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Riassunto del capitolo 12 di

gestione aziendale dal libro


"la gestione dell'impresa" di
Sergio Sciarelli
Economia Aziendale II
Università degli Studi del Molise
5 pag.

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CAPITOLO 12: IL SISTEMA INFORMATIVO AZIENDALE E IL “KNOWLEDGE MANAGEMENT”

1) IL SISTEMA ORGANIZZATIVO NELL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE


Le informazioni sono la materia prima che alimenta il processo decisorio di ogni azienda, descritto come il processo
attraverso il quale le informazioni sono convertite in azioni. Prima di assumere una scelta, tanto più se rischiosa, il
decision maker avverte la necessità di (ri)costruire un quadro informativo il più possibile completo, integrando dati
interni e feedback derivanti dai processi di gestione con quelli che descrivono l’evoluzione del contesto esterno (micro
e macroambiente).
La carenza di informazioni può pregiudicare non solo la capacità di individuare tempestivamente problemi emergenti,
sui quali focalizzare l’attenzione, ma anche l’attitudine manageriale nel fissare obiettivi inerenti, ricercare opportuni
corsi d’azione.
Il Sistema Informativo (SI) può quindi fornire sostegno a tutti i processi gestionali, rendendo disponibile, in tempo
utile, le informazioni che supportano sia nei processi di assunzione che in quelle di esecuzione delle decisioni.

2) SISTEMA DIREZIONALE E OPERATIVO


Il SI può essere scomposto in 2 sistemi interagenti: il sistema informativo direzionale (SID) e il sistema operativo. Il
primo elabora le informazioni che sostengono il management aziendale nell’assunzione di più decisioni più o meno
complesse e nel controllo della relativa attuazione; il secondo, invece, identifica una serie di sottosistemi eterogenei
(produzione, marketing, personale) che forniscono il supporto informativo per programmare lo sviluppo delle attività
esecutive e per il loro controllo operativo.
Un efficace sistema informativo, oltre a garantire informazioni accurate e selettive, deve rispettare anche il principio
della “selettività”. Essa esprime la capacità del sistema di fornire a ciascuna tipologia di utilizzatori solo le informazioni
rilevanti realmente utili ai fini decisionali, scongiurando così il rischio associato alle cosiddette situazioni di
information overload (sovraccarico cognitivo), che si verifica quando si ricevono troppe informazioni per riuscire a
prendere una decisione o sceglierne una specifica sulla quale focalizzare l'attenzione.
Per evitare tale rischio, il Sistema Informativo va progettato a partire da una quantità di informazioni specifiche a
seconda delle diverse categorie di utilizzatori. Le informazioni di cui necessita l’alta direzione sono differenti da quelle
che servono a chi è chiamato a svolgere compiti esecutivi.
AL VERTICE della piramide organizzativa è avvertita la necessità di informazioni aggregate, generalmente espresse
attraverso pochi indicatori chiave. Tali informazioni devono essere dunque sintetiche per consentire all’ALTA
DIREZIONE di cogliere in modo rapido l’andamento complessivo della gestione aziendale (INFORMAZIONI
INTERNE, come, ad es., disponibilità di risorse) e delle principali variabili relative al contesto esterno
(INFORMAZIONI ESTERNE, come ad es., analisi di mercato e concorrenza). La richiesta delle tali può avvenire
anche in modo del tutto imprevedibile e non ripetitivo (frequenza non prefissata).
Al contrario, a chi deve svolgere le attività ALLA BASE della piramide, serviranno informazioni dettagliate e
analitiche, acquisite in tempo reale (frequenza continua) e maggiormente focalizzate sul proprio specifico ambito di
operatività.
Normalmente, il processo di produzione delle informazioni si realizza, quindi, mediante elaborazioni successive man
mano che dalla base della struttura ci sposta verso il vertice. La sintesi consente di rispondere più velocemente di
rispondere al bisogno informativo che il management andrà ad esprimere, rispettando il requisito della selettività e
scongiurando il rischio di information overload.

3) GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DI UN SISTEMA INFORMATIVO


Un sistema informativo è costruito da un insieme di elementi interdipendenti, relativi alla raccolta, archiviazione,
elaborazione di dati, allo scopo di produrre e distribuire le informazioni necessarie alla pianificazione e all’attuazione
dei processi aziendali. In particolare, i principali elementi costitutivi di tale sistema sono:
1) I DATI: i dati rappresentano la materia prima “grezza” impiegata nel processo di produzione e di informazioni. Un
dato può essere definito come la rappresentazione dello stato di un fenomeno (esterno/interno). L’informazione è,
invece, un dato cui viene attribuita una forma, a cui cioè è associato un significato utile dal punto di vista del soggetto.
I dati, dunque, costituiscono la base di partenza, l’input del processo di produzione delle informazioni; per tale ragione
l’impresa deve porre particolare cura nel predisporre i processi di acquisizione dei dati elementari, decidendo, in
funzione del fabbisogno informativo da soddisfare, quali dati rilevare/archiviare, presso quale fonte reperirli
e con quali frequenza aggiornarli, dovendo costantemente bilanciare la necessità di ottenere informazioni con il costo
dell’attività di raccolta, elaborazione e diffusione dei dati.

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Per costruire una buona base di dati, i dati interni, provenienti dai sistemi contabili (dati del costo di prodotto, dati di
vendita) e extra-contabili (che registrano eventi gestionali di natura diversa, come, ad es., il prelievo di un prezzo dal
magazzino, l’inserimento di un nuovo prodotto a catalogo…) devono essere integrati con i dati esterni, relativi
all’ambiente competitivo e transazionale (clienti, consumatori, fornitori) e, più in generale, al macroambiente. Negli
ultimi anni, la rete Internet si è rivelata prezioso strumento di acquisizione di dati di origine esterna, relativi non solo al
sistema ambientale generale, ma anche e soprattutto al comportamento dei clienti, attuali/potenziali, e dei fornitori,
partner e concorrenti.
2) LE PROCEDURE: esse sono intese come il complesso di norme e regole da seguire per l’acquisizione e
l’elaborazione dei dati e la successiva diffusione delle informazioni ottenute. Il processo di produzione delle
informazioni può essere concettualmente distinto in tre fasi: a) l’acquisizione dei dati; b) la loro elaborazione; c) la
comunicazione dell’informazione che deve raggiungere i differenti destinatari.
La definizione di norme e regole è fondamentale per definire i tempi e le modalità di comunicazione dell’informazione
ottenuta.
Tempi: l’obiettivo è quello di sincronizzare i tempi di trasmissione delle informazioni con quelli di decisione,
bilanciando l’esigenza di tempestività con il rischio di produrre una situazione di overload.
Modalità di comunicazione: le informazioni devono essere precise, chiare e complete anche se possono essere recepite
in maniera diversa a seconda degli schemi mentali, delle esperienze e dei valori di ciascun destinatario.

3) I MEZZI TECNICI: I mezzi tecnici sono gli strumenti adoperati per l’elaborazione, la raccolta e l’archiviazione delle
informazioni. In passato venivano adoperate delle procedure di registrazione dei dati su supporti cartacei, che
richiedevano tempi più lunghi. Oggi, invece, l’avvento del computer, assieme ad altre tecnologie informatiche, ha
contributo a velocizzare, razionalizzare e automatizzare l’esecuzione di molte attività del sistema informativo.
Per quanto, infatti, all’interno dell’azienda una parte delle informazioni è generata/trattata a livello manuale, il sistema
informativo è ormai ampiamente automatizzato e la produzione di informazioni si realizza grazie ad un sistema
complesso, costituito di MEZZI HARDWARE (la parte materiale del sistema, ossia tutti gli strumenti e le
apparecchiature) e MEZZI SOFTWARE (la parte intangibile del sistema, ossia tutti i programmi che consentono lo
svolgimento delle procedure elaborative).
4) LE PERSONE: Le persone rappresentano un altro elemento costitutivo perché il processo di produzione delle
informazioni taglia trasversalmente tutta l’organizzazione e coinvolge tutti gli utenti che si rapportano con l’impresa,
sia in veste “attiva” che “passiva”, ossia come centro di produzione dell’informazione ma anche come centro di
ricezione della stessa. Mentre nelle prime fasi dell’informazione aziendale la raccolta e l’elaborazione dei dati erano
eseguite da personale specialistico e si realizzavano nei centri EDP (Electronic Data Processing), oggi tutto il personale
aziendale è attivo nell’utilizzo delle tecnologie informatiche e, grazie alla diffusione di procedure online e real time, i
dati possono essere acquisiti direttamente alla fonte.

