscienti, ma usa
anche metafore che appaiono oggi come campi di indagine della ricer-
ca, quali l’irrealtà del tempo o la coincidenza degli opposti. Non a caso la
ilosoia è a volte capace di generare idee che solo più tardi divengono
postulati della scienza uiciale e questo perché può servirsi di ipotesi
più arrischiate. La vita dell’individuo deve sottrarsi alla pena di essere
limitata e cercare un’altra, più estesa individualità. Accettare di evadere
dai limiti del proprio io e accettare di conluire e far parte di un tutto uni-
co ino alle estreme mete del superamento dello stato umano17.
Fabiani aspira alla sintesi, all’intima e cosciente unità dei fenomeni della
vita in un’armonia continua che come il iume si trova insieme alla fonte
e alla foce - e questo è un altro sottile ilo letterario tra Siddharta/Hesse
e Fabiani, il primo mentre aida la meditazione al grande, lento iume
indiano, il secondo quando ne fa la moderna musa dell’ingegnere nel
progetto di regolamentazione dell’Isonzo.
Simili rilessioni interessano i modi della conoscenza: il sapere astratto
e puramente intellettuale che interessa solo la mente e l’altro che è il
sapere con l’esperienza e la fatica, con l’impegno di tutta la persona e

25
della vita stessa. Siddharta arriverà alla saggezza del Buddha non con
l’astrazione ma attraverso la vita reale; la sua esperienza in qualche mo-
do supera l’altra e pare più completa al nostro modo di vedere in quanto
non rinuncia alla vita ma ne è coinvolta, compenetrata e ne va oltre.
In Fabiani è così: la ricerca del rinnovo, la continua lotta nella vita inne-
gabilmente lo rendono incline a momenti di grande intensità. Ama scri-
vere ma lo fa in maniera non lussuosa, non usa e non ama usare termini
ricercati. Acma è importante, è un testo al quale aida l’importanza di
essere un testamento di vita18, ma è pur sempre un contenitore di idee,
un cassetto speciale in cui vanno conservate esperienze e risultati e dun-
que può permettersi solo qualche contenuta libertà poetica.
Fabiani modiica e integra Acma, anzi ne aggiorna minutamente anche i
dettagli, durante tutto l’arco della sua vita, almeno ino al 1958. Come da
lui stesso dichiarato, il corpus degli studi per Acma andò perduto nella
distruzione della sua casa di Kobdilj durante la Seconda Guerra Mondia-
le. Ne ricompose una parte che pubblicò a sue spese nel 1946; nono-
stante l’esistenza del volumetto stampato19 (che venne immediatamen-
te recuperato dalla circolazione per un suo ripensamento), egli corregge
sempre lo stesso dattiloscritto, ino a renderlo quasi un diario.

Acma o l’anima del mondo

Che cosa è dunque l’Acma o Atman in rapporto al nostro pensiero di


occidentali? Indubbiamente l’idea di un solo ordine universale, anzi di
un’armonia di leggi che riesca a coordinare e a rendere compatibili miti
e nuove scoperte riguarda una concezione olistica della realtà. In prati-
ca per Fabiani non hanno importanza gli enunciati delle singole teorie
scientiiche (che egli associa anche arbitrariamente) quanto il comples-
so delle teorie nel loro insieme. Come se una frase avesse signiicato non
per se stessa ma solo in quanto parte di un intero sistema linguistico.
Fabiani presenta Acma come l’idea dell’ininitamente piccolo e quindi
universalmente presente, ma non deinisce chiaramente il fenomeno
né dal punto di vista della isica né da quello della biologia. Forse in-
tende solamente spingere un po’ più in là il limite oltre il quale Wittgen-
stein traccia la famosa formula “Su ciò di cui non si può parlare si deve
tacere”20.

26
Il problema infinitesimale

La Fisica, specialmente per le ipotesi connesse alla microisica a cui si


riferisce Fabiani, è stata la protagonista della prima metà del XX secolo.
La teoria dei quanti21, ad esempio, è una rivoluzione concettuale straor-
dinaria perché implica un nuovo atteggiamento rispetto alla compren-
sione del reale e, come conseguenza, alla sua interpretazione ilosoi-
ca. Vengono meno alcune certezze22, ma vengono proposte ipotesi che
coinvolgono concetti apparentemente inconciliabili e contraddittori ma
parimenti legittimi23.
Fabiani si interessa molto alla discussione in corso in quegli anni24; trova
stimolante e incredibilmente vicina al campo umanistico l’ipotesi quanto-
meccanica, se non altro per il collegamento con il principio del continuo
ininitesimale mutamento dell’Atman, dove l’osservatore del processo è
anche parte integrante del fenomeno. Nel mondo dell’ininitamente pic-
colo le nostre percezioni si rivelano insuicienti; l’intima essenza delle
cose è l’anima universale allo stesso tempo, è la vertigine dell’ininito leo-
pardiano nella scansione al microscopio elettronico, è il DNA dello spirito.
Certamente c’è un limite: Fabiani non si aida del tutto né alla sicurezza
meccanicistica né all’analisi quantomeccanica25. Questi temi lo coinvol-
gono in alcune parti di Acma maggiormente che in altre, ma egli ritiene
- appunto perché si rivolge al fenomeno sociale - che entrino in campo
dei criteri non di probabilità ma di gradualità26 e lo esempliica quando
valuta i caratteri umani secondo dei gruppi dai contorni non obbligati,
cioè rispetto al prevalente carattere morale, materiale o spirituale degli
interessi e/o funzioni.
È forse un’eco del pensiero antroposoico steineriano rispetto alla socie-
tà ideale come triarticolazione dell’organismo sociale in tre sfere auto-
nome auto-amministranti e indipendenti tra loro, soluzione che si pre-
senta però molto complessa dal punto di vista di una gestione razionale.
Rudolf Steiner, in ogni modo, fu profondamente inluenzato dall’am-
biente culturale e accademico viennese; pur essendosi iscritto al Poli-
tecnico di Vienna alla Facoltà di Scienze matematiche, Storia Naturale e
Chimica27, arrivò, attraverso lo studio della ilosoia di Goethe, a conce-
pire una via più spirituale per indagare la materia e i suoi fenomeni che
ne comprendesse insieme l’elemento vitale28.

27
Per Fabiani le emanazioni degli individui consistono forse in un’idea di
aura nel senso di azioni, scelte, parole, gesti, codiiche sociali, ecc., che
trovano corrispondenza tra loro secondo gradi di arricchimento, di ces-
sione, di modiica. Si attua dunque una risposta di tutto l’universo in noi
e di noi in tutto l’universo. Quest’angolazione è piuttosto scandalosa se
rapportata ad un concetto di ilosoia della scienza strettamente deriva-
to dalla Fisica; non lo è se considerata come logica dei sistemi viventi.

Meccanismi di evoluzione

Così, nella parte di Acma in cui vengono afrontati i problemi legati all’in-
dividuo, Fabiani espone considerazioni che interessano più teorie e che
presentano (curiosamente) una certa attualità. La ilosoia della scienza
ci ha abituato a pretendere leggi generali di veriicazione/falsiicazio-
ne che riescano a tracciare una (provvisoria) distinzione tra programmi
scientiici di ricerca e programmi metaisici di ricerca29. La vita - e la scienza
- di ogni giorno ci parla invece di indagini che non portano ancora a leg-
gi generali ma a conclusioni particolari e provvisorie e la via da seguire
sembra tuttora quella di mettere insieme dati e proposizioni cercando di
passare dall’ignoto totale all’ignoto parziale.
L’idea della creazione ininterrotta ad opera dell’evoluzione, attuata at-
traverso il continuo incontro di apporti diversi che provocano la dife-
renziazione, fa parte della teoria evoluzionistica - motivo anche oggi di
diatribe tra scienziati esponenti delle due principali scuole di pensiero30
– sebbene molte afermazioni di Fabiani indichino anche l’attenzione ai
risultati della sua applicazione in sociologia.
Oggi potremmo facilmente estendere molte delle annotazioni (o afo-
rismi scientiici) di Fabiani alla biologia molecolare, sia nel senso inteso
per studio dei viventi a livello delle molecole, sia per la sida che in certi
settori di essa si sta attuando a livelli submolecolari. Il referente della
creazione ininterrotta, capace di riprogrammarsi, di mettersi in contatto
con l’ambiente circostante, e di elaborare aggiustamenti in seguito a se-
gnali esterni, potrebbe essere benissimo chiamato DNA31.
In questo meccanismo di evoluzione, Fabiani indica i risultati come per-
fetti nel senso che anche le irregolarità e le manchevolezze sono sem-
plicemente delle caratteristiche di quel particolare equilibrio in quel

28
dato momento di osservazione. Non esistono entità stabili né individui
astratti o immutabili. I pensieri sono individui perfetti sebbene in cam-
biamento, probabilmente molto vicini agli stati di coscienza teorizzati da
Bergson32. Il mutante, uomo o struttura sociale, contiene sia la spinta alla
diferenziazione - come cognizione di sé e maturazione dell’individualità
- sia quella all’adattamento che aumenta le capacità del singolo e con-
sente l’unione con altri individui e la formazione di sistemi complessi.
L’assimilazione è uno spostamento di equilibri ma anche lo sviluppo di
una struttura più articolata.
Altrettanto composito è il problema femminile descritto da Fabiani come
“poca comprensione” per le caratteristiche e la sensibilità femminile. Ciò
serve a introdurre il problema dell’educazione specializzata della donna.
Le buone intenzioni di ottenere un metodo educativo adatto alle donne
possono sembrare piuttosto maschiliste quando cercano di appianare le
diversità tra le posizioni di uomini e donne nel mondo del lavoro e della
cultura aidando alla donna un preminente ruolo .. biologico! È anche
vero che quando vennero annotate queste considerazioni, dall’inizio se-
colo agli anni ‘50, le donne di molte parti d’Italia, al Sud ma anche in
larghe zone rurali del Nord, coprivano ancora il capo con il velo (senza
contare che questa tradizione resiste tuttora per particolari celebrazioni
tradizionali o religiose...).
Alla donna, a prescindere dalle sue attività e capacità, deve essere rico-
nosciuto l’impegno di essere madre, educandola a questo compito su
basi scientiiche e realistiche. L’azione dell’Acma si rivela maggiormente
nella donna perché le è aine: a causa del suo intuito, sensibilità e inde-
cisione, la donna rielabora continuamente i problemi e le soluzioni che
attua sono più adeguate rispetto a quelle maschili.
La coscienza è intesa da Fabiani come uno dei cardini dell’evoluzione
umana. Pur se parziale, si sviluppa nel prendere coscienza di noi stessi
e del nostro ruolo, è collegata alle esperienze e al livello di cultura e di-
viene dunque una diferenziazione quasi biologicamente fondata. Già il
verbo essere pone enormi problemi ilosoici in quanto presupposto co-
noscitivo del reale ed in ciò “modiicazione che intercorse nel cervello di
un ominide che diede origine alla specie Homo Sapiens”33. Fabiani non
intende certamente fare discriminazioni in base al livello di cultura, ma
innegabilmente la coscienza riposa su risultati di analisi e modiicazioni
cerebrali che abbiamo ereditato dai progenitori dalla notte dei tempi.

29
Accettando questa idea potremmo spiegare “perché mai possiamo co-
noscere la realtà. Perché ci siamo nati dentro”34. Non sappiamo come ciò
sia avvenuto, ma senza un corretto rapporto con la realtà non vi sarebbe
stata una storia umana.
Il problema della coscienza e del ragionamento, in ultima analisi della
cultura, costituisce il perno di Acma. Fabiani si rende conto che la mente
è il risultato estremamente complesso dell’evoluzione, indagabile solo
accettando che esistano più modi per la sua interpretazione.

Fenotipi culturali?

Nella riedizione di Acma non è stato facile interpretare il motivo per cui
Fabiani usava la parola razza così frequentemente e senza nessun pro-
blema. Per chi è nato dopo la Seconda Guerra Mondiale il termine razza
è legato a nazismo e Olocausto, alla lotta per i diritti civili e così via; il
suo peso sposta immediatamente l’attenzione e fa suonare campanelli
di allarme. Ovviamente non è così che lo intende Fabiani bensì come
termine di osservazione - e, in questo, assolutamente neutro - in grado
di essere ben rappresentato dall’accezione di comunità etnica. Infatti
molte idee espresse nei capitoli che trattano della famiglia, delle mesco-
lanze dei popoli e della società rispondono più precisamente a conte-
nuti antropologici. Semmai, il concetto di razza che viene usato rilette
l’autoidentiicazione, cioè quello che della percezione individuale della
propria identità razziale viene condiviso con gli altri.
A suo giudizio questo rimane comunque approssimativo in quanto i
popoli progrediscono intrecciandosi e non servono studi di isiognomi-
ca per conoscere le varie razze quanto studiarne la mentalità, deinita
come un insieme di tratti comportamentali comuni che si riscontrano
tra individui dello stesso popolo e che corrispondono ad un tratto ac-
centuato tipico di quel paese. Richard Dawkins35 lo deinirebbe meme36
culturale, parola che vuole esprimere l’ipotesi di un’unità di trasmis-
sione culturale o di imitazione in grado di replicarsi parallelamente al
gene. Attraverso la loro trasmissione, un sistema di idee inteso come
“struttura cerebrale specializzata a rappresentare la conoscenza in mo-
do seriale ed esplicito” ha potuto così “evolversi autonomamente, sen-
za bisogno di alcun cambiamento biologico”37.

30
A prescindere dal fatto che tutti sono d’accordo che i geni non determi-
nano tutte le variabili esistenziali né nel caso dell’uomo né nel caso degli
animali, la relazione tra appartenenza etnica e comportamento e funzio-
namento cerebrale è un problema di grande interesse che coinvolge vari
aspetti della vita compreso il fatto che si possano usare queste idee per ini
politici o per giustiicare il razzismo38. La sida è conoscitiva e come tale non
va afrontata sulla base di convinzioni ideologiche o religiose ma scientii-
camente e possibilmente - Fabiani lo aferma - ampliando il dibattito.
Nel suo modo di vedere, una delle mete dell’evoluzione è la coesistenza
equilibrata. Se lo sviluppo tecnico e le comunicazioni avvicinano i popo-
li, l’auspicio è arrivare ad un uomo di carattere e cultura universale seb-
bene alla base di ogni concepire artistico rimanga una particolare speci-
icità della cultura di provenienza, un fenotipo esteso di rango culturale.
L’idea di Fabiani per l’organizzazione della Società è di tipo dinamico, un
sistema molto complesso di mediazioni tra i vari sistemi dell’organismo
ed è degna di nota per il fatto di non rappresentare soltanto elementi
in competizione tra loro (come per l’evoluzionismo) ma nel postulare
l’esistenza di più paradigmi alternativi che potrebbero avere pari oppor-
tunità di trovare applicazione e di integrarsi.
Dato che nella Società sono presenti individui e comportamenti che pre-
sentano varie gradazioni in medesime caratteristiche seriali, essi vanno
studiati secondo relazioni e non come somma di dati. Va cioè studiata la
proprietà emergente dell’individuo rispetto a una determinata neces-
sità, racchiudendo queste informazioni in gruppi con etichetta. Fabiani
- quasi anticipando la formalizzazione della logica fuzzy39 - è convinto
che attraverso questo approccio sia possibile organizzare meglio l’edu-
cazione, la strutturazione urbanistica e la vita stessa della Società poiché
ognuno al posto adatto può dare il massimo rendimento40.

Azione sociale

Il lavoro deve diventare la base della società civile e dovere etico41,


mentre va abolito il reddito costante del denaro42; la disoccupazione va
afrontata con la preparazione e l’organizzazione del lavoro in tutto il
Paese, anche come lavoro obbligatorio; la difesa è necessaria a causa
della mentalità umana e dell’insuicienza dell’uomo a risolvere le situa-

31
zioni diicili senza ricorrere alla forza e deve essere estesa ai civili: sono
punti importanti, scritti nel secondo dopoguerra, che risentono sia delle
grandi istanze di rinnovamento sia del peggiorare dei rapporti tra i due
Blocchi e della Guerra Fredda.
Infatti, se la Società può svilupparsi composita e diversiicata, lo Stato
deve essere articolato in maniera eiciente (e piuttosto rigida poiché la
sua autorità va riconosciuta senza discutere) e deve funzionare da or-
ganismo etico. Una via di mezzo tra Hegel, Spencer e i teorici dell’azio-
ne sociale come Max Weber o Talcott Parsons43, quest’ultimo attento al
problema dell’ordine quale esito di un complesso sistema di istituzioni,
relazioni di ruolo e aspettative ma soprattutto del perseguimento di sco-
pi di interesse collettivo, attraverso i quali si consolidano e interiorizzano
delle norme alle quali i soggetti si sentono sottoposti.
Lo Stato deve intervenire promuovendo opere pubbliche e investimenti
che risultino in grado di moltiplicare lo sviluppo e migliorare gli inse-
diamenti umani; questi ultimi vanno costantemente viviicati per non
cadere nel degrado, come spesso è accaduto per insediamenti periferici
o popolari, e le risposte devono essere trovate nella vita di comunità,
con spazi di riunione ma anche di intimità e stimoli al lavoro comune.
A guerra appena conclusa, la seconda guerra mondiale a cui assisteva,
Acma deve essere sembrata a Fabiani anche un esperimento di auto-
analisi, organizzazione teorica di osservazioni sulle proprie esperienze
di vita anche dolorose, cicatrizzate attraverso la scrittura. Gli enormi
problemi alla ine della guerra rimandano nuovamente alla complessità
della convivenza tra i popoli, al desiderio di dare un senso al futuro, per-
mettendo al futuro di poter esistere44.

Ultimo avamposto

Il genere umano è lento nell’adattare il suo organismo. Anche se riuscis-


simo a incrementare, attraverso l’uso di tecnologie genetiche avanzate,
l’intelligenza di un embrione del 10%, ci vorrebbero comunque dieci
generazioni o duecento anni, per arrivare ad un quoziente d’intelligen-
za più alto di 10 punti... e probabilmente, nel frattempo, tra dieci gene-
razioni, potrebbero esserci sistemi di computer in grado di superare di
molto queste capacità per l’uso necessario alla nostra vita45...
L’evoluzione procede per piccoli passi. Nel nostro mondo, la cultura è,

32
o dovrebbe essere, la prima caratteristica apprezzabile per il successo
riproduttivo della specie... sebbene molte volte la tecnologia ne prenda
semplicemente il posto e acceleri il nostro adeguamento ai ritmi richie-
sti dalla contemporaneità, forzando mode e adattamento.
Nonostante gli uomini continuino ad ammazzarsi, l’evoluzione porta
l’uomo al cambiamento e nello stesso tempo lo ricongiunge alla vita
biologica e alla materia, dall’istante iniziale al presente, al futuro, attra-
verso il suo stesso vivere. L’Acma riassume le trasformazioni, si estende
all’interno di noi e, oltre noi stessi, abbraccia l’Universo.
Bergson nell’Evoluzione creatrice assegna all’uomo il compito di superar-
si, di essere il messaggio divino di tutta la storia evolutiva, non perché
esista un progetto, un disegno, perché altrimenti non sarebbe altro che
meccanicismo o inalismo, ma perché attraverso il continuo diversiicar-
si e crearsi l’uomo si oppone all’inerzia, alla ine, alla morte. Fabiani ri-
comprende molti spunti bergsoniani in quella che egli stesso considera
fantasia sul futuro e che è insieme un viaggio lirico e tecnico alle porte
dell’ignota, continua trasformazione dell’Universo.
Insiste sui passi che in questo fantastico percorso la comunità umana
attua verso la perfezione perché così ne evidenzia l’inadeguatezza al
presente: uso della forza, frazionamento in piccoli stati, lingue diverse,
contrapposizioni in continenti e blocchi, discriminazioni; tutti elementi
che vanno man mano lasciati indietro mentre la conoscenza della natura
diviene partecipazione e permette il salto dalle nostre capacità mentali
a quelle di esseri in evoluzione verso una vita di solo pensiero.
È questa la condizione emergente dell’uomo? Oppure l’evoluzione è un oro-
logiaio cieco46 o nel migliore dei casi una danza47 e il suo unico motivo è at-
traversare sé stessa? Non possiamo conoscere - per fortuna - nessuna rispo-
sta deinitiva ma forse dovremo accontentarci per sempre di un continuo
oscillare tra più risposte. In vista del fantastico momento previsto da Fabiani.

Perché

Leggere Acma ? Albert Einstein ha afermato “Il valore di un uomo, per


la comunità in cui vive, dipende anzitutto dalla misura in cui i suoi senti-
menti, i suoi pensieri e le sue azioni contribuiscono allo sviluppo dell’e-
sistenza degli altri individui”48 . Il senso dell’opera di Max Fabiani è que-
sto, e Acma ne è la testimonianza morale.

33
Note

1 Ing. Massimo Fabiani, come si irmava negli anni ’30.


2 Cybernetic organism, Organismo cibernetico, l’uomo che ha subito modiiche con
impianti tecnologici.
3 Functional Cyborg, Organismo cibernetico che si serve di estensioni funzionali che
potenziano le sue capacità pur non essendo impianti nel suo organismo.
4 come sottolinea Massimo Mila nell’introduzione a Siddharta di Hermann Hesse (Her-
mann Hesse, Siddharta, Milano, Adelphi Edizioni, 1973).
5 L’abbandono della carriera accademica a Vienna per la ricostruzione dell’Isontino do-
po la Prima Guerra Mondiale.
6 esempio che non a caso Fabiani citerà in Acma.
7 Hesse, op. cit., pagina 21.
8 forza creatrice attribuita alla natura ma anche suo potere illusionante. Schopenhauer
equiparò il mondo fenomenico all’illusione della maya.
9 Rapporti con la cerchia del Siebner Klub, ruolo di Consigliere Artistico dell’Arciduca
Francesco Ferdinando, erede al trono, rapporti con casa d’arte Artaria, rapporti a li-
vello universitario e accademico e col mondo diplomatico ed ecclesiastico. Si vedano
le note del Prof. Marco Pozzetto per i nomi citati da Fabiani nel prologo alla prima
edizione di Acma (1946) riportato in questa pubblicazione (pag. 47 e segg.).
10 La committenza, specialmente quella privata e d’élite, darà modo a Fabiani di entrare
in contatto casuale e di venir appena siorato (per sua fortuna) da tutto un mondo
sommerso che aveva nell’interesse esoterico e ilosoico orientale eccentrici punti in
comune... ad esempio la poliedrica igura di Karl Kellner (1850-1905), chimico illustre,
inventore, orientalista, appassionato di hatha-yoga e studi esoterici, per il quale nel
1896 progettò la villa a Vienna-Döbling, oppure quella pericolosamente controver-
sa dell’accademico prof. Theodor Beer (1866-1919), insigne isiologo e naturalista, il
proprietario della Villa Karma (!) e Sangata a Montreux... occultista, buddista, ammi-
ratore e poi corrispondente (dal carcere, in seguito ad una controversa ma infamante
accusa) di Ernst Mach.
11 Hans Hahn, Otto Neurath, Rudolf Carnap, La concezione scientiica del mondo: il Circo-
lo di Vienna, a cura di Alberto Pasquinelli, Roma-Bari, Laterza, 1979.
12 Frjtiof Capra, Il Tao della Fisica, Milano, Adelphi, 1982, p.241.
13 Piergiorgio Oddifreddi, C’era una volta il paradosso - Storie di illusioni e verità rovescia-
te, collana Grandi Tascabili, Torino, Einaudi, 2003, p.83.
14 Si veda Cinzia Leone, Antisemitismo nella Vienna ’in de sieclé. La igura del Sindaco Karl
Lueger, Firenze, Giuntina, 2010.
15 Fabiani è impegnato in diversi progetti ed incarichi ma trova il tempo anche per pre-
parare conferenze su argomenti che probabilmente gli stavano molto a cuore, come
il ciclo tenuto all’Athenaeum, associazione che si preiggeva di promuovere l’accesso
delle donne all’istruzione superiore universitaria. Nel suo curriculum sono citate, per
l’anno 1903, alcune conferenze al Museo Austriaco sui rapporti tra la cultura e la
casa di abitazione. Gli argomenti trattati riguardano l’arredamento, l’oggettistica ed
il mobile; il testo di tali conferenze non è rintracciabile.
16 Sembra essere inluenzato non solo dalla teoria di Herbert Spencer ma soprattutto
delle tesi di Henri Bergson. L’évolution créatrice, esce nel 1907 a Parigi ma guadagna
subito fama mondiale anche per il concetto di slancio vitale.

34
17 Questa aspirazione sembra interpretata in Acma come Fantasia sul lontano avvenire
e più organicamente in Bergson nell’évolution créatrice.
18 Si veda il prologo e la dedica ai igli Lotti e Renzi.
19 Massimo (Max) FABIANI, ACMA L’anima del mondo, Gorizia, Stamperia Giuseppe Iuc-
chi, 1946.
20 Ludwig Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, Torino, Einaudi, 1974, proposi-
zione n. 7.
21 Max Planck, Teoria dei quanti, 1900; Heisenberg-Born, Meccanica quantistica, 1926.
22 con le ricadute ilosoiche della formulazione del principio di indeterminazione di
Heisenberg rispetto alla capacità di conoscere lo stato di un sistema isico.
23 come la complementarietà dei due modelli ondulatorio e corpuscolare teorizzata da
Niels Bohr.
24 come testimonia il Prof. Fabio Ferrari.
25 nel senso della probabilità genuinamente casuale.
26 oggi deinita fuzziness.
27 Conseguì la laurea in Chimica a Vienna.
28 In seguito si laureò in Filosoia all’Università di Rostock. Nel 1894 pubblica La ilosoia
della liberta’, che contiene i lineamenti della sua concezione spirituale del mondo.
29 Nelle parole rispettivamente di Imre Lakatos e Karl Popper.
30 Neoevoluzionismo americano di Wilson e di Dawkins.
31 Per i problemi connessi a molti di questi argomenti si veda Luca e Francesco Cavalli
Sforza, Chi siamo? La storia della diversità Umana, Milano, Mondadori, 1995.
32 Henri Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza ,Torino, Boringhieri, 1964.
33 Paolo Vezzoni, Intersezioni. Questioni biologiche di rilevanza ilosoica, Milano,
McGraw-Hill, 2000, p. 8.
34 Ibidem, p. 10.
35 Biologo evoluzionista noto per il concetto di gene egoista e, più recentemente, di
meme. Si veda Richard Dawkins, Il gene egoista, Milano, Mondadori, 1995, pp. 201-
202.
36 “Mimeme” deriva da una radice greca che sarebbe adatta, ma io preferirei un bisil-
labo dal suono aine a “gene”: spero che i miei amici classicisti mi perdoneranno se
abbrevio mimeme in meme”. Ibidem, p. 201.
37 Dichiarazione di Marvin Minsky, matematico e informatico, tra i fondatori dell’Artii-
cial Intelligence Laboratory del MIT e della Thinking Machine Inc., riportato in John
Brockman, La terza cultura, Milano, Garzanti, 1999, p. 73.
38 In risposta alle tesi di R. Dawkins, si veda S. Rose, R. Lewontin, L. Kamin, Il gene e la sua
mente, Milano, Mondadori, 1983. Il titolo originale sottolineava Not in our genes.
39 Lofti A. Zadeh teorizza la teoria degli insiemi fuzzy nel 1965 e successivamente, nel
1973, la teoria della logica fuzzy. Si veda in: Lofti A. Zadeh et al., Fuzzy sets and their
applications to cognitive and decision processes, New York, Academic Press, 1975.
40 Antonella Faggiani (tesi all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Diparti-
mento di Urbanistica, su La logica fuzzy nella soluzione dei problemi territoriali mul-
ticriteriali, Relatore Prof. Giuseppe Stellin - Correlatore Dott. Paolo Rosato) riporta“..
più aumenta la complessità di un sistema, più diminuisce la nostra capacità di fare
considerazioni precise e signiicative riguardo al suo comportamento, ino ad una
soglia oltre la quale signiicatività e precisione diventano caratteristiche mutuamen-
te esclusive. L’approccio.. (fuzzy), parte dall’osservazione che gli elementi chiave del
pensare umano non sono numeri, bensì etichette (labels) di insiemi fuzzy, / ... / nei
quali la transizione da appartenenza a non appartenenza non è brusca, ma graduale.

35
La fuzziness del pensiero umano ci suggerisce quindi che la logica che ne sta alla
base non è ne bivalente ne multivalente, bensì si tratta di una logica formata da ve-
rità fuzzy, connettivi fuzzy, regole fuzzy...che è in grado di supportare verità parziali,
imprecisione e soggettività. “ copyright: Antonella Faggiani 1997.
41 Semplice ed eicace come l’art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana
42 L’accumulo degli interessi sui prestiti rende oggi praticamente impossibile il paga-
mento dei debiti del Terzo Mondo.
43 Negli ultimi anni la teoria parsoniana dell’azione sociale sta ottenendo nuovamente
attenzione: l’interpenetrazione tra i sistemi viene vista come capacità di integrare
norme sociali e utilitarismo.
44 alcune annotazioni nell’ultimo diario (1961) mostrano preoccupazione sulla prolife-
razione nucleare.
45 Si veda a pag. 55 dell’articolo di D.T. Max, Beyond Human, National Geographic, 4
(vol.231), April 2017.
46 Richard Dawkins, L’orologiaio cieco, Milano, Rizzoli, 1988.
47 Nelle parole di Brian Goodwin “..per descrivere l’evoluzione propongo l’immagine di
una danza priva di un ine. /../l’evoluzione non ha scopo, progresso o direzione. È una
danza attraverso il morfospazio, lo spazio delle forme degli organismi”. Riportato in
John Brockman, op. cit., p. 81.
48 Albert Einstein, Come io vedo il mondo - La teoria della relatività, Roma, Newton Com-
pton editori, 1975, p. 13. L’esposizione divulgativa è del 1917.

36
Marco Pozzetto

PREMESSA

Non sono molti gli architetti che lasciano ai posteri un testamento spiri-
tuale di carattere ilosoico con la sistematizzazione della propria visione
del mondo e, per quanto mi consta, nel tramonto dell’epoca dell’Europa
caput mundi nessuno oltre a Fabiani.
L’architetto scrisse nel prologo dell’edizione italiana:

Presento annotazioni sulla vita e l’arte fatte durante la prima guerra


mondiale, aggiornate nel corso della seconda.

Il saggio venne stampato nel 1946 a Gorizia su carta da giornale e, senza


essere distribuito, inì ingloriosamente al macero, ad eccezione di rarissi-
me copie distribuite ad amici e conoscenti.
Il 1946 fu il primo anno di pace dall’inizio della seconda guerra mondiale
o meglio, dopo la ine della seconda guerra dei 30 anni. Ritengo di poter
deinire così le guerre e le rivoluzioni iniziate nel 1914 e terminate nel
1945. Queste guerre distrussero scientiicamente buona parte dell’Euro-
pa e del Mediterraneo, dell’Asia Sud Orientale e del Giappone pressoché
esatti 300 anni dopo la guerra europea dei trent’anni (1618-1648), senza
elencare i danni di ordine politico, culturale, morale e spirituale che han-
no ridotto il nostro continente a livello di due sistemi di colonie.
Fabiani, che ha vissuto intensamente quelle guerre, apparteneva alla
gente di conine, a quel tipo di cittadini del mondo che, per il solo fat-
to vivere su strisce particolari dei territori, vengono spesso costretti a
cambiare la Patria, la lingua, il modo di vivere e talvolta anche il modo di
essere. Non di rado quei cittadini. particolarmente gli intellettuali, sono
costretti ad arrendersi al destino, cosa che peraltro al nostro architetto
non è neppure passata per la mente.
La curiosità scientiica gli permise di vivere intensamente anche i lun-
ghi periodi neri; riuscì addirittura ad escludere dai ragionamenti e dalle
analisi i suoi guai personali. La conoscenza dei cicli essenziali della sua
parabola esistenziale forse aiuterà a comprendere i suoi pensieri.
Nei primi trent’anni comprendenti la formazione e la prima maturità

37
(1884-1914) visse a stretto contatto con i vertici del potere politico, eco-
nomico, decisionale e culturale dell’impero degli Asburgo che, piaccia o
meno, rappresentava pur sempre la terza potenza europea. Raggiunse,
in quel ciclo di vita - in gran parte per merito proprio - il vertice della car-
riera professionale o almeno, questa tesi fu sostenuta dalla storiograia
senza conoscere l’opera del secondo ciclo.
La sistematica contiguità col potere austriaco sembra non sia riuscita a
coinvolgerlo più di tanto. Non lo coinvolsero neppure i guai del secondo
inizio a Gorizia, a cinquantasei anni compiuti, benché fosse considerato
dai vincitori del conlitto 1915-18 come straniero, sloveno o austriacante
secondo i casi e, per di più, professionalmente incapace. È vero che la sua
conoscenza della lingua italiana era imperfetta, nel senso che s’esprime-
va in dialetto: non era comunque il solo. Il già imperial regio professore,
uno degli otto ordinari di Composizione architettonica dell’impero da-
nubiano, divenne impiegato avventizio del Genio civile di Gorizia e in
tale veste produsse 92 piani regolatori tra il 1919 e il 1922. Non irmava
peraltro i progetti di restauro, perché le autorità tutorie del Governato-
rato della Venezia Giulia non glieli cassassero. Si risollevò e naturalmente
emerse per la seconda volta. Fu ricevuto due volte, per altrettanti pro-
getti innovatori, dal capo del governo con scandalo ed invidia di coloro
che credettero di avere maggiori benemerenze. (Si veda la monograia
Max Fabiani, 1998).
Spesso mi sono chiesto quanto potevano incidere i continui alti e bassi sul
modo di pensare di Fabiani, ma non ho trovato una risposta soddisfacen-
te. Alcune idee forza successivamente sviluppate in Acma sono state pub-
blicate in nuce nei saggi apparsi nelle riviste viennesi alla ine dell’Otto-
cento; lo stesso vale per le idee sull’urbanistica, sull’architettura e sull’arte.
***
Acma è un termine ilosoico - religioso sanscrito che indica lo spirito, il
soio, l’anima e, nel senso più vasto, designa il sé, la più intima essenza
di ogni uomo e di ogni cosa. Per far comprendere questi un po’ astrusi
concetti alla cultura media della metà del secolo ventesimo, Fabiani li ha
sintetizzati nello slogan:

Acma = anima del mondo.


E, a scanso di equivoci ed incomprensioni, decise di premettere al testo
una specie di lapidario sottotitolo esplicativo:

38
L’evoluzione dell’uomo e dello società umana, veduta e giudicata dal
punto di vista ininitesimale.
Ciò nonostante gli rimase qualche perplessità:
Molte idee esposte, apparentemente semplici e svolte brevemente,
non riscontreranno nel lettore piena comprensione.

In seguito Fabiani fece approntare un nuovo dattiloscritto del saggio, al


quale apportò correzioni e modiiche per altri dodici anni, ino al 1958.
Sua iglia Lotti mi consegnò il plico nel 1963. Ad una prima lettura il te-
sto appariva depurato di qualche sovrastruttura ideologica, più o meno
indispensabile nell’Italia dei tardi anni ‘30, e lievemente modiicato nella
sesta e nella settima parte, dedicate allo stato e all’evoluzione futura.
Pertanto credo che questa può essere considerata come l’edizione origi-
nale, anche perché corredata da disegni originali, approntati per l’edizio-
ne del 1946 e non pubblicati.
***
Visto che ogni Weltanschauung degna di tale nome appartiene alla i-
losoia, si può sostenere che Fabiani abbia applicato anche alla ilosoia
alcune delle sue brillanti, ma non da tutti apprezzate sintesi.
Il suo sistema ilosoico comprende idee depurate dei ilosoi presocrati-
ci ed arricchite con pensieri mutuati dalla teoria ilosoica, evidentemen-
te modiicata, di Leibniz, completate con pensieri simili a quelli di alcuni
suoi contemporanei oltre che con le idee proprie. Queste gli procura-
rono mezzo secolo addietro incomprensioni e scherno, benché oggi,
nel confronto con le teorie dei contemporanei, appaiano precorritrici.
Da Anassagora Fabiani accettò gli ‘holomeri’, ma eliminò la divisione tra
spirito e materia, perché senza senso; da Anassimandro gli ‘apeiron’, ele-
menti primigeni; da Eraclito il movimento generalizzato; la teoria iloso-
ica di Leibniz lo attirò molto, ma preferì sostituire l’astratto diferenziale
dx con la più concreta, ma meno rigorosa acma, contenente elementi
ininitamente piccoli, assomiglianti agli ‘holomeria’ e agli ‘apeiron’.
Nell’analisi del pensiero di Fabiani, volta soprattutto a comprendere al-
cune idee innovative nell’ambito dell’urbanistica, come la pianiicazione
continua del 1895, l’architetto Danijel Jarc sostiene che la monade di
Leibniz, gli apeiron di Anassimandro e Aristotele, gli holomeria di Anas-
sagora e l’Acma di Fabiani non hanno solo caratteristiche molto simili
come l’unicità, la grandezza ininitesimale, il movimento continuo, ma

39
anche l’idealismo come direzione ilosoica del pensiero (Urbani izziv, n°
21 - 22, pp. 89 - 96, Ljubljana 1992).
Il poeta e isico Gino Brazzoduro aveva individuato nel 1989 sorpren-
denti analogie tra il pensiero di Karl Popper e quello di Fabiani, in parti-
colare dove quest’ultimo esamina i rapporti tra la scienza, la morale e la
religione. (Gino Brazzoduro, Maks Fabiani, clovek in arhitekt med Krasom
in mittelevropo, in Primorska srečanja, n° pp. 237-241). A sua volta, Patri-
zia Ugrin propone di deinire come Filosoia Morale della Scienza l’am-
mirevole fusione di scienza-morale-psicologia-sociologia con i concetti
di ecologia e di interdipendenza delle forze sociali ed i relativi legami
con la spiritualità indiana (Patrizia Ugrin, Max Fabiani, Le cartoline all’ac-
querello e l’opera graica indipendente dal progetto architettonico, tesi di
laurea, Facoltà di Lettere e Filosoia, Università degli Studi di Trieste, a.a.
1998/1999).
Saranno i ilosoi a decidere se queste interpretazioni di Acma siano
corrette e dovranno decidere anche se le coincidenze del pensiero di
Fabiani con quelle di Herman Hesse nel Siddharta siano soltanto casuali
e se i processi mentali del nostro architetto assomiglino a quelli di Ernst
Mach e, più in generale, a quello degli appartenenti ad un po’ posteriore
Wienerkreis con il quale Fabiani, per quanto consta, non aveva contatti.
Ritengo anche che anche il complesso della Filosoia Morale della Scien-
za dovrà essere commentato e chiarito dai ilosoi e dal cultori di disci-
pline coinvolte. In quei campi il parere di un architetto lascia il tempo
che trova.
***
Forse sarebbe doveroso qualche chiarimento circa alcuni termini usati
da Fabiani, che per il lettore odierno acquistano un signiicato inquietan-
te. Mi riferisco ai termini come razza, stirpe e simili. Nella maggior par-
te dei casi essi hanno per l’autore un signiicato didattico. Non è infatti
neppure immaginabile che Fabiani, amico dell’architetto sionista Oskar
Marmorek, frequentatore dei congressi sionisti (dove tra gli altri aveva
conosciuto il primo presidente dello stato d’Israele, Chaim Weizmann),
membro della giuria per la seconda sinagoga viennese, autore del pro-
getto di completamento delle ville Karma e Sangata di Montreux, ecc.,
potesse usare il termine razza nell’accezione datagli dagli antisemiti.
Fabiani apparteneva a quel tipo di cultura ottocentesca tedesca che di-
scuteva i Rassenproblemen con la stessa tranquillità con cui dibatteva i

40
Stilproblemen. Il problema tragico della Reinrasse rappresentò una folle
deviazione, di cui l’umanità sta ancora pagando lo scotto.
Non tutto è oro in questo saggio. Ognuno dei lettori potrà e dovrà giudi-
care secondo la propria sensibilità e con il proprio metro di misura que-
sti aspetti della questione. Mi permetterei tuttavia di suggerire al gentile
lettore di tenere a mente una curiosa, ma illuminante frase dell’autore,
stampata nell’edizione del 1946:

... L’intenzione che mi mosse era pura...

