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- Quello delle tecnologie, utilizzate per raggiungere scopi definiti da utenti che sono privati
cittadini/consumatori ma anche politici, giornalisti, strutture editoriali dei legacy media, brand e
organizzazioni pubblicitarie;
- Quello delle relazioni sociali, cioè gli spazi in cui gli utenti connessi partecipano alla
costruzione di dinamiche comunicative e di consumo pubbliche e private;
- Quello delle organizzazioni di tipo commerciale, che producono introiti dalla pubblicità e
dalla mercificazione dei dati degli utenti.
Dinanzi a un processo di “piattaformizzazione”, ciò a cui abbiamo assistito è, da un lato, l’ascesa
della piattaforma come infrastruttura e modello economico dominante del web, e dall’altro, la
convergenza con i social media, in quanto piattaforme, nella costruzione di un ecosistema sempre
più integrato. Per consentire questo processo le tech company hanno operato su dinamiche
relative alla decentralizzazione nella produzione dei dati e ri-centralizzazione della raccolta dei
dati stessi, puntando a:
- I dati;
- Gli algortimi;
- Le interfacce;
- Lo status proprietario;
4)Quali sono i tre processi che stanno alla base del funzionamento delle piattaforme e che
specificano il loro impatto e identità nella società, costituendone la grammatica di
funzionamento.
Sono la datificazione, la mercificazione e la selezione.
Per datificazione si intende la capacità delle piattaforme di tradurre in dati caratteristiche e
aspetti della realtà che non erano precedentemente quantificabili.
Il meccanismo di mercificazione riguarda la capacità di trasformare contenuti ed emozioni in
merci che possono essere scambiate all’interno e all’esterno delle piattaforme. Queste merci
possono essere valorizzate non solo attraverso il denaro, ma attraverso altre valute come
l’attenzione o i dati. I meccanismi di mercificazione possono produrre sia empowerment che
disempowerment degli utenti.
I processi di selezione indirizzano gli utenti verso specifici contenuti e oggetti secondo un
principio in cui le piattaforme sostituiscono il processo di selezione guidato dalla logica
dell’esperto con un processo di selezione datadriven, alimentato dal flusso di informazioni che
origina dagli utenti. Dalla prospettiva degli utenti tale passaggio appare spesso come più
democratico rispetto a quello expert-driven, ma, nella sua apparente trasparenza, i processi di
selezione delle piattaforme sono invece composti da numerose strategie tecno-commerciali di
black-boxing, presiedute da algoritmi o da processi di influenza sociale guidata dalle dinamiche
reputazionali che si generano all’interno dell’ecosistema.
5)Piattaformizzazione dell’informazione
Le sfide e le difficoltà che Facebook ha dovuto affrontare mettono in risalto due sviluppi
strettamente correlati. Da un lato, le piattaformeinfrastruttura si stanno impegnando al massimo
per diventare nodi centrali nella produzione, circolazione e mercificazione delle notizie,
sviluppando nuovi servizi dati e disegnando funzionalità specifiche per le notizie. Allo stesso
tempo, le piattaforme faticano a svolgere le proprie funzioni e responsabilità editoriali nella sfera
dell’informazione, perché mancano delle competenze giornalistiche necessarie e forse
dell’interesse
verso i principi del giornalismo professionistico per ricoprire adeguatamente questo ruolo.
Come nota Nicholas Carr il giornale in quanto prodotto si presenta come un formato che aggrega
notizie e pubblicità. Sebbene il formato si nato per una necessità economica, l’insieme aggregato
è ciò per cui le persone pagano un abbonamento e che gli inserzionisti contribuiscono a
finanziare, per catturare l’attenzione dei lettori quando sfogliano le pagine. Un passo importante in
direzione della disgregazione di questa originaria configurazione è stato lo sviluppo dei siti di
piccoli annunci. Gli annunci avevano rappresentato per molto tempo un’importante fonte di
guadagno per l’industria dei quotidiani, pertanto la nascita di questi siti ha comportato
l’indebolimento di uno dei modelli di business principali del settore. Carr nota ance che i motori di
ricerca disaggregano anche la relazione tra contenuti informativi e audience, permettendo agli
utenti di cercare e accedere direttamente ai singoli articoli e ai video, aggirando completamente la
“prima pagina”. Se da un lato questo traffico proveniente dai motori di ricerca genera attraverso la
pubblicità nuove opportunità di guadagno per le testate, dall’altro cambia anche il modo in cui gli
editori distribuiscono e sfruttano economicamente il contenuto.
Il processo di disaggregazione è stato ulteriormente alimentato dallo sviluppo di un’ampia varietà
di aggregatori di notizie, che raccolgono contenuti da diverse fonti, come testate online, blog,
podcast e videoblog. Il valore aggiunto di questi servizi web sta nel fatto che operano per
riaggregare il contenuto in un unico posto. L’azione di riaggregazione fa in modo che sia
l’aggregatore il primo gateway per accedere alle notizie. Di conseguenza, il controllo sulla
selezione delle notizie sta ulteriormente passando dalle singole testate alle piattaforme.
Poiché la relazione tra contenuti informativi, pubblico e pubblicità è prima disaggregata e
successivamente riaggregata attraverso le piattaforme, le singole testate stanno perdendo sempre
più il controllo sul modo in cui le notizie sono distribuite, curate e remunerate. Il successivo
passaggio di questo sviluppo sembra essere la funzione di host delle piattaforme rispetto ai
contenuti di informazione. Piuttosto che cercare di spostare le audience verso i siti proprietari, le
testate trasferiscono i propri contenuti sulle piattaforme dove possono essere consumati,
acquistati e connessi alle inserzioni pubblicitarie.