4) SISTEMA INFORMATIVO DIREZIONALE E “BUSINESS INTELLIGENCE”


Il Sistema Informativo Direzionale (S.I.D) identifica quella porzione del Sistema Informativo che elabora informazioni
che supportano il processo decisionale e di controllo attuati dal management aziendale. Esso si alimenta con i dati
elementari provenienti dai sistemi informativi operativi. Da tale definizione si capisce che il S.I.D:

1) Supporta tutti i soggetti che, anche se a diversi livelli organizzativi, collaborano al ciclo di direzione assumendo
decisioni;

2) Produce informazioni di tipo push (per rispondere a fabbisogni informativi predeterminati) e/o su richiesta
dell’utente, cioè di tipo pull; le prime sono informazioni standard, offerte con frequenza predeterminata, a supporto di
processi decisionali di tipo routinario. La decisione relativa alla quantità e alla qualità di informazioni da erogare in
modalità push viene assunta a partire dall’analisi del sistema decisionale dell’impresa, preliminarmente condotta allo
scopo di capire “chi assume le decisioni” e “quali informazioni necessita per svolgere il processo decisorio”. Tuttavia,
poiché non sempre il fabbisogno informativo dei decisori aziendali si può prevedere ex-ante, un efficace Sistema
Informativo Direzionale deve essere in grado di consentire anche la produzione di informazioni in modalità pull, ossia
generate direttamente dagli utenti, on de mand, in base a specifiche esigenze conoscitive espresse dal management in
maniera estemporanea e, quindi, non definibili a priori.
Poiché il punto di partenza per la produzione di informazioni è il dato, alla base del S.I.D vi sono i sistemi che
contengono i dati elementari, i cosiddetti “sistemi alimentanti”. I dati, interni ed esterni, vengono poi elaborati. I primi
sono ottenuti dai sistemi informativi operativi, che sono generalmente integrati, come gli ERP, o dedicati alla relazione
con il cliente, come il CRM o da varia applicazione delle tecnologie Web.

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I sistemi ERP (Enterprise Resource Planning) sono “sistemi informativi integrati”, costituiti da moduli (o sottoinsiemi)
che integrano tutti i processi di business rilevanti di un'azienda (vendite, acquisti, gestione magazzino, contabilità…).
Anche se ciascun modulo è indipendente, può interagire con altri, condividendo la stessa base di dati. A differenza dei
tradizionali Sistemi Informativi di tipo operativo, sviluppati in modo autonomo per ciascuna funzione aziendale, gli
ERP consentono di promuovere lo sviluppo di flussi informativi internazionali, supportando il management nella
gestione delle interdipendenze organizzative, in ottica di processo.
Con l’ERP il dato è inserito una sola volta e gestito univocamente da tutto il sistema informativo, venendo ad essere
“condiviso” da tutte le funzioni azienda coinvolte nel processo.
Altre fonti interne di dati elementari, oltre all’ERP, possono essere i sistemi che gestiscono le funzioni di interfaccia con
il mercato (Customer Service e Customer Relationship Management), i sistemi Web e altri sistemi informativi e/o
transazionali.
I dati elementari che vengono estratti da questi sistemi (ERP, CRM, web) vengono poi caricati nel datawarehouse dal
quale possono essere trattati con varie applicazioni e software, per poter elaborare informazioni a supporto di processi
routinari o per rispondere a particolari esigenze del management.

L’ultimo livello di architettura del S.I.D corrisponde, appunto, ai sistemi di BUSINESS INTELLIGENCE, intesi come
insieme di processi, applicazioni e sistemi tecnologici mediante il quale si producono e analizzano informazioni relative
al business aziendale, riuscendo sia a valutare il passato/presente e capirne i fenomeni (cause dei problemi o
determinanti delle prestazioni ottenute), sia a predire i valori futuri di alcuni variabili, simulando e/o creando scenari
con possibilità di manifestazioni differenti.
Questi sistemi supportano i processi di produzione e analisi di informazioni, operando sia in modalità push che pull:
consentono cioè non solo di elaborare informazioni utili a supportare processi di controllo routinari, ad es. con la
generazione di report direzionali e tableau de bord, ma anche di arrivare a informazioni maggiormente destrutturate,
che rispondano a necessità informative estemporanee e discrezionali dei decisori aziendali. Il management può, in un
preciso momento, essere interessato a conoscere quali segmenti di clientela acquistano un determinato prodotto (attività
di marketing) o valutare la sussistenza di correlazioni tra le vendite di due prodotti inclusi nella gamma (cross selling).
Questa quantità di informazioni “emergente” essere soddisfatto grazie a sistemi per l’analisi quantità di varia natura
(analisi multidimensionale, query libere su basi dati,), ai sistemi di sistemi di simulazione (es. what if analysis), ai
sistemi di Knowledge Discovery (es. data mining), e così via.
Tali sistemi consentono, dunque, di rispondere anche a fabbisogni informativi non predeterminati, e supportano il
management nella ricerca di informazioni utili a determinare le cause che determinano i fenomeni d’interesse
dell’impresa.

PRINCIPALI FUNZIONALITÀ DEI SISTEMI BUSINESS INTELLIGENCE:


1) REPORTING DIREZIONALE: insieme coordinato di documenti e prospetti, destinati ai manager a capo dei singoli
centri di responsabilità, che forniscono informazioni sintetiche sui fenomeni cui questi sono più direttamente
interessati; 2) TABLEAU DE BORD: fornisce una visione d’insieme sull’andamento dei processi aziendali critici e dei
principali indicatori-chiave di risultato, i Key Performance Indicator (es. redditività, costi d’acquisto…);
3) ANALISI MULTIDIMENSIONALE: consente di analizzare e esplorare i dati interattivamente sulla base di un
modello multidimensionale, in cui ogni dimensione rappresenta una delle variabili del fenomeno cui l’utente è
interessato. Egli può dunque analizzare il fenomeno d’interesse utilizzando le dimensioni di volta in volta a lui più
congeniali (es. volumi di vendita di un prodotto, articolati in funzione dell’area geografica e/o del tempo);
4) QUERY AD HOC: interrogazioni “libere” e ricerche ad hoc che il manager può condurre, senza conoscere e usare il
linguaggio informatico, all’interno del database direzionale, individuando dati di interesse, correlandoli e
sintetizzandoli secondo propri criteri personali;
5) WHAT IF ANALYSIS: a partire da differenti ipotesi circa i possibili cambiamenti del contesto aziendale e dello
scenario competitivo, consentono di determinare, ex ante, le conseguenze di determinate azioni;
6) DATA MINING: insieme di tecniche statistico-matematiche per esplorare grandi masse di dati al fine di scoprire
relazioni, comportamenti o associazioni “nascoste” tra gli stessi, rendendoli visibili.

5) Dall’elaborazione delle informazioni alla gestione delle conoscenze: IL KNOWLEDGE MANAGEMENT


Con la diffusione di nuovi strumenti e nuove tecnologie, in primis le tecnologie web-based, i sistemi informativi, una
volta utilizzati solo ed esclusivamente per automatizzare i processi di generazione delle informazioni, oggi rivestono un
ruolo fondamentale nella gestione della conoscenza organizzativa o Knowledge Management (K.M). Prima di definirne
i suoi contenuti, individuandone le principali criticità, è opportuno chiarire il significato da attribuire alle parole

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“informazione” e “conoscenza”:
1) L’informazione deriva dall’interpretazione dei dati a cui viene associato un significato dal punto di vista del
soggetto; 2) La conoscenza può essere generata dall’assimilazione dell’informazione, ossia dall’integrazione delle
informazioni con le informazioni precedentemente ottenute dal soggetto e costituite in un sistema.
Alla generazione di nuova conoscenza non si arriva attraverso la passiva acquisizione di nozioni astratte, ma attraverso
il coinvolgimento attivo di un individuo che realizza uno sforzo cognitivo, basato sulla capacità di pensare, mettere a
frutto le esperienze pregresse e comprendere il senso di ogni esperienza vissuta: in questi termini, la conoscenza è
informazione combinata con l’esperienza, il contesto, l’interpretazione e la riflessione.

Pertanto, Il Knowledge