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L'arte della mano destra

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di paoloanessi [user #32554] - pubblicato il 08 novembre 2012 ore


07:30
Se la disciplina dei conservatori insegna un rigido codice di comportamento per la
mano destra sulle corde di una chitarra classica, strumenti e stili più moderni mostrano
confini ben più elastici. Ma cosa bisogna tenere d'occhio per assicurarsi di ottenere il
meglio dalla propria mano destra senza plettro preferibilmente senza rovinarsi i
tendini?
L'arte della mano destra è un famoso libro di Mauro Storti, utilizzato
nei corsi di conservatorio per sviluppare e potenziare l'utilizzo della
mano nel pizzico delle corde.
Personalmente non entrerò nell'alto merito e disquisizioni da
conservatorio, perché sento di non avere la preparazione che appunto
il conservatorio ha sviluppato in anni di rigorosa disciplina.
Limiterò alle personali considerazioni ed esperienze in oltre vent'anni
da fingerpicker perché, personalmente, quando suono nel mondo rock
adoro il plettro per l'energia che è in grado di conferire a quello che si
suona, che sia d'accompagnamento clean o distorto o ancora nel
solismo, mentre, come il dottor Jekyll e mister Hyde, quando suono
jazz da sempre accompagno senza plettro. Poi, in realtà, a seconda
dell'esigenza sonora il tutto si miscela a seconda dell'effetto musicale
desiderato: la tecnica a disposizione della musica e non il contrario.
Resta il fatto che fin da ragazzino provo questa sensazione di miglior
contatto con la parte vibrante dello strumento, oltre a maggior
sensibilità sulla gestione delle dinamiche. Personalmente trovo che
anche l'aspetto ritmico ne possa giovare utilizzando le dita al posto
del plettro.
Il mondo del conservatorio è arrivato a sviluppare non solo differenti
angolazioni delle dita sulle corde, diversi tocchi (appoggiato, libero,
teso) ma addirittura come curare le unghie, tagliarle e limarle.
Quest'ultimo tratto posso assicurare che influisce sul suono esatta-
mente tanto quanto la scelta della forma del plettro, mentre il mate-
riale ovviamente ci teniamo quello che mamma ci ha fornito.
Anche se esistono smalti rinforzanti, questi sono appunto per rinfor-
zare unghie più deboli, ma fondamentalmente non cambiano il suono.
A questo scopo sarà essenziale curare il modo in cui si colpiscono le
corde, quindi con quale angolazione e sopratutto con cosa si colpi-
scono. Bisogna partire dal presupposto che il polpastrello senza
unghie ha un suo suono, poi con un filo cortissimo di unghia ne pro-
duce un altro (diciamo a spanne ottanta percento dito e venti per-
cento unghia), poi possiamo pensare a un unghia da chitarrista
classico, quindi che sporge almeno tre-quattro millimetri, che pizzica
la corda ma subito dopo ci si appoggi/scorre anche il polpastrello,
fino ad arrivare al solo utilizzo libero delle unghie, senza arrivare a
toccare con le dita. In quest'ultimo caso sicuramente ci vorrà più
accuratezza di studio e una maggior gestione delle unghie, che devono
sporgere uno o due millimetri in più rispetto all'esempio precedente.
Wes Montgomery suonava praticamente tutto solo con il pollice, Mark
Knopfler pollice, indice e medio, poi Jeff Beck…
In un metodo di Joe Pass trovai la spiegazione secondo la quale, non
avendo lui assolutamente una formazione classica, consigliava di uti-
lizzare le dita per come uno si sente, e infatti guardando attenta-
mente suoi video ci sono esecuzioni soliste con passaggi su più corde
eseguiti solo con l'indice, o il medio o il pollice.

Senza poi ovviamente contare gli esponenti della chitarra acustica,


Tommy Emmanuel, Alex De Grassi, Antoine Dofour, John Rembour e
tantissimi altri.
Dedicare del tempo al puro studio dell'espressività della mano destra
può come minimo raddoppiare il potenziale espressivo sullo stru-
mento tanto quanto la sinistra nelle conoscenze di scale, arpeggi,
accordi e tecniche espressive.
Il reale problema risiede nel fatto che troppe volte, rapiti da forme
geometriche o conoscenze e approfondimenti dello strumento, siamo
portati istintivamente a riversare tutta o quasi la nostra attenzione
alla mano diteggiante sulla tastiera.

