Vincenzo Musacchio
Angeli
contro le mafie
(Antologia delle vittime di mafia)
Scuola di Legalità
“don Giuseppe Diana”
di Roma e del Molise
2016
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NOTA
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A mia figlia Isabella con la speranza
che possa vivere la sua vita percorrendo
il “difficile” sentiero della legalità.
.
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BIOGRAFIE
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PREMESSA
Vincenzo Musacchio
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LA SCUOLA DI LEGALITÀ "DON PEPPE DIANA"
Pagina: https://www.facebook.com/scuoladellalegalita/
Sito: http://scuoladellalegalitadonpeppediana.it.gg/
E-mail: sdldpd1994@gmail.com
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LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA OGGI
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1. Beppe ALFANO
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2. Giorgio AMBROSOLI
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3. Rita ATRIA
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4. Emanuele BASILE
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5. Paolo BORSELLINO
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6. Antonino (Ninni) CASSARA’
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7. Rocco CHINNICI
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8. Gaetano COSTA
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9. Carlo Alberto DALLA CHIESA
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10. Mauro DE MAURO
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aderenti, le regole, l'ailiazione, l'organigramma della
società malavitosa. Tommaso Buscetta, davanti ai
giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, quindici anni
dopo la morte del giornalista, ebbe ad afermare che De
Mauro era un cadavere che camminava. Cosa nostra
era stata costretta a perdonare il giornalista perché la
sua morte avrebbe destato troppi sospetti, ma alla
prima occasione utile avrebbe pagato anche per I suoi
scoop. La sentenza di morte era solo stata
temporaneamente sospesa. Le indagini sulla sparizione
del giornalista furono seguite sia dai carabinieri,
secondo i quali sarebbe stato eliminato da “cosa
nostra” in seguito ad indagini sul traico di
stupefacenti, sia dalla polizia, che ritenne piuttosto che
la sua sparizione fosse collegata alle sue ricerche sul
caso Mattei (l'aereo caduto era decollato da Catania il
27 ottobre 1962), anche in seguito, il giorno stesso del
suo rapimento, alla sparizione dal cassetto del suo
uicio di alcune pagine di appunti e di un nastro
registrato con l'ultimo discorso tenuto da Mattei a
Gagliano Castelferrato. Principale investigatore per
l'Arma fu Carlo Alberto dalla Chiesa, per la polizia Boris
Giuliano; anni dopo entrambi caddero, in circostanze
diverse, per mano della maia. Il 4 giugno 2015 la
Cassazione ha confermato l'assoluzione di Totó Riina,
unico imputato del delitto, "per non aver commesso il
fatto".
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11. Giuseppe DI MATTEO
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12. Don Giuseppe DIANA
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13. Giovanni FALCONE
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lermitano, incensurato e molto rispettato perché la sua
impresa aveva dato lavoro a centinaia di operai.
