Sei sulla pagina 1di 9

ERRORI ASSOLUTI E RELATIVI

Gli errori assoluti


L’imprecisione di misura è una realtà non eliminabile: il modo più pratico per
ridurre gli errori accidentali è quello di ripetere più volte la misura, ovviamente
nelle stesse condizioni, e accettare come valore probabile la media
aritmetica dei valori misurati. Tutte le misure, sia effettuate una sola volta sia
quelle ripetute più volte, sono affette da incertezze, che chiameremo errore
assoluto o incertezza assoluta della misura.

Per definizione, l’errore assoluto rappresenta la differenza tra il valore vero e


il valore misurato della grandezza in esame.

Ogni misura è quindi accompagnata da un errore assoluto x, che può


essere determinato e indicato assieme al valore della grandezza, come nella
scrittura seguente:
X = Xm ± x

L’incertezza assoluta x viene espressa nella stessa unità di misura della


grandezza a cui si riferisce, e individua un intervallo nel quale si troverà il
valore vero della grandezza in esame, che non è possibile però conoscere.

L'incertezza assoluta x individua un intervallo X = Xm ± x nel quale si troverà il valore


vero X della grandezza in esame.

2Δx = b – a = ampiezza dell’intervallo (Tolleranza - Precisione strumento)

Δx = b – a / 2 = semi ampiezza dell’intervallo (Incertezza- Sensibilità strum.)


 x = estremo maggiore – estremo minore =

Xm + x – (Xm - x) = Xm + x – Xm + x = x

x= ampiezza dell’intervallo (Tolleranza - Precisione strumento)


 x = Xm + x – (Xm - x) =

x = semi dispersione massima = errore massimo ( o scarto medio)

incertezza assoluta della misura, errore assoluto

Per determinare l’incertezza assoluta dobbiamo distinguere due casi:

1. il valore misurato è stato ottenuto effettuando più volte la misura della


grandezza con lo stesso strumento e ottenendo sempre lo stesso
risultato: in questo caso, l’incertezza assoluta si considera uguale alla
sensibilità dello strumento, che viene indicata, dal costruttore, tra i
cosiddetti “dati di targa” presenti sullo strumento stesso;

2. la misura ripetuta più volte ha dato risultati diversi, in questo caso si


assumono come valore della grandezza, la media Xm tra i valori trovati
e come incertezza assoluta x, la metà della differenza tra il valore
massimo e il valore minimo, tra quelli misurati, che è detta
semidispersione massima o scarto medio.

Proviamo a fare un esempio, immaginando di voler misurare la


lunghezza del corridoio della nostra scuola, effettuando 10 misurazioni,
che abbiamo cura di annotare in una apposita tabella:
La media aritmetica m dei valori verrà calcolata nel modo seguente:

m = (15,2 + 15,0 + 15,1 + 15,2 + 15,3 + 15,0 + 15,2 + 15,4 + 15,5 + 15,1) m : 10 = 15,2 m

Per il calcolo dell’incertezza assoluta, in questo caso, dovremo fare la


differenza tra valore massimo e valore minimo diviso per 2, determinando la
semidispersione massima o scarto medio: questo valore potrà essere
utilizzato come incertezza assoluta, se esso risulterà maggiore della
sensibilità dello strumento usato:

(15,5 − 15,0) m : 2 = 0,25 m

La lunghezza del nostro corridoio risulta essere:

l = (15,2 ± 0,25) m

In questo caso il valore vero della


misura sarà compreso nell’intervallo tra
14,95 m e 15,45 m.

Gli errori relativi


L’errore assoluto ci fornisce un’indicazione dell’intervallo in cui si troverà il
valore reale della grandezza da misurare, indicando di quanto il valore reale
può essere più grande o più piccolo del valore medio, ma non fornisce un
giudizio definitivo sul nostro operato.