Presento quindi due tipologie di foto, definite secondo un'imposta-


zione classica in corrette e scorrette, sopratutto per lasciar libertà di
movimento al pollice che dovrebbe seguire una rotazione nel pizzicare
che non vada a incrociare l’indice quando pizzica, ma come già detto
tutto questo è valido per una base secondo la tecnica classica, poi in
realtà ognuno nel moderno trova il proprio modo di pizzicare secondo
la comodità e la sonorità che vuole ottenere.

Posizione corretta
Posizione scorretta

Buone considerazioni e studi sulla mano destra, se non siete mancini,


altrimenti girate semplicemente tutti gli esempi!

CommentiIn realta', tra la posizione ... In realta', tra la


posizione definita" corretta" e quella "scorretta" credo che
esistano decine di varianti, di volta in volta scorrette o cor-
rette. Analizzando le foto, mi rendo conto di non riconoscermi in nes-
suna delle due posizioni, magari mi avvicino all' una per certi aspetti
o all' altra per altri. Non mi resta che da capire dove sono corretto e
dove scorretto.....Re: In realta', tra la posizione ...Ciao
irmo,
trovo che la tua sia una considerazione perfetta nei con-
fronti della musica moderna e nel pieno delle personali facoltà
espressive.

Personalmente consiglio la concentrazione sull'ascolto del suono pro-


dotto confrontato di pari passo con il senso di "naturalezza" nell'arti-
colare la mano destra.

Se non si deve "conservare" e quindi mettersi a disposizione di ciò


che si "deve" eseguire (indipendentemente che sia classico o
moderno) la via anche se magari lunga e faticosa, è la ricerca di per-
sonalità adattando quindi l'impostazione a ciò che si vorrebbe otte-
nere.

L'idea che ho cercato di trasmettere attraverso la staticità di qualche


foto è semplicemente dare un punto di riferimento a chi non ne ha,
ma in realta trovo che l'affermazione "scorretta" sia comunque
restrittiva, perchè per qualcuno è comoda e funzionale ciò che magari
per altri e profondamente innaturale.

L'essenza quindi, è una questione di ricerca e ascolto del suono pro-


dotto !

ps un consiglio : orecchie al suono e occhi lavorando con uno specchio


è un buon metodo, siamo involontariamente rapiti nel seguire con la
vista la mano che ditteggia sulla tastiera, ma un grosso aiuto a colti-
vare anche con gli occhi la mano che pizzica è un buon punto di par-
tenza.

Quindi : buona ricerca e sperimentazione :-)