Doveva la sua fortuna al riciclaggio di denaro frutto del
traico di eroina dei clan italo-americani. Alle prese con
questo caso, Falcone comprese che per indagare con
successo le associazioni maiose era necessario basarsi
anche su indagini patrimoniali e bancarie, ricostruendo
il percorso del denaro che accompagnava i traici e
avendo così un quadro complessivo del fenomeno. Notò
che gli stupefacenti erano venduti negli Stati Uniti così
chiese a tutti i direttori delle banche di Palermo e
provincia di mandargli le distinte di cambio valuta
estera dal 1975 in poi. Alcuni telefonarono
personalmente a Falcone per capire che intenzione
avesse e lui rimase fermo sulle sue richieste. Grazie a
un attento controllo di tutte le carte richieste, una volta
superate le reticenze delle banche, e "seguendo i soldi"
cominciò a vedere il quadro di una gigantesca
organizzazione criminale: i conini di cosa nostra. Risalì
così al rapporto fra gli amici di Spatola e la famiglia
Gambino, rivelando i collegamenti fra maia americana
e siciliana. In quel periodo fu ucciso il procuratore capo
di Palermo Gaetano Costa e subito dopo assegnarono la
scorta a Falcone. Grazie a un assegno dell'importo di
centomila dollari incassato in una banca di Palermo,
Falcone trovò la prova che Michele Sindona si trovava in
Sicilia smascherando quindi il into sequestro
organizzato a suo favore dalla maia siculo-americana
alla vigilia del suo giudizio. Nei primi giorni del mese di
dicembre 1980 Giovanni Falcone si recò per la prima
volta a New York per discutere di maia e stringere una
collaborazione con Victor Rocco, investigatore noto per
la sua esperienza nella lotta alla maia. Entrando negli
ufici di Rudolph Giuliani rimase stupito dall'eicienza e
dai loro strumenti, fra i quali c'era per esempio il
computer e le banche dati. Falcone seppe instaurare
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subito un rapporto di iducia con Giuliani e con i suoi
collaboratori, oltre che con gli agenti della Dea e
dell'Fbi. Grazie a questa collaborazione riuscirono a
sgominare il traico di eroina nelle pizzerie,
l’operazione passo alla storia con il nome di “pizza con-
nection”. Anche la stampa americana seguiva con
attenzione questa sinergia e presentava la igura di
Falcone con stima e grandissimo favore. Furono anni
tumultuosi che videro la prepotente ascesa dei
Corleonesi, i quali imposero il proprio feudo criminale
insanguinando le strade a colpi di omicidi. Indicativi i
titoli del quotidiano palermitano L'Ora, che arriverà a
titolare le sue prime pagine enumerando le vittime della
drammatica guerra di maia. Tra queste vittime anche
svariati e valorosi servitori dello Stato come Pio La
Torre, principale arteice della legge Rognoni-La Torre
(che introdusse nel codice penale il reato di
associazione maiosa), e il generale Carlo Alberto Dalla
Chiesa. Il 6 giugno 1983 Rosario Spatola fu condannato,
insieme con settantacinque esponenti della cosca
Spatola-Gambino-Inzerillo, a dieci anni di reclusione ma
sarebbe stato arrestato a New York dall'Fbi, in
collaborazione con la polizia italiana, solo nel 1999. In
precedenza per indagare su Spatola avevano già perso
la vita, il capo della squadra mobile Boris Giuliano e il
capitano dei Carabinieri Emanuele Basile. Il processo
Spatola fu quindi molto delicato, ma rappresentò anche
un grande successo per Falcone perché venne così
universalmente riconosciuto il "metodo Falcone".
Questo e tanti altri successi investigativi e giudiziari, lo
esposero in maniera mortale alla vendetta della maia,
così dopo aver fatto esplodere in aria un tratto di
autostrada e ucciso gli uomini della sua scorta (Vito
Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro), Giovanni
Falcone morì dopo alcuni disperati tentativi di
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rianimazione, a causa della gravità delle lesioni interne.
Francesca Morvillo morirà poco dopo.
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14. Giuseppe (Pippo) FAVA
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15. Lea GAROFALO
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state tutte confermate dalla Cassazione che le ha rese
così deinitive.
