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Xm + x – (Xm - x) = Xm + x – Xm + x = x
–
x = Xm + x – (Xm - x) =
m = (15,2 + 15,0 + 15,1 + 15,2 + 15,3 + 15,0 + 15,2 + 15,4 + 15,5 + 15,1) m : 10 = 15,2 m
l = (15,2 ± 0,25) m
errore relativo =
= x /̅
dove x è l’errore assoluto e ̅ è la nostra “stima migliore”, che nel caso di più
misure della grandezza viene sostituita dal valore medio (media aritmetica).
L’errore relativo, calcolato dal rapporto di due valori con la stessa unità di
misura, è un numero adimensionale, cioè privo di unità di misura, e viene
solitamente espresso in forma percentuale, moltiplicandolo per 100.
1 km = 100.000 cm
Dal confronto degli errori relativi risulta evidente l’enorme differenza nella
precisione, con cui abbiamo effettuato le due misure:
Guida rapida
Ci si può basare sul seguente metodo semi-empirico che è pensato per avere
un valor medio con un errore dell’ordine dell’1%. Naturalmente, se si vogliono
raggiungere precisioni maggiori occorre fare un numero maggiore di misure.
D1/2 = ,
Un’unica misura
Poche misure
Molte misure
Se sono state fatte n misure, la media delle misure avrà una precisione maggiore e l’errore sulla media
si otterrà dividendo per √ l’errore associato alla singola misura.
Se poi si vuol dare un livello di confidenza, associato a una certa probabilità che una misura
cada in quell’intervallo attorno alla media, occorre moltiplicare l’errore della media, a seconda
del numero n di misure fatte, per i valori in tabella ) cosiddetta t di Student):
Si noti che, p.es., 2 può essere preso come il 95% di confidenza solo se si sono fatte almeno un ventina di
misure.
Una volta deciso cosa indicare come stima dell’errore (sensibilità, , 2, D½,….), e questa scelta
deve essere indicata chiaramente, l’errore va scritto con una sola cifra significativa (veid Appendice
sulle cifre significativa). Questa dà infatti l’ordine di grandezza dell’errore che abbiamo stimato. Se
questa cifra è incerta, che senso ha indicare anche la successiva? Per esempio:
Il valore stesso va scritto in modo coerente all’errore: l’ultima cifra riportata (quella più “a destra”) deve
avere lo stesso ordine di grandezza dell’errore (dopo aver arrotondato naturalmente). Che senso ha
scrivere un numero se questo è del tutto casuale, visto che è un ordine di grandezza più piccolo della
precisione che abbiamo? (o, al contrario, non scrivere cifre che abbiamo misurato precisamente). Quindi:
In questi due ultimi esempi, gli zeri sugli errori non sono significativi (700 ha una sola cifra
significativa). Se è possibile “eliminare” questi zeri (cambiando unità di misura o introducendo un
10qualcosa) conviene farlo. Per cui 1700700 mm, si potrà scrivere 177 dm o 1.70.7 m. Per
1700 Km, dato che non esiste un unità di misura codificata maggiore del Km, si potrà scrivere
(1.70.7) 103 Km (o 106 m, o…). In alcuni ambiti scientifici si usa anche la notazione 1.7(7), cioè
si indica solo di quanto è l’errore sull’ultima cifra (quindi, il 7 fra parentesi sta per 0.7).
Tutti questi modi di scrivere i valori misurati hanno lo scopo di rendere chiara e rapida la
percezione dell’ordine di grandezza dell’errore (=della precisione della misura), che è la cosa che
veramente importa in questo contesto. Infatti, ad un occhio appena un po’ abituato, la lettura del
numero 723.20.3 dice subito che questa misura può variare solo sulla prima cifra decimale e che il
numero 722.9 è un valore del tutto equivalente ad esso, essendo contenuto nell’intervallo
722.9÷723.5, facilmente calcolabile. Per ricavare queste importanti informazioni, la scrittura
723.180.32, ci costringe ad arrotondare e/o a fare una somma e una sottrazione con più di una
cifra, pur non aggiungendo nessuna informazione essenziale.
Bisogna aggiungere, che il passaggio di unità di misura al fine di rendere più chiara l’indicazione
dell’errore, può avere l’effetto negativo della perdita di omogeneità tra diverse grandezze: se si
passa continuamente da cm, a dm, a mm, risulta meno immediato il confronto tra questi valori. In
alcuni casi quindi converrà lasciare 1700700 mm; anche se meno elegante, questa scrittura rende
comunque immediatamente evidente l’ordine di grandezza dell’errore.