PaoloAnx
JazzRockLo specchio magico!Il consiglio di usare lo spec-
chio è molto importante. Anche un mio insegnante me lo
propose e credo che sia fondamentale per scoprire e cor-
reggere errori che attraverso la solita prospettiva che abbiamo da
suonatori non vediamo. E' importante come registrarsi e risentirsi
quando si suona: si scoprono sfumature (spesso anche positive) che
non si colgono mentre suoniamo.
Per me lo spechhio fu importante per correggere la mia mano sini-
stra, per esempio. Tenevo le dita "lontane" dalla tastiera e quando
facevo le scale la mia mano sembrava un ragno camminare sulla
tastiera. Ho corretto questo approccio che mi ha fatto guadagnare in
fluidità e tempistica.
Comunque, le metodologie sono fondamentali. Il fattore più impor-
tante deve essere la qualità del suono prodotto. Anche perchè (...con-
cedetemi la battuta) ...uno passa molto tempo a farsi menate su come
tenere dita, mano e plettro per garantire un suono perfetto, poi vede
Steve Morse (avete presente come tiene il plettro e che suono tira
fuori??!!) e allora....!!!! :-)
Ogni regola ha molte eccezioni!
Io avrei detto il contrario... Ciao Paolo.
Io nasco come chitarrista classico, e continuo ad esserlo,
anche se le scorribande sull'elettrica non mancano mai.
Guardando le foto che hai postato m'è venuto da sorridere. Prima di
iscrivermi in conservatorio io avevo un'impostazione della mano
destra del tutto simile a quella della prima foto (quella "corretta"). Fu
la prima cosa che il mio Maestro mi fece cambiare. In effetti, il van-
taggio apparente di quella posizione è che le dita stanno perpendico-
lari alla linea delle corde, e che dunque pizzicare in quella maniera
sembra più "logico". In realtà, allo stato attuale dell'evoluzione della
tecnica chitarristica classica (perché "conservare" va bene, ma biso-
gna anche saper trarre vantaggio dalle innovazioni, se queste sono
intelligenti - come dire: se si scopre l'elettricità non ha senso conti-
nuare ad usare le candele...), quella è una posizione ormai ritenuta
superata - perché si ritiene che implichi molte tensioni muscolari inu-
tili, che sono d'impaccio alla fluidità della mano destra. Il punto è che
si è finalmente arrivati a capire (ma in anatomia questo si sapeva da
secoli) che il movimento delle dita non è limitato ai muscoli della
mano, e, anzi, comporta un lavoro di tutto il braccio, fino addirittura
alla spalla. Ciò vuol dire che se "spezzi" la linea avambraccio-mano
per mettere le dita perpendicolari alle corde, crei una frizione all'at-
tacco del polso; e questa frizione, a lungo andare, stanca. Ne perdi in
fluidità di esecuzione, soprattutto suonando in velocità. Quella posi-
zione è stata adottata fino a tempi recenti da chitarristi fenomenali,
eh!, intendiamoci... Segovia suonava così. Julian Bream anche. E sono
nomi grossi grossi. Eppure, da un po' di tempo, sta venendo fuori che
la posizione della seconda foto (quella "scorretta") sarebbe proprio
quella più naturale e utile alla fluidità della mano. E' vero, in quel
modo è più facile che il pollice batta contro l'indice dopo aver pizzi-
cato, ma questo accade solo se non si fa un corretto uso dell'elasticità
dei muscoli. Le dita funzionano come delle molle: se una volta che hai
pizzicato la corda tu gli togli la tensione, il dito torna tranquillo al
punto di partenza (a patto che la mano sia nella sua posizione natu-
rale, senza tensioni che ne impediscano il normale funzionamento).
Lavorare su questa faccenda dell'elasticità dei muscoli è una delle
cose più importanti, perché se una volta pizzicata la corda non si
lascia andare un dito e lo si mantiene in tensione, si fa compiere
all'intera mano un lavoro totalmente inutile (quando si dovrà usare
ancora quel dito, bisognerà riportarlo VOLONTARIAMENTE alla posi-
zione iniziale, e solo allora si potrà pizzicare di nuovo - cosa che, sem-
plicemente rilassando il dito appena dopo averlo usato, viene da sé e
non richiede ulteriori sforzi). Sembra strano che si debba pizzicare
con le dita non perfettamente allineate alle corde, ma non bisogna
dimenticare che la chitarra (quella classica, nell'impostazione clas-
sica) non sta dritta, ma obliqua rispetto al torso, e che quindi questa
inclinazione riduce di molto il problema. Se poi all'unghia si dà un
taglio asimmetrico, cioè tenendola più lunga là dove il dito effettiva-
mente arriva a pizzicare la corda, il problema praticamente svanisce.
Prova a guardare qualche video di Manuel Barrueco o di David Russell
(che ad oggi sono i più grandi nomi del chitarrismo classico mon-
diale) e vedrai che tipo di impostazione usano - e quanto risultino
fluidi nei movimenti.
Poi, è chiaro, le cose sono sempre relative, ma ho cercato di MOTI-
VARTI il mio disaccordo. Spero di non esserti risultato antipatico! ;-)
In ogni caso, buona musica!Re: Io avrei detto il contrario...Ciao Jul-
ca85,
Che bello !
Figurati per nulla antipatico, ma anzi veramente prezioso nel tuo post
perchè sarà disponibile per tutti quelli che lo leggeranno !
Adoro le conversazioni musicali che se fatte educatamente (come la
tua:) possono avere punti di vista completamente opposti e oltre allo
scambio di informazioni danno la grande opportunità di crearsi un
punto di vista personale, sopratutto per chi ne è alla ricerca.

Come ho scritto nel post precedente quello che ho cercato di dare, più
che dire mettiti cosi piuttosto che cosà(anche se poi da qualche parte
bisogna prendersi la responsabilità di rompere il ghiaccio) è il moti-
vare alla ricerca che potrebbe essere fatta sia in solitudine con lo
specchio da soddisfatti autodidatta a vita, tanto quanto alla ricerca di
un buon maestro che sappia guidarci al meglio.
Quello che esponi cosi bene è l'evoluzione di cio che si pensava scor-
retto, per diventare in realtà per sua naturalezza d'impostazione un
approccio definito corretto, e questo è molto bello ed utile da dire.

La difficoltà nello scrivere articoli del genere risiede nel fatto che ci si
rivolge ad un pubblico incredibilmente eterogeneo, magari fatto di
tante persone che non possono/vogliono studiare con un confronto
umano, ne consegue la difficoltà nel redigere e scrivere pensando
magari al plettratore rock, che al 20% del suo tempo vuole avere un
po piu di dimestichezza magari tenendo il plettro nascosto tra indice e
medio quando suona qualche parte in fingerstyle, o cercando di imi-
tare il fraseggio di Jeff Beck o di chi vuoi tu che comunque non adotta
nessuna delle impostazioni esposte.

In ultimo ti ringrazio dei consigli e delle informazioni, personalmente


appartengo alla vecchia scuola, quella definita ora scorretta, avendo
frequentato qualche anno di chitarra classica.... ma 25 anni fa per poi
gradatamente nel tempo capire di essere un ricercatore del proprio
sound e stile nel modo di suonare dedicandomi al jazz inteso come
filosofia nel NON darsi limitazioni espressive piuttosto che semplice-
mente come "genere musicale"

Concludo con il pensiero che mi affligge da sempre : la didattica, i


maestri, le regole, libri e scuole, quanto e fino a che punto sono un
mezzo rispetto al fine di "fare" ed "essere" musica ?
La storia ci insegna che a volte i veri inventori ed innovatori sono
coloro che hanno saputo andare oltre le regole, prima imparandole,
per poi quasi "dimenticarle"con quello che poi vengono definite
"eccezioni"
Per crescere e rinnovarsi trovo che sia fondamentale saper dire ed
applicare : io avrei detto/fatto il contrario !

Forse il significato "impalpabile" di ARTE MUSICALE risiede proprio


in questo ...

Grazie ancora di avermi fatto scaturire questi pensieri e buona musi-


cosa giornata anche a te ;-)

PaoloAnx
JazzRock

Re: Io avrei detto il contrario...Ciao Paolo.


Ti rispondo solo ora perché sto in un periodo un po' incasinato.
Quella sul "fare" ed "essere" musica è una domanda complessa, per
rispondere alla quale probabilmente non basterebbe una vita intera.
Io posso limitarmi a raccontarti la mia personale esperienza. Ti ho
detto che, appena iscritto in conservatorio, il mio Maestro volle farmi
cambiare l'impostazione della destra. Ma quello che non ti ho detto è
che quello stesso Maestro non era solito dare molte spiegazioni sulle
sue richieste (o piuttosto, sui suoi ordini...). Diciamo che si andava
per "dogmi musicali": a partire dalla impostazione tecnica fino ad
arrivare all'interpretazione di qualsiasi brano. Un aneddoto che non
dimenticherò mai: si trattò, una volta, di studiare un brano del com-
positore Villa-Lobos, e questo brano, da titolo, era dedicato "alla gio-
ventù brasiliana" (o "alla gioventù di Rio", o qualcosa del genere).
Bene. Lui sosteneva che io ci mettessi troppa "malinconia", o anche
troppi "sentimenti negativi". E' un pezzo dedicato ai giovani! - diceva
lui -, deve sprizzare energia e voglia di vivere da tutti i pori! E me lo
faceva ascoltare suonato (c'è da dire: BENISSIMO) come fosse un val-
zer di Strauss, di quelli da concerto di Capodanno. Naturalmente, il
mio totale disaccordo, anche espresso educatamente, non è mai ser-
vito a nulla. Quel pezzo DOVEVA essere suonato come voleva lui. Ora,
questa e tutta una serie di altre cose (tra le quali, prima di tutto, pro-
prio il cambio radicale di impostazione tecnica che non mi veniva giu-
stificato in alcun modo) mi hanno alla fine portato a mollare il
conservatorio dopo il quinto anno.
Ma questo non mi ha scoraggiato. Come hai detto tu, io desideravo
comunque "essere musica", per cui ho proseguito a suonare, stu-
diando per i fatti miei. E ribellandomi a quei dogmi, tanto che me ne
tornai beatamente al mio modo di suonare precedente - comodo, ras-
sicurante. Eppure non progredivo. La mano si stancava, la spalla mi
doleva, il rapporto con lo strumento era difficile, quasi frustrante.
Poi, un giorno, conosco un chitarrista che da lì a poco sarebbe diven-
tato uno dei miei più cari amici. Diplomato in conservatorio, bravis-
simo, di una modestia disarmante. Con lui suonammo le musiche di
uno spettacolo teatrale, dal vivo, per una intera estate in giro per il
sud Italia. Aveva la STESSA impostazione che il mio vecchio Maestro
di conservatorio aveva tentato di inculcarmi - ma quello che c'era di
diverso era che lui TI FACEVA CAPIRE IL PERCHE'. E qui non si parla
di un perché strettamente accademico, ma di una motivazione, come
dire, molto intima e legata al modo di VIVERE la musica. Non dico
una bugia se affermo che questo mio caro amico non ha mai detto una
parola sul suo modo di suonare; semplicemente ascoltandolo, e guar-
dandolo suonare, tu potevi capire tutto quello che c'era da capire sulle
motivazioni dei suoi mezzi espressivi. Per me fu una rivoluzione. Era
la prima volta che arrivavo a considerare tecnica strumentistica ed
espressività come un tutt'unico, inscindibile, senza che l'una preva-
lesse sull'altra.
Così, ho iniziato a capire che i miei limiti tecnici mi impedivano di
esprimermi come avrei voluto; che se non riuscivo a mettere nella
mia musica quello che desideravo, forse non era per una incapacità di
sentimento, ma per un disaccordo sostanziale tra quello che io sentivo
e il modo in cui potevo esprimerlo.
Mi misi in discussione: iniziai, da solo, a suonare come il mio ex (cat-
tivo) Maestro mi avrebbe imposto, e come il mio nuovo (buon) Men-
tore mi aveva suggerito SOLTANTO suonando la sua chitarra.
Il risultato? Beh... A distanza di un po' di anni, posso dire che ne è
valsa la pena. Non sono tornato in conservatorio per diplomarmi - mi
sono iscritto all'università e adesso sto per laurearmi. Ma quando
suono, suono esattamente come voglio suonare, ed ho trovato una
impostazione tecnica che me lo permette. Per cui, sono felice di que-
sto.
Ciò detto, che questa impostazione coincida con gli ultimi ritrovati
teorici dell'accademismo, può essere un caso oppure no. A me frega
poco, sinceramente. Se fossi riuscito a suonare come volevo mante-
nendo la mia vecchia impostazione, la cosa non avrebbe fatto diffe-
renza.
Nel mio post, quello di sopra, io ho cercato di motivare le istanze di
ciò che oggi si ritiene, accademicamente, giusto. Ma naturalmente
concordo con te sul fatto che le cose sono poi molto poco generalizza-
bili.
Ok, dopo tutto 'sto papello, posso salutarti ancora augurandoti - come
sempre - buona musica! :-)OT - Ibba sc500nt ... siamo in 3
ad averla in Italia, ma e' una chitarra fantastica!

mille grazie per il prezioso articolo, sicuramente uno stimolo in piu


per studiare

buon suono a tutti

mNOOOOO anche Qui!!!! Pensavo di essermi disintossicato


da tutte queste menate da chitarrista da vetrina!

Mi permetto di introdurre il mio personale NO, essendo giunto al


decimo anno di chitarra, ritengo, dopo anni di sacrifici per ricercare
un suono dignitoso, che tutta questa editoria, vedi Storti o Gilardino,
serva solo a creare paranoie inutili agli studenti più mediocri (di cui
io faccio modestamente parte), cercando di inculcare la falsa teoria
che tutti possono suonare la Musica Classica. Tutto falso, ci sono chi-
tarristi classici che pur prestando scarsissima attenzione a questi
ritrovati accademici, riescono a suonare con sentimento e con gran
suono, di contro conosco gente che ricerca le ricette perfette in fatto
di conformazione e cura delle unghia e va alla ricerca dei ritrovati
tecnologici più all'avanguardia in fatto di carta abrasiva e manicure.
Mi spiace essere così "talebano", ma purtroppo l'argomento mi tocca
ancora da vicino e ho passato le pene dell'inferno dietro inutili mae-
stri accademici che piuttosto che ammettere che ognuno può avere
"l'attacco" che vuole e che alla fine e solo questione di gusto timbrico,
sostiene di dover far adottare ai suoi allievi le sue tecniche maturate
nell'arco di una vita trascorsa a rifilarsi le unghia e a disquisire su
quale versione della fuga 1000 di Bach sia migliore scelta tra un
elenco di chitarristi comunque mostruosi e intoccabili, alla cui ombra
sono vissuti loro nella più nera delle frustrazioni e in tutto questo
magari non hanno mai suonato in pubblico neanche Bianco Natal.

Peace and Love.Re: NOOOOO anche Qui!!!!Carmelo sei un


grande!Io non sono un chitarrista classico e sono entrato
per sbaglio: il tipolo mi ha fuorviato ;-)Commenta

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