6) Audience quantificate
È solo con lo sviluppo dell’infrastruttura di rete che l’idea di un’audience totalmente quantificabile è
divenuta una realtà. In considerazione della disaggregazione della sequenza contenuti-audience-
pubblicità, diviene essenziale per le testate poter tracciare la circolazione online di ogni singolo
contenuto.
Se si assume la prospettiva del valore pubblico questa evoluzione è particolarmente interessante
perché un processo di produzione e distribuzione delle notizie totalmente drive-driven entra in
conflitto con il principio dell’indipendenza del giornalismo e con una copertura esaustiva delle
notizie, esercitando una pressione commerciale aggiuntiva sui giornalisti affinchè producano
contenuti che sollecitino l’engagement degli utenti. Inoltre, l’integrazione dei dati derivanti dalle
piattaforme nella gestione del lavoro giornalistico crea effettivamente una dipendenza strutturale
poiché le infrastrutture dati delle piattaforme Big Five ridisegnano gli obiettivi del decision making
editoriale.
Negli ultimi anni i servizi di audienece measurement sono stati integrati da nuovi tools che mirano
a supportare specificatamente il decison making editoriale. Questi strumenti estraggono dati dalle
diverse piattaforme online per fornire alle testate informazioni dettagliate sulle modalità con cui gli
utenti sono engaged e condividono i loro contenuti nell’ecosistema delle piattaforme. Attraverso la
dashboard i redattori, guidati dalle metriche sulle audience in tempo reale, possono testate titoli e
formati dei nuovi item proposti e possono anche adattare la struttura della landing page.
La datificazione della piattaforma implica anche che gli standard tecnologici e i modelli economici
delle piattaforme rimodellino i valori professionali e le attività di settore. Quindi un sistema di
produzione e distribuzione delle notizie totalmente data-driven potrebbe produrre un processo
guidato non dai giornalisti o dagli utenti ma rispondente a dinamiche di piattaforma.
7)Produzione e distribuzione delle notizie data-driven
L’Huffington Post e BuzzFeed hanno iniziato la loro attività come aggregatori di notizie nei primi
anni 2000 ma, con il passare del tempo, hanno iniziato a produrre sempre più contenuti originali
trasformandosi con questo processo in grandi media company.
Sin dall’inizio l’Huffington Post è stato concepito e posizionato come un sito d’informazione
mainstream, BuzzFeed, al contrario, ha cominciato l’attività come un esperimento basato sulla
viralità. Anche se Huffington Post e BuzzFeed hanno entrambi organizzato le loro modalità
operative attorno ai meccanismi di datificazione, ciascuna testata ha sviluppato un approccio
differente per decidere cos’è un contenuto rilevante. HuffPost è diventato un sito d’informazione a
carattere generale, BuzzFeed che si focalizza prioritariamente sui dati dei social media, offre
invece contenuto che può essere condiviso.
8)La datificazione delle testate tradizionali
Le testate giornalistiche tradizionali non stanno adottando gli stessi modelli di produzione e
distribuzione dei data-driven. Intrappolati tra la carta stampata e l’online, i quotidiani hanno
continuato ad aggrapparsi a molte delle loro tradizionali routine, norme e valori, mentre provano
gradualmente ad adeguarsi all’ecosistema delle piattaforme.
Sebbene i dati delle piattaforme non dettino ancora del tutto il decision making editoriale, le
metriche degli utenti stanno entrando sempre più a far parte delle routine giornalistiche quotidiane.
Mentre i meccanismi di datificazione mettono chiaramente sotto pressione il valore
dell’indipendenza giornalistica nelle testate tradizionali, questo valore rimane tuttavia
profondamente radicato nella cultura redazionale di queste organizzazioni, in parte anche perché
una fetta importante dei loro pubblici è ancora offline, e dunque un modello di produzione e
distribuzione delle notizie completamente data-driven non può essere realizzato.
L’interrogativo aperto riguarda cosa comporti la datificazione per il tipo di contenuto prodotto e
distribuito dai giornali e per il loro ruolo nella vita politica democratica. La dinamica del processo
datificato di produzione delle notizie non dipende tanto dal lavoro delle singole testate quanto
dall’interazione tra testate, piattaforme, servizi dati e network di pubblicità che popolano il
panorama informativo contemporaneo.
GIORNALISMO IBRIDO
- Il primo è costituito dalla nascita delle redazioni online, per lo studio delle quali erano
utilizzate inizialmente le stesse prospettive e gli stessi metodi applicati agli studi relativi alla
carta stampata;
- Un secondo oggetto di ricerca è stato il lettore nella sua veste di partecipante alla
produzione e alla distribuzione di contenuti informativi;
- Un terzo oggetto di ricerca è identificabile nelle forme di giornalismo orientate
quantitativamente. Questa è una fase che riguarda l’utilizzo di dati e di algoritmi per
selezionare, produrre e distribuire informazione. Rimanda inoltre a un altro orientamento,
che riguarda la pervasività dei dati in termini di indicizzazione e delle conseguenti pratiche
di search engine optimization, ossia le strategie di produzione attivate dalle redazioni per
raggiungere una maggiore visibilità attraverso i motori di ricerca.
2)Il giornalismo digitale: dove sono i taccuini?
Singer sosteneva che la sfida fondamentale che i giornalisti online pongono per i giornalisti
tradizionali non è rispetto ai soldi né alla stabilità del lavoro, ma che riguarda invece la
professione.
Gilbert analizzando i motivi per i quali i media esistenti sono aperti anche alla produzione di
informazione tramite rete, include la percezione di una minaccia che stava arrivando dall’esterno,
dovuta ai newcomers che avrebbero occupato il campo.
