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GESTIONE DEL PORTAFOGLIO: PRINCIPI FONDAMENTALI

La consulenza finanziaria digitale

51.1 Fintech: un quadro generale


51.1.1 Le categorie di imprese Fintech

51.2 Che cosa è un robo-advisor


51.2.1 La digitalizzazione della consulenza finanziaria: robo-advisor
51.2.2 Tipologie di consulenza digitale

51.3 La consulenza finanziaria


51.3.1 Il quadro regolamentare dei servizi di consulenza finanziaria
51.3.2 L’introduzione della consulenza su base indipendente

51.4 Il quadro regolamentare dei servizi di robo-advisory


51.4.1 Introduzione
51.4.2 Il regime di autorizzazione dei robo-advisor
51.4.3 Le regole di comportamento e la valutazione di adeguatezza
51.4.4 Robo-advisory e product governance

51.5 L’asset allocation nei servizi di robo-advisory


51.5.1 Il ricorso agli ETFs
51.5.2 Procedimento di generazione e negoziazione degli ETFs
51.5.3 Le metodologie di asset allocation utilizzate dai robo-advisor

51.6 Il caso: Marco e Arnaldo, due generazioni a confronto

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51.1 Fintech: un quadro generale


51.1.1 Le categorie di imprese Fintech

Il sistema finanziario, inteso come sistema complesso di transazioni finanziarie basate su strumenti finanziari scambiati
attraverso sia il circuito diretto (i mercati finanziari) sia il circuito indiretto di intermediazione (gli intermediari finanziari),
è da sempre esposto al tema dell’innovazione nelle sue molteplici sfaccettature, benché con tassi di accelerazione
diversi a seconda del grado di modernizzazione dei singoli sistemi economici di riferimento.

Box 1. Le prime forme di innovazione tecnologia applicate al sistema finanziario

Del resto, le prime forme di innovazione tecnologia applicate al sistema finanziario e a quello bancario in
particolare, risalgono ai primi anni’50.
Al 1950 risale la realizzazione del progetto di lancio della prima forma di carta di credito emessa da una third-party
(Diners Club) che costituiva la prima vera e propria forma di utilizzo di servizi bancari da remoto, seguita poi
dall’introduzione dei primi dispositivi ATM nel 1967 ad opera di Barclays.
Risale poi agli stessi anni (1969) il primo tentativo di elettronificazione dei mercati finanziari da parte di Instinet,
che ha poi consentito il lancio nel 1971 del primo mercato elettronico su larga scala con la costituzione della
National Association of Securities Dealers Automated Quotations (NASDAQ).
La creazione di internet ha quindi dato avvio a forme varie di innovazione sia di processo (banca virtuale, home
banking) sia di prodotto (trading on-line) in grado di migliorare sensibilmente il livello di erogazione dei servizi alla
vecchia e alla nuova clientela.

Il sistema finanziario ha, pertanto, sempre seguito l’evoluzione tecnologica, al pari e forse anche più di altri settori. Il
vero nodo è quindi capire la reale differenza tra le innovazioni odierne, da annoverare nell’ambito del Fintech (crasi
dei termini Financial e Technologies) e quelle precedenti.
Da questo punto di vista, il diaframma tra Fintech e le altre innovazioni insiste, innanzitutto, sulla possibilità diffusa
di utilizzo di processori (smartphone) in grado di elaborare volumi di dati estremamente rilevanti che ha uno scarso
termine di paragone con il passato.
Come è noto, il tema dell’innovazione digitale riguarda l’intera struttura del mercato dei servizi finanziari, intesa come
l’insieme delle relazioni, dei comportamenti e delle strategie degli agenti economici partecipanti al mercato stesso, oltre
che delle sue caratteristiche strutturali quali: barriere all’ingresso e all’entrata, la numerosità dei competitors, apertura
e facilità di accesso alle innovazioni tecnologiche.

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Pur avendo avuto origini lontane, l’evoluzione del fenomeno Fintech è iniziata, prevalentemente, alla fine degli anni ‘90,
a seguito della deregolamentazione del settore finanziario e l’affermarsi di città come Londra e New York che divennero
i principali centri finanziari del mondo.
Mentre la rivoluzione digitale è in corso, l’impatto sul futuro dell’attività bancaria non è ancora chiaramente definito.
Se, da un lato, la rivoluzione digitale ha la potenzialità di ridurre il ruolo e la rilevanza delle banche tradizionali a favore
di nuove imprese Fintech, dall’altro lato, le stesse banche tradizionali appaiono sempre più stimolate a innovarsi
agganciandosi alle opportunità offerte dalla tecnologia corrente nel tentativo di generare un miglioramento
complessivo dei servizi anche sotto il profilo della loro economicità.

A livello globale, il fenomeno Fintech appare in costante aumento sia in termini di iniziative sia in termini di capitali
immessi nel sistema (Fig. 1).

Figura 1 - Fonte: Statista 2021.

Tale crescita può essere spiegata tenendo conto di almeno tre diverse forze evolutive:

1.Una generalizzata comprensione da 2.Le imprese Fintech hanno, in 3.Gli utenti sono stati messi
parte dell’industria di come la tecnologia tantissimi casi, preferito un al centro del design dei
potesse innovare i prodotti e servizi approccio cooperativo, piuttosto nuovi servizi che si offrono
finanziari. L’intero ecosistema basato che competitivo, con gli come servizi altamente
sull’IT, internet e smartphone ha intermediari preesistenti (c.d. user-friendly, agevolandone
consentito alle aziende Fintech di crescere incumbents) e con l’intero la penetrazione di mercato.
in maniera repentina, talvolta ecosistema in generale, tale da
esponenziale, ottenendo costi marginali offrire una dinamica di sviluppo
decrescenti in funzione del numero di ancora più profittevole.
nuovi utilizzatori.

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Si ritiene, inoltre, che lo sviluppo del Fintech sia stato favorito anche da ciò che rappresenta uno dei suoi
obiettivi di fondo, ovvero …
Seleziona la risposta corretta

A. la possibilità di acquistare servizi assicurativi senza alcun costo aggiuntivo


B. la copertura di servizi finanziari anche a favore di una clientela fino ad allora considerata non
interessata, o non interessante, per il mercato
C. la protezione della privacy degli investitori interessati sia a servizi di credito sia assicurativi
D. il miglioramento dell’educazione finanziaria del bacino di utenti a cui si rivolge

Feedback
Risposta A: Non è esatto. Riprova.
Risposta B: Esatto. L’offerta di servizi finanziari proprio ai soggetti tradizionalmente esclusi dal sistema
finanziario tradizionale, costituisce il punto di svolta del mercato Fintech, soprattutto nei Paesi a più elevato
tasso di esclusione finanziaria.
Risposta C: Non è esatto. Riprova.
Risposta D: Non è esatto. Riprova.

All’interno dell’insieme di aziende Fintech, si osserva una grande eterogeneità in termini di tecnologie utilizzate,
business serviti, offerte di prodotto (Figura 2).

Figura 2 - Fonte: Adattamento da “FinTech Calls for Fue, Italian FinTech Observatory 2020”, PWC.

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Volendo proporre in modo ragionato una panoramica delle principali attività del settore, ci possiamo servire della
classificazione adottata dall’Italian Fintech Observatory 2020 promosso da PWC, il quale raggruppa le imprese Fintech
in 8 differenti categorie.

PAYMENTS +
Le Fintech del settore dei pagamenti diventano sempre più grandi e il settore è in continua espansione,
stimolato soprattutto dai pagamenti digitali la cui crescita dei volumi è osservabile da chiunque, essendo
essi parte del fare quotidiano di ciascuno.
Quella dei pagamenti, rappresenta l’area con più ampio sviluppo in considerazione del tasso di
diffusione degli smartphone, sebbene al suo interno possano intravedersi diversi, benché correlati,
segmenti di business quali: P2P Payments, Cryptocurrency, Mobility e Vending Machines, e altre tecnologie.

MONEY MANAGEMENT +
Con l’introduzione della normativa sui pagamenti digitali (PDS2, vedi oltre) e la possibilità di aggregare
all’interno di un’unica piattaforma i conti correnti di corrispondenza di più banche differenti, il settore del
Money Management ha riacquistato nuovo interesse e offerto nuove opportunità di investimento che
vanno dall’area di Assistant Savings, a quella di Digital Wallet e/o di Multibanking Aggregators.

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WEALTH & ASSET MANAGEMENT +


Il settore della gestione dei capitali e la digitalizzazione dei suoi servizi costituisce un’area di continuo
interesse per tutti gli operatori del sistema, oltre che per gli si stessi regulators.
Rientrano in quest’ambito i servizi di robo-advisory, oggetto di questo corso, nei quali, grazie all’ausilio
di algoritmi che rendono minimo o nullo l’intervento umano, viene offerta agli investitori la possibilità
di seguire raccomandazioni di investimento secondo modalità più immediate, nonché economiche (in
termini cioè di riduzioni dei costi).

CAPITAL MARKET & TRADING +


Strettamente connesso al settore del Wealth & Asset Management, troviamo il settore del Capital Market
& Trading. I sotto-segmenti in cui si articolano le diverse iniziative di imprese start-up vanno dal semplice
Marketplace, piattaforme di incontro tra investitori e imprese, al Data Providers, iniziative in grado di
offrire alla clientela una serie di previsioni, grafici e notizie significative per gli investitori grazie anche
all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (AI) e degli algoritmi di Machine Learning (ML). Ulteriori segmenti di
Fintech riguardano il Trading & Tools, NPL trading o Crypto Investing & Trading, ovverosia applicazioni di
AI miranti a ottimizzare le strategie di trading degli utilizzatori.

INSURTECH +

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Secondo un recente studio (Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano, solamente il 14%
degli utenti ha acquistato una polizza completamente on-line, mentre la maggioranza dei consumatori
(66%) non ha mai acquistato una polizza in forma digitale e non ne è interessata per un futuro.

Il survey condotto aiuta a capire le potenzialità di digitalizzazione che è possibile avere nel settore delle
assicurazioni, ancorato alle sue forme tradizionali. Nell’ambito dell’Insurtech, tuttavia, è possibile
individuare il segmento delle Infrastructure – Backend in cui le Fintech cercano di offrire un miglioramento
dell’infrastruttura delle imprese assicuratrici, e il segmento di Data-Intelligence volto a fornire stime
accurate (mediante ricorso ad AI) di eventi e del loro rischio d’impatto. Ulteriori segmenti che completano
l’area Insurtech sono, inoltre P2P Insurance (un network di condivisione del rischio in cui i membri di una
community condividono esigenze di protezione simili per assicurarsi e condividere la probabilità che non
accadano sinistri), Auto-Mobility (sistemi di sicurezza, protezione e telemetria per veicoli, gestione e
selezione delle assicurazioni auto, ecc.), e anche Micro-Instant-Product Insurance, in cui le aziende Fintech
offrono alla clientela una serie di polizze su eventi o prodotti in modo istantaneo.

REGTECH +
In questo segmento troviamo aziende Fintech specializzate in Digital Identity e Personal Data
Management. Sfruttando tecnologie simili all’open banking, le Fintech si offrono di migliorare la gestione
dei dati personali e dei documenti, grazie al supporto della digitalizzazione. In questa categoria possiamo
trovare i Personal Assistant, che offrono supporto sull’acquisizione dei documenti fiscali, calcolo delle
aliquote e ulteriori adempimenti. Segmenti ulteriori che riguardano RegTech si riferiscono a quello del
Personal Data & ID Management, specializzati sia nella protezione che nell’identificazione della persona,
oppure a quello del Document Management.

LENDING +
Le Fintech di questo settore si occupano della gestione dei prestiti e dello sviluppo di sinergie con il
settore finanziario tradizionale, fornendo strumenti di analisi tesi a ottimizzare la gestione del rischio di
credito. I principali segmenti riguardano il Risk & Rating, in cui le aziende Fintech offrono servizi di
valutazione del merito creditizio o il profilo di rischio delle aziende, oppure segmenti di Business Lending
dove, invece, le aziende Fintech si occupano di sviluppare piattaforme per raccogliere capitali dai creditori
e prestarli ad aziende registrate nella piattaforma stessa, dopo una precedente valutazione del merito
creditizio. Ulteriori segmenti del Lending riguardano il Circuits & Enabling infrastructures e il Consumer
Landing.

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OTHER CROWDFUNDING +
In questa categoria possiamo inserire le Fintech che operano con l’obiettivo di sviluppare raccolte fondi
per progetti sociali, raccogliendo piccoli importi da parte di numerosi investitori. È possibile distinguere
il segmento delle Donation, in cui le Fintech sviluppano piattaforme on-line in cui si gestiscono raccolte
fondi per cause sociali e caritevoli, da quello delle piattaforme Reward in cui, invece, gli operatori offrono
un premio proporzionale al contributo raccolto.

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Glossario

Peer to peer payments

Pagamenti istantanei che consentono, con costi quasi nulli, transazioni monetarie tipicamente di basso importo (come
la condivisione di un conto in pizzeria, di un regalo in comune o di piccole donazioni) da persona a persona tramite apps
installate su smartphone.

Cryptocurrencies

Criptovalute. Moneta virtuale oggetto di transazioni esclusivamente in rete internet e utilizzata anche come mezzo di
pagamento; a differenza della moneta ufficiale non ha una forma fisica, assumendo essa solo la forma di un dato
digitale.

Mobility and Vending Machines

Espressione che fa riferimento a tutti i servizi di pagamento che consentono di effettuare da smartphone acquisti di e-
commerce, prodotti presso distributori automatici, pagamento di parcheggi, in modo digitale e istantaneo senza
necessariamente prevedere l’attivazione di carte di credito.

Savings assistants

Tools digitali progettati per suggerire una pianificazione di spesa (e quindi di risparmio) all’utente. Sono prodotti di
intelligenza artificiale che, basandosi sui principi dell'economia comportamentale, monitorano regolarmente i conti
degli utenti automatizzandone i risparmi e gli investimenti, oltre a fornire informazioni utili sulla gestione delle spese
dati prestabiliti vincoli di budget.

Digital Wallet

Portafogli digitali (chiamati anche E-Wallet) incorporati in appositi dispositivi elettronici (o in apps) in grado di
memorizzare numeri di carte di credito, debito, prepagate o di conti bancari, consentendo in questo modo transazioni
elettroniche in modo istantaneo e semplice.

Multibanking Aggregators

Servizio on-line che aggrega le informazioni relative ai saldi e ai movimenti di uno o più conti di pagamento on-line
intestati a uno stesso cliente presso una o più banche.

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51.2 Che cos’è un robo-advisor?

51.2.1 La digitalizzazione della consulenza finanziaria: robo-advisor

Ad oggi, le forme di digitalizzazione della consulenza finanziaria trovano concretizzazione nel concetto di robo-
advisor.
Con il termine robo-advisor ci si riferisce tipicamente a una piattaforma digitale in grado di fornire, mediante opportuni
algoritmi, un portafoglio di investimenti appropriato al profilo rischio/rendimento del cliente che ne fa richiesta.
La definizione appena formulata rischia, tuttavia, di apparire riduttiva in considerazione dell’esistenza di molteplici
modelli di business adottati nell’industria di riferimento e che si differenziano tra essi per grado di automazione, stile di
gestione, meccanismi di profilazione della clientela stessa.