San Daniele del Carso, 26 settembre 1999

41
MAX FABIANI

ACMA 1958

IL RINNOVO DELL’INDIVIDUO
LA PENETRAZIONE DELL’UNIVERSO
LE FINALITÀ DELL’ESISTENZA
LA EVOLUZIONE DELL’UOMO
E DELLA SOCIETÀ UMANA,
VEDUTA E GIUDICATA
DAL PUNTO DI VISTA
DEL CONTINUO INFINITESIMALE
MUTAMENTO
Massimo Fabiani

PROLOGO
(alla prima edizione del 1946)

Presento annotazioni sulla vita e l’arte fatte durante la prima guerra


mondiale, aggiornate nel corso della seconda.
Avevo sempre l’impressione che nel giudicare gli uomini non si tenga
suiciente conto dei perpetui mutamenti che subiscono le cose e noi
stessi, e meno ancora delle grandi diferenze di mentalità che distinguo-
no gli individui ed i popoli. Eppure sono queste diferenze e cambia-
menti la prima premessa della vita, onnipossente correttrice degli errori
umani.
Concentrai così la mia attenzione sui mutamenti e le loro profonde cau-
se, prodotte da ingerenze «ininitesimali» provenienti da tutte le parti
che vanno inserendosi in ogni cosa.
Sotto questi punti di vista ripassai rapidamente la vita dell’uomo. I pen-
sieri e le parole più tendono ad abbracciare, più avrebbero bisogno di
miglior precisazione e lo scritto, partendo da considerazioni generali,
diventò vieppiù un esempio e un richiamo alla realtà della vita.
Molte idee esposte, apparentemente assai semplici e brevemente svol-
te, non incontreranno nel lettore piena comprensione.
Nessun dubbio mi nasce sui principali pensieri mentre temo di non riu-
scire in molti casi a spiegarmi bene: specialmente dove, notando parti-
colari più o meno noti, passo a conclusioni generali e unitarie che sup-
pongono molta esperienza di vita e anche nozioni tecniche.
Gli esempi e bozzetti inseriti nello scritto si riferiscono per lo più all’I-
talia e all’attività dell’ingegnere e artista a me familiari. Preoccupato di
esprimermi in forma breve, eliminando ogni frase superlua, appariran-
no molte parti incerte o tronche.
I grandi avvenimenti delle due guerre mondiali, alle quali ho preso parte
con profonda emozione, non causarono che poche rettiiche di un con-
cetto già maturato.
Alla ine dello scritto mi piacque aggiungere una fantasia sul lontano
futuro per dare una nota di poesia all’arido, realistico testo e prospettiva
alle idee svolte.

47
La materia fu soltanto schematicamente raggruppata. Come titolo par-
mi adatta la parola «Acma» termine indiano che signiica “anima del
mondo” e contiene anche l’idea di penetrazione e di vita, come deside-
rerei fosse compresa.
Finito lo scritto nel settembre 1944, avvenimenti di guerra distrussero
la mia casa e con essa il materiale preparato, anche per altre edizioni e
lingue, studi e disegni. Per mero caso salvai qualche foglio che, ricostru-
ito, dedico ai miei diletti igli Lotti e Renzi, i quali incoscientemente me
lo ispirarono.
Devo ricordare qualche amico col quale ebbi modo di approfondirmi.
Così il Barone Schwegel, il Duca d’Avarna, il Vescovo Kuklinsky, Alcide De
Gasperi e prof. Wagner1.
Sono consapevole di molte mancanze dello studio ma anche del suo
valore! L’intenzione che mi mosse era pura, il motivo principale verrà
compreso, per cui spero che il seme troverà qua o là della terra buona.

Cobidil, San Daniele del Carso

M. FABIANI

Note
1 In un saggio in cui ogni parola è attentamente soppesata, anche il “ricordare gli ami-
ci” da tempo deceduti ha un peso notevole. Considerando la professione e le funzio-
ni di ognuno viene da formulare l’ipotesi che il ricordo-ringraziamento vada a coloro
che avevano contribuito ad allargare sostanzialmente quello che Boris Podrecca ha
deinito come “l’ipertroico sapere”di Max Fabiani.
Ecco quindi i ridottissimi medaglioni degli “amici” - ben noti nei rispettivi domini ma
che occorre mettere in rilievo in una prospettiva generale:

Josef barone von Schwegel (Bled 1836-1914) Economista-diplomatico di origine slo-


vena, fu Console austriaco a Suez all’epoca dell’apertura del Canale e quindi a Co-
stantinopoli. Accompagnò nel 1875 l’imperatore Francesco Giuseppe in Russia come
Consigliere Commerciale; nel 1878 rappresentò l’Austria al Congresso di Berlino.
Nel 1880 abbandonò la carriera diplomatica per assumere alte cariche nelle istitu-
zioni inanziarie di Vienna e di Budapest. A Vienna fu tra gli organizzatori del Museo
Orientale, in seguito trasformato in Museo Commerciale, e della Export Accademie,
l’attuale Hochschule für Welthandel. Schwegel amava profondamente la sua terra;
nel testamento destinò alla cultura della Slovenia la somma di un milione di corone
in oro. Aveva pubblicato anche poesie in lingua slovena in alcune riviste.
Fabiani sistemò la sua residenza estiva in una villa seicentesca nei pressi di Bled e
quella invernale ad Abbazia. Nel decennio tra il 1895 ed il 1905 i due uomini debbo-
no essersi visti abbastanza regolarmente.

48
Giuseppe d’Avarna dei duchi Gualtieri (Palermo 1843-Roma 1916) Fu diplomatico ita-
liano formatosi alla scuola del Conte Nigra a Parigi. Dal 1894 fu ministro plenipoten-
ziario a Belgrado, quindi ad Atene e a Berna e dal 1904 al 1915 fu Ambasciatore a
Vienna. Nel 1907 venne nominato Senatore del regno. Ebbe parte importante nelle
vicende che precedettero e accompagnarono l’annessione all’Austria della Bosnia-
Erzegovina e nella quinta e ultima ratiica del trattato della Triplice Alleanza (Germa-
nia-Austria-Italia) avvenuta a Vienna nel 1912.
Rassegnò le dimissioni quando nel 1914 l’Italia cambiò alleanze; poiché queste non
vennero accettate, rappresentò gli interessi dell’Italia a Vienna ino alla sua entrata
in guerra nel 1915.
Fabiani lo conobbe verosimilmente al Castello di Konopiste in Boemia nel periodo
della sistemazione museale piuttosto complessa di alcune sezioni della collezione
d’arte dei Lorena d’Este che l’erede al trono Francesco Ferdinando volle sistemare
in quel castello. Visto che gli interessi culturali dei due uomini coincidevano in mol-
ti punti, soprattutto nel campo dell’archeologia, non mancarono certo le occasioni
d’incontro a Vienna.
Di Alcide De Gasperi (Pieve di Tesino, Trento 1881 - Selva di Valsugana 1954), Presi-
dente del Consiglio dei Ministri nel periodo della ricostruzione postbellica italiana
dal 1945 al 1953, si sa praticamente tutto. Eletto nel 1910 nel Parlamento austriaco
come deputato del collegio di Val di Fiemme, conobbe Fabiani a Vienna. Durante
la guerra 1915-18 costituì, assieme a Monsignor Luigi Faidutti, Vicepresidente della
Dieta della Contea di Gorizia e Gradisca, un “Comitato per i profughi delle Province
Meridionali dello Stato” che non si curava soltanto dei veri profughi delle zone di
guerra, sparsi nelle regioni dell’impero, ma anche di coloro che per ragioni politiche
o nazionalistiche erano stati internati a Judenburg, Scharding e in una decina di altre
città; pertanto i problemi da risolvere non riguardavano solo approvvigionamenti
vari e questioni sanitarie ma anche questioni di educazione. Dopo la guerra tutti e
tre avrebbero pesantemente scontato questa loro opera.
Ritengo che Fabiani sia stato afascinato dalla congenita arte di mediare del più gio-
vane De Gasperi che si manifestava già negli anni viennesi. I due uomini rimasero
amici per tutta la vita, come dimostra il loro ultimo incontro goriziano del 1952.

P. Jakob Kuklinski, Ordo Resurrectionis, di origine polacco-americana, fu il primo Ret-


tore della chiesa di Kahlenberg sopra Vienna, dopo che la comunità polacca della
capitale si era dichiarata Protettrice del monumento alla ine dell’Ottocento. La chie-
sa era celebre nella monarchia austriaca per il raduno dei comandanti dell’esercito
imperiale convocato nel 1683 dal re Jan Sobieski alla vigilia della battaglia di Vienna
nella quale la vittoria degli austriaci pose ine alla penetrazione ottomana in Europa.
Fabiani ne curò il ripristino tra il 1906 e il 1912, stabilendo relazioni amichevoli con
il Rettore che in seguito sarebbe divenuto generale dell’Ordine cui è connessa la di-
gnità e lo stato vescovile.

Occorre ricordare che fu il grande Otto Wagner (Vienna 1841-1919) a voler conoscere
Fabiani nel 1894, su segnalazione di Josef Olbrich. Fabiani lavorò per due anni nello
studio di Wagner, ma ciò che interessa ai ini del presente studio fu la sua collabo-
razione alla prima stesura della ‘Moderne Architektur’ stampata dopo approfonditi
dibattiti tra i due architetti. Poiché non si conoscono altri trentenni che avessero di-
scusso con il massimo innovatore dell’arte di costruire quei principi che avrebbero
rappresentato la svolta verso l’architettura moderna, si comprende come potesse
anche rimanere un senso di gratitudine nella mente di un uomo che a 53 anni d’età
credette di abbandonare l’università.

Marco Pozzetto

49
L’INFINITESIMALE
CAP. I

1. Nuovi concetti dell’universo

È uno strano uso umano, forse legge della natura, il voler comuni-
care agli altri quel poco che appena appena siamo venuti a sapere
o quello che crediamo di aver scoperto per primi.
C’è chi riporta semplici chiacchiere, chi adopera parole elevate, chi si
esprime con i colori e col canto. Tutti sono persuasi di aver trovato del
nuovo, pensiero giusto individualmente ma inganno oggettivo. Ognu-
no può recuperare del nuovo ad ogni passo - non ancora osservato
personalmente - dalle infinite possibilità della natura ed è questo il
premio dell’attività umana.
La comunicazione con gli altri è un bisogno dell’individuo, è azione
equilibratrice o di appianamento e con ciò costituisce un contributo
all’evoluzione.
Questa evoluzione si presenta come un continuo impercettibile diffe-
renziamento che forma parte del processo di assimilazione che dura
da millenni e millenni, anzi ab eterno.
L’assimilazione è forse l’unica legge della vita da noi ben compresa!
Sono i raggi del sole o le vibrazioni evolutive che si propagano e per-
petuano, energie che prendono la loro misteriosa via verso mete sco-
nosciute del lontano divenire.
È già coscienza delle masse l’intuire profondo e sempre più preciso
della nostra partecipazione a tutti gli eventi del mondo intero.
I fattori reali, le cause e le finalità di questa partecipazione non ci sono
note. Filosofia e scienza non sono in grado di dare spiegazioni esau-
rienti. Profondi studi di molti grandi pensatori - Maxwell, Hertz, Lo-
rentz e tanti altri - sull’etere cosmico, sul substrato elettromagnetico,
sulla teoria elettronica, sono rivolti a scoprire questo lato dei misteri
della natura; sappiamo che essi non possono essere mai totalmente
rivelati perché infiniti, ma almeno meglio avvicinati, meglio compresi.

53
Molte idee, come quella per esempio del vuoto assoluto, non sono
accessibili alla nostra mente. Riusciamo difficilmente ad immaginare
un ambiente vuoto attraverso il quale non possa passare né la luce né
la gravitazione né il nostro pensiero.
Anche se siamo abituati a parlare con somma disinvoltura dello spazio
senza limiti, come di tante altre cose, non vuol dire che le abbiamo ve-
ramente comprese. Oggi nasce lentamente un nuovo modo di pensare
anche grazie all’uso della radio trasmissione.

2. L’idea dell’infinito

Cominciamo a comprendere che attraverso di essa la nostra voce si


espande in tutto il mondo, che l’onda elettrica, come ogni altra, è sen-
za fine, che la vita e i suoi segni non possono aver termine: come la
luce di stelle spente che continua a percorrere l’universo.
Nascono nuovi concetti della vita, nuove idee e ipotesi sulle finalità
dell’esistenza.
Alla legge dell’assimilazione si aggiunge quella dell’infinita differen-
ziazione e quella dell’onnipresenza delle cose.
L’uomo preso dal dolor di cose che ignora, come dice il poeta, prova
il bisogno di pensare all’infinito, motivo di sospiri e di sogni in tutti
i tempi.
È impressionante pensare all’esistenza di un pianeta, Lachesi, distante
nove miliardi di chilometri dal sole, con oltre duecento miliardi di
chilometri di percorso, distanze in cifre inesprimibili, secoli interi ne-
cessari per arrivarvi alla velocità del raggio della luce.
L’idea dello spazio infinito, a noi quasi familiare e accessibile, tuttavia ap-
pare infruttuosa; dobbiamo cercare un’altra via per avvicinare la natura.
Abituati a vedere il sole come un piccolo disco, le stelle come punti
luminosi, non abbiamo difficoltà a sottovalutare le cose grandi, men-
tre stentiamo a considerare le cose minute e siamo pronti a dar limiti
al piccolo.
Una particella di polvere sospesa nell’aria, bene illuminata, è ancora
visibile ed ha le dimensioni di un centesimo di millimetro. Con i mezzi
ottici si riesce ad ingrandirla oltre diecimila volte, con i mezzi foto-
elettrici oltre centomila volte.

54
Il pulviscolo ingrandito diecimila volte o più diventa grande come un
pugno, rivela un soffice miscuglio di tessuti, di carta, terra, microorga-
nismi, già studiato e ben conosciuto dalla scienza.
Anche se non abbiamo ancora la possibilità tecnica di ulteriori forti
ingrandimenti, possiamo bene immaginarci il seguito.

Entriamo in un altro mondo. La chimica moderna, la geofisica, e mol-


te altre scienze, si occupano già da tempo di questo mondo e fanno
scoperte meravigliose.
La chimica si interessa alla molecola nella quale riconosce le proprie-
tà della materia.
La fisica si occupa dell’atomo, lo suppone composto da un nucleo di
protoni e circondato di elettroni. Sono di oggi i meravigliosi processi
catalitici e lo studio della disintegrazione dell’atomo, sono noti i ri-
sultati dei bombardamenti dell’uranio col ciclotrone; è argomento di
oggi la bomba atomica.
Se pensiamo con quale velocità si sposta il nostro pensiero appren-
dendo notizie nuove in arrivo da qualsiasi parte del mondo, è facile
anche comprendere il continuo velocissimo movimento equilibratore
degli elettroni, che la fisica suppone composti di mesotroni e di altri
elementi di collegamento.
Il mesotrone, proiettile subatomico, scoperto dall’Anderson nel 1935,
si sprigiona con la disintegrazione dell’atomo per mezzo dei raggi co-
smici e la sua energia viene calcolata a milioni di volt elettrico.

55
3. Il mondo dell’infinitamente piccolo

Siamo già molto lontani dalla nostra vita quotidiana, ma andiamo avanti.
La fantasia ci permette di immaginare ingrandimenti di milioni e mi-
lioni di volte.
Ora vediamo gli atomi, grandi e complessi, dispersi come le stelle e fra
loro immensi spazi liberi con infinite possibilità di movimento di altre
cose sconosciute e il gioco di forze ancora non individuate.
Più ci addentriamo nello studio dell’infinitamente piccolo, più questo
mondo diviene complesso, più ci accorgiamo quanto la parte della
natura nota ai nostri sensi diminuisca di importanza.
Ogni visione rivela che la nostra percezione è di rozza apparenza,
come la vede l’animale.
L’universo conosciuto sembra schematico ai nostri sensi, di qualità e di-
mensioni date, di leggi apparenti, un’idea infantile su cose non comprese.
Il pulviscolo dal quale siamo partiti è diventato gigantesco, infinita-
mente complesso, dentro il quale può muoversi liberamente la nostra
immaginazione. Entriamo lentamente nel mondo dell’infinitesimale.
Esso è senza limiti, più si approfondisce il nostro pensiero, più diventa
varia e complessa ogni cosa, più elementi vengono a determinarla,
cominciamo ad intuire la infinita ricchezza della natura.
Ci accorgiamo delle illimitate possibilità in ogni campo di ricerca e di
evoluzione, anche dove apparentemente sembra esaurita ogni risorsa.
Si apre un mondo senza fine, appena accessibile ad ulteriori fantasie.
Attraverso il mezzo dell’infinitamente piccolo, dell’Acma, possiamo
venire in contatto con il mondo del nostro intuito, dello spirito, dei
sogni e degli ideali, passare nel mondo delle cose segrete, nel paradiso
mistico dove agiscono realmente tutte le forze esistenti nell’universo.
Ci è chiaro che le origini devono essere infinite e non scopribili, che qual-
siasi evento del mondo deve essere preceduto e seguito da altro evento.
Ci sembra naturale la possibilità di vedere il passato e il futuro come
il presente. In realtà ci illudiamo spesso di comprendere meglio gli
eventi che si svolgono dinanzi ai nostri occhi, mentre ci sono quasi
sempre più chiari gli eventi distanti.
Molti indizi segnano e predispongono tutto. Misera rimane soltanto la
nostra capacità di penetrazione, la nostra forza di comprensione.

56
CAP. II

4. L’idea dell’Acma

L’ uomo arriva all’idea dell’infinito partendo dall’idea di cose limi-


tate ed allargando sempre di più i limiti. La luce che parte da un
punto si allarga, diminuisce di intensità, si espande come sfera lumi-
nosa crescente in ogni senso. La nostra immaginazione la segue senza
difficoltà, le distanze aumentano senza fine e l’infinito ci pare talvolta
un concetto logico e facile da afferrare.
Si riesce difficilmente ad afferrare l’idea dell’infinito in ogni senso
del termine, anche dell’infinitamente piccolo, sotto la cui influenza,
evidentemente, nasce, si cambia e perisce ogni cosa.
Tornando all’esempio della sfera luminosa, possiamo ben immaginare
che la luce parta da un punto matematico mentre ci pare impossibile
concepire una cosa che non sia più divisibile e così, mentre l’idea
dell’infinitamente grande ci è famigliare, all’idea dell’infinitamente
piccolo, che non è meno logica e naturale, dobbiamo appena abituarci.
Possiamo tirare dei fili isolati nello spazio e per mezzo di un ricevi-
tore sentire le voci di tutto il mondo. Questa esperienza dimostra che
i suoni vibrano nel più piccolo spazio immaginabile, cioè che sono
dappertutto.
Questo fatto, ritenuto impossibile solo pochi decenni fa, sposta molti
concetti e teorie del passato.
Cominciamo ad intuire che il mondo deve essere infinito anche nel
senso del piccolo come nelle lontananze stellari e dobbiamo supporre
l’esistenza di elementi di una consistenza inafferrabile, molto lontana
da ogni nostra capacità di comprensione.
Tali elementi, che vogliamo comprendere nel concetto di Acma, sono
evidentemente emanazioni che partono da ogni cosa, come i raggi
della luce, in linea retta, espandendosi per tutto il mondo. Nessun
dubbio rimane sulla loro esistenza, ma ci domandiamo invano di qua-

57
le consistenza siano, quale energia li spinga tanto lontano, quale forza
li costringa alla linea retta, alle sterminate velocità e distanze...
Queste sono le domande che subito si affacciano, si apre e si palesa tut-
to lo spaventoso abisso che ci separa dalla comprensione della natura.
Eppure la spiegazione pare quasi semplice: a parte la loro consistenza,
possiamo immaginare le emanazioni e i fenomeni del loro movimento
nello spazio come causati dall’attrazione che esercita ogni cosa, essere
o individuo di questo mondo su ogni altra cosa, essere o individuo.
E non occorrono nemmeno complicate teorie di oscillazioni e di ro-
tazioni per spiegare la via rettilinea che prendono necessariamente.
Sembra una legge universale, tutto il mondo che circonda ogni indivi-
duo attira l’Acma, cioè le emanazioni degli individui. Ogni fiore, ogni
novità attira la nostra attenzione e, allo stesso modo, qualunque cosa
esistente ha la proprietà di attrarre.
In un primo momento sembra paradossale l’universalità di questa leg-
ge ma già una breve meditazione persuade che deve essere così. Il
fenomeno si esprime con l’attrazione di elementi infinitesimali, ema-
nazioni da ogni elemento che affluiscono in linea retta.

5. L’unità del mondo

Abbiamo evitato con intenzione qualsiasi definizione dell’Acma,


dell’infinitesimale o dell’infinitamente piccolo.
Se teniamo presente che tutte le cose, compresa la terra e il sole, sono
piccolissime di fronte all’universo e che ogni cosa e ogni individuo
forma il centro del mondo in quanto il mondo è infinito, intorno a
questo possiamo e dobbiamo immaginarci l’esistenza di immani forze
centripete di attrazione che determinano quei movimenti.
Ci allontanerebbe troppo dai nostri principali argomenti l’approfondi-
re altre teorie fisiche sul grande fenomeno della gravitazione; la gra-
vitazione è uno dei fenomeni più interessanti e meno compresi, colle-
gato all’esistenza stessa dell’individuo e ad una sua specifica proprietà
di cui torneremo a parlare.
La vita, come sempre, ci costringe a limitazioni, a conclusioni somma-
rie, ed ogni studio a delle approssimazioni anche a costo di risultati
poco esaurienti. C’è sempre l’infinitesimale ad inserirsi e a preparare

58
nuovi cambiamenti, costringere a rinunce, a cambiare linea di ricer-
ca. È l’Acma che si frappone agli elementi, che arricchisce, che sposta
tutto, anche il nostro pensiero e il valore delle parole, che smussa e
cambia e consuma tutto e crea sempre del nuovo.
L’incessante apporto di nuovi elementi che affluiscono da tutto il mon-
do porta a continue variazioni del nostro pensiero, risultato di una
lunga serie di impressioni.
Secondo antichi concetti filosofici la materia diffusa precedeva la crea-
zione del mondo: chi non può liberarsi dalle idee di materia e di spirito,
dualismo o concetto di opposizione avrà qualche difficoltà a seguirci.
È già difficile da spiegare il differenziale matematico che non presenta
né elemento né cifra ed è soltanto un mezzo di operazioni di calcolo,
e lo è ancora di più far comprendere a chi non lo sente da solo che la
convivenza umana richiede fede e credito, anche se non è difficile da
dimostrare che la buona volontà e la fede valgono quanto o più dell’oro.
Siamo abituati a chiamare materia gli elementi soggetti alle leggi fi-
siche; ma come consideriamo l’idea che nasce osservando un paesag-
gio? Ogni particella dell’aria percepisce le vibrazioni di tutto l’univer-
so, l’infinitesimale trasmette il miracolo.
Noi rifiutiamo di pensare che la materia influisca sulle nostre idee e
rifiutiamo di supporre che lo spirito si inserisca direttamente nel mu-
tamento delle cose materiali.
Così nessuna legge fisica permette di includere l’infinitesimale fra le
materie, nessuna filosofia lo riconosce spirito.
Dobbiamo abbandonare questo dualismo, cioè questa opposizione
fra materia e spirito, anche se le parole stesse rimangono indicazione
preziosa e non si può fare a meno di servirsene. Così il male e il bene
sono espressioni di misura. Morto e vivo sono stati differenti ma non
opposti. Cosa morta può esser viva, cosa viva morta da tempo. L’ultimo
termine del freddo e del caldo è nell’infinito.
Anche parlare di inizio e fine è di solito impreciso. Chi può stabilire il
momento nel quale fu iniziata un’opera, concepita un’idea o melodia?
Il pensatore, il musicista, lo sanno meno di chiunque.
Grande ci sembra ogni cosa di cui conosciamo molti particolari, men-
tre piccolo appare tutto ciò che per la nostra comprensione è di po-
co contenuto. L’attrazione e la repulsione non sono necessariamente
azioni opposte.

59
6. Il contatto con l’universo

Già Platone dimostrò col Sofista l’assurdità di concetti dualistici. Si-


mili concetti contrastanti, rendono difficile la definizione dell’infini-
tesimale e la comprensione dell’unità dell’universo. Soltanto un’idea
matematica che esprima la infinita divisibilità delle cose, o la norma
fisica di radiazione eterna si avvicinano a questo concetto apparente-
mente negativo.
Ma non è difficile elencare molte proprietà dell’infinitesimale, che
insieme lo definiscono meglio. Troppo spesso consideriamo insignifi-
canti le cose piccole e sottili, confondendo il valore con le dimensioni.
Non è possibile identificarlo con l’idea della forza e del moto, come
pare intenda H. Spencer.
La infinita mobilità, la velocità, la capacità di unirsi e a staccarsi da
ogni cosa, provocando differenziazioni, sono proprietà del fenomeno
infinitesimale delle radio emanazioni non penetrate ancora nella no-
stra coscienza. Eppure si espandono in ogni dove, come la luce portata
in un ambiente buio.
Ogni individuo appena formatosi prende immediato contatto con ogni
altro individuo. Noi lo sappiamo e l’esperienza insegna che basta spes-
so una occhiata, una mossa o parola per dire infinite cose. La cosa più
insignificante è come fosse una stella vista da tutto il mondo.
Ognuno pensa di sapere tutto. Ciò è esatto dal punto di vista sog-
gettivo; lo osserviamo persino troppo spesso nella vita quotidiana e
meno colta è la persona più sembra insistere in questa illusione. È il
suo equilibrio interno che lo richiede ma nessuno può andare oltre
le proprie capacità. Solo con il lento progresso nell’ambito della vita
infinitesimale, segnando il passo dei mutamenti, possiamo pensare di
superarci.
Le cose si presentano in una luce diversa e nuova sotto l’aspetto
dell’Acma e delle differenziazioni. Per comprenderle dobbiamo perciò
studiare i motivi, le cause e le tendenze dei mutamenti.
Di solito non conosciamo nemmeno i motivi delle nostre più semplici
azioni. Anche immaginandoli sbagliamo quasi sempre di molto.
Noi amiamo e odiamo per motivi di cui ci è nota soltanto una minima
parte. Idealismi ed egoismi, vanità ed illusioni, malintesi ed altri errori

60
rappresentano l’interminabile serie di cause che producono i riverberi
fisiologici imprimendosi nella nostra mente e nelle nostre azioni. E
vale questo per ogni mossa che facciamo.
Classico esempio è la guerra mondiale. C’è chi crede venga provocata
da pochi personaggi; altri dai contrasti razziali dei popoli, altri ancora
da concorrenze commerciali, industriali o di mercato, chi da gelosie,
invidie, dal potere politico, necessità militari, da contrasti ideologici,
da presunte oppressioni, da illusioni di poter raggiungere con essa le
libertà sognate o miglioramenti di vita - e via dicendo.
La guerra è causata evidentemente non soltanto dall’insufficienza
dell’uomo, ma da infiniti motivi, cioè dall’Acma che preme sull’evolu-
zione delle cose e non credo che occorrano altri esempi per far com-
prendere come tutto è collegato.
Così l’idea dell’infinitesimale pare accessibile ad ogni mente entro cer-
ti limiti. Questi sono rappresentati dalla nostra sensibilità, dalla cultu-
ra individuale e dalle nostre capacità, qualità sempre sviluppabili che,
insieme al nostro intuito e ad altre forze, ci tengono in contatto con
tutto l’universo.

61
CAP. III

7. Il mondo infinitesimale

K ant affermò: Non si può dimostrare né si può negare l’esistenza di


Dio, e sembra che queste parole siano valide per ogni concetto.
La capacità e i mezzi di osservazione umana sono assai limitati. La co-
noscenza approssimativa dei limiti della comprensione e della ragione
insegna all’individuo fin dove può arrivare coll’intelletto e dove è co-
stretto a servirsi dell’intuito e della fantasia: e chi approfondisce l’idea
dell’universo sa presto quanto sia insignificante la parte che l’uomo
abbraccia con il suo ragionamento.
Sembra grottesco voler scoprire addirittura i misteri della vita e le
finalità delle cose e rammenta l’insetto delle favole che parla di cose
non comprese.
Ciò non ci impedisce di fare ad ogni passo delle scoperte, trovare
nuove analogie e arricchire il patrimonio dell’esperienza e del sapere,
anche a rischio di errori.
Dobbiamo immaginare la struttura dell’universo di assoluta unità. Il
concetto unitario costringe ad abbandonare, come già detto, ogni idea
dualistica o pluralistica delle cose. Le emanazioni stesse appaiono alla

62
nostra mente elementi equilibratori e parte delle cose.
Per noi il mondo è un’unica officina di creazione di individui e della
loro continua trasformazione.
Questi individui esistono in numero infinito come nuclei, appariscenti
trasformazioni, con sfere di attività ed emanazioni.

È naturale che soltanto un’infinitesima parte del fenomeno sia acces-


sibile al nostro occhio e alla nostra mente dato che la comprensione
umana si muove, come la vita stessa, entro strettissimi limiti. Qualsiasi
minima modifica richiede un lungo lavoro per essere compresa e di-
verso tempo per venir superata.

La sfera di emanazioni, dalle quali è circondato ogni individuo, è parte


integrante dell’individuo stesso. Elementi di ogni genere si diffondono
come raggi dall’individuo e attuano il contatto con tutto il mondo. Nel
loro insieme corrispondono esattamente alla caratteristica dell’indivi-
duo: le emanazioni individuali sono gli infinitesimali, sono l’Acma del
nostro concetto del mondo. Essi veicolano le proprietà dell’individuo
e le diffondono per tutto l’universo.
Sarebbe vano cercare le cause ultime di questo fenomeno. Secondo
i nostri concetti sono gli individui stessi ad attirare le emanazioni di
ogni altro individuo. Essi attirano l’attenzione in proporzione alla loro
importanza e al loro peso, sono un centro di gravitazione e tutto l’uni-
verso ne risente nel suo equilibrio.
Ogni singolo individuo è sottoposto a sua volta dall’azione dell’univer-
so e subisce l’attrazione continua di tutto il mondo intorno a sé che
attrae a sua volta altri infinitesimali che costituiscono a loro volta il
contributo del singolo alla evoluzione universale. Così, ogni cosa, ogni
pensiero o azione, influisce sulle altre cose, pensieri e azioni ininter-
rottamente, causando eterni mutamenti.

8. Nuovo modo di osservare le cose

È questa la inconsapevole penetrazione dell’universo in noi. Essa è


anche la via immediata per comprendere le cose. Senza stabilire delle
relatività, parola oggi abusata e superflua nel concetto unitario del

63
mondo (che presuppone a priori l’universale correlazione), questa pe-
netrazione è costante e eterna, ambita quanto incosciente, rappresen-
ta senz’altro una meta cardinale dell’esistenza.
Guardare le cose dal punto di vista infinitesimale vuol dire guardarle
non come l’apparecchio fotografico che afferra un momento, ma os-
servarle invece come un’azione che si svolge, lenta o rapida, lungo un
indirizzo che muta aspetto e direzione e che in quel preciso momento
di osservazione ha una data tendenza evolutiva più o meno approssi-
mata alla direzione generale del movimento.
Tale tendenza si esprimerà come tangente nel punto A della curva di
evoluzione, indicando la direzione dell’andamento generale in quel
dato momento.
Non importa se si tratta di pulviscolo o di una pianta o dell’uomo,
ogni cosa è soggetta al cambiamento e allo sviluppo continuo che si
riverbera a tutto l’universo.
L’universo attrae gli elementi infinitesimali emanati dall’individuo che
in questo modo vi partecipa pur continuando imperturbabile la pro-
pria eterna via.
La scienza deve cambiare aspetto sotto molti riguardi. Cominciamo a
farci nuove idee di ogni cosa osservando ogni fenomeno come moto o
trasformazione e vediamo nelle leggi fisiche e psichiche delle norme
approssimative.
La penetrazione di tutto in tutto è reale: la presenza continua di
ogni cosa, la eterna formazione di individui nuovi, la trasformazio-
ne eterna, le emanazioni ininterrotte, la eterna ricerca di equilibri.

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La radio-emanazione e la diffusione di infinitesimali le cui intensità,
come quelle della luce, diminuiscono con il quadrato delle distanze,
diventa legge fisica. Ogni elemento, avvenimento, pensiero sembra
senza principio e senza fine perché sempre preceduto e seguito da
altra cosa, avvenimento o pensiero.
Questo può essere un primo risultato dello studio. Per una miglior
comprensione esporremo qualche esempio pratico servendoci dell’in-
finitesimale come di un mezzo per osservare le differenziazioni, i
mutamenti e le vicendevoli penetrazioni che arricchiscono smisura-
tamente le cose.

9. Esempi

L’ingegnere moderno, incaricato di regolare un fiume, non può farlo


senza lunghi e particolareggiati studi che richiedono spesso molti anni
di sistematiche osservazioni.
La corrente d’acqua, semplice striscia azzurra tra i campi, è cosa infi-
nitamente più complessa, in continuo visibile rinnovo.
Si aggiungono continuamente nuovi elementi, acque, sabbie, melme e
se ne sperdono altri con l’evaporazione, assorbimenti, depositi, sicché
soltanto una piccola parte delle acque arriva al mare.
Il fiume è allargato da correnti superficiali, sotterranee e dall’aria,
estese a chilometri di distanza. Pietre, fauna e flora lo accompagnano.
Il fiume, esposto a infinite ingerenze, cambia continuamente colore e
aspetto e la sua influenza sorpassa di molto la propria zona di preci-
pitazione, entra in relazione con tutto l’ambiente e tutto il mondo si
inserisce nella sua vita.
Come è facile dimostrare l’influenza del movimento della terra, quella
della luna o l’effetto del sole, non è difficile constatare l’influsso di
infiniti altri fattori e infine di ogni cosa esistente.
Altro esempio: un amatore d’arte che vuol comprendere e godere le
grandiose opere elleniche dell’epoca di Pericle (400 a.C.) non può
essere appagato solamente dalla vista dei templi e dalla lettura della
loro storia.
Egli deve conoscere i costumi e i riti dell’epoca e più ancora le tra-
dizioni e le evoluzioni artistiche, conoscere i materiali e le tecnologie

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usate in quell’epoca. Specialmente queste ultime sono spesso decisive
quanto trascurate nei libri e nelle stesse scuole d’architettura o dell’ar-
te in generale.
Egli ammira invano lo splendore del Partenone sull’Acropoli di Atene
mentre la sua reale bellezza gli rimane inaccessibile. Non può com-
prendere la straordinaria grandiosità di quell’arte se non è consapevo-
le delle origini ceramiche di essa e se non osserva sotto quell’aspetto
speciale le finezze, la struttura e la semplicità dell’insieme e dei par-
ticolari.
Deve sapere che i templi dell’epoca precedente erano tutti rivestiti di
strati di stucco e malta di gran spessore, colorati e di aspetto orienta-
le, senza fughe visibili e che tutti i profili, compreso l’echino, erano
modellati e prettamente a carattere ceramico, cioè opere di scultore.
Appena quattrocento anni più tardi, nell’epoca romana, nasce la co-
sciente costruzione in pietra come siamo abituati a vederla oggi, con
fughe visibili, nervature in marmo e profili architettonici corrispon-
denti, più duri e rustici certamente ma più propri dell’architettura in
pietra.
Risulta evidente che la comprensione di qualsiasi arte o avvenimento
presuppone la conoscenza dell’evoluzione e della tendenza del cam-
biamento che continua a persistere sotto l’influsso incessante dell’Ac-
ma o, come comunemente detto, del tempo.
Noi riusciamo senza alcuna difficoltà ad afferrare le cose come ele-
menti statici al momento dell’osservazione. Ad essi si aggiungono però
incessantemente infiniti elementi nuovi, direi dinamici, e si allontana-
no altri elementi e la loro conoscenza può spiegarci le formazioni che
sono venute a crearsi e di conseguenza il senso delle cose stesse.
Con ciò non si intende cambiare il valore, né il peso degli eventi ma
apprezzarli in modo più giusto, avvicinarli alla nostra comprensione
che rimane superficiale e rozza se non tiene conto degli imponderabili
elementi infinitesimali.

66
L’INDIVIDUO, LA COSA
CAP. IV

10. La formazione dell’individuo

I l passaggio dall’infinitesimale all’individuo, cioè la nascita dell’in-


dividuo, è il grande mistero dell’universo e nel medesimo tempo il
fenomeno più naturale, più semplice e comune. È la creazione inin-
terrotta.
Non possiamo considerare individuo l’infinitesimale stesso perché non
riusciamo a considerarlo staccato dal contesto. È individuo soltanto
come idea.
Immaginando l’individuo A bombardato da emanazioni infinitesimali
che partono dagli individui B, C, D, è evidente che le emanazioni pre-
sentano certe caratteristiche.
Ora se immaginiamo questi individui ridotti a soli tre infinitesimali
B, C, D di modo che ciascuno possa emettere una sola emanazione
da identificarsi con l’infinitesimale stesso, gli individui B, C, D non
sarebbero potuti esistere e l’emanazione, senza punto di partenza, non
potrebbe presentare le caratteristiche dell’individuo non esistente, da-
to che necessariamente dobbiamo considerare l’individuo il portatore
delle sue proprietà!

69
Inoltre possiamo immaginarci che le emanazioni infinitesimali (come
raggi cosmici), traversando incessantemente tutto l’universo, si incon-
trano e creano combinazioni di energie che formano nel loro insieme
nuclei di entità nuove nascenti.
Ci troviamo davanti al medesimo fenomeno quando riflettiamo sul come
e quando nasce l’idea di una nuova associazione nella nostra vita sociale.
Impulsi imponderabili, accenni impercettibili, infinitesimali, dirigo-
no il pensiero in una nuova direzione e sprigionano in un momento
indeterminato la scintilla spontanea decisiva - e creatrice - di nuove
combinazioni, di nuovi individui.
La genetica (Darwin), la teoria cromosomica dell’eredità (Mendel), gli
studi sull’ibridismo, sulla generazione spontanea di esseri vivi da so-
stanze inorganiche (Abiogenesi) e molte altre, sono ipotesi del vente-
simo secolo e tutte tendono a voler risolvere il meraviglioso problema
della nascita dell’individuo.
Il medesimo processo si ripete in tutto l’universo: sotto favorevoli
condizioni si formano nuovi nuclei che possono considerarsi centri
perfetti e fine a se stessi ma, in quanto parte di individuo superiore,
soggetti alle leggi e alle finalità di quello.
L’individuo nasce dall’unione di cose o infinitesimali, formando un’en-
tità nuova con caratteristiche specifiche.
Chiamiamo individuo la cosa di cui possiamo occuparci in questo con-
testo. Ogni cosa, pietra, o polvere, pensiero o azione che si stacca o
differenzia da altra cosa è da considerarsi individuo.
L’individuo si differenzia dal caos e sembra la concretizzazione dell’e-
sistenza e di ogni evoluzione e il portatore di ogni energia e qualità.
La continua creazione di individui è una legge della natura. Dagli es-
seri più piccoli ai pianeti e alle associazioni umane, si svolge un eterno
processo di formazione di nuovi individui muniti di capacità nuove o
diverse con tendenza a crescere.
Ciò che il singolo non riesce a fare per insufficienza delle sue forze
cerca di ottenere con l’unione agli altri o l’associazione e la formazione
di un nuovo individuo. È evidente che le energie della nuova unione
devono essere maggiori a quelle assorbite e perdute col legame stesso.
Il singolo si avvantaggia dell’adesione ad altri, ha miglior possibilità di
esistenza, di difesa e di azione.
Non esistono spiegazioni alle leggi della natura se non riconoscibili
nella continua creazione in tutti gli strati dell’universo.

70
11. L’esistenza

L’individuo è il mattone della struttura dell’universo.