Se un giornalista non riesce a convincere il proprio direttore e i propri lettori che quello che ha fatto
è giornalismo, significa allora che è andato oltre i confini della cultura professionale. In relazione
alla partecipazione dei lettori o alla produzione di contenuti informativi da parte dei blogger è più
pressante la domanda relativa a chi sia il giornalista, nel confronto tra giornalismo tradizionale e
digitale la discussione sembra ancora più incentrata su cosa sia il giornalismo.
- La base include le numerose iniziative portate avanti da persone che agiscono in modo
autonomo o sono organizzate in ristretti team con la finalità di produrre informazione su
contesti iperlocali o altamente specialistici;
- Il livello intermedio ha a che fare con un tipo di citizen journalism più complesso in termini di
strutture organizzative e processi di produzione;
- Al terzo e ultimo livello di questa piramide ci sono invece quelli che possono essere definiti
come veri e propri progetti di giornalismo partecipativo.
Domingo sosteneva che nel momento in cui i giornalisti cominciavano ad accorgersi della facilità
attraverso cui si poteva sollecitare e attivare la partecipazione dei media users, proprio il fatto che
tale partecipazione fosse così estranea rispetto ai principi della cultura giornalistica tradizionale
aveva come conseguenza il rifiuto da parte dei giornalisti di esplorarla e utilizzarla a fini
giornalistici. Qualche anno dopo, Graham e Wright hanno dimostrato invece come i commenti
online influenzino i giornalisti, sia in termini di raccolta di nuove fonti sia per quello che riguarda
l’arricchimento dei punti di vista.
Negli ultimi anni si sono irrobustite le posizioni di coloro che sostengono il frame dello pseudo-
power, quello che interpreta i livelli di interazione come conseguenza di una strategia di
rafforzamento del brando da parte delle organizzazioni dei media. I giornalisti non solo possono
utilizzare l’apporto del lettore come fonte, ma possono anche intercettare le reazioni di chi
consuma informazioni o riuscire a fiutare quello che è considerato di interesse pubblico.
Un gruppo di ricercatori sostengono come la tendenza al commento, o a quella che definiscono
come obiettività stenografa, dipenda dal contesto: in accordo alla situazione in cui sono coinvolti, i
giornalisti non solo utilizzano nuove strategie per produrre informazione, ma mettono in gioco la
loro reputazione e il loro posizionamento nel campo.
- Il primo gruppo individuato è quello che ha a che fare con le differenze fra giornalismo
tradizionale e giornalismo digitale;
- Il secondo racchiude discorsi che parlano di transizioni già avvenute e che viene definito già
come ibridazione di diverse logiche professionali e organizzative;
- Il terzo è legato al dialogo continuo che la rete permette con i propri lettori;
- Gli ultimi due gruppi in particolare hanno a che fare rispettivamente con il ruolo della
tecnologia e con il prodotto inteso come incidenza delle attività del SEO.
Il giornalismo italiano è stato al riparo dalla stringente necessità di difendere i propri confini dalle
invasioni giunte nelle variegate forme del citizen journalism proprio perché difeso dai confini legali.
Per diverse ragioni, la necessità di distinguere il giornalismo tradizionale da quello digitale si è
protratta sicuramente di più rispetto a quanto è accaduto altrove.
10)Giornalismo ibrido: il cambiamento della logica professionale
Chadwick si sforza di superare le rigide dicotomie che contraddistinguono i contemporanei studi
sulla comunicazione, dicotomie che non supera del tutto. L’accento è posto sulla compresenza e
l’interconnessione tra le vecchie e le nuove forme di comunicazione. Quello che Chadwick
respinge è appunto che una sostituisca l’altra. Egli parte da una discussione della logica dei media
e dalla critica della tesi che questa logica sia la cifra per interpretare molte pratiche che
avvengono anche al di là dell’ambito di produzione dei contenuti dei media. Anche la logica dei
media infatti si mischia a sua volta, si ibridizza, cambia. Per quanto il concetto stesso di media
logica sia ambiguo e difficile da afferrare con chiarezza è indubbio che il giornalismo, come altre
professioni, sia contraddistinto almeno analiticamente da una logica precipua che lo definisce e
che a sua volta è da esso definita.
Il riferimento non è solo al processo di gatekeeping, alla selezione delle occorrenze rilevanti e
adatte ad essere trasformate in notizia, ma anche a tutte le analisi sulla conformità dei giornalisti
nei confronti delle linee editoriali, all’uso strategico dell’obiettività e infine a tutte le etnografie degli
anni 70/80 che hanno messo in evidenza la natura organizzativa, burocratica e professione della
news manufacture.
In questo processo di ibridazione non devono però essere considerati solo aspetti professionali e
organizzativi, perché la fluidità di questo processo si insinua su diversi livelli. Ha anche a che fare,
per esempio, con il mischiarsi del tempo libero con quello di lavoro, della vita privata con quella
professionale, come nel caso della gestione degli account di social media.
L’intreccio di logiche professionali, di rinnovati assetti organizzativi, di fluida interazione tra
ambienti prima separati, influenza inevitabilmente il modo in cui i giornalisti concepiscono la loro
autorevolezza e il loro essere legittimi depositari della conoscenza sugli eventi rilevanti da
trasmettere ai diversi pubblici.
11)Gli accessi e i limiti del giornalismo partecipativo
L’interazione tra giornalisti e lettori implica una variegata serie di attività. Il discorso sul citizen
journalism è poco ricorrente tra i giornalisti italiani e quello sulla produzione di informazione
attraverso i blog si mostra già superato o totalmente interiorizzato. L’apporto che i lettori danno
alla produzione di contenuti distribuiti attraverso la rete è stato considerato in modi differenti: come
in grado di creare una nuova cultura partecipativa o come semplice reazione amatoriale a un
contenuto originale e professionale, o addirittura come una forma di sfruttamento.