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16 . Boris GIULIANO
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17. Libero GRASSI
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18. Giuseppe (Peppino) IMPASTATO
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19. Pio LA TORRE
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Parlamentare Antimaia ino alla conclusione dei suoi
lavori nel 1976. Nello stesso anno fu tra i redattori della
relazione di minoranza della Commissione antimaia,
che accusava duramente Giovanni Gioia, Vito
Ciancimino, Salvo Lima ed altri uomini politici di avere
rapporti con la maia. Nel 1981 decise di tornare in
Sicilia per riassumere la carica di segretario regionale
del partito. Svolse la sua maggiore battaglia contro la
costruzione della base missilistica Nato a Comiso che,
secondo lui, rappresentava una minaccia per la pace
nel Mar Mediterraneo e per la stessa Sicilia; per questo
raccolse un milione di irme in calce ad una petizione al
Governo. Ma le sue iniziative erano rivolte anche alla
lotta contro la speculazione edilizia. Il 30 aprile 1982,
con un’auto guidata da Rosario Di Salvo, Pio La Torre
stava raggiungendo la sede del partito. Quando la
macchina si trovò in una strada stretta, una moto di
grossa cilindrata obbligò Di Salvo, ad uno stop,
immediatamente seguito da raiche di mitra. Da
un'auto scesero altri killer per completare il duplice
omicidio. Pio La Torre morì all'istante mentre Di Salvo
ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare alcuni
colpi, prima di soccombere. Al funerale presero parte
centomila persone tra cui Enrico Berlinguer, il quale
fece uno storico discorso contro la maia. La Torre fu
ucciso perché aveva osato proporre il disegno di legge
che prevedeva per la prima volta il delitto di
"associazione maiosa" e la conisca dei patrimoni
maiosi, due strumenti ancor oggi determinanti nella
lotta alla criminalità organizzata. Dopo nove anni
d'indagine, furono condannati all'ergastolo i mandanti
dell'omicidio La Torre: Salvatore Riina, Michele Greco,
Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò,
Francesco Madonia e Nenè Geraci.
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Franco La Torre (iglio di Pio): “Mio padre era un
esempio di buona politica. Era attento, generoso, leale,
mi ha trasmesso un forte senso di responsabilità. Era
un uomo semplice, amava stare in famiglia. Si
accontentava di poco per divertirsi, gli piaceva giocare
a briscola. Per me era mio padre e faceva il suo
mestiere, nel bene e nel male”.
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20. Rosario LIVATINO
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Rosalia Livatino (mamma di Rosario): “Anche se
dentro di me ero spinta a non farlo, ho perdonato i suoi
assassini perché ho pensato a mio iglio e al Vangelo
che teneva sempre sopra la scrivania: Rosario li
avrebbe sicuramente perdonati”.
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21. Piersanti MATTARELLA
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proprio assessore, Giuseppe Aleppo, sgomentando la
sala, Mattarella riconobbe pienamente la necessità di
correttezza e legalità nella gestione dei contributi
agricoli regionali. Un solo periodico sidando il clima
imposto pubblicò il resoconto, sottolineando come fosse
generale lo sconcerto e come fosse comune la
percezione che si apriva, quel giorno a Palermo, un
confronto che non avrebbe non potuto conoscere eventi
drammatici. Un senatore comunista e il presidente
democristiano della regione si erano, di fatto, esposti
alle pesanti reazioni della maia. Il mese successivo
comunque Mattarella confermò Aleppo alla guida
dell'assessorato. La sua politica di radicale
moralizzazione della vita pubblica, secondo lo slogan
che la Sicilia doveva mostrarsi “con le carte in regola”,
aveva turbato il sistema degli appalti pubblici con gesti
clamorosi, mai attuati nell'isola prima di allora. Il 6
gennaio 1980, a Palermo in via della Libertà, appena
entrato in auto insieme con la moglie, con i due igli e
con la suocera per andare a messa, un killer si avvicinò
al suo inestrino e lo uccise a colpi di pistola. Il vice
presidente, il socialista Gaetano Giuliano, guidò la
giunta regionale ino al termine della legislatura cinque
mesi dopo. Nel luogo dove è avvenuto l'omicidio, in via
della Libertà, è stata posta una targa in suo ricordo.
Inizialmente fu considerato un attentato terroristico,
poiché subito dopo il delitto arrivarono rivendicazioni da
parte di un sedicente gruppo neo-fascista. Pur nel
disorientamento del momento, il delitto apparve
anomalo per le sue modalità, portando il giorno stesso
lo scrittore Leonardo Sciascia ad alludere a "confortevoli
ipotesi" che avrebbero potuto ricondurre l'omicidio, in
modo comodamente riduttivo, alla maia siciliana. Nel
1995 furono condannati all'ergastolo i mandanti
dell'omicidio Mattarella. Secondo il collaboratore di
giustizia Francesco Marino Mannoia, ritenuto dalla
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Cassazione un collaboratore di giustizia attendibile,
Giulio Andreotti era consapevole dell'insoferenza di
cosa nostra per la condotta di Mattarella, ma non
avvertì né l'interessato né la magistratura.