I robo-advisor offrono, pertanto, soluzioni di investimento automatizzate che coinvolgono clienti e consulenti,
mediante interazione in una piattaforma digitalizzata che offre un processo di auto-profilazione in grado di orientare
le scelte di investimento della clientela verso decisioni basate su determinati obiettivi, supportati da tecniche di
bilanciamento di portafoglio in grado di combinare elementi di diversificazione, di market timing e di gestione
passiva.
Nell’ambito delle pur diverse soluzioni di mercato, alcune caratteristiche dei modelli di consulenza digitale appaiono
comuni a tutti i modelli di business, tra queste:
• la possibilità di offrire un servizio con costo più ridotto in considerazione dell’automazione dei processi,
• il ricorso a veicoli di investimento collegati a indici di borsa, quali gli Exchange Traded Funds (ETFs), in grado
di garantire un soddisfacente grado di diversificazione con un numero ridotto di transazioni (e quindi di costi
di transazione),
• la tendenza a evitare modelli di automazione esclusivi, privi cioè di una relazione (telefonica/call/meeting)
con consulenti fisici, al fine di contemperare l’opportunità dell’automazione dei processi con l’esigenza di
interazione umana, fattore che appare imprescindibile per garantire il buon esito della relazione con il cliente.
A ben vedere, la possibilità di procedere a una scelta di portafoglio mediante accesso a una piattaforma digitale non
rappresenta una novità recentissima. Le prime forme di robo-advisoring furono, infatti, introdotte già a cavallo degli
anni 2000, a seguito della maturità del segmento di home banking e di quello del trading on-line.
Inoltre, i consulenti finanziari e i gestori patrimoniali hanno, negli anni, progressivamente aumentato il ricorso a
tecnologie simili (software di portfolio analysis) atti a soddisfare, nel miglior modo possibile, le richieste della propria
clientela. Come già anticipato, la vera novità, che distingue il corrente fenomeno robo-advisor dalle esperienze di
gestione automatizzata preesistenti, consiste nell’accessibilità di tali strumenti al grande pubblico e,
conseguentemente, la possibilità di estendere forme di gestione individuale di portafoglio, tradizionalmente riservate
a clientela di fascia alta, anche ai singoli investitori di tipo retail (Fig. 3)

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La consulenza finanziaria digitale

Figura 3

Da questo punto di vista, la consulenza digitale rende possibile l’allargamento di un servizio, quello della gestione
individuale di portafoglio (c.d. private banking) a una platea estremamente più vasta in forza dei costi più ridotti di
erogazione. Per molto tempo, tantissimi potenziali clienti erano scoraggiati, o in alcuni casi completamente esclusi,
dal richiedere una consulenza finanziaria individuale propria della gestione individuale, a causa dei suoi costi o per
via dei requisiti di patrimonio minimo richiesti per l’accesso a forme così personalizzate di gestione del risparmio.
Da questo punto, di visto l’innovazione Fintech apportata alla consulenza finanziaria ha modificato i precedenti
paradigmi e allargato le combinazioni prodotto-clienti a favore di una maggiore accessibilità a servizi a valore aggiunto
in tema di pianificazione dei propri risparmi e di accesso ai mercati finanziari.
Come tutti i fenomeni oggetto di innovazione, anche la consulenza digitale offerta dai servizi di robo-advisor è oggetto
di continue trasformazioni essendo sollecitata da spinte di innovazione provenienti da almeno quattro fattori.

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1 Regolamentazione: a seguito dei cambiamenti imposti dall’applicazione della MiFID II, è richiesta una
maggiore trasparenza per il cliente nei cui confronti sono previsti obblighi di informativa e vincoli sulla
vendita di prodotti. Ciò comporta una maggiore conoscenza da parte del cliente delle commissioni
imposte sul singolo prodotto.
2 Competizione: il prolungamento di una congiuntura caratterizzata da tassi di interesse al minimo e costo
del rischio in aumento, rende sempre più complesso alle istituzioni finanziare la realizzazione di
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performance positive. Da qui, l’esigenza di rigenerare una nuova offerta caratterizzata da prodotti e
servizi a basso costo in grado di generare valore per il cliente.
3 Tecnologia: la rivoluzione digitale spinge sempre di più le banche a concepire un nuovo modo di fare
business facendo leva sulla possibilità di erogare i propri servizi in una modalità multicanale.
4 Abitudini del consumatore: il cliente diventa sempre più attento e informato, con una maggiore
attenzione alla ricerca, sicurezza e personalizzazione del prodotto.

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51.2 Che cos’è un robo-advisor?


51.2.2 Tipologie di consulenza digitale

I modelli di consulenza digitale si differenziano prevalentemente in forza del grado di automazione dei processi di
pianificazione degli investimenti. In questa chiave di analisi possiamo distinguere almeno tre modelli prevalenti:
1. robo-advisor “puro”: l’intero processo di consulenza è completamente automatizzato, il cliente quindi si
affida completamente a un software cui delega interamente le decisioni di investimento. Il rapporto
consulente-cliente è, in questo caso, raro o nullo in quanto cliente si interfaccerà direttamente e solamente
con la piattaforma.
2. robo-advisor “ibrido”: l’automazione riveste diverse fasi del servizio di consulenza e di gestione del
portafoglio d’investimento, ma tuttavia è prevista la possibilità di intervento del consulente finanziario
(fisico) in determinate fasi della relazione e/o in caso di specifica richiesta da parte del cliente. È prevista
quindi un’eventuale interazione con il cliente retail, sia per chiarimenti sia qualora egli sia incerto
sull’attività del robo-advisor.
3. robo for advisor: il processo di automazione è destinato al consulente finanziario e svolge un ruolo di
supporto nell’assunzione delle decisioni mediante l’individuazione di prodotti ottimali in base alla
profilazione del rischio del cliente. In concreto, il consulente è dotato di un software ottimizzatore di
portafoglio, in grado di supportare il consulente nell’ambito sia delle scelte strategiche sia di quelle tattiche
di portafoglio.

Le prime due tipologie di consulenza sono erogate direttamente all’investitore per cui, in questi due casi, il servizio si
qualifica come B2C (business to consumer), mentre il robo for advisor si offre come una soluzione B2B (business to
business), incidendo in questo modo solo nell’attività del consulente mentre l’attività relazionale con il cliente rimane
pressoché invariata.
In particolare, con riferimento al modello di robo for advisor, gli algoritmi supportano il consulente in una o più fasi della
catena del valore della consulenza: dalla raccolta delle informazioni sulla clientela, alla valutazione di adeguatezza, dalla
definizione del piano di asset allocation, a quella della portfolio selection, passando alla formulazione della
raccomandazione per poi giungere alla negoziazione e al portfolio rebalancing, e quindi concludere con la customer
relationship management.
Oltre al diverso grado di presenza dello human touch, i modelli di business dei robo-advisor si distinguono spesso anche
in funzione degli elementi collegati alla loro governance e alla loro ownership.

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In particolare, e con riguardo proprio al caso Italia, nella classificazione dei soggetti che operano nel comparto del robo
advice si tiene generalmente conto anche dell’appartenenza a un gruppo finanziario già attivo nel comparto dei servizi
di investimento. In questo schema, si individuano almeno due macrocategorie di providers:
• le aziende Fintech start-up stand alone,
• e i robo-advisor generati all’interno di un gruppo bancario (c.d. robo-advisor captive).
Questi ultimi, a loro volta, possono assumere diverse modalità di relazione con il gruppo di riferimento in modo diverso:
da un lato, è possibile osservare robo-advisor con un elevato livello di autonomia che si presentano come realtà a se
stanti con precisi obiettivi e funzioni all’interno di quelli del gruppo di riferimento; dall’altro lato, si possono riscontrare
robo-advisor con una piena integrazione del proprio servizio con quanto offerto dal gruppo, in modo tale che la
consulenza automatizzata rappresenti un ampliamento della gamma di servizi digitali eventualmente già offerti dalla
banca stessa.

Di conseguenza, il grado di autonomia del robo-advisor è…


Seleziona la risposta corretta

A. … inversamente proporzionale alla tolleranza al rischio dell’investitore


B. … minimo nel modello robo-advisor captive, massimo nel modello stand alone
C. … minimo nel modello robo-advisor captive tanto più alto quanto più alto è il grado di integrazione con
l’intermediario bancario, nel caso dei robo-advisor captive
D. …massimo nel modello stand alone, tanto più basso quanto più alto è il grado di integrazione con
l’intermediario bancario, nel caso dei robo-advisor captive

Feedback
Risposta esatta: Esatto!
Risposta sbagliata: Non è esatto, riprova.
In tutti i casi, e come già anticipato, la modalità di erogazione del servizio di robo-advisory ha una elevata usabilità. Per
usabilità si intende «il grado in cui un prodotto può essere usato da specifici utenti per raggiungere specifici obiettivi
con efficacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto d'uso» (norma ISO 9241).
Affinché si garantisca l’elevata usabilità del sito web, è quindi necessario garantire: una elevata velocità e la facilità di
navigazione (entrambe valutabili con metriche specifiche come, ad esempio, il tempo di caricamento delle pagine e il
numero di click necessari a raggiungere una qualsiasi pagina del sito partendo dalla homepage); chiarezza e utilità dei
contenuti (con riguardo alla disposizione del testo, all’uso dello spazio e alla visibilità e leggibilità dei testi); una elevata
efficienza del sito (misurata in base alla presenza di messaggio/ricevuta/e-mail di conferma di ogni operazione
realizzata, così come in termini di completezza delle informazioni e frequenza di pagine di errore).
L’elevata usabilità è spiegata dal fatto che i servizi sono rivolti a una molteplicità di clientela, inclusa quella della
generazione dei Millennials che, almeno nel mondo anglosassone, sembra costituire il segmento prevalente di
riferimento benché siano caratterizzati da un patrimonio di risorse gestite certamente inferiore a quello che caratterizza
il cliente medio servito dal consulente fisico (così in alcune ricerche tematiche di SCM, Blackrock del 2016 e Finametrica
del 2015).

Glossario

Millennials

Con tale termine si intendono i nati nei primi anni Ottanta fino a metà anni Novanta.

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La consulenza finanziaria digitale

Con riguardo al caso italiano, le prime esperienze domestiche (riportate nel quaderno Fintech n. 3/2019 pubblicato da
Consob) rivelano, invece, una situazione differente poiché i clienti di robo-advisory ricadono nella fascia di età
compresa tra 40 e 60 anni, sono già abituati a operare decisioni in tema di investimento, dispongono di un reddito
medio-alto e tendono (con riguardo ai robo-advisor captive) ad accedere al robo-advisor per verificarne convenienza
e comodità.
Come riportato dallo stesso studio, tale evidenza, tuttavia, non è necessariamente indicativa dei possibili sviluppi futuri,
sia perché riguarda un campione di investitori molto contenuto sia perché robo-advice è, di per sé, ancora poco diffuso
presso i risparmiatori italiani.

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51.3 La consulenza finanziaria


51.3.1 Quadro regolamentare dei servizi di consulenza finanziaria

Il quadro regolamentare nell’ambito del quale vengono regolati i servizi di consulenza finanziaria trae innanzitutto
origine dal recepimento della direttiva MiFID II (Markets in Financial Instruments Directive, la seconda direttiva europea
sulla regolamentazione dei mercati e degli strumenti finanziari entrata in vigore dal 3 gennaio 2018), per quindi
accrescersi con la prima direttiva europea sui servizi di pagamento (Direttiva 2015/2366, anche nota come PSD2-
Payment Services Directive 2), e nell'ordinamento nazionale con il D. lgs. n. 218 del 15 dicembre 2017, entrato in vigore
il 13 gennaio 2018, che costituisce la regolamentazione cardine su cui poggia lo sviluppo delle iniziative di tipo Fintech
visto e considerato che l’aumento della competitività mediante sviluppo di nuovi prodotti e apertura del mercato a
soggetti non bancari costituisce uno dei suoi principali obiettivi.
Prima del recepimento della direttiva MiFID I (novembre 2017), l’attività di consulenza finanziaria veniva qualificata
come semplice servizio accessorio.
Con il recepimento della stessa MiFID I, il servizio di consulenza finanziaria venne poi inserito all’interno dei servizi di
investimento principali richiamati dall’art. 1, c. 5-septies del Testo Unico della Finanza (TUF).
La versione del TUF dell’epoca definiva così il servizio di consulenza finanziaria: “Per consulenza in materia di
investimenti si intende la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa
del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative ad un determinato strumento finanziario. La
raccomandazione è personalizzata quando è presentata come adatta per il cliente o è basata sulla considerazione delle
caratteristiche del cliente. Una raccomandazione non è personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante canali di
distribuzione”.

Con il recepimento della Direttiva MiFID II, la


definizione del servizio di consulenza finanziaria
rimane immutata, seppure snellita completandosi
solo del primo capoverso della precedente
definizione (pertanto, la versione corrente dell’art.
1. co. 5-septies del TUF è: “Per consulenza in
materia di investimenti” si intende la prestazione di
raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro
sua richiesta o per iniziativa del prestatore del
servizio, riguardo a una o più operazioni relative a
strumenti finanziari”).

Dalla definizione sopra fornita, è possibile individuarne alcuni degli elementi chiave per constatare quando si svolga nel
concreto un’attività di consulenza finanziaria:
• la distinzione tra raccomandazioni e semplici informazioni, potendo le prime essere fornite esclusivamente
da soggetti autorizzati, e le seconde anche da soggetti non autorizzati,
• l’oggetto della raccomandazione, che deve riferirsi a uno o più strumenti finanziari,
• la personalizzazione della raccomandazione, che deve apparire adeguata nei confronti di un ben identificato
cliente,
• le modalità e i mezzi di comunicazione utilizzati,
• il carattere di “professionalità” con cui si svolge il servizio,
• la previsione di un compenso per l’attività svolta dal consulente.

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La consulenza finanziaria digitale

La personalizzazione della raccomandazione rappresenta l’elemento soggettivo dell’attività di consulenza in materia


di investimenti. Tale requisito sussiste qualora vi sia un definito rapporto bilaterale tra consulente e investitore (o
potenziale investitore) e qualora tali raccomandazioni siano indicate in base alle caratteristiche del cliente, oppure in
alternativa, presentate come adatta per il cliente cui sono destinate.

La raccomandazione fornita sarà tanto più personalizzata quanto più adeguata risulterà essere la raccolta delle
informazioni delle personali del cliente relativa sia a informazioni di carattere generale (es. reddito) sia di carattere
più specifico e soggettivo e relative, in particolare, agli obiettivi di investimento, alla propensione al rischio, alla
protezione in merito all’esposizione a particolari categorie di rischio.
La consulenza finanziaria si differenzia da altre tipologie di servizi, che pur rilasciando raccomandazioni o consigli di
investimento, assumono un carattere di generalità, ossia rivolti a più soggetti o che non tengono conto delle specifiche
esigenze del singolo investitore.
Di conseguenza, attività come quella della fornitura di raccomandazioni diffuse al pubblico mediante canali di
distribuzione di massa, non possono essere considerate come consulenza in materia di investimenti. In questo caso,
il loro carattere standardizzato (perché rivolto a una pluralità di soggetti) fa, infatti, mancare del tutto dell’elemento
della personalizzazione.
Infine, e con riguardo all’oggetto della raccomandazione, vale a dire l’elemento oggettivo dell’attività di consulenza in
materia in investimenti, esso dovrà necessariamente attenersi a determinate operazioni di acquisto, vendita, scambio,
sottoscrizione, riscatto o detenzione di un particolare strumento finanziario, oltre che esercitare un qualsiasi diritto
conferito da un determinato strumento finanziario.
Oltre alla definizione dei confini interpretativi di cosa debba essere e cosa non debba essere qualificato come
“consulenza finanziaria”, il quadro regolamentare definisce in modo chiaro il perimetro autorizzativo dei soggetti cui è
riservata la sua erogazione.
In particolare, la MiFID II riserva il rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento del servizio di consulenza riservato ai
soggetti fisici e giuridici iscritti all’Albo Unico dei Consulenti Finanziari. La prestazione del servizio, svolta come
occupazione e a titolo abituale, è soggetta alla riserva di attività mediante autorizzazione da parte dell’Autorità di
Vigilanza di ciascun stato membro. Nello specifico, l’esercizio professionale al pubblico è riservato a SIM, imprese di
investimento UE, banche italiane ed UE, imprese di investimento di Paesi terzi.

Così come disposto dall’art. 18-bis TUF, la prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti può, inoltre,
essere erogata anche da persone fisiche (c.d. consulenti finanziari autonomi) che soddisfino determinati requisiti di
professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali, oltre alla sopracitata iscrizione all’Albo Unico.
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La consulenza finanziaria digitale

L’attività dei consulenti finanziari autonomi è circoscritta solamente alla consulenza in materia di investimenti relativa
a valori mobiliari e a quote di organismi di investimento collettivo, senza detenere fondi o titoli appartenenti a clienti.
Medesima possibilità viene attribuita anche alle società di consulenza finanziaria qualora siano costituite in forma di
responsabilità limitata ed in possesso di determinati requisiti patrimoniali e di indipendenza.
I dipendenti delle banche o di imprese d’investimento, a meno che non siano iscritti all’albo dei consulenti finanziari,
non possono esercitare la prestazione del servizio al di fuori della filiale, dovendo la loro attività essere svolta
solamente in sede. In ogni caso, sono sempre richieste conoscenze e competenze sul tema di investimenti.

Box 1. L’Albo Unico dei Consulenti Finanziari

In linea con il dettato dell’art. 31, co. 4 del TUF, l’Albo Unico dei Consulenti Finanziari è tenuto dall’Organismo di
vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari, costituito dalle associazioni professionali
rappresentative dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, dei consulenti finanziari autonomi, delle
società di consulenza finanziaria e dei soggetti abilitati, secondo le modalità previste dalla Consob.
L’iscrizione all’Albo da parte dei soggetti è parte integrante della procedura di abilitazione e legittimazione della
prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti. Infatti, l’iscrizione non ha carattere ricognitivo,
ovvero di riconoscimento dei requisiti richiesti, bensì di carattere costitutivo per la qualifica di consulente
finanziario per la regolare erogazione del servizio. I requisiti per l’iscrizione all’Albo sono riportato nell’art. 148 del
Regolamento Consob del 15 febbraio 2018, n.20307, dove viene anche previsto che l’Albo sia suddiviso in tre
sezioni:
• consulenti abilitati all’offerta fuori sede
• consulenti finanziari autonomi
• società di consulenza finanziaria.
Il succitato regolamento Consob stabilisce che all’iscrizione all’Albo dei Consulenti Finanziari si acceda solo a seguito
di conseguimento di un esito favorevole di una prova valutativa, sia nel caso in cui siano persone fisiche e sia qualora
siano società di consulenza (attraverso i soggetti di cui si avvale). La prova valutativa ha l’obiettivo di verificare le
competenze e conoscenze in materia di investimenti in strumenti finanziari.
Ulteriori requisiti per l’iscrizione all’albo fanno riferimento ad elementi di onorabilità, professionalità,
indipendenza e requisiti patrimoniali; in particolare:
• la professionalità è accertata dal possesso di titoli di studio e conoscenze in determinate materie
economiche, finanziarie e giuridiche,
• il requisito di onorabilità prevede di escludere dall’iscrizione all’Albo soggetti che si trovano in condizioni
di ineleggibilità o decadenza in base all’art. 2382 c.c. o sottoposte a misure di prevenzione o condanne
definitive per reati finanziari,
• l’indipendenza viene salvaguardata escludendo dall’iscrizione all’Albo i soggetti che intrattengono
direttamente o indirettamente rapporti di natura patrimoniale, professionale, familiare con emittenti o
intermediari, o azionisti che controllano tale attività, se essi minano all’indipendenza della prestazione
dell’attività di consulenza,
• con riguardo ai requisiti patrimoniali, infine, viene prevista la sottoscrizione di una copertura assicurativa
per responsabilità dei danni derivanti da negligenza professionale.

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La consulenza finanziaria digitale

51.3 La consulenza finanziaria


51.3.2. L’introduzione della consulenza su base indipendente

Il recepimento della Direttiva MiFID II introduce normativamente, anche in Italia, la figura del consulente su base
indipendente, definendone i requisiti, limiti e area di intervento.
L’introduzione della consulenza su base indipendente è finalizzata, almeno negli obiettivi del legislatore, a irrobustire il
regime di trasparenza nell’ambito dei servizi erogati ai consumatori di servizi finanziari, ambendo essa a garantire un
maggiore coerenza di allineamento tra interessi del fornitore di servizi e interessi dell’utilizzatore.
La principale differenza tra consulenza indipendente e consulenza non indipendente attiene all’obbligo di
osservazione di una molteplicità di regole cui debbono sottoporsi i consulenti indipendenti, per garantire, nel corso
dello svolgimento delle loro prestazioni, il massimo grado di autonomia e indipendenza rispetto ai fornitori di prodotti
di investimento o di terzi in generale.

In particolare, i consulenti indipendenti sono soggetti a regole di chiarezza e correttezza, definite con dettaglio dall’art.
162 del Regolamento Intermediari Consob (adottato con delibera n. 20307 del 15 febbraio 2018 e aggiornato con
delibera del 10 marzo 2021) riportato nel Box 2 secondo cui, in sintesi, l’erogazione del servizio dovrà avvenire dopo
una attenta valutazione di un numero sufficientemente ampio di strumenti finanziari presenti sul mercato dove, per
“valutazione di un numero sufficientemente ampio di prodotti” deve intendersi:
• un’individuazione di un range di strumenti finanziari diversificati per tipo, emittente e produttore,
• un numero di strumenti altamente rappresentativo degli strumenti finanziari presenti sul mercato e
proporzionati con la finalità del servizio offerto,
• la quantità di strumenti emessi direttamente dall’intermediario o da soggetti con stretti legami al medesimo
devono essere proporzionati al complesso di strumenti finanziari offerti,
• il confronto tra gli strumenti deve includere aspetti rilevanti quali rischi, costi, complessità e clientela target.
Altri elementi che sanciscono la differenza tra consulenti indipendenti e consulenti non indipendenti si riferiscono,
infine, alle modalità di percepimento dei compensi. In particolare, mentre il compenso dei consulenti indipendenti
viene pagato a parcella direttamente dal cliente, i consulenti non-indipendenti percepiscono un compenso provigionale
direttamente dalle società con cui hanno un rapporto di mandato.

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La consulenza finanziaria digitale

Box 2. Le regole di comportamento dei consulenti indipendenti: art. 162 Regolamento intermediari Consob
(delibera n. 20307 del 15 febbraio 2018)
1. Nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti, i consulenti finanziari
1. autonomi e le società di consulenza finanziaria agiscono in modo onesto, equo e professionale, per servire
al meglio gli interessi dei loro clienti e rispettano in particolare i seguenti principi:
a) tutte le informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, indirizzate dai
consulenti finanziari autonomi e dalle società di consulenza finanziaria a clienti o potenziali clienti
sono corrette, chiare e non fuorvianti. Le comunicazioni pubblicitarie e promozionali sono
chiaramente identificabili come tali;
b) i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria valutano una congrua gamma
di strumenti finanziari disponibili sul mercato, che devono essere sufficientemente diversificati in
termini di tipologia ed emittenti o fornitori di prodotti in modo tale da garantire che gli obiettivi di
investimento del cliente siano opportunamente soddisfatti;
c) i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria definiscono e attuano un
processo di selezione allo scopo di valutare e confrontare una congrua gamma di strumenti
finanziari disponibili sul mercato. Il processo di selezione comprende i seguenti elementi:
1) il numero e la varietà degli strumenti finanziari considerati sono proporzionati all’ambito
del servizio di consulenza prestato;
2) il numero e la varietà degli strumenti finanziari considerati sono adeguatamente
rappresentativi degli strumenti finanziari disponibili sul mercato;
3) i criteri per la selezione dei vari strumenti finanziari comprendono tutti gli aspetti
d’interesse, quali rischi, costi e complessità, nonché le caratteristiche dei clienti dei
consulenti finanziari autonomi e delle società di consulenza finanziaria, e assicurano che
la selezione degli strumenti che potrebbero essere raccomandati sia obiettiva;
d) i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria non possono accettare
onorari, commissioni o altri benefici monetari o non monetari pagati o forniti da terzi o da una
persona che agisce per conto di terzi, ad eccezione della prestazione del servizio di ricerca in
materia di investimenti da parte di terzi qualora sia ricevuta in cambio di pagamenti diretti da parte
del consulente finanziario autonomo e della società di consulenza finanziaria sulle base delle
proprie risorse;
e) i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria evitano di remunerare o
valutare le prestazioni del proprio personale secondo modalità incompatibili con il loro dovere di
agire nel migliore interesse dei clienti. In particolare, non adottano disposizioni in materia di
remunerazione o d’altro tipo che potrebbero incentivare il personale a raccomandare ai clienti al
dettaglio un particolare strumento finanziario, se i consulenti finanziari autonomi e le società di
consulenza finanziaria possono raccomandare uno strumento differente, più adatto alle esigenze
del cliente;
f) i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria adottano opportune
disposizioni per ottenere le necessarie informazioni sullo strumento finanziario e sul suo processo
di approvazione, compreso il suo mercato di riferimento, e per comprendere le caratteristiche e il
mercato di riferimento identificato di ciascuno strumento finanziario;
g) i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria acquisiscono dai clienti o
potenziali clienti le informazioni necessarie al fine della loro classificazione come clienti o potenziali
clienti al dettaglio o professionali e al fine di raccomandare gli strumenti finanziari adatti al cliente
o potenziale cliente;
h) i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria valutano, sulla base delle
informazioni acquisite dai clienti, la adeguatezza delle operazioni raccomandate;
i) i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria istituiscono e mantengono
procedure interne e registrazioni idonee;
l) i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria osservano le disposizioni
legislative e regolamentari relative alla loro attività, ivi incluse le disposizioni adottate
dall’Organismo ai sensi dell’art. 139.

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La consulenza finanziaria digitale

2. I consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria sono tenuti a mantenere la riservatezza
sulle informazioni acquisite dai clienti o dai potenziali clienti o di cui comunque dispongano in ragione della
propria attività, salvo che nei casi previsti dall’arti. 31, co. 7, del Testo Unico e in ogni altro caso in cui
l’ordinamento ne consenta o ne imponga la rivelazione. È comunque vietato l’uso delle suddette
informazioni per interessi diversi da quelli strettamente professionali.
3. 3. I consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria non possono ricevere procure
speciali o generali per il compimento di operazioni o deleghe a disporre delle somme o dei valori di
pertinenza dei clienti.
Note: Regolamento aggiornato con le modifiche apportate dalla delibera n. 21755 del 10 marzo 2021

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La consulenza finanziaria digitale

51.4. Il quadro regolamentare dei servizi di robo-advisory


51.4.1 Introduzione

Per delimitare dal punto di vista normativo il servizio di robo-advisory, occorre innanzitutto valutare se e come tale
attività si intersechi con la definizione di “consulenza in materia di investimenti” richiamata dal TUF.
La circostanza secondo cui la relazione tra il cliente e l’intermediario è basata, nel caso dei robo-advisor, per la gran
parte o del tutto su una piattaforma digitalizzata, rientra all’interno dell’insieme di regolamenti emanati negli anni
dal legislatore europeo, incluse le stesse normative MiFID II e PSD2, in cui viene pienamente legittimata la scelta di
digitalizzazione del servizio di consulenza mediante l’introduzione di un principio di neutralità tecnologica del servizio
offerto.
Il principio di neutralità tecnologica rientra tra i principi guida che governano le politiche generali della Commissione
Europea e, con riguardo al piano d’azione europeo del Fintech, ne rappresenta un suo obiettivo chiave.
Secondo tale principio, nell’ambito dell’erogazione di un servizio (incluso quello della consulenza finanziaria) viene
impedita la prevalenza di una tecnologia su un'altra e i soggetti erogatori del servizio sono sottoposti alla stessa
struttura di regole e controlli indipendentemente dalla modalità della sua erogazione.

In altre parole…
Garantendo alle persone e alle organizzazioni la possibilità di scegliere la tecnologia più adeguata ai loro bisogni, la
legiferazione relativa a prodotti e/o servizi non impone né introduce alcuna discriminazione a favore dell’impiego di
un tipo particolare di tecnologia o di un altro.

Allo stesso tempo, il legislatore, non imponendo l’utilizzo di un particolare tipo di tecnologia, si pone altresì l’obiettivo
di identificare e mitigare (se non annullare) tutti gli ostacoli esistenti in grado di impedire l’adozione di innovazioni
(incluse quelle finanziarie) oppure di esporre i consumatori a nuovi rischi collegati a innovazioni prive di opportuna
regolamentazione.

Al servizio di consulenza automatizzata svolto da un robo-advisor si applicano, pertanto, le stesse norme della
consulenza in materia di investimenti svolta da persone fisiche, indipendentemente da quella che risulterà essere la
modalità di interazione con il cliente. Di conseguenza, un robo-advisor è autorizzato a operare se e solo se la sua
attività risulti conforme all’insieme di norme che regolano l’attività di consulenza in materia di investimenti.