A livello istituzionale, l’Ordine dei giornalisti ha compiuto un passo importante introducendo due
riferimenti ai social media nel Testo unico dei doveri del giornalista. Il primo stabilisce che i principi
deontologici sono validi nell’uso di tutti gli strumenti di comunicazione, compresi i social network; il
secondo riguarda il rapporto con le fonti che vanno sempre citate anche quando si usano materiali
delle agenzie, di altri mezzi di informazione o appunto dei social network. Per fare un esempio le
forme di personalizzazione della homepage, per quanto raramente riscontrate, oppure la scelta di
introdurre un flusso continuo di tweet nella prima pagina sono casi in cui i giornalisti demandano al
lettore l’autorialità sul contenuto prodotto.
Il confronto non è solo con il lettore. In questi casi è la costruzione stessa dell’informazione ad
essere collettiva. Come sostengono Domingo e Le Cam altri attori sociali al di fuori delle
organizzazioni giornalistiche istituzionalizzate sono altrettanto partecipi nella co-costruzione delle
notizie. Suggeriscono dunque di includere nel processo di produzione di informazione chiunque
condivida pubblicamente discorsi di interesse pubblico.
12)La tecnologia reinterpretata
Il mutamento tecnologico è un altro aspetto in cui si attiva il boundary-work, dove il cambiamento
dell’equipaggiamento tecnologico chiama in causa la raccolta, la composizione e la distribuzione
dell’informazione. Ipotetici cambi di era o di paradigma si risolvono in quella che Chadwick
definirebbe ibridazione diluita, intesa come l’adozione della tecnologia con valori e pratiche che
riecheggiano quelle passate.
È inevitabile il riferimento alla teoria dell’articolazione che pone l’accento sulla forza produttiva dei
discorsi, anche e soprattutto, quando si tratta di tecnologia. La tecnologia va dunque intesa come
un significato fissato socialmente e temporalmente e che come tale si adatta ai diversi contesti in
cui è inserita.
13)L’ubiquità dell’algoritmo
La tecnologia ovviamente non comprende solo gli oggetti legati alla quotidianità del lavoro, ma
anche l’attore sociale che c’è dietro. I giornalisti si riferiscono alle aziende
produttrici di tecnologia come attori immanenti che modificano sovente i meccanismi e il
funzionamento dei prodotti che mettono a disposizione. Il riferimento è soprattutto all’algoritmo che
sta dietro l’indicizzazione, come alla scelta dei post che un social media mostra ai suoi utenti.
Anche nelle redazioni italiane che producono informazione per un sito
l’indicizzazione è diventata un obbligo che ha implicazioni sia a livello discorsivo sia a livello
pratico.
Nel momento in cui ci occupiamo di indicizzazione e dell’influenza degli algoritmi che presiedono a
questo processo, comprendiamo di certo attori sociali e pratiche di lavoro, ma anche attanti
tecnologici e differenti tipi di audience.
Uno degli aspetti più dibattuti è il rapporto tra l’indicizzazione e selezione delle notizie. Secondo
Tandoc il monitoraggio dei risultati ottenuti dal sito e le pratiche attivate per migliorarli hanno
implicazioni su tutti i livelli di selezione delle notizie: sull’accesso delle occorrenze, la loro
selezione, il modo di scriverle, di distribuirle e infine di interpretarle.
14)Professionalità e notizia
Come nota Willig, i criteri di notiziabilità che accompagnano le scelte nel processo di gatekeeping
sono un esempio di doxa giornalistica, di quei criteri condivisi che trasformano un’occorrenza in
notizia. Se cambiano i confini nel campo, se cambia la percezione di ciò che è professionale nel
giornalismo, può mutare anche l’universo dei taciti presupposti.
Riprendendo gli esiti introdotti da Gieryn e Carlson, l’impressione è che si delinei la prospettiva
dell’espansione, dell’accoglienza nel campo di attori, pratiche e concezioni della professione che
prima non ne facevano parte e che ora assumono posizioni e interessano una fitta rete di relazioni
determinanti per la struttura del campo stesso.
Se saper scrivere un chiaro titolo di cronaca o un pezzo di contestualizzazione delle questioni
politiche rappresentava la base di partenza per chi ambiva a entrare in relazione prima della
rivoluzione digitale, oggi può essere utile tradurre la notizia in un post accattivante, essere in
grado di scrivere titoli, corredare l’articolo di link, scegliere le giuste parole chiave per migliorare
l’indicizzazione nei motori di ricerca.
Se il giornalismo italiano è stato sempre rappresentato per la sua vicinanza al potere politico,
l’importanza delle partiche del SEO fa capire che le pressioni economiche e il marketing appaiono
invece altrettanto determinanti.
1. I giornalisti hanno a disposizione modelli diversi e ben identificati per avvicinarsi alla
professione in termini di valori professionali e approcci epistemologici;
2. I giornalisti possono adottare fluidamente quei modelli a seconda delle circostanze e delle
condizioni di lavoro;
5. Non esiste più un’ideologia professionale dominante. In altri termini, i giornalisti italiani
condividono molti taciti presupposti, ma spesso motivano il loro lavoro attraverso una
diversa illusio, ossia hanno ragioni differenti per impegnarsi nella produzione
dell’informazione.
La legittimazione della professione giornalistica italiana potrebbe risiedere proprio nella possibilità
di esercitarla con orientamenti professionali differenti e in conflitto. Invece, la difficoltà di
rivendicare e di vedere riconosciuta, la competenza professionale sta proprio nella settorialità
delle rivendicazioni e nell’apparente inconciliabilità dei diversi orientamenti.
Come dice Abbott una definizione seppur ampia di professionalizzazione necessita anche di un
livello di deferenza sociale. Insomma, al di là della coerenza o incoerenza, compattezza o
disgregazione delle valutazioni interne al campo, rimangono questioni legate ai modi in cui la
società stessa accoglie quelle rivendicazioni.