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22. Beppe MONTANA
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Galatolo. Carcere a vita anche per l’esecutore
materiale, Giuseppe Lucchese.
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23. Domenico NOVIELLO
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assassinato in un vile agguato camorristico. Resta un
esempio di impegno civile e rigore morale fondato sui
più alti valori di libertà e di legalità. La Cassazione ha
emesso una sentenza di condanna a trent'anni per tre
dei dieci componenti del commando. Massimo Aliero,
Davide Granato e Massimo Bartolucci hanno scelto il
rito abbreviato nel processo per l'omicidio
dell'imprenditore, trucidato con ventidue colpi di pistola
perché si era riiutato di pagare il pizzo. Noviello aveva,
infatti, denunciato e fatto condannare gli estorsori del
clan. La Cassazione ha scritto una parola deinitiva su
personaggi che hanno fatto del male alla mia famiglia e
alla nostra terra ma ino alla ine – commenta la
Noviello – l'avvocato di Aliero ha provato in tutti i modi
a ottenere una forte riduzione di pena. Se la Corte
avesse accolto la sua richiesta per me e i miei familiari
sarebbero stato un duro colpo. Queste persone devono
pagare tutto.
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24. Mino PECORELLI
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25. Don Pino PUGLISI
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Gaetano Puglisi (fratello di don Pino): “Quando era
parroco si era messo in testa di chiedere per la periferia
di Palermo cose normali, come una scuola media.
Nessuno lo ascoltava. Solo dopo la sua morte, il
Comune l'ha realizzata”.
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26. Mauro ROSTAGNO
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27. Silvia RUOTOLO
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28. Pietro SCAGLIONE
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percorreva via dei Cipressi a Palermo a bordo dell’auto
guidata dall’agente di custodia Antonino Lo Russo, fu
bloccato da un'altra automobile da cui uscirono tre
persone che fecero fuoco con pistole freddando
all'istante Scaglione e il suo autista. Nel 1984 il
collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta dichiarò al
giudice Giovanni Falcone che Scaglione era «un
magistrato integerrimo e spietato persecutore della
maia» e il suo omicidio era stato organizzato ed
eseguito da Luciano Leggio e dal suo vice Salvatore
Riina con l'approvazione del loro associato Pippo Calò.
Tuttavia nel gennaio 1991 il giudice istruttore del
tribunale di Genova Dino Di Mattei, che si occupava
delle indagini, dichiarò di non doversi procedere nei
confronti dei presunti responsabili dell'omicidio del
procuratore Scaglione in quanto non è stato possibile
individuare nei confronti di questi imputati gli elementi
convincenti di accusa, come ad esempio il rinvenimento
delle armi usate o testimonianze dirette, che
giustiicassero il rinvio a giudizio ed il passaggio alla
fase dibattimentale. Il tutto si risolse con un nulla di
fatto.
