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COLOMBO VISTO DAGLI INDIOS

Ogni epoca consacra figure del passato, cerca di installarle nella memoria collettiva, ma
soprattutto cerca di custodire una narrazione storica. La celebrazione degli eroi è stata presente
sin dalla formazione delle prime società. Assume aspetti diversi, uno dei più frequenti sono gli "eroi
culturali" o gli "eroi civilizzatori". Un eroe culturale o civilizzatore per eccellenza nella "storia
universale" è l'esploratore e navigatore Cristoforo Colombo, concepito come lo scopritore e
l'iniziatore del processo di civilizzazione dell'America. L'importanza storica di Colombo è
indiscutibile, ciò che è discutibile è la rappresentazione storica del personaggio, che fu eretto come
simbolo continentale. Colombo, portatore della religione cattolica, della lingua castigliana e della
cultura europea, è l'eroe civilizzatore costruito dalle élite bianche o creole, che rappresenta
l'opposto della "barbarie" o "ferocia" degli indiani d'America. Le luci della civiltà europea si
impongono all'oscurità dei tempi passati, segnati da paganesimo, cannibalismo e arretratezza
culturale. Le statue di Colombo sono sparse in tutto il continente, così come nelle strade e nei viali,
e persino nei giorni di festa, come il "Columbus day" negli Stati Uniti. Oggi la distruzione delle
statue di Colombo nelle città nordamericane mette sul tavolo la legittimità di questi atti, che sono
stati facilmente ridotti alla categoria di "vandalismo" dalla stampa, dai settori conservatori o dai
gruppi apertamente reazionari1. La controversia sulle statue, il loro rifiuto e persino la distruzione è
di vecchia data. Se viaggiamo nel passato più remoto, nell'antico Egitto i successori del faraone
Akhenaton si sforzarono di distruggere ogni traccia di lui e del suo culto eretico, demolendo le sue
statue, cercando di bandirlo dalla memoria collettiva. La stessa sorte subirono altri governanti
durante secoli di intrighi, guerre e rifondazioni. L'iconoclastia (distruzione di immagini) era diffusa ai
tempi dell'antico impero bizantino, ma anche in epoca moderna, come avvenne nel XVI secolo nel
contesto della Riforma. I protestanti luterani e calvinisti hanno distrutto numerose mostre di arte
sacra. Da evidenziare, ad esempio, la cosiddetta Beeldenstorm, con la quale i protestanti calvinisti,
contrari alle immagini cattoliche, distrussero centinaia di statue di chiese e monasteri. In America, i
conquistatori ispanici distrussero numerosi idoli e sculture, considerandoli semplici oggetti del
paganesimo.
La dinamica storica è sempre stata caratterizzata da conflitti, distruzione e rinnovamento. Sembra
ingenuo credere che si possa imporre il conservazionismo a questa dinamica.
Prima di continuare parlando più nel dettaglio di Colombo, vale la pena ricordare che le statue
sono archivi urbani che documentano le decisioni passate sulle celebrazioni pubbliche. Una statua
non è un documento storico sul passato che commemora, ma sulla società che celebra. In altre
parole, il valore di una statua non è solo simbolico, ma riflette anche lo spirito di un'epoca e ci
racconta la società in cui nasce, così come le intenzioni o gli interessi dei promotori di quegli spazi.

Cerchiamo di sintetizzare le fasi principali del dibattito storiografico statunitense intorno alla figura
di Colombo per capire quale importanza ha ancora oggi questa figura storica per le società delle
Americhe.
Colombo è presente già in uno dei primi libri di storia sugli USA pubblicato nel 1777 da William
Robertson “The History of the Discovery and Settlement of America”, dove “he presented
Columbus as a Genoese merchant mariner, the intellectual heir of every Mediterranean mariner
who had ever sailed. Following Ferdinand’s biography, Robertson described Columbus as a
sincere Catholic from an honorable Genoese family, with substantial education and an early talent
for seafaring. Blessed with an active, curious mind and a scientific spirit, he displayed courage,
modesty, genius, persistence in the face of adversity, and steadfastness in pursuit of his ideals. In
short, he was the perfect hero. Robertson treated Spain and Portugal and their monarchs with
respect but hardly with admiration. Columbus was the heroic individual, rising above the political
squabbles and money-grubbing of kings and queens.”2 Washington Irving farà fare un salto di
qualità al dibattito storiografico su Colombo, essendo un diplomatico statunitense in servizio per
molti anni in Spagna con la possibilità di consultare documenti inediti in spagnolo, servendosi
anche del lavoro dello storico spagnolo Martin Fernández de Navarrete. Nel 1828 fece pubblicare
“The Life and Voyages of Christopher Columbus”, una serie di volumi su Colombo che ebbero
molto successo andandosi ad affiancare al precedente lavoro di Robertson.
L’immagina dominante in queste opere è quella del Colombo-eroe: “He possessed a teeming
imagination, an ardent courage, a glowing zeal, and all those energetic impulses of the soul which
lead to high achievement; and, with these noble qualities, he combined judgment the most grave
and solid, prudence and patience the most steady and unoffending, piety the most devout, and
what chiefly ensured his success, the most untiring perseverance ever manifested by man.”3

Le abilità da marinaio e geografo verranno riprese ed esaltate ancora di più negli anni ‘40 del XX
secolo dallo storico di Harvard Samuel Eliot Morison nel suo “Cristoforo Colombo uomo di mare”.

“Aveva le sue pecche e i suoi difetti, ma in larga misura coincidevano con le stesse qualità che lo
rendevano grande: la volontà indomabile, la grandiosa fede in Dio e nella propria missione di
portatore di Cristo nelle terre d’oltremare, l’ostinata perseveranza, anche quando era ignorato,
povero e scoraggiato. Ma non vi erano macchie o lati oscuri nella sua qualità più sostanziale e
notevole, quella di navigatore.”4

Dagli anni ‘20 del Novecento emerge un nuovo approccio che “rejecting the traditional approach
centered on individuals and human character, historians in the Progressive Movement emphasized
the social and economic context of history, relegating individuals to the background. Columbus and
other explorers became minor actors in the great drama that saw the expansion of markets around
the globe. Their characteristic virtues and vices became less central to the main story and were
often not even mentioned38. This new historical approach gained many adherents, but the
traditional emphasis on individuals continued to have strong appeal.”5
David Saville Muzzey, su questa linea, scriverà “A History of Our Country”, pubblicato nel 1927 e
che mette in luce gli attributi negativi e positivi di Colombo.
Con gli anni ‘60 e l’emergere dei movimenti sociali del ‘68, vengono messe al centro delle
ricostruzioni della storia degli USA il genocidio dei nativi americani e la schiavitù dei neri che
hanno delle ripercussioni sulla ricostruzione della figura di Colombo che passa dall’eroico
esploratore ad essere un genocida nelle letture più estreme.
Sulla scia di questi dibattiti, nel 1980 uscirà “A People's History of the United States” di Howard
Zinn. Cercherò di ricostruire la sua lettura alternativa della figura di Colombo che giustifica
l’attenzione verso le sue statue da parte dei movimenti antirazzisti come Black Lives Matters negli
USA.
Zinn parla di Colombo nel primo capitolo del suo libro, “Colombo, gli indiani e il progresso umano”
dove ricostruisce l’incontro tra spagnoli e la comunità Arawak. Quando lui ei suoi marinai
sbarcarono trasportando spade e parlando in modo diverso, i nativi Arawak si precipitarono a
salutarli con cibo, acqua e alcuni doni. Più tardi Colombo scriverà nel suo diario:

​“Ci portavano pappagalli, matasse di filo di cotone, zagaglie e tante altre cose e le scambiavano
con altre che noi davamo loro, come granelli di vetro e sonagli. Insomma prendevano tutto e
davano di quanto avevano con buona volontà […] sono tutti di bella figura, bellissimo corpo e
gradevoli nella fisionomia […] non portano armi, né le conoscono: perché mostrai loro le spade ed
essi per ignoranza, prendendole per il taglio, si ferivano. Non hanno alcuna sorta di ferro. Le loro
zagaglie sono certe verghe senza ferro […]. Devono essere buoni e ingegnosi servitori […]. [Le
Altezze Vostre] con una cinquantina di uomini li terranno tutti sottomessi e potranno far fare loro
tutto ciò che vorranno.”

Gli osservatori europei hanno valutato gli Arawak delle Antille con una somiglianza simile a quella
degli indigeni del continente. Gli Arawak vivevano in piccoli villaggi e avevano un'agricoltura basata
su mais, patate dolci e yucca. Sapevano tessere e filare, ma non avevano cavalli o animali da
fattoria. Gli Arawak erano molto distanti culturalmente dall'Europa moderna, dove la religione dei
papi, il governo dei re e l'ossessione per il denaro predominavano e caratterizzavano la civiltà
occidentale di quel tempo. All'arrivo di Cristoforo Colombo, la sua preoccupazione immediata era
di indagare su dove avrebbe potuto trovare l'oro, così ha incaricato alcuni coloni di insegnare la
lingua spagnola ad alcuni indigeni per essere in grado di fornirgli queste informazioni.
Colombo aveva convinto i re di Spagna a finanziare la sua spedizione in quelle terre, immaginando
che dall'altra parte dell'Atlantico avrebbe trovato le "Indie".
La Spagna era appena stata unificata formando uno dei nuovi stati nazionali moderni, come
Francia, Inghilterra e Portogallo. La sua popolazione, composta principalmente da contadini,
lavorava per la nobiltà, che rappresentava il 2% della popolazione, essendo questi i proprietari del
95% della terra. La Spagna aveva bisogno di oro per diventare una nazione più potente e
competere con le altre nazioni europee: il Messico sarebbe stato il territorio in cui avrebbe trovato
la sua prosperità.

Prima della spedizione di Cristoforo Colombo, Marco Polo aveva già portato dai suoi viaggi oggetti
straordinari, come la seta e le spezie. Poiché i turchi avevano conquistato Costantinopoli e il
Mediterraneo orientale e le rotte terrestri del continente asiatico erano in loro possesso, era
necessaria una rotta marittima alternativa. La Spagna ha deciso di effettuare una lunga spedizione
attraverso un oceano sconosciuto e avrebbe fatto di tutto per trovare le ricchezze di cui
necessitava.
Cinquant'anni prima del viaggio di Colombo, i portoghesi avevano già trasportato a Lisbona dieci
persone di origine africana, avviando così la tratta degli schiavi.
Una volta nelle Americhe, Colombo dovette arrestare diversi nativi Arawak e li fece imbarcare,
insistendo sul fatto che lo guidassero all'origine dell'oro. Successivamente, ha navigato fino a
giungere all'isola di Cuba ed Hispaniola (un'isola composta dalle odierne Haiti e Repubblica
Dominicana). In quel luogo, i riflessi d'oro visibili nei fiumi, provocarono nel navigatore genovese
l’illusione di aver trovare finalmente il prezioso tesoro.
A Hispaniola, Colombo costruì la prima base militare europea nell'emisfero occidentale. In un
luogo di Hispaniola fu combattuta una battaglia contro alcuni indigeni che si rifiutarono di fornirgli
archi e frecce. Ci furono vittime, così Colombo decise di tornare in Spagna per le provviste per la
sua seconda spedizione, lasciando ai membri del suo equipaggio le istruzioni per trovare e
immagazzinare l'oro. Il rapporto di Cristoforo Colombo alla Corte di Madrid è molto interessante:
secondo il navigatore genovese, aveva raggiunto l'Asia (riferendosi a Cuba) e la costa cinese
(riferendosi ad Hispaniola):

“La Hispaniola è una meraviglia: le catene di monti, le montagne, i terreni coltivabili, le campagne e
le terre così belle ed ampie […]. I porti del mare di qui sono incredibili se non si vedono e i fiumi
sono molti e grandi, buone le acque e la maggior parte di essi porta oro […] ci sono molte spezie e
grandi miniere d’oro e di altri metalli.”

La popolazione indigena, come affermato da Cristoforo Colombo, era così ingenua e generosa con
i propri beni che nessuno che non li avesse conosciuti ci avrebbe creduto: quando chiedeva
qualcosa, non si rifiutavano mai di darla. Colombo conclude questa cronaca chiedendo l’aiuto della
Corte, offrendo, in cambio, al suo prossimo viaggio di portare loro oro in proporzione maggiore e
schiavi se necessario.
Grazie al rapporto e alle promesse, diciassette navi e più di milleduecento uomini furono concessi
a Colombo per la sua seconda spedizione. Lo scopo di questo secondo round era chiaro: ottenere
schiavi e oro.
Così Cristoforo Colombo attraversò i Caraibi, di isola in isola, catturando gli indigeni. Tuttavia, man
mano che si sparse la voce sui piani europei, Colombo ei suoi marinai trovarono sempre più i
villaggi vuoti. Ad Haiti videro che i marinai che erano partiti a guardia della base militare della
prima spedizione erano morti in una battaglia con la comunità indigena dopo aver esplorato l'isola
in bande alla ricerca dell'oro, catturando donne per renderle schiave sessuali e bambini,
obbligando entrambi al lavoro forzato.

Cristoforo Colombo ritenne necessario costruire una nuova base militare, inviando più spedizioni
all'interno. Non trovarono oro, ma dovettero riempire le navi che tornavano in Spagna con i
proventi promessi alla Corte. Nel 1495 fecero una grande incursione alla ricerca di schiavi,
catturando 1.500 indigeni, tra cui uomini, donne e bambini Arawak per poi caricarli sulle navi. Di
quei millecinquecento, duecento morirono durante il viaggio. Il resto è arrivato vivo in Spagna per
essere messo in vendita come schiavi.

Bisogna sottolineare che quando Cristoforo Colombo ei suoi successori arrivarono nelle Americhe,
non arrivarono in un deserto arido, ma sbarcarono in terre densamente popolate come la stessa
Europa, dove la cultura era complessa, i legami umani erano più egualitari che in Europa e dove le
relazioni tra donne, uomini, bambini e natura possono essere state concepite più nobilmente che in
qualsiasi altra parte della Terra. In altre parole, queste persone avevano standard e stili di vita
molto diversi dagli europei: la comunità Arawak, ad esempio, conduceva uno stile di vita
relativamente semplice, fondato sull'agricoltura e la pesca come mezzi di sussistenza. Ma per gli
europei l'assenza di governo e società civile in queste terre rappresentava ostilità e barbarie;
quindi, doveva essere una terra da "civilizzare". Cristoforo Colombo chiamò i primi coloni Arawak
che incontrò come Caribi. Da lì deriva, per somiglianza fonica, la parola cannibale come sinonimo
di carne umana. Ciò non significava che la popolazione Arawak fosse dedita quotidianamente al
cannibalismo ma piuttosto che nella cultura Arawak, come in altre, l'antropofagia rituale esercitata
tra alcuni prigionieri e talvolta con lo stesso capo locale, era sacra. Questa pratica dell'antropofagia
rituale si è verificata solo in alcuni casi, come nei rituali sacri delle culture indigene. Tuttavia, per la
comunità spagnola, e la tipica procedura feticista di confondere la parte per il tutto, questa
abitudine avrebbe poi instillato nel pensiero del biologo razzista, una giustificazione per classificare
gli abitanti originari delle Americhe come selvaggi e cannibali.

Da quando Colombo arrivò nelle Americhe, due questioni vennero poste in campo: trovare l'oro e
schiavizzare la popolazione nativa per cercare ed estrarre l’oro. Colombo dovette ridurre in
schiavitù un numero maggiore di indigeni, con l'obiettivo di mantenere le promesse fatte alla Corte
di Madrid.

Colombo, già alla sua seconda spedizione nelle Americhe, era più disperato che mai. Così, nella
provincia di Cicao, ad Haiti, lui ei suoi uomini hanno ordinato a tutti i maggiori di quattordici anni di
raccogliere una certa quantità di oro ogni tre mesi, ricevendo in cambio un ciondolo di rame da
indossare al collo. Agli indiani che furono trovati senza un ciondolo di rame furono tagliate le mani
in modo che morissero dissanguati. In realtà, la comunità indigena aveva un compito impossibile,
poiché l'unico oro che potevano trovare in quel luogo era la polvere accumulata nei torrenti, così
furono costretti a fuggire, inseguiti dai cani.
Quando Colombo ei suoi marinai capirono che non c'era più oro in quel luogo, gli indigeni furono
portati come schiavi nelle grandi tenute che in seguito divennero note come "encomiendas".
Queste encomiendas erano caratterizzate dalla riduzione in schiavitù di grandi proporzioni di
indigeni, nonché dall'importazione di schiavi africani.
A causa del ritmo accelerato di lavoro, la popolazione indigena cominciò a morire a migliaia:
nell'anno 1515 erano rimasti forse cinquantamila indigeni, nell'anno 1550 erano cinquecento. Un
rapporto dell'anno 1650 rivela che nessuno della comunità indigena Arawak, né dei loro
discendenti, era più presente sull'isola di Hispaniola.
Questo è il punto di avvio della colonizzazione del continente americano da parte degli europei.

Il libro di Zinn, A People's History of the United States, è una registrazione storica dei movimenti
sociali negli Stati Uniti. Il che implica che questo libro non è semplicemente un lamento per le
vittime, è qualcosa di più importante: un ritratto della resistenza di gran parte degli americani
all'ingiustizia e alla violenza dei loro leader. Ma, lungi dall'idealizzare il popolo americano, il testo è
anche una rassegna dettagliata della misura in cui è stato diviso in numerose occasioni tra, da un
lato, coloro che hanno rispettato disinteressatamente l'ingiustizia strutturale, reindirizzandola a
proprio vantaggio verso coloro che erano ancora inferiori a loro e, d'altra parte, coloro che hanno
preferito mostrare solidarietà e unirsi alla lotta dei più oppressi, a qualunque costo e assumendo
(con maggiore o minore fortuna) una unione che ha superato le distinzioni razziali, di classe o di
genere.
Articolando la storia degli Stati Uniti attorno agli individui, ai movimenti e alle organizzazioni che in
un modo o nell'altro si sono opposti al potere, Zinn stabilisce un panorama ampio e altamente
dettagliato di quella che ha essenzialmente chiamata "una cultura dell'opposizione permanente"
che non ha mai cessato di esistere in nessuna circostanza, nemmeno quando la repressione era
selvaggia, come nel caso degli schiavi neri, né quando le condizioni delle loro le vite erano
migliorate in modo più generalizzato e la lotta di classe, il sindacalismo o la denuncia del razzismo
sembravano avere meno senso. Zinn dimostra con dati e una moltitudine di testimonianze, che
sotto la superficie del presunto felice stile di vita americano c'è sempre stato un profondo
malcontento in gran parte del popolo americano, sempre pronto a esplodere.

Partendo da questo impianto, cercherò di spiegare ad una classe di quinta elementare la figura di
Colombo dal punto di vista degli indios.

1. Si veda a tal proposito “Against Modern Jacobinism: A Defense Of Columbus” di


Francesco Giubilei
https://www.theamericanconservative.com/articles/modern-jacobism-a-defense-of-columbu
s/
2. Christopher Columbus in United States Historiography: Biography as Projection, Carla
Rahn Phillips and William D. Phillips, The History Teacher Vol. 25, No. 2 (Feb., 1992),
pag.121
3. Emma Willard, History of the United States, 1852, pag. 9
4. Howard Zinn, Storia del popolo americano dal 1492 a oggi, pag.13
5. Christopher Columbus in United States Historiography: Biography as Projection, Carla
Rahn Phillips and William D. Phillips, The History Teacher Vol. 25, No. 2 (Feb., 1992),
pag.127

Bibliografia
Christopher Columbus in United States Historiography: Biography as Projection, Carla
Rahn Phillips and William D. Phillips, The History Teacher Vol. 25, No. 2 (Feb., 1992)
Howard Zinn, Storia del popolo americano dal 1492 a oggi, Il Saggiatore, 2005

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