Il giornalismo italiano ha dichiarato (talvolta fieramente, talaltra in maniera riluttante) la sua
vicinanza a poteri politici ed economici, altre volte se ne è manifestamente allontanato o ha fatto
una bandiera della sua indipendenza.
Se nel secolo scorso la perdita di legittimità e di credibilità nei confronti del pubblico era dovuta
alla vicinanza del giornalismo al potere, è probabile che adesso la stessa cosa dipenda proprio da
quella varietà di stili e valori che il giornalismo italiano esprime. Insomma, se all’interno degli studi
del giornalismo ci si interroga se ha ancora senso legittimare il ruolo del giornalismo rispetto alla
democrazia e non bisogna invece trovare altre spiegazioni, è giusto che tali domande se le ponga
anche il lettore, senza darsi risposte adeguate e magari protestando per l’ennesima fotogallery
inframezzata da pubblicità.
È chiaro che il giornalismo italiano non può fare altro che riflettersi nei modi in cui la società
italiana sta cambiando: ciò che questa ritiene accettabile e rilevante si trasforma in stili di
produzione delle news.
Il giornalismo è un prodotto culturale estremamente complesso, soprattutto nella nostra
contemporaneità. Per informarsi in modo adeguato, oggi è spesso necessario impiegare tempo: è
lecito quindi che il pubblico possa avere delle pretese, è giusto che pretenda precisione, onestà,
accuratezza, trasparenza, ma l’uso di scorciatoie risulta generalmente fastidioso. Il suggerimento
per il lettore è di saper cogliere quello che di buono già c’è: quindi ricchezza di informazioni, punti
di vista, orientamenti, stili. Basta prendersi cura dell’offerta, spendere un po’ di tempo, fatica,
eventualmente anche denaro, per capire di chi potersi fidare.
• Ricorrenza: partendo dal formato della comunicazione giornalistica, gli individui possono
recepire la rilevanza di un argomento (visto che, non avendo molto spazio/tempo, si decide di
parlare di quel fatto) dalla ricorrenza con cui esso viene trattato. Spesso vincolo e risorsa è il
formato che viene usato.
• È non localizzata, poiché non necessita più esclusivamente dello spazio fisico;
• È non dialogica, poiché, non essendo più necessaria la compresenza, spesso si instaura un
dialogo indiretto fra gli attori attribuibile alla percezione che gli uni si fanno degli altri
• È aperta, poiché i contenuti possono modificarsi e reinterpretarsi senza il controllo dei produttori;
Importante diventa il concetto di appropriazione perché il processo di acquisizione delle
informazioni è attivo e dipende anche dal contesto storico-sociale.
Con la sfera pubblica moderna si è superata la concezione razionalistica della sfera pubblica,
teorizzata da Habermas.
I due aspetti fondamentali di questo approccio erano: la concezione pedagogica delle relazioni
sociali e la visione trasmissiva dell’atto comunicativo, inteso come vettore unidirezionale.
Storia della sfera pubblica= La grande varietà di materiale stampato che circolava fin dal
Cinquecento è il primo segno di sfera pubblica. Da allora la stampa ha avuto per tanto tempo un
ruolo egemone nella costruzione del pensiero. La stampa quotidiana ha trasformato la sfera
pubblica da temporanea a permanente (Schudson), dal momento che grazie alla sua ciclicità i
cittadini potevano seguire le vicende politiche. Già nel Cinquecento sono stati visti i prodromi della
comunicazione a due stadi (two-step flow communication), concetto con il quale si descrive il
meccanismo secondo il quale un numero ristretto di cittadini più colti narrano e veicolano ai
cittadini meno colti le informazioni, con l’influenza che ne consegue.
35) Dalla trasmissione alla condivisione
Il giornalismo è un’istituzione, intesa come spazio sociale organizzato in cui si addensano
pratiche di sense-making (De Leonardis).
I media sono una nuova piazza che risponde all’ambivalente esigenza di individualizzazione e di
condivisione dei cittadini.
Nello studio dei media è stato evidenziato un importante cambio di paradigma, da quello
trasmissivo a quello della condivisione. Il primo considera soprattutto la posizione dell’emittente,
che colpisce i destinatari attraverso
strategie persuasive. Secondo il paradigma della trasmissione la comunicazione è «un processo di
trasmissione di messaggi a distanza a fine di controllo. L’esempio archetipico è quindi la
persuasione» (Carey, 1988). Il secondo, detto anche paradigma rituale, si basa sulla capacità di
creare sintonia comunicativa fra emittente e ricevente. Per il paradigma della condivisione «la
comunicazione è un processo simbolico grazie al quale la realtà viene costruita, conservata,
restaurata e trasformata» (Carey).
Nel mondo moderno viene meno quello che Habermas definiva come rapporto tra centro (dove si
prendono le decisioni) e periferia, che cerca di influenzarlo, dal momento che i media, essendo
luogo d’interconnessione, modificano questa gerarchia.
36) L’accelerazione dell’immagine
Il più ricco patrimonio simbolico offerto dai media contribuisce «a rompere il legame tra posizione
fisica e “posizione” sociale» (Meyrowitz).
Hannerz ripartisce le dimensioni della cultura in:
• Il modello liberale, prevalente nella cultura americana, dove una precoce affermazione della
stampa commerciale a circolazione di massa ha fortemente ridefinito forme e missioni del
giornalismo, nonché il confronto con gli altri poteri.
Il tema dell’obiettività del giornalismo è un tema molto dibattuto perché spesso molti giornali e
giornalisti si sono nascosti dietro questo schermo quando in realtà, come abbiamo detto, essi non
si limitano ai fatti ma li delimitano, per cui hanno sempre responsabilità per ciò che dicono. Da una
parte aumentano le risorse economiche destinate ai media, dall’altra parte c’è bisogno di sempre
più denaro e competenze per competere nel settore, visto che la concorrenza cresce sempre di
più.
39) L’articolazione del campo giornalistico
Per Grossi i media attivano tre specifiche competenze specifiche nel processo di costruzione e
attivazione delle dinamiche d’opinione: 1) attirano l’attenzione su determinati temi e eventi 2)
interpretano climi e umori dell’opinione pubblica 3) modificano la realtà attraverso un processo di
ricostruzione e mediazione simbolica.
Nell’era moderna è avvenuta quella che è stata definita evoluzione delle fonti informative, per cui,
se una volta i giornalisti dovevano “battere la strada” per trovare le notizie, oggi la loro funzione
principale è quella di gatekeeping, di selezione delle notizie. Nascono perciò gli spin doctor, cioè
coloro che “massaggiano il messaggio”, che, facente parte delle agenzie stampa, impacchettano
la notizia per i giornalisti. La funzione dei giornalisti è selezionare le notizie che ritengono più
rilevanti, e decidere in che cornice interpretativa inserirli (quindi, per esempio, la criminalità può
essere vista come un problema economico, socio-culturale o d’ordine pubblico).
Visto il grande spazio sociale che il giornalismo deve rappresentare, diventa inevitabile la finitezza
dello sguardo giornalistico che deve, per forza di cose, raccontare solo una parte della realtà.
Secondo Eisenstein la moltiplicazione dei media è stata forse la più grande trasformazione non
avvertita dell’umanità. Questa moltiplicazione ha avuto effetti sul giornalismo. In primis sui giornali,
che si sono dovuti adattare ai nuovi media puntando molto di più sulla tematizzazione, cioè
sull’argomentazione e approfondimento dei fatti più che sulla presentazione delle notizie.
Anche la stessa televisione ha visto crescere, oltre ai tg, quei programmi di approfondimento che
hanno formule narrative spesso diverse tra loro. Per quanto riguarda i generi giornalistici, sempre
più negli ultimi anni è avvenuta l’ibridazione tra formule espressive tra di loro molto differenti; è
questo il caso dell’infotainment, dalla fusione tra information e entertainment, oppure del
docudrama, nel quale l’approccio realistico del documentario è innervato delle tecniche narrative
della fiction.
Negli ultimi anni questa tendenza alla contaminazione ha trovato la sua esaltazione nella reality
television, dove si assottigliano tanti confini, tra cui quelli tra fiction e realtà. Ovviamente anche i
modi in cui vengono ricevuti i messaggi cambiano e si ampliano fortemente.
40) Verso il dispositivo comunicativo
Per descrivere il campo giornalistico si può pensare alla metafora della rete da pesca, la quale
deve essere usata in uno spazio che sia il più delimitato possibile; così deve fare il giornalismo.
Pierre Lévy prima, con il suo La macchina universo e Manuel Castells (Età dell’informazione) poi,
hanno visto, però, nelle innovazioni tecnologiche (soprattutto per l’approdo al digitale) la fine del
concetto di campo bourdiano. I nuovi media costruiscono delle comunità (che Lévy chiama
collettivi), è evidente quindi che in campo giornalistico non hanno più esclusiva influenza gli attori
della comunicazione, ma anche le tecniche e tutto ciò che influisce l’azione umana. Considerato il
limite descrittivo di non comprendere la tecnologia, il concetto di campo può essere allora
sostituito da quello di ecosistema
comunicativo, che riprende ciò che in biologia si intende per ecosistema, cioè “unità ecologica
fondamentale composta dagli organismi viventi di una determinata area e dall’ambiente fisico”.
Così il giornalismo si iscriverebbe all’interno dell’ecosistema comunicativo. Il limite di questa
definizione è quello di essere troppo legata alla dimensione naturalistica, non tenendo conto di
quella che è l’azione dell’uomo all’interno dei processi comunicativi.
Si può allora guardare al concetto inserito da Foucalt di dispositivo comunicativo. Un dispositivo è
in sé stesso una rete che si stabilisce tra tutti gli elementi che costituiscono un luogo predefinito;
nel nostro caso il giornalismo.
41) Le trasformazioni dei modelli giornalistici: il caso italiano.
In Italia la tardiva alfabetizzazione di massa e il lento sviluppo del mercato pubblicitario hanno
bandito ogni possibilità di diffusione della stampa popolare a distribuzione di massa. Perciò in
Italia non si è avuta la normale distinzione tra stampa popolare e stampa di qualità.
Ne è conseguito un modello unico elitario dal quale si è costruito un giornalismo ibrido
(Bechelloni), in cui notizie “popolari” e giornalismo culturale vengono fondendosi.
A proposito di giornalismo culturale, è un fenomeno tutto italiano quello della terza pagina,
normalmente dedicata alla cultura. Visto che la maggior parte dei quotidiani nati nel periodo
dell’Unità d’Italia sono ancora attivi, è databile con quegli anni la nascita del giornalismo moderno
italiano.
42) La nascita del giornalismo moderno in Italia
La proliferazione di testate che avvenne in Italia negli anni del Risorgimento fu perlopiù opera di
notabili che volevano acquisire seguito a livello locale.
L’analfabetizzazione era ancora molto alta, il che riduceva drasticamente i potenziali lettori. Con
l’Unità d’Italia e il progressivo sviluppo economico crebbe l’alfabetizzazione, e i giornali
aumentarono così il numero di pagine, con i conseguenti mutamenti anche nei contenuti, oltre a
dotarsi di macchinari più efficienti. Nacque la figura del cronista, che aveva un linguaggio più
scarno e semplice rispetto ai giornalisti classici.
La modernità fu un processo che in Italia si svolse lentamente e soprattutto dal punto di vista
industriale, più che culturale. Così il giornalismo veniva visto esclusivamente con funzione
pedagogica, senza peraltro avere possibilità di staccarsi dal mondo della politica.
Non si sviluppò con la funzione di watchdog, come invece accadde in molti paesi europei, bensì
con la funzione di “forgiare” gli individui.
• Un criterio politico-ideologico: per cui si predilige la testata che ha una visione politica e/o
partitica vicina a quella del destinatario.
Tra gli anni ’70 e gli anni ’80 ci sono tre eventi nel mondo dei media italiani che cambiano
radicalmente il panorama dei patti fiduciari tra testate e individui:
1. La nascita del quotidiano “La Repubblica” Nel 1976 Eugenio Scalfari, fondatore del
quotidiano, individua una classe sociale che, a suo avviso, non è rappresentata nel panorama
mediale italiano, quella dei post-sessantottini, che racconti le esperienze dei movimenti
studenteschi, femministi e sindacali; l’idea che però ha reso La Repubblica così popolare è stata
l’intuizione che ebbe il suo fondatore. Egli, infatti, pensò il quotidiano come un “secondo organo di
informazione”, come giornale acquistato oltre a quello di dimensione più locale. Avendo questo
indirizzo, il quotidiano si rivolgeva più verso gli approfondimenti che verso le notizie. La
Repubblica diventa così un secondo quotidiano, ma non rispetto al giornale locale, come era stato
pensato, bensì rispetto ai nuovi mezzi d’informazione (tv e nuovi media) che la modernizzazione
ha portato con sé. Ciò ha conferito al quotidiano di Scalfari un vantaggio posizionale che è stato
mantenuto a lungo;
3. Le testate provinciali L’alto costo che stampare quotidiani aveva sempre avuto limitava la
produzione giornalistica locale. Ma con l’avvento delle nuove tecnologie, e la drastica riduzione
dei costi di fare giornalismo, fioriscono tutte quelle testate che si rivolgono alla singola provincia,
contribuendo così all’arricchimento del panorama informativo italiano e destinando grande e
maggiore attenzione alla cronaca locale.
46) Il giornalismo verso il futuro
I cambiamenti emersi nel giornalismo degli anni ’70 rispondono a quattro differenti esigenze
sociali:
-l’ampliamento del numero di soggetti sociali portatori di specifiche istanze;
- la crescita delle agenzie di socializzazione che orientano i ruoli sociali e quindi i comportamenti e
gli atteggiamenti degli individui;
- il pluralismo politico e culturale prodotto da questa più fitta interazione di temi, soggetti e
istituzioni;
1 – strategia della segretezza, quando si vuole evitare ogni fuoriuscita di notizia dalle back
regions, che si attua escludendo tutti i soggetti che potrebbero non mantenere tale segretezza;
2 – strategia della censura, quando si vuole bloccare ogni tipo di pubblicità negativa
proveniente dalle front regions;
• Sfera pubblica organizzata delle manifestazioni, delle riunioni di partito o delle cerimonie
religiose;
• Sfera pubblica astratta (inesatta), con la quale l’autore definisce la caratteristica dei media
di trasformare l’azione sociale creando nuove forme di azione e interazione.
Il punto centrale della discussione posta da Habermas è il rapporto di interdipendenza tra sfera
pubblica e privata, che è resa ancora più evidente dallo sviluppo del Web. In questo mondo in cui i
significati culturali sono tanti, così come le informazioni che si hanno, diventano centrali gli
intermediari culturali, che esprimono la propria visione agli altri così da farli orientare di più
all’interno del pluralismo di informazioni.
55) Dal citizen journalism al network journalism
Il pubblico che comincia a partecipare al processo negoziale ha portato alla nascita e crescita di
due fenomeni. Il primo è il citizen journalism, o giornalismo dal basso. Consiste in quei contenuti
informativi generati dai cittadini (UGC) e condivisi su piattaforme (come la francese AgoraVox)
adibite a questo tipo di contenuti.
Tra questo tipo di fenomeni è ascrivibile anche il fenomeno di Wikipedia. Ma gli UGC hanno
influenzato anche i media tradizionali, soprattutto attraverso il grassroots journalism (il giornalismo
dei non professionisti), che mandano i propri contenuti alle testate tradizionali. La BBC è stata la
prima a predisporre un ufficio apposito per la ricezione di contenuti creati da non professionisti.
Tutti i grandi media, anche in Italia, devono affrontare il fenomeno del giornalismo dal basso,
cercando di sfruttarlo a proprio vantaggio.
Il contesto di riferimento oggi è quello del Web sociale, con il proliferare di social network che
ridefiniscono ulteriormente la negoziazione. Il secondo è il fenomeno che si sviluppa come
conseguenza della trasformazione della società, la quale, come afferma Castells, è diventata
società network, dove a prevalere sono le reti.
La società teorizzata da Castells influisce anche sul giornalismo, al punto di veder nascere un
nuovo tipo di giornalismo, il network journalism, che ha determinate caratteristiche:
• Non può avere un media di espressione privilegiato, ma deve essere multicanale nella
pratica;
- Istituzionale: l’ultimo, e più recente, livello degli studi sul newsmaking è quello che definisce
le istituzioni come routine sia cognitive che pratiche che servono a dare il mondo per scontato, a
standardizzare situazioni, ad organizzare l’esperienza. Per questo gli esseri umani si sono dati
delle istituzioni, e il giornalismo non ne è esente.
59) La costruzione dei processi di notiziabilità
Wolf: «la notiziabilità è costituita dal complesso di requisiti che si richiedono agli eventi». Quindi la
notiziabilità fa direttamente riferimento alla necessità del giornalista di rendere prevedibile e
routinizzabile ciò che succede nel mondo.
Altheide afferma come esista una news perspective (prospettiva della notizia) nella selezione del
giornalismo che porta ad una contestualizzazione dell’evento all’interno di un preciso contesto.
Anche la media logic fa parte del concetto di notiziabilità, che ha 5 componenti fondamentali:
• Criteri sostantivi;
• Criteri relativi al prodotto;
• Criteri relativi al mezzo;
• Criteri relativi alla concorrenza e al mercato;
• Criteri relativi al pubblico;
Gans riassume le caratteristiche dei criteri così: essi devono «essere applicabili facilmente e
rapidamente, essere flessibili, relazionabili, comparabili e orientati all’efficienza».
In questo senso esistono tre differenti livelli di concorrenza: cognitiva, intermedia e intramedia:
1-La concorrenza cognitiva= Consiste nel disputarsi con l’intera industria della conoscenza le
risorse tempo e spazio del pubblico. Quindi anche con i film, i videogiochi etc. etc;
2-La concorrenza intermedia= Nel momento in cui una testata sceglie come e dove collocarsi nel
mercato informativo, deve tenere conto della differenza che esiste tra i vari media. Tipica
concorrenza intermedia è quella tra carta stampata e televisione;
3-La concorrenza intramedia= È la concorrenza informativa che avviene all’interno dello stesso
media tra le testate. Con l’allargamento dello spazio notiziabile e della visibilità delle notizie, le
testate tendono sempre più a diventare “media-melassa”, che vogliono intrattenere, più che
informare, il lettore. Siccome ormai i criteri di notiziabilità sono rigidi e dicono tutti un po’ le stesse
cose, è nella presentazione delle notizie che le testate recuperano la loro cifra stilistica.
64) Criteri relativi al pubblico
Diventa fondamentale l’immagine che si ha del proprio target. Si è passati da una strategia della
distanza pedagogica in cui il giornalista indicava la strada, ad una strategia della complicità, che
favorisce una più forte identificazione con la testata.
Le testate diventano fondamentali perché nella grande mole di informazioni che il pubblico riceve,
ogni individuo ha bisogno che una testata giornalistica metta ordine per lui. Fondamentale allora
per le testate è creare un patto fiduciario con il pubblico, fidelizzare i cittadini.
65)La cronaca
Quando si parla di cronaca intendiamo due cose: lo stile giornalistico e un ambito di trattazione.
Occuparsi di cronaca può significare o seguire le notizie della comunità locale o più in generale
quelle della società civile.
Cronaca locale= In Italia l’attenzione alla cronaca locale non è mai stata troppa a causa della
necessità del giornalismo di creare un’identità nazionale e quindi concentrarsi non sui campanili
ma su temi di politica nazionale. La cronaca locale si divide tra racconto della devianza (cronaca
nera) e attività delle istituzioni (la cosiddetta cronaca bianca). Con la maggiore articolazione del
sistema sociale e l’esigenza di soddisfare il lettore la cronaca locale ha assunto sempre più peso
nelle testate. La cronaca locale ha una strutturazione organizzativa diversa rispetto alle testate
nazionali, perché il lavoro non viene diviso per settori, bensì per argomenti, come sanità o scuola.
Cronaca nazionale e internazionale= Si può parlare di una progressiva rotocalchizzazione del
giornalismo, se per “rotocalco” intendiamo la stampa periodica che tratta temi di varia umanità.
Inoltre il giornalismo si serve della cronaca per mandare messaggi, poiché raccontando una storia
di vita vera l’attenzione dello spettatore è maggiore. In ultima istanza, la cronaca viene usata
anche per dimostrare che il giornalismo non è elitario, ma parla del popolo, non al popolo.
66)La politica: cambio di passo
Gli ultimi vent’anni sono stati un periodo di grande trasformazione per la politica italiana.
Berlusconi non ha fatto altro che cavalcare e amplificare un mutamento che nella comunicazione
politica stava comunque avvenendo. Anche lo svelamento di gran parte di vita privata e sociale ha
impedito alla politica di continuare il controllo che ha avuto prima di Tangentopoli sul giornalismo e
sui media in generale.
- i resoconti: sono servizi giornalistici in cui si presentano gli eventi soffermandosi sulle
dichiarazioni delle varie parti politiche;
- i servizi politici: sono gli articoli in cui si privilegia il taglio cronachistico e informativo per
raccontare la giornata politica;
- l’approfondimento: esso sta diventando sempre più tipico nei quotidiani, che si spingono
sempre più verso il commento. Ci sono vari modi di fare approfondimento
politico: uno è l’editoriale, o articolo di fondo, affidato ad un personaggio importante e presente
nella parte alta sulla sinistra della prima pagina di un quotidiano. Attraverso questo strumento si
mostra anche il taglio che si vuole dare al giornale. Altro strumento sono i retroscena, le cose non
ufficiali che hanno portato ad un determinato risultato. Poi ci sono l’intervista e l’inchiesta.
70)La cronaca culturale
Sebbene in tempi remoti le pagine e le redazioni culturali dei quotidiani rifiutassero la cultura di
massa, preferendo una cultura alta, d’élite, col tempo ci si è dovuti piegare alla realtà e alle
logiche del mercato, facendo diventare la cultura di massa uno dei pilastri principali delle pagine
culturali.
Col tempo, da luogo dove si lasciava libero spazio alla creatività e alla letteratura, la terza pagina
(quella tipicamente lasciata alla cultura), si è sempre più concentrata sulla notizia culturale più che
sulla critica. Così, oltre ad includere nella cultura anche il cinema, la TV o i viaggi, le pagine
culturali servono più per mostrare cosa c’è che per dire cosa è.
74) Il percorso del salmone: dalla centralità della cronaca alla centralità della discussione
Lo sport ha col tempo sviluppato un proprio linguaggio specifico, una retorica tutta sua. Si possono
distinguere tre fasi del giornalismo sportivo: