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Mi chiedono: “Tu dici che tutti sono Brahman ma noi siamo molto imperfetti,
invece Brahman è perfetto. Come possiamo credere, dunque, di essere Brahman? È
molto difficile. In noi ci sono molte cose sbagliate, molte nozioni sbagliate ma, allo
stesso tempo, Tu dici che siamo tutti Brahman e niente di meno di Brahman”.

In realtà siamo soltanto Brahman, tutto il resto è mithya, falsità. Perciò come
possiamo credere che non sia così?
Rajjvāṁ bhujṅgama iva pratibhāsitaṁ, come un serpente appare in una corda e
voi pensate che ci sia un serpente e vi spaventate.

Prātarnamāmi tamasaḥ paramakavarnaṁ


pūrnam sanātanapadaṁ puruṣottamākhyam |
yasminnidaṁ jagadśeṣamaśeṣamūrta
rajjvām bhujangama iva pratibhāsitaṁ ||

(All’alba saluto Colui che viene conosciuto come il Purusa (l’essere supremo) che va
oltre l’oscurità, che ha il lustro del sole che è lo scopo supremo, il completo, la forma senza
limiti nel quale l’intero universo è apparso come un serpente in una corda) - prātaḥ
smarana, 3

E pensate: “Dio mio, questo serpente è velenoso”.


Qualcuno vicino a voi dice: “So che questo serpente è un serpente a sonagli”.

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Un altro comincia a immaginare: “No, penso che sia un cobra, un po’ mal
nutrito ecco perché è così sottile ma comunque è un cobra, non è un serpente a
sonagli”.
Un altro ancora dirà: “No no, è di certo una vipera”.
Il quarto dirà un’altra cosa: “È una biscia d’acqua”.
Hanno cominciato tutti a costruire delle teorie su che tipo di serpente sia e
quanto velenoso possa essere e quanti secondi ci vogliono per uccidere un essere
umano.
L’immaginazione ha cominciato a galoppare, gli scienziati hanno cominciato a
elaborare delle teorie, sinistra, destra, centro, teoria dell’evoluzione di Darwin,
questo, quello, ogni cosa. Elaborano questa teoria su un serpente che non esiste. Che
cosa c’era, invece? Una corda, ma, nel buio, pensavate si trattasse di un serpente e
avete cominciato a indagare su questo serpente, di quale varietà si trattasse e avete
creato un nuovo centro di ricerca, un laboratorio per indagare su quel serpente.
Cosa avviene poi? Diciamo che arrivi un po’ di luce
e il serpente scompaia perché non c’è mai stato, c’era
solo una corda. Ora comincia una nuova serie di indagini.
Dove è andato il serpente? È andato a est, ovest, nord,
sud, su, giù? Inizierà un’altra serie di indagini per cercare
il serpente che è andato da qualche parte. A che serve
tutto questo sforzo, ditemi? Non è stoltezza? È soltanto
ignoranza e tutto ciò è stato fatto nell’ignoranza:
qualcuno vide un serpente che non c’era, altri elaborarono
delle teorie su quale specie fosse il serpente e, quando
giunse la luce e il serpente scomparve, una nuova squadra
investigativa cominciò a cercare il serpente nel giardino.
E ancora oggi, stanno elaborando delle teorie e delle
spiegazioni su quale serpente fosse e dove sia andato: “Probabilmente il serpente è
andato a est. Perché? Perché generalmente, nel nostro campus a est ci sono dei nidi di
formiche. È probabile che sia andato nella sua tana”. Qualcun altro ha detto: “No, no
a est ci sono quei nidi di formiche ma non c’è mai stato un serpente lì. Tutte le volte
che ci siamo andati non abbiamo mai trovato un serpente, penso che, invece, sia
andato a ovest. Perché? Perché da quella parte c’è l’acqua, ci sono dei cespugli, è più
facile nascondersi …”. Si continueranno a elaborare delle teorie creando una squadra

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investigativa con i microscopi o i telescopi, ma non si troverà mai quel serpente,
perché non è mai esistito.
Allo stesso modo, di questa illusione di essere il corpo, di essere imperfetti e di
avere tutti questi mali in voi, il nostro Vedānta vi dice chiaramente che è tutta
un’illusione, sono impressioni della vostra mente che fraintende le cose. Come
nell’oscurità vediamo un serpente invece di una corda, allo stesso modo voi credete
di essere un corpo con tutte le sue imperfezioni. Nel momento in cui accendete jñāna
jyoti(la lampada della saggezza), la luce del Vedānta, vi sarà rivelata la verità che
siete soltanto Brahman. Non siete il corpo e la mente con tutte le imperfezioni che
immaginate di avere.
Potreste chiedermi, dunque: “Va bene, ora sono diventato Brahman, ma dove
sono andate tutte le imperfezioni?”. È come cercare quel serpente, dove è andato il
veleno di quel serpente? Il veleno non c’è mai stato. Avete immaginato che ci fosse il
serpente e allora il serpente velenoso c’era: “Sono un ragazzo cattivo, sono una
cattiva ragazza, sono questo o quello”: tutto questo è immaginazione. A causa
dell’immaginazione, continuate a comportarvi condizionati dall’immaginazione
stessa, come la persona che sospettava che il serpente continuasse a strisciare in quel
luogo. Perché? Perché aveva immaginato un serpente.
“Perché ho paura?”.
“Perché hai immaginato che ci fosse un serpente”.
“Perché mi comporto male?”.
“Perché hai immaginato di essere il corpo: il motivo è tutto qui”.
E il corpo deve essere accontentato e compiaciuto. Come la paura di quella
persona è immaginaria, ha paura ed è tremante e spaventata poiché magari ha
un’avversione per i serpenti, comincia a sognarseli anche di notte e la sua mente ne è
condizionata, allo stesso modo l’idea di essere il corpo, di avere i sensi che devono
essere compiaciuti e accontentati e che è l’unica maniera di vivere, che è l’unica
maniera per giungere alla felicità, tutta questa immaginazione si è insediata nella
vostra mente così profondamente che per quanto Io la illumini con una torcia e dica
che si tratta di una corda, voi rispondete: “Sì, Swami è una corda ma dove è andato il
serpente?”. Questa è la domanda che voi Mi ponete.
Voi siete d’accordo di essere il Brahman ma poi chiedete: “E la mia mente e
tutti i sensi?”. Che cosa vi dovrei rispondere? Non ho una risposta perché la domanda
non è valida, perciò non esiste una risposta. La risposta a tutte le domande della vita

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è: “Tu sei Brahman”. Ed è soltanto il Brahman a manifestarsi come questo corpo,
così come la corda si manifesta come un serpente, anche se il serpente non esiste
affatto, ma esiste solo la corda. Allo stesso modo, soltanto il Brahman esiste: voi non
esistete. Questa è l’essenza del Vedānta.
Ecco perché Brahma satyaṁ jaganmithyā jīvo brahmaiva nāparaḥ, voi siete il
Brahman, non siete il jagat (universo manifesto). L’illusione di essere il jagat,
maschio o femmina, giovane o vecchio, ricco o povero è immaginazione. In quella
immaginazione pensate di essere ricchi o poveri, buoni o cattivi, così come,
immaginando il serpente, avete paura. Nessuno può farci niente: dovete rendervi
conto da soli che non c’è mai stato il serpente, c’era solo una corda. Avete frainteso e
da lì sono sorte la paura, la frustrazione e l’ansia. Una volta che ve ne siete liberati,
non esisteranno più né ansia né preoccupazione.
È facile dire tutte queste cose ma è difficile crederci. Voi, però, avete l’esempio
di Naciketa che crede a ciò che gli viene detto da Yama: Na jāyate mriyate vā
vipaścit.

Na jāyate mriyate vā vipaści-nnāyaṁ kutaścina babhūva kaścit |


ajo nityaḥ śaśvato’yam purāṇo na hanyate hanyamāne śarīre || (1.2.18)

(Il Sé cosciente non è mai morto e non può mai morire. Non è venuto in essere da nulla né
nulla è venuto in essere da Esso. È non-nato, eterno, immortale e primordiale ed è
indistruttibile anche quando il corpo viene distrutto) – Kaṭhopaniṣad 1,2,18

Egli crede a tutte queste cose: “Sì, io sono Colui che


non è nato e che non muore”.
“Allora, questo corpo che nasce e che muore, che
cos’è?”.
“Questo non è te, questo è ciò che devi concludere:
non è te”.
“E la mente, dove emergono e scompaiono i
pensieri?”.
“Qualsiasi cosa che vada e venga non è te. Elimina
anche i pensieri e così la mente”.

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“E la mia intelligenza che è in grado di analizzare le cose e distinguere il bene
dal male?”
“Vedi, anche la tua intelligenza va e viene a seconda delle situazioni. Perciò
nemmeno l’intelligenza è te”.
“Allora che cosa sono io? Sono l’esperienza della felicità e del dolore?”.
“No, perché anch’essi vanno e vengono. La sola cosa che non va e viene e
rimane sempre è ajo nityaḥ śaśvato’yam purāṇo na hanyate hanyamāne sarire (È
non-nato, eterno, immortale e primordiale ed è indistruttibile anche quando il corpo
viene distrutto): ne è stata data questa definizione.
Ora tu devi far combaciare la descrizione con la definizione: ‘Ogni cosa che va e
che viene, che è nata e che muore non può essere la Verità’. Questo è ciò che Yama
dice a Naciketa. E Naciketa ci crede.
Ora Yama continua a spiegare: “Pensa a te stesso come i sensi e il corpo. I sensi
e il corpo vanno e vengono: questo significa che non corrispondono alla descrizione.
Che cosa viene poi? Manas, la mente. Vai nella tua mente: indriyebhyaḥ parā
hyarthā, arthebhyaśca param manaḥ.

Indriyebhyaḥ parā hyarthā, arthebhyaśca param manaḥ|


manasaśtu parā buddhirbuddherātmā mahān paraḥ||
(Gli oggetti dei sensi o facoltà dei sensi sono superiori agli organi dei sensi, la mente è
superiore agli oggetti o facoltà dei sensi. L’intelletto è superiore alla mente e il grande
Ātman è superiore all’intelletto) - Kaṭhopaniṣad 1,3,10

La mente è fatta di pensieri che vanno e vengono. Talvolta è triste, altre volte è
felice, può essere eccitata o annoiata: perciò subisce delle mutazioni. Qualsiasi cosa
subisca delle mutazioni non è te. Dunque, metti da parte la mente e cosa viene poi?
La mente dipende dalla buddhi, che in realtà decide ogni cosa.
“La buddhi è me?”.
“No, non puoi essere la buddhi perché anche l’intelligenza va e viene, qualche
volta è acuta, altre volte è stolta, alcune volte è chiara, altre volte è confusa e subisce
molti cambiamenti. La buddhi non può essere te, l’intelletto non può essere te. Vai
ancora più in profondità. Che cosa rimane ora?”.

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“Oh, ho l’esperienza, ānanda (felicità) e duḥkha (sofferenza)”.
“Anche queste esperienze vanno e vengono e non sono te. Continua ad andare
dentro di te”.
Piano piano Naciketa dice: “C’è il jīvātman dentro di me, è questo che io sono”.
“Ci sei quasi ma il jīvātman è ancora
limitato. Noi stiamo palando di qualcosa di
illimitato, infinito e onnipervadente. Tu,
però, stai dicendo che il jīvātman è nel tuo
corpo, come il rathinam, il viaggiatore nel
carro. C’è della limitatezza e perciò non può
essere Brahman perché il Brahman è infinito.

Ātman il Sé il passeggero

buddhi l’intelletto l’auriga

manas la mente pragraha, le redini

indriya i sensi i cavalli

“E adesso che cos’altro dovremmo fare?”.


“Andiamo ancora più in profondità. Da dove viene il jīvātman che è dentro di
te? Da dove viene l’elettricità nella lampadina? Viene dal filo. Perciò, vai ancora più
in profondità. Oltre la lampadina c’è il filo. Allo stesso modo, al di là del jīvātman vi
è il mahan ātman, la grande Anima.
Che cos’è questa grande Anima? Prima del jīvātman che cosa viene? Vi era il
Virāta o Hiranṇyagarbha che è superiore al jīvātman. Perciò, oltre al nostro jīvātman
e la buddhi c’è il Virāṭa o Hiraṇyagarbha. Il Virāṭa è la modificazione
dell’Hiraṇyagarbha. L’Hiraṇyagarbha non è manifesto, il Virāṭa invece diventa
manifesto”.

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Puruṣa, Coscienza suprema

Avyakta Puruṣa, Brahman non manifesto (Iśvara)


Vyakta Puruṣa, Brahman manifesto (mahan ātman)



jīvātman, Sé individuale

buddhi, intelletto

manas, mente

indriyārtha, facoltà dei sensi

indriya, sensi

“Ora, al di là di tutto questo c’è qualcosa o no?”, questo dovete chiedervi.


Perché qualsiasi cosa che venga, deve anche andarsene. Ajo nityaḥ: non è mai nato.
Il Virāṭa è nato, l’Hiraṇyagarba è nato, o comunque è uscito da qualcos’altro.
Quello, invece, è qualcosa che na kutaścit na babhūva kaścit, non viene da nessuna
parte e nulla proviene da Esso. Perciò esiste un livello superiore a cui dovete
giungere. Dovete salire a un livello superiore per trovare cosa? Poiché vi è stato un
saṅkalpa (atto di volontà divina), c’è un ‘Brahman pensante’.
Voi dite: “Il saṅkalpa di Brahman è il motivo per cui le cose sono fuoriuscite da
Esso”. Perciò nemmeno il Saṅkalpa Brahman è lo stato più puro poiché il Brahman è
nirguṇa (privo di attributi) e non ci sono mutazioni in Lui. Chi sta pensando adesso,
tra un attimo potrebbe non pensare più. Significa che il pensiero è andato e venuto ma
la definizione di Brahman è: “Non viene e non va”. Perciò ‘Brahman pensante’
significa che oggi è ‘Brahman pensante’ ma fra un attimo potrebbe essere ‘Brahman

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non pensante’. Nello stesso Brahman ci sono due condizioni, ma due condizioni non
sono possibili all’interno del Brahman, poiché Esso è soltanto Uno, Ekam.
Cosa dovremmo fare, allora? Salire di un livello e realizzare la Coscienza
suprema originale, il Brahman che non stava nemmeno pensando. Che cos’era,
allora? Esso era, asti. Era asti e basta. Questa è la natura del Brahman e non c’è
niente più di quello: Esso esiste. Questa è la Verità suprema e oltre a quella non c’è
altra Verità.
Sā puruṣam, dice Yama. Lo chiama Puruṣam. Puruṣa è ciò che risiede in tutto.
Pura-ṣaya, risiede nel luogo. Significa che soltanto la Coscienza suprema risiede in
tutto. Questa è l’idea di Brahman.
sā kāṣṭhā sā parā gatiḥ: questo è il fine supremo di ogni cosa.

mahataḥ paramavyaktamavyaktātpuruṣaḥ paraḥ |


puruṣānna paraṁ kiñcit: sā kāṣṭhā, sā parā gatiḥ ||
-
(Il non manifesto (Mulaprakṛti, la sorgente primordiale della creazione) è più alto
del mahat (la soglia della creazione tra il non manifesto e il manifesto); Puruṣa (il
Sé) è più alto del non manifesto. Non c’è nulla di superiore al Puruṣa: quello è il
culmine, lo scopo supremo) - Kaṭhopaniṣad 1,3,11

Oltre a Quello, non esiste nulla. Sā parā gatiḥ, questa è la destinazione finale e
al di là di quella non c’è nient’altro da fare, nessun luogo dove andare.
È Lì che dovete portare voi stessi piano piano in modo da realizzare di essere il
Brahman Supremo.
I vikāra (fasi) del corpo, l’eccitazione e la depressione della mente,
l’intelligenza e la stoltezza della buddhi, la felicità e il dolore del citta: tutto questo
non è voi. Queste sono tutte sovrapposizioni. Ecco perché sono imperfette, ma se
procedete chiedendovi chi siete veramente, alla fine giungerete a un ulteriore stadio
di questa indagine su “Chi sono io?” e, infine, giungerete allo stadio del Brahman
Supremo che non sta nemmeno pensando ma semplicemente È. Questa è la realtà
suprema.
È vero, è difficile da comprendere. Il prossimo śloka lo spiegherà perché essi (i
Maestri) concordano che è difficile da comprendere come quando Arjuna esclamò:
“cañcalaṁ hi manaḥ kṛṣṇa pramāthi balavaddṛḍham, è molto difficile.

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cañcalaṁ hi manaḥ kṛṣṇa pramāthi balavaddṛḍham |
tasyāhaṁ nigrahaṁ manye vāyoriva suduṣkaram ||
(La mente è molto agitata, turbolenta, forte e ostinata. O Kṛṣṇa , mi sembra che sia
difficile da controllare come il vento) - bhagavadgītā 6,34

vāyoriva suduṣkaram, è difficile da controllare la mente quanto controllare il


vento.
Kṛṣṇa, da buon insegnante, rise perché sapeva che non è poi così difficile
controllare la mente. Ma se si chiede a un bambino di moltiplicare quattro per
quattro, dirà che è impossibile farlo. L’adulto, invece, ridendo, dice: “Che c’è di tanto
difficile?”.
Arjuna dice: “Kṛṣṇa, mi stai chiedendo troppo, controllare la mente non è
possibile, è come controllare il vento. Riuscirei meglio a controllare il vento piuttosto
che controllare la mente!”.
Kṛṣṇa, che è molto compassionevole, sa che non è impossibile ma risponde:
“asanśayaṁ mahābāho, lo so è molto difficile, non c’è dubbio, Arjuna”.

asanśayaṁ mahābāho mano durnigrahaṁ calam |


abhyāsena tu kaunteya vairāgyeṇa ca gṛhyate ||

(O figlio di Kunti potentemente armato, in verità la mente è agitata e difficile da


controllare ma è possibile farlo con la pratica costante e il distacco) - bhagavadgītā 6,35

Da buon insegnante, Egli dice: asanśayaṁ mahābāho.


Che cosa dovresti fare allora? abhyāsena tu kaunteya vairāgyeṇa ca gṛhyat
abhyasa, pratica e
vairagya, distacco.
Che cosa dovreste praticare? Dovete praticare questa indagine: “Chi sono io?”.
E da cosa dovreste distaccarvi? Da ciò che non siete, distaccatevi da quello.

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Prima avete pensato: “Io sono il corpo, i sensi, vedo, gusto, odoro, tocco,
ascolto: questo è tutto ciò che sono”.
Poi abbiamo indagato ancora un po’. “Questo non corrisponde alla definizione
di Brahman”. Perciò avete eliminato: “Io non sono il corpo”.
Poi: “Io sono la mente che osserva tramite il corpo?”. No, anch’essa va e viene:
andate oltre, operate il distacco, vairagya.
Poi procedete al vostro interno: “Sono la buddhi che pensa e analizza?”. No,
anch’essa va e viene: andate oltre.
“Sono le esperienze della vita, di felicità e sofferenza?”. No, anch’esse vanno e
vengono: andate oltre”.
“Sono il jīvātman? Come entra nel corpo il jīvātman? Da dove viene? Viene da
qualche parte e va da qualche parte”. Questa non è la definizione di Brahman che non
va e che non viene, perciò andate oltre il jīvātman”.
“Poi c’è l’Hiraṇyagarbha. È questo il Supremo? Io sono quello? Anche
l’Hyraṇyagarbha è nato da qualcosa mentre si suppone che Io non sia nato da nulla.
Andate oltre l’Hiraṇyagarbha e procedete di un altro passo all’interno”.
“Sono il ‘Brahman pensante’ che pensò di creare?”. Il ‘Brahman pensante’ può
diventare ‘Brahman non pensante’:
significa che ne esistono due per cui non
può essere la verità”. Procedete
ulteriormente.
“Infine, giungo al Brahman Supremo
che non pensa, non parla, non tocca, non
gusta, non odora”.
Queste descrizioni verranno nei prossimi śloka. Questa è l’indagine, il sentiero
di ekātma pratyasara. Prendete la verità e poi continuate a indagare in profondità.
Non è forse un procedimento scientifico? Gli scienziati fanno soltanto questo: essi
prendono qualcosa di grossolano e poi lo dividono fino a scoprire qual è l’unità di
base da cui è emerso. Vanno a stabilire gli elementi di cui è composto: gli elementi
sono costituiti dagli atomi e negli atomi ci sono i protoni, i neutroni, gli elettroni e
procedendo oltre i quark. Tali particelle hanno un certo comportamento in
determinate situazioni. È così che gli scienziati costruiscono delle teorie di chimica e
di fisica. Scoprono che se i quark o i protoni si avvicinano ad altri protoni dello stesso

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elemento, avverrà una certa reazione, avverrà una fissione o una fusione, fornendo
dell’energia. Tutte queste cose non sono altro che scoperte fatte in seguito poiché il
fenomeno esisteva anche prima che gli scienziati ne parlassero.
Ieri abbiamo anche imparato che ci sono otto modi per discendere. Solo sette
vengono menzionati nei due śloka ma per aiutare la vostra memoria, ho diviso
l’ascesa in otto parti.
Quali sono gli otto modi per discendere? dhyāyato viṣayān puṁsaḥ
saṅgasteṣūpajāyate | saṅgāt sañjāyate kāmaḥ kamat krodho ‘bhijayate ||

dhyāyato viṣayān puṁsaḥ saṅgasteṣūpajāyate |


saṅgāt sañjāyate kāmaḥ kāmāt krodho ’bhijāyate ||
krodhād bhavati sammohaḥ sammohātsmṛtivibhramaḥ |
smṛitibhranśād buddhināśo buddhināśāt praṇaśyati ||
bhagavadgītā 2, 62-63

(Quando l’uomo pensa agli oggetti dei sensi nasce in lui l’attaccamento. Dall’attaccamento,
nasce il desiderio e dal desiderio nasce la rabbia. La rabbia porta alla confusione e la
confusione porta perdita di memoria. La perdita di memoria di memoria porta alla perdita di
discriminazione e a causa della perdita di discriminazione l’essere umano perisce) –
bhagavadgītā 2,62,63

dhyāyato viṣayān puṁsaḥ, pensare agli oggetti dei sensi.


Poi saṅgāt sañjāyate, si comincia a coltivare l’attaccamento nei loro confronti:
“Devo averlo”.
Avete visto la pubblicità da qualche parte e pensate: “È uscito il nuovo modello,
è migliore, senza dubbio”. E come pagherete il conto della carta di credito?
“Me ne occuperò domani. Viviamo nel presente, passiamo la carta e poi ci
romperemo la testa più avanti”.
Che cosa si può fare con tale mentalità?
dhyāyato viṣayān puṁsaḥ saṅgasteṣūpajāyate e saṅgāt sañjāyate kāmaḥ:
giungono i desideri: “Adesso devo averlo”, perché è giunto l’attaccamento.
kamat krodho’bhijayate, e se non lo ottenete, vi arrabbiate molto, fate delle
cose sbagliate, vi trovate nell’adharma, aniti, anacara. Vi trovate in queste situazioni
per ottenere ciò che volete.

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E qual è il risultato di tutto ciò? krodhād bhavati sammohaḥ, siete confusi.
Fate delle cose sbagliate; sammohāt smṛtivibhramaḥ, la conoscenza di base di
ciò che è bene, di ciò che è male si allontana da voi.
smṛitibhranśhād buddhināśo buddhināśāt praṇaśyati, alla fine giungete alla
rovina a causa di questo tipo di pensieri.
Questi sono gli otto passi per la rovina nella vita umana. Comincia pensando
agli indriyārtha (oggetti dei sensi), per ricorrere agli indriya (sensi), poi alla mente
che sviluppa il desiderio, alla buddhi che coltiva la frustrazione, fino a giungere alla
rabbia e, infine, essere rovinati. Questi sono gli otto passi che portano all’esterno.

Otto passi verso la distruzione personale

Pensieri

Attaccamento

Desiderio

Rabbia

Confusione

Perdita della memoria

Perdita della discriminazione

Distruzione personale

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E quali sono gli otto passi per la liberazione? Proprio il contrario.
Dagli indriya e indriyārta cominciate ad andare dentro di voi. Prima vi
dirigevate all’esterno, ora cominciate ad andare dentro (il metodo opposto).
Ritiratevi dai sensi: śabda, sparsa, rūpa, rasa, gandha (udito, tatto, vista, gusto,
olfatto).
Ritiratevi da essi e giungete alla mente, manas.
Ritiratevi dalla mente e giungete alla buddhi.
Ritiratevi dalla buddhi e giungete al jivātman bhāva (sentimento, percezione):
Dio risiede in me.
Ritiratevi dal jīvātman bhāva e giungete al jñānātman bhāva, la Conoscenza
suprema di cui disponete. È ciò che ho chiamato Mahataḥ o Virāṭa o Hiraṇyagarbha.
Da lì giungete al non manifesto, Iśvara,
Avyakta, dice Yama.
Mahataḥ paramavyaktam, poiché Egli
è il ‘Brahman pensante’, non si è ancora
manifestato come materia, sta solo pensando.
E poi avyaktāt puruṣaḥ paraḥ, il
Purusa è il Brahman Supremo che non
pensa, non parla, non fa, sta, È. Questa è la Realtà suprema.
Perciò continuate a interiorizzarvi in otto passi, vi ritirate all’interno e diventate
Brahman.

Otto passi per la liberazione

indriya, i sensi

indriyārta, le facoltà dei sensi

manas, la mente

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buddhi, l’intelletto

jīvātman, il Sé individuale

Vyakta Puruṣa, il Brahman manifesto (Hiraṇyagarbha e


Virāṭa)

Avyakta Puruṣa, il Brahman non manifesto (Iśvara)


Puruṣa, la Coscienza Suprema

Tutto ciò fu affermato da Yama forse diecimila anni fa ma è valido ancora oggi.
Ecco perché ho detto che la parāvidyā è sempre valida in tutti i luoghi e in tutte le
situazioni. Per quanto riguarda la aparāvidyā, invece, dovete continuare ad
aggiornarvi. Oggi gli stenografi non hanno più lavoro e nemmeno le dattilografe
perché i computer hanno reso inutile il loro lavoro. Una volta c’erano i rullini
fotografici, ora è tutto digitale. Ci sarà un giorno in cui arriverà un altro tipo di
tecnologia. Nel mondo mutevole, ogni cosa muta e dovete continuare ad aggiornare
la vostra conoscenza. La parāvidyā, al contrario, non cambia mai: era valida allora, è
valida oggi e sarà valida per sempre. Queste verità fondamentali della spiritualità
sono totalmente valide in tutti i tempi per le persone di tutte le religioni.
Noi non stiamo parlando di alcun Dio. Ne abbiamo parlato? Abbiamo parlato
del Dio cristiano o induista o musulmano? No, abbiamo solo detto che voi siete la
Coscienza Suprema. Potete metterlo in dubbio e dire: “No, io non ho la coscienza”?
Potete metterlo in dubbio? Voi avete la coscienza altrimenti come potete essere
consapevoli di avere la coscienza?
Come dice il nostro Vidyarana Swami: “Dire che il Brahman non esiste è come
dire con la vostra lingua che la lingua non esiste”.
È come se diceste: “Io non ho la lingua” sarebbe sciocco come dire: “La
coscienza non esiste”.

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Potete avere dei dubbi se esista Gesù o Dio nell’alto dei cieli. Potete chiedervi
chi sia superiore tra Viṣṇu, Śiva e Śakti e quale sia la verità. Potete chiedervi se Allah
abbia una forma o no e di che cosa si tratti. Ma potete mai dubitare di esistere? È
qualcosa di reale: la Coscienza è reale. In fondo, è solo nella Coscienza che noi
sperimentiamo il mondo nel quale pensiamo, ci comportiamo, agiamo, ci
emozioniamo. Ogni cosa risiede soltanto in quella Coscienza. Perciò la Coscienza è il
Brahman Supremo, Prajñānam.
L’Aitareyopaniṣad dopo aver raccontato l’intera storia della creazione si
conclude così: “prajñānam Brahman (il Brahman è la Conoscenza suprema)”.
Il dodicesimo śloka dice semplicemente:

Eṣa sarveṣu bhūteṣu gūdho’tmā na prakāśate |


dṛśyate tvagryayā buddhyā sūkṣmayā sūkṣmadarśibhiḥ ||
(Questo Atman, nascosto in tutti gli esseri, non risplende (si rivela) ma viene visto
dai conoscitori del sottile grazie al loro intelletto acuto e sottile)
– Kaṭhopaniṣad 1,3,12

Egli dice: “Questo Uno, Eṣa, questo Uno significa la Coscienza suprema,
sarveṣu bhūteṣu, in tutti gli esseri,
si nasconde: gūdho’tmā; gūdha significa che è segreto, si nasconde in un luogo
segreto. Perché viene chiamato segreto? Perché non è conosciuto, non è visto, non è
udito, non può essere toccato, gustato o odorato a causa della sua natura nascosta.

sarveṣu – tutti | bhūteṣu – negli esseri | gūdhaḥ - nascosto | eṣaḥ - Questo | ātmā –
ātman | na prakāśate – non risplende (si rivela) | tu – ma | dṛśyate – viene visto (realizzato)
| sūkṣmadarśibhiḥ - da chi vede il sottile | agryayā – affilato, ben direzionato |
sūkṣmayā – sottile | buddhyā – intelletto |

Perciò: na prakāśate, non è conosciuto poiché non può essere gustato, toccato,
odorato dal punto di vista degli indriya (sensi), si pensa che non esista.
Ma dṛśyate tvagryayā buddhyā: chi lo vede?
dṛśyate, chi riesce a vederlo? Chi lo vede nonostante si nasconda in un luogo
profondo? Non si può vedere con gli occhi. Qui ‘vedere’ significa … ricordate parā,

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paśyanti, madhyamā, vaikhāri? (i quattro livelli di comunicazione: la suprema
intuizione, la visione spirituale, la telepatia, la parola).
dṛśyate significa paśyanti (visione spirituale).
Nella vostra visione come potete visualizzarlo? agryayā buddhyā, colui la cui
buddhi è concentrata, unidirezionale, non dispersa, che corre dietro a troppe cose,
pensieri e desideri, non quel tipo di buddhi. Egli è dotato di una buddhi totalmente
concentrata sulla Coscienza.
sūkṣmayā sūkṣmadarśibhiḥ, poiché è così sottile che soltanto un
sūkṣmadarśibhiḥ, colui che ha una visione molto sottile può immaginarselo, può
trovarlo. Le persone ordinarie, con una mente che si perde in mille direzioni, non
possono trovarlo.
Ecco perché aveva detto: nāvirato duścaritāt nāśānto nāsamāhitaḥ|
nāśāntamānaso vāpi prajñānenainam āpnuyāt ||

Nāvirato duścaritānnāśānto nāsamāhitaḥ |


nāśāntamānaso vāpiprajñānenainamāpnuyāt ||

(Esso (il Sé) non può essere ottenuto tramite la conoscenza da chi non desiste dalla
cattiveria, da chi non è in pace (i cui sensi non sono sotto controllo) e la cui mente non è
concentrata e da chi non è pacifico) - Kaṭhopaniṣad 1,2,24

Queste persone non possono giungere a tale coscienza perché la loro buddhi non
è acuta, non è concentrata. Se il vostro coltello è ben affilato potete tagliare la mela in
un sol colpo ma se è spuntato che cosa farete? Continuerete a cercare di tagliarla?
Con un coltello spuntato non si riesce a tagliare nemmeno una mela. Perché? Perché
il coltello non è affilato. Come si fa ad avere una buddhi affilata, acuta? Nello stesso
modo in cui non si usa un coltello per tagliare
ogni sorta di cose.
Una volta un uomo si stava facendo la
barba ed esclamò: “Che cosa è successo alla
mia lametta da barba? Mi sono tagliato la
faccia, ci deve essere qualcosa che non va nella
mia lametta. Penso che sia diventata vecchia e
che debba cambiarla”.

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Intervenne la moglie dicendo: “No, la lametta
funziona benissimo, sei tu che non sai raderti”.
L’uomo rispose: “Mi rado da quarant’anni, non
è possibile che non sappia farlo. Sicuramente la
lametta non è più affilata”.
“No, la lametta è molto affilata. Poco fa ho
fatto la punta alle matite dei nostri figli ed era affilatissima”, replicò lei.
“Oh, questo è il motivo per cui la lametta non è più affilata per farsi la barba!”.
Questo è ciò che facciamo con la nostra buddhi. Ecco perché io dico di che se
usiamo la nostra intelligenza per le cose inferiori, āhāra, nidrā, bhaya, maithuna
(cibo, sonno, paura, procreazione) la renderemo spuntata. La buddhi non sarà più
affilata e sarà come usare la lametta da barba per fare la punta alle matite. Dopo di
ciò, la lametta non è più affilata.
Quindi, voi volete radervi con una lametta
affilata, senza riempirvi la faccia di tagli. La stessa
cosa avviene con la buddhi: se la buddhi è affilata,
acuta, sarete in grado di trovare il Brahman, in voi,
intorno a voi, in ogni cosa. Ma se avete usato la vostra
buddhi, che dovrebbe servire a radervi, per temperare
le matite (per cui serve un altro strumento, un
temperamatite. Perché dovremmo usare una lametta da barba per temperare le matite?
È uno spreco), e, allo stesso modo, avete sprecato la vostra intelligenza correndo
dietro ad āhāra, nidrā, bhaya, maithuna (cibo, sonno, paura, procreazione): “Che
cosa mangeremo, che cosa non mangeremo, la settimana scorsa abbiamo mangiato
solo quello, dove andiamo in vacanza, che divertimento, che film andare a vedere,
quale evitare, che amici incontrare, che lavoro intraprendere?”, la vostra buddhi sarà
impegnata soltanto in quello.
Quando vorrete veramente indagare sul Brahman, la buddhi non sarà più affilata
e perciò non Lo troverete mai. Esso continuerà a rimanere un segreto nascosto,
nonostante sia dentro di voi.
Perciò sūkṣmadarśibhiḥ, soltanto chi ha una visione sottile può vederlo.
Come? agryayā buddhyā: prima dovreste avere agryaya buddhi; agryaya
significa una buddhi affilata, ben direzionata, non un’intelligenza dispersa, che pensa
a troppe cose e poi vuole anche pensare al Brahman: questo non è possibile.

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Ecco perché yamevaiṣa vṛṇute, il Brahman diventa accessibile a colui che
vuole solo Lui e nient’altro che Lui. Perché? perché la sua buddhi è diventata
unidirezionale, concentrata sul Brahman e soltanto su quello, senza pensare a
nient’altro.

Nāyamātmā pravacanena labhyo na medhayā, na bahunā śrutena |


yamevaiṣa vṛṇute, tena labhyah tasyaiṣa ātmā vivṛṇute tanūṁ svām ||
(Questo ātman non può essere ottenuto tramite lo studio delle Scritture, né grazie
all’intelligenza né a molta conoscenza. Viene ottenuto da colui che lo sceglie escludendo
tutto il resto. L’ātman si rivela a tale persona) - Kaṭhopaniṣad 1,2,23

E poi cosa avviene?


sūkṣmaya sūkṣmadarśibhiḥ, continuando a farlo, si migliora continuamente,
perché ci si sposta da sthula, il grossolano a sūkṣma, il sottile.
Dai sensi (indriya) a indriyārtha (funzioni dei sensi), si va in manas (la mente)
poi in buddhi (intelletto) e nel jīvātman, poi nell’Hiraṇyagarbha, nell’Avyakta
Puruṣa e infine nel Puruṣa.
Significa che abbiamo bisogno di una visione più chiara, più acuta, come per
vedere qualcosa di lontano si ha bisogno di un telescopio o per vedere una cosa
minuscola si ha bisogno di un microscopio. Allo stesso modo per vedere il Brahman
c’è bisogno di una facoltà speciale di visione, la visione di un intelletto sottile,
affilato. Perciò sūkṣmadarśibhiḥ. È così che la vostra visione deve diventare più
accurata. Ma se guardate continuamente tutto il resto, quando avrete tempo di far
attenzione a queste cose che sono così sottili? Ecco perché questo addestramento a
‘Master the Mind’ (dominare la mente): ora capite perché vi è stato insegnato. Perché
vi porterà allo stadio in cui la vostra mente sarà riordinata, non sarà distratta e agitata
da tante cose. Oltre a Quello, la buddhi non dovrà analizzare troppe cose.
Quando la mente è agitata? Quando non si riesce a prendere una decisione:
“Devo scegliere questo o quello? Devo mangiare questo o quello?”. La mente, in quel
caso è cañcala (agitata) ma quando la buddhi decide: “Mangia questo, lascia perdere
quello”, la mente è in pace. Perciò la buddhi è il motivo per cui la mente è agitata e la
mente è il motivo per cui la buddhi è dispersa in mille direzioni.

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Lo studente sta male perché dice: “L’insegnante è fatto così”, mentre
l’insegnante dice: “I miei studenti sono fatti così”. Che cosa si può fare? Allo stesso
modo la mente continua ad afferrare cose dai sensi: bello da vedere, bello da
ascoltare, gustare, odorare, toccare e continua a dire alla buddhi: “Mangiamo questo?
Andiamo lì? Compriamo questo?”, e la buddhi deve prendere delle decisioni: “La
settimana scorsa abbiamo mangiato solo quello, il mese scorso siamo andati là,
l’anno scorso siamo andati a fare quella vacanza”. La buddhi, in questo modo è
sempre occupata. Perciò la mente e la buddhi sono collegate l’una all’altra: la buddhi
non è affilata e la mente non è sottile e non succede nulla.
Ecco perché per prima cosa bisogna ritirarsi dai sensi e dalle facoltà dei sensi. In
quel modo la vostra mente avrà minori opzioni e la buddhi avrà meno compiti non
necessari da svolgere. In quel modo la buddhi sarà più acuta, chiara perché non viene
usata per nient’altro, come la lametta viene usata solo per radersi.
In questo modo potrete usare l’intelletto correttamente per trovare la sottile
verità del Brahman che si nasconde dentro di voi. Altrimenti continuerete a procedere
in tondo, pariyanti mūdhāḥ.

Avidyāyāmantare vartamānāḥ, svayaṁ dhīrāḥ paṇḍitam manyamānāḥ |


dandramyamāṇāḥ pariyanti mūdhāḥ andhenaiva nīyamānā yathāndhāḥ ||

(Gli sciocchi che dimorano nell’ignoranza, ma vanamente immaginano di essere


saggi e sapienti, continuano a procedere in cerchio e barcollanti come ciechi
guidati da ciechi.) - Kaṭhopaniṣad 1.2.5

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