Più attenta e perfezionata è la nostra ricerca, più cresce il numero
degli individui e più diversi essi appaiono alla nostra mente: aumenta
il distacco mentre scopriamo nuove proprietà e attitudini e relazioni
tra di loro.
Qualsiasi cosa, oggetto o individuo è il risultato di tutte le energie o
forze che hanno successivamente contribuito a crearlo. Esso è compiu-
to e perfetto in tale senso. Le apparenti irregolarità o mancanze non
sono altro che le sue caratteristiche.
All’interno delle diverse componenti che formano insieme l’individuo
si muovono e arrivano le emanazioni di tutto il mondo. Questo movi-
mento è l’azione della vita e si concreta in altre correnti e processi che
portano al mutamento delle cose.
L’ininterrotta acquisizione e l’ininterrotta perdita di elementi infinite-
simali, spiega i continui mutamenti di ogni cosa creata e lascia ricono-
scere la legge fondamentale di questo processo.
Gli elementi infinitesimali che si acquisiscono non compensano le
emanazioni ma vengono integrati e stabiliscono sempre nuovi equi-
libri comunemente chiamati evoluzione e sviluppo e, come le entrate
e le uscite di un’impresa, incidono sull’andamento degli affari, senza
compensarsi direttamente o cambiare il carattere dell’impresa.
Il ritmo dei mutamenti è spesso una delle proprietà essenziali degli
elementi in quanto esprime sempre la tendenza, lo scopo e spesso la
finalità dell’individuo.
Così siamo portati ad osservare ogni individuo dal punto di vista della
sua virtuale trasformazione, del suo crescere o diminuire.
L’individuo esiste per noi in una determinata forma soltanto al mo-
mento dell’osservazione, perfetta perché risultato funzionale, fluida
funzione e attitudine degli elementi che lo compongono.
In tale modo non vi è posto per le cose stabili né per individui astratti,
in quanto concetti di cose immutabili.
Ogni cosa esiste come la nuvola o il fumo che si rinnovano di continuo
o il fiume che scorre.
Un popolo esiste soltanto nel continuo rinnovamento con l’ininter-
rotto ricambio di elementi consumati, con il continuo intrecciarsi

71
di elementi nuovi e con il miglioramento delle qualità.
Le cause di quest’evoluzione sono sempre complesse. Ogni cosa pen-
sata esiste se non altro nel pensiero. La legge esiste dal momento in
cui viene concepita. L’applicazione può essere essenziale agli effetti
ma il mutamento è inevitabile e le medesime parole hanno oggi un
valore diverso da domani.
I pensieri sono perciò individui non meno definiti, perfetti anche se
non finiti in quanto risultato di determinate riflessioni.
Ne consegue la necessità di sempre nuovi ritocchi ad ogni nostro lavo-
ro. L’artista fatica come ogni altro uomo per concludere la sua opera,
in realtà non vi può riuscire mai. Deve limitarsi a un concetto o a una
ispirazione più o meno riuscita anche essendo cosciente di rimanere
lontano dalla natura o dalle sue intenzioni, mentre l’ingerenza infi-
nitesimale continua senza posa a cambiare l’aspetto delle cose e le
capacità dell’artista stesso.
Ogni cosa che vediamo influisce sul nostro essere e produce aggiusta-
menti infinitesimali al nostro pensiero: nemmeno entro stretti limiti
possiamo immaginarci qualcosa di immutabile.
La vita del mesotrone, la più piccola cosa oggi conosciuta dalla scien-
za, è calcolata un milionesimo di minuto secondo ed entro quel tempo
subisce mutamenti.
L’esistenza e la funzione di ogni individuo presuppongono l’esistenza
di altri individui come un’idea presuppone per lo meno l’individuo che
la concepisce e l’oggetto di riferimento. Questo riferimento si allarga,
si espande senza misura e costituisce la relazione con tutto il mondo.
L’influenza di tutte le cose esistenti o immaginabili, comprese le stelle
e gli spiriti, su di noi e sulla nostra realtà, considerata una fantastiche-
ria medioevale, esiste realmente ed è dimostrabile.

12. Le Differenziazioni

L’Acma, l’emanazione di tutti gli altri individui, agisce sull’individuo


come forza esterna che si inserisce nel complesso della sua struttura e
causa i successivi mutamenti.
L’individuo attira l’attenzione di ogni altra cosa dal momento della
sua nascita.

72
Esso sembra circondato o avvolto dall’insieme delle sue emanazioni
che si estendono all’infinito e che formano parte essenziale dell’indi-
viduo stesso.
Per mezzo di questa dimensione, che contiene tutte le proprietà in-
dividuali, anche di attrazione e reazione, l’individuo opera il contatto
con ogni altro individuo. Il cosiddetto contatto fisico corpo a corpo è
soltanto apparentemente la prima o l’ultima fase di contatto. Esso si
presta a interessanti considerazioni metafisiche di cui però non pos-
siamo occuparci.
Ogni individuo è unico, cioè differente dall’altro; non esistono né pos-
sono esistere due individui uguali e la materia stessa non può essere
uniforme. Due oggetti, esseri o pensieri assolutamente uguali, dovreb-
bero nascere nel medesimo momento, al medesimo punto, sotto le
medesime condizioni; per conseguenza essere perfettamente identici,
coincidere, cioè essere il medesimo unico individuo.
La differenziazione è principio di individualità. Ogni individuo ci in-
teressa per la sua differenziazione dall’altro che in fondo è il movente
di ogni sua azione e il presupposto della vita, sorgente feconda di ogni
sviluppo.
Così le energie dell’individuo, la nascita, il divenire, le differenzia-
zioni, i mutamenti e la vicendevole influenza risultano strettamente
collegati.
Come non esistono due individui uguali, non può esistere una perfetta
omogeneità nell’individuo stesso in qualsiasi modo sia composto. Gli

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esperimenti di polarizzazione magnetica dimostrano l’impossibilità di
orientare tutti gli elementi di una materia in un dato senso, rimangono
sempre alcuni elementi ritrosi, inassimilabili.
La spiegazione è data dalla sempre esistente insufficienza delle forze
che provvedono all’orientamento di fronte a quelle che funzionano
nel senso contrario e che nascono di continuo e conservano la diffe-
renziazione.

74
CAP. V

13. La difesa dell’individualità

B isogna tener presente che qualsiasi individuo percepisce la sua


esistenza in quanto si differenzia da altri individui; ciò ci fa anche
comprendere che la difesa di questa differenza diviene la necessità più
importante della sua esistenza.
La molecola di un metallo alla quale riusciamo a strappare o disin-
tegrare un atomo non esiste più; essa opporrà comunque tutte le sue
fantastiche energie a questa distruzione difendendo, in un certo senso,
la sua individualità e con ciò la sua esistenza.
Ogni organismo della natura, senza eccezione, si comporta in modo
simile e altrettanto fa ogni suo componente.
La distinzione in individui inferiori o superiori, qui usata per facili-
tare le spiegazioni, non ha nulla a che fare con questa particolarità.
L’indicazione di individuo viene riferita a qualsiasi cosa come a ogni
singola parte di cui esso è composto; alcuni concetti si indicheranno
come “individuo superiore” semplicemente per distinguerli rispetto ai
loro componenti.
La difesa dell’individualità e delle caratteristiche peculiari è l’istinto e
la forza di conservazione di ogni essere, come nella biofilia, ad esem-
pio. Questa è una delle leggi più tremende della natura e il suo studio
porta a sorprendenti scoperte.
È stata dimostrata in modo chiaro l’enorme resistenza che un semplice
atomo della materia oppone alla sua distruzione; tale legge si esprime
per l’individuo uomo in mille modi, tanto nella permanente preoccu-
pazione e paura delle influenze degli altri nei propri affari, quanto in
vanità, egocentrismo e altre esagerazioni difensive. Spesso la massima
parte delle energie umane viene assorbita nello sforzo di garantire la
propria integrità fisica e individualità di pensiero ed azione.
Per contro, l’organizzazione positiva della società umana riesce tanto

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difficile per le conseguenti resistenze su posizioni personali che sono
difese a volte in maniera esagerata.
Le caratteristiche fisiche (la cui difesa pare tanto importante all’indivi-
duo) sono contenute nella sua più piccola parte. Ogni individuo detiene
gli elementi determinanti della sua condizione presente, passata e futu-
ra nel più piccolo componente del suo organismo. Non occorre speciale
chiaroveggenza per leggere il passato e il futuro nelle mani dell’uomo e
nel suo modo di esprimersi, come nella forma di una foglia.
Credo di averne avuto spesso delle prove, senza tema di sbagliare. È
sufficiente conoscere la specie, le sue specifiche attitudini, le sue qua-
lità e le tendenze al comportamento sociale per poter trarre alcune
logiche o intuitive conclusioni.
A prescindere da quale categoria, origine e formazione culturale pro-
venga, l’individuo è portato a conservare la sua caratteristica partico-
lare per sopravvivere allo scontro con altri individui o per trovare un
modo di durevole convivenza.
Da questa semplice osservazione deriva la necessità di studiare le spe-
cifiche qualità che sono alla base dell’individualità in generale e par-
ticolarmente dell’individuo uomo.
Oltre alla conservazione della propria individualità, c’è la tendenza a
crescere e con essa la necessità di un continuo aumento di forze e di
un continuo sviluppo. Sebbene questa tendenza a crescere sia natura-
le, non meno naturale sembra il continuo aggiustarsi dell’organismo
per il sempre migliore adattamento alla vita stessa.

14. L’adattamento

L’adattamento si esprime nell’abbandono di elementi consumati, vetu-


sti o di ingombro e nello sviluppo di parti o organi di miglior aderen-
za alle circostanze della vita. La capacità di adattamento è una delle
qualità essenziali di ogni individuo. Altre qualità sono la già discussa
onnipresenza e la perfezione assoluta.
Quello che sorprende è soprattutto il processo universale che ne deri-
va. L’unione di individui e la formazione di nuovi insiemi è un proces-
so diretto ad aumentare le energie disponibili nel singolo, per accre-
scerne la forza e l’importanza.

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L’adattamento e l’assimilazione hanno lo scopo di facilitare l’esistenza,
di ridurre gli ostacoli, di spianare la via. Se da un lato rappresentano
rinunce a certe parti meno essenziali delle caratteristiche individuali,
presentano vantaggi per la sicurezza e l’esistenza e divengono un mez-
zo importantissimo della sua evoluzione.
Il processo di assimilazione sembrerebbe così in contrasto con la con-
servazione dell’individualità mentre è un mezzo efficace a raggiunge-
re il medesimo scopo.
Tutti questi processi rappresentano energie di conservazione atte a
ridurre le differenze, i contrasti con altri individui e le cause più gravi
di conflitto, senza impedire il progressivo sviluppo individuale e il
perfezionamento previsto dalla natura, come l’acqua viene livellata
dalla gravità senza perdere le sue caratteristiche.
Ciò non significa che la nostra mentalità possa immaginarsi una pace
eterna nel senso del Nirvana indiano, condizione dalla quale sarebbe
partito e alla quale dovrebbe tornare il mondo. Questo è un concetto
pessimistico ispirato ad una concezione asiatica che non ci è affine.
Qualsiasi movimento nel mondo porta a spostamenti di equilibri e l’e-
sistenza stessa, il grande processo di adattamento dell’individuo, non
è che una eterna ricerca di nuovi equilibri che a loro volta però non
possono essere la finalità dell’esistenza.
Nel contempo l’individuo, interagendo con tutto il mondo, colpito da
sempre nuovi elementi ed emanazioni che pervengono da tutte le par-
ti, sviluppa i suoi mezzi, la sua consistenza e si adatta sempre meglio
alle situazioni che vanno creandosi.
Il ritmo di questo processo, derivante dalla natura dell’individuo stes-
so, dipende anche dall’individuo superiore al quale è legato e di cui
fa parte. L’albero costringe la foglia a respirare, la società costringe
l’impiegato a funzionare, lo Stato si serve del soldato.

15. La ricerca d’equilibrio

La ricerca dell’equilibrio è una legge fisica inesorabile alla quale sem-


brano rispondere tutti i fenomeni naturali.
Essa lascia supporre la massa del sole approssimativamente uguale
alla massa di tutto il sistema solare, compresi i pianeti, l’etere e tutte

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le emanazioni del sole; lascia supporre la radio azione approssimati-
vamente uguale alla somma di tutti gli effetti prodotti.
Altrettanto vale per ogni singola cosa o individuo, niente e nessuno
può farsi valere oltre la misura del reale proprio peso e valore.
L’attività dell’individuo si esprime in emanazioni ininterrotte che com-
portano una continua perdita di energie apparentemente compensa-
te dall’arrivo di altre energie infinitesimali e che insieme formano il
processo di continuo rinnovamento della vita stessa e dell’individuo.
L’organismo che lavora consuma le energie apportate dai globuli del
sangue e deve sostituire i globuli stessi producendone di nuovi.
Questo processo ha differenti potenziali e si svolge con infinite tra-
sformazioni e ci fa pensare che nulla possa nascere o morire senza
un’evoluzione secolare.
In questo processo entrano la coscienza e la volontà dell’uomo in
quanto fanno parte delle energie dell’individuo.
Le radio emanazioni infinitesimali sono fenomeno universale e quali-
tà di ogni individuo.
Non può esistere ancora una spiegazione esauriente delle forze che
le producono e che regolano i loro movimenti. È sicuro che ogni ele-
mento appena formatosi è circondato da un’atmosfera di emanazioni,
originata dalla sua specifica attività vitale, per mezzo della quale de-
nota la sua esistenza e attua il contatto con il mondo circostante.
Le emanazioni si muovono in linea diritta. Spiegarla con rotazioni, co-
me quelle di un proiettile, per mantenere la traiettoria, appare ricercato.
Ogni elemento attira le emanazioni dell’altro, la terra attira i raggi del

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sole. Non dobbiamo dimenticare che oltre la terra e il singolo indivi-
duo esiste il mondo infinito che funziona nel medesimo senso, quindi
una massa e potenza da considerarsi senza fine.
I raggi attratti devono per conseguenza essere rettilinei e altrettanto
ogni altra emanazione come la gravitazione e ogni altra forza deve
funzionare in via rettilinea partendo dal proprio epicentro.
La fisica è ancora ben lontana dal comprendere l’entità e la qualità
delle forze che producono i sopra menzionati effetti; in nessun caso
esse corrispondono alle grossolane leggi fisiche oggi a noi note, né
possono essere la loro negazione.

79
CAP.VI

16. L’individuo nell’universo

O rmai siamo coscienti del fatto che l’impercettibile lavorio di forze


infinitesimali agisce ininterrottamente su ogni individuo, trasfor-
ma in ogni momento in tutte le sue parti causando mutamenti.
Forze che provengono da tutto il mondo e da ogni oggetto influenzano
l’individuo, mettono in moto accelerato le sue pulsazioni e produco-
no sempre nuovi stadi di consistenza, di movimento e di condizione
materiale o morale e lo costringono a partecipare ad ogni evento del
mondo. Lo scambio di contatti dell’individuo con il mondo è molto
più esteso di quanto egli possa intuire, sentire o vedere, aumenta di
continuo e corrisponde alla diffusione della materia. Ad ogni influsso
corrispondono equivalenti reazioni e aggiustamenti senza fine; dob-
biamo concepire la reazione nel senso di evoluzione, con un carattere
di continuità, di azione e di effetto e non di opposizione. Il fulmine è
per noi una scarica di tensione elettrica tra due punti; meglio osserva-
to, lo stesso fenomeno si trasforma in mille diramazioni di elettricità
con luce, vibrazioni e suono, in reazioni chimiche, influssi sull’orga-
nismo, effetti che a loro volta continuano ad agire creando ab eterno
nuovi fenomeni.
Allo stesso modo, ogni parola detta a caso implica infinite spiegazioni
e reazioni anche immaginando la più onesta intenzione di compren-
derla per se stessa. Simili considerazioni potrebbero far dubitare della
reale esistenza e caratteristica dell’individuo e ritenerlo, come propose
qualche filosofo, trasformazione inafferrabile.
Tale concetto non corrisponde alla nostra idea dell’individuo che ri-
teniamo caratteristico nel suo più piccolo elemento. Un pezzetto della
foglia di un albero contiene, come già detto, tutte le proprietà dell’al-
bero stesso. Una molecola di ferro, tutte le qualità del metallo.
Dobbiamo ritenere ogni elemento o parte dell’individuo come por-

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tatore delle sue specifiche proprietà e delle leggi pressoché costanti
della sua esistenza. Non ha importanza che si tratti di attrazioni o
reazioni attive o passive o che riguardi pianta o pietra o pensiero.
Ogni problema può essere spiegato con ipotesi ma mai esauriente-
mente. Le nostre parole sono, come le nostre osservazioni, lontane
dall’essere esatte o dal coincidere con il contenuto del fenomeno o
del pensiero che si vuole esprimere. Tutto è ricerca, anzi, un’approssi-
mazione individuale. Da qui il diverso modo di descrivere ogni cosa,
il diverso stile, la diversità di vedute e, di conseguenza, la somma im-
portanza di coltivare l’acume dell’osservazione, la lingua e la logica.
Qualsiasi elemento, oggetto, soggetto o concetto non può che avvici-
narsi all’altro. Un vero contatto non esiste, non può esistere, né sareb-
be possibile definirlo e così anche la comprensione della persona più
vicina e più amata non può essere completa.
Questo approssimarsi, quest’impossibilità di essere esauriente è una
realtà generale e anche specificatamente umana. L’artista si avvicina
alla natura, l’ingegnere, il legale si avvicinano al problema.
Le azioni, le decisioni, i giudizi saranno sufficienti, in pratica, sempre
e soltanto entro stretti limiti di scopo e di tempo.
A queste conclusioni il punto di vista infinitesimale ci può portare
ovunque perché dobbiamo supporre sempre come ininterrotto il pro-
cesso di accrescimento e di diminuzione delle qualità, dei valori e il
continuo rinnovamento di ogni cosa.

17. Le interdipendenze

Ci proponiamo di usare il fattore di interdipendenza come criterio


principale nel giudicare le cose, convinti di riuscire ad essere così, in
molti casi, più aderenti alla verità.
Da queste considerazioni risulta una lunga serie di caratteristiche ge-
nerali dell’individuo. Una delle principali rimane la differenziazione
che esiste sempre ma agisce, o deve farlo, entro dei limiti determinati.
Questi sono spesso angusti. La vita stessa si muove entro tempi molto
brevi ma sarebbe un’idea sbagliata ritenere limitate le possibilità di
evoluzione per questi motivi. Esse sono invece illimitate per ogni ele-
mento.

81
Non deve meravigliare se ritengo importante ripetere queste osserva-
zioni o se mi dilungo in ampollose introduzioni. Esse hanno lo scopo
di superare alcuni concetti convenzionali e di condurre il lettore ad
un diverso modo di ragionare.
Considerare ogni condizione delle cose come un divenire caratteri-
stico, scoprire come la cosa osservata è arrivata a quel determinato
stadio, apparenza, immagine nel momento dell’osservazione e in qua-
le direzione tende ad abbandonarla o a modificarla: ecco il modo di
guardare le cose.
Della linea di sviluppo è la direzione che ci interessa ed è importante.
Nel concetto unitario del mondo noi ci atteniamo alla tangente, per-
fettamente coscienti che non può corrispondere alla linea di sviluppo
ma rappresenta l’indice più aderente alla tendenza di evoluzione in
un dato momento di osservazione.
L’individuo non agisce mai per un’unica ragione. Vi sono sempre più
motivi e ingerenze infinitesimali che contribuiscono a farlo agire,
mentre la prevalenza di alcune forze decide sull’azione stessa. Come,
ad esempio, nella pietra caduta da un muro in rovina. Questa venne
spinta solo alla fine da una mano ma prima fu mossa dal vento, dal
fuoco, dalle piogge, dal sole o dal ghiaccio e da infinite altre energie
che hanno concorso a farle abbandonare il suo posto.
Alla stessa maniera, chi entra in un locale pubblico non potrebbe mai
rispondere esaurientemente sul motivo della sua scelta. Se gli viene
chiesto il perché, dirà brevemente: per prendere una bibita. Rifletten-
do potrebbe anche dire: per leggere dei giornali, per giocare a carte,
per trovare degli amici, per riposare, per cambiare ambiente, per al-
lontanarsi da casa e infine per mille altri motivi e ragioni, coscienti e
incoscienti.

18. Le qualità dell’individuo

La verità è dunque troppo complessa per essere riassunta con poche


parole. Con una breve risposta non si mente ma si riesce appena ad
avvicinarsi alla verità.
Tornando all’individuo o la cosa possiamo ora riassumere le sue prin-
cipali qualità.

82
L’individuo è unico e non esiste, non può esistere, un altro individuo
di qualità uguali. L’individuo è perfetto in quanto egli rappresenta in
ogni momento il risultato di tutte le forze che si sono inserite nella sua
creazione ed esistenza. L’individuo ha coscienza di sé come vivente, è
in relazione con tutto il mondo, si espande ovunque, le sue emanazio-
ni non hanno limiti. L’individuo è penetrabile e penetra in ogni luogo.
L’individuo è senza inizio e senza fine a rigor di logica, in quanto è
sempre causa di causa ed effetto di effetto per i passaggi di consistenza
e la formazione di altri individui.
L’individuo esiste soltanto in un determinato momento di osservazio-
ne perché cambia continuamente forma e contenuto.
L’individuo possiede le capacità di difendere la sua personalità, di
conservarsi e di svilupparsi e aggregarsi ad altri.
L’individuo è il portatore di tutte le energie del mondo, ed è sempre
più capace di quanto non ne sia cosciente.
L’individuo è in costante ricerca di equilibrio. Ad ogni influsso esterno
reagisce con movimenti interni equilibratrici.
La perfezione dell’individuo, così colta nel tempo, è assoluta e logica
in quanto è il risultato delle forze intervenute a formarlo e non esiste
motivo di dare la preferenza ad una qualità o all’altra.
Ogni individuo deve essere considerato in perfetto equilibrio carat-
teristico con le sue qualità, e questa è una considerazione molto im-
portante.
La sua avidità di esistenza, la forza di difesa, i bisogni biologici, la
sua mentalità, sono parte del suo essere, così egli si manifesta nella
vita. Altri individui vicini e lontani lo circondano ed egli deve cedere,
ambientarsi, assimilarsi. La vita lo costringe a questo processo e l’in-
dividuo non può sottrarsi.
Schopenhauer quando parla della volontà di vivere, sembra confon-
dere la cosciente intenzione dell’individuo uomo con la parte inco-
sciente dell’esistenza. Se infine si chiede se questa volontà sia positiva
e negativa e ne fa una questione di etica, è facile intuire il suo concetto
pessimistico della vita che, secondo i suoi allievi, non avrebbe mai
dovuto esistere perché piena di male e dolore.
Sono concetti di avvilimento ai quali mi piace opporre un concet-
to preferibilmente ottimistico della vita: ovunque vediamo il rinnovo
evolutivo delle cose, la primavera.

83
Nelle più grandi difficoltà, nella tormenta dell’esistenza, che il destino
non risparmia a nessun essere, possiamo accorgerci del processo di
rinnovo, della demolizione del vecchio, degli elementi del nuovo: del
respiro dell’Acma.

84
L’INDIVIDUO UOMO
CAP. VII

19. Il singolo uomo

L’ individuo umano sembra rappresentare l’apice dell’evoluzione


degli esseri ed è fine a se stesso. Molte circostanze e le tradizioni
religiose inducono a credere questo ma altre serie considerazioni pos-
sono persuadere che non sia così.
L’individuo uomo non rappresenta un’eccezione di fronte alle leggi
generali dell’evoluzione.
Qualsiasi altro essere, cosa o individuo, se avesse la facoltà di espri-
mersi, potrebbe ugualmente dire: io sono onnipresente (interagisco
nella realtà), posso muovermi, vivere e svilupparmi a piacere, io sono
la miglior cosa creata.
L’uomo non può esistere da solo. Già il fatto che difende l’indipendenza
più dell’esistenza stessa, che è capace di sacrificarsi per la sua famiglia,
il suo Paese e altri ideali, dimostra il peso di altre finalità. Egli può es-
sere considerato un elemento costitutivo di formazioni più complesse,
intrecciato con infiniti legami ad altri, formando così parte integrante
degli individui complessi. Il suo compito è determinato dall’evoluzione
di questi, la libertà, l’attività e i pensieri suoi ne sono condizionati.
Egli è parzialmente cosciente della propria posizione nella natura. La
difesa della sua individualità è anche il problema della sua esistenza e,
inconsapevolmente, cerca di imporsi con tutte le sue energie.
L’essere umano molte volte si presenta più aggressivo di quanto non
sia, mentre l’incapacità di farsi comprendere o valere gli causa grandi
sofferenze, lo porta ad azioni sbagliate e malintesi e a volte rappresen-
ta la tragedia della sua vita individuale.
Donne e uomini in circostanze nelle quali la loro forza si dimostra
insufficiente a dominare la situazione o a superare il conflitto fra gli
interessi morali e materiali, perdono la misura di parole e di azioni e
appaiono brutali.

87
Imbrogli, falsità, simulazioni e anche scorrettezza sono mezzi di po-
tere più o meno ingenui. E ciò nonostante i medesimi individui sono
spesso di cuore tenero e dunque difficili da giudicare giustamente.
Spesso se ne pentono senza confessarlo.
La difesa da questi elementi è un dovere ma regolarla bene suppone
forza e saggezza.
Non esiste un essere cattivo. Ognuno ha più buone qualità di quanto
sia cosciente, ma molti vivono nella continua paura di venir sopraffat-
ti, anche se gran parte di queste preoccupazioni sono immaginarie e
per conseguenza esagerate.
L’uomo e la donna lottano contro i fantasmi a causa della gelosia o si
fanno ladri per precauzione.
Il peggiore di tutti sembra il piccolo borghese che calunnia il vicino
coscientemente per invidia o paura di perdere qualcosa.
Tutti questi sono aspetti meschini della convivenza in società. Pen-
sando all’insignificante contenuto di tante esistenze tra vicini che vi-
vacchiano di piccole vanità, è facile comprendere i disperati sforzi di
difesa del singolo.
In tali azioni l’individuo tradisce tutta la sua debolezza o meglio la sua
incoscienza.
Non sono rari contrasti criminosi e contegno scorretto rispetto ai do-
veri di famiglia o di cittadino. Sono sempre le inadeguatezze indivi-
duali la vera causa mentre sarebbe supremo interesse e nostro dovere
il severo controllo della propria persona.
L’individuo umano si ritiene spesso infallibile e l’elemento più impor-
tante della natura: dimentica facilmente di essere lui stesso a valutare
l’importanza della sua opera, dunque senza obiettività.
Solo le grandi differenze fra gli individui gli creano dei seri dubbi.
Egli è cosciente dell’egoismo umano, diffida dell’equità altrui e solo
allora riconosce la necessità dei legami della convivenza. Il suo ruolo
è invece correlato a legami, doveri e impegni e la natura è spietata con
l’individuo che non riesce a comprenderlo.
Ogni mancanza gli si rivolta contro, va a suo discapito.
La piena coscienza dei suoi obblighi verso il prossimo e l’individuo
complesso è interesse del singolo individuo quanto conservarsi effi-
ciente e capace di cooperazione organica con il prossimo.

88
20. La relazione con il prossimo

Nella grande gerarchia della natura le azioni del singolo individuo


e del suo gruppo non possono essere in contrasto dato che l’uno ha
bisogno dell’esistenza dell’altro.
Come potrebbe essere una foglia dannosa all’albero o un’ape allo sciame?
La differenziazione comporta la necessità dell’esistenza di tutti. Ne
possono essere tratte ampie riflessioni: se oggi i conflitti di mentalità
individuali sono d’impedimento ad accordi, domani verranno cercati
e studiati perché sorgente di ricchezza di pensiero e di vita. Lo svilup-
po della vita è questione di selezione. L’individuo deve cercare la sua
specifica funzione e ha bisogno di operare la libera scelta della sua
attività per mettere in opera le sue forze migliori.
Non vi è nulla di più naturale che il bisogno di libertà ma non possiamo
dimenticare che sebbene la fauna e la flora sembrino apparentemente
libere di muoversi e di svilupparsi, in realtà ogni loro comportamento
è regolato e determinato da forze sconosciute e conseguentemente
questo concetto di libertà è inesistente.
L’uomo che lo esige vuol liberarsi da ostacoli dovuti all’influenza al-
trui. Il più sensibile e saggio lo sa e la favorisce fra i suoi collaboratori
dove può, nel proprio interesse.
Nessun lavoro è coercibile, nessun artista può creare a comando. Ma
felice è solo chi sa gioire della dolcezza dell’arte, dell’accordo dei suo-
ni e delle cose, chi prova in cuore la consapevolezza delle infinite
beltà della natura.
L’individuo indipendente, forte, senza preoccupazioni è facilmente
preso da uno stato d’animo tale da sentirsi un essere eccezionale. I
successi personali e la servilità degli altri lo rafforzano in quell’idea.
In questa condizione può fare del gran bene o del male, può passare
alla memoria delle generazioni.
Ne esistono vari esempi; nella maggior parte dei casi si tratta di aber-
razioni o di esagerazioni. Per l’uomo è estremamente difficile accor-
gersi delle proprie debolezze e cambiare pur sapendo di subire il dan-
no di questi difetti e pur avendo altre qualità spesso altissime. Interessi
e passioni, se portati al parossismo, possono fare dell’individuo, come
delle masse, un demone.

89
La propria sopravvalutazione è facile e spesso la coscienza dei legami
con gli altri individui uguali o superiori è troppo debole.
Tutto ciò non deve portare solo a concetti pessimistici: tutti gli uomini,
senza eccezione, sono come bambini incoscienti e pressoché inconsa-
pevoli delle loro debolezze e dei loro pregi ma tutti vanno rispettati e
trattati con il dovuto riguardo.

21. Il suo potenziale

Arriviamo a tali considerazioni osservando l’uomo dal punto di vista


dell’Acma e dei mutamenti che - spesso causa di profonda tristezza -
sono anche la logica ambizione umana.
Si devono ammettere eccezioni ma anche degenerazioni di singoli in-
dividui. Si incontrano mancanza di qualità ed elementi costretti, come
le piante senza clorofilla, a vivere da parassiti prelevando da altri il
necessario per la loro esistenza o a servirsi delle capacità altrui.
Ognuno è prezioso come individuo. Una società futura più progredita
saprà mettere tutti nella condizione di servire da componente insosti-
tuibile.
Se noi oggi eliminiamo il malfattore e mettiamo in riposo prematura-
mente gli uomini capaci di rendere ancora buoni servizi, confessiamo
di non saper provvedere altrimenti, e a poco servono speculazioni
filosofiche.
Quando H. Spencer dice nel suo modo complicato: la realtà veduta
dalla nostra coscienza è effetto condizionato della realtà assoluta e
legata alla causa incondizionatamente persistente, ha forse ragione.
Che cosa ne possiamo dedurre?
Dovremmo giudicare l’individuo come singola, temporanea appari-
zione dell’eterna evoluzione e trattarlo come tale: questo è ciò che
dobbiamo imparare a comprendere.
Ognuno è un libro aperto nel quale è segnato il suo carattere con as-
soluta precisione, è un concentrato di energie latenti.
Che progressi ci aspettiamo dall’invenzione di macchine se non stu-
diamo l’uomo, strumento infinitamente più importante e complesso e
se non ci occupiamo del suo spirito? Lo scontro e l’incomprensione
delle concezioni e mentalità è l’unica vera difficoltà della vita.

90
La natura sembra dare diritti superiori al più forte: è giusto. Ma chi
è più forte? Un calabrone può essere per certi aspetti più forte di un
leone, un uomo scemo e petulante più potente dell’uomo saggio e
sensibile. L’educazione è l’arma caratteristica e principale dell’uomo,
insieme alle qualità fisiche e di carattere nonché il suo mezzo di difesa
e la base della sua attività.
L’opinione di un individuo, anche se apparentemente sbagliata, è sem-
pre da prendere in considerazione e, se onesta, sempre utile se non
altro per conoscere la situazione.
Anche il più saggio può imparare dal più semplice ed è dovere civile e
interesse del singolo esporre sinceramente la propria opinione.
Tanto le più primitive quanto le più sublimi creazioni dell’uomo sono
tutte il risultato dello scambio e dei contatti tra gli individui di questo
mondo.
Ogni individuo, come abbiamo visto, costituisce un centro di emana-
zioni con le quali entra in comunicazione con altri individui.
Si sprigionano innumerevoli sensazioni, attrazione e repulsione, sim-
patie e antipatie. Queste interazioni sono parte essenziale della vita
anche solo come caratteristica semicosciente. Sono l’Acma dell’indi-
viduo uomo, che costringe a prendere posizioni precise. Chi evita la
chiarezza di opinione e con ciò sfugge ai suoi doveri, non è leale né
uomo, ed è questo uno dei più gravi problemi morali della vita.
Mentre si offrono molteplici possibilità, alle decisioni si oppongono
anche infinite difficoltà. L’azione più insignificante ha pure molte giu-
stificazioni e sfumature, possibilità e attenuanti e scegliere la via giusta
è sempre difficile.
I difetti dell’uomo stesso gli impediscono di percepire la verità alla
quale è pure suo interesse avvicinarsi.

91
CAP. VIII

22. La donna

L e donne portano lo specchio con sé non tanto per verificare il loro


abbigliamento quanto per ammirare la propria bellezza. Non è det-
to con questo che la vanità degli uomini sia minore o che la donna non
faccia bene a curare il proprio aspetto. Sarebbe come disprezzare i fiori,
miracoloso fenomeno della natura al quale la donna è paragonabile.
Quanto alla vanità, è il caso di rammentare che tutti, senza eccezione
si ritengono in qualche modo modelli dell’umanità (e guai a dubitar-
ne). Evidentemente questo atteggiamento è legge della natura e neces-
sità assoluta per la donna, oltre che elemento del suo fascino e fonte
di fiducia in se stessa.
In tempi antichi e in certi Paesi la donna non godeva di pieni diritti. Dal
Rinascimento in poi questa situazione è molto cambiata, ma nonostante
ciò la comprensione per il mondo femminile ha fatto assai pochi progres-
si mentre avremmo grande interesse ad approfondirne la conoscenza.
L’enorme capacità femminile di adattarsi ad ogni situazione è sintomo
di qualità straordinarie, sempre difficili ad essere comprese o scoperte.
L’amore, il rispetto e mille altri motivi impediscono giudizi obiettivi.
La donna cosiddetta cattiva è spesso buona, la buona è talvolta conven-
zionale, la colta è di rado pratica, la prolifica è forse la più sensibile.
La donna è sempre attenta al grande compito della procreazione. Da
bambina intuisce già la sua specifica posizione nella vita e tende a
comportarsi in modo da farsi amare. Sviluppa presto la sensibilità,
cerca l’indipendenza e si prepara agli impegni futuri. L’educazione
femminile è difficilissima: se di impronta maschile può risultare non
compresa; lasciata alla madre, può essere poco incisiva; è insufficiente
negli istituti. Simpatie, sensibilità e sensualità nascenti formano un
insieme complesso di pulsioni che interessano l’anima e il corpo con
incessanti alternanze di umore.

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Apparentemente la donna possiede caratteristiche mentali uguali all’uo-
mo. Ascolta e comprende i problemi maschili ma senza vero interesse;
segue piuttosto il proprio pensiero ed è quasi sempre riluttante ad iden-
tificarsi con il punto di vista in discussione se questo non la riguarda
personalmente. Di solito l’uomo non se ne accorge nemmeno.
Formare classi miste nella scuola può avere vantaggi morali e sociali
ma didatticamente è contro ogni buon senso.
Il compito dato dalla natura alla donna è troppo diverso e richiede,
come il suo organismo stesso, specifiche attenzioni e provvedimenti
mirati.
La donna sembra a volte piena di egoismi, si occupa molto della pro-
pria salute, del benessere, dell’abbigliamento ma non meno della feli-
cità altrui. Lacrime, isterismi e malattia sono terribili armi femminili.
Essa si preoccupa del suo compagno, del proprio fascino, della casa e
della prole. Sotto molti aspetti è più realistica dell’uomo. Il suo amore
e altruismo possono raggiungere un livello straordinario ed è capace di
intuire le cose molto meglio dell’uomo. Il suo complesso organismo, co-
me la sua psiche, rimane spesso una sfinge agli occhi del suo compagno.
È inutile ogni confronto di qualità. La donna vive, per lo più, incon-
sapevolmente due vite; la simulazione diventa seconda natura per ne-
cessità, per abitudine o capriccio. Spesso ne soffre, se ne rimprovera e
crede di mancare di lealtà, eppure non riesce a sottrarsi alla tentazio-
ne per avere più libertà e respiro.
Quando si sente osservata o controllata è incapace di concentrarsi su
un argomento e i suoi discorsi diventano convenzionali.
La finzione abituale diventa una maschera ad essa stessa sgradevole.
La profonda diversità psicologica si rivela spesso in affermazioni ap-
parentemente illogiche e incomprensibili.

23. Caratteristiche

Queste qualità e stati d’animo, accompagnati da talento, fortunate


condizioni di vita e gradevole aspetto esteriore, favoriscono l’affer-
mazione di “Dive” che sanno imporsi agli ingenui e agli avveduti.
Crescendo la fama, vengono arricchite di qualità per lo più inesistenti,
fino all’idolatria e al feticismo.

93
L’uomo non si accorge facilmente del complesso problema femmini-
le, non riesce a giudicare correttamente e meno ancora è capace di
offrire aiuto o semplicemente di comprendere. Eppure questo è uno
dei problemi più importanti di cui è necessario occuparsi. Le conse-
guenze dell’educazione sbagliata sono disastrose, distruggono spesso
convivenza e vite.
Sempre partendo dall’importante ruolo della donna, dalla coscienza dei
doveri e dalle necessità di convivenza, è ben possibile convogliare il suo
interesse e la sua volontà e, facendo leva su pregi e debolezze - mai da
confondersi con le passioni - si ottiene molto. Essa deve essere educata
su basi scientifiche e realistiche per rinforzare il suo intuito naturale.
L’educazione femminile presuppone più di quella maschile il perfetto
accordo tra la famiglia e le istituzioni.
Sembra anche logico affidare le giovani a insegnanti dei due sessi con-
cordi sul programma e sui principi da adottare poiché ogni divergenza
di vedute è dannosissima.
La convivenza contribuisce sotto ogni riguardo a equilibrare le attivi-
tà dell’uomo e della donna e ad arricchire la vita. Con la formazione
della famiglia dovrebbe essere compensata ampiamente la perdita di
libertà di movimento.
La donna apporta l’ideale contributo alla convivenza e le manche-
volezze sono compensate dalla facilità e elasticità di adattamento.
Sembra a volte non all’altezza, incapace di adattarsi e legata molto
più del suo compagno alle piccole vicende della vita. È uno sbaglio
sopravvalutare le costruzioni spirituali maschili e non apprezzare
l’impegno e la posizione della donna nella vita dato che è più sensi-
bile dell’uomo all’Acma.
Se a volte può sembrare una bambina illogica o un ingenuo artista
che si lascia guidare dal sentimento, offre anche l’animo gentile tipico
del bambino e la sensibilità propria dell’artista, tanto necessarie nella
nostra arida vita.
A volte non si sanno apprezzare i sacrifici che compie per i bambini e
non si comprende il suo amore tanto diverso.
È dunque quasi impossibile per l’uomo valutarne correttamente l’a-
spetto sensuale e biologico. Piacqui e la tentazione ha già fatto mez-
za strada, scrisse Caterina II (La Grande) nelle sue memorie, mentre
spendeva un miliardo per i suoi favoriti.

94
24. Educazione e coscienza

Vi sono indiscusse diversità nella psiche femminile delle quali bisogna


rendersi conto se si vuole provvedere alla sua educazione.
L’indecisione, sotto la quale spesso soffre, è causata dalla sua grande
sensibilità e dall’intuito, sentimenti dai quali si lascia guidare quasi
esclusivamente.
È difficile valutare l’opera costante della donna nell’economia dome-
stica e nella cura della casa, che da sole costituiscono un grande impe-
gno; la donna ha il merito di averne favorito i miglioramenti tecnici,
oggi uno degli aspetti più progrediti della civiltà abitativa.
I poeti cantano le virtù femminili ma il genere umano non è ancora
arrivato alla vera comprensione ed educazione della donna.
Può darsi che in avvenire la vita familiare si modifichi anche se l’ipotesi di
sostituirla con istituzioni simili all’allevamento è brutale e non esclude né
i difetti della odierna convivenza, né il bisogno della sua radicale riforma.
Dal punto di vista infinitesimale la donna è in continua rapida forma-
zione e trasformazione.
Avremmo ogni interesse ad approfondire il concetto di Acma, in nes-
sun campo tanto avvertibile quanto nelle trasformazioni che porta alla
sensibilità femminile. L’uomo la comprenderebbe meglio se tenesse
conto dell’influsso delle forze e dei cambiamenti, apparentemente in-
significanti e pure di tanto peso.
Nella difesa delle proprie posizioni le donne travalicano facilmente -
come ogni altro individuo, anche con onesta intenzione - i limiti del
vero e del giusto e passano spesso all’aggressività anche se non avreb-
bero motivo di difendersi, impegnano onore e decoro nelle dispute.
Il conflitto viene spostato su basi sentimentali mentre le caratteristiche
previste dalla natura possono dare ai due sessi la sicura base per la
perfetta cooperazione e l’armonica convivenza.
La comprensione della mentalità degli altri presuppone l’esistenza di
elementi di affinità che esistono sempre in varia misura.
L’azione dell’Acma lo dimostra. L’Acma sormonta ogni ostacolo, crea
collegamenti fra le cose più diverse. Il nostro compito è cercare questi
elementi, svilupparli e rinforzarli, dove e come la vita e la convivenza
lo richiedono.

95
CAP. IX

25. La coscienza di noi stessi

È importante sapere da dove viene, cosa intende fare, dove vuole


arrivare e come si confronta la specie uomo rispetto all’individuo
superiore, ci occupiamo quindi ancora del suo processo di evoluzione.
Oltre alla preoccupazione per il benessere personale, l’uomo ha sem-
pre molti interessi e desideri, che si potrebbero generalmente riassu-
mere in ambizioni materiali, morali e di professione. Essi corrispon-
dono attraverso varie fasi alla formazione della mentalità del singolo
individuo.
Secondo la scienza l’essere umano si è formato attraverso l’adattamen-
to millenario a delle particolari condizioni di vita. Nei tempi moderni
queste condizioni stanno cambiando con lo sviluppo delle comunica-
zioni e con i maggiori contatti fra le diverse popolazioni, con nuovi
legami familiari e mentalità moderne.
L’uomo si differenzia da altri esseri per la parziale coscienza di se
stesso. Anche gli animali danno segni di coscienza mentre alle volte le
persone colte dimostrano strane mancanze. Dato che nessuno sbaglia
intenzionalmente si tratta evidentemente di limitazioni di coscienza.
La parola subcosciente esprime l’approssimazione nel comprendere le
sensazioni che si percepiscono, il loro collegamento ai diversi stati di
coscienza; ciò non toglie che anche il più primitivo individuo distingue
bene il giusto dallo sbagliato rispetto ai suoi propri presunti interessi.
La filosofia discute molto sull’io e il mondo o sulla volontà, concetti
tanto nebulosi e mutabili. Definire la realtà come persistenza nella
coscienza, parlare del relativo e assoluto o spiegare il tempo e lo spa-
zio sono concetti importanti della filosofia ma anche problemi assai
lontani dalla vita.
Lo sviluppo della coscienza di se stesso e della propria posizione tra gli
altri esseri o gruppi di conviventi è di importanza decisiva.

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Questa consapevolezza si avvicina all’idea morale e possiamo senz’altro
definirla l’insieme di tutti i comportamenti del singolo verso se stesso
e verso gli altri che possono favorire idealmente l’evoluzione umana.
L’uomo ha profonda esperienza del bene e del male e chi conosce un
veleno non lo prende anche se è molto dolce.
In tutti i tempi la coscienza serviva da leva per migliorare il compor-
tamento dei popoli. La sensibilità e l’approfondimento della coscienza
civile sono in realtà dei criteri di giudizio del livello di cultura. Come
gli allievi di Socrate non riuscirono a capire la sua decisione di bere la
cicuta - dando un esempio di obbedienza alle leggi - anche noi siamo
oggi lontani da una elevata coscienza civile.
Ogni tipo di religione si preoccupa del fattore morale, spesso esaltan-
do l’individualismo e la sua importanza. Certe correnti di pensiero
pongono l’individuo persino sopra ad ogni cosa, raggiungendo un pes-
simo effetto educativo.
L’individuo si emargina dalla collettività soffocando i suoi migliori im-
pulsi e spesso si arroga dei diritti a proprio piacimento e a spese del
prossimo e del Paese.
Il capitalismo e le sproporzionate ricchezze individuali accentuano la
corruzione e l’affannosa corsa all’oro.
Nichilismo, scioperi e movimenti sociali sono solo reazioni naturali
contro la mancanza di coscienza sociale.
Le masse provano un malessere generale ma non sono coscienti di
essere vittime di un’ingordigia individuale che loro stesse favoriscono.
L’individuo non pervaso dalla comprensione per la vita comune è cau-
sa di infinite difficoltà e, infine, la vittima stessa delle sue ambizioni.
La coscienza di essere parte di uno o più individui superiori è po-
co sviluppata, spesso quasi inesistente. Non cosciente né consapevole
delle sue funzioni, l’individuo non ha pieno senso per i suoi doveri.
Alle pretese naturalissime di libertà d’azione, di sicurezza, di uguali
diritti, corrispondono obblighi e doveri e soltanto un equilibrio fra
dare ed avere può creare la buona convivenza.
È un’illusione poter allargare i propri vantaggi, senza un corrispon-
dente aumento degli obblighi, come è un’illusione arricchirsi impu-
nemente a spese degli altri e credere di migliorare così la propria
vita. Se la società o lo Stato lo tollerano saranno loro stessi obbligati
a porvi rimedio.

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La più forte lastra d’acciaio deve piegarsi, cioè reagire, anche sotto il
peso di una zanzara. Per l’uomo la difficoltà consiste nel conoscere i
limiti dei propri diritti e delle proprie forze. È un grande artista chi
conosce i limiti della sua arte. Riconoscere i propri sbagli è difficile
per l’individuo che non ha coscienza del suo essere perfettibile.

26. La comprensione del prossimo

La natura ci costringe così a cercare di conoscere noi stessi, compito


estremamente difficile.
Sembra più semplice studiare il prossimo, osservarlo rispetto ai suoi
pregi e difetti, valutare le condizioni in cui si trova, tener conto del
suo complesso organico e dell’equilibrio delle sue qualità e della sua
individualità.
Ogni individuo, senza eccezione, è un meraviglioso campione, un
miracolo della natura che dovremmo avidamente e amorosamente
studiare e apprezzare tanto più in quanto ha qualità differenti dalle
nostre.
L’individualità va cercata e rispettata perché è la fonte di ogni ricchez-
za e bellezza della vita. Nulla di più insensato sono i rimproveri sulle
differenze concettuali o di carattere. Non esiste un materiale né una
persona senza preziose qualità; soltanto la nostra incapacità ci impe-
disce di comprenderle e farle risaltare.
Così il miglior oggetto di studio è il prossimo. L’insegnante deve stu-
diare l’allievo, il capo ufficio conoscere bene i suoi impiegati se vuole
raggiungere un buon risultato.
Nessuna fatica a questo riguardo è sprecata. Ognuno può imparare, la
ricchezza della vita è infinita.
Troppo spesso non sappiamo apprezzare lo specifico lavoro altrui. Si
giudica senza alcuna competenza, si disprezza per pregiudizio, senza
contare quanti talenti vengono combattuti per gelosia o vanità o in-
teressi privati, mentre sarebbe nell’interesse pubblico attirare tutti e
impegnarsi a favorire le loro capacità.
Ogni attività può dare profonde soddisfazioni, perché sviluppabile e
passibile di grande progresso.
Cercare esclusivamente la ricchezza materiale è senza dubbio una ma-

98
lattia del nostro tempo. Ogni organismo cerca il suo massimo benesse-
re, ma tale legge non può trasformare la vita umana in tragedia e fare
dell’individuo la vittima dell’epoca.
Le garanzie per l’esistenza, la vita, la vecchiaia sono naturalmente
necessarie ma soprattutto compito dell’individuo superiore.
Il singolo individuo, senza frenare le passioni, avidità e orgogli, senza
criteri equilibrati, non può navigare felice, con la coscienza tranquilla.

27. La posizione nella vita

Da millenni il genere umano si preoccupa di trovare la soluzione di


questi problemi e spesso crede di essere sulla via giusta. Le guerre
mondiali si incaricano di levargli questa illusione.
L’uomo dovrebbe sentirsi parte della natura viva e assumersi in pieno
la funzione che essa gli ha dato se vuole essere contento in questa vita
e goderla veramente.
L’uomo deve esser cosciente della portata di ogni suo gesto, passo e
pensiero; cosciente che ogni menzogna, ogni abuso delle proprie for-
ze, ogni azione sbagliata richiederà una qualche vendetta.
Ciò che non sconta il padre devono pagare i figli, la terza o quarta
generazione. Chi si arricchisce ingiustamente, lo fa a spese proprie o
dei suoi successori.
Sono figlio di Dio vivente, dice Cristo, vorrei sentirmi granel d’orzo che
si esprime in pieno divenire, canta Quasimodo.
Ma qual’è il senso di tali parole? Essere membro utile del genere uma-
no, frenare le aspirazioni vanitose, estirpare la banale mania etrusco
-celta di divertimento, la orientale passione del denaro, le barbariche
esagerazioni di conquista, la farisaica simulazione sostituendo a tali
concetti, la moderna, semplice coscienza di dovere e di onestà, questo
garantirebbe ad ognuno la felicità.
Simili parole sanno forse di pastorale; corro questo rischio, convinto
che corrispondono già alla coscienza generale e al nuovo concetto
della vita.
Ci domandiamo quali sono gli ostacoli che si oppongono alla realizza-
zione: forse ce ne sono pochi. Forse è soltanto una questione di scuola
e di legislazione.

99
Mentre l’individuo comprende facilmente la sua posizione e i suoi
obblighi, i limiti della sua libertà personale in qualsiasi associazione o
impiego commerciale, gli è stranamente difficile comprendere i corri-
spondenti limiti nella vita sociale.
Noi partecipiamo al movimento della terra, al suono della campane,
per infinite vie ci arrivano le voci della natura; vibriamo alla più leg-
gera brezza come le foglie dell’albero, accusiamo ogni scossa, immersi
in tutto il mondo ne siamo e facciamo effettiva parte.
È l’Acma che ci trascina.
Coscienti di questa partecipazione, conosciamo o intuiamo con preci-
sione la linea del nostro comportamento, il nostro compito; col diritto
a sviluppare ogni nostra specifica qualità dobbiamo anche diventare
coscienti della necessità dell’onesta convivenza e del rispetto verso
l’individuo superiore.
Questi sono i pilastri della coscienza moderna. Essi si sintetizzano nei
doveri verso la personalità altrui, nei doveri verso l’individuo superio-
re e negli obblighi verso se stessi.
Sono semplici norme di convivenza umana che chiedono di compren-
dere e aiutare il prossimo, di parlare e agire col cuore in ciò che rite-
niamo giusto.
L’uomo cerca invano di farsi un’immagine esatta della sua posizione
nella natura.
Come chi guarda dalla finestra del treno e vede sempre immagini
diverse, non riusciamo ad afferrare altro che vaghi frammenti delle
sempre varianti visioni dell’immensa ricchezza della vita; nel corso del
tempo da questi stessi frammenti nascono le norme sociali.

100
LA FAMIGLIA
CAP. X

28. I legami di famiglia

L’ individuo è costretto ad associarsi ad altri individui per moltepli-


ci ragioni. L’unione riduce la libertà di movimento del singolo,
lo lega alle sorti dell’essere nuovo formatosi che rappresenta un indi-
viduo superiore di maggiore capacità.
Come il membro di una confraternita quando pronuncia il voto, l’in-
dividuo uomo impegna parte della sua personalità fisica e morale for-
mando l’individuo famiglia che, anche agendo allo stesso modo del
singolo individuo, rimane impegnato a sua volta verso altri individui
superiori complessi e circostanti.
Il compito del singolo membro nell’unione dipende soltanto dalle sue
proprie qualità. L’unione si serve di esse, richiedendo nell’interesse
comune anche gravi sacrifici e rinunce a libertà ed egoismi. Così pro-
cede la natura. Per altro ogni singolo individuo si sviluppa normal-
mente, cresce e prospera secondo le leggi della sua specie entro il
telaio della convivenza, inesorabilmente unito da infiniti legami alla
famiglia che si è creato.
La famiglia è un individuo superiore e nucleo sacro per volontà della
natura e secondo millenaria tradizione umana.
Ogni legislatore presta la massima attenzione alle famiglie del suo popo-
lo ben sapendo che le potenzialità del Paese si formano nel loro grembo.
Non ci interessa tanto la situazione economica o politica e sociale
della famiglia, ma soltanto capire come riesce a formare un’unità, ad
allevare la prole e a farne utili membri di nuove famiglie o degli indi-
vidui superiori, società o Stato: ci interessano l’ingerenza dell’Acma e
i mutamenti affrontati nell’individuo famiglia.
La famiglia è da considerare individuo, con tutti gli attributi di questa
entità, differenziato da altri, pronto alla difesa e capace di perpetuarsi.
Più unitaria è la discendenza dei componenti, più forte è la struttura

103
familiare, ma la discendenza uniforme, pur essendo entro certi limiti
nell’interesse della famiglia, non è suo compito. I membri delle fami-
glie sono sempre diversi di origine e di mentalità, formano contrasti
voluti dalla natura e necessari all’evoluzione, sebbene conflitti troppo
grandi possano ritardare l’assimilazione per diverse generazioni.
Nella famiglia, più che tra i singoli individui, si fa sentire il fattore
Acma e il peso delle circostanze. L’aspetto della famiglia può cambiare
enormemente a seconda delle fortune e delle difficoltà della vita e lo
scontro delle passioni.
Il processo di adattamento che si svolge entro la famiglia, si estende
lentamente ai suoi membri, ai vicini e a tutta la discendenza. Si av-
vicinano i modi di pensare e i sistemi di vita, si formano ideologie
affini e costumi condivisi. La comunità diventa uniforme e comincia
ad organizzarsi.
Ogni famiglia ha interesse sia a tenersi distinta quanto a conservare il
contatto con gli altri. Essa si difende gelosamente da ogni ingerenza,
si ritiene equilibrata e giusta, anche superiore ad altre, e si sviluppa
individualmente.
La formazione del carattere della prole compensa ogni eventuale uni-
lateralità. Meriti e demeriti dei singoli membri della famiglia riguar-
dano tutte le persone che la compongono pur non essendo questi in
grado di comprendere la loro fusione nell’individuo famiglia dove il
singolo risulta valorizzato e interessato a facilitare la fatica degli altri.
Per comprendere un individuo bisogna necessariamente studiare la
famiglia e il popolo dal quale discende.
L’educazione ha qui il più largo campo di utile lavoro. La famiglia,
mondo a sé, intimo, ricco di poesia e di travaglio, presenta un nucleo
di energie straordinarie.
La naturale tendenza di sviluppo e di dominio porta spesso singole
famiglie a posizioni privilegiate e anche ad abusi della loro forza.

29. Caratteri e fede

Tutta l’organizzazione e l’evoluzione dell’umanità è storicamente le-


gata allo sviluppo della famiglia.
L’amore per la propria famiglia e il proprio Paese è un ideale incen-

104
tivo dell’evoluzione. Nessun contratto potrebbe mai riassumere esau-
rientemente gli impegni vicendevoli di due individui che si uniscono.
Il fattore fiducia è indispensabile. Ognuno deve sentirsi sicuro della
sincerità e onestà dell’altro. La coscienza degli impegni è evidente-
mente la base di ogni convivenza tra gli individui.
I vantaggi che offrono i legami devono creare la comprensione. Gli
apparenti contrasti di vedute sono di solito l’effetto logico di ragiona-
menti diversi: la diversità di pensiero può essere la causa di malintesi
ma è anche la vera attrattiva, la sorgente di gioia e la base della vita
comune.
La famiglia è, come ogni individuo, un meraviglioso insieme di qualità
specifiche che si integrano.
Il comportamento dell’individuo famiglia in queste circostanze è dato
dalla sua mentalità differente da quella di altre famiglie ma sempre
affine nell’ambito della medesima razza. Nella famiglia si prepara la
mentalità e il carattere del popolo. È un lavorio meraviglioso.
Raramente i genitori comprendono i propri figli e criticare piccoli
difetti è molto più facile che scoprire le vere cause delle apparenti
mancanze, capire i loro pregi e provvedere ai rimedi.
Siamo assai disposti a sottovalutare il prossimo, i fatti e le sue opere
mentre rimaniamo molto lontani dal comprenderlo, anche se si tratta
di parenti o della propria prole.
È sempre molto difficile penetrare il mondo dei figli, essere giusti nel
giudicarli e capaci di guidarli.
Il padre di solito esagera in severità, la madre nell’accondiscendenza.
Eppure dipende dalla famiglia la fortuna del Popolo.

30. La prole, la scuola e la vita

Sarà compito delle future generazioni coltivare con impegno il ca-


rattere e lo spirito, le virtù dell’amore e del sacrificio. Queste quali-
tà sono l’espressione delle forze segrete che spingono un individuo
verso l’altro. Il vero amore include la capacità di ogni altruismo. Chi
ama un’opera d’arte la gode con immensa soddisfazione senza inte-
resse personale. La Donna, la Patria, Dio, amiamo con ambizione
superiore.

105
La definizione del vero amore comprende disinteresse e prontezza di
sacrificio.
La religione dell’amore è ideale, ma l’educazione non riesce ad as-
secondarla. Quanto cammino sarebbe da fare! Una specifica educa-
zione della famiglia o della futura madre è pressoché inesistente. Gli
insegnanti delle nostre scuole non si interessano della mentalità, del
cuore, delle attitudini degli allievi. Sono poco utili gli insegnanti di
altri Paesi perché difficilmente riescono a comprendere il giovane e
ad imprimere quell’entusiasmo puro che solo influisce sull’anima. La
più severa scelta degli insegnanti è nell’interesse pubblico e problema
di grande importanza.
Tutto quanto riguarda l’igiene della famiglia non può essere mai ab-
bastanza curato. L’ambiente, l’abitazione, il nutrimento, le vesti, l’aria,
l’acqua, il sole, tutto è importante. Opportuni e vasti provvedimenti
devono difendere la famiglia e assicurarle la pace, la salute e la pro-
sperità.
Specialmente le abitazioni e il loro arredamento devono essere molto
migliorate in Italia e mai scendere sotto un certo livello. Non si tratta
solo di comodità per i genitori, anch’essa importante, ma soprattutto
di attenzione per i bambini e dello spirito di convivenza. Pare che
gli uccelli provvedano meglio
al loro nido che noi alle nostre
abitazioni.
Nelle città e in campagna si ve-
dono spaventosi esempi di abi-
tazioni intollerabili, malsane e
desolate, senza ambienti adatti
ai bambini. La società dovrà
scontare pesantemente le tra-
scuratezze di cui si rende col-
pevole. Nelle abitazioni manca
spesso ogni intimità, non c’è un
luogo dove corpo e spirito pos-
sano riposare. Le famiglie non
trovano pace, i bambini sono
cacciati sulla strada perché in
casa non possono muoversi.

106
Gli asili infantili, di per sé modesti, sono forse una delle migliori isti-
tuzioni che abbiamo.
I provvedimenti per la madre e la sua specifica educazione, sono di
decisiva importanza per il futuro. Ma siamo appena all’inizio di pren-
derne coscienza.
Molte cose apparentemente di poco conto o esteriori sono profonda-
mente legate all’anima e allo spirito dell’abitante e richiedono amo-
revole studio.
Così, per esempio, sarebbero da stabilire dei parametri minimi di di-
mensioni e di attrezzature per i quartieri popolari. Negli alloggi sa-
rebbero da accentuare soprattutto gli ambienti di soggiorno utili ai
bambini come cucina, balconi, corridoi, spazi di disimpegno.

107
CAP. XI

31. Mescolanze

L’ insieme delle famiglie imparentate, affini per discendenza e tra-


dizioni, forma la stirpe o discendenza, individuo superiore capace
di sviluppare enormi energie in difesa della sua mentalità ed esistenza.
La caratteristica di un popolo è data dalla sua discendenza unitaria,
origini e qualità affini. I caratteri somatici delle diverse razze, anche se
molto pronunciati, non offrono alcuna spiegazione sul modo di pen-
sare e di agire delle popolazioni. Gli studi antropologici di tipi razziali
finora non hanno dato risultati tangibili sotto questo riguardo.
Chi vuol conoscere un popolo deve occuparsi della sua mente e delle
sue attitudini, come esse si presentano effettivamente. Le impronte
esteriori dovute a cambiamenti antichi o recenti sono motivo di con-
fusione.
Ogni popolazione, senza riguardo al livello di cultura, presenta un tipo
di mentalità unilaterale, dilavata naturalmente nei passaggi e incroci
con altri popoli.
Questa unità di differenziazione forma spesso degli insormontabili
contrasti di idee tra i diversi popoli ed è la causa di conflitti, rivolu-
zioni e guerre.
A nessun singolo individuo è possibile isolarsi mentalmente dalla raz-
za da cui discende senza tener conto dall’influenza della cultura co-
mune, delle tradizioni e della convivenza.
È ben comprensibile che l’uomo colto ritenga talvolta la sua capaci-
tà mentale superiore ai legami e alle caratteristiche tipiche della sua
stirpe, specialmente se egli è frutto di unioni multietniche: ma rimane
sempre un’illusione. Egli, se non altro, sarà erede delle caratteristiche
degli antenati. Molte persone vivono da sognatori o sono assorbiti dal-
la lotta della vita e non riescono ad arrivare a considerazioni oggettive
e ad accorgersi di essere strumenti delle leggi razziali.

108
La grande maggioranza degli individui non può staccarsi dai giudizi e
pregiudizi propri della stirpe di appartenenza e assolutamente nessu-
no dalla corrispondente mentalità.
Ingerenze infinitesimali li legano e li guidano. L’Acma indica questo
problema come corrispondente alle emanazioni della terra o dell’am-
biente di origine.
Per molti secoli ancora saranno perciò i raggruppamenti delle varie
stirpi a determinare il carattere della nostra civiltà. I discendenti da
popoli diversi, come i meticci, integrano molte differenti qualità ma
non sono in grado di dar vita ad un’unità di pensiero o di rappresen-
tare una specifica cultura perché ancora inesistente.
Se sono costretti dalla vita a prendere posizioni, lo fanno spesso di
malavoglia, senza persuasione e sono a volte vittime dell’incrocio delle
popolazioni necessario all’evoluzione umana.
In certi Paesi si sono formate strane associazioni di meticci come i Ku-
Klux-Klan o i Dou-Kob-Hors negli Stati Uniti, di origine americano-
russo-ebraico e di altre combinazioni. Comunità fanatiche di propria
religione, giustizia e costumi. La loro esistenza rispecchia le difficoltà
della loro vita. Quando i meticci si decidono a sposare la causa di una
stirpe, diventano non di rado fanatici aderenti.
Dove le circostanze favoriscono la duratura prevalenza di mesco-
lanze e incroci tra i popoli, nasce una nuova comunità. Se, ed entro
quali limiti abbia importanza la cosiddetta purezza razziale è im-
possibile da precisare sia per la mancanza di una vera oggettività
sia per il fatto che nel millenario processo di adattamento anche
ogni razza cambia ininterrottamente aspetti e qualità! Non occorre
sprecare parole sulla necessità dell’esistenza delle varie razze, anche
delle più piccole.
Ognuna, anche la più insignificante stirpe, dà senza eccezione il suo
prezioso contributo all’evoluzione umana perché rappresenta una
particolare soluzione, formatasi in secolari adattamenti, del grande
problema dell’esistenza la cui dura e lunga lotta è stata sempre la fu-
cina delle straordinarie qualità e dei caratteri dei popoli.
Sarebbe possibile influire sul processo naturale dell’evoluzione, argo-
mento di grande importanza. Sarà compito delle future generazioni
occuparsi di questo problema, oggi ancora prematuro per l’incertezza
dei criteri.

109
32. La stirpe

I popoli esistono in quanto si rinnovano, come le nuvole e i fiumi. Essi


si formano e progrediscono con il continuo adattamento e l’intrecciar-
si di sempre nuovi elementi con le competizioni interne, di lavoro, di
tendenza e di idee. È un processo meraviglioso che si estende in ogni
settore della vita, lingua e costumi, religioni e arti, imprimendovi i
caratteri specifici della comunità. Il modo di pensare è sempre stretta-
mente connesso alla propria provenienza e sempre diverso da quello
delle altre.
I missionari che insegnano il culto cristiano in Africa si illudono assai
sulla comprensione dei loro alunni anche se in effetti molti ritengono
la religione, la filosofia e la scienza indipendenti da ogni mentalità di
stirpe.
Vale altrettanto per le cognizioni di altro genere e per ogni attività
dove c’entrano, oltre la mente, anche il sentimento e l’intuito; e per
quanto non si possa parlare di scienza o di filosofia legate alla prove-
nienza razziale credo sarebbe pure un grave errore ritenerle estranee
a questi fattori tradizionali e sentimentali.
Ogni comunità come individuo è per se perfetta e deve sentirsi tale.
Serbatoio di straordinarie qualità ha necessariamente anche le sue
manchevolezze e unilateralità. Tra i singoli popoli, di conseguenza,
gioca un ruolo importante la necessità dei contatti quanto il bisogno
di tenere le distanze.
Voler convincere un altro individuo delle proprie opinioni è spesso fa-
tica vana. Anche il processo di assimilazione è condizionato e legato a
mille fattori e si muove entro stretti limiti di tempo. Ogni razza, come
ogni individuo, necessita di avere la massima fiducia in se stesso, di
svilupparsi e governarsi a modo suo. Soltanto allora può dare un vero
contributo all’evoluzione generale.
È sempre controproducente imporre un altro modo di pensare ed è di
effetto molto dubbio.
Chi imita gli altri, individuo o popolo, impedisce a se stesso di mettere
in luce le sue migliori capacità, le specifiche attitudini di ogni essere.
Pretendere rapidi cambiamenti è insensato e le specifiche attitudini di
ogni essere sono da rispettare.

110
33. Le culture

È impossibile giudicare le mentalità delle diverse razze perché il giu-


dice è nel contempo parte: a noi centro-europei sembrano per esem-
pio primitive molte popolazioni africane, grossolano l’americano, ri-
gide, unilaterali e iperconservative molte razze asiatiche, pesante lo
slavo, scolastico il germanico, ipersensibile il latino, mutevole e di
grande adattamento l’ebreo, tenace fatalista l’orientale, megalomane
l’anglosassone.
Ma siamo nel giusto? ogni popolazione vanta con ragione delle qua-
lità che altri popoli non posseggono. L’individualità unita all’orgoglio
induce singoli popoli a credersi superiori ad altri o a ritenersi più pro-
grediti e per conseguenza ad avere più diritto all’esistenza e persino
a credere di essere prescelti dal destino a dominare il mondo. Sono
incoscienti illusioni.
Da simili concetti nascono gravi contrasti e minacce alla convivenza
dei popoli. In epoche passate ed entro certi limiti sembrava giustifica-
to il predominio di una o l’altra razza, a volte anche necessario.
Ma la Storia e la natura si dimostrano sempre contrarie ad ogni cristal-
lizzazione, e insistono sull’evoluzione di tutti i fattori esistenti.
Senza approfondire qui il problema, conviene anche riflettere che la
natura dimostra con molti esempi la possibilità e la necessità di convi-
venza dei più differenti esseri e ci insegna i vantaggi della coesistenza
equilibrata.
L’evoluzione crea armi specifiche per ogni essere e comunità che per-
mettono loro di stare alla prova con il più grande nemico! La vita
dimostra i vantaggi della differenziazione che solo un falso orgoglio o
il fanatismo malsano impediscono di apprezzare.
L’esclusione di elementi incapaci di qualsiasi adattamento o di convi-
venza disciplinata e di rispetto per i diritti altrui sarà forse inevitabile
e sarà forse necessario in futuro impedire relazioni non convenienti
o sostenere insediamenti in altri Paesi per sanare la convivenza tra le
nazioni.
Nella grande famiglia del popolo si riunisce ancora quasi ogni ambi-
zione, ogni sogno di ideali, affetto e amore. La sua culla è la terra nella
quale nacque, mentre sempre maggiore mobilità e nuove condizioni

111
di vita, contatti con altri popoli e unioni multietniche cambiano len-
tamente le mentalità ed i caratteri generali delle comunità come del
singolo individuo.
Ci vorranno ancora molti secoli e forse millenni di sviluppo per la
nascita di un tipo di uomo dal carattere e cultura universale.
Il lavoro dell’Acma tende sicuramente a questa meta.
La salute fisica e morale, la semplicità elevata dei costumi, l’educa-
zione unitaria di menti e di caratteri, sono d’interesse vitale per ogni
stirpe e per ogni Stato, le cui fortune sono strettamente legate all’evo-
luzione del suo popolo non meno che al sano sviluppo delle comunità
ospitate e vicine.
Credere, come si sente dire e si può leggere, che siamo vicini alla
futura cultura super razziale sembra ancora un’ingenua illusione. Lo
sviluppo tecnico, delle comunicazioni e delle industrie sembra una
conferma, ma basta considerare come le migliori opere create dall’uo-
mo in tutti i tempi e in qualsiasi campo della cultura, della poesia
e dell’arte siano specificatamente etniche, per convincere ognuno
dell’enorme forza dell’individuo popolo e delle sue meravigliose e in-
sostituibili doti.

112
CAP. XII

34. La mentalità dei popoli

P er comprendere l’Acma e la tendenza dei popoli è utile studiare i


loro modi di pensare.
Le differenze sono molto grandi ma non è facile precisarle poiché, da-
to il pressoché uguale livello di cultura, esse si sottraggono facilmente
alla diretta osservazione, mentre si esprimono con grande evidenza
nell’attività del singolo individuo e nelle azioni della comunità stessa.
Il carattere del presente studio richiede spiegazioni ed esempi. L’elen-
co delle differenze non è, né deve apparire, come una valutazione che
sarebbe falsa, ingiusta e unilaterale.
Nell’attività artistica vi è la miglior occasione di osservare le menti,
il sentire e il pensare dei singoli individui. Da insegnante accade-
mico a Vienna ebbi questa possibilità avendo avuto fra gli allievi
studenti di quasi ogni Paese europeo e anche qualche americano
e mongolo.
Mi ero accorto che soltanto comprendendo gli allievi e le loro menti
mi sarebbe stato possibile guidarli utilmente. Avevo compreso che il

113
mio personale intervento doveva ridursi al minimo possibile mentre
era importante far crescere la fiducia degli allievi in se stessi.
Era necessaria la massima obiettività senza dar preferenza a un modo
o l’altro di concepire perché contrario all’idea dell’arte stessa, la quale
perderebbe presto ogni valore se fosse spersonalizzata e prodotto di
consultazioni.
Per facilitare i confronti vennero dati talvolta compiti uguali a studen-
ti diversi.
Le differenze di concetto erano sempre grandissime e affini soltanto
fra artisti della medesima provenienza. Sono andati perduti i disegni
originali ed è stato necessario riprodurre bozzetti schematici ma spero
sufficienti alle seguenti spiegazioni.

35. I centro europei

L’Italiano è nato dalla fusione di popolazioni latino-etrusche e um-


bro-liguri con gli altri popoli che da millenni abitavano la penisola
italiana difesa dalle Alpi e dal mare.
Queste condizioni favorevoli e il contatto frequente con altre culture
progredite produssero già in tempi antichissimi
delle qualità mentali molto equilibrate.
Le città etrusche erano libere repubbliche, cir-
condate da mura. I cittadini ebbero uguali dirit-
ti e doveri, fatto unico e caratteristico del forte
senso di indipendenza individuale che vi si for-
mò.
La mentalità dell’italiano è chiara e realistica.
Egli cerca di afferrare la parte essenziale delle
cose, senza confonderla con simboli e sentimen-
talismi. Nato artigiano, egli è di ingenua sempli-
cità e sincerità. Munito di forte intuito ha grande
facilità a comprendere le cose, è estremamente
tollerante e libero da ogni sciovinismo; sembra
spesso debole e può diventarlo per mancanza di
disciplina.
La ricerca delle caratteristiche peculiari è una

114
sua particolarità. L’italiano ama servirsi di ogni vivanda separatamente
per godere del relativo sapore. Ogni motivo artistico viene accentuato
e sviluppato in maniera distinta e nel suo giudizio i criteri particolari
hanno spesso la prevalenza sui criteri generali.
Individualista in ogni cosa, l’italiano ama libere istituzioni, vorreb-
be raggiungere tutto con la persuasione e, cosciente delle sue grandi
tradizioni, sogna ideali di sviluppo e di perfezione molto differenti da
quelli degli altri popoli.
Come è facile comprendere dal concetto architettonico di un campa-
nile, l’italiano accentua con limpida chiarezza gli elementi principali
della composizione cioè la parte delle scale, la campanaria e il tetto.
Egli sviluppa i tre motivi e li lascia staccati, senza confonderli.
In un primo momento sembrerebbe questo l’unico modo di compor-
re ma il confronto con altri progetti dimostra le grandi differenze di
pensiero.

Il Germanico, vivendo da millenni in un territorio senza confini na-


turali, con poche risorse, costretto a dura attività, sempre sulla difen-
siva, è diventato consapevole della necessità di tenersi unito, sotto un
unico governo.
Da questi semplici fatti nasce la caratteristica
mentalità germanica. Unità di concetto e di azione
in ogni cosa costituisce sempre il pensiero domi-
nante. L’arte tedesca è unitaria in ogni particolare
fino all’estremo, nella musica si cerca il motivo
unico, per nutrirsi il tedesco vorrebbe unire in
una pietanza tutte le vivande. La capacità orga-
nizzativa è proverbiale e superiore a quella cre-
ativa e si esercita talvolta a scapito dell’iniziativa
individuale. Procede sistematicamente nella pre-
parazione di ogni lavoro, cercando i motivi gene-
rali dell’insieme; esatto e solido, è capace di alta
perfezione.
Così il tedesco, in piena ascesa economica, sogna
un posto predominante nel consesso dei popoli.
L’architetto vede nel campanile una unità da pro-
gettarsi con questa specifica caratteristica. I tre

115
principali elementi, le scale, la campanaria e il tet-
to, devono fondersi in un solo unitario concetto
d’arte. Nella sua composizione non si vede dove
comincia un motivo e dove finisce l’altro; egli vor-
rebbe fare di tutte le parti un insieme che esprima
l’idea del campanile.

Lo Slavo sembra difficile da comprendere. La sua


anima rispecchia le sue terre sconfinate e sembra
un mare la cui profondità non si può conosce-
re. La consapevolezza della Russia inesauribile è
d’importanza prevalente nel suo pensiero. Lento
a prendere delle decisioni o a scegliere, è propen-
so a dare uguale importanza ad ogni cosa o parte
di cosa. Nell’iconostasi la testa della Madonna, la
mano, la corona, l’abito, lo sfondo sono lavorati
e decorati con eguale attenzione e ricchezza. Lo
stesso vale per ogni altro manufatto e oggetto d’arte.
Lo slavo stabilisce un elenco degli elementi e spesso sembra che cambi
opinione, mentre accentua semplicemente un altro aspetto del mede-
simo problema.
Instancabile lavoratore, nell’arte è più ricco che originale, più decorati-
vo che espressivo; è ostinato, ritiene tutto raggiungibile con l’insistenza.
Il suo sogno è la conquista della terra con le masse degli aderenti alla
sua causa. Nel concetto artistico, ogni particolare della composizione
pare trattato con uguale ricchezza di forme. Così i singoli piani delle
scale, la campanaria, il tetto, come si può vedere nell’accluso bozzetto.

36. ORIENTALI E OCCIDENTALI

L’Ebreo visse per molti millenni nell’arido territorio della Palestina


dove tre continenti si incontrano con le loro rispettive civiltà. Là ebbe
modo di sviluppare le sue grandi qualità di mediazione tra i popoli e
altre proprietà particolari, mentre ebbe meno occasione di esercitare
l’agricoltura e l’arte della guerra.
Crebbe così la sua capacità di valutare le cose, l’abilità di scambio e la

116
mentalità libera da sentimentalismi che lo spinse
alla vita tra altri popoli, facilitata dalle tradizioni
storiche e dalla religione. Questa particolarità die-
de origine ad una mentalità che si muove sempre
fra gli interessi economici e l’idea di Jehova.
Fantastici sogni di ricchezza, accompagnati da
grandi sofferenze, odii e conflitti ne sono la prova.
Una parte degli ebrei preferirebbe perdersi nella
diaspora mentre la maggioranza accentua il carat-
tere nazionale.
L’ebreo va giustamente superbo delle sue tradizio-
ni e di molte sue qualità, si ritiene spesso superiore
agli altri mentre è lentissimo nel suo adattamento
ai sistemi complessi di convivenza umana.
Spesso svolge una grande attività di conciliazione
tra gli altri popoli ma si oppone tenacemente al
formarsi di altre culture per difendere la propria
posizione e crea così delle avversità a causa delle
quali egli stesso soffre.
Il campanile concepito dall’ebreo è per lo più una
composizione decorativa, nessuna idea architet-
tonica prevale. Lo stile è, o pare, più importante
dell’arte stessa. Questo stile si compone di elemen-
ti prelevati da altre architettura, con abile ricerca
dell’effetto e dei contrasti.

L’Anglo-americano, di fronte agli esempi finora


prodotti, ha un carattere misto. Nella sua opera si
scorgono sempre elementi di diverse altre deriva-
zioni etniche.
Nonostante l’origine indoeuropea sul suo carattere
influirono molto i contatti con altre culture e razze
e l’espansione mondiale, fattori che hanno impres-
so una nota internazionale alla sua indole. Tuttavia
non si possono dire dominanti né la miglior com-
prensione della vita né l’universalità di pensiero
mentre sono altre grandi qualità a distinguerlo.
Avido di fortune materiali, nelle quali l’anglosas-

117
sone vede la soluzione di quasi tutti i problemi della vita, la coscienza
di superiorità e capacità tecnica e nozioni superficiali di altre culture
hanno creato nell’anglosassone-americano delle conoscenze vaste ma
approssimative, riserve mentali e anche ipocrisie, compensate in parte
dall’esperienza del mondo, dalla disciplina nazionale e dalla incrolla-
bile fede nel proprio destino.
Oggi sembra che una vera comunità anglo-americana vada appena
formandosi con la fusione di tutte le genti dell’America del nord e con
il sogno del dominio del mondo.
Il detto campanile, composto da un architetto anglo-americano ave-
va questo aspetto: erano evidenti il senso utilitario, la mancanza di
visione artistica ed estetica e la linea ampia. Non mancava però la
chiarezza ed il risultato sembrava libero da sentimentalismi e pre-
giudizi.

Il Francese di discendenza celto-latino-germanico ha proprietà molto


particolari.
Le principali caratteristiche risultano dalla sua posizione geografica
fra i popoli più progrediti del mondo e dalle sue condizioni di vita
molto favorevoli.
Fornito di intelletto brillante, acuto osservatore e
diligente studioso di particolari, il francese unisce
le qualità celtiche alle latine, dimostra sempre si-
curezza di giudizio, fiducia in sé, molta misura e
moltissima capacità di portare ogni impegno ad
una equilibrata soluzione.
Il suo sogno è la sicurezza, l’equilibrio spirituale e
materiale e l’orgoglio di essere, sotto molti aspetti,
all’avanguardia dell’evoluzione umana.
Nella composizione del campanile l’architetto
francese cerca chiarezza, sottolinea i motivi prin-
cipali e dà la massima importanza agli elementi
che li congiungono. Il tetto è unito gradualmente
alla campanaria e questa altrettanto alle scale e
all’entrata. Ne risulta una grande unità e armonia,
spesso a scapito della forza di concetto e dell’origi-
nalità dell’opera.

118
Sarebbe facile continuare la serie degli esempi ed estenderla a popoli
asiatici ed africani ma è sufficiente ripetere che ogni popolo presenta
un meraviglioso esempio di adattamento alla vita e che sarebbe un’il-
lusione pensare di poter comporre alla maniera di un altro popolo e
che sia giustificata la preferenza per un dato sistema.
Ognuno deve cercare di trovare se stesso per mettere in opera le sue
migliori capacità. La più ingenua espressione del proprio pensiero è,
dal punto di vista dell’arte, di gran lunga preferibile alla copia più o
meno raffinata della produzione o dei modi altrui.
L’individuo è la sede di ogni potenzialità. Altri individui e popoli con-
tribuiscono continuamente alla sua evoluzione; ma questo influsso,
importantissimo per se, è minimo di fronte al tesoro delle specifiche
qualità di ognuno, acquisito con millenaria fatica di adattamento.
Non si può giudicare l’individuo senza tener presente questo fatto.

119
LA SOCIETÀ UMANA
CAP. XIII

37. Convivenza societaria

I ntendiamo per società umana la moltitudine di ogni provenienza e


qualità che convive in un dato territorio.
Nella natura esistono molti esempi di regolare buona convivenza fra
flora e fauna e fra singole specie con esempi ben noti alla scienza. Il
punto di vista infinitesimale la suppone necessaria ovunque. Il contat-
to di tutto il mondo, l’Acma, porta con se questo bisogno.
Così sembrerebbe, ma la società umana, il gruppo più evoluto degli
esseri viventi, ha un aspetto ben diverso.
È terrificante vedere la battaglia di interessi che si svolge senza posa,
davanti ai nostri occhi, tra i membri della società umana. È forse la
lotta più feroce tra tutti gli esseri viventi. Invano cerchiamo la buona
convivenza; egoismi, rapacità individuali e di gruppo, agiscono come
pirati, si spoglia senza pietà il prossimo e si figura poi onoratissimi
nella società, da gente per bene.
Nessun ideale, nessun pensiero più alto né coscienza dei doveri civili
sembra interessare. Città e paesi ne sono testimonianza: alte rin-
ghiere cingono i villini, espressione evidente della mentalità degli
abitanti. La comprensione e il respiro libero della natura sono sof-
focati, le famiglie sono senza armonia, gli individui sono senza vita
spirituale; la società moderna è veramente un miserrimo prodotto
dei nostri tempi.
La nuova letteratura rispecchia fedelmente il fenomeno e hanno
contribuito a formarlo anche la meccanizzazione del lavoro, lo svi-
luppo dei trasporti, incroci di culture e mentalità, le rapide fortune.
La famiglia, le tradizioni, la religione e la volontà di cooperazione
sembrano passati in seconda linea. Arricchirsi ad ogni prezzo è di-
ventato l’unico ideale, processi scandalosi e gangsterismo più o meno
mascherato sono gli estremi del panorama della nostra società.

123
Tutto sembra un caos disorientato, l’Acma cristallizzato. È vero, non ci
sono né possono esistere due esseri del medesimo pensiero. Lo sappia-
mo: le opinioni, attività e interessi sono differenti per la natura stessa
delle cose; ma riguardo all’avidità di possesso, la grande maggioranza
sembra essere assai unificata.
A tutto ciò si aggiungono residui di mentalità di casta superate, persi-
no di diritti signorili o medioevali che ingombrano ancora le migliori
coscienze. E non manca della gente umile in Italia e altrove che li
riconosce tacitamente.
La depositaria di queste tendenze è, o sembra essere, la cosiddetta
borghesia. Lontana da ogni comprensione dei doveri dell’uomo, mos-
sa da particolarismi, sembra eticamente degenerata e si oppone ad
ogni considerazione morale o alla comprensione del senso della vera
convivenza.
Si presenta così all’osservatore il quadro della realtà.
Non è del tutto giusto. Si sottrae ai nostri occhi moltissimo onesto la-
voro, fatica e molto altruismo disinteressato, molte tragedie e lacrime.
È comunque dominante l’esclusiva preoccupazione per gli interessi
materiali, addirittura in forma di smania non ragionevole. L’ingiusti-
ficata importanza di persone facoltose o ambiziose e la cretina ammi-
razione che spesso godono è una conquista troppo facile e seducente
e molte persone di coscienza debole, avide e vanitose, intraprendono
volentieri quella via.
La società è in continuo fermento: infiniti interessi si incrociano, si
intrecciano e creano, giorno per giorno, nuove relazioni e gruppi di
pensiero molto contrastanti.
Sembra una lotta di caotiche energie, sfinge eterogenea dai molti cam-
biamenti, impossibile da definire e classificare.
Pochi riescono a farsi programmi e idee chiari o a prendere posizioni
precise e diventa sempre più difficile scoprire le intenzioni delle mas-
se - se pure esistono - o le intenzioni della società.
Sarà sempre desiderabile migliorare il tenore di vita ed è anche certo
che, entro certi limiti, la situazione economica influisce sul livello di
cultura. Credere però che questo livello dipenda dalla ricchezza è sba-
gliato e non può giustificare le frenesie di arricchimento.
Ad aumentare le possibilità del singolo sono altri indubbi fattori di
evoluzione come l’iniziativa individuale e la formazione di sempre

124
nuovi gruppi e associazioni. Spesso si formano individui superiori di
poca coesione ma che riuniscono tuttavia le energie e il pensiero del
singolo che può ricavare dall’unione massimi vantaggi con il minimo
impegno.

38. Gli interessi materiali

Per cercare di comprendere la società conviene dividerla in gruppi


di interessi affini e studiare dal nostro punto di vista infinitesimale le
cause e i moventi del comportamento. Con questa intenzione mi piace
unire in una categoria le persone di prevalenti interessi materiali, in
una seconda quelle di prevalenti interessi morali e spirituali, e in una
terza quelle di prevalenti interessi ideali.
In ogni famiglia si trovano persone riconducibili in queste tipologie e,
tenendo conto dei continui cambiamenti, sarebbe facile formare tre
gruppi piuttosto uguali numericamente.
Questi tre gruppi di mentalità non coincidono con nessun partito po-
litico, i loro seguaci si trovano in ogni associazione e vi apportano
sfumature più o meno pronunciate.
Prevalenti interessi economici muovono la borghesia e la plutocrazia
e gran parte del proletariato, ma osservando meglio, si trovano per-
sone di questa categoria in ogni strato della popolazione. Questi non
si interessano troppo per le questioni pubbliche e dello Stato. Vorreb-
bero la massima libertà per le loro azioni senza impegni od obblighi.
Li caratterizzano qualità positive e negative e una lunga serie di at-
titudini particolari. Ogni mentalità, come ogni attività, va rispettata.
È anche naturale che ognuno debba curare le proprie questioni eco-
nomiche; lo scambio dei prodotti non è meno necessario di qualsiasi
altra attività.
Le preoccupazioni e la concorrenza, inevitabili nel mondo degli affari,
non devono però escludere la buona convivenza né rendere impossi-
bile la concorrenza o l’appoggio vicendevole. Di rado hanno ragione
di esistere gelosie e invidie e sono sempre esagerate e ingiuste, spesso
rivolte contro i propri interessi. La lotta economica può sempre muo-
versi entro limiti corretti.
A nessuno mancano impulsi generosi. Il lavoro stesso è titolo di no-

125
biltà e di soddisfazioni che la ricchezza da sola raramente può vantare
o dare. Fra i più ricchi uomini del mondo vi sono pochi veramente
contenti. Io non ne incontrai nessuno.
Non è facile creare l’equilibrio fra le ambizioni umane. Esse sono
troppo estreme e individuali, piene di contrasti e si muovono fra l’esi-
stenza di un Creso e quella di un San Francesco. È difficile dire quale
delle due esistenze fosse la più soddisfacente, è però molto probabile
che la vita del Santo sia stata più gratificante di quella di qualsiasi
miliardario. La corsa sfrenata all’arricchimento è anche antisociale
e può diventare delittuosa, non occorrono considerazioni giuridiche
o morali per comprenderlo. Sono difetti di legislazione a permetter-
la, perché è evidente che guadagni troppo sproporzionati alla qualità
dell’opera, al rischio e al lavoro sono disonesti e fatti a spese e danno
del pubblico o del fisco.
Commercianti, imprenditori e liberi professionisti abusano troppo
spesso della libertà, della garanzia delle leggi, delle tariffe commer-
ciali e professionali. E qual’è il risultato? La diseducazione dei figli,
la decadenza della società e reazioni fanatiche da parte delle masse
che intuiscono il male perpetrato e costringeranno a radicali riforme
sociali. Esse non hanno possibilità di porvi rimedio che reagendo in
modo fanatico quando le evoluzioni politiche offrono loro l’occasione.
I nostri concetti di giustizia sono ancora assai labili. La maggior parte
dei processi cosiddetti civili dovrebbe essere trasformata in procedi-
menti penali. Troppe volte una parte cerca di sopraffare l’altra appog-
giata da avvocati servili, senza freni di coscienza e morale. La delibe-
rata difesa del torto è diventata cosa normale e questo sotto l’occhio
delle leggi! La maggior parte dei rapidi arricchimenti sono realmente
una truffa raffinata o il risultato di corruzione.

39. Il lavoro

C’è molta gente che vive di rendita o a spalle degli altri, senza far
niente pur essendo sana e capace di lavoro.
Il lavoro è il contributo del singolo individuo alla vita comune. Questo
contributo è assolutamente doveroso ma anche estremamente vario e
spesso difficile da essere definito.

126
È una questione di etica sociale. Chi non lavora deve esser assistito e
aggrava la vita della comunità. Soltanto i bambini, gli ammalati e gli
inabili possono avere tale diritto, la ricchezza accumulata non può
crearlo. Il sistema odierno di pensionamento degli impiegati dovreb-
be essere riformato. Sarebbe preferibile, per esempio, collocare gli
impiegati dello Stato prima in parziale riposo, creando categorie di
servizio più leggero.
È necessario introdurre sistematicamente il lavoro obbligatorio per
tutti. Esso diventerà indispensabile per la preparazione dei lavori pub-
blici su larga scala specie in campagna e in località dove mancano
intellettuali o altri tecnici o professionisti adatti a tale organizzazione.
Ovunque si trova, la disoccupazione è dannosa e vergognosa in quan-
to dimostra l’imprevidenza della classe dirigente.
Il termine mancanza di lavoro è sciocco perché quello che manca è
soltanto l’idea e la preparazione tecnica ed economica dell’attività,
cioè l’organizzazione del lavoro. Questo è un punto di massima im-
portanza.
L’evoluzione sociale è alle porte. In un prossimo futuro queste situa-
zioni saranno intollerabili e la società umana dovrà subire profonde
riforme.
La riorganizzazione della vita sociale deve partire inevitabilmente
dalla preparazione e dall’organizzazione del lavoro.
I rappresentanti degli interessi politici ed economici del popolo do-
vrebbero avere piena comprensione per queste questioni e preparare
la legislazione futura.
L’esperimento sindacale non è che un primo timido passo. Se un Alexei
Stakanov è riuscito nelle miniere russe a portare la sua produzione di
carbone da una media di 15 a 200 tonnellate giornaliere, ha anche
dimostrato le immense possibilità di ogni sviluppo.
Il gruppo di prevalenti interessi materiali può occuparsi della riforma
sociale, materiale ed economica della vita.
Studiare e confrontare il valore commerciale delle cose può essere
attività utilissima e va sviluppata. Ma il pensiero di guadagno indivi-
duale non deve assorbire ogni energia, né soffocare altri interessi più
alti né altre possibilità di evoluzione.
Con ciò non si vuole negare l’importanza dell’oro, né il ruolo del
denaro. Anzi, sono propenso a dubitare che l’abolizione del denaro

127
con la creazione di buoni di lavoro o qualcosa di simile sia urgente
e conveniente.
Sembrerebbe più importante abolire legalmente o con accordi inter-
statali il costante interesse del denaro. Ogni cosa in questo mondo
cambia di valore per vetustà. Il reddito costante del denaro non è na-
turale, è un concetto da usuraio ed è impropria la sentenza giudiziaria
che stabilisce costanti interessi per tempi lunghi o indeterminati. Sal-
vaguardare gli interessi materiali è una delle necessità della vita ma
non la principale e tanto meno l’esclusiva. Ci sono altri fattori che il
singolo individuo e la società non devono perdere d’occhio. L’equili-
brio sociale e la vita umana potrebbero migliorare e corrispondere di
più all’evoluzione.
Sembra dunque che il gruppo di prevalenti interessi materiali sia di
principale importanza. Esso deve occuparsi della riforma economica
della vita sociale e in questo ambito deve preparare il rinnovo della
nostra società.

128
CAP. XIV

40. Religione e scienza

U n secondo gruppo della società comprende persone che hanno


prevalenti interessi morali, spirituali ed ideologici. Vi apparten-
gono individui di ogni professione e ceto sociale, gran parte della
popolazione rurale, del minuto abitante della città, degli impiegati e
militari.
Anche qui non c’è unità di pensiero. Fulcro di questi interessi sono la
politica, la scienza e il culto.
Gli interessi politici muovono tutti secondo diversa intensità, ma ci
sono alcuni che vedono in quell’occupazione il proprio principale
compito e ne sono entusiasti e fanatici sostenitori.
Contribuiscono a questi eccessi l’idealismo, l’altruismo, lo spirito gre-
gario, la discriminazione razziale e altre falsità. Escludendo il dannoso
dilettantismo, il loro compito potrebbe essere di grande importanza
per l’organizzazione della società umana.
Le necessarie capacità dell’uomo politico sono, o dovrebbero essere,
una lunga preparazione, una profonda conoscenza della vita e la ca-
pacità altruistica di superare preconcetti di parte e di partito, il tutto
unito a solide qualità tecniche, scientifiche e morali.
Per quanto riguarda l’ambito scientifico, la scienza non è lontanamente
quello che molti credono. Non esiste nulla di assoluto, di compiuto, di
stabile e ogni studio e osservazione non è che un avvicinarsi alla verità.
Ogni pretesa di certezza, di esaurienti spiegazioni è antiquata ed è in
contrasto con il libero pensiero individuale, lavoro di fantasia o concetto
di religione. Oggi certi postulati di positivismo o discussioni sull’origine
del mondo dello spirito, della metafisica e simili, sembrano senza senso.
Ogni individuo concepisce il mondo a modo suo, ma nessuno può
esaurire il suo pensiero in concetti religiosi o scientifici cioè in una sola
categoria di idee. Ognuno, occupato dai problemi della vita, crederà e
si interesserà più facilmente a quello che, a seconda della sua sensibi-

129
lità, risulterà più impresso nell’anima sua dalle influenze del mondo.
Non esiste nulla di assoluto né di esauriente e non possiamo che av-
vicinarci alla verità; essa è ancora infinitamente lontana dalla nostra
comprensione.
Lo scetticismo di Kant è giustificato quanto la sua opposizione al dog-
matismo e ad ogni concetto materialistico del mondo. La Chiesa im-
magina la verità in senso assoluto ma coll’andar del tempo molti sbagli
verranno rettificati, senza abbandonare gli assiomi di partenza. Tutto
è questione di evoluzione.
L’insegnamento morale sarebbe impossibile con metodi vaghi e pole-
mici, sempre antieducativi, ed allo stesso tempo non si possono inse-
gnare all’allievo concetti troppo personali senza far del male.
I più grandi uomini ammettono le possibilità trascendentali. Nessun
concetto scientifico si oppone al volo della fantasia in un mondo più
elevato o, se si vuole, all’idea di Dio.
I concetti morali, l’educazione della coscienza, il superamento di se
stessi, la buona volontà, erano sempre le tendenze della cultura uma-
na e presupposti per una vita più elevata, che non è raggiungibile
senza duro lavoro e capacità di sacrificio. Questo gruppo lo intuisce.
Lo dimostra la vita dei migliori uomini. La coscienza delle necessità
morali e di sacrificio esiste e la Chiesa ne dà largo esempio con i van-
geli e le cerimonie mistiche.
I contrasti tra la religione e la scienza sembrano residui di altri tempi
e non hanno ragione di esistere. Non credere non è più facile del
credere e qualsiasi norma etica si può forse giustificare meglio scien-
tificamente che religiosamente.
Religione e scienza sembrano spesso senza contatto con la vita, si pos-
sono riscontrare strane unilateralità di menti fra accademici e prelati
e si sentono giudizi assai dubbi su materie per le quali mancano di
competenza.

41. La morale

Il secolare compito della religione ha preparato un terreno morale


fruttuoso, di immensa importanza, insieme alle esperienze della vita
e alla nuova coscienza sociale. Sarebbe tempo di valersene seriamen-
te e sistematicamente. Molti concetti etici appaiono ancora cristal-

130
lizzati e la Chiesa vi contribuisce con formalismi troppo accentuati.
Non esiste fede assoluta - fuorché nelle intenzioni dei Santi - come
non esiste scienza assoluta. Esistono concetti morali e ricerche che
ogni giorno vanno perfezionandosi.
La scienza che scopre le leggi della natura è un’alta scuola di morale
che cerca la verità senza preconcetti.
È logico che la Chiesa insegni la morale con millenaria esperienza e
sotto forma di comandamento di Dio; la scienza stessa si serve delle
leggi della natura. La nostra nuova consapevolezza riconosce l’assolu-
ta necessità dell’ubbidienza civile, dell’onestà e della dirittura di carat-
tere. Così le basi dell’etica nuova sono date.
L’uomo è un fiore nato e formatosi per un dato scopo; sottrarsi ai
propri obblighi e’ contro la natura. La religione dice: contro l’ordine
stabilito da Dio.
Chi sfugge si suoi doveri si illude di crearsi libertà e vita più felice,
agisce secondo ogni esperienza contro i propri interessi e quelli della
stirpe. La società moderna conosce perfettamente i limiti della libertà
e, spesso, superficiale e interessata, a proprio danno, appoggia quasi i
sistematici abusi - di cui la grande maggioranza del popolo ha piena
coscienza etica.
Non può restare ignorato quanto San Francesco sia interprete dell’eti-
ca e pietra angolare della morale futura.
La Chiesa sembra quasi inefficace di fronte alle passioni e alle vicende
della vita. L’educazione dovrà affrontare questi problemi in modo più
conclusivo, gli interessi del popolo e della stessa Chiesa lo richiedono.
La Chiesa cattolica può essere preferibile alla servilità politica di molti
culti, pur con tutte le sue debolezze e le difficoltà che oppone alla
sistematica evoluzione interna di uno Stato.
Essa è anche specifica creazione della mentalità latina, per quanto
tenga nel suo arredo elementi arcaici, semitici e di altre mentalità dif-
ficilmente eliminabili. Se queste nascono da una difficile mescolanza,
contribuiscono all’universalità ideologica.
Le sue tendenze universalitistiche e conservatoristiche si oppongono
a eliminarli, come sarebbe facile e logico. La componente estera nel-
le sue gerarchie contribuisce al carattere conservatoristico quanto
alla larghezza di vedute. L’universalità è la ragionevole tendenza di
ogni ideologia fin dove non si scontra con le leggi e la morale della
comunità. Questi sono i punti deboli della religione cattolica.

131
Comunque, rigida e conservativa, è sempre soggetta, come ogni altra
cosa, all’evoluzione.
Nella tormenta dei conflitti umani la Chiesa cattolica pare una nave
ancorata ad un fondo più saldo di molte altre istituzioni. Le sue orga-
nizzazioni appaiono anche meno esposte al logoramento.
La Chiesa vede nello Stato talora un’istituzione avversa, non ne rico-
nosce l’assoluta necessità - pur usufruendo dei benefici - ed è poco in-
teressata all’evoluzione sociale, alla necessità di difesa, all’educazione
generale ed alla nascita di libere istituzioni.
Valuta il fattore morale ma non ritiene necessario mettere in opera la
seria cooperazione con le autorità civili su tutta la linea. Mossa da in-
teressi ritenuti superiori e di carattere universale, tende a conservare
le distanze e con ciò la sua specifica individualità.
In questo modo la Chiesa si assume talvolta gravi responsabilità ri-
guardo alla riforma sociale e all’educazione popolare e come conse-
guenza nascono dubbi sull’efficacia di certe istituzioni religiose per
lo più simboliche. Queste situazioni portano a grave dissenso e grave
danno per l’organizzazione della società, per la causa sociale e per la
Chiesa stessa.

42. I fattori educativi

La Chiesa si ritiene responsabile dell’educazione morale del popolo


e nascono spesso dei dubbi sull’efficienza di questa attività. Ma noi
dobbiamo considerare l’individuo Chiesa cattolica con la sua vecchia
esperienza e saggezza, cosciente e capace di qualsiasi evoluzione so-
prattutto per il suo grande contatto con le masse del popolo. Le dedu-
zioni risultano da sole.
Si può ben immaginare uno Stato di contemplatori e di santi e ne è
esistito anche qualche esempio sebbene la Storia ne abbia dimostrato
la loro inconsistenza. Per l’esistenza di un organismo vitale occorre
l’equilibrio di molte diverse qualità.
Nessun trattato, nemmeno il Lateranense del 1929, è riuscito finora
a conciliare effettivamente la Chiesa cattolica con lo Stato, mentre la
grande maggioranza del popolo non comprende la necessità né l’uti-
lità dei contrasti.
Il conforto religioso mette nelle mani del clero un enorme potere.

132
Perciò non vi è motivo di invadere campi del sociale e della politica.
Non sono tollerabili contrasti tra la Chiesa e lo Stato già per motivi
educativi ed entrambi dovrebbero insistere sulla chiarezza.
S. Agostino afferma: Solo alla parola rivelata di Dio credo senza tema
di errore ed offre uno splendido esempio. Il sacerdote moderno repri-
me le masse ma si dimostra debole verso la borghesia confondendo
facilmente gli interessi della società.
Una Chiesa apolitica, indipendente, con la sua grandiosa tradizione,
dovrebbe essere un esempio luminoso nella vita di un popolo come
l’italiano, insegnando vero amore e la coscienza del dovere e del sa-
crificio con francescano entusiasmo e potrebbe fare dei miracoli nella
formazione del carattere dell’uomo.
Il gruppo di cui parliamo sarebbe di grande importanza nell’orga-
nizzazione della società perché rappresenta la vita spirituale, l’Acma
dell’esistenza dell’uomo.
In realtà non arriva a tale posizione. In Italia, come altrove, ai partiti
di questo gruppo manca troppo spesso la comprensione per la vita
del popolo e per i grandi problemi del tempo. Nella Chiesa cattolica
l’internazionalismo - mosso da interessi non puramente religiosi - crea
divergenze di fronte alla società. Vale altrettanto per molti comparti
della scienza. Il cittadino osserva gli esempi e perde facilmente la fede
e la fiducia negli ideali morali e dubita dei più elevati concetti della
vita, mentre scienza e religione dovrebbero fornire i più importanti
fattori educativi.
Anche i concetti morali cambiano nel corso dei secoli. A formarli con-
tribuiscono svariati fattori: la vita, il contatto con altri popoli, il con-
tatto con tutto il mondo, l’Acma.
Esaminando questo problema ognuno si persuade del bisogno di con-
seguire norme chiare entro equi limiti con l’appoggio della legge, del-
la coscienza pubblica e di tutti quanti contribuiscono all’educazione
morale.
Questa necessità è tanto più grande e decisiva in quanto incide sulla
vita di tutto il popolo ed in quanto il contatto con tutto il mondo e
l’Acma portano i popoli a conoscere concetti differenti, spesso contra-
ri, che sono di per sé un necessario contributo all’evoluzione generale
ma in molti casi risultano pericolosi e disorientanti per la coscienza
di una data stirpe. Questo dovrebbe essere il grande contributo del
gruppo di prevalenti interessi morali.

133
CAP. XV

43. Concetti di sentimento e intuito

I l terzo gruppo è quello che si lascia guidare prevalentemente dal sen-


timento e dall’intuito, che ama la vita contemplativa, che ha sensibili-
tà e comprensione per i miracoli della natura. Vi appartengono persone
di ogni ceto e sesso e professione, gli artigiani, tecnici e artisti, molti
impiegati e la gioventù prima d’esser presa dal vortice dell’affarismo.
La caratteristica del gruppo si esprime principalmente nella preferen-
za di attività libere, di arte e mestieri o per le lettere. Questo gruppo
ama la vita indipendente per il profondo bisogno di esprimere le pro-
prie capacità come e quando desidera.
Disinteressati e pacifici, hanno poca comprensione per le questioni di
religione, commercio o per gli affari di Stato, hanno poco senso prati-
co mentre sono capaci di adattarsi facilmente a ogni situazione e sono
capaci di concentrare ogni loro energia nella professione. Sono spesso
refrattari a comprendere i ragionamenti degli altri.
Il loro modo di pensare è semplice e regolato dalla sensibilità e offre
molte occasioni di mettere in opera, oltre all’intelligenza, le capacità
d’intuito, di sentimento e di fantasia. Non è sostenibile riconoscere
nell’arte una forma assoluta di spirito, come dice Gentile.
Ogni attività umana presuppone un concetto spirituale e consiste nello
stilizzare i fenomeni della natura, cioè dare forma concreta alle idee.
Anche un generale o un giudice devono servirsi dell’intuito per riusci-
re. Ognuno esercita istintivamente le sue doti particolari ed in questo
senso può essere definito artista.
L’educazione scolastica trascura molto questo lato della capacità indi-
viduale e l’allievo delicato e sensibile è spesso vittima dell’incompren-
sione. È istruttivo osservare sotto questo riguardo i lavori dei giovani.
Per questo motivo la scelta degli insegnanti va molto curata e il loro
intervento deve fermarsi alle questioni di disciplina e di orientamento.

134
Sarebbe utilissimo raggruppare gli allievi secondo le loro attitudini.
Il primo bozzetto di un’artista è pieno di errori, esso rispecchia lo stato
d’animo da cui l’artista è partito con tutte le imprecisioni del caso. I
lavori successivi, più perfezionati, non sono per questo più perfetti del
primo. Ciò vale per ogni nostra attività.
Ogni artista è cosciente di questa verità e sa quanto rimane lontano
dalle proprie intenzioni e dalla natura. Egli osserva il continuo muta-
mento delle cose, intuisce che il proprio modo di vedere varia senza
posa e più lavora meglio comprende le difficoltà di esprimersi bene
con i mezzi della propria arte.
Vale questo per qualsiasi attività umana ed è questo il risultato più
istruttivo di ogni studio. Con il successivo accrescersi della sensibilità,
progredisce la chiarezza della visione e migliora la qualità dell’opera
nei limiti della capacità individuale. Ognuno ha entro certi limiti sen-
so per le caratteristiche e la plastica delle cose, per il disegno, le tinte,
i suoni, e anche per la composizione, ma ci vuole una sensibilità molto
sviluppata e armonica e della tecnica molto raffinata per produrre una
vera opera d’arte.
Spesso sentiamo dire “cerco il bello a prescindere da dove provenga”.
Sono parole simpatiche ma in realtà questa persona di solito preten-
de l’espressione artistica come essa stessa se l’immagina! Non mostra
quasi mai vera comprensione per le idee altrui e trova buono o bello
soltanto ciò che corrisponde alla sua propria mentalità, fornendo così
delle motivazioni alla ricerca della sola arte affine, individuale ed et-
nicamente connotata.
Per comprendere la funzione dell’Acma non è immaginabile una mi-
gliore occasione che un’esposizione di belle arti. I riverberi di tutto il
mondo, le lotte interne, le prove e i travagli di tanti artisti sono docu-
mentati con limpida chiarezza e tracciati con assoluta sincerità nei la-
vori e negli oggetti esposti, capaci di suscitare profonde soddisfazioni
nell’osservatore preparato.
L’artigiano si trova nelle medesime condizioni, anche se il suo compito
è di per sé facile ma impegnativo e richiede molta attenzione e finezza.
Qualunque cosa può esser oggetto d’arte e il vero artigiano investe
amore, entusiasmo e la sua capacità, non importa che si tratti di un
semplice muro si sostegno o di uno strumento musicale. L’orgoglio e le
sue idee lo spingono con forza e gioia all’esecuzione della sua opera.

135
Ha bisogno di lavorare quando e come vuole ed è a disagio se manca-
no queste condizioni. Sullo stile e sulle idee incidono nuove tendenze,
nuovi materiali, nuove tecniche ed esperienze che imprimono all’ope-
ra il sigillo dell’epoca.
Un grande compositore affermava: Tutto il mondo è pieno di musica*
ma è molto più difficile eliminare il superfluo che concepire del nuovo
e caratteristico.
Questo rappresenta il travaglio dell’artista che più si immerge nella
sua arte più percepisce l’infinita ricchezza della natura, mai abbastan-
za avvicinabile, e si sente costretto a semplificare e stilizzare, sempre
rivolto alla ricerca del nuovo, a perfezionare, a limitare le proprie
ambizioni. È anche una scuola di umiltà e di onestà.
* Forse ispirato dall’affermazione: “La mia idea è che c’è musica nell’a-
ria, musica attorno a noi; il mondo è pieno di essa, e basta semplice-
mente prendere ciò che si desidera” del compositore Sir Edward Elgar,
1857-1934.

44. L’importanza della sensibilità

Ogni arte è in ultima analisi la ricerca di se stessi ed è senz’altro uno


dei più reali coefficienti del livello di cultura.
L’educazione del popolo dovrebbe servirsi largamente di questo fatto.
È molto difficile incanalare la sensibilità.
Occuparsi d’arte nelle scuole elementari è per lo più di poca utilità,
ciononostante l’arte dovrebbe penetrare tutta la vita, la produzione
industriale e tutti i campi dove la sensibilità per la forma e la tecnica
può essere importante, cercare la semplicità e combattere gli elementi
decorativi convenzionali e superflui, preferendo una chiara espressio-
ne ed una esecuzione corretta.
Il concetto infinitesimale trova nell’arte il settore più comprensibile e
meglio spiegabile.
Tutti i fenomeni della natura richiamano la nostra attenzione ed in-
vitano ad assimilarli e a tener conto di loro. L’opera dell’uomo deve
però essere sempre indirizzata ad uno scopo, unico mezzo per darle
direttiva e forza.
Uno dei più grandi finanzieri d’Europa mi confidò: le grandi operazio-

136
ni economiche non si possono calcolare, bisogna intuirle; nonostante
ciò è necessaria la più coscienziosa preparazione di ogni opera grande
e piccola.
Questo vale per ogni piano, bozza o altra attività e prima di tutto per
l’arte e l’artigianato.
L’intuito è capace più della ponderazione di riassumere tutte le possi-
bilità e le finezze che circondano e compongono ogni fenomeno e solo
riesce a integrarle e valutarle fino alle conclusioni.
Ci sono campi dove la sensibilità per la forma e la tecnica può portare
vantaggi, anzi, dove è indispensabile. Sono trascurate in questo senso
moltissime produzioni industriali, a loro proprio danno!
Definire l’arte stessa è difficile e di poca importanza mentre è di mas-
sima importanza coltivare la fine sensibilità, il senso per la semplicità
e chiarezza e per il concetto superiore.
In ciò consiste l’importanza di questa categoria di persone che abbrac-
cia la terza parte della società umana. Alle eccellenti qualità di questo
gruppo spesso corrispondono gravi mancanze personali che ne fanno
pessimi cittadini nei momenti di crisi, poco adatti a guidare le sorti di
un popolo.
Hanno poca disciplina sociale e scarsa comprensione per la vita fami-
liare e i problemi del Paese o per i doveri del buon cittadino e i compiti
dello Stato e questo può farne, nei momenti di crisi, pessimi cittadini.
Spesso è ritenuto di valore artistico ciò che è pieno di ornato superfluo
o di aspetto vecchio e caduco, frutto di incomprensione che crea falsi
concetti d’arte.
Ad esempio, a chi non starebbe a cuore la conservazione della città
lagunare e dei suoi immensi tesori d’arte? Questo desiderio diventa
invece mania malsana sotto la quale Venezia soffre e si nascondono
incompetenza o interessi privati che finiscono per impedire il risana-
mento o l’accesso ad intere zone dove rimangono nascosti splendidi

spazio per disegni che sono stati perduti

137
oggetti d’arte oppure causano la conservazione di case di nessun valo-
re artistico, igienicamente e costruttivamente intollerabili!
Il cittadino veneziano non sa quale miracolo di bellezza si aprirebbe
al mondo e quale nuovo impulso di vita con poche linee di sano sven-
tramento.

45. Arte e mestieri

Si possono osservare in molte altre occasioni preoccupanti tendenze


iperconservative che nell’arte portano alla copia di vecchi modelli. In
altri casi la causa di pessime produzioni è la falsa economia degli in-
dustriali o la mancanza di una buona scuola di artigianato o del senso
per la semplicità.
Tuttavia l’arte moderna italiana presenta un imponente insieme che
supera, specialmente nelle belle arti, la produzione di altri Paesi.
Se osserviamo l’arte dei nostri tempi possiamo notare che in Italia
si continua sulla larga base delle grandi tradizioni e adattandosi alle
attitudini conservatoristiche del pubblico.
La scultura sembra all’avanguardia ed in pieno splendore; la pittura
non sembra essere più condizionata dal peso delle pinacoteche ma
pare abbastanza frenata dalle attitudini conservative del pubblico.
Ogni nuova Biennale veneziana degli ultimi anni ha dimostrato gli
sforzi enormi di tanti artisti rivolti alla ricerca tecnica, all’osservazio-
ne, alla composizione e dediti a concetti idealistici quanto a esperi-
menti futuristici.
Liberarsi dalle convenzionalità e dal manierismo è la terribile preoc-
cupazione di ogni artista e specialmente dell’architetto moderno. L’ar-
chitettura si avvia alla rinascita in grande stile ad onta di tutte le diffi-
coltà. L’ultimo mezzo secolo era dedicato al superamento delle forme
del passato e all’assimilazione di nuovi materiali e di nuove tecnologie
ma tra pochi decenni rinascerà la nuova architettura italiana, senza
dubbio in modo splendido. Non si devono confondere con quest’arte
le correnti locali o individuali e ciò vale anche per il futurismo e le sue
tendenze regionali. I più grandi artisti, precedendo gli sviluppi, erano
sempre rivolti al futuro.
Bisogna comunque guardarsi dal passo troppo lungo anche nell’arte.

138
I modesti talenti che si prodigano in concetti troppo spinti finiscono
facilmente nel manierismo per nascondere le loro limitate capacità.
La sola buona intenzione non è sufficiente in nessuna attività, per
raggiungere le vette ci vogliono capacità e molto, molto lavoro, lunga
preparazione e solide qualità.
All’architettura e all’arte in genere pervengono giorno per giorno - e
da ogni parte del mondo - nuovi elementi, nuove ispirazioni, nuove
esperienze che influiscono e si intrecciano: è l’Acma palpabile e visi-
bile ad ogni piè sospinto.
Si spera che questa rinascita sarà preceduta dall’eliminazione di molti
residui ibridi e di transizione ancora esistenti.
Si vedono decorazioni superflue nell’arredamento delle abitazioni fi-
no alle case e ai villini, sparse senza misura, prive di alcun significato,
senza alcun valore artistico, anzi, segno di poca cultura. La vita nuova
costringerà a tornare alla semplicità e al giusto equilibrio che evita la
finzione e costringe alla misura.
Da ogni parte del mondo pervengono giorno per giorno anche all’Arte
nuovi elementi, nuove ispirazioni, nuove esperienze.
Non meno che nella vita sociale si fanno sentire anche nell’arte e nei
mestieri le correnti nuove del bolscevismo e dell’ americanismo. Sono
concetti differenti di vita. Possono contribuire a superare le stagna-
zioni e le convenzionalità e dare nuovi impulsi anche all’arte italiana.
Sotto questo riguardo siano benvenuti. Non c’è pericolo per le grandi
tradizioni né per i tesori trasmessi, l’evoluzione deve prendere più
largo respiro.

139
LO STATO
CAP. XVI

46. La formazione dello Stato

M entre la società ha l’aspetto di un agglomerato di disparate ener-


gie e ideologie in continua trasformazione, lo Stato si presenta
come un organismo articolato e funzionale, un individuo superiore
nel pieno senso della parola.
La sua formazione inizia con l’unione di famiglie in comunità e suc-
cessivamente in unità maggiori. Le città sabine e osche, libere repub-
bliche, si aggregarono a Roma per motivi di sicurezza.
Ad ogni vantaggio corrispondono però degli inconvenienti e la crescita
è sempre causa di minore omogeneità.
In tempi lontani e secondo antiche tradizioni italiane, lo Stato si identificò
nella maggior parte dei casi con il comune e con la stirpe. Anche lo Stato
moderno richiede quale base in-
dispensabile della sua formazione
la prevalenza effettiva di una po-
polazione, cioè di una mentalità e
di una lingua.
Le minoranze ideologiche, poli-
tiche o razziali, sempre esistenti,
possono essere grandi incentivi
all’evoluzione, ma presentano
anche l’ostacolo principale all’u-
niforme organizzazione del Pa-
ese, il cui interesse richiede di
attivare tutti i cittadini all’onesta
e fattiva collaborazione. La co-
scienza gregaria della comunità
è una delle maggiori forze che
esistono.

143
Il principale compito dell’attività organizzativa dello Stato è la difesa
dell’indipendenza e con ciò della sua integrità ed è rivolta natural-
mente ad assicurare l’armonica evoluzione di un popolo composto
dalla grande moltitudine di singoli individui molto diversi tra loro.
L’Acma e l’infinitesimale ci dimostrano che un programma unitario
delle masse non può esistere, come non possono essere antagonisti i
medesimi concetti.
Il singolo individuo vive guidato dai propri svariati interessi e da forze
incoscienti, mettendo in opera le sue qualità. Le sue azioni spesso non
sono proporzionate allo scopo, diventano interminabili lotte interne,
conflitti e guerre.
Lo Stato stesso è soggetto alle medesime logiche ed è talvolta costretto
ad impegnare tutte le sue capacità per difendersi. Le forze armate so-
no soltanto un elemento della difesa imposta dalla natura.
Secoli fa uno Stato di cinque o dieci milioni di abitanti pareva suffi-
ciente a se stesso. Oggi il numero di cinquanta milioni di abitanti rap-
presenta un minimo tanto per le questioni di sicurezza quanto per le
necessità di evoluzione culturale. Molti piccoli Stati sono costretti ad
importare dall’estero docenti per le loro scuole superiori, addirittura
pazienti per le loro cliniche e questo e’ significativo.
Anche per gli Stati ricchi come la Svizzera o il Belgio i moderni istituti
sperimentali costituiscono un lusso costoso.
Ci sono anche altri argomenti di maggior peso a deporre contro i pic-
coli Stati. La mentalità dei loro cittadini può diventare ristretta e per-
dersi nei labirinti di miseri interessi regionali. La loro stessa esistenza
non sembra giustificata perché basata spesso sulla rivalità di grandi
Stati vicini. Il loro contributo all’evoluzione generale è minimo e com-
pensa raramente i lati negativi e disgregativi.
Per le minoranze (che si chiamino Friulani, Piemontesi o Albanesi o
Gallesi) sarà stato doloroso sapersi assorbite e costrette a rinunciare
alle differenze date dalle tradizioni locali, ma l’evoluzione umana lo
richiede e compensa le rinunce.
La minoranza non si estingue ma si avvantaggia di maggior sicurezza
e di possibilità di sviluppo moderno, rafforza l’organismo maggiore e
vi imprime tracce profonde.
Talvolta, l’inclusione di una minoranza può avere un effetto straordi-
nariamente benefico - come l’aggiunta di wolframio all’acciaio. Ce lo

144
dimostrano molti episodi della Storia. Celti, greci, etruschi influirono
potentemente sull’evoluzione dei grandi popoli. La minoranza incor-
porata arricchisce il patrimonio culturale, può impedire dannose uni-
lateralità, può favorire le relazioni con i vicini ma, se troppo ostinata,
può ostacolare o indebolire le funzioni dello Stato.
È compito dello Stato attirare e assimilare le minoranze di cui è com-
posto e creare la necessaria unità di intenti nell’interesse comune.
Si parla spesso della protezione delle minoranze: essendo ogni Stato
composto di molte minoranze, sarebbe più logico promuovere il pen-
siero della maggioranza...
Entro i limiti delle istituzioni nazionali c’è largo margine per i senti-
mentalismi e le tradizioni locali come per i mutamenti che permettono
alla minoranza e al singolo di partecipare individualmente al respiro
di tutto il mondo. Alcune resistenze all’assimilazione sono inevitabili,
possono durare dei secoli e rappresentano il necessario adattamento
impostoci dalla natura.
Lo Stato, riassumendo tutte le tendenze regionali, se ne deve servire
come di una preziosa materia prima per le sue costruzioni, innestando
sull’orgoglio delle comunità locali lo spirito di interessi più vasti.