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La consulenza finanziaria digitale

Come già detto, il servizio di consulenza in materia di investimenti deve presentare principalmente tre caratteristiche:
i) la personalizzazione della raccomandazione; ii) l’adeguatezza della raccomandazione al cliente con riguardo al
profilo dell’investitore; iii) l’oggetto della raccomandazione che deve riguardare una o più operazioni su strumenti
finanziari, quali l’acquisto/vendita o l’invito a non comprare oppure a confermare la detenzione di strumenti in
portafoglio.
La raccomandazione si considera personalizzata qualora essa sia diretta a un investitore specifico (e non alla generalità
della clientela) e che sia derivante da un rapporto sussistente tra l’investitore stesso e l’advisor. È importante
specificare che la personalizzazione della raccomandazione dovrà solamente essere percepita come personalizzata,
calibrata sulla base delle caratteristiche personali dell’investitore.
La raccomandazione dovrà inoltre essere adeguata ovvero deve tenere conto delle caratteristiche fondamentali
dell’investitore come ad esempio: i) la capacità o l’esperienza di comprendere i rischi derivanti dall’investimento in
particolari strumenti finanziari; ii) la capacità del cliente di supportare qualsiasi rischio derivante dall’investimento
proposto, compatibilmente al suo risk appetite; iii) la raccomandazione deve tener conto degli obiettivi di investimento
del cliente.
È necessario che l’intermediario richieda e ottenga informazioni relative all’investimento, in quanto non potrà
consigliare uno strumento o un servizio, sulla base delle informazioni trasmesse dal cliente, che non risulti adeguato.
Al pari di un servizio di consulenza erogato in modalità tradizionale, i servizi di robo-advisory rispettano i requisiti di
personalizzazione e adeguatezza del servizio allorché vi sia una fase di recepimento delle principali caratteristiche
dell’investitore e abbia la capacità di offrire, per effetto, un portafoglio di investimento personalizzato compatibile
con il profilo di rischio individuato dell’investitore.
L’analisi della panoramica dei servizi offerti correntemente in Italia, consente tuttavia di osservare una declinazione
del concetto di personalizzazione, non sempre uniforme. Da un lato, alcuni intermediari tendono a seguire un
approccio di standardizzazione dei prodotti ispirata a un approccio prodotto-centrico e secondo cui, definiti n prodotti,
e definita la propensione al rischio del cliente, quest’ultima rientrerà in m classi di rischio a ciascuna delle quali è
abbinata uno degli n prodotti (spesso si verifica che n=m). Dall’altro lato, è possibile scorgere forme di massima
personalizzazione, basata cioè su un approccio cliente-centrico, con un numero di soluzioni di portafoglio molto più
ampie ancorché più adattate al profilo di rischio dell’investitore.

A completamento del quadro normativo, la MiFID II aggiunge la possibilità al robo-advisor di…

Seleziona la risposta corretta


A. … erogare oltre al servizio di consulenza finanziaria e di gestione del portafoglio, anche quello di gestione
dei sistemi multilaterali di negoziazione
B. … fornire una raccomandazione anche se non adeguata, potendo essa essere eliminata dal book di borsa in
qualsiasi momento
C. …qualificarsi come operatore indipendente coerentemente con le norme stabilite dal TUF e dai
regolamenti Consob
D. … derogare a una buona parte delle norme relative alla consulenza finanziaria erogata dalle persone fisiche
in tema di tutela del risparmio

Feedback
Risposta esatta: Esatto! Come per i consulenti fisici, è richiesto che l’intermediario formuli una raccomandazione i cui
strumenti finanziari siano quanto più «sufficientemente diversificati in termini di tipologia ed emittenti o fornitori di
prodotti». Un consulente indipendente non potrà limitarsi a includere strumenti finanziari «emessi o forniti»
dall’intermediario che presta il servizio o enti con il quale lo stesso intermediario trattiene rapporti contrattuali ed
economici tali da precludere la possibilità di diversificazione degli strumenti finanziari. In deroga a tale prescrizione,
il robo-advisor (così come anche i consulenti fisici) potrà comunque includere tali strumenti a condizione che la
gamma dei prodotti offerti sia sufficientemente ampia.
Risposta sbagliata: Non è esatto. Riprova.
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La consulenza finanziaria digitale

Un robo-advisor potrà quindi prestare servizio di consulenza di investimenti qualificandosi su base indipendente
qualora esso non sia collegato a nessun gruppo di intermediari polifunzionali o società di consulenza finanziaria.
Inoltre, nella sua attività di consulenza, oltre a dover includere strumenti finanziari quanto più diversificati possibili in
termini di tipologia ed emittenti, dovrà rispettare il divieto di percepimento degli inducements, ovverosia compensi,
commissioni o benefici non monetari forniti o ricevuti dall’intermediario da un soggetto ‘terzo’ non legato al cliente,
nella prestazione del servizio erogato.
La decisione di erogare il servizio su base dipendente o indipendente spetta, ovviamente, all’intermediario promotore
del robo-advisor, coerentemente con il pieno rispetto dei requisiti e dei vincoli richiesti con riguardo particolare alla
predisposizione di un’informativa adeguata delle caratteristiche del servizio offerto.

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La consulenza finanziaria digitale

51.4. Il quadro regolamentare dei servizi di robo-advisory


51.4.2 Il regime di autorizzazione dei robo-advisor

Il regime di autorizzazione dei robo-advisor lo si rintraccia nel complesso articolato in almeno tre fonti normative:
1. l’istituzione dell’Albo unico dei consulenti finanziari previsto dall’art. 31, co. 4 del TUF,
2. l’istituzione dell’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari,
3. l’obbligo di rispettare determinati requisiti stabiliti dal Regolamento del MEF (decreto n. 66 del 5 aprile 2012),
e riferiti sia all’intermediario (è il caso dei requisiti di natura patrimoniale o di indipendenza) sia ai suoi
esponenti aziendali (è il caso dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza).
Con riguardo al principio di indipendenza dell’intermediario, il Regolamento MEF impedisce l’iscrizione all’Albo unico
dei consulenti finanziari autonomi società che:
• presentano una struttura organizzativa di gruppo non in grado di garantire l’indipendenza nel servizio,
• intrattengono rapporti diretti o indiretti di qualsiasi tipo (contrattuale, economico, finanziario,
patrimoniale) con emittenti, intermediari, controllanti o controllate che possono minarne l’indipendenza.
Essendo la prestazione del servizio di consulenza finanziaria riservata ai soggetti iscritti all’Albo, la piattaforma
digitale su cui avviene il primo contatto col cliente, la successiva stipulazione del contratto e l’erogazione del servizio
(o una di queste fasi), dovrà dunque essere indubitabilmente attribuibile a uno specifico soggetto sottoposto a regime
autorizzato.
In considerazione del fatto che alcuni dei principali players del mercato, quali banche, SIM e Sgr, possono integrare i
servizi di consulenza di investimenti automatizzati con l’offerta di altri servizi, inclusa quella di esecuzione degli ordini e
quella di ricezione e trasmissione degli ordini, sono stati sollevati alcuni dubbi interpretativi in merito al rispetto del
requisito di trasparenza.

Poiché, infatti, l’erogazione del servizio di robo-advisory avviene, per definizione, in un contesto totalmente
“virtualizzato” per mezzo di messaggi interattivi e link, e caratterizzato da una consapevolezza probabilmente limitata
del cliente circa l’esecuzione di più servizi (quella della consulenza e quella dell’esecuzione di ordini), sono stati da più
parti sollevati alcuni dubbi normativi in merito alla sussistenza del requisito di indipendenza nel momento in cui un
robo-advisor si affida a un terzo per l’esecuzione degli ordini oggetto delle proprie raccomandazioni.
Del resto, l’offerta integrata, attraverso la stessa piattaforma digitale di più di un servizio di investimento, se da un lato
consente al cliente di dare esecuzione in piena autonomia alla raccomandazione ricevuta, d’altro lato innalza il rischio
di comportamenti non sufficientemente meditati.

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La consulenza finanziaria digitale

Allo stesso tempo, è pur vero che, come suggerito da alcuni studi di finanza comportamentale, un rapporto
interamente digitalizzato tende a ridurre la possibilità di insorgenza di un fenomeno di “pressione” del consulente
sul cliente, eliminando così le possibili alterazioni derivanti da una lettura estremamente soggettiva e distorsiva delle
informazioni raccolte dal consulente sul cliente.
Di contro, il rapporto diretto consulente-cliente della consulenza tradizionale può però costituire un valido presidio
teso alla riduzione del rischio di attuazione di comportamenti inopportuni ed errori cognitivi del cliente, soprattutto
nei casi di relazioni di lunga durata e/o a elevata intensità. In questo quadro, appare dunque di non facile identificazione
quale sia il modello organizzativo più efficiente e maggiormente capace di creare valore nei confronti del cliente.
Sempre in tema di indipendenza, è stato inoltre osservato che, per il soddisfacimento di tale requisito da parte dei robo-
advisor forniti da intermediari di piccola dimensione (iniziative start-up e stand alone,) e non legati a gruppi finanziari,
si potrebbe, seppur in linea astratta, sollevare la problematica del reperimento delle risorse economiche e finanziarie
per il sostenimento degli investimenti infrastrutturali di natura digitale atteso che, nel caso essi provenissero da
gruppi bancari, inficerebbero il requisito di indipendenza. Tali considerazioni spiegano come sia necessario valutare il
grado di indipendenza oltre che con parametri formali anche con parametri sostanziali, incluse le tipologie e le intensità
di relazione tra i robo-advisor e imprese terze offerenti collegamenti funzionali con servizi integrabili.
Con riguardo, invece, ai requisiti di natura organizzativa richiesti a un intermediario in procinto di offrire un servizio di
robo-advisory, le linee guida delle autorità europee (Orientamento ESMA 2018, guideline 11-100), pongono l’accento
sul concetto di “adeguata professionalità” dello staff, atteso che l’intero personale soddisfi:
i) un livello appropriato di comprensione della tecnologia e degli algoritmi adoperati nei servizi di
consulenza digitale, inclusi la logica di fondo, i rischi e le regole tecniche che governano l’algoritmo
stesso;
ii) una capacità di comprensione e di intervento sulle soluzioni generate e proposte al cliente
dall’algoritmo.

Poiché il processo di erogazione del servizio ruota


intorno alle elaborazioni dell’algoritmo deputato a
fornire una soluzione di portafoglio adeguata alle
condizioni di mercato e all’attitudine al rischio
dell’investitore, l’apertura normativa alla creazione
di un mercato della consulenza finanziaria
digitalizzata pone alcuni obblighi di valutazione
riferiti, oltre che ai requisiti organizzativi e ai presidi
di controllo posti in essere dalla stessa società
erogatrice, anche agli aspetti di controllo e
governance degli algoritmi stessi (c.d. algo-
governance).

In realtà, e almeno fino al primo trimestre del 2021, i contesti normativi e regolatori non entrano ancora in merito sugli
spazi di manovra degli algoritmi dei robo-advisor, né stabiliscono requisiti tecnici minimi di adeguatezza.
È pur vero però, che il legislatore europeo (ESMA, Guidelines and technical standards, 2018) stabilisce la necessità di
implementare all’interno delle piattaforme un sistema informativo finalizzato a chiarire al cliente le funzionalità, gli
scopi e la struttura dell’intera architettura algoritmica, oltre a prevedere una attività di monitoraggio costante dello
stesso in ottica della gestione dei rischi e di controllo interno. Per questo motivo, i principali robo-advisor del mercato
offrono sulle proprie pagine web delle indicazioni, con contenuti e dimensione variegati caso per caso, circa le filosofie
di base del loro approccio mediando tra esigenze di trasparenza ed esigenze di semplicità e immediatezza di
comunicazione. Al fine di esemplificare tale policy, viene riportato nel Box 1 un esempio di documentazione riepilogativa
del robo-advisor NUTMEG, uno dei maggiori player europei.

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GESTIONE DEL PORTAFOGLIO: PRINCIPI FONDAMENTALI

La consulenza finanziaria digitale

Box 1. Sintesi e indice del Documento riepilogativo dei servizi offerti dal robo-advisor di NUTMEG (UK)

In 2012, frustrated with the industry status quo, we set out to build an investment service that wasfair, transparent
and inclusive.
We believe high quality investment portfolios, personalised to your individual financial goals, should not solely be
the preserve of the super wealthy, but should be accessible to everyone who can benefit from them. And therefore,
the starting point for our investment process is you, our customers, your goals and your financial future.

Powered by cutting edge technology and human expertise, our approach is routed in the belief that while investment
decisions are necessarily complex, the drivers that maximise long-term investment outcomes can be distilled down
to just a number of core investment principles.

At Nutmeg, these core investment principles are at the heart of every portfolio that we manage,
no matter its size, its objective or its investment style.

And it’s our belief that by focusing primarily on these principles, we can help every single individualreach their
investment goals.

The Nutmeg Investment Team


https://www.nutmeg.com/about/investment-team

At Nutmeg, we believe every investment portfolio should:


Maintain a global focus, to maximise the opportunity set and investment universe
Focus on diversification, to balance the medium-term rewards and risks
Regularly rebalance, to keep portfolios aligned with their long-term objectives
Explicitly focus on keeping costs proportionate, to maximise your returns
Recognise environmental, social and governance (ESG) considerations to deliver sustainable, long-term results
Offer transparency in performance and holdings, to provide clarity throughout the investment journey
Allow you access to your money whenever you want, and with no hidden fees

INDEX:
• Our core investment principles

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La consulenza finanziaria digitale

• How do we combine people and technology?


• Why is asset allocation so important?
• Why use exchange-traded funds (ETFs)?
• Why is managing risk so important?
• Why do ESG considerations matter?
• What are Smart Alpha portfolios andwhy do we offer them?

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GESTIONE DEL PORTAFOGLIO: PRINCIPI FONDAMENTALI

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51.4. Il quadro regolamentare dei servizi di robo-advisory


51.4.3 Le regole di comportamento e la valutazione di adeguatezza

Per poter erogare il servizio di consulenza in materia di investimenti, così come quello di gestione di portafoglio,
l’intermediario (o il consulente) abilitato deve sottoporre il cliente a un test di adeguatezza per valutare:
• la conoscenza ed esperienza nel settore di investimento,
• la sua situazione finanziaria,
• i suoi obiettivi di investimento.
Nell’ambito dei già richiamati Orientamenti ESMA (2018), sono quindi state offerte diverse indicazioni relativamente
alle regole di comportamento che i robo-advisor dovrebbero seguire nella valutazione dell’adeguatezza, al fine di
prevenire comportamenti non conformi alle regole di trasparenza e tutela del risparmio.

In particolare, per colmare le potenziali lacune nella comprensione da parte dei clienti dei servizi erogati attraverso
la consulenza automatizzata l’autorità europea raccomanda agli intermediari erogatori di questo servizio, un maggior
grado di informativa relativamente ai seguenti punti (Orientamenti ESMA, 2018, punti 20 e 21):

1 4
2 3

Marker Contenuto
1 una spiegazione molto chiara del livello e dell’estensione esatti dell’intervento umano e i casi in cui e le
modalità con cui il cliente può chiedere l’interazione umana,
2 una spiegazione del fatto che le risposte fornite dai clienti influiranno direttamente sulla determinazione
dell’idoneità delle decisioni di investimento raccomandate o adottate per loro conto,
3 una descrizione delle fonti di informazioni utilizzate per fornire consulenza in materia di investimenti o
prestare il servizio di gestione del portafoglio (es. se viene utilizzato un questionario on-line le imprese
dovrebbero spiegare che le risposte al questionario possono costituire l’unica base per la consulenza
automatizzata o se l’impresa ha accesso ad altre informazioni o ad altri conti del cliente),
4 una spiegazione di come e quando i dati del cliente saranno aggiornati in relazione alla situazione, alle
circostanze personali dello stesso.