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29. Antonino SCOPELLITI
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30. Giancarlo SIANI
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mondo della camorra, dei boss locali e degli intrecci tra
politica e criminalità organizzata, scoprendo una serie
di connivenze che si erano stabilmente create, al-
l'indomani del terremoto in Irpinia, tra esponenti politici
e il boss locale, Valentino Gionta, che, da pescivendolo
ambulante, aveva costruito un business illegale. Gionta
era partito dal contrabbando di sigarette, per poi
spostarsi al traico di stupefacenti, e inine controllando
l'intero mercato di droga nell'area torrese-stabiese. Le
vigorose denunce del giovane giornalista lo condussero
ad essere regolarizzato nella posizione di
corrispondente dal quotidiano nell'arco di un anno. Le
sue inchieste scavavano sempre più in profondità, tanto
da arrivare a scoprire la moneta con cui i boss maiosi
facevano afari. Siani con un suo articolo accusò il clan
Nuvoletta, alleato dei Corleonesi di Totò Riina, e il clan
Bardellino, esponenti della "Nuova Famiglia", di voler
spodestare e vendere alla polizia il boss Valentino
Gionta, divenuto pericoloso, scomodo e prepotente, per
porre ine alla guerra tra famiglie. Ma le rivelazioni,
ottenute da Giancarlo grazie ad un suo amico
carabiniere e pubblicate il 10 giugno 1985, indussero la
camorra a sbarazzarsi di questo scomodo giornalista. In
quell'articolo Siani ebbe modo di scrivere che l'arresto
del boss Valentino Gionta fu reso possibile da una
"soiata" che esponenti del clan Nuvoletta fecero ai
carabinieri. Il boss fu, infatti, arrestato poco dopo aver
lasciato la tenuta del boss Lorenzo Nuvoletta a Marano
di Napoli. Secondo quanto in seguito rivelato dai
collaboratori di giustizia, l'arresto di Gionta fu il prezzo
che i Nuvoletta pagarono al boss Antonio Bardellino per
ottenerne un patto di non belligeranza. La
pubblicazione dell'articolo suscitò le ire dei fratelli
Nuvoletta che, agli occhi degli altri boss partenopei e di
cosa nostra (di cui erano gli unici componenti non
siciliani), facevano la igura degli "infami", ossia di
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coloro che, contrariamente al codice degli uomini
d'onore della maia, intrattenevano rapporti con le forze
di polizia. Da quel momento i capi-clan Lorenzo ed
Angelo Nuvoletta tennero numerosi summit per
decidere in che modo eliminare Siani, nonostante
l’avversione di Valentino Gionta, detenuto in carcere. A
ferragosto del 1985 la camorra decise di uccidere Siani,
che doveva essere assassinato lontano da Torre
Annunziata per depistare le indagini. Giancarlo lavorava
sempre alacremente alle sue inchieste e stava per
pubblicare un libro sui rapporti tra politica e camorra
negli appalti per la ricostruzione post-terremoto. Il 23
settembre 1985, appena giunto sotto casa sua con la
propria Citroën Méhari, Giancarlo Siani fu ucciso. Gli
sparò una squadra di almeno due assassini mentre era
seduto nell'auto. Fu colpito dieci volte in testa da due
pistole: l'agguato avvenne a pochi metri dall'abitazione,
in piazza Leonardo nel quartiere napoletano
dell'Arenella.
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31. Giovanni SPAMPINATO
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Alberto Spampinato (fratello di Giovanni):
“Giovanni indagava su un delitto ma non solo: aveva
scoperto che la “pista nera” di Piazza Fontana portava
al Palazzo di Giustizia. Tutti sapevano, ma l’unico a rive-
larlo fu lui e questo gli costò la vita”.
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32. Cesare TERRANOVA
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33. Giuseppe VALARIOTI
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vittoria elettorale importantissima perché con quel voto
i cittadini rosarnesi avevano dato sostegno a Valarioti e
ai suoi compagni e alle loro battaglie di civiltà e
avevano detto no ai soprusi della 'ndrangheta. La
campagna elettorale era stata infuocata e
caratterizzata da pesanti intimidazioni (l'auto bruciata
al candidato PCI al consiglio provinciale Giuseppe
Lavorato, l'incendio appiccato alla sezione cittadina
sempre del PCI) e minacce nei confronti degli esponenti