47. La volontà della maggioranza

La battaglia di adattamento si estende necessariamente a tutte le


componenti etniche e ad ogni partito politico, permettendo la nascita
dello Stato.
La sua ipertrofia può esser di impedimento alla sua evoluzione. Sono
ancora lontani accordi internazionali capaci di creare dei veri superstati
e sembra ancora esclusa per molto tempo anche la sistematica riparti-
zione dei compiti di produzione o di attività spesso progettate, come
pure il duraturo predominio economico e ideologico di singoli Stati.
Sembrerebbero invece naturali delle unioni continentali o grandi Sta-
ti federati - come uno anglo americano del nord, uno americano del
sud, un grande Stato germanico, uno Stato latino-mediterraneo, uno
russo-mongolo, uno nippo-cinese ed altri. Forse il tempo porterà a
maturazione queste idee di formazioni più grandi. Esse si presente-
ranno come unità economiche con grandi risorse capaci di creare una

145
nuova civiltà, ancora prevalentemente su affinità etnica/razziale. Lo
Stato si presenta ai nostri occhi come un individuo superiore munito
di tutte le qualità del singolo individuo e soggetto alle medesime leggi
infinitesimali, al lavorio dell’Acma.
I desideri dell’uomo si estendono tra il benessere materiale immediato
e le possibilità di sviluppo ideali. Ogni individuo e popolo ha le sue
speranze e sogni che incidono sul pensiero e sulle posizioni politiche
e portano le masse a vari atteggiamenti e a formare partiti di orienta-
mento diverso ma sempre mossi dall’idea di raggiungere con l’unione
più facilmente le loro mete.
Lo Stato non può identificarsi con questi gruppi anche se rappresenta-
no importanti questioni sociali o la cura delle anime, conquiste econo-
miche o interessi di fazioni. Esso deve essere di tutti, il suo scopo non
può essere altro che la propria esistenza con la migliore evoluzione
possibile di tutto il suo organismo.
Lo Stato è individuo a sé, superiore, che non può curarsi del benessere
particolare delle sue componenti oltre una giusta misura mentre deve
integrare tutti gli interessi del popolo. A questa entità, formata dall’u-
nione di tutti, il singolo è moralmente e fisicamente legato e servirla
è nel suo interesse e concetto eminentemente etico. Amarlo e servirlo
con sacrificio è nell’interesse del singolo perché esso rappresenta tutti
suoi ideali ed interessi.
È bella quanto ingenua l’idea dello Stato semplicemente amministra-
tivo e lo dimostrano sia la corsa delle Potenze per conquistare il mer-
cato mondiale che le guerre ideologiche.
Lo Stato deve dare corpo sia alle aspirazioni materiali del popolo che ai
sogni degli idealisti ma deve tener il piede fermo sulla terra, affrontare
le immediate esigenze della vita e della convivenza con altri popoli,
progettare il futuro ma frenare con disciplina le evasioni, gli eccessi, il
lusso e portare il popolo all’efficiente collaborazione. Chi sta al gover-
no dello Stato deve essere sensibile ai mutevoli aspetti della vita e alle
vibrazioni delle anime e deve amministrarlo con mano ferma e giusta.
Credo che fin qui sono tutti d’accordo ma le opinioni sulla scelta della
mano dirigente, sul modo di organizzare lo Stato e sui doveri del sin-
golo individuo sono assai divergenti. Molte circostanze si oppongono
alle soluzioni unitarie e altruistiche dei problemi politici e tutti esclu-
dono delle soluzioni definitive.

146
48. I fattori del potere

In Italia le tradizioni territoriali e politiche sono estremamente va-


rie e forti. I comuni etrusco-latini erano libere città che si unirono
a Roma e per oltre un millennio il SPQR non cambiò fisionomia.
Le repubbliche del medio evo, che terminarono spesso in tirannie e
regni, conservarono l’antico modo di pensare delle loro popolazioni,
profondamente penetrate dallo spirito di indipendenza e dalle tradi-
zioni dei liberi comuni.
Le moderne democrazie sono un esempio del medesimo lievito.
In Italia questo millenario sviluppo lasciò tracce incancellabili e ri-
spetto a questa situazione sembra quasi impossibile la fusione di tanto
diversi elementi in un corpo uniforme come dobbiamo desiderare e
immaginare uno Stato moderno.
A questi ostacoli si aggiungono le influenze dirette e indirette di ele-
menti interni e forestieri con i loro interessi individuali e le influenze
di enti morali e di culto che, spesso senza intenzione, dividono le ani-
me. All’inizio della guerra del 1939 il potere in Italia era nelle mani
del casato reale, dell’esercito e del governo fascista, ma sempre assai
frazionato. Dopo la guerra l’Italia torna a diventare repubblica e non
possiamo oggi nemmeno immaginare la costituzione dello Stato se
non basata sulla sovranità del popolo.
La volontà del popolo suppone, per esprimersi, la concreta attività di
un governo con chiari e precisi programmi, senza i quali manchereb-
be il sostegno dell’opinione pubblica. La volontà del singolo e delle
masse esiste teoricamente ma, essendo esposta a continue fluttuazioni,
non è in grado di pronunciarsi efficacemente.
Ne risulta una tale vicendevole interdipendenza di causa ed effetto che
lo Stato non può arrivare alla sana costituzione e a forme alquanto du-
rature che secondo passi successivi, dovendo rimanere sempre un orga-
nismo capace di elasticità e di adattamento. La Presidenza dello Stato,
indipendentemente dalla politica, può influire sugli uomini ed eventi
ma rimane sempre un fattore più ordinativo che creativo mentre nel
governo si intersecano forze come l’Acma a carattere morale, economi-
co, spirituale e soprattutto concetti umanitari. Il Governo stesso deve
essere unitario all’estremo, di chiarezza cristallina e assoluta onestà.

147
Da tutte queste considerazioni risulta che vi sono molteplici fattori al-
la base del potere nei singoli Stati moderni ma che il punto di parten-
za sta ancora senz’altro nella mentalità della comunità del popolo con
tutte le sue caratteristiche e qualità, pregi e difetti e ambizioni. Anche
in Stati multietnici è stato sempre un gruppo etnico prevalente a deci-
dere le direttive dell’organizzazione. Gli esempi dell’ex Austria e degli
Stati Uniti lo dimostrano. Concetti ideologici come il bolscevismo o la
Chiesa cattolica sono - o diventano nella loro evoluzione - prodotti di
una determinata comunità.
È stata una vana illusione per alcuni uomini di Stato quella di scaval-
care gli argini delle mentalità razziali rappresentate nelle masse. Tutti
gli esperimenti sono da ritenere finora falliti. Nelle difficoltà interna-
zionali e nei conflitti cruenti soltanto il popolo dominante si dimostrò
propenso a difendere lo Stato e pronto al sacrificio e con ciò costituì
il maggior fattore di potere e di qualsiasi origine e pensiero siano i
presidenti, i regnanti o i ministri, se ne deve tener conto.
L’Acma richiede sforzi di ogni genere senza garanzia di risultati, senza
previsioni sicure.
Ogni passo del governo che tocca interessi politici o economici pro-
duce immediate reazioni e propaganda. Eppure è necessario andare
avanti, la natura non prevede cristallizzazione. Le più elevate culture
e le migliori leggi possono esser impedimenti dell’evoluzione e deb-
bono cedere alla pressione di nuove forze, spesso meno evolute, ma di
maggiore aderenza alla vita.
La guerra mondiale sconvolse la società umana e rappresentò lo scon-
tro delle diverse mentalità razziali abbattendo città e sistemi di vita di
vinti e di vincitori.
Il caos e i danni materiali che ne derivarono, pure ingenti, contano
poco di fronte al crollo morale. Gran parte delle case era vecchia e co-
munque superata e bisognosa di riforma ed è desiderabile che anche
cose e luoghi meno colpiti dalle bombe subiscano dei vasti rinnovi e
che una corrente di aria fresca invada le città e le campagne liberando
le menti da idee superate, da meschinità borghesi che minacciano di
soffocare i migliori impulsi dell’uomo moderno.

148
CAP. XVII

49. L’organizzazione dello Stato

I migliori uomini di tutti i tempi riconobbero lo Stato e le sue leggi


senza discutere.
Socrate, condannato a morte dal Consiglio dei Trenta, fu sollecitato a
fuggire dagli amici. Egli rifiutò dicendo: Devo regolarmi secondo gli
ordini di quello che è sopra di me.
Date a Cesare quanto è di Cesare disse Cristo e non pensò a sottrarsi
al supplizio nemmeno per un attimo. Gandhi era pronto a tutte le
conseguenze quando proclamò la disubbidienza.
Tutti riconobbero nello Stato, cioè nella società organizzata, l’indivi-
duo superiore, vivo organismo che deve seguire la sua via con intran-
sigenza. Un governo che si presta a compromessi manca di energia e
tradisce il popolo e il suo compito. L’organizzazione dello Stato deve
basarsi sulle condizioni reali del territorio dato che permettono però
infinite specifiche possibilità di soluzione.
Nell’arco di una breve vita umana è impossibile mettere in opera un
programma troppo vasto. I tentativi e il consolidamento dei provvedi-
menti richiedono tempo. L’orientamento unitario e’ un lento processo.
Molti vedono il compito e la salvezza dello Stato semplicemente nella
giustizia sociale e nell’educazione, altri nel benessere dei cittadini, an-
cora altri vorrebbero provvedimenti radicali, abbattendo intere classi
sociali; la Chiesa crede di raggiungere ogni meta con l’educazione re-
ligiosa: già questo quadro di concetti differenti porterebbe l’organiz-
zazione di uno Stato su binari divergenti e dimostra che nessun grup-
po come tale è in grado di governare bene e che già l’idea di gruppo o
di partito è contraria all’armonica organizzazione dello Stato.
Lo Stato dovrebbe essere il polarizzatore della vita del popolo. Tutti
dovrebbero esser portati a vedere in lui il realizzatore di ambizioni, il
garante del benessere della propria discendenza.

149
Il popolo dovrebbe contribuire con ogni attività. Produzione e commer-
cio, arti e scienze dovrebbero tener presente l’interesse dello Stato, in
questo modo nascerebbe la più armoniosa convivenza e organizzazione.
Le leggi dell’Acma ci insegnano la inevitabilità delle grandi differenze
di idee sulla formazione dello Stato e di conseguenza l’impossibilità di
ordinamenti duraturi e meno ancora universalistici.
Ogni istituzione deve possedere la capacità di continuo rinnovamento;
questi fatti non possono esser d’impedimento, anzi dovrebbero essere
stimolo agli accordi necessari nei successivi passi della legislazione e
dell’evoluzione stessa.
Da oltre un secolo si cerca di consultare e ottenere la cooperazione del
popolo ma la volontà degli elettori è difficile da rilevare.
I deputati eletti in base alla propaganda privata e di partito offro-
no poca garanzia di obiettività. Sembrerebbe preferibile la scelta di
persone oneste di diversa tendenza che dovrebbero esprimersi sulle
questioni di attualità.
È nell’interesse di ogni governo disporre di informazioni e consulenti
attendibili poiché c’è bisogno di costante contatto con le masse e del
collegamento alle forze e alle qualità del popolo delle quali si deve
tener conto realisticamente per sapere fin dove si è compresi e seguiti.
La seconda guerra mondiale rivelò la prevalenza di tre sistemi politici
fra i popoli più evoluti. Quello delle democrazie, concetto anglosasso-
ne e capitalistico, con larga libertà di iniziativa privata e di sviluppo
individuale ma che suppone grandi risorse e imperialismi e porta fa-
cilmente allo sfruttamento di altri popoli.
Il concetto comunista degli Stati Sovietici con l’abolizione della pro-
prietà privata ed il potere nelle mani del proletariato; teoria ideo-
logica di varie tradizioni che presuppone una disciplina dittatoriale,
l’uguaglianza di tutti e sembra ancora legata a tradizioni panslave.
Il concetto nazional-sociale di molti altri Paesi che prevede la coope-
razione obbligatoria di tutte le forze esistenti, conserva la proprietà
privata, accentua la cultura nazionale e la larga giustizia sociale, pre-
suppone però l’assolutismo e crea pregiudizi razziali.
I tre concetti sono molto contrastanti e fondati sulle differenti menta-
lità dei popoli e su premesse tanto divergenti da escludere, per ora, la
loro fusione. Tuttavia sono degni di profondo studio.
Non c’è dubbio che lo Stato dovrebbe essere il polarizzatore di tutta

150
la vita di un popolo. Tutti dovrebbero essere portati a vedere in lui il
realizzatore di ogni ambizione, il garante del benessere ideale della
propria stirpe.
Il popolo dovrebbe contribuire perciò con ogni pensiero e attività
all’opera dello Stato riponendovi ogni orgoglio, ogni sogno, esaltan-
dolo in ogni occasione, concentrandovi ogni entusiasmo di cui il sin-
golo è capace. Produzione e commercio, arti e scienze, poesia e cul-
to dovrebbero coltivare l’idea dello Stato quale guida luminosa della
propria attività. Allora nascerebbe automaticamente la più sublime
organizzazione di convivenza e scaturirebbero le forze per assicurarla.
Anche in questo caso le leggi dell’Acma ci insegnano la inevitabilità
delle grandi differenze di idee sull’organizzazione dello Stato, la im-
possibilità di creare ordinamenti duraturi e meno ancora universali-
stici. Ogni istituzione, come ogni organismo, deve avere in sé le cellule
di continuo rinnovo.

50. La collaborazione del popolo

In uno Stato come l’Italia, di nuova formazione, di molti individuali-


smi e di profondi contrasti ideologici, riesce particolarmente difficile
mettere d’accordo tutte le forze politiche.
Milioni di individui non comprendono la necessità di un organismo
superiore come lo Stato, pochissimi hanno piena coscienza della ne-
cessità di rispettarlo e di ubbidire alle sue leggi. Molti vedono chiaro
e non hanno nessun dubbio sulla via da prendere ma ci sono forti
minoranze che si oppongono alla severa accentuazione delle riforme
sociali, un popolo omogeneo non esiste.
Il governo deve intuire le basi etiche alle quali può essere portata la
maggioranza del popolo per plasmare efficientemente la Costituzione,
creare solide fondamenta, unità, elasticità e nel contempo forme rigo-
rose di norme e disciplina.
Stabilita questa piattaforma sarà compito del governo sviluppare pro-
grammi limitati e intelligibili e garantire il ritmo dell’evoluzione. L’e-
ducazione civile unitaria deve raggiungersi con ogni mezzo, perché
premessa della collaborazione effettiva morale e materiale del popolo
e di tutti. Anche gli eventuali avversari come le minoranze razziali de-

151
vono persuadersi del loro interesse alla onesta cooperazione. Le forme
e i titoli del governo sono di secondaria importanza.
La Costituzione, la giustizia sociale e la ricostruzione morale ed eco-
nomica avranno naturalmente la precedenza ma, appena avviate que-
ste questioni, diventerà l’educazione civile il compito centrale.
Un popolo consapevole, di piena comprensione per i suoi compiti e
quelli dello Stato potrebbe fare cose meravigliose.
Egoismo ed interessi privati in contrasto con quelli dello Stato non do-
vrebbero essere nemmeno concepibili in un paese progredito. Lo svi-
luppo individuale e la libertà (entro i limiti), rimangono nell’interesse
comune e devono essere favoriti. Da simili considerazioni risultano le
direttive dell’organizzazione dello Stato per ogni paese e specialmente
per l’Italia povera e frazionata ma piena di forze latenti e di problemi
e carenze non ancora risolti.
L’evoluzione si svolge in tappe lunghe. Essa deve successivamente as-
similare e consolidare le conquiste fatte; queste tappe integrano quan-
to vi è di sano e di vitale delle correnti spirituali.
Ma da simili ideali siamo crudelmente lontani. È comprensibile che in
Italia, come altrove, si sono chiesti spesso, e si torneranno a chiedere,
governi di spaventosa durezza.
C’è troppa gente che non conosce il rispetto delle leggi e troppi sono
propensi a ogni sorta di corruzione e troppo pochi sono veramente
coscienti dei doveri del cittadino. Quasi nessuno è cosciente di es-
sere infinitesimale parte dell’individuo superiore. Non occorrerebbe
ripeterlo: il Paese deve essere educato alla disciplina e al dovere se
non vuol essere la vittima di altri talvolta meglio attrezzati per la lotta
dell’esistenza.
L’evoluzione si svolge a tappe lunghe e ogni cambiamento deve essere
assimilato e consolidato.
La successione di diversi partiti al potere sembra una soluzione primi-
tiva del grande problema mentre sarebbe logico lo studio sistematico
di idee nuove. Il frequente cambiamento di governo è una procedura
primitiva per la soluzione dei grandi problemi organizzativi. Sembre-
rebbe dare esito migliore lo studio dei problemi attraverso l’integra-
zione delle migliori forze esistenti: per lo sfogo di ambizioni personali
si possono aprire altri sbocchi. L’organizzazione dello Stato deve esse-
re quanto più semplice possibile.

152
Le elezioni del giugno 1946 sembra siano l’inizio di una nuova epoca
poiché si sono svolte sotto condizioni ideali: la propaganda di partito
non era eccessiva e la popolazione poteva esprimersi secondo il suo
pensiero, senza pregiudizi. Nessun gruppo o partito ebbe motivo di
trionfare né di avvilirsi.
Nuove consultazioni del popolo non troppo lontane saranno forse in
grado di dare giudizi più definitivi sulle persone e sul sistema di go-
verno.

51. L’amministrazione

L’organismo dello Stato deve essere quanto più semplice e vitale pos-
sibile ed ha bisogno di lapidaria chiarezza come ogni grande opera.
Il Parlamento è necessario per il contatto con il popolo, ma i suoi rap-
presentanti, pur conoscendone bene le ambizioni ed i desideri, non
sono di solito preparati a proporre delle organiche riforme. La bu-
rocrazia ministeriale manca di indipendenza e spesso di iniziativa. Ci
vorrebbe uno speciale organismo, scelto fra ingegnosi tecnici di ogni
categoria, proposti eventualmente dai prefetti, senza riguardo ai par-
titi. Questa commissione indipendente dovrebbe studiare le questioni
di grande importanza e, a richiesta del governo, del Parlamento o di
propria iniziativa, avanzare delle proposte e formare così la ghiandola
viva dell’evoluzione.
Un’istituzione o camera di questo genere, senza diritti politici, senza
titolari accademici, potrebbe essere utilissima e diventerà presto ne-
cessaria.
Ogni ipertrofia è però dannosa. I funzionari possono diventare paras-
siti del proprio ufficio. Ci vogliono appositi organismi adatti a snellire
grandi apparati burocratici perché la centralizzazione non deve essere
esagerata: gli organi di controllo possono garantire l’amministrazione
unificata.
Molte strutture possono essere sostituite da sistemi di appalto pubblico
così come la maggior parte degli uffici tecnici speciali, residui di altri
tempi.
I comuni, ridotti di numero, devono essere invece muniti di organi per
sviluppare le loro risorse e completare i loro servizi utilizzando liberi

153
professionisti, rappresentanti del Comune con diretto controllo degli
interessi pubblici nelle borgate periferiche e sviluppando l’obbligo del
lavoro per il servizio pubblico.
Lo Stato deve continuare la riforma della giustizia, semplificarne le
procedure, oggi ancora antisociali e formalistiche con il leguleio del
falso, continuare la riforma della scuola oggi ancora accessibile soltan-
to a classi agiate.
La giustizia troppo lenta e antisociale sembra al popolo oggetto di
intervento legale.
La scuola, resa accessibile a tutti, deve preparare la selezione dei mi-
gliori.
I lavori pubblici sono da progettarsi in grande stile e ogni ricostruzio-
ne deve avere carattere di reale bonifica. Bisogna riformare le strade
e le comunicazioni ancora assolutamente insufficienti, le città, le bor-
gate e le abitazioni oggi ancora inadeguate e in uno stato indegno e
deplorevole.
Lo Stato deve portare sangue e attività nuova nelle campagne ed
elevare la vita degli abitati rurali, deve favorire con ogni mezzo il
rinnovo. La vita del popolo è stagnante e arcaica da secoli nella
comoda culla delle grandi tradizioni e in molte regioni ha profondo
bisogno di rinnovo, con una migliore istruzione agraria, con l’indu-
strializzazione e con lo sviluppo delle possibilità locali.
Chi pensa alle Prealpi e all’Appennino calvo che potrebbero es-
sere coperti di boschi lussureggianti, vede soltanto una piccola
parte dei grandi compiti di questa generazione. In molte parti
d’Italia l’agricoltura è su livelli medioevali e altrettanto la vita
stessa del popolo.
La situazione di molte borgate e delle città è addirittura più grave.
Lasciando stare i valori artistici di cui ogni italiano va superbo e il cui
merito spetta per lo più alle passate generazioni, gli abitati non sono
più al livello dei tempi.
La maggior parte delle case e dei quartieri sono antiquati e le città
sono in ritardo nel loro sviluppo, irrazionali nelle disposizioni, anti-
gieniche sotto molti aspetti, mal organizzate riguardo al movimento e
alla sicurezza e hanno quasi tutte bisogno di regolazioni e di profonde
operazioni di risanamento. Molte parti devono essere demolite e gli
insediamenti spostati verso i colli e riordinati.

154
Le borgate dei lavoratori industriali devono cambiare del tutto l’a-
spetto - oggi quasi sempre mortificante. È lodevole la sensibilità per
l’aspetto pittorico delle cose ma il popolo non deve muoversi troppo
tempo fra le rovine che diventano contagiose.
Spesso converrà riunire gli insediamenti con case grandi, anche al-
te, per motivi economici e per poter offrire più comodità ai singoli
o al quartiere. Riunire cucine, installazioni, ascensori o altri luo-
ghi di soggiorno per la gioventù, provvedere alla piena sicurezza e
all’aspetto decoroso. Le case stesse possono essere addossate a col-
line per la protezione contro le offese dall’aria, ben congiunte con
gallerie e mezzi di trasporto sicuri e ad ogni abitazione dovranno
corrispondere ambienti di soggiorno e lavoro. Le città future cam-
bieranno d’aspetto.
Ai criteri già maturati negli ultimi decenni, che riguardano special-
mente l’igiene, le comunicazioni, la ripartizione di uffici, giardini, il
movimento di persone e merci, si aggiungono ora nuovi criteri di di-
fesa e di sicurezza degli abitanti, di installazioni più perfezionate, di
trasporti più veloci.
Dalla loro logica applicazione risulterà la necessità di strutturare le
città secondo diverse categorie di attività e porterà a radicali cambia-
menti, a spostamenti e ad una nuova urbanistica che prevede nuovi
agglomerati di attività dei cittadini e miglior rispetto per l’insediamen-
to rurale.
Ne nasceranno magari case altissime, altre pressoché sotterrate, abita-
zioni trasportabili, quartieri sottomarini, comunicazioni velocissime e
metropolitane in cinque e sei livelli.
Queste idee di rinnovamento ricadono nella funzione dello Stato e
richiedono nel contempo la cooperazione di tutti i cittadini.
I compiti che riguardano la resurrezione rurale sono ancora più vasti:
l’istruzione agraria, le bonifiche, le macchine agricole, la selezione di
flora e fauna e soprattutto le aziende e le abitazioni rurali.
L’iniziativa privata può far molto ma soltanto lo Stato può creare siste-
mazioni di vasta portata e dare forte impulso al rinnovamento.
Non serve ripensare alle glorie del passato, né lamentare la pover-
tà o la mancanza di fondi, spesso comoda scusa dell’inattività. Il
finanziamento di ogni impresa è questione di preparazione come
qualsiasi altro aspetto, si tratta sempre di studiare le possibilità, di

155
sviluppare o preparare gli elementi, le forze esistenti, di stabilire
come servirsene.
I grandi ingegni sono rari, non c’è da illudersi, ma molte capacità e
molti talenti esistono sempre: le classi dirigenti devono attirarli senza
pregiudizi ovunque si trovino e farli operare.

156
CAP. XVIII

52. Elementi di difesa dello Stato

L’ esistenza è anche per lo Stato, come per ogni altro individuo, la


prima finalità.
Basta osservare le diversità di pensiero che si palesano durante le azio-
ni belliche per persuadersi dell’inevitabilità delle guerre e della loro
causa dipendente dagli evidenti difetti della mentalità umana.
I contrasti di vedute fra i popoli, i contrasti di interessi e con ciò diver-
genze e guerre, saranno inevitabili ancora per molto tempo.
La grande maggioranza dei cittadini di ogni Stato ama la pace ma in
ogni difficoltà è pronta a servirsi della forza. Le ambizioni e le passio-
ni dell’uomo contribuiscono ad annullare i propositi conciliativi. Gli
interessi economici e ideologici hanno peso simile, si prestano molto a
varie interpretazioni e influiscono sulle decisioni politiche. Non occor-
re richiamarsi all’Acma. Le cause della guerra stanno nell’insufficienza
dell’individuo uomo. La guerra è l’inevitabile espediente per riparare
situazioni ritenute insostenibili e per costringere a rinnovare le idee.
Nessun trattato o patto tra nazioni può sostituire la cura della propria
difesa, impostaci dalla natura.
La pace eterna, garantita da una società delle nazioni è sicuramente
un sogno ideale, come pure la onesta, cristiana conciliazione di ogni
differenza. Ma la natura insegna che ogni Stato come ogni individuo
deve essere sempre capace di difendersi. La preparazione della difesa
deve includere ogni risorsa, ogni cittadino ne deve essere partecipe,
deve essere omogenea perché è elemento dell’evoluzione.
L’educazione civica e morale e la disciplina devono essere portate al
massimo livello, i sistemi di difesa diventare familiari a tutti, la produ-
zione organizzata in modo moltiplicabile e tutte le possibilità ed ener-
gie del popolo devono essere integrabili nell’eventuale sforzo difensivo.
Questo insegna la storia e ogni guerra, specialmente l’ultima, e tutti

157
lo comprendono. Essa è giustamente definita il banco di prova delle
istituzioni e lo Stato ha tutto l’interesse a far tesoro di ciò e a costituire
uno strumento sano e robusto eppure elastico, capace di tener conto
dei cambiamenti interni ed esterni, di sostituire gli elementi consumati
o invecchiati nel suo organismo. Soprattutto bisogna far comprendere
la necessità di collaborazione e dare chiaro orientamento alle menti.
La guerra perduta è una grave sventura, bisogna pagarne il prezzo ma
non occorre avvilirsi perché basta riflettere quale sarebbe stata la si-
tuazione in caso di successo: vantaggi territoriali, enormi spese di con-
solidamento, numerosi nemici e gravi preoccupazioni per il futuro,
difficoltà interne e megalomania e fra pochi anni l’Italia non sarebbe
stata in grado di difendere o mantenere quanto aveva acquisito.
Il popolo italiano non era né preparato né sufficientemente unito per tale
prova. Il passo sarebbe stato comunque troppo lungo. Questa è la verità.
Le guerre insegnano quanto le mancanze di organizzazione siano
più pericolose delle sventure politiche e delle sconfitte. Il collasso del
1943 rimarrà un classico esempio ma per quanto tragico dovrebbe es-
sere utile come insegnamento, dato che riguarda la vita di un popolo.
I compiti dello Stato sono ben determinati. Esso non è fine a se stesso.
Lo dimostrano le relazioni con altri Stati, le federazioni ed alleanze e
più ancora il bisogno di organismi interstatali, di trattati e convenzioni
di ogni genere che sempre aumentano di numero, che formano nuovi
individui e organismi superiori, atti a condizionare l’attività dello Sta-
to e a legarlo a nuovi concetti umanitari.
È dovere di ogni governo sviluppare le qualità e le attitudini del suo
popolo.
Queste specifiche possibilità sono la sua vera forza! e sono in realtà
sempre grandi, capaci di assicurargli l’esistenza.
Lo Stato deve crearsi uno strumento che sfrutti la prontezza e velocità di
spirito del meridionale, la solidità del lombardo, la finezza del toscano.

spazio per disegni che sono stati perduti

158
Lo Stato deve dare preferenza e massimo sviluppo alle armi moderne,
deve prepararsi in maniera specifica.
Deve curare mezzi rapidi di ogni genere ed il loro perfezionamento
per infondere fiducia nella sua organizzazione. Un modesto esercito
preparato, composto da forze fresche ed elastiche, è preferibile ad un
grande strumento di tipo convenzionale.
Il compito è molto vasto: si estende a quasi tutti i settori della vita civi-
le. La preparazione del cittadino deve esser organica, deve compren-
dere tutto e tutti, e deve basarsi su un’educazione unitaria. L’esistenza
e la difesa lo richiedono.

53. L’educazione

Così l’educazione del popolo diventa il problema dei problemi. La scuo-


la deve esser la culla delle nuove generazioni, portare avanti gli ideali
del Paese. Eroi, Santi, grandi poeti non possono essere i soli esempi.
Dall’educazione deve uscire il cittadino di ferma volontà e carattere e
di vasta preparazione.
La scuola, a cominciare dagli insegnanti stessi, deve occuparsi in
uguale misura del carattere, dello spirito, del corpo e dei fattori di
convivenza umana.
Umanesimo e sport sono sane reazioni contro le trascuratezze delle
epoche passate. Si prospettano vaste possibilità di sviluppo in un paese
come l’Italia dove tante menti illuminate preparano da secoli una più
alta coscienza.
La scuola deve effettuare la scelta oggettiva degli individui, deve riu-
nirli in gruppi e studiarne i caratteri.
Ogni individuo ha qualità straordinarie. È evidente che ognuno, collo-
cato al suo giusto posto, potrebbe dare il massimo rendimento. È com-
pito nostro scoprirne le qualità e metterlo nella condizione di espri-
mersi, perciò il dovere dell’insegnante è quello di studiare l’allievo per
conseguire un insegnamento più efficace.
L’educazione non potrà restare limitata nel tempo, dovrà estendersi dai
primi agli ultimi anni dell’esistenza. Benché la vita ci arricchisca ogni
giorno di esperienza è necessario accompagnarla con insegnamenti
sistematici. Corsi serali, radio, conferenze pubbliche e giornalismo

159
possono servire. La convivenza sociale, il rispetto e la comprensione
dell’individualità altrui sono argomenti da approfondirsi nella scuola,
altrettanto le nozioni principali sull’igiene e sui doveri del cittadino.
Per quanto indecise e disorientate e di umori mutevoli, le masse del
popolo minuto sono decisive per le sorti del Paese. Esse rappresentano
l’infinitesimale, l’Acma della vita sociale e dello Stato e, dato che ogni
governo deve fare i conti con loro, non possono mai essere trascurate.
È da rivolgere ogni attenzione all’educazione del popolo, ogni riguardo
e controllo e il massimo sforzo e nessuna spesa può essere eccessiva.
Di valore particolare potrebbe essere la scuola di artigianato, di glo-
riose tradizioni in Italia e oggi ancora molto trascurata e di scarso
rendimento, mentre le Triennali milanesi hanno dato recentemente
prova delle effettive possibilità di produzione.
Tutte le questioni che riguardano la vita del popolo, la casa, l’abita-
zione e il suo arredamento e che insieme segnano il livello raggiunto,
sono strettamente legate all’educazione del Paese.
Questo livello è - non illudiamoci - ancora troppo basso.
In Italia l’aspetto dei quartieri popolari e del ceto medio è ancora in
uno stato intollerabile, oltre metà delle case e delle abitazioni sono
anti-igieniche. Sono da piangere ogni vittima e qualche monumento
d’arte distrutto ma complessivamente le bombe nemiche fecero quasi
più del bene che non del male, perché contribuirono a svecchiare il
paese e a richiamare la sua attenzione sui molti punti deboli e sta-
gnanti del suo sviluppo.
Un organismo sano e forte richiede grande equilibrio fra tutte le sue
membra e qualità.
Ci limiteremo a dare indicazioni in qualche settore di nostra compe-
tenza.

54. La preparazione spirituale e tecnica

La corsa del popolo verso le città in cerca di lavoro e pane è un feno-


meno logico. In campagna si sta, sotto molti aspetti, peggio che nelle
città. Sviluppando le attrezzature, le comunicazioni e le possibilità eco-
nomiche dei piccoli centri sarebbe facile creare una corrente inversa.
Fra pochi anni tale azione si renderà assolutamente necessaria per

160
diversi motivi. Il lavoratore rurale è in molte zone povero e trascurato
e costretto a emigrare mentre non esiste territorio senza grandi possi-
bilità di sviluppo!
Si tratta di dirigervi forze intellettuali, tecniche e risorse economiche
per promuovere le iniziative. Lo richiede la giustizia sociale, argo-
mento attualissimo che si inserisce ovunque nel cammino delle genti
ancora tanto lontane dal livello di vita ideale. Sarebbe utile operare
con un apposito organo centrale per promuovere una lunga serie di
provvedimenti. Il rispetto del lavoro, unito alla riprova contro i fan-
nulloni e per chi si arricchisce fuori misura a danno del popolo e dello
Stato, sono e devono essere argomenti della coscienza nuova.
È difficile giudicare la convenienza dell’emigrazione ed è pericoloso
servirsene come mezzo regolatore per la disoccupazione perché porta
all’inerzia e all’impoverimento.
Lo Stato ben organizzato dovrebbe esser geloso di ogni braccio e di
ogni testa sana.
Entro limiti giudiziosi l’autarchia è una necessità perché permette
trattative commerciali più indipendenti ed anche al fine di individua-
re i campi di attività sviluppabili, ma ogni esagerazione è un grave
errore economico.
Dovrebbero esser appoggiate e incoraggiate con ogni mezzo le ricer-
che scientifiche, le invenzioni, lo studio delle forze atomiche, catali-
tiche, delle tecnologie, lo studio delle forze idriche e geofisiche, delle
onde e del vento, della razionalità del lavoro.
Il rendimento della terra, dei monti e del mare in Italia può esser di
molto aumentato e perfezionato. In Italia ad esempio sono trascurati
quasi del tutto gli scarti, l’industrializzazione agricola è ancora agli inizi,
molte produzioni sono pressoché trascurate, i prodotti per niente curati.
Si mangia l’arancia e si getta via la buccia che vale non meno del sugo.
Il rimboschimento, tanto facile da mettere in atto, è quasi dimenticato.
Tutti i mezzi di trasporto sono antiquati, le strade residui di vecchie
congiunzioni di borgate, tortuose e insufficienti; un paese lungo e
stretto come l’Italia richiede tutt’altri criteri per le comunicazioni.
Lo spreco di tempo e di energia per i viaggi è un lusso per un paese
povero come l’Italia, paese lungo e stretto dove ogni persona deve fare
tre volte più strada che, per esempio, in Francia, paese quasi quadrato.
È dovere di ogni governo sviluppare le specifiche possibilità e le atti-

161
tudini che presenta lo Stato ed il popolo, queste possibilità sono la sua
vera forza e sono realmente enormi.
L’italiano per esempio da’ militarmente la preferenza alle armi veloci
ed individuali. Ebbene, dare a queste armi il massimo specifico svilup-
po, farle insuperabili in difesa e in offesa, questo è il compito da prepa-
rarsi specificatamente. Creare uno strumento di permanente efficienza,
libero da convenzionali imitazioni di armamento altrui. Creare mezzi
rapidi di ogni genere e l’incondizionata fiducia nella loro efficienza e
nel complesso dell’organizzazione, allora potrà rinascere il Paese.
La Storia e i migliori uomini di ogni epoca ripetono i medesimi am-
monimenti e ognuno deve sentirli nel suo cuore. Questa coscienza
deve essere elemento fondamentale dell’esistenza, contributo all’evo-
luzione del proprio Paese e dell’umanità stessa.
Ci vogliono ferrovie molto più efficienti e veloci, sarebbe da studiare,
ad esempio, una linea ferroviaria dal centro Lombardia lungo l’Ap-
pennino fino a Reggio Calabria, per lo più in galleria, linea di massima
velocità e sicurezza. Si impone similmente un’altra, a prima vista, dal-
la riviera ligure all’Adriatico, Genova-Trieste, per i grandi movimenti
Spagna-Oriente.
È da studiare lo sfruttamento delle piene del Tagliamento e di altri fiu-
mi che presentano enormi ammassi di energie o altri grandi problemi
economici e di bonifica.
L’attuazione di ogni lavoro ri-
chiede naturalmente la prepa-
razione tecnica e economica. I
danari sono, come gli ordegni,
un mezzo necessario e finché
rimangono nel paese e non spo-
stano la situazione monetaria
sono sempre reperibili. Opere di
immediata necessità, di bonifica
e di produzione non possono es-
ser abbastanza accelerate.
La parola disoccupazione in un
Paese come l’Italia non si do-
vrebbe nemmeno sentire! Essa
rivela che le classi dirigenti non

162
sono state in grado di prevederla e organizzare in tempo utile dei la-
vori pubblici.
Vivere devono tutti ed è un grande lusso e colpa lasciar un solo uomo
inoperoso. Stato e governo degni di questo nome devono insistere con
brutale energia sulla preparazione del lavoro.
A questo scopo sono da creare appositi organi. La ristrettezza di su-
perficie e di materie prime deve esser un altro incentivo: c’è pure il so-
le ed esistono pure larghissime possibilità di produzione e di sviluppo.
Garantire al popolo la continuità del lavoro, e con ciò il pane, attirare
tutte le energie e metterle in opera, è il grande compito dell’avvenire
e il mezzo migliore di difesa dello Stato.
Governo e rappresentanti del popolo devono trovare l’energia suffi-
ciente per superare ogni ostacolo. Il popolo italiano è modesto e non
chiede altro che la vita e l’esistenza siano garantite. Non conosce am-
bizioni megalomani, già superate da secoli, né odi razziali né avidità di
dominio, vuole soltanto garanzia di esistenza rispettata e la possibilità
di ulteriore sviluppo.
Lo Stato deve insistere sulla sicurezza della vita e sul pane quotidiano
e deve essere cosciente di questi ideali che da soli formano il pro-
gramma di ogni sua azione. Il finanziamento di grandi opere sembra
difficile e potrebbe spaventare ma bisogna ricordarsi che i denari, co-
me gli strumenti, sono il mezzo e non il fine. Si tratta di preparare,
organizzare e costringere al lavoro.
È nel sommo interesse di tutti preparare tali condizioni per tutte le
classi, eventualmente con lavoro obbligatorio o con altri mezzi.
A sentir la ragionevolezza dei rappresentanti del popolo sembra impos-
sibile che non si riesca a trovare l’energia necessaria a superare le diffi-
coltà. Le masse appoggeranno senza esitare ogni azione forte e decisa.

163
L’EVOLUZIONE FUTURA
CAP. XIX

55. La nuova epoca

N el corso della guerra e già molto prima, si ebbe la precisa im-


pressione di assistere al crollo di una civiltà molto manchevole,
di una società umana carente. Intuito e riflessione ci prospettano le
possibilità di una vita molto più elevata.
La nostra esistenza si muove ancora fra l’attività di irreale sognatore e
la funzione di animale insensato. Il fattore costante dell’evoluzione -
l’Acma - permette l’estensione anche a possibilità future.
Non sono la vastità del conflitto mondiale né le distruzioni a produrre
questa sensazione, sono i fenomeni della vita e quelli che accompagna-
vano la guerra a suscitarle: le vaghe giustificazioni dei conflitti, i delitti,
i processi, il giornalismo, il contegno dei popoli, la corruzione, che tutti
insieme tradiscono l’iniquità e un vuoto inverosimile, la mancanza di
moralità, sincerità e di ideali e la terrificante ignoranza delle masse.
Molti si domandano: dove andiamo?
È una situazione che dura già da generazioni, è la cultura delle prime
ferrovie con tutti i loro inconvenienti, è l’epoca dei nervi distrutti,
della pietra artificiale, dei surrogati e delle imitazioni, del neogreco,
del neoromanticismo, del neogotico. La cultura da nobiltà decaduta,
della società inquinata e dell’arrivismo.
La guerra e il crollo morale di ogni singolo Stato sono le parti più visi-
bili e evidenti, conseguenze di questo stato di cose e dell’insensibilità
etica che si riscontra fra tutti i popoli.
Come è prevedibile la pace, comunque stipulata, non porterà a con-
clusioni definitive ma segnerà in ogni caso una svolta nell’evoluzione
generale e aprirà nuove vie al cammino dell’uomo.
Molti popoli sanno di essere ancora assai lontani da una cultura uni-
versale: non si può trattare che di rettifiche parziali che tuttavia daran-
no un nuovo aspetto alla vita.

167
Ci vorranno altre guerre per avvicinare la razza umana e per com-
prendere l’individuo superiore e per vedere nell’individualità delle
differenti stirpi e individui la ricchezza della vita e il propulsore di
ogni progresso.
Per molte generazioni ancora non si potrà parlare di una vera cultura
internazionale, soltanto, forse, di una migliore convivenza fra i Popoli,
mentre le battaglie per il dominio politico e degli interessi economi-
ci non possono avere fine perché strettamente legate all’evoluzione
dell’uomo stesso.
Con queste restrizioni possiamo immaginarci la nascita di nuove civil-
tà, forse quelle degli anglosassoni, germanici, latini e slavi e di molte
altre nazioni ancora, delle cui esperienze si avvantaggeranno tutti.
L’evoluzione procede a lenti passi, ogni progresso è rivolto in primo
luogo a cose esteriori, a tecnica e scienza. Le guerre costringono a
meditare e la vita richiede inesorabilmente radicali e coraggiosi prov-
vedimenti che in tempo di pace nessuno Stato avrebbe avuto lontana-
mente la forza di introdurre.
Sarebbe stata sufficiente una piccola parte dei sacrifici richiesti dalla
guerra per risanare e riformare molte se non tutte le istituzioni; simili
considerazioni ci inducono più e più a guardare i popoli e gli Stati dal
punto di vista dell’Acma, dell’inevitabile successiva trasformazione ed
evoluzione.
I popoli vorrebbero più spazio e assicurarsi più agevole esistenza, è
naturale. La terra oggi abitata da due miliardi di uomini potrebbe pe-
rò nutrirne anche dieci miliardi, ci sono larghi margini. Ma le migliori
intenzioni urtano contro le contrastanti mentalità e aspirazioni dei
popoli. Ci vorranno altre guerre, convulsioni interne e brutali repres-
sioni per raggiungere un pensiero più equilibrato e livelli più alti, per
arrivare a una sensibile rettifica mentale. Deve avvenire una svolta
storica nelle mentalità. In primo luogo è necessario sanare la società,
dato che oggi si può dire sia pressoché inesistente una vera coscienza
di convivenza.
Il punto più debole pare la vicendevole incomprensione. Le distanze
fra le classi e i popoli sono grandi e la convivenza sembra ancora
molto lontana da relazioni ideali se ognuno crede di avere diritti
superiori.
La vita borghese è convenzionale e di un vuoto spaventoso, un’esisten-

168
za senza meta fatta di passatempi banali, di preoccupazioni meschine,
spesso soltanto una corsa malsana al guadagno e al divertimento.
Il senso dei diritti e dei doveri dei cittadini è vago e confuso, il rispetto
dell’interesse pubblico è sconosciuto. Sono ovunque latenti e propa-
gati falsi concetti di libertà e corruzione.
Troppa gente capace di lavoro è inoperosa con il pretesto che non
ce n’è bisogno e c’è sempre chi appoggia questa tesi. Il lavoratore di
concetto non rispetta il lavoro manuale e viceversa.
La giustizia funziona in apparenza. I grandi processi tra privati, im-
prese e società sono truffe più o meno bene organizzate. Molti avvoca-
ti difendono coscientemente il falso, protetti dalle leggi.
I giudici hanno le mani e gli occhi legati e, ad onta di eccellenti fun-
zionari, la giustizia si presenta sofistica e antisociale.
Manca la comprensione e il rispetto del lavoro mentre l’adorazione
del vitello d’oro, come tremila anni fa tra gli ebrei, è universale.
Così si presenta la società. Lo Stato che abbraccia tutto manca d’in-
tervenire con intransigenza, di colpire le evasioni e far posto a nuove
regole e sembra impedito da riguardi di partito o da concetti di falso
liberalismo.

56. Manchevolezze della nostra società

Le esperienze organizzative di tutti i grandi organismi statali dell’ul-


timo secolo e lo sforzo di pensatori e patrioti si trovano di fronte a
questa situazione.
Tali fatiche ed esempi non possono rimanere senza seguito e la si-
stematica educazione del popolo deve preparare la cosciente coope-
razione; la scuola deve diventare il primo strumento dell’evoluzione
spirituale, omogenea, estesa a tutti i ceti su ogni strato della società,
deve favorire la consapevolezza del suo compito.
Introdotto il lavoro obbligatorio per tutti, senza eccezione, natural-
mente ben compensato, dovrà essere escluso vivere sui capitali accu-
mulati da altri.
Lo sfruttamento della capacità lavorativa andrà a vantaggio del benes-
sere generale e l’attività produttiva di tutti diventerà l’unica base d’e-
sistenza. Il concetto bolscevico sembra una prima risoluzione positiva.

169
Appositi organismi avranno il compito di indicare ad ognuno l’attività
nella quale possa dare il massimo rendimento. Chi non lavora non è
utile né sano, né può essere contento. È necessario servirsi delle virtù
e delle debolezze del singolo individuo a vantaggio di tutto il popolo.
L’iniziativa individuale rimane, ciò non di meno, fattore importante, e
deve essere ovunque incoraggiata. Non sembri un’esagerazione se ri-
peto che ogni persona è come un diamante senza politura, un metallo
prezioso di cui non conosciamo le qualità.
Siamo troppo influenzati dai pregiudizi dei tempi passati, dall’idea
della nostra importanza per ammettere e per comprendere il valore
degli altri.
I fanatismi, gli orgogli fuori luogo, il liberalismo scadente e le false
idee di libertà devono venir superati.
La cultura futura prevede la comprensione degli altri popoli, ricono-
scendo in essi le particolari forze creative nate sotto specifiche con-
dizioni di vita. Andrà combattuto colui che si dimostra incapace di
adeguarsi e di identificarsi con il suo compito.
La necessità di miglior giustizia sociale, di miglior educazione, di mi-
glior convivenza diventerà coscienza generale.

57. Rettifica mentale e comprensione

I concetti politici possono variare, ma tutti richiedono procedure affi-


dabili e il continuo controllo degli effetti di ogni azione.
La ricchezza personale deve esser portata a limiti naturali, con la pro-
gressiva riduzione degli interessi del capitale e il progressivo aggravio
o con altri giusti provvedimenti.
Dal lato tecnico, riguardo alle necessità già esposte, possiamo preve-
dere una riorganizzazione totale degli abitati, delle comunicazioni, dei
trasporti e del lavoro stesso.
Sarebbe un’illusione poter fare progressi senza grandi sforzi, senza
gravi sacrifici, senza intransigenza.
Dobbiamo tenere presente l’avvenire come il passato per percorrere la
via giusta. Se non siamo in grado di leggere nel libro del futuro è colpa
della nostra imprevidenza o insufficienza.
Quanto all’utilità dello studio dello sviluppo futuro, basta la semplice

170
considerazione che qualsiasi lavoro, per riuscire, presuppone la chiara
visione della futura opera finita. Chi vuole costruire una macchina,
deve immaginarla finita e in funzione.
Qualcuno può esprimere dei dubbi e il pessimismo arriva a temere
cataclismi o l’esistenza dell’Uomo o della Terra troppo breve per rag-
giungere mete di più vasta portata. I fenomeni geofisici si svolgono in
periodi sproporzionatamente più grandi della vita dei popoli.
L’esaurirsi dell’atmosfera, il raffreddamento della Terra, richiedono
centinaia di milioni di anni. Le risorse esauribili di minerali e combu-
stibili verranno sostituite, già fra pochi decenni, da energie maggiori.
I viveri stessi verranno prodotti sinteticamente. Nulla impedisce svi-
luppi millenari.
Si ripresenta sempre la domanda: cosa vuole l’uomo, quale è la felicità
che desidera raggiungere, qual’è l’ultima meta dei suoi sogni? Nessuna
risposta esauriente è possibile. L’uomo non sa nemmeno precisare le
sue proprie e immediate ambizioni, tanto variano, tanto sono com-
plesse e illimitate. Soltanto il concetto di vivere in pieno divenire sen-
za impedimenti e preoccupazioni esprime abbastanza un programma
ideale di esistenza.
Ebbene, assicurarsi tale possibilità dovrebbe essere l’ambizione di
ogni individuo.
A tale meta porta una sola via: le sue tre tappe si chiamano compren-
sione, penetrazione, evoluzione.
Cercare con entusiasmo di comprendere se stessi, il prossimo e la na-
tura, penetrare i piccoli e grandi problemi dell’esistenza e dell’Uni-
verso, cercare disinteressatamente e favorire il miglioramento porta
l’individuo al pieno divenire, a perfezionare se stesso e a contribuire
a tutto ciò che lo circonda, con puro cuore e con tutte le forze. La
città italiane sono belle e originali ma sono pure troppo conservative e
timide e spesso convenzionali nella loro evoluzione. I piani regolatori
cercano le vedute d’effetto decorativo più che il risanamento con cri-
teri moderni. Lo dimostrano le prospettive allegate ai progetti.
Venezia, per esempio è soffocata nel vecchiume. Chi studia i diligenti
elaborati di sistemazione cittadina eseguiti dal suo ufficio tecnico è
sorpreso dall’impossibilità di introdurre il minimo risanamento. Parlo
da artista innamorato di Venezia. Ad ognuno sta a cuore la conserva-
zione delle caratteristiche della città lagunare e di ogni suo oggetto

171
d’arte. Ma questa conservazione non deve divenire mania o idolatria
malsana sotto la quale soffre Venezia stessa. Splendidi oggetti d’arte
rimangono nascosti, trascurati e in decadenza e il 70% delle case sono
igienicamente intollerabili. Interi quartieri sono senza accessibilità,
aria e luce e basterebbero tre o quattro linee di sventramento per
risanare tutta la città e dare a Venezia nuovi impulsi di vita. Il buon
Veneziano non ha un’idea di quale miracolo di bellezza e di attrazio-
ne si aprirebbe all’occhio del mondo se si mostrassero i suoi tesori in
miglior luce.

172
CAP. XX

58. Penetrare l’universo

L a gloria di Colui che tutto muove per l’universo penetra... canta


Dante: è difficile immaginare parole più espressive per quello che
riusciamo a intuire del futuro.
È la penetrazione di tutto in tutto, il contatto di ogni cosa con ogni
altra, l’influenza di ogni individuo sull’altro, è l’Acma che dobbiamo
aver presente e con esso la nuova visione dell’universo.
Illimitate sono le possibilità di evoluzione di tutto ciò che esiste. Non
c’è motivo di vedere il futuro meno chiaro del presente e del passato;
più limpida diventerà questa visione, meglio sapremo organizzare la
nostra vita, più sicuri andremo avanti per la nostra strada.
Dobbiamo riconoscere le infinite possibilità del singolo individuo che
potrebbero molto migliorare la sua esistenza e quella del prossimo.
È perfettamente comprensibile la fede nel proprio equilibrio, necessa-
rio per conservare la fiducia in se stessi e avere coscienza delle possi-
bilità di potersi avvicinare alla perfezione.
Perché in realtà è così!
È di massima utilità comprendere gli altri esseri per conoscere noi
stessi e comprendere vuol dire rispettare e stimare.
Dobbiamo essere coscienti che, come noi stessi, ogni individuo pre-
senta una forma di adattamento, una prova del grande problema della
Civiltà, una rispettabile soluzione del problema della vita. Nessuno,
meschino o colto che sia, può essere pienamente conscio dei propri
pregi e difetti.
Dobbiamo rispettare l’opera del singolo anche quando ci appare primi-
tiva e insufficiente. Ogni individuo è un mondo a sé, degno di studio del
più grande scienziato, artista o statista, come del più umile cittadino.
Si tratta di superare l’individuo, riconoscendolo.
Arrivati a questa coscienza, cominciamo a penetrare la natura dell’uo-

173
mo e i misteri dell’avvenire, la nostra vita si arricchisce e si abbellisce,
il concetto dell’infinitesimale ci guida, il maestro è in sintonia con
l’allievo e viceversa.
L’allievo riceve l’influenza dell’insegnante, composta di rispetto, paura
e mille altri sentimenti. Il maestro non deve mai dimenticare la per-
fezione dell’allievo. La comprensione deve essere reale, costituire la
base dei rapporti.
Interi popoli si influenzano vicendevolmente e contribuiscono a schia-
rire il buio. Oltre alle forze militari, economiche, politiche, influiscono
energie incoscienti, ogni contatto vi contribuisce.
La legge della conservazione dell’individualità si oppone tenacemente
al livellamento ma non può impedire cambiamenti ed evoluzioni.
L’individuo e il popolo che vivono in un dato ambiente sono esposti
alla sua influenza.
Se ci pervengono le vibrazioni da tutto il mondo è naturale che quelle
vicine si impongano con maggior insistenza.

59. La ricchezza del mondo

Le illimitate possibilità di penetrazione, che sorpassano ogni nostra


idea e comprensione, gettano luce sulla costruzione della società fu-
tura.
Sul nostro pianeta esistono esseri viventi da molti milioni di anni, l’uo-
mo da oltre 500 secoli. Scheletri trovati nella melma del Mississippi
lo dimostrano. Conosciamo il percorso effettuato in questo periodo e
non è troppo difficile immaginare altri probabili progressi in un lasso
di tempo altrettanto lungo. Abbiamo davanti agli occhi la trasforma-
zione di esseri - che vissero ab origine come belve - in forma umana.
L’evoluzione è tutta una sinfonia eroica di lotte per l’esistenza e per la
conservazione della specie. Tutto in lunghissimi periodi di adattamen-
to della specie homo alle condizioni geografiche, con il lento sviluppo
della lingua e della coscienza.
Rimangono immutate le cause di questi adattamenti: il contributo
di elementi infinitesimali persiste e dà sempre nuovi aspetti alla vita
dell’uomo.
Ogni stagione porta a nuove esperienze, nuove differenziazioni che

174
nel loro insieme costituiscono il piccolo passo di avanzamento. In ogni
campo apprendiamo molte nuove possibilità perché sentiamo le no-
stre mancanze o vediamo altrove esempi più progrediti.
Possiamo prevedere che la civiltà dei prossimi dieci o venti secoli sarà
basata sul raggiunto equilibrio sociale, sul miglioramento della co-
scienza umana e sull’educazione integrale, sulla migliore compren-
sione dell’individualità e sulla valorizzazione sistematica delle qualità
specifiche del singolo individuo e delle varie popolazioni. Tutto ciò
sarà accompagnato da enormi progressi tecnici e dalla meccanizzazio-
ne di ogni lavoro.
L’uomo, alleggerito così nella sua fatica fisica, potrà rivolgere maggior
parte delle sue energie a problemi culturali e collettivi e anche pura-
mente spirituali.
Ne seguirà la miglior organizzazione della vita e la coscienza dell’uti-
lità della vera collaborazione. Soprattutto il miglioramento dell’uomo
stesso sarà sempre il punto di principale interesse.
Sono prevedibili sistematici interventi, manipolazioni di ghiandole e
molti altri procedimenti per migliorare la consistenza fisica ed etica
dei popoli. Non è da aspettarsi troppo da tali studi, come dagli isti-
tuti che si occuperanno del problema della sperimentazione, svolta
nell’interesse dell’individuo superiore. Per molto tempo non possono
costituire che lavoro preparatorio.

60. Gli sviluppi prevedibili

La vita richiede qualità differenti ma anche adattamenti e avvicina-


menti per migliorare la convivenza.
Il principale fattore di ogni progresso rimane lo sviluppo della co-
scienza umana. Dai sofisti greci agli avvocati moderni che difendono
anche tesi opposte il passo, anche piccolo, ha richiesto 2000 anni. Ciò
che noi chiamiamo cultura abbraccia meno di 10000 anni, comprese
le culture degli Incas, Asiatiche, quelle Africane e quelle dell’Oceania.
Sono dati opprimenti quanto la vaga coscienza di se stessi e dei popoli,
la profonda unilateralità di ogni razza, l’impossibilità di riorganizzare
la vita altrimenti che con mezzi cruenti, i piccoli passi che si compiono
per dato tempo e per data ragione.

175
Si instaurano pessimismi che, insieme all’ostinata resistenza e all’op-
posizione di singoli elementi, diventano pericolosi.
Dobbiamo coltivare lo sviluppo individuale e quello delle popolazioni
in tutte le loro varianti, senza preoccuparci dei contrasti e dei pericoli
che questo porta con se. La natura vuole così e stabilisce in ciò la
via di massimo rendimento che nulla ha da spartire con l’esaltazione
dell’individuo o della razza.
Nel medesimo tempo dobbiamo tenacemente provvedere all’educa-
zione e alla disciplina con attenzione all’individuo superiore ed all’e-
liminazione delle cause di incomprensione.
Lo Stato, come individuo superiore, avrà in pochi decenni già creato
questa nuova coscienza del lavoro, della cooperazione e dei doveri ci-
vili. Il lavoro obbligatorio per tutti è un elemento della prossima evo-
luzione, la sua organizzazione uno dei primi compiti del dopoguerra.
Così la strada verso civiltà molto più progredite, già intuite e rag-
giungibili, sarà spianata. Vi sono problemi evidenti quali poco senso
di giustizia, ipocrisia, finzione, e appaiono visibili i punti deboli che
distruggono la convivenza fra i popoli.
In momenti di grande sensibilità ogni anima fuggevolmente percepi-
sce altre possibilità rispetto a questa situazione. È forse un sogno di
vita serena, di amore o di pace che ci fa immaginare un’epoca nella
quale la comprensione vicendevole degli uomini arrivi a creare una
società più armonica di oggi.
L’individuo cerca soddisfazioni e più vasta è la sua attività, più forte è
questo bisogno. Il vuoto, spesso sentito e oggi evidente, ha molte cause.
Oltre l’insufficienza di cultura e sensibilità, c’è la mancanza di inte-
resse per molte cose. Si spiegano così i dominanti concetti egoistici e
pessimistici, che impediscono la comprensione di ogni buona opera e
del vero amore. L’individuo che non si sente compreso è sempre a di-
sagio, si trova isolato, annoiato, svagato, mentre sogna una vita umana
migliore, superiore, ambisce a contatti con altri mondi.
Nessun impedimento scientifico si oppone alla realizzazione dei più
fantastici programmi, fuorché il tempo, l’infinita serie di generazioni,
di modifiche e di evoluzione.
Ecco il modesto programma dei prossimi millenni, forse decisivo per
altri millenni dato che si preparano più alti concetti di vita, di convi-
venza e di comprensione altrui.

176
Superata quest’epoca di preparazione il ritmo dell’evoluzione sarà
molto spedito, abbraccerà i più importanti lati dell’esistenza e allar-
gherà la nostra coscienza per diverse vie per prendere poi aspetti che
nessuna fantasia può descrivere.
Se tuttavia mi arrischio a caratterizzare alcune fasi della futura evo-
luzione lo faccio per indicare l’approssimativa direzione che essa po-
trebbe prendere.

177
CAP. XXI

61. I prossimi millenni

C ontinuo a ripetere: le possibilità di trasformazione di ogni cosa,


sono illimitate. L’Acma lo garantisce. Questa verità invita anche a
moderare le previsioni per impedire gravi aberrazioni.
Oso indicare delle cifre simboliche per distinguere le varie epoche
e anche per facilitare il percorso e frenare i lettori dotati di molta
fantasia.

Entro 2000 anni possiamo immaginarci superati i grandi contrasti di


incomprensione fra i popoli che però non rinunciano ancora alla forza
per la loro difesa. In quest’epoca comincia l’evoluzione dalle cultu-
re razziali a quella generale, vengono organizzate nuove federazioni
di popoli e introdotto l’uso della lingua unica compresa da tutti, la
formazione definitiva di organismi continentali, il superamento delle
minoranze e delle differenze di razza. L’educazione si serve di sistemi
psicologici e di telepatia.
Sviluppo sistematico dell’intuito e della sensibilità: lo studio della na-
tura è più profondo, la vita cambia aspetto, diventa piena di interessi,
la comprensione reciproca fa grandi progressi, ognuno è cosciente del
vantaggio della differenza dall’altro e la gode.
L’educazione è sviluppata ovunque, il lavoro fisico obbligatorio è ge-
neralmente automatizzato; fantastico sviluppo di scienza e tecnica,
specialmente della chimica e nei trasporti. Sono in uso radiovisioni,
comunicazioni telepatiche, l’accumulo di nuove energie elettroma-
gnetiche, atomiche, di raggi gamma sostituisce il carbone e il petrolio,
comincia l’uso dei primi viveri sintetici.

In 2000-10000 anni la conoscenza fa grandi progressi, si forma la


nuova coscienza dell’uomo che comincia a sentirsi parte dell’universo.

178
Nasce il vero amore nel senso più vasto, l’apprezzamento del prossi-
mo, il senso di collaborazione e di corroborazione.
Le questioni razziali e religiose sono da tempo superate. Scienza e
culto sono posti su nuove basi e la conoscenza della natura assume
un altro aspetto. La partecipazione al tutto diventa fonte di nuove
rivelazioni sulla natura della vita e dei suoi fenomeni, la suggestione e
i fenomeni paranormali si sviluppano enormemente.
La società si divide in gruppi di differenti attitudini, le qualità specifi-
che dell’individuo diventano sorgente di felicità e di ricchezza comune.
Rigenerazione e sostentamento non preoccupano più nessuno e sono
definitivamente regolati, il nutrimento con viveri sintetici è generale.
Il singolo individuo, munito di grandi energie, può spostarsi ovunque
a piacimento, si iniziano i viaggi stratosferici. Viene accertata l’esi-
stenza di altri esseri più evoluti dell’uomo su altri pianeti e i primi
emissari di altri mondi portano a profondi sconvolgimenti di pensiero
e di mentalità e immensi progressi tecnici.
Avvengono i primi raccapriccianti incontri interplanetari.

In 10000 - 25000 anni l’individuo vede se stesso, comincia lo sdop-


piamento dell’uomo, si apre un’altra epoca per l’umanità.
Singole persone di qualità speciali sono capaci di apparizioni fanta-
smagoriche come spettri; l’apparizione si muove volontaria, in qualsi-
asi tempo e luogo, anche dopo la morte. Questa capacità viene svilup-
pata e praticata e fantasie religiose di singoli popoli asiatici (Budda,
Avalokita) che parlano di reincarnazioni o resurrezioni, si verificano
realmente e si ripetono.
Individui di qualità eccezionali, adatti a viaggi cosmici, vengono sot-
toposti a procedure atte ad aumentare le loro capacità e a allungare
la loro vita, specifici esercizi preparano i prescelti, si sviluppa una
nuova casta di genti. Il premio straordinario dell’allungamento della
vita causa emulazioni di grande portata. Questa rigenerazione diventa
il nuovo grande propulsore dell’evoluzione umana.
Scaturiscono nuovi problemi spirituali, il culto degli antenati assume
un altro significato e si proietta verso l’avvenire.

179
62. Fantasia sul lontano avvenire

In 25000-100000 anni la società umana si trasforma radicalmente,


ogni individuo si preoccupa di sviluppare le proprie ideali qualità.
Fonti di energia portatile permettono ad ognuno di effettuare qual-
siasi lavoro e qualsiasi movimento e gli concedono un’indipendenza
mai sognata!
Proseguono i contatti con gli altri pianeti e questi arricchiscono la vita
che diventa sempre più armoniosa.
Le apparizioni volontarie, favorite da lunghe assenze interplanetarie,
creano un uomo padrone di se stesso e cosciente della grande ricchez-
za che gli da l’integrazione del prossimo, nasce una vita superiore e
una nuova vasta visione dell’universo.
In quest’epoca cominciano le prime migrazioni planetarie, esseri di
altri pianeti si inseriscono nella vita dell’uomo apportando sconvolgi-
menti culturali e dando nuovi impulsi.
Si istruiscono animali e altri esseri al servizio dell’uomo, il loro lin-
guaggio diventa comprensibile.

In 100000-500000 anni: la vita dell’uomo è diventata spirituale, il


suo movimento illimitato, l’attività principalmente consultiva e con-
templativa, il contatto con tutti i pianeti è regolare. Comincia l’e-
splorazione di altri sistemi solari e il conseguente immenso sviluppo
dell’astronomia. La Terra rimane la madre rigeneratrice della fami-
glia umana, ma l’uomo ha cambiato d’aspetto: lo sdoppiamento è
diventato un fenomeno normale, esso fa dell’uomo un semispirito che
forma individui superiori con raggruppamenti di natura affine.
Il passaggio della vita terrestre alla cosciente penetrazione universale
è in pieno sviluppo, la vita del singolo assume ricchezza straordinaria,
abbraccia spesso molte generazioni e diventa successivamente quasi
illimitata. Alternanti destini assorbono l’attività di singoli individui, i
quali funzionano da rappresentanti di individui superiori, a loro volta
associati in nuove unità.

Da 500000 anni in poi passano altri millenni di evoluzione uni-


versale: l’uomo trasformato è assorbito in nuovi raggruppamenti

180
di vita e non rammenta più la nostra esistenza terrena di animale
semicosciente.
Continua la ricerca di perfezione, l’eterno avvicinarsi al mondo infini-
to, cammino al quale l’umanità appare appena avviata. Non possiamo
immaginarci che con ipotesi lo stato d’animo e di mentalità raggiunto
in 500000 anni e una descrizione proposta o concepita in qualunque
modo rimarrebbe incomprensibile.
Lentamente l’uomo non aumenta più di numero, si stacca dalla Terra.
Altri esseri, già molto progrediti, gli succedono mentre l’evoluzione
dell’uomo continua in altre dimensioni.

63. Le ultime mete

Millenni, e sempre altri millenni continuerà la fusione in unità supe-


riori, continuerà la perfezione e la penetrazione e la comprensione dei
miracoli dell’Universo.
Noi sappiamo quanto gode l’alpinista della natura, conosciamo la pura
soddisfazione che offre la musica, la contemplazione di un quadro o
uno spettacolo e possiamo immaginarci la soddisfazione del suo arte-
fice.
Noi conosciamo la felicita che ci offre l’unione alla natura e quale
gioia può dare la scoperta di qualche frammento delle verità eterne e
comprendiamo bene che questo stato d’animo, anche se dura soltanto
pochi istanti, rappresenta per l’essere umano l’unica grande soddisfa-
zione!
Nell’epoca che fantastichiamo l’uomo, già molto più spirituale che es-
sere terrestre, vive una vita di lunghe contemplazioni e di unione alla
natura alternata ad intenso lavoro, tutto motivo di immensa felicità.
E poi, e poi? E gli altri esseri? E i morti?
E come finisce tutto? continua a domandare l’ingenuo.
Ci ho pensato bene e intendo inserire altri concetti conseguenti in una
prossima edizione dell’Acma, qualora incontrerò rispondenza.
Ognuno ha del resto la propria idea individuale di Dio, dell’universo,
dei destini e può, immaginarseli diversamente.
Per ora non credo di essere stato ben compreso!
È troppo impegnativo fare previsioni sulle ultime possibilità e la fine

181
di ogni esistenza. A rigor di logica dobbiamo tener conto dell’ infini-
to, cioè della non esistenza della fine. Non siamo capaci di spiegare
esattamente perché facciamo questo o quello o quale sarà lo scopo di
qualunque nostra azione, grande o piccola che sia e, come non com-
prendiamo nemmeno le cose apparentemente molto limitate, così non
sappiamo afferrare il senso dell’infinito.
La domanda su quale sia l’ultima meta dell’esistenza del genere uma-
no e del mondo stesso rimane subordinata all’esistenza dell’individuo
e dobbiamo immaginarci le ultime finalità dell’esistenza come dettate
da leggi eterne dell’universo. Tutti gli esseri continuano ad evolversi.
I morti non svaniscono, continuano a dare il loro contributo. Non è
concepibile una fine.
Lo scopo dell’esistenza supera la capacità della nostra compren-
sione: sono preparativi a passaggi ad esseri futuri, lontani, infinita-
mente migliori di noi, di grande perfezione e qualità, quasi padroni
dell’universo.
I loro compiti e destini - che sono anche i nostri - e che si svolgono
nell’enorme lontananza del tempo, rimangono regolati dall’Acma.

182
Autoritratto di Max Fabiani
disegno a matita su cartoncino beige, cm 13,5 x 9
cartolina irmata, timbro postale: Gorizia, 18.2.1931
destinataria: Neera Gatti, viale R.Elena n.15, III p., Trieste
testo: “Lunedì il sottoscritto è impedito. MF”

183
184
Patrizia Ugrin

A PROPOSITO DI FISICA...

Acma è innegabilmente il testamento spirituale di Max Fabiani e se il


giudizio sul suo contenuto scientiico, come vedremo, deve essere rap-
portato all’epoca, anzi, alle varie epoche che vedono la sua redazione,
il suo valore di prodigiosa macchina produttrice di discussioni si rivela
senz’altro strabiliante ed attuale.
D’altra parte coloro che si sono dedicati alla ricerca su Max Fabiani han-
no sperimentato comuni entusiasmi e curiosità come pure perplessità
sull’audacia delle sue teorie... Molte volte, quelle teorie - in Fabiani appe-
na tratteggiate sommariamente - hanno poi originato riverberi culturali
a lunga gittata... ino a essere apprezzate appieno solo nella contempo-
raneità, oserei dire, ed in più di un caso...1
Riguardo alle vicende del commento scientiico:
nel corso della presentazione a Lipica (novembre 1999) di Akma in lin-
gua slovena edito dalla Fondazione/Ustanova Max Fabiani, il prof. Mar-
co Pozzetto aveva ipotizzato una simile iniziativa in lingua italiana - con
l’integrazione del testo in base al dattiloscritto continuamente corretto
di Fabiani - comprensiva di un’introduzione in parte letteraria e in parte
scientiica a corredo dei concetti contenuti. Alla presentazione a Lipica
era intervenuto il Prof. Fabio Ferrari, nipote di Fabiani e insigne isico te-
orico, collaboratore negli anni ‘50 del isico Emilio Segrè a Berkeley pro-
prio all’epoca delle ricerche che valsero allo stesso Segrè il premio No-
bel. In seguito ancora Ferrari fu il fondatore e primo Preside della Facoltà
di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali di Trento e poi Rettore della
medesima Università degli Studi2.
Nella chiacchierata che ne seguì, il prof. Ferrari confessò che erano state
le lunghe discussioni con lo zio Max durante le vacanze estive a segnare
la sua scelta per lo studio della isica. Nutriva però dei seri dubbi sulla
coerenza scientiica di un testo come Acma indirizzato maggiormente
ad una ilosoia educativa della scienza che all’esempliicazione di po-
stulati scientiici.
In breve si convenne su un commento o rilettura o notazione scientiica
sull’idea di “ininitesimale” e su quelle di “emanazioni”o “interazioni” tra

185
gli individui, concetti tanto cari alla ilosoia di Fabiani.
Poi la vicenda di Acma 1958, come si era convenuto di chiamarla, sofrì
di un ripensamento dello stesso prof. Ferrari sul modo di trattare i com-
menti al testo3. Così Acma 1958 rimase - sembra proprio un tratto conge-
nito dell’opera - ancora in sospeso...
Progetto mai accantonato e motivo di tanti colloqui con il prof. Pozzetto,
ino alle ultime nostre indagini nel novembre 2006 sul presunto scam-
bio di corrispondenza (ricerche non ancora abbandonate!) tra Fabiani e
Einstein.4
Purtroppo, dopo il compianto Prof. Pozzetto, è venuto a mancare nel lu-
glio 2007 anche il prof. Ferrari. Di quest’ultimo vogliamo riportare alcu-
ne parti del testo esplicativo scritto da lui stesso come ipotetico referee o
peer review a corredo delle teorie scientiiche di Zio Max5.
E nel far ciò rendere omaggio al suo autore nonché a Marco Pozzetto,
purtroppo deceduto nel 2006, che in vita non ha cessato mai di batta-
gliare ainché Acma 1958 potesse essere inine pubblicata e commen-
tata criticamente.

186
Fabio Ferrari
ACMA DI ZIO MAX
versione “scientiicamente corretta” dal prof. Fabio Ferrari, isico illustre e
nipote di Max Fabiani

CAPITOLO I

1. Il rapporto dell’uomo con l’Universo

È un bisogno tipico dell’uomo, che ha quasi la forza di una legge della


natura, trasmettere ad altri con grande premura quel poco che appena
appena veniamo a sapere o quello che crediamo di aver scoperto per
primi. Spesso ripetiamo solo frasi vane e inconcludenti. Ma qualche vol-
ta arriviamo ad aferrare concetti di validità universale come quelli che
stanno alla base delle conoscenze scientiiche.
Dalle ininite sfaccettature della natura ognuno può, ad ogni passo, ot-
tenere qualche idea nuova o portare alla luce qualche fenomeno non
ancora osservato. È questo il premio delle attività umane.
Come l’uomo arrivi alla formulazione dei concetti non è chiaro ed è del
tutto aperta la vasta problematica dei rapporti fra la percezione degli og-
getti e la realtà dell’oggetto stesso. È verosimile ritenere che ogni essere
vivente sia soggetto in ogni istante a stimolazioni sensoriali provenienti
dal mondo esterno. L’accumulo evolutivo di queste stimolazioni ha ca-
rattere ereditario e rappresenta nelle specie animali ciò che viene dei-
nito istinto. Sembra tuttavia che solo il cervello umano abbia la capacità
di elaborare, organizzare e sintetizzare gli stimoli esterni in “forme a pri-
ori” (Kant) che rappresentano un substrato comune a tutti gli individui e
che costituiscono nel loro insieme la premessa della conoscenza che, in
questa fase, è essenzialmente empirica. Tramite quali processi cerebrali
avvenga il passaggio dalla conoscenza empirica alla conoscenza astratta,
che racchiude in sé anche l’idea di limite è, sia dal punto di vista psichico
che da quello ilosoico, impresa irta di diicoltà tanto da aver portato
spesso a ritenere priva di signiicato reale ogni forma di metaisica.

187
Eppure tutta la geometria euclidea è costruita essenzialmente su enti
astratti quali punti e rette. La stessa isica, scienza fondamentalmente
sperimentale, utilizza l’idea di punto materiale, astrazione che schema-
tizza il caso di un corpo di dimensioni molto piccole rispetto alle distanze
ed alle altre lunghezze che intervengono in un determinato problema.

2. L’infinitamente piccolo

Il punto e la retta tracciati dall’architetto nei suoi progetti hanno ovvia-


mente dimensioni inite, come hanno dimensioni inite le particelle di
pulviscolo sospese nell’aria che hanno diametri dell’ordine del centesi-
mo di millimetro. Un buon microscopio ottico riesce ad ingrandirle qual-
che migliaio di volte rendendole “grandi” quanto un pugno di un uomo
e mostrando che esse contengono un soice intreccio di terra, tessuti,
microrganismi e tante altre cose.
Molto di più si può osservare con un microscopio elettronico, basato su
lenti elettrostatiche e magnetiche, che permette di raggiungere ingran-
dimenti circa cento volte più grandi di quelli ottenibili con un microsco-
pio ottico, con pari nitidezza e fedeltà.
Le tecniche ora descritte ed altre esperienze, come quelle basate sull’uti-
lizzo di macchine acceleratrici quali il ciclotrone, ci fanno entrare in mo-
do sempre più profondo nel mondo del microcosmo.
La isica e la chimica e molte altre scienze si occupano già da tempo di
questi problemi e hanno fatto negli ultimi cento anni e continuano a
fare ancora oggi scoperte meravigliose.
Molti concetti di base, quali quelli di particella e di onda, risultano pro-
fondamente modiicati e tendono a portarci verso concetti del tutto nuo-
vi, lontani dalla nostra intuizione che deriva prevalentemente dal macro-
cosmo. Nell’afrontarli, cercherò di essere, per quanto possibile, semplice.
Oggi sappiamo che la materia in tutte le sue forme è fatta di atomi e di
molecole costituite da aggregati di atomi.
Dell’atomo possiamo farci una immagine mentale che appena appena
rilette la sua struttura, pensandolo come un piccolo sistema planeta-
rio (le dimensioni dell’atomo sono circa un centesimo di milionesimo di
centimetro) con un nucleo al posto del sole e un certo numero di elettro-
ni al posto dei pianeti. La massa dell’atomo è praticamente concentrata

188
nel nucleo che possiede anche una carica elettrica positiva. Il nucleo è
“quasi” puntiforme rispetto alle dimensioni dell’atomo. Inoltre la carica
elettrica negativa degli elettroni equilibra esattamente quella positiva
del nucleo rendendo l’atomo elettricamente neutro (Rutherford).
Il punto critico di questo modello è che non è possibile determinare con
precisione posizione e velocità degli elettroni orbitanti in quanto le par-
ticelle sono così leggere (un elettrone ha una massa che è circa un mi-
liardesimo di miliardesimo di miliardesimo di grammo) che qualsiasi mi-
sura perturba in modo non controllabile la stessa struttura dell’atomo,
portando qualche volta anche alla sua distruzione. È questo, in estrema
sintesi, il principio di indeterminazione di Heisenberg che aferma che la
natura contiene in sé una incertezza intrinseca quantiicabile tramite la
costante di Planck. Sembra quasi che la natura voglia nascondere i se-
greti racchiusi nel mondo dell’ininitamente piccolo, cosicché le nostre
rappresentazioni mentali possono avere il solo signiicato di schematiz-
zazioni infantili di cose appena intuite.
Il principio di Heisenberg, applicato allo studio del moto dell’elettrone,
che di solito viene considerato come una particella, porta alla distruzio-
ne dell’idea di traiettoria. Non ha signiicato quindi parlare di traiettorie
circolari o ellittiche degli elettroni intorno al nucleo. In certe situazioni,
quando ad esempio è legato in un atomo, l’elettrone si comporta come
un’onda di frequenza deinita che lo costringe ad assumere solo alcu-
ni valori dell’energia discreti e ben deiniti (De Broglie, Schroedinger).
Questi valori dell’energia, chiamati stati quantici, sono sperimental-
mente misurabili.
In un atomo un elettrone può saltare, per efetto di sollecitazioni ester-
ne, da uno stato quantico ad un altro emettendo od assorbendo radia-
zioni elettromagnetiche di frequenze ben deinite, “grumi” di energia
che prendono il nome di fotoni.
Abbiamo forse raggiunto il limite del rapporto tra conoscenza empirica e
conoscenza astratta? Al contrario di quanto si possa pensare, di aver cioè
esaurito ogni nostra risorsa, cominciamo ad intuire la ininita ricchezza
della natura. Ci accorgiamo delle illimitate possibilità che si aprono in
ogni campo della ricerca. Davanti a noi abbiamo un mondo che attende
solo di essere interpretato e dove la nostra fantasia può dar libero sfogo
al proprio estro.
Come è ben noto, la luce è un’onda elettromagnetica, costituita da un

189
campo elettrico e da un campo magnetico strettamente correlati e in
continua oscillazione che si propaga nel vuoto alla velocità di 300.000
Km/sec (Maxwell). Caratteristica comune di tutte le onde, ad esempio
anche di quelle sonore, è di dar luogo a fenomeni di difrazione e di in-
terferenza. Quest’ultima è, in particolare, originata dalla sovrapposizione
di due vibrazioni che si incontrano in un punto dello spazio, producendo
frange alternate di strisce luminose e di strisce oscure. È un fenomeno
tipicamente ondulatorio.
In certe circostanze tuttavia, come nell’efetto fotoelettrico (Einstein),
dobbiamo pensare la luce costituita da un insieme di particelle. Sono i
fotoni già incontrati. Essi si muovono sempre alla velocità della luce, non
hanno massa e possono solo essere emessi o assorbiti.
Straordinariamente ricca di conseguenze anche ilosoiche è la scoperta
che la voce e quindi anche il pensiero umano possono essere trasmes-
si a distanze enormi per mezzo di irradiazioni e ricezione di onde elet-
tromagnetiche (Hertz). È noto da tempo che una corrente elettrica che
percorre un ilo conduttore crea al suo intorno un campo elettrico e un
campo magnetico in grado di accumulare energia. Una corrente elettri-
ca alternata ad alta frequenza è in grado di trasformare l’energia conte-
nuta nei campi alternativamente da elettrica in magnetica e viceversa,
generando onde elettromagnetiche che vengono irradiate nello spazio
allo stesso modo delle onde luminose. Come queste sono costituite da
fotoni e possono essere rivelate a distanza.
Applicando queste idee, all’inizio del secolo Marconi è riuscito ad efettua-
re i primi esperimenti di radiocomunicazioni transoceaniche. Esse hanno
dimostrato la loro utilità in occasione del drammatico naufragio del tran-
satlantico Titanic, consentendo il salvataggio di centinaia di naufraghi.
In sintesi, fotoni ed elettroni hanno le proprietà di essere allo stesso tem-
po particella e onda, concetto non antitetico ma diicilmente aferrabile
dalla nostra mente che “vede” o una particella che si muove lungo la sua
traiettoria o un’onda estesa che oscilla mentre si propaga nello spazio.
Ciò vale per tutti gli enti di dimensioni atomiche (fotoni, elettroni, pro-
toni ecc.) che proprio per queste caratteristiche possono essere solo
parzialmente localizzati. Se cerchiamo di misurare la loro posizione essi
possono apparire in punti diversi dello spazio fra loro anche lontani. Ciò
che possiamo fare è solo prevedere la probabilità di trovarli in un deter-
minato punto (Bohr). Questa non localizzabilità non può essere interpre-

190
tata con la isica classica di Galileo e di Newton, che ha una impostazione
completamente determinista. Ma Newton descrive il mondo macrosco-
pico dove i corpi sono costituiti da un numero straordinariamente gran-
de di atomi. È proprio questo numero enorme di atomi che collega stret-
tamente tra loro la isica classica e la isica dell’atomo in base al principio
di corrispondenza (Bohr), di notevole portata concettuale.
È mia convinzione che la non localizzabilità propria del mondo dell’in-
initamente piccolo possa ofrire una nuova metodologia per lo studio
dei processi evolutivi che caratterizzano gli esseri viventi (Darwin). Lo
stesso si può dire per le radiazioni (fotoni) che emanano dagli atomi che
costituiscono i corpi e che da questi possono essere assorbite.
Anche per questi motivi ho utilizzato nella schematizzazione dell’uni-
verso termini quali “ininitamente piccolo” e “ininitamente grande”, che
come vedremo più si avvicinano all’idea di Acma.

3. L’infinitamente grande

Abbiamo solo una vaga idea delle dimensioni reali dell’universo, tanto da
poterlo spesso immaginare come ininito. Concetto diicile da aferrare
se si pensa che, se così fosse, ogni punto sarebbe centro dell’universo.
In una notte limpida possiamo vedere ad occhio nudo circa 6000 stelle,
mentre nella sola nostra galassia (Via Lattea), debole striscia luminosa
che si proietta sulla sfera celeste, ve ne sono circa 100 miliardi. Nell’u-
niverso si ritiene che vi siano alcuni miliardi di galassie. La distanza fra
le stelle e le dimensioni delle galassie sono tali da dover inventare una
nuova unità di misura per le distanze, l’anno luce che corrisponde alla di-
stanza percorsa dalla luce in un anno. Il diametro maggiore della nostra
galassia, che ha la forma di un disco schiacciato, è di 100.000 anni luce,
mentre lo spessore è di circa 1000 anni luce. Fa impressione solo pensare
che la stella a noi più vicina dista circa quattro anni luce. Analizzando la
luce proveniente dalle stelle possiamo scoprire che esse sono formate
dagli stessi elementi chimici che troviamo sulla terra, anche se in tutte
prevalgono gli elementi leggeri come l’idrogeno.
Le stelle, per noi semplici punti luminosi, emettono continuamente ver-
so lo spazio circostante radiazioni elettromagnetiche che rappresenta-
no, tra l’altro, la fonte principale delle informazioni che abbiamo sulla

191
struttura dell’universo. Segnali appena appena percettibili in quanto la
luce emessa dalle stelle si propaga secondo raggi perpendicolari ai fron-
ti d’onda sferici che si aievoliscono con il quadrato della distanza. Si
intuisce così quale enorme potenza venga emanata da una stella e quale
incommensurabile energia sia contenuta nell’universo. La spiegazione
di come una stella possa produrre tanta energia per miliardi di anni è
stata suggerita da Atkinson e da Bethe facendo ricorso alle reazioni ter-
monucleari che avvengono nel cuore delle stelle dove le pressioni sono
altissime e le temperature sono dell’ordine dei milioni di gradi Kelvin.
Guardando l’universo ci rendiamo sempre più conto che, pur essendo
enormi le distanze fra i corpi celesti, non ha senso parlare di spazi vuoti
in quanto in ogni parte, anche la più piccola, sono sempre presenti ra-
diazioni elettromagnetiche e forze di attrazione gravitazionale che i cor-
pi esercitano gli uni sugli altri mantenendo l’universo in un sostanziale
equilibrio dinamico.
Gli spazi interstellari sono attraversati anche dai raggi cosmici prodotti
probabilmente da esplosioni di stelle. Giungendo sulla terra essi urtano
gli atomi e le molecole che costituiscono la nostra atmosfera producen-
do sciami di particelle che arrivano ino al suolo. Studiando questi sciami
sono state recentemente rivelate particelle del tutto nuove, chiamate
mesoni (Anderson), e che dovrebbero avere un ruolo fondamentale per
interpretare le forze nucleari.
Per inciso è di questi giorni la terriicante notizia che, in seguito alle
esperienze di Fermi sulle reazioni nucleari, è stata prodotta una bomba
atomica basata sulla scissione del “quasi puntiforme” nucleo dell’uranio
in due o più frammenti.

CAPITOLO II

4. L’idea dell’Acma

Riprendo, in forma elementare, i concetti analizzati nel primo capitolo.


L’uomo arriva all’idea di ininito partendo da cose delimitate ed allargan-
do sempre di più i loro limiti. La luce che parte da un punto si espande
come un’onda sferica diminuendo via via di intensità. La nostra imma-

192
ginazione la segue senza diicoltà, le distanze aumentano senza ine e
l’ininito ci pare quasi concettualmente raggiungibile seguendo un ra-
gionamento logico e facile da aferrare. Estrapolazione illusoria e spesso
ingannatrice.
Meno intuibile è l’idea di ininitamente piccolo. Credo che ciò sia dovuto
al fatto che la nostra cultura occidentale afonda le sue radici nell’essen-
za dell’antica ilosoia greca.
Nel quinto secolo a.C. Leucippo e Democrito avanzano l’ipotesi che tutta
la materia sia costituita da particelle di dimensioni inite e non ulterior-
mente divisibili, atomi nel senso etimologico. Questa ipotesi non per-
mette ovviamente di arrivare al concetto di ininitesimo.
Circa due secoli più tardi Pitagora e la sua scuola, esaminando criti-
camente la geometria euclidea, scoprono che lato e diagonale di un
quadrato sono incommensurabili, cioè che non è possibile trovare un
segmento, per quanto piccolo, che sia un loro comune sottomultiplo.
Ciò porta ad una serie di conclusioni assai originali: il punto di Euclide
deve necessariamente essere senza dimensioni, la retta senza larghezza,
il piano senza spessore. Per la prima volta la mente dell’uomo si apre al
concetto di ininitesimo, strumento che si dimostrerà utilissimo e poten-
te 2000 anni più tardi permettendo lo sviluppo di tutto il calcolo dife-
renziale (Newton, Leibnitz, Cantor).
II dilemma tra queste due ipotesi resta intatto ino agli albori del 1900
quando si riesce ad intravedere come in efetti lavora la natura nelle strut-
ture atomiche. I costituenti di queste, come ad esempio l’elettrone, sono,
come abbiamo visto nel capitolo 1, intrinsecamente “particella e onda”.
Nel mondo microscopico si uniicano due concetti che nel mondo ma-
croscopico sono nettamente distinti. È la strada che ci porta a compren-
dere come l’atomo emetta ed assorba la luce, perché il cielo sia azzurro,
perché il iore dispieghi i suoi colori.
Ma andiamo avanti. Per mezzo di un’antenna e di un ricevitore possiamo
oggi sentire le voci che provengono da tutto il mondo. Queste esperien-
ze dimostrano che le vibrazioni dei suoni, opportunamente trasdotte,
possono essere proiettate negli spazi più piccoli e in quelli più lontani.
Fatti ritenuti impossibili ino a pochi decenni fa, che modiicano in modo
drastico molte idee e teorie del passato.
Come ogni essere vivente l’uomo è compartecipe di tutte le azioni che
avvengono sulla Terra alla quale è strettamente legato, tanto da chia-

193
marla talvolta con il nome di Madre. Egli risente di ogni mutamento, an-
che del più eimero, che si origina in spazi vicini o lontani, sa di essere
pienamente inserito nella lotta per la sopravvivenza. È però l’unico esse-
re che comprende che la sua vita dipende non solo dalla terra ma anche
dal Sole, piccola stella che ruota intorno al centro della nostra galassia e
che tutti i miliardi di galassie si “vedono” perché ogni stella che le com-
pone è sorgente di luce, e si “sentono” perché la materia origina quelle
forze gravitazionali, fenomeni tra i più interessanti e meno compresi, che
tengono insieme tutto l’universo.
Come sta scritto nel libro della Genesi, sente di essere fatto di terra, di
polvere e che ciò lo rende sostanziale alle realtà materiali. In fondo gli
atomi e le molecole che costituiscono il suo corpo sono uguali a quelli
presenti in tutto l’universo.
Ma nell’uomo c’è qualche cosa di più profondo. La sua coscienza e forse
il suo inconscio lo spingono a legarsi e aprirsi all’altro uomo e agli altri
uomini. Aprirsi all’uomo signiica partecipare alla vita dell’altro. Legarsi
agli uomini signiica considerare l’uomo nella storia, quello che è accan-
to a noi e vive nel nostro tempo, vedere con ottimismo l’uomo che verrà,
valutare le situazioni concrete di vita e i problemi reali della società uma-
na. Processi lenti, trasformazioni evolutive ininitesimali che di tanto in
tanto si sommano incidendo sugli stessi processi in cui la vita si sviluppa.
Non ho trovato altra parola se non quella di “Acma” per esprimere la con-
sapevolezza che l’uomo ha di essere immerso nell’universo e di sentire
che l’universo è in lui racchiuso. La convivenza umana richiede iducia e
ottimismo che valgono come o più dell’oro.

5. L’unità del mondo

Ho evitato con intenzione qualsiasi deinizione di Acma. Siamo abituati


a chiamare materia ciò che è soggetto alle leggi isiche. Ogni particella
dell’aria concorre alle vibrazioni di tutto l’universo, ma come considerare
l’idea che nasce in noi osservando un paesaggio? Il pensiero e ciò che
chiamiamo coscienza sono riducibili a semplice materia oppure sono
più vicine a quella “essenza incorporea” che le religioni assumono come
principio universale di vita?
Ritengo che come è avvenuto per la isica dove “particella e onda” hanno

194
in questi ultimi anni assunto una concezione unitaria, anche per “mate-
ria e spirito” dobbiamo abbandonare ogni dualismo.
Ho la chiara consapevolezza che questa ipotesi è piena di insidie e tra-
nelli perché vi è un divario che diventa sempre più profondo fra le co-
noscenze scientiiche e quelle ilosoiche, soprattutto quando queste
ultime si avventurano negli spazi della teologia speculativa. Eppure è
inevitabile e urgente che l’uomo riprenda una strada antica, già per-
corsa, abbandonata, ripresa e riabbandonata per comprendere perché
qualsiasi teoria, anche quelle delle scienze matematiche e delle scienze
naturali siano, per principio, incapaci di giustiicare tutti i fenomeni che
si incontrano in natura. Vi è sempre un anello mancante o che improvvi-
samente viene meno.
Le parole sono strumenti preziosi di cui non possiamo fare a meno. Ma è
necessario utilizzarle con estrema attenzione e avere la consapevolezza
che spesso sono ambigue.
Male e bene sono espressioni astratte che nella realtà della vita acquisi-
scono solo un signiicato relativo. Cosa morta può essere la causa prima
per la rinascita della vita, ma la vita può causare la morte. Morto e vivo
sono stati diferenti di un essere che non sono necessariamente opposti.
Anche Ie parole inizio e ine sono imprecise. Chi può stabilire il momento
nel quale viene concepita un’idea, una melodia o inizia un’opera? Lo scien-
ziato, il musicista o l’ingegnere non sanno rispondere a queste domande.
Grande è ogni cosa che supera le dimensioni normali dell’uomo mentre
piccolo è tutto ciò che non ha misura rilevante. Ma perché prendere le
dimensioni dell’uomo come unità di misura? Solo perché ciò rende più
semplice la vita di ogni giorno. Come abbiamo visto gli atomi di Demo-
crito non corrispondono a quelli reali. Vi è sempre il problema della non
localizzabilità che rende improbabile che si possa arrivare a una dimen-
sione che possa essere naturalmente deinita.
Al contrario caldo e freddo sono sensazioni intuitive ma che possono
esser misurate con un termometro. Kelvin ha dimostrato che è possibile
avvicinare lo “zero assoluto” quando gli atomi che costituiscono i corpi
tendono ad avere velocità nulla.
L’attrazione e la repulsione non sono necessariamente azioni opposte,
ma possono costituire la ragione dell’esistenza degli stati di equilibrio.

Trento, dicembre 2001

195
Note

1 Si pensi all’interesse contemporaneo per il genius loci...


2 Una breve biograia: Laureatosi in isica teorica, Fabio Ferrari iniziò la sua carriera
scientiica nel 1950 presso l’Università di Padova, ove nel 1956 ottenne la Libera Do-
cenza in Fisica Teorica. Nel 1958 si trasferì negli USA a Berkeley (Lawrence Radiation
Laboratory) dove collaborò con il premio Nobel Emilio Segrè. Nel 1963 rientrò in
Italia presso l’Università di Bari, ove fu direttore del Dipartimento di Fisica dal 1968
al 1972, anno in cui, trasferendosi presso la Libera Università di Trento, contribuì a
fondare la Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali di cui divenne il primo
preside dal 1972 al 1977. A Trento ebbe la Cattedra di Fisica Generale (1972-1984)
e quella di Fisica delle Superici (1984-2001) I suoi studi accademici hanno riguar-
dato dapprima i raggi cosmici e le particelle elementari, focalizzando soprattutto
sullo studio dell’interazione delle particelle strane con i nucleoni. Successivamente
la ricerca si è orientata alle possibili applicazioni delle macchine acceleratici, normal-
mente usate in isica nucleare, ad alcuni settori della isica della materia: in particola-
re applicandole allo studio delle modiiche chimico isiche delle superici solide.
Nel 1976 fu tra i principali arteici della nascita dell’ITC-irst Istituto per la Ricerca
Scientiica e Tecnologica di Trento. Fu Direttore del Dipartimento di Fisica dell’Uni-
versità di Bari dal 1968 al 1972 e Direttore della sezione di Bari dell’Istituto Nazionale
di Fisica Nucleare (INFN) dal 1967 al 1970, nonché membro della Giunta Esecutiva
dell’INFN dal 1971 al 1978. Nel 1978 divenne Rettore dell’Università degli studi di
Trento. Ricoprì tale ruolo ino al 1990, gestendo la delicata trasformazione dell’Uni-
versità da Libera a statale. Durante il suo mandato favorì la nascita della Facoltà di
Ingegneria, presso la quale promosse il primo corso di laurea italiano in Ingegneria
dei Materiali (1984). Sostenne in ateneo lo sport e la ricerca nell’area delle scienze
sportive, dirigendo dal 1974 al 1994 il Centro Universitario Sportivo e fondando a Ro-
vereto nel 1996 l’European Centre for University Sport che successivamente diven-
ne Centro Interuniversitario di Bioingegneria e Scienze Motorie. Dal 1996 al 1999 fu
presidente dell’Istituto Trentino di Cultura (oggi Fondazione Bruno Kessler). Nel 1960
ottenne il premio della Società Italiana di Fisica per i lavori sugli iperframmenti. Nel
1980 fu premiato con la Medaglia d’oro del Ministero dell’Università e della Ricerca
Scientiica. Nel 2001 l’allora Ministro Letizia Moratti gli conferì il titolo di “professore
emerito”. Fu Grande Uiciale al merito della Repubblica Italiana. Fonti: Università de-
gli Studi di Trento, Società di Fisica Italiana, INFN, voce Wikipedia Fabio Ferrari isico.
3 Nei nostri numerosi colloqui telefonici, il prof. Ferrari, in quanto scienziato ed in
quanto nipote, era preoccupato dell’accuratezza ed adeguatezza scientiica dello
scritto e che la pubblicazione di fantastiche ipotesi, plausibili al tempo di Fabiani ma
oggi superate, potesse nuocere all’immagine dello zio. Opinione del tutto contraria
a quella del Prof. Pozzetto che riteneva si potesse comunque apprezzare lo scritto
proprio per questo, e che espresse a Ferrari nel seguente fax dd. 26 agosto 2001:
“Caro Fabio, nelle scorse settimane mi sono consultato con alcuni colleghi che han-
no un’esperienza maggiore della mia nella pubblicazione dei documenti storici da
mettere in ordine prima dell’eventuale pubblicazione. Il loro parere è del tutto avver-
so all’idea di pubblicare un rimaneggiamento totale del testo dello “Zio Max”: parere
probabilmente disinteressato, visto che si tratta per lo più degli storici puri e degli
archivisti, che per varie ragioni e’ diicile non prendere in considerazione. Ti adduco
solo due tra le ragioni più persuasive: il processo mentale del correttore e’ in ogni
caso diverso da quello dell’autore, visto l’intervallo temporale che intercorre tra le
due stesure del testo. Ricorrendo alla personale Kultur per costruire una propria vi-
sione del mondo, l’autore usa le cognizioni isiche “avanzate” del proprio tempo allo

196
stesso modo come la ilosoia presocratica o gli aspetti particolari della sociologia od
ancora la ilosoia della storia, senza essere specialista in nessuno di questi mondi. È
abbastanza chiaro che si possono riscontrare errori, ingenuità e mancanze che pos-
sono e debbono essere commentate ma non eliminate, visto che fanno parte della
costruzione mentale proposta dal testo.
Ci sono nel testo anche atteggiamenti che personalmente accosterei a dichiarazioni
dello “Zio Max” che in trenta secondi gli hanno precluso la notorietà uiciale in Italia,
come quella di rivolgersi agli urbanisti nel Congresso INU a Venezia nel 1952 dicen-
do “solo”: vi ho ascoltato per tre giorni parlare del fumo; sarebbe ora di tornare a casa
a studiare l’urbanistica. Ti pregherei di voler riconsiderare l’idea di riscrivere il testo
e di decidere di fare un’introduzione, o/e di apporre le tue annotazioni esplicative
al testo. Vorrei pregarti anche di comunicarmi quando sarà la riunione dei Ferrari a
San Daniele. Forse in quell’occasione potremmo avere una riunione con Patrizia per
decidere se e come inire la vicenda dell’Acma, anche per non perdere l’eventuale
inanziamento goriziano.
Io sarò di nuovo a Trieste dal 3 settembre, un caro saluto a te e a tua moglie, Marco”
4 Vi sono al momento purtroppo solo testimonianze indirette su tali lettere dello stes-
so Prof. Ferrari - che le aveva viste - e del prof. Pozzetto, mentre la mia ricerca negli
archivi elettronici della Fondazione Einstein non ha prodotto alcun risultato. Sussi-
stono peraltro interessanti indizi che meriterebbero una ricerca - o un romanzo -
sulle frequentazioni scientiiche di Fabiani al tempo di Einstein e Michele Besso in
quel di Trieste (vedi pubblicazione della Sissa, op.cit.). Per toccare anche la curiosa
preferenza data da Einstein alla sala dell’Urania di Vienna (progettata e costruita da
Fabiani) per le sue conferenze del gennaio 1921 sulla Relatività nel momento di più
vasta notorietà della sua carriera (perché quella sede e non altre prestigiose istituzio-
ni Viennesi?)
5 Da docente attento ai giovani, Ferrari è, a mio giudizio, in questa parte riscritta, insu-
perato divulgatore scientiico...
“Trento, 8.12.2001
Cara Patrizia,
Le invio con un po’ di paura le prime 40 pagine di ACMA. Non so se questa versione,
per nulla tecnica, può essere una prima approssimazione.. In realtà è molto diicile
intervenire su un testo che contiene certamente qualche buona idea ma che è scritto
in modo confuso, contiene molti errori ed è troppo spesso ripetitivo..
Le frasi “teologiche” che ho aggiunto hanno solo lo scopo di far capire quello che
pensava Zio Max. Le due righe sul concetto onda-corpuscolo e materia-spirito tenta-
no di introdurre il concetto di ACMA seguendo una falsariga tecnica..
Tutto però può essere tolto.
Aspetto con terrore i commenti. In attesa, tanti afettuosi auguri per Natale e per uno
splendido 2002.
A presto
Fabio”

197
Diego Kuzmin, goriziano, architetto PhD, laurea in lettere. giornalista
pubblicista, membro dell’Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei
di Gorizia, componente del Comitato di redazione del giornale di fron-
tiera Isonzo-Soča, progettista della lapide inaugurata nel 1992 in memo-
ria della rivolta dei Tolminotti giustiziati nel 1714 sul Travnik di Gorizia e
della riqualiicazione di piazza Cavour, piazza Sant’Antonio, via Rastello
e via Cocevia, via delle Monache, via Mazzini e via Garibaldi nel centro
storico di Gorizia.
Scritti recenti: Punti di vista, 100 piccoli scritti (2009), La villa Lasciac sul
Rafut (2012), Perché proprio all’architetto Barich l’incarico per il nuovo Mu-
nicipio di Cervignano? (2012), Il conine mobile, fattore condizionante per
la storia dell’architettura (2013), Antonio Lasciac, disegni goriziani (2014), I
graiti dell’ospedale militare di Castelnuovo di Sagrado (2015), From middle
Europe to Egypt, Antonio Lasciac architect (2015), Oglej, zibelka kulture. od
Karla von Lanckoronskega di Maksa Fabianija (2015), Renato Fornasari,
protagonista della storia dell’architettura nell’Isontino degli anni Cinquan-
ta (2016).

198
Patrizia Ugrin, nata a Trieste, laurea magistrale in Storia dell’Arte Veneta
all’Università di Trieste con una tesi sulle cartoline all’acquerello e l’opera
graica di Max Fabiani. È stata Segretario Didattico dei Corsi di Laurea
della Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell’Università
degli Studi di Trieste, ha collaborato con il Prof. Marco Pozzetto alla re-
dazione e alle ricerche d’archivio per il suo libro Max Fabiani del 1998.
È stata tra i fondatori e membro del direttivo della Fondazione Slovena
“Ustanova Maks Fabiani” e ha curato le conferenze di presentazione di
“Akma” a Lipica nel 1999 per la parte italiana e i riferimenti graici. Svolge
ricerca e attività di volontariato per la divulgazione della Storia dell’Arte
con cicli annuali di conferenze e incontri presso l’Università della Terza
Età del Monfalconese.
Scritti vari: Il tempio Israelitico di Trieste, novità culturali e analisi stilistiche
(1991); Esiste una socialità per l’architetto? (1992); Sulla Casa Bartoli di Max
Fabiani a Trieste (1993); Elogio della “follia erasmiana”: Fabiani, il Sindaco
Bartoli e il Porto di Trieste, 1954 (1994); Lo strano caso di “Acma-Gorizia”,
ovvero Fabiani al Concorso Internazionale di Idee per l’impostazione del
Nuovo Piano Regolatore di Venezia 1956 (1995); Ipotesi di lavoro su Fisica e
ACMA SECONDA (1998); Le cartoline all’acquerello di Max Fabiani e l’opera
graica indipendente dalla progettazione (1999).
Max Fabiani - 150 anniversario dalla nascita (2015), Max Fabiani e il Carso
(2015), Architettura a Venezia (2016), Pittura a Venezia (2017), in atti da
Conferenze Università Terza Età del Monfalconese.

199
L’Associazione Culturale “Maestro Rodolfo Lipizer” ONLUS di Gorizia
accanto alle sue molteplici attività artistico-culturali (Concorso, Stagione
concertistica, Convegni, Biblioteca, Scuola di musica) aianca la ricerca
musicale e musicologica con inalità editoriali.
La Biblioteca annovera una ricca raccolta di spartiti e testi musicali, ine-
diti o di diicile reperibilità, che copre un periodo che va dalla seconda
metà del Settecento ad oggi.
L’attività editoriale riguarda testi di musicologia, di memorialistica, l’edi-
zione di spartiti - particolarmente importante il repertorio contempora-
neo di brani per violino solo e violino e pianoforte editati per il Concorso
Internazionale di Violino “Premio Rodolfo Lipizer”, di compositori italiani,
tra cui L. Chailly, F. Donatoni, R. Malipiero, S. Bussotti, R. Vlad - nonché la
riscoperta e l’edizione di autori del passato (tra cui C. e G. Bignami, Al.
Rolla, C. Sivori, ecc.), che hanno composto opere per archi di particolare
valore e scritto trattati riguardanti la tecnica del violino.

200
The “Maestro Rodolfo Lipizer” no-proit Cultural Association of Go-
rizia organises and manages many artistic and cultural activities (confe-
rences, a competition, a concert season, a library and a music school), as
well as supporting musical and musicological research for publishing.
The library contains a rich collection of sheet music and lyrics, some un-
published and hard to ind, covering a period from the second half of
the eighteenth century to the present day.
Editorial projects include the publication of musicology texts and au-
tobiographies and the editing of sheet music, for example the contem-
porary repertoire of pieces for solo violin and violin and piano by Italian
composers (including L. Chailly, F. Donatoni, R. Malipiero, S. Bussotti and
R. Vlad) edited for the “Rodolfo Lipizer Prize” International Violin Com-
petition. The Association has also rediscovered and published authors
from the past including C. and G. Bignami, Al. Rolla and C. Sivori, who
composed outstanding works for strings and wrote treatises on violin
playing techniques.

201
Collana Repertori Associazione Lipizer

Pubblicazioni delle Edizioni della Laguna di Mariano del Friuli e dell’Associazione


Culturale “Maestro Rodolfo Lipizer” ONLUS di Gorizia con il contributo del Ministero
dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

LIPIZER E. Rodolfo Lipizer - Testimonianze 1996


ARBO A. Musicisti di frontiera 1998
BRANCATI M. L’organizzazione scolastica nella contea principesca
di Gorizia e Gradisca dal 1675 al 1915 2004
COSOLO R. Caro Lorenzo. Quattro passi per il mondo
con Lorenzo Da Ponte 2005
DRASCEK G. XIII Convegno Internazionale sul Violino - ATTI (1995)
LIPIZER E. 2010
DRASCEK G. Convegni Internazionali sul Violino - ATTI (2001-2002)
LIPIZER E. 2010
DRASCEK G. Convegni Internazionali sul Violino - ATTI (1993-1994)
LIPIZER E. 2011
DRASCEK G. Convegni Internazionali sul Violino - ATTI (1996-1997-1998)
LIPIZER E. 2011
LIPIZER E. Un trentennio di musica e cultura a Gorizia
con l’Associazione Lipizer (1977-2007) 2011
DRASCEK G. Presentazione degli Atti dei Convegni Internazionali sul Violino
1993-1994, 1995,1996-1997-1998, 2000, 2001-2002 2012
PREDOLIN P. La Civica Scuola di Musica di Gorizia (1825-1965) 2012
DE ANNA P. Analisi e guida allo studio della II parte
de’ La Tecnica Superiore del Violino di R. Lipizer
Analisys and guida to the study of the II Part
of the Advanced Violin Tachnique by Rodolfo Lipizer 2014
DRASCEK G. L’ediicio scolastico di Via Ponte Isonzo dedicato al volontario
DRASCEK L. irredento Guido Brass (1896-1915), da giardino fröbeliano
(1888) a sede della Biblioteca “Rodolfo Lipizer” 2014
MONTAGUTI S. Vita musicale in Friuli Venezia Giulia 2014
CASU F. Dall’Umano verso il Divino - J.S. Bach e i 6 solo à violino 2015
MONTAGUTI S. Il dialetto bolognese della Valsamoggia 2015
DRASCEK G. XXI Convegno Internazionale sul Violino - ATTI (2015) 2016
CALABRETTO R. I primi anni della Société Musicale Indépendante
Uno sguardo sulla Francia musicale d’inizio secolo 2016

202
MARAMOTTI POLITI A.L. Fondamenti per lo studio della Liuteria. Per una metodologia
RAVINA E. di salvaguardia e restauro dei Beni Liutari 2016
BARBAROSSA A. XIII Convegno Internazionale di Studi - Vibo Valentia
DRASCEK G. Filosoia della muica e Musica della Filosoia. Gusto, Costume
e Politica in onore di Jean-Jaques Rousseau (1712-1778). 2017
SCARAMUZZA A. Tu che m’hai preso il cuor...
Auschwitz non era “Il Paese del Sorriso” 2017
MARAMOTTI POLITI A.L. Saper-Fare Liutario
RAVINA E. 2017
GRASSO G. Pier Adolfo Tirindelli a Gorizia 2017
FABIANI M. ACMA - L’anima del mondo 1958 2017

203
INDICE

Lorenzo Qualli
PRESENTAZIONE ................................................. 5
Diego Kuzmin
morì in dignitosa miseria... ................................................. 7

ACMA 1946 e 1958: due edizioni a confronto ................................14


Patrizia Ugrin
LA FILOSOFIA DELL’INGEGNERE ..............................................21
Acma o l’anima del mondo ..............................................26
Il problema infinitesimale ..............................................27

Meccanismi di evoluzione ..............................................28

Fenotipi culturali? ..............................................30

Azione sociale ..............................................31

Ultimo avamposto ..............................................32

Perché ..............................................33

Marco Pozzetto
PREMESSA .............................................. 37

Max Fabiani
ACMA 1958 .............................................. 43
Massimo Fabiani
PROLOGO (alla prima edizione del 1946) .............................................. 47
L’INFINITESIMALE .............................................. 51
CAP. I
1. NUOVI CONCETTI DELL’UNIVERSO .............................................. 53

2. L’IDEA DELL’INFINITO .............................................. 54

3. IL MONDO DELL’INFINITAMENTE PICCOLO ...................................... 56


CAP II
4. L’IDEA DELL’ACMA .............................................. 57
5. L’UNITÀ DEL MONDO .............................................. 58
6. IL CONTATTO CON L’UNIVERSO .............................................. 60

CAP. III
7. IL MONDO INFINITESIMALE .............................................. 62

8. NUOVO MODO DI OSSERVARE LE COSE .......................................... 63


9. ESEMPI .............................................. 65

L’INDIVIDUO, LA COSA .............................................. 67


CAP IV
10. LA FORMAZIONE DELL’INDIVIDUO .............................................. 69

205
11. L’ESISTENZA .............................................. 71
12. LE DIFFERENZIAZIONI .............................................. 72
CAP. V
13. LA DIFESA DELL’INDIVIDUALITÀ .............................................. 75
14. L’ADATTAMENTO .............................................. 76
15. LA RICERCA D’EQUILIBRIO .............................................. 77

CAP.VI
16. L’INDIVIDUO NELL’UNIVERSO .............................................. 80
17. LE INTERDIPENDENZE .............................................. 81
18. LE QUALITÀ DELL’INDIVIDUO .............................................. 82

L’INDIVIDUO UOMO .............................................. 85


CAP. VII
19. IL SINGOLO UOMO .............................................. 87
20. LA RELAZIONE CON IL PROSSIMO .............................................. 89
21. IL SUO POTENZIALE .............................................. 90

CAP. VIII
22. LA DONNA .............................................. 92
23. CARATTERISTICHE .............................................. 93
24. EDUCAZIONE E COSCIENZA .............................................. 95

CAP. IX
25. LA COSCIENZA DI NOI STESSI .............................................. 96
26. LA COMPRENSIONE DEL PROSSIMO .............................................. 98
27. LA POSIZIONE NELLA VITA .............................................. 99

LA FAMIGLIA ........................................... 101


CAP. X
28. I LEGAMI DI FAMIGLIA ........................................... 103
29. CARATTERI E FEDE ........................................... 104
30. LA PROLE, LA SCUOLA E LA VITA ........................................... 105

CAP. XI
31. MESCOLANZE ........................................... 108
32. LA STIRPE ........................................... 110
33. LE CULTURE ........................................... 111

CAP. XII
34. LA MENTALITÀ DEI POPOLI ........................................... 113
35. I CENTRO EUROPEI ........................................... 114
36. ORIENTALI E OCCIDENTALI ........................................... 116

LA SOCIETÀ UMANA ........................................... 121


CAP. XIII
37. CONVIVENZA SOCIETARIA ........................................... 123
38. GLI INTERESSI MATERIALI ........................................... 125
39. IL LAVORO ........................................... 126

CAP. XIV
40. RELIGIONE E SCIENZA ........................................... 129

206
41. LA MORALE ........................................... 130
42. I FATTORI EDUCATIVI ........................................... 132
CAP. XV
43. CONCETTI DI SENTIMENTO E INTUITO ......................................... 134
44. L’IMPORTANZA DELLA SENSIBILITÀ ........................................... 136

45. ARTE E MESTIERI ........................................... 138

LO STATO ........................................... 141


CAP. XVI
46. LA FORMAZIONE DELLO STATO ........................................... 143
47. LA VOLONTÀ DELLA MAGGIORANZA ........................................... 145
48. I FATTORI DEL POTERE ........................................... 147

CAP. XVII
49. L’ORGANIZZAZIONE DELLO STATO ........................................... 149
50. LA COLLABORAZIONE DEL POPOLO ........................................... 151
51. L’AMMINISTRAZIONE ........................................... 153

CAP. XVIII
52. ELEMENTI DI DIFESA DELLO STATO ........................................... 157

53. L’EDUCAZIONE ........................................... 159

54. LA PREPARAZIONE SPIRITUALE E TECNICA .................................. 160


L’EVOLUZIONE FUTURA ........................................... 165

CAP. XIX
55. LA NUOVA EPOCA ........................................... 167

56. MANCHEVOLEZZE DELLA NOSTRA SOCIETÀ ........................... 169


57. RETTIFICA MENTALE E COMPRENSIONE ....................................... 170
CAP. XX
58. PENETRARE L’UNIVERSO ........................................... 173
59. LA RICCHEZZA DEL MONDO ........................................... 174
60. GLI SVILUPPI PREVEDIBILI ........................................... 175

CAP. XXI
61. I PROSSIMI MILLENNI ........................................... 178
62. FANTASIA SUL LONTANO AVVENIRE ........................................... 180
63. LE ULTIME METE ........................................... 181

Patrizia Ugrin
A PROPOSITO DI FISICA... .......................................... 185
Fabio Ferrari
ACMA DI ZIO MAX
CAPITOLO I
1. Il rapporto dell’uomo con l’Universo .......................................... 187
2. L’infinitamente piccolo .......................................... 188
3. L’infinitamente grande .......................................... 191

CAPITOLO II
4. L’idea dell’Acma .......................................... 192
5. L’unità del mondo .......................................... 194

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PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA © 2017
ASSOCIAZIONE CULTURALE “MAESTRO RODOLFO LIPIZER” ONLUS
GORIZIA
NUOVE EDIZIONI DELLA LAGUNA
di Francesco degrassi

LICENZIATO DALL’OFFICINA IL MESE DI NOVEMBRE 2017

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FABIANI Maximilian (Max), Architetto, Urbanista, Inventore, Professore, Artista, Saggista, fu uomo
poliedrico - come l’Architetto Ideale immaginato da Vitruvio – e brillante, ma soprattutto un attento
interprete dei movimenti sociali ed artistici di ine ‘800 che, tra innovazioni e sperimentazioni, misero
le basi per gli sviluppi del successivo XX secolo.
Nacque il 29 aprile 1865 a Cobidil/Kobdilj, San Daniele del Carso/Štanjel (oggi Slovenia), morì
novantasettenne a Gorizia il 12 agosto 1962. Dopo gli studi superiori (Realschule/liceo Scientiico) a
Lubiana, studiò a Vienna, al Politecnico (Technische Hochschule) e alla scuola di Architettura (Bauschule),
Istituzioni di massimo prestigio in Europa, conseguendo il titolo di Architetto Diplomato nel 1892.
Nel 1892/1894, con la borsa di studio Ghega, compì il suo Grand Tour visitando Nord Europa, Italia, Grecia,
Asia minore. A Roma incontrò borsisti austriaci tra i quali J.M. Olbrich che a Vienna lo introdusse nello studio
di O. Wagner (Wagnerschule/Scuola di Wagner), del quale divenne stretto collaboratore. Insegnò quale
assistente (1896/98) e supplente (1898-1902) alla Cattedra di Composizione di K. König al Politecnico di
Vienna. Nel 1902 conseguì il Dottorato di Scienze Tecniche, il primo per studi sull’urbanistica, e la nomina
a Prof. Straordinario, chiamata ad personam (per chiara fama). Tra le realizzazioni, fu autore a Vienna di
Portois & Fix (1899/900), Artaria (1900/01) e Urania (1905/09), nonché di sistemazioni urbanistiche
(Karlskircheplatz, 1899); a Trieste del Narodni Dom/Hotel Balkan (1902/04), centro comunitario sloveno,
casa Bartoli (1904/06); a Gorizia del Trgovski Dom/B. Commerciale Industriale (1903/05), a Lubiana
della casa Hribar (1903) e del Liceo Femminile (1905/06). Fu consulente artistico personale dell’Arciduca
Francesco Ferdinando (castello di Konopiště, 1902/14, Rep. Ceca)
Nell’architettura e nell’urbanistica di Fabiani trovano espressione sia il rinnovamento che il rispetto
del genius loci, concetto all’epoca ancora sperimentale. Suoi sono i piani di Lubiana dopo il terremoto
(1895), Bielitz/Bielsko Biała, Polonia (1899). Curò grandi esposizioni internazionali (Liberec, 1906,
Rep. Ceca) e la rappresentanza Imperiale all’Esposizione Internazionale di Londra (1906).
Nella Prima Guerra Mondiale Fabiani fu, assieme ad A. De Gasperi, promotore del comitato per
l’assistenza ai profughi italiani e dal 1917 diresse il Wiederaufbau/Uicio Ricostruzioni per il governo
austriaco e poi per quello italiano. Nominato nel 1917 Prof. Ordinario al Politecnico, rinunciò nel 1919
alla carriera per portare a termine la ricostruzione dell’Isontino (primo esempio di pianiicazione
integrata, un centinaio tra piani regolatori - Gorizia, Gradisca, Monfalcone, ecc. - ricostruzioni e
sistemazioni, anche di siti archeologici). Nel diicile periodo di inserimento in Italia, si occupò di piccoli
lavori e incarichi. In seguito, stabilitosi a San Daniele del Carso, ne curò la ricostruzione, il progetto e
realizzazione della Villa e Giardino Ferrari e ne fu Podestà (1935/1945).
Ispettore Onorario della Soprintendenza ai Monumenti (dal 1938), nella sua vita fu insignito di
numerose onoriicenze. Continuò a progettare e a studiare sistemazioni e ricostruzioni anche dopo la
Seconda Guerra Mondiale per il Governo Militare Alleato. Nel 1946 si stabilì a Gorizia. Sempre attento
al costante mutamento del presente, Fabiani continuò ino all’ultimo a progettare (Canale navigabile
Adriatico-Danubio, 1950, concorso PRG Venezia, 1957), inventare (dispositivo di volo, 1948/49),
sognare... (Piano Territoriale per Trieste e Capodistria, 1953/54) e a cercare di comprendere il presente
e il futuro... (Acma 1958, Ultimo diario, 1962).
(p.u.)
ISBN 978-88-99489-23-6
€ 16,00

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