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PRINCIPI DI

TECNICA PIANISTICA
di Martina Drudi
e Michele Francesconi

PRINCIPI BASE

il pianoforte si suona “verso il basso”, cioe’ con tutto l’appoggio possibile e senza fare fatica.
questo e’ un principio fisico che deriva dalla forza di gravita’ ed evita al pianista di suonare “in
sospensione”.
l’energia che mettiamo nel suonare non deve essere sprecata in nessun modo.

la postura

e’ bene mantenere il busto eretto e le spalle molto rilassate.


e’ utile che l’avambraccio e il braccio formino un angolo il piu’ possibile vicino ai 90 gradi,
pertanto l’altezza dello sgabello e’ relativa all’altezza dell’esecutore.
la distanza dallo strumento deve consentire un comodo raggio di azione e di dominio su tutta la
tastiera. una distanza troppo elevata potrebbe portare una spiacevole tendenza ad “ingobbirsi”,
mentre una distanza troppo ravvicinata non consentirebbe all’esecutore di ottimizzare la propria
energia.

la mano

l’energia di cui abbiamo parlato parte dal punto piu’ basso della schiena, e si sviluppa poi su diverse
leve.
la piu’ lunga e’ il braccio, poi c’e’ l’avambraccio, il polso, la leva lunga del dito (che parte dalla
nocca), la leva corta (che parte dalla falange media) e quella cortissima (che parte dall’ ultima
falangina).

le dita vengono cosi’ numerate in entrambe le mani:

pollice = 1
indice = 2
medio = 3
anulare = 4
mignolo = 5

possiamo pensare alla mano divisa in palmo, che dovrebbe appoggiarsi naturalmente sullo
strumento, e pollice, che e’ il dito piu’ autonomo per articolare.
per una giusta curvatura delle dita e’ utile pensare di impugnare un’arancia, in modo che le tre
falangi formino una curva. questo pensiero non ci deve indurre pero’ a creare tensione nella mano
il polso deve essere di norma in linea con l’avambraccio e col dorso della mano..

LA TECNICA

l’articolazione

articolare significa dividere, separare una nota distintamente dall’altra.


l’articolazione delle dita e’ utile a patto che non si crei tensione nella mano, per cui e’ necessario
pensarla come un appoggio della leva principale (il braccio) su ogni tasto e come presa del tasto
con tutto il polpastrello.
il palmo in questo caso ha una specie di “scatto” che serve da assestamento.

il trillo

il trillo e’ un chiaro esempio di articolazione veloce delle dita.


non va pensato in superficie ma sempre in fondo al tasto.
il trillo puo’ essere misurato o libero. nel secondo caso e’ comunque utile, in fase di studio,
misurarlo, per avere una percezione chiara di tutte le note.

la rotazione

la rotazione e’ una tecnica basilare che alterna l’uso del pollice a quello del palmo facendo perno
sul polso in un movimento unico e ripetitivo. questo movimento e’ un risparmio naturale di energia
per le dita, che, non dovendo articolare, possono non perdere il contatto col tasto.
esempi chiarissimi di rotazione sono il “ tremolo” e il “basso albertino”.

le entrate e le uscite

suonare il pianoforte verso il basso significa che noi entriamo e usciamo dalla tastiera secondo una
logica.
questa logica ci e’ data dalle legature di portamento e soprattutto da quelle di frase.
il principio e’ di entrare all’inizio di una frase e uscirne alla fine.
quando usciamo non dobbiamo semplicemente togliere le mani dal pianoforte, ma seguire una
direzione, che e’ quella della frase successiva, cosi’ come, quando entriamo, dobbiamo pensare
che siamo giunti da un’uscita.

le legature

le legature di portamento e di frase sono come le parole di un discorso, quindi la legatura di


portamento, detta anche “a due” e’ come una parola formata da due sillabe, mentre la legatura di
frase e’ una parola formata da piu’ di due sillabe.
in generale bisognerebbe sempre creare una dinamica di intensita’ all’interno delle legature di frase.

il pedale di risonanza

il pedale puo’ essere usato in battere o in levare.


di solito si usa in levare.
viene usato in battere spesso sui finali e quando ci sono delle pause da rispettare.
il principio del pedale usato in levare e’ che quando c’e’ il pedale non c’e’ il tasto e quando c’e’ il
tasto non c’e’ il pedale, ovvero, il piede viene sollevato morbidamente sull’entrata della prima nota
del cambio armonico e riabbassato quando la nota e’ in fase di uscita.
in questo modo non si crea un vuoto di suono.
il piede deve trovarsi a proprio agio nella posizione di “non azione” del pedale, cioe’ con la punta
sollevata e il tallone appoggiato a terra.

LA MUSICA
i colori

i colori sono i segni che indicano l’intensita’ del suono (pp / p / mp / mf / f / ff) e, oltre che
rispettati, andrebbero contestualizzati agli autori.

la dinamica

la dinamica e’ una variazione dell’intensita’ del suono, cioe’ una variazione del colore. questa ci
viene segnalata dalle forcelline che troviamo sullo spartito, o dalle indicazioni scritte (cresc / dim
…)

l’ agogica

l’agogica e’ invece una variazione sul parametro ritmico e ci viene segnalata da indicazioni come
rall / accell / rit.

i segni di espressione

il legato
legare le note significa che prima che il dito venga su del tutto dal tasto abbiamo gia’ suonato un
altro tasto. i due tasti quindi si incontrano a meta’ del percorso e l’effetto sonoro e’ quello del
legato.
c’e’ inoltre un particolare tipo di legato, il “cantabile” che, come dice la parola stessa, cerca di
imitare il suono della voce. quando usiamo questa tecnica e’ bene cantare dentro di se’ (o anche
fuori, come fanno certi interpreti) le frasi, per aiutarsi a capirne il senso e la direzione.
un bel cantabile, soprattutto nella letteratura pianistica romantica, si ottiene con l’uso di tutto il
polpastrello abbinato a un movimento unico del braccio sulla frase da cantare .
il movimento del braccio ha lo scopo di evitare spiacevoli accenti su ogni nota della frase.

il portato
il portato (o “non legato”) si ottiene con un appoggio del braccio e del polso su ogni nota.
tuttavia, per quel che riguarda la direzione della frase, il portato si avvale degli stessi principi del
legato di non creare accenti.

lo staccato
lo staccato va pensato, paradossalmente, verso il basso, come un rimbalzo naturale che non crea
tensione.
puo’ essere di 3 tipi: di braccio, di polso e di dito.
lo staccato di braccio e’ una entrata e un’uscita veloce di tutto il braccio.
lo staccato di polso significa sentirsi a proprio agio col polso in alto e “scottarsi” ogni volta che il
tasto viene suonato.
lo staccato di dito fa uso delle falangi corte della mano. queste ultime possono creare un suono
brillante chiamato “jeux perle’’’.

i ribattuti
i ribattuti, come lo staccato, vanno pensati tutti in entrata, sfruttando quando possibile il doppio
scappamento dello strumento.
a livello musicale e’ bello dar loro una direzione, quindi non suonarli tutti uguali di intensita’.

l’accento
accentare una nota significa dargli piu’ attenzione delle altre, come facciamo nelle sillabe delle
parole accentate nella lingua parlata. l’accento, che puo’ essere orizzontale (espressivo) o verticale
(piu’ deciso) deve comunque rispettare l’andamento del discorso musicale.

lo sforzato e il forzato
lo sforzato significa sentire il martello che sbatte contro la corda. e’ forse l’unico momento in cui si
richiede al pianista un’energia in piu’ di quella che deriva dal discorso musicale. del resto la parola
“sforzato” significa sforzarsi di fare qualche cosa.
lo sforzato e’ contestualizzato, oltre che all’autore che si sta suonando, soprattutto al colore in cui ci
troviamo. lo sforzato percio’ puo’ trovarsi nel pp come nel ff.
la differenza che c’e tra il forzato e lo sforzato e’ simile a quella che c’e’ tra un accento orizzontale
e uno verticale. i primi piu’ espressivi, i secondi piu’ decisi.

l’appoggiato
per spiegare l’appoggiato possiamo fare un esempio molto chiaro: appoggiare un oggetto sulla
tastiera. una nota appoggiata e’ suonata rispettando interamente il suo valore creando un’idea di
stabilita’.

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