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La consulenza finanziaria digitale

Per garantire che tutte le informazioni e i resoconti forniti ai clienti siano conformi alle disposizioni dell’ESMA, gli
intermediari erogatori di servizi di robo-advisory, nell’assicurarsi che le informative scritte siano concepite in modo
chiaro ed efficace, potrebbero in particolare:
• mettere in evidenza le informazioni rilevanti (es. mediante l’uso di funzioni concettuali quali riquadri a
comparsa «pop-up»);
• fare uso dove necessario di testi di accompagnamento interattivi mediante, ad esempio, ricorso a
funzioni concettuali quali tooltips (testi con istruzioni) o altri mezzi tali da fornire dettagli supplementari
ai clienti che richiedono ulteriori informazioni (es. tramite la sezione delle domande frequenti – FAQ).
Oltre a ciò, i robo-advisor dovrebbero potenziare i controlli sulla coerenza delle risposte date dal cliente e cercare di
fornire degli strumenti che permettano a quest’ultimo di compilare con maggior comprensione il questionario. La
ragione comune a tali indicazioni, si riferisce alla circostanza di un’interazione limitata (o assente) tra il cliente e una
figura umana atta ad affiancarlo nel processo di somministrazione del questionario e della valutazione d’adeguatezza,
con gli annessi rischi di sottovalutazione del processo di raccolta delle informazioni da parte del cliente stesso.
Un’ulteriore considerazione, strettamente connessa al tema della corretta determinazione del profilo di rischio
dell’investitore, attiene al rischio che l’interpretazione che i quesiti e le annesse risposte al questionario possano essere
influenzate dal framing effect.

Cos’è il framing effect?


Seleziona la risposta corretta
A. Un errore cognitivo in cui ricade chi, in uno schema di domanda con risposta multipla, sceglie in funzione
della modalità di presentazione delle possibili risposte e della connotazione positiva o negativa associata
a ciascuna
B. La tendenza delle persone ad attribuire più valore a un oggetto solo perché lo si possiede
C. Un errore cognitivo in cui ricadono tutti coloro che considerano solo i dati in accordo con le proprie
convinzioni e ignorano tutti gli altri
D. La tendenza delle scelte già compiute e irreversibili a influenzare le scelte successive, in un meccanismo a
cascata

Feedback
Risposta esatta: Esatto! Nel caso degli investimenti, si riferisce tipicamente all’utilizzo del termine “perdita” anziché
“guadagno”.
Risposta sbagliata (B, C, D): Non è esatto. Riprova.

Box 2. Un esempio di framing effect


Per comprendere come il framing effect possa influenzare le decisioni di investimento, si consideri di chiedere ad un
campione di persone quale sia lo scenario preferibile tra i due seguenti:
- Scenario A: uno dei tuoi investimenti, l’investimento A, registra prima un incremento di +500 € nel corso
dell’anno, ma subisce poi una perdita di 200 € per effetto della volatilità di mercato al termine dell’anno.
- Scenario B: uno dei tuoi investimenti, l’investimento A, registra un incremento di +500 € nel corso dell’anno.
A seguito di una fase nervosa del mercato registrata al termine dell’anno, riesci a salvaguardare solo 300 €
del guadagno maturato.
Pur essendo i due scenari completamente equivalenti sul piano del risultato finale, la maggioranza dei rispondenti
si è dimostrata orientata allo scenario B, proprio perché si è utilizzata una accezione positiva (guadagno) nella sua
descrizione.

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In un contesto di ridotta interazione tra individui, quale è quello del robo-advisory, essendo la percezione e
l’elaborazione delle informazioni demandate alla piena autonomia del cliente, può emergere il rischio che gli
utilizzatori del servizio possano incorrano in una sopravvalutazione della propria conoscenza ed esperienza in materia
di investimenti. Per contenere tale rischio, gli stessi orientamenti ESMA (al punto 51) suggeriscono alcuni rimedi,
riferibili al nutrito filone di studi sulla finanza comportamentale, tra cui l’inserimento nel questionario di adeguatezza
di domande tese ad agevolare la valutazione della comprensione generale in tema di peculiarità e rischi dei diversi
tipi di strumenti finanziari.
Un’ulteriore problematica connessa alle regole di comportamento e ai profili di responsabilità attiene, infine, alla
formalizzazione del contratto tra robo-advisor e cliente. Come stabilito dall’art. 23, co. 1 del TUF, il contratto di
consulenza è redatto per iscritto tanto nei confronti dei clienti al dettaglio quanto di quelli professionali, e
l’inosservanza della regola rende il contratto nullo.
La conseguenza diretta di tale norma richiede, affinché sia garantita la piena validità della conclusione del contratto,
l’implementazione di opportune procedure di informatizzazione da parte del robo-advisor tali da consentire l’offerta
di un servizio di contrattualizzazione conforme agli obblighi sanciti dal Codice civile in merito alla forma contrattuale
e modalità di sottoscrizione (artt. 1350 e 2702 c.c.)

Da questo punto di vista, la soluzione più comune


adottata dagli intermediari prevede la generazione
di un contratto informatizzato e contestuale
sottoscrizione da parte del cliente in modalità
elettronica, servendosi di strumenti di
identificazione elettronica quali firma digitale o
firma elettronica, non senza strumenti opportuni di
autentificazione tali da scongiurare il fenomeno
delle frodi informatiche (ne è un esempio
l’autentificazione tramite rilascio e verifica di una
OTP - One Time Password, nel corso della stipula).

Nondimeno, è possibile anche immaginare forme diverse di


contestualità temporale tra le varie fasi del processo di
stipula, prevedendo la compilazione e la sottoscrizione del
contratto in una prima fase, e il suo invio (tramite ordinaria
corrispondenza) in una seconda fase, espressiva dunque
della accettazione contrattuale.

Infine, occorre evidenziare che, nel caso dell’adeguatezza del servizio di consulenza automatizzata, la peculiarità del
servizio di robo-advisory fa emergere alcune problematiche non ancora oggetto di pieno dibattito né di valutazione dal
legislatore. Ci si riferisce al livello di autonomia che i robo-advisor conferiscono agli stessi investitori, e agli effetti
negativi che tale autonomia può arrecare al cliente stesso.
Non sono affatto rari i casi in cui i robo-advisory consentono, infatti, al singolo investitore di modificare la
composizione di portafoglio mediante applicazioni in grado di vincolare la volatilità del portafoglio a un dato
momento (o ad un dato livello) o, ancora, di inserire nel portafoglio un dato strumento finanziario oggetto di
raccomandazione.

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In alcuni studi, è stato osservato come il ricorso a interventi autonomi sia tanto più frequente quando maggiore è la
percezione da parte dell’investitore delle imperfezioni dell’algoritmo, percezione che può provenire ad esempio dopo
l’osservazione di risultati deludenti, o emergere naturalmente come effetto di un pregiudizio soggettivo (c.d. algorithm
aversion).
Poiché tali interventi possono modificare il profilo di rischio-rendimento del portafoglio, e allontanarlo dal grado di
tolleranza al rischio predefinito, appare opportuno che i servizi vengano abilitati solo a patto che la volatilità del
portafoglio non aumenti e solo a condizione che il cliente venga chiaramente informato circa gli effetti negativi che
tali operazioni possono arrecare all’equilibrio del portafoglio.

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51.4. Il quadro regolamentare dei servizi di robo-advisory


51.4.4 Robo-advisory e product governance

La direttiva MiFID II introduce anche indicazioni sulla disciplina product governance, intesa come quell’insieme di regole
cui sono sottoposti gli intermediari dell’industria del risparmio, e volte a incrementare la protezione degli investitori
mediante la garanzia di realizzazione del miglior allineamento tra caratteristiche del prodotto ed esigenze
dell’investitore ed individuazione di un mercato di riferimento (target market) del prodotto.
A questo quadro di norme si assoggettano anche i robo-advisor, ancor più in considerazione della limitata (o nulla)
interazione tra clienti e figure umane, i quali sono tenuti al rispetto delle norme di product governance, sia nel caso in
cui essi si configurino come meri soggetti “distributori”, sia nel caso in cui essi contribuiscano a collocare strumenti
finanziari oggetto delle loro stesse raccomandazioni e sia, infine, qualora i robo-advisor si qualifichino come imprese
“produttrici”.
L’estensione delle norme di product governance a tutti gli attori della filiera dell’industria del risparmio si giustifica,
con riguardo particolare alla consulenza automatizzata, poiché, tanto i distributori quanto i produttori, possono
sfruttare le innovazioni derivanti dalla raccolta ed elaborazione di big data dei propri clienti.

Glossario

Big data

In ambito Fintech, con questo termine ci si riferisce genericamente alla raccolta di enormi volumi di dati sull’utente
relativamente ai suoi profili comportamentali di spesa, preferenze, abitudini, al fine di elaborazioni utili agli
intermediari finanziari e alle imprese Fintech per: la profilazione degli investitori, la valutazione del merito
creditizio, la promozione di campagne di marketing, di sviluppo di nuovi servizi/prodotti, di assistenza nelle fasi
decisionali.

Le caratteristiche del servizio di robo-advisor legittimano, infatti, la raccolta di informazioni relative sia alla fase ex-ante
della raccomandazione (quali l’analisi dei redditi, della consistenza patrimoniale, dell’obiettivo di investimento) sia alla
fase ex post (collegate ad esempio all’operatività ordinaria). Raccolte queste informazioni, gli algoritmi sottesi al
servizio di robo-advisory, assegnano dei pesi ai vari fattori informativi, concorrendo così all’individuazione di target
market specifici e supportando la strategia di collocazione di un particolare strumento finanziario. Appare quindi
impellente la necessità di garantire un processo di raccolta e trasmissioni di informazioni quanto più completo possibile,
in considerazione della più volte richiamata assenza (o parziale presenza) di figure umane di affiancamento al cliente.

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GESTIONE DEL PORTAFOGLIO: PRINCIPI FONDAMENTALI

La consulenza finanziaria digitale

A ben vedere, se utilizzati con finalità prevalentemente collegate all’area del Know Your Customer, la possibilità di
raccogliere ed elaborare big data riferiti a questo tipo di informazioni, rappresenta un’opportunità, anziché una
minaccia, per gli stessi clienti. Alcuni studi (tra cui Giudici e Polinesi, 2018) sottolineano come la valorizzazione dei big
data riferiti a piattaforme Fintech, siano in grado di formulare profili di rischio degli investitori più coerenti e attendibili.
Nell’ottica di fornire un servizio di consulenza quanto più calibrato alle esigenze dell’investitore, la raccolta capillare
di informazioni rende inoltre possibile l’incremento della diversificazione di portafoglio dell’investitore.
Se, infatti, da un lato è vero che le norme europee di product governance impongono agli intermediari (distributori e
prodotti) la corretta combinazione tra natura del prodotto di investimento e mercato di riferimento del prodotto,
dall’altro, le stesse norme dispongono che, in presenza di consulenza in materia di investimenti, il distributore
nell’utilizzare i prodotti ai fini della diversificazione e della copertura può procedere al collocamento di prodotti
situati al di fuori del mercato di riferimento, qualora il portafoglio nel suo complesso, o la combinazione di uno
strumento finanziario con la propria copertura, risulti idoneo/a per il cliente.

In altre parole…
L’individuazione di un mercato di riferimento da parte del distributore non pregiudica la valutazione dell’idoneità in
quanto, in determinati casi, possono verificarsi divergenze tollerabili tra l’individuazione del mercato di riferimento
e l’idoneità su base individuale del cliente se la raccomandazione o la vendita del prodotto adempie ai requisiti di
idoneità applicati sotto il profilo del portafoglio nonché a tutti i requisiti giuridici di altra natura applicabili (così i punti
52 e 53 degli Orientamenti sugli obblighi di governance dei prodotti ai sensi della MiFID II, ESMA 2018).

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51.5 L’asset allocation nei servizi di robo-advisory


51.5.1 Il ricorso agli ETFs
L’offerta di servizi di robo-advisory si caratterizza per una struttura di costi di accesso molto più ridotta rispetto ai
servizi tradizionali di consulenza e gestione del portafoglio. Tale maggiore competitività discende da almeno due
fattori.

Da un lato, la riduzione dei corsi è ottenuta in ragione


dei guadagni di efficienza consentiti dall’applicazione
Dall’altro lato, la riduzione dei costi di accesso al servizio
delle nuove tecnologie e dal collegato ridotto utilizzo
discende dalla tendenza (che assume in molti casi la
delle risorse umane (nonché immobiliari e di facilities in
forma di una regola ben precisa) a comporre i portafogli
generale) potendo l’innovazione consentire la
dei clienti con prodotti di investimento caratterizzati
replicabilità dell’offerta su ampia scala e,
da costi di gestione più bassi: gli Exchange Traded
conseguentemente, generare economie di scala atte a
Funds (ETFs).
ridurre prospetticamente i costi unitari di offerta del
servizio. Sul punto, una ricerca di BlackRock (2016)
stima come la fee media dei robo-advisor sia tra 130 e
180 punti base più bassa di quella richiesta da un
intermediario tradizionale.

Un Exchange Traded Fund (ETF) è una particolare tipologia di fondo comune di investimento che, a differenza di un
fondo tradizionale viene scambiato sui mercati telematici di Borsa in tempo reale (exchange traded), al pari degli
strumenti quotati, mediante esecuzione di ordini svolti da una banca o da un qualsiasi intermediario autorizzato.

Box 1. Le caratteristiche degli ETF

Le caratteristiche che lo connotano possono così essere articolate:


• sono fondi prevalentemente gestiti secondo uno stile di gestione passivo (o anche detto “indicizzato”);
• sono assoggettati alle medesime normative (in particolare, le normative UCITS della Comunità Europea)
dei “tradizionali” OICR, fondi comuni di investimento e SICAV;
• sono negoziabili in Borsa e pertanto, a differenza degli OICR non quotati, le loro quote possono essere
acquistate o cedute in tempo reale, prestandosi a un impiego per strategie di investimento sia di lungo sia
di breve periodo (o brevissimo, tramite trading intra-day);
• come per tutti gli OICR, il patrimonio collocato dagli ETF è separato dalla società emittente e gerente. Il
denaro raccolto, in altre parole, costituisce il patrimonio del fondo, e viene investito attraverso la
negoziazione in strumenti quotati sui mercati quali azioni, obbligazioni, nonché in altre tipologie di titoli
ed in contratti derivati, secondo le limitazioni imposte dalla normativa di riferimento;

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• godono, in Italia, di un segmento di quotazione specifico di Borsa italiana (ETF Plus) e di regole specifiche
a sostegno della loro liquidità; tra le quali rientra la presenza di un limite massimo agli spread denaro-
lettera in caso di negoziazione tramite “liquidity provider” ovverosia di intermediari che, tramite le
proposte di acquisto (sezione denaro) e proposte di vendita (sezione lettera) contribuiscono ad aumentare
l’ampiezza e lo spessore del book di negoziazione.

Tra gli elementi indicati, oltre alla possibilità di quotazione in borsa, la connotazione degli ETFs come strumenti di
gestione passiva costituisce l’aspetto più rilevante per un investitore orientato a questa tipologia di prodotti.

Un prodotto di gestione passiva è tale perché ha l’obiettivo di replicare la performance di un indice di mercato
(benchmark) di riferimento che, generalmente, costituisce parte della denominazione dello stesso ETF (esempi di
denominazione sono riportati nella Tabella 1). Chi compra un ETF collegato a uno specifico indice di mercato (ad
esempio il FTSE-MIB) è interessato, quindi, a replicare e a esporsi alla performance di quello specificato indice (nel
nostro caso, il mercato azionario italiano).

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Tabella 1
L’obiettivo del gestore di un ETF è quindi far sì che le performance total return del fondo siano il più possibile allineate
a quelle del benchmark di riferimento; a tal fine il gestore mette in atto politiche di azzeramento, o quanto meno
minimizzazione, del Tracking Error cioè il differenziale tra il rendimento di periodo di un portafoglio e il rendimento di
periodo di un indice di riferimento (benchmark).

Box 2. Cos’è il Tracking Error

Dato un determinato orizzonte temporale (un mese, un anno, due anni, ecc..) con il termine Tracking Error (TE),
talvolta noto anche con altri termini interscambiabili (alpha, active return, excess return), ci si riferisce al
differenziale tra il rendimento di periodo di un portafoglio (un fondo, un ETF, o un qualsiasi altro veicolo di
investimento) ed il rendimento di periodo di un indice di riferimento (benchmark).
TE= RF-RBMK
dove
RF= rendimento di periodo del fondo
RBMK= rendimento di periodo del benchmark
Tale misura rientra nell’ambito delle valutazioni sugli stili di gestione di un portafoglio. Tali stili, possono essere
almeno di due tipi: stile di gestione attiva e stile di gestione passiva.
Con il termine gestione attiva si fa abitualmente riferimento alle gestioni di portafoglio orientate alla realizzazione
di un rendimento TE positivo (RF>RBMK) mentre la gestione passiva si propone, invece, come una politica di gestione
orientata ad ottenere un TE quanto più prossimo a zero (R F≈RBMK) mediante la replica del benchmark. Gli ETFs, di

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cui un esempio in basso, sono strumenti prevalentemente (se non esclusivamente, in molti mercati) di gestione
passiva.

Le politiche di indicizzazione, mediante cui gli ETFs cercano di replicare la performance del benchmark di riferimento,
possono seguire modalità diverse di attuazione. In particolare, possono essere individuate almeno tre forme di
indicizzazione: replica piena, replica parziale, replica sintetica, così come descritte di seguito.

REPLICA FISICA PIENA (FULL REPLICATION) +


In questo caso, il gestore procede all’acquisto di tutti i titoli inclusi nell’indice benchmark, rispettandone i
pesi di ciascun titolo nell’indice. L’acquisto dei titoli conferisce a tale indicizzazione il carattere di replica
“fisica” poiché essa avviene, per l’appunto, attraverso il vero e proprio acquisto, e quindi la loro
detenzione, di titoli di mercato.
Nel caso di un ETF che voglia replicare, ad esempio, l’indice americano S&P500, occorrerà acquistare sul
mercato i 500 titoli componenti, rispettando i pesi percentuali che ciascun titolo ha all’interno dell’indice
stesso. In questo tipo di gestione, compito del gestore (una volta completata la replica) è quello di
monitorare il portafoglio e compiere tutte quelle azioni necessarie a garantire la simmetria tra i pesi in
portafoglio e i pesi dell’indice intervenendo, ad esempio, in occasione dei ribilanciamenti dell’indice.
Tali ribilanciamenti possono essere dovuti alla sostituzione di vecchi titoli con nuovi titoli (in caso di perdita
dei requisiti necessari alla permanenza nell’indice da parte di questi ultimi) nonché al pagamento di
dividendi o altri proventi e al loro eventuale reinvestimento. La full replication garantisce il perfetto
allineamento tra la performance dell’indice e quella del portafoglio, sebbene ciò valga solo su base lorda,
poiché il livello di costi di transazione richiesti (proporzionali alla numerosità dei titoli componenti
l’indice) riduce la performance netta del portafoglio rispetto a quella dell’indice (un ulteriore impatto,
negativo, sul rendimento netto del fondo è poi causato dai costi fiscali).
In caso di replica fisica completa, i titoli acquistati dal gestore sono detenuti presso una banca
depositaria e sono di proprietà dell’ETF; il possessore dell’ETF non è quindi esposto a nessun rischio
controparte.

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REPLICA FISICA A CAMPIONAMENTO (C.D. SAMPLING REPLICATION) +


Consiste nell’acquisto di un campione di titoli scelto in modo da creare un portafoglio sufficientemente
simile a quello del benchmark ma con un numero di titoli inferiore che ottimizza perciò i costi di
transazione. In questo modo, se da un lato il ridotto ricorso a transazioni di borsa, ne riduce i costi, dall’altro
vi è una maggiore probabilità di disallineamento dei TE dal valore di equilibrio (TE nullo o prossimo allo zero).
La tecnica del sampling si fonda sul presupposto che, dato un certo indice di mercato (benchmark) sia
possibile individuare le principali determinanti del suo rendimento (come il settore e/o la dimensione degli
emittenti); di conseguenza, replicando nel fondo quelle stesse determinanti, dovrebbe essere possibile
ottenere rendimenti in linea con quelli del benchmark pur evitando di acquistare tutti gli n titoli che lo
compongono.
Nell’adottare il metodo del sampling occorre, operativamente, definire un criterio di campionamento;
quello più diffuso, prevede di identificare ad esempio i pesi dei settori industriali all’interno del benchmark
e successivamente selezionare, per ciascun settore, i titoli più rappresentativi di quel settore (ad esempio
quelli a più elevata capitalizzazione), e inserirli in portafoglio in una quantità tale da rispettare l’esatta
composizione settoriale dell’indice. Come nel caso della replica fisica completa, anche in questo caso
l’investitore di un Fondo/ETF indicizzato in questo modo, non è esposto ad alcun rischio controparte essendo
i titoli acquistati dal gestore del Fondo/ETF.

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REPLICA SINTETICA +
Costituisce la modalità più complessa di indicizzazione di un ETF poiché richiede il ricorso a strumenti
derivati di tipo swap. In un esercizio di estrema sintesi, possiamo distinguere due modalità di replica
sintetica: unfunded swap-based e funded swap-based.
La prima forma di ETF impiega il denaro derivante dalle sottoscrizioni dell’ETF per l’acquisto di un paniere
di titoli e l’ingresso in un contratto di swap con una controparte selezionata (in genere bancaria) che
riconosce all’ETF il rendimento dell’indice benchmark (meno il costo dello swap se previsto) in contropartita
del rendimento del paniere sostitutivo.
Il caso del funded swap based prevede, invece, la stipula di un contratto swap tra ETF e una controparte
selezionata (anche qui in genere una banca), in base al quale l’ETF trasferisce ad essa il denaro derivante
dalle sottoscrizioni vedendosi riconoscere, in contropartita, la performance del benchmark (meno il costo
dello swap se previsto).
A differenza della replica sintetica unfunded, nel caso del ETF funded swap-based il denaro proveniente
dalle sottoscrizioni non è quindi utilizzato per l’acquisto del paniere sostitutivo essendo esso trasferito
interamente alla controparte swap, affinché il patrimonio dell’ETF risulti investito per il 100% nel contratto
stesso. Tale procedura, dunque, espone il sottoscrittore a un rischio controparte che, tuttavia, può essere
parzialmente o totalmente annullato tramite l’apporto da parte della controparte swap di titoli a garanzia
delle obbligazioni assunte presso una banca depositaria in un conto aperto in nome della controparte sul
quale è posto un pegno in favore del ETF.

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La consulenza finanziaria digitale

Figura 4

A completamento della descrizione, pur sintetica, della struttura di un ETF vanno, infine, richiamati almeno tre ulteriori
aspetti che ne determinano la peculiarità, almeno con riguardo ai fondi tradizionali.

1. +

A differenza dei fondi tradizionali, negli ETF vi è un maggior ricorso alla pratica del prestito dei titoli che
costituisce un ulteriore componente di rendimento in aggiunta a quella prevalente determinata dalla
replica dell’indice di riferimento. L’operazione di prestito titoli è un’operazione in base alla quale un ETF
(A) presta a una controparte esterna (B) una parte o la totalità dei titoli detenuti in portafoglio, con
l'impegno di quest'ultima (cioè B) a restituirli a una predeterminata data futura.
A fronte di tale prestito l’ETF (A) riceve come contropartita una remunerazione da B tale da consentire
di integrare le commissioni totali annue richieste all’investitore che, proprio (ma non solo) per questo
motivo sono più basse di quelle dei tradizionali fondi di investimento. Per ovviare al rischio di controparte
cui l’ETF espone tramite questa pratica di prestito, sovente (se non obbligatorio in alcuni casi) è il ricorso
a richieste di garanzie (collateralizzazione) alla controparte B.

2. +

Un secondo elemento di rilievo nella trattazione degli ETF è quello relativo ai ridotti costi di gestione che
lo rendono preferito ad altri veicoli di investimento negli schemi di asset allocation dei robo-advisor.
La ragione del più basso livello di costo offerto dagli ETF risiede, quasi principalmente, nella più ridotta
catena di distribuzione, essendo l’ETF uno strumento di acquisto diretto sul mercato il cui collocamento
non richiede forme particolarmente articolate di distribuzione, caratterizzanti invece i fondi tradizionali.

3. +

Il terzo elemento di considerazione si riferisce, infine, all’evoluzione degli ETFs nel tempo. Pur essendo
essi conosciuti e diffusisi prevalentemente per la loro natura “passiva”, nel mercato degli ETFs si è
progressivamente assistito all’ingresso anche di ETFs di nuova generazione: gli ETFs attivi.

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Il meccanismo di funzionamento degli ETFs attivi non differisce da quello degli ETFs passivi: come questi
ultimi, infatti, gli ETFs attivi si limitano fondamentalmente a replicare un indice; ciò che spiega la
differenza tra ETFs attivi e passivi risiede però nella caratteristica dell’indice di riferimento. Nel caso
degli ETFs attivi gli indici di riferimento, anziché indici pubblici di mercato, sono costituiti da panieri di
titoli costruiti ad hoc, ossia dei veri e propri portafogli gestiti secondo una logica di gestione attiva,
spesso alimentata dal ricorso anche spinto a logiche di leva finanziaria. L’obiettivo degli ETFs attivi è
quindi quello di “battere” (anziché replicare) un benchmark di mercato sebbene con un costo di
gestione più alto e un più basso livello di trasparenza della composizione del portafoglio.

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51.5 L’asset allocation nei servizi di robo-advisory


51.5.2 Procedimento di generazione e negoziazione degli ETFs

Se da un lato la negoziazione in borsa di un ETF appare un fenomeno privo di particolarità, in considerazione della
numerosità degli strumenti finanziari e della ordinarietà di una simile forma di negoziazione, la possibilità di quotazione
di un fondo è, in realtà, tutt’altro che una attività di semplice realizzazione.

In generale, la quotazione di un fondo


comune al pari di uno strumento
tradizionale (azione) è infatti impedito
per effetto di fenomeni di
disallineamento continui e talvolta anche
severi, tra il valore netto del fondo, il cd.
Net Asset Value (NAV) e il prezzo di
quotazione in borsa dello stesso fondo.

Glossario

Net Asset Value (NAV)

Rappresenta il valore del fondo al netto di tutti i debiti, e l’aggiornamento continuo di tale valore rende possibile
osservare e registrare la performance del fondo. Costituisce un elemento cruciale per la valutazione di un fondo
comune di investimento. Il NAV viene calcolato con una precisa metodologia, secondo cui è necessario eseguire prima
la sommatoria delle attività presenti nel fondo valutate a prezzo di mercato e nella valuta di riferimento del NAV, per
quindi sottrarre le commissioni di negoziazione, le commissioni di performance, le commissioni di banca depositaria,
gli oneri di negoziazione, oltre agli oneri fiscali.

Infatti, ogni qual volta si vuole quotare un fondo di investimento, vi è il rischio che il valore del fondo negoziato in Borsa
(dovremmo in realtà parlare di valore della quota del fondo, ma decidiamo di generalizzare a fini semplificativi), sia
diverso dal valore di mercato del fondo (il NAV).

Box 3. Un esempio di disallineamento tra NAV e valore di Borsa del fondo

Tale fenomeno può essere descritto con un esempio.


Si supponga l’esistenza di un fondo che in ha investito l’intero suo patrimonio in n titoli, e si immagini che il valore
del NAV al giorno t0 sia pari a NAV=100. Si immagini ora che la quota del fondo sia quotata sui mercati finanziari al
prezzo PMKT, e che il giorno t1 ciascuno degli n titoli in cui ha investito il fondo non sia oggetto di alcuno scambio
(tale da mantenere i prezzi a t1 coincidenti con i prezzi rilevati in t0) mentre il mercato registra un certo numero di
ordini di acquisto sul fondo quotato in borsa.

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In queste condizioni, poiché c’è una offerta sul fondo superiore all’offerta sui titoli che lo compongono, si verifica
che il prezzo di mercato è superiore al NAV (PMKT>NAV) evidenziando una cosiddetta condizione di quotazione “a
premio” del fondo sul NAV. In casi opposti, ovverossia in presenza di ordini di vendita del fondo sul mercato di
Borsa superiori agli ordini di vendita sugli n titoli che lo compongono, potrebbe invece rappresentarsi una
condizione di quotazione a sconto del prezzo di borsa del fondo rispetto al NAV (P MKT<NAV).

La presenza di un disallineamento tra NAV e valore di Borsa del fondo, impediscono, quindi, la diffusione della
quotazione dei fondi e, nel caso dei fondi indicizzati, impedisce il perseguimento dell’obiettivo del fondo (cioè: la
replica dell’indice).
Nel caso degli ETFs, tale limite, viene però superato grazie all’ideazione di un meccanismo di creazione (creation) e
riscatto (redemption), c.d. procedimento di emissione “creation/redemption in-kind”, senza il quale la quotazione di un
ETF impedirebbe il raggiungimento di una efficace politica di gestione indicizzata.
Il meccanismo di creation/redemption in-kind, che in queste pagine semplifichiamo e generalizziamo, prevede la
creazione di un mercato primario, dove possono accedere solo determinati investitori “Authorized Participants” (APs),
ossia investitori istituzionali che possono in qualsiasi momento chiedere l’emissione o il riscatto di uno più lotti di quote
al dettaglio dell’ETF (lotti che, in gergo tecnico, si definiscono come Unit Creation).
Le quote al dettaglio rappresentano proprio le quote dell’ETF negoziate sul mercato secondario (cioè la Borsa Valori)
dagli investitori retail e, come anzi detto, sono oggetto di negoziazione sul mercato primario in lotti minimi che, ad
esempio (e tipicamente), possono essere pari a 10.000, 50.000 o 100.000 quote al dettaglio.
Tali lotti minimi possono essere oggetto di negoziazione tra l’AP e l’ETF. In particolare, un AP potrà sia acquistare
(con un flusso di cassa in uscita) uno o più nuovi lotti minimi di quote retail emessi dall’ETF, per quindi rivenderli sul
mercato secondario (fase di creation) ottenendo il relativo flusso di cassa in entrata, sia riscattare dall’ETF uno o più
lotti minimi di quote retail nel frattempo raccolte sul mercato secondario (con un flusso di cassa in uscita) dietro
riconoscimento di un flusso di cassa in entrata rappresentativo del valore di riscatto.

COPERTINA
Fase di creation

STEP 1

Con riguardo alla fase di creation, affinché un AP possa ottenere l’emissione e la relativa cessione dall’ETF di uno o
più lotti di quote retail, è necessario che l’AP acquisti sul mercato secondario un paniere di titoli (creation basket)
rappresentativo dell’indice cui è collegato l’ETF, per poi cederlo all’ETF in cambio proprio dell’emissione delle quote
retail.

STEP2

Ricevuto il paniere di titoli, l’ETF lo depositerà presso un intermediario (o presso l’ETF stesso), per cui le quote emesse
devono intendersi come rappresentative del portafoglio di titoli depositato.

STEP 3

Una volta emesso il lotto minimo che, supponiamo, essere espressivo di 50.000 quote retail, l’AP può rivendere
ciascuna quota sul mercato retail per rientrare dall’investimento sostenuto per l’acquisto dei titoli componenti il
creation basket.

Affinché tale articolato sistema risulti profittevole per l’AP, è necessario che il prezzo al quale l’AP rivenda al mercato
secondario le quote retail (PMKT) sia superiore al prezzo sostenuto per l’acquisto dei titoli componenti il paniere (e che
corrisponde, pur semplificando, al NAV dell’ETF).

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Ciò significa che in condizioni di quotazione a premio delle quote dell’ETF sul suo NAV, gli AP si attiveranno per chiedere
all’ETF l’emissione e la cessione di nuovi lotti minimi fintanto che le differenze di prezzo tra mercato primario e mercato
secondario rendano profittevole l’arbitraggio. In queste condizioni (cioè P MKT>NAV) la cessione sul mercato secondario
di nuove quote genera una pressione al ribasso del prezzo delle quote retail (PMKT) tale da riallinearlo al NAV.

COPERTINA
Fase di redemption

STEP 1

Con riguardo, invece, alla fase di redemption, affinché un AP possa ottenere il riscatto di uno più lotti di quote retail
dall’ETF, è necessario che raccolga sul mercato il numero di quote retail costituenti il lotto (nel nostro esempio, 1
lotto minimo = 50.000 quote retail) e lo ceda all’ETF in cambio proprio del paniere di titoli (creation basket) del cui
deposito quelle stesse quote retail erano rappresentative. Ricevuto il paniere di titoli, l’AP potrà quindi venderlo sul
mercato.

STEP2

A differenza del caso precedente, affinché tale articolato sistema risulti profittevole all’AP, è necessario questa volta
che il prezzo al quale l’AP rivenda al mercato il paniere dei titoli (il NAV) sia superiore al prezzo sostenuto per
l’acquisto dei titoli (PMKT), ovverossia: è necessario che le quote retail siano negoziate a sconto rispetto al NAV
dell’ETF (PMKT<NAV). In queste condizioni, gli APs continueranno a comprare quote retail sul mercato secondario
fintantoché PMKT<NAV, incassandone la differenza (il profitto di arbitraggio). Allo stesso tempo, l’acquisto continuo
sul mercato secondario di nuove quote da parte dell’AP, genera però una pressione al rialzo del prezzo delle quote
retail (PMKT) tale da riallinearlo al NAV.

Il meccanismo di creation/redemption in-kind rende quindi possibile il conseguimento di un profitto di arbitraggio sul
mercato primario da parte degli APs, la cui attività, tuttavia, garantisce l’allineamento tra valore dell’ETF e prezzo sul
mercato, garantendo la possibilità agli stessi ETF di poter replicare le performance degli indici, senza condizioni di
frizione (come plasticamente raffigurato dalla Figura 5).

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Figura 5

Box 4. Riepilogo grafico dello schema di generazione di un ETF (creation/redemption in-kind)


Emissione delle Creation Units nel mercato primario degli ETF

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Casi di disallineamento tra NAV e prezzo di mercato dell’ETF

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51.5 L’asset allocation nei servizi di robo-advisory


51.5.3 Le metodologie di asset allocation utilizzate dai robo-advisor

Il mercato dei robo-advisor nel mondo è, come per tutte le iniziative del campo Fintech, in continua espansione. Il
numero di servizi offerti è in continua crescita così come lo sono le prospettive future, in considerazione della tematica
dell’advise gap alla quale i robo-advisor sembrano offrire una convincente forma di soluzione.

Glossario

Advise gap
Termine che si riferisce al divario di diffusione della consulenza finanziaria. La metrica più diffusa dell’advise gap è
rappresentata dal numero di persone non servite da alcuna forma di consulenza finanziaria che, in alcuni paesi anche
progrediti sotto il profilo finanziario (UK), raggiunge anche il 90% della popolazione.

Come già accennato, i players di mercato si dividono in robo-advisor di matrice bancaria, originati cioè da un gruppo
bancario preesistente, e robo-advisor collegati a nuove iniziative di imprese Fintech.
Sebbene la panoramica di mercato offra un insieme variegato di iniziative, una prima e buona approssimazione
induce a ritenere i robo-advisor di prima specie, quelli appartenenti a un gruppo bancario, come soluzioni di robo-
advisory offerte all’interno di un più ampio spettro di iniziative di digitalizzazione. In uno schema di questo tipo, la
banca tradizionale stipula un contratto di erogazione con diverse Fintech che la supportano nella digitalizzazione delle
loro attività tradizionali quali, ad esempio, i pagamenti, crowdfunding, money transfer, lending e, per l’appunto,
consulenza finanziaria. In questo modo, i servizi sono pensati e governati dalla banca di riferimento, ma erogati secondo
modalità innovative e serviti, innanzitutto, tramite apps. Nel caso in parola, i robo-advisors.
La seconda tipologia di robo-advisor (robo-advisors stand-alone), fa invece riferimento a imprese Fintech che offrono
un servizio specializzato nella sola consulenza finanziaria automatizzata. Fanno capo a questa tipologia le iniziative più
diffuse e di successo del mercato mondiale, incluso quello italiano, che costituiscono, peraltro, il paradigma classico a
cui ci si riferisce quando si parla genericamente di robo advisor. I principali players di mercato risiedono sia in USA sia in
UK, benché anche il nostro paese partecipi alla svolta digitale della consulenza finanziaria con importanti e riconosciute
iniziative imprenditoriali. Nella Figura 6 viene riportato un quadro di quelle che possono considerarsi le principali
iniziative di robo-advisory in ordine ai volumi di gestione (AUM, Asset Under Management).

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Figura 6 - Fonte: Statista 2021.

Recenti analisi relative al mondo dei servizi di tipo stand-alone, hanno consentito di descrivere quali sono le
metodologie principali su cui sono costruiti gli algoritmi decisori delle scelte di portafoglio.

Il modello base di riferimento per tutti gli


algoritmi di robo advisoring è senz’altro il
modello della frontiera efficiente di
Markowitz.
Tale modello, sulla base di una analisi dei
rendimenti attesi, dei rischi e delle correlazioni
tra i rendimenti delle diverse opportunità di
investimento fornite dal mercato, propone un
insieme di portafogli, c.d. portafogli efficienti,
ciascuno dei quali caratterizzato da una ben
precisa qualità: quella di offrire il massimo
rendimento atteso per ciascun livello di rischio.

Box 5. La frontiera Efficiente di Markowitz


Immaginando, a titolo di esempio, una scala discreta di rischi che va da 1 (rischio minimo) a 10 (rischio massimo), il
modello di Markowitz individua 10 portafogli ottimi, ovverosia 10 portafogli che, per ciascuna unità di rischio (nel
nostro caso, rischio 1, rischio 2…rischio 10) offrono il massimo rendimento atteso. Poiché nella realtà il rischio si
misura secondo metriche continue, e non discrete, come ad esempio la varianza (che rappresenta proprio la misura
di rischio tradizionale del modello in parola), il modello della frontiera efficiente offre un insieme di continuo di
portafogli su un piano rischio-rendimento, la cui unione assume la forma di una curva, detta per l’appunto frontiera
efficiente (Figura 7).
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Figura 7

Seppur diffusissimo, e perno principale di qualsiasi modello di selezione di portafoglio, il modello di ottimizzazione di
Markowitz soffre tuttavia di una serie di limiti, ben noti agli esperti, che portano a offrire talvolta soluzioni di
investimento scarsamente diversificate, e/o contro-intuitive o, ancora, ‘massimizzatrici’ degli errori di previsione
formulate sull’andamento delle asset class candidate a comporre il portafoglio.

In estrema sintesi, i limiti metodologici del modello sono


riconducibili da un lato alla tendenza a privilegiare, con
un effetto di overweight, investimenti che rispondono a
determinati trade-off tra rischio, correlazione e
rendimento, generando portafogli concentrati in poche
asset class, dall’altro a identificare come ottimali
portafogli caratterizzati da una forte instabilità.

Tale instabilità è l’effetto dell’elevata sensibilità dell’output del modello (i portafogli ottimi) rispetto a una variazione
anche marginale degli input (i rendimenti attesi innanzitutto, ma anche i rischi e le correlazioni degli investimenti
considerati idonei per il cliente). Giacché l’approccio normativo per l’implementazione del modello di Markowitz
prevede una specificazione degli input sostanzialmente basata sulla sola osservazione delle serie storiche, è stato
osservato come la frontiera efficiente dei portafogli ottimi si esponga a una eccessiva sensibilità agli “errori di stima”
(ossia alla differenza tra il valore stimato di un parametro, per esempio il rendimento, e il suo valore osservato ex-post).
Di conseguenza, l’esposizione a un elevato estimation error conduce a un allontanamento del portafoglio ottimo
individuato ex-ante, dalla zona di efficienza identificata ex-post, e apre la strada a un dibattito critico circa la reale
capacità dei modelli della frontiera efficiente di minimizzazione del rischio.
Per ovviare a tali limiti sono stati proposti diversi metodi, tra cui, per puro cenno, il metodo della frontiera vincolata, il
modello della frontiera efficiente ricampionata; il modello di trasformazione dei rendimenti di Black e Litterman.

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Benché il modello di Markowitz sia di gran lunga il modello prevalente, i robo-advisor fanno anche uso di metodologie
di asset allocation diverse, talune proprietarie delle società di robo-advisory, talaltre riferite a modelli generalizzati
e in parte alternativi a quello della frontiera di Markowitz. Tra questi ultimi rintracciamo almeno 3 metodologie:
1) Liability –Driven Investment
2) Value Investing
3) Behavioural Finance Approach

LIABILITY-DRIVEN INVESTMENT (LDI) +


La strategia Liability-Driven Investment (LDI), molto diffusa negli schemi dei fondi pensione, si basa su un
principio di ricerca dell’equilibrio tra attivo e passivo che stabilisce, in particolare, che la struttura
dell’attivo debba essere finalizzata a coprire gli impegni futuri dell’investitore (liabilities).
Nell’ambito di questa strategia, ciascun investitore viene considerato come diverso dagli altri, perché diversi
sono i propri obiettivi e le proprie esigenze: ne consegue, necessariamente, che ciascun portafoglio debba
differenziarsi dagli altri in termine di composizione e di esposizione a determinati mercati e/o scadenze
finanziarie. La strategia Liability-Driven Investment si differenzia dalle strategie che si incentrano sulla
replica, o sulla over-perfomance, proponendosi, invece, come alternativa opposta. Mentre nelle strategie
“a benchmark”, l’obiettivo è quello di seguire o battere un indice di mercato, nella strategia LDI l’obiettivo
principale è, infatti, colmare il gap tra i flussi di cassa attesi in futuro (minori) e quelli necessari (maggiori)
a soddisfare i bisogni e le esigenze dell’investitore. Condizione necessaria per una buona implementazione
della strategia è, quindi, una valutazione quanto più precisa possibile delle esigenze future dell’investitore,
senza le quali la stima del gap di cash-flow risulterebbe incerta, tanto quanto il risultato della correlata asset
allocation.

VALUE INVESTING +
L’approccio Value Investing deriva dalle idee di Benjamin Graham e David Dodd (espresse nel loro celebre
libro, Security Analysis, del 1934) e rappresenta una classica metodologia di selezione di tipo bottom-up, in
quanto prevede di comporre il portafoglio partendo da una analisi attenta dei singoli titoli (anziché dei
mercati/settori di riferimento).
Il modello prevede di investire in titoli giudicati sottovalutati, ovverosia titoli che si trovano nella condizione
di avere un prezzo di mercato inferiore al valore intrinseco, ossia il valore ottenuto dall’analisi dei
fondamentali dell’azienda emittente (i dati di bilancio, ad esempio). Un disallineamento tra i due valori (con
il valore intrinseco superiore a quello di mercato) implica una cattiva lettura del mercato circa il reale valore
dell’azienda che, secondo i fautori di questa scuola di pensiero, è possibile colmare con un acquisto. È
interessante osservare come agli antipodi della strategia value ci sia la strategia growth, tra cui padri si
annovera Thomas Rowe Price Jr (fondatore dell’omonima società di investimenti), e secondo cui
l’appetibilità di un titolo è tanto più alta quanto più alto è il tasso di crescita degli utili per azione rispetto
alla media di settore.

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BEHAVIOURAL FINANCE +
La behavioural finance trae origine dai lavori pionieristici di due psicologi, D. Kahneman e A. Tversky, ai quali
spettò il merito di introdurre, a partire dal 1979, la prospect theory, una teoria sulle scelte decisionali che
rappresenta il punto cardine di riferimento di tutti gli studi di finanza comportamentale e di neuroeconomia
in generale (per questa e altre ricerche Kahneman fu del resto insignito del premio Nobel nel 2002).
Benché i risultati della prospect theory siano molteplici, in via generale essa si propone di fornire una
descrizione dei comportamenti effettivi assunti degli investitori di fronte a una decisione di natura
economica.
Focalizzandosi, in particolare, sulle decisioni in condizioni di rischio (con richiami ai concetti di probabilità e
risultato atteso) gli studi sulla prospect theory mostrano come i soggetti siano diversamente influenzati dal
concetto di rischio a seconda se ci si trovi di fronte a condizioni di guadagno o di perdita. Secondo la
prospect theory, gli esperimenti cognitivi sottoposti al loro campione di esame, mostravano dei risultati che
violavano gli assiomi della teoria classica dell’utilità, facendo emergere la centralità della variabile
comportamentale nei processi di scelta e, indirettamente, nella spiegazione di particolari dinamiche di
mercato.

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Box 6. Studi sui comportamenti irrazionali degli investitori

Negli anni successivi, i comportamenti irrazionali degli investitori sono stati oggetto di lavoro di numerosi altri
studiosi, tra cui il premio Nobel 2017 per l’economia, R. Thaler, al quale si deve la formulazione della teoria del
mental accounting, oltre che la concettualizzazione di numerosi errori cognitivi tra cui l’endowment effect, e lo
status quo bias effect, la cui spiegazione esula da questo elaborato, ma che contribuiscono alla definizione dei
modelli di asset allocation di alcune case di gestione, una delle quali inspirate e partecipate proprio dallo stesso R.
Thaler.

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51.6 Il caso: Marco e Arnaldo, due generazioni a confronto

Il contesto

Marco e Arnaldo Barnassi, sono rispettivamente figlio e padre. Papà Arnaldo è un imprenditore di discreto successo nel
settore della componentistica industriale e ha un rapporto di consulenza da circa 20 anni con la stessa banca e ha
maturato un grado di soddisfazione medio alto, sebbene non abbia gradito in passato alcune scelte di alleggerimento
del suo portafoglio in alcuni mercati. Arnaldo è laureato in Economia, ha una passione per i mercati finanziari e un
profilo di rischio medio-alto (è del resto un imprenditore) sebbene abbia scelto da tempo di investire in un portafoglio
connotato da un profilo di rischiosità medio-basso (la componente azionaria è limitata a un 10% del portafoglio)
considerando che il capitale investito nella sua azienda è pienamente concentrato in una unica attività, peraltro
(essendo una attività imprenditoriale) a elevato rischio.
Marco, il figlio, è laureato in ingegneria ed è stato assunto nell’azienda del padre da circa un anno, subito dopo il
conseguimento della laurea. Pur conoscendo bene la struttura, solo ora ha un incarico formale in azienda con relativo
stipendio occupandosi di controllo dati. Essendo un esperto di modelli quantitativi e avendo ereditato dal padre
Arnaldo la curiosità della finanza, si trova nella condizione di poter cominciare a pianificare per la prima volta la
gestione dei suoi risparmi che, nell’ultimo anno, hanno rappresentato circa il 20% dei suoi emolumenti.
Marco pensa a un piano di accumulo che gli consenta di investire all’interno di un portafoglio la propria quota di
risparmio mensile. È cliente di una banca espressione dell’era Fintech e opera esclusivamente dal suo smartphone,
ricorrendo ad esso anche per i pagamenti di piccolo taglio. Anche nel caso della gestione degli investimenti, Marco è
intenzionato ad avvalersi delle opportunità promosse dal Fintech e nei recenti mesi ha letto diversi contenuti collegati
ai robo-advisor, oltre ad aver visto numerosi video di analisi su questa nuova opportunità di investimento. Ritiene
che essi rappresentino la migliore opportunità di investimento e riprende una discussione con il padre circa la
necessità, anche per lui, di orientarsi verso questo tipo di gestione.
Papà Arnaldo ha già in passato manifestato le sue perplessità nei confronti della soluzione offerta dai robo-advisor
essendo lui abituato al valore della relazione personale che, a suo dire, è totalmente cancellata nel caso di utilizzo della
consulenza digitale. Del resto, anche con riguardo all’esperienza maturata con la sua azienda, Arnaldo crede che la
relazione professionale tra persone sia elemento imprescindibile per il successo di qualsiasi iniziativa, inclusa quella di
affidare la delega della gestione dei propri risparmi. A tal proposito, è solito ricordare al figlio quali difficoltà incontrò
qualche anno prima, quando la sua banca di riferimento gli negò l’accensione di un nuovo prestito, difficoltà poi superata
solo a seguito di perseveranza di Arnaldo nell’incontrare i referenti della banca (tra l’altro, anche presso la sua azienda),
ottenendo una revisione del giudizio a seguito, oltre che dell’integrazioni di alcuni documenti mancanti per l’istruttoria
di fido, anche del parere positivo dei suoi ospiti dopo una articolata visita in azienda.
Un bel giorno, nel corso di un viaggio di lavoro in auto, padre e figlio si trovano a parlare delle loro opinioni in merito
alle scelte di Marco.

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Il dialogo tra
Marco e Arnaldo - 1

Marco: “La settimana prossima devo definitivamente decidermi a chi affidare il piano di accumulo del risparmio.”
Arnaldo: “ne abbiamo già parlato, posso chiedere alla mia banca, è vero che non sei un cliente adatto al servizio che mi
offrono (private banking), ma sono certo che ci offriranno delle soluzioni di investimento ragionevoli e, considerando
che sono loro cliente storico, mi attendo essere anche convenienti sotto il profilo dei costi”.
Marco: “…ehm… sai come la penso, tecnologia = opportunità, me lo hai insegnato anche tu papà!”.
Arnaldo: “Sì, qui è diverso Marco, devo vedere negli occhi la persona a cui affido i miei risparmi”.
Marco: “Capisco, ma non credo che la persona che tu incontri in banca sia quella che operativamente gestisce i tuoi
risparmi, per quello ci sono i gestori, e tra questi ci sono quelli più bravi e quelli meno bravi”.
Arnaldo: “Sì, sì, è evidente, ma quelle persone che incontro conoscono tutto di me, sono loro che decidono quanta parte
investire in un prodotto e quanta parte in un altro, e ricordati, come era scritto anche l’altro giorno in quell’articolo, che
la migliore performance non è effetto solo del miglior prodotto, ma anche del dosaggio dei prodotti. Quello che è
importante è il peso di ciascun prodotto nel portafoglio, o almeno io avevo inteso questo… articolo un po' più complesso
del solito, a dire il vero”.
Marco: “Forse è vero, ma…papà… c’è poco da fare, non puoi non servirti dell’innovazione, a qualunque campo essa si
applichi!”.
Arnaldo: “Bah…io non vorrei che tutto questo parlare di innovazione finanziaria, Fintech e cose di questo genere, non
siano altro che una moda. La mia banca ha un servizio di home-banking da oltre 20 anni, e come sai bene le disposizioni
di pagamento sono digitali, non da ora ma da anni! Non vorrei che ci propinino dei servizi vendendoceli come innovativi,
quando si tratta in realtà di prodotti già visti, seppur “confezionati” in modo diverso”.
Marco: “E qui ti sbagli, le innovazioni ci sono sempre state, solo che prima del 2000 era impossibile parlare di banca on-
line in Italia, poi sono arrivate, è vero, così come arrivato anche il trading on-line. Questa volta però è diverso, perché
tutti i servizi sono calibrati e potenziati sulla base di queste diavolerie di smartphone cui siamo legati giorno e notte. È
questa la differenza: hai in mano dei congegni la cui capacità di elaborazione è imparagonabile a quanto disponibile 20
anni fa. E non parliamo della capillarità del servizio, tutti possiamo usufruire di tutto, in qualsiasi momento”.
Arnaldo: “E’ vero e la cosa mi inquieta anche un po’… “.
Marco: “Papà, è il prezzo della tecnologia e della sua comodità, così come è vero che nessuno ci obbliga a possederne.
Io mi sono quasi convinto: ho fatto un’analisi dei benefici di affidarsi a un robo-advisor, e sono certamente superiori agli
eventuali rischi”.
Arnaldo: “Mah… per esempio? Elencami qualcuno di questi ipotetici benefici”.

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Testo domanda Quale tra i seguenti è uno dei benefici di cui Marco parla a suo padre?

Istruzione Seleziona la risposta corretta

FRONT BACK

OPZIONE A “Senz’altro il rendimento medio di portafoglio che è di norma Non è corretto. Marco
superiore a quello offerto dai servizi di consulenza evidenzia al padre che uno dei
tradizionale!” benefici del robo-advisor è il
risparmio sulle commissioni.
Continua a leggere il dialogo
tra Marco e Arnaldo.

OPZIONE B “Direi senz’altro il rischio medio di portafoglio, che è Non è corretto. Marco
inferiore a quello offerto dai servizi di consulenza evidenzia al padre che uno dei
tradizionale” benefici del robo-advisor è il
risparmio sulle commissioni.
Continua a leggere il dialogo
tra Marco e Arnaldo.

OPZIONE C “Innanzitutto i costi, da quanto ho capito, avrò un bel Esatto. Continua a leggere il
risparmio di commissioni benché il servizio rimanga un dialogo tra Marco e Arnaldo.
servizio personalizzato”

OPZIONE D “Beh, tanto per cominciare, la rapidità di esecuzione degli Non è esatto. Marco
ordini di borsa, che non ha paragone se effettuata con la evidenzia al padre che uno dei
consulenza tradizionale” benefici del robo-advisor è il
risparmio sulle commissioni.
Continua a leggere il dialogo
tra Marco e Arnaldo.

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Il dialogo tra
Marco e Arnaldo - 2

Marco: “Il meccanismo è semplice: c’è un algoritmo che ottimizza gli investimenti e i cui servizi sono comuni a tutti,
definendo un portafoglio adatto alle tue caratteristiche, e che ribilancia gli investimenti in funzione dell’andamento del
mercato. Non devo incontrare ogni volta il consulente per discutere di modifiche, le faccio con un semplice click”.
Arnaldo: “Ma anche io possono chiedere una call in qualsiasi momento con il mio consulente e farmi dire cosa ne pensa
dei mercati, lo posso fare anche con una call su skype: la pandemia ha reso comune questo tipo di approccio, anche in
banca! E poi mi fido di Salvati, il mio consulente. Mi sembra preparato, dopo il Covid ho avuto una perfomance positiva
quando, invece, fosse stato per me ero pronto a uscire e abbandonare tutto”.
Marco: “Non dico che non siano capaci, è solo una questione di costi. Interrogare una persona ha un costo, interrogare
un algoritmo, ne ha un altro!”.
Arnaldo: “Non la penso così, e poi il tema dei costi, a mio parere, va sempre confrontato con quello dei risultati e della
soddisfazione. Il solo pensare che debba relazionarmi con una macchina, mi inorridisce”.
Marco: “Ci sono tanti altri vantaggi, papà. Il processo è razionale, e non è affidato al caso. Per i consulenti credo che noi
siamo solo dei numeri, qui invece ho qualcuno, anche se una macchina, sempre pronto per me, che mi suggerisce quello
che ritiene essere più razionale, indipendentemente dal mio patrimonio e dalla mia appetibilità”.
Arnaldo: “Non credo sia così, la mia esperienza mi dice che non è così… sai come la penso”.

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Testo domanda Quale altro beneficio del robo-advisor Marco sottopone a suo padre?

Istruzione Seleziona la risposta corretta

FRONT BACK

OPZIONE A “Guarda che il livello di correttezza e trasparenza delle Non è corretto. Marco
informazioni fornite da un robo-advisor è molto superiore a evidenzia al padre che altri
quello fornito da un intermediario tradizionale!” aspetti positivi del robo-
advisor sono il risparmio di
tempo e la possibilità di
aderire al servizio in qualsiasi
momento. Continua a leggere
il dialogo tra Marco e Arnaldo.

OPZIONE B “Hai mai riflettuto sulla praticità di queste soluzioni? Anziché Esatto. Continua a leggere il
spendere tempo in banca per stipulare il contratto, puoi dialogo tra Marco e Arnaldo.
aderire solo quando sei convinto e puoi farlo comodamente
da dove preferisci”

OPZIONE C “E poi, è possibile aderire al servizio di robo-advisory con la Non è corretto. Marco
certezza di non essere vittima di frodi informatiche; tu evidenzia al padre che altri
potresti dire altrettanto per i servizi on-line della tua banca?” aspetti positivi del robo-
advisor sono il risparmio di
tempo e la possibilità di
aderire al servizio in qualsiasi
momento. Continua a leggere
il dialogo tra Marco e Arnaldo.

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OPZIONE D “Poi, papà, io posso effettuare esperienze operative di Non è corretto. Marco
trading on-line assistito in diretta da esperti e questo mi evidenzia al padre che altri
tranquillizza perché non ho esperienza” aspetti positivi del robo-
advisor sono il risparmio di
tempo e la possibilità di
aderire al servizio senza
condizionamenti di tempo e
luogo. Continua a leggere il
dialogo tra Marco e Arnaldo.

Il dialogo tra
Marco e Arnaldo - 3

Arnaldo: “Prima di firmare, io leggo e penso… lo consiglio a tutti”.


Marco: “Secondo me in banca, così come in qualsiasi altro luogo deputato alla firma del contratto, hai una pressione
psicologica. Pensa anche alle varie raccomandazioni di acquisto che ricevi, io le riceverò su telefono, senza la pressione
di qualcuno che mi spinga a farlo”.
Arnaldo: “Ti ho già risposto, sono autonomo nelle decisioni, penso sempre prima di procedere”.
Marco: “Lo so…figurati… ma quando non sei esperto di qualcosa, provi a seguire i consigli di chi dovrebbe saperne più
di te”.
Arnaldo: “Questo è un discorso che vale anche per il robo-advisor, altrimenti perché una persona dovrebbe affidarsi a
qualcun altro o, come in questo caso, a qualche altra cosa? E poi, se è vero che risparmi tempo, non so francamente se
il tempo che ho speso io in banca per la firma del contratto sia superiore a quello impiegato da te per scoprire cosa sia
un robo-advisor!”.
Marco: “Può darsi, resta però il tema della trasparenza… il mio è un servizio indipendente, non c’è il tentativo di offrirmi
quello che è bene per la banca, ma solo quello che è bene per me”.
Arnaldo: “E’ un tema che conosco, la mia banca mi ha ben spiegato cosa è consulenza dipendente e cosa è consulenza
indipendente, e mi ha ben spiegato che, in effetti, con queste novità regolamentari anche la consulenza dipendente si

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rafforza, perché devono obbligatoriamente competere meglio e offrire servizi a più altro valore aggiunto. Del resto, nel
corso dello shock del Covid-19, ho avuto un rendimento positivo, anche se basso, te l’ho già detto: prova superata!”.
Marco: “La verità è che io non mi fido di una banca, diciamocela tutta”.
Arnaldo: “La mia è grande, non può fallire…è un discorso basato sui numeri… e anche sulla reputazione, e poi sono libero
di andarmene quando voglio”.
Marco: “Non credere sia così facile, io potrò farlo con un click.”
Arnaldo: “Certo, quando magari è tardi!”.
Marco: “Papà, seguo i mercati, sai come lavoro con i numeri, pensa addirittura che il robo-advisor verso cui mi sto
orientando, consente anche di partecipare alle scelte, posso ad esempio bloccare la volatilità del portafoglio quando lo
ritengo opportuno e sbloccarla quando rivoglio”.
Arnaldo: “Non oso pensare a quanti danni provocherai ai tuoi investimenti! Comincio a preoccuparmi”.
Marco: “In realtà è proprio questa possibilità di interazione che stimola la mia necessità di investimento. È vero che non
sono un trader ma…ti ripeto…per me i vantaggi sono superiori ai costi, anche perché investono in ETF. Sai cosa è un
ETF? Diversificazione e costi bassi…queste le parole chiave”.
Arnaldo: “Me ne parli in un’altra occasione. Siamo arrivati”.

La sintesi finale

Il caso esaminato riporta un ideale scambio di vedute tra due differenti generazioni sul tema del robo-advisory. Le
indicazioni implicite sono di almeno due tipi:
1. è probabile che i servizi di robo-advisory trovino maggiore spazio nelle nuove generazioni, almeno in una prima e
transitoria fase (con possibili implicazioni in merito all'assenza di servizi di consulenza olistica in considerazione del
patrimonio ridotto di tale segmento di clientela),
2. vanno evitati giudizi approssimati in merito al maggior "valore" associato al robo-advisory rispetto alla consulenza
tradizionale (e viceversa). Tale giudizio potrà, infatti, essere espresso solo dopo un’attenta valutazione su alcuni aspetti
tipici dei servizi di consulenza quali:
i) i costi di accesso (mediamente più alti nella consulenza tradizionale);
ii) il servizio di affiancamento e di prevenzione degli errori cognitivi del cliente (aspetto dove i robo-advisory
potrebbe apparire più vulnerabili);
3) la qualità dei portafogli e l'aderenza ai profili di rischio (aspetti che possono essere valutati solo caso per caso).

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Bibliografia

- Backend Benchmarking. (anni vari). The Robo Report.


- Banca d'Italia. (2017). Fintech in Italia: Indagine conoscitiva sull'adozione delle innovazioni
tecnologiche applicate ai servizi finanziari.
- CONSOB (2019), La digitalizzazione della consulenza in materia di investimenti finanziari, Quaderni
FinTech CONSOB, n. 3, gennaio.
- Financial Stability Board. (2017). Artificial intelligence and machine learning in financial services.
- IOSCO. (2017). Research Report on Financial Technologies (Fintech).
- Kolanovic, M., & Krishnamachari, R. T. (2017). Big Data and AI Strategies: Machine Learning and
Alternative Data Approach to Investing. JP Morgan.
- Potenza, Schena, Arlotta, & Tanda. (2018). Lo sviluppo del Fintech: opportunità e rischi per l'industria
finanziaria nell'era del digitale. Quaderni FinTech CONSOB, n. 1, marzo.

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