Bisogna stabilire se l’errore determinato possa considerarsi accettabile:


se un errore di un centimetro sulla misura di una distanza di un kilometro
indicherebbe una misura particolarmente precisa, lo stesso errore di un
centimetro su una lunghezza di dieci centimetri indicherebbe che la
misurazione è stata molto grossolana e approssimativa.
Per stabilire se l’errore commesso possa risultare accettabile, è necessario
calcolare l’errore relativo o incertezza relativa, che si indica con la lettera
(eta) dell’alfabeto greco e si ottiene facendo il rapporto tra l’errore assoluto
e il valore medio della grandezza, come nella seguente relazione:

errore relativo =

e più sinteticamente dalla formula

= x /̅

dove x è l’errore assoluto e ̅ è la nostra “stima migliore”, che nel caso di più
misure della grandezza viene sostituita dal valore medio (media aritmetica).

L’errore relativo, calcolato dal rapporto di due valori con la stessa unità di
misura, è un numero adimensionale, cioè privo di unità di misura, e viene
solitamente espresso in forma percentuale, moltiplicandolo per 100.

Calcolando l’errore relativo possiamo stabilire la “qualità” della nostra


misura e il grado di precisione con cui essa è stata determinata.

Se vogliamo, anche in questo caso, fare un esempio significativo, proviamo a


calcolare l’incertezza relativa, nel caso ipotizzato in precedenza della misura
delle due distanze, di 1 km e di 10 cm, per le quali, in entrambi i casi,
supponiamo di aver commesso un errore assoluto di 1 cm.
Per operare il confronto sarà necessario esprimere entrambe le misure in cm
e, quindi, operando l’opportuna equivalenza, risulterà:

1 km = 100.000 cm

La prima misura di 1 km sarà affetta da un’incertezza relativa o errore


relativo 1 pari a:
1 = 1 cm /100.000 cm = 0,00001

cioè pari a un errore relativo dello 0,001%, se espresso in percentuale.

La seconda misura di 10 cm sarà affetta da un’incertezza relativa o errore


relativo 2 pari a:
2 = 1 cm/10 cm = 0,1

cioè pari a un errore relativo del 10%, se espresso in percentuale.

2 > 1  0,1 > 0,00001  10% > 0,001%

 Minore è l’errore relativo e maggiore è la precisione della misura

1< 2  misura 1 più precisa della misura 2

Dal confronto degli errori relativi risulta evidente l’enorme differenza nella
precisione, con cui abbiamo effettuato le due misure:

la prima può considerarsi eseguita con un grado eccellente di precisione, a


differenza della seconda che è affetta da un errore eccessivo tale da non
potersi considerare accettabile.

Se l’errore relativo commesso non è accettabile, si dovrà procedere a una


nuova misurazione, ripartendo dall’inizio.

Per misure effettuate in un laboratorio scolastico si considerano accettabili


quelle affette da un’incertezza relativa massima del 5%.

Vedi il file Stima delle incertezze (“errori”) sperimentali.html

Incertezze sperimentali (“errori”)

Guida rapida

I cosiddetti “errori sperimentali” (cioè le fluttuazioni casuali che si osservano


ripetendo una misura più volte) si manifestano quando essi sono maggiori
della sensibilità dello strumento usato. Se, ripetendo più volte le misure,
ottengo sempre esattamente lo stesso numero, significa che lo strumento
che sto usando è poco sensibile. Aumentando progressivamente la sensibilità
dello strumento, le misure cominceranno a variare sull’ultima cifra. Più grande
è questa variazione, più misure converrà fare per aumentare la precisione
della misura (la media infatti ha una precisione maggiore delle singole
misure).

Quante misure fare?

Ci si può basare sul seguente metodo semi-empirico che è pensato per avere
un valor medio con un errore dell’ordine dell’1%. Naturalmente, se si vogliono
raggiungere precisioni maggiori occorre fare un numero maggiore di misure.

Metodo: si fanno tre misure e se ne calcola il valore medio ̅ e la


semi-dispersione massima, cioè metà differenza tra i due valori più distanti,

D1/2 = ,

si fa una stima dell’errore relativo percentuale T = ̅


= ̅
· 100,

e si segue questa tabella:

T< 1% bastano le tre misure


1%< T < 4% 6 misure
4% < T < 8% 15 misure
T > 8% almeno 50 misure

Una volta fatte le misure come si stima l’errore sperimentale?

Errore associato a ogni singola misura

 Un’unica misura

Se si è fatta un’unica misura, si può prendere la sensibilità dello


strumento, cioè la quantità minima (o un suo multiplo) apprezzabile su
quello strumento (se è ben fatto, ½ divisione della scala). Questo
tuttavia va fatto con discernimento e con molta prudenza, considerando
se altri fattori non possano rendere maggiore l’errore (p.es. difficoltà
nella lettura della scala, determinazione del valore per via grafica, …).

 Poche misure

In questo caso si può prendere la semi-dispersione massima (vedi


sopra per la definizione), detto anche “errore massimo”.

 Molte misure

Si calcola lo scarto quadratico medio (o deviazione standard) .

Errore associato alla media

Se sono state fatte n misure, la media delle misure avrà una precisione maggiore e l’errore sulla media
si otterrà dividendo per √ l’errore associato alla singola misura.

Se poi si vuol dare un livello di confidenza, associato a una certa probabilità che una misura
cada in quell’intervallo attorno alla media, occorre moltiplicare l’errore della media, a seconda
del numero n di misure fatte, per i valori in tabella ) cosiddetta t di Student):
Si noti che, p.es., 2 può essere preso come il 95% di confidenza solo se si sono fatte almeno un ventina di
misure.

Come scrivere media errore

Una volta deciso cosa indicare come stima dell’errore (sensibilità, , 2, D½,….), e questa scelta
deve essere indicata chiaramente, l’errore va scritto con una sola cifra significativa (veid Appendice
sulle cifre significativa). Questa dà infatti l’ordine di grandezza dell’errore che abbiamo stimato. Se
questa cifra è incerta, che senso ha indicare anche la successiva? Per esempio:

Il valore stesso va scritto in modo coerente all’errore: l’ultima cifra riportata (quella più “a destra”) deve
avere lo stesso ordine di grandezza dell’errore (dopo aver arrotondato naturalmente). Che senso ha
scrivere un numero se questo è del tutto casuale, visto che è un ordine di grandezza più piccolo della
precisione che abbiamo? (o, al contrario, non scrivere cifre che abbiamo misurato precisamente). Quindi:
In questi due ultimi esempi, gli zeri sugli errori non sono significativi (700 ha una sola cifra
significativa). Se è possibile “eliminare” questi zeri (cambiando unità di misura o introducendo un
10qualcosa) conviene farlo. Per cui 1700700 mm, si potrà scrivere 177 dm o 1.70.7 m. Per
1700 Km, dato che non esiste un unità di misura codificata maggiore del Km, si potrà scrivere
(1.70.7) 103 Km (o 106 m, o…). In alcuni ambiti scientifici si usa anche la notazione 1.7(7), cioè
si indica solo di quanto è l’errore sull’ultima cifra (quindi, il 7 fra parentesi sta per 0.7).

Tutti questi modi di scrivere i valori misurati hanno lo scopo di rendere chiara e rapida la
percezione dell’ordine di grandezza dell’errore (=della precisione della misura), che è la cosa che
veramente importa in questo contesto. Infatti, ad un occhio appena un po’ abituato, la lettura del
numero 723.20.3 dice subito che questa misura può variare solo sulla prima cifra decimale e che il
numero 722.9 è un valore del tutto equivalente ad esso, essendo contenuto nell’intervallo
722.9÷723.5, facilmente calcolabile. Per ricavare queste importanti informazioni, la scrittura
723.180.32, ci costringe ad arrotondare e/o a fare una somma e una sottrazione con più di una
cifra, pur non aggiungendo nessuna informazione essenziale.

Bisogna aggiungere, che il passaggio di unità di misura al fine di rendere più chiara l’indicazione
dell’errore, può avere l’effetto negativo della perdita di omogeneità tra diverse grandezze: se si
passa continuamente da cm, a dm, a mm, risulta meno immediato il confronto tra questi valori. In
alcuni casi quindi converrà lasciare 1700700 mm; anche se meno elegante, questa scrittura rende
comunque immediatamente evidente l’ordine di grandezza dell’errore.

Potrebbero piacerti anche