comunisti che avevano impostato l'attività elettorale
contro i boss ndranghetisti e i loro loschi afari, ma che
portò comunque alla vittoria per Valarioti e i suoi
compagni (furono eletti sia il candidato da loro proposto
per il consiglio regionale che il candidato per il consiglio
provinciale), tutto ciò non fu tollerato dalla criminalità
organizzata che decise di rispondere in modo
sanguinario ristabilendo in tal modo il predominio
criminale sul territorio. Il processo indiziario svoltosi nel
1982 a Palmi vide imputato il capobastone della
famiglia 'ndranghetista Pesce e si concluse con
l'assoluzione del boss con formula piena. In seguito, nel
1983, avvenne una svolta che consentì di far luce
sull'omicidio, questo grazie alle dichiarazioni del pentito
Pino Scriva che chiarì il movente e indicò i mandanti e
gli esecutori materiali del delitto maioso, infatti,
secondo gli atti processuali e le numerose
testimonianze dell'epoca (in particolare quella di
Scriva), l'origine dell'omicidio andava ricercata nel
connubio tra 'ndrangheta, afari sporchi e mala politica
che ruotava attorno alla cooperativa "Rinascita" di
Rosarno, una delle prime esperienze associazionistiche
nel settore della produzione e della trasformazione
agrumicola, nata proprio grazie all'impegno del PCI ed
inoltre per l'impegno anti ndrangheta di Valarioti che in
comizi, convegni e all'interno del consiglio comunale,
denunciava il malafare politico-maioso. Per quanto ri-
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guarda invece i mandanti ed esecutori il collaboratore
di giustizia tirò in ballo le 'ndrine dei Pesce e dei
Piromalli indicando anche l'autore materiale
dell'assassinio in Francesco Dominello (in seguito
ucciso); tali dichiarazioni però non portarono nemmeno
all'apertura di un nuovo processo e il tutto si chiuse con
un'archiviazione.
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34. Angelo VASSALLO
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al controllo del porto che le garantiva libertà nei
commerci illegali di droga. Il 25 marzo 2015, Bruno
Umberto Damiani è l'unico indagato per l'omicidio di
Angelo Vassallo. Il Parlamento europeo, per evidenziare
il brutale assassinio, ha decretato un minuto di silenzio
in omaggio a Vassallo, e il presidente dell'assemblea ha
ricordato che il Sindaco è stato ucciso dalla camorra e
che la sua morte non dovesse passare invano.
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TABELLE DI APPROFONDIMENTO
LE MAFIE IN ITALIA
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LE MAFIE PRESENTI IN ITALIA
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COME VEDONO LA MAFIA I RAGAZZI
Cos’è la maia?
Come la combatteresti?
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IL RUOLO DELLA SCUOLA NELLA LOTTA ALLE
MAFIE
(Vincenzo Musacchio)
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LA LETTERA DI GIOVANNI FALCONE
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ANEDDOTI
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“Io non cercavo nessuno, erano loro che cercavano me.
Lei mi vede che possa baciare Andreotti? Le posso dire
che era un galantuomo e che io sono stato dell’area
andreottiana da sempre. Eccola qui, la storia del bacio.
(Interrogatorio di Salvatore Riina)
119
Vincenzo MUSACCHIO: Docente di diritto penale e
criminologia in varie Università italiane e straniere.
Studioso ed esperto di criminalità organizzata e di
strategie di lotta alla corruzione. Fondatore e direttore
scientiico della prima Scuola di Legalità in Italia
intitolata a don Giuseppe Diana. La sua attività
scientiica ha inizio nel 1992, quando diventa professore
di diritto penale nell'Università degli studi del Molise e a
soli ventiquattro anni è titolare della cattedra di diritto
penale amministrativo diventando il più giovane
professore a contratto d'Italia per quell'anno. Ha
insegnato materie aferenti alle discipline penalistiche e
alla criminologia a Brescia, Napoli, Chieti, Campobasso
e da ultimo presso l'Alta Scuola di Formazione della
Presidenza del Consiglio in Roma e tenuto corsi in
Università straniere tra cui l'Università di Siviglia e di
Barcellona, in Argentina ed in Brasile. Dal 1994 al 1996
ha svolto attività di ricerca presso il Consiglio Nazionale
delle Ricerche (IRSIG-CNR) di Bologna sotto la direzione
del Prof. Giuseppe Di Federico, occupandosi di studi
comparatistici riguardanti la criminalità organizzata nei
paesi europei ed extraeuropei. La sua attività didattica
e di ricerca è dedita soprattutto a studi ed approfondi-
menti su tematiche riguardanti il diritto penale
sostanziale, la criminalità organizzata, la corruzione e i
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reati dei colletti bianchi. Tra i maestri che hanno
inluenzato il suo pensiero igurano Giuliano Vassalli,
Giuseppe Bettiol ed Ettore Gallo. È membro del
comitato direttivo e collabora con riviste penali italiane
ed estere, quali Cassazione Penale (Giufrè), Rivista
Penale, Giustizia Penale, Giurisprudenza Italiana (Utet),
Rivista di Polizia, Il Diritto delle Persone e della Famiglia
(Giufrè), Giurisprudenza di Merito (Giufrè) e all'estero
con Il New Journal of European Criminal Law (Belgio), la
Revista General de Derecho Penal (Spagna), German
Law Journal (Germania), L'Astree (Francia), Ciencias
Penales Conteporaneas (Argentina), Revista Instituto
Brasileiro de Ciencias Criminais (Brasile). Ha collaborato
all'Enciclopedia del Diritto (Giufrè) e al Digesto delle
Discipline Penalistiche (Utet). Ha partecipato nel 2005,
unico penalista italiano, al XVII Congresso
Latinoamericano di diritto penale e criminologia
organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza
dell'Università di Guayaquil, in Ecuador sui temi
dell'eicacia della pena nel moderno diritto penale. È
stato collaboratore del Consiglio dell’Unione europea in
materia di criminalità organizzata e traico di esseri
umani. Ha collaborato con l’Istituito Brasiliano di
Scienze Criminali ad un progetto internazionale sui
rapporti tra economia e criminalità organizzata
nell’Unione europea (IBCCRIM). Ha collaborato ad un
progetto in materia di corruzione con il Governo
spagnolo e l'Università di Siviglia coordinando il settore
riguardante i sistemi di prevenzione e repressione. È
iscritto all'Albo degli esperti in materie penali del
Consiglio d'Europa. E' associato presso il Rutgers
Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di New York
occupandosi principalmente dei sistemi di lotta alla
corruzione nella pubblica amministrazione. Da oltre
vent'anni è promotore e attivista nella difusione della
cultura della legalità nelle scuole di ogni ordine e grado.
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"Il prof. Vincenzo Musacchio - scrive Maria Falcone -
svolge una attività meritoria nelle scuole italiane
facendo si che uomini che per la legalità hanno oferto
la loro vita non siano dimenticati”. Comincia la sua
attività di lotta contro le maie quando conosce
Antonino Caponnetto e con lui organizzano vari incontri
nelle scuole italiane. Come editorialista, il Prof.
Musacchio ha collaborato con il Sole 24ore, Italia Oggi e
collabora attualmente con lo storico quotidiano
palermitano “L'ORA”, con il mensile “I Siciliani” fondato
da Pippo Fava, con il quotidiano online “Resto al Sud”,
con la testata nazionale “Il Garantista” e con la
“Gazzetta del Sud”. Il 1º marzo 2015, nell'edizione della
domenica, "L'ORA" pubblica una lettera inedita di
Giovanni Falcone indirizzata al professore Vincenzo
Musacchio e ripresa dai principali quotidiani nazionali.
Nel 2014 fonda la Scuola di Legalità “Don Peppe Diana”
con sede a Roma e in Molise e realizza il Progetto
“Legalità Bene Comune” che nello stesso anno si
estende in ambito nazionale nella scuole di ogni ordine
e grado con nomi di spicco quali Pino Arlacchi, Maria
Falcone, Emilio Diana, Elena Fava, Salvatore Borsellino,
Simona Dalla Chiesa, Giovanni Impastato e tantissimi
altri attivisti nella lotta alle maie d’Italia. Nella sua
attività contro le maie e per la legalità, subisce anche
minacce di morte a se ed ai propri familiari ma continua
senza timori il suo lavoro e la sua attività di difusione
della legalità in tutte le scuole d'Italia passando da
Scampia ino a Foggia e a Palermo.
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AVVERTENZE
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La mafia sarà vinta da un
esercito di maestre elementari.
Gesualdo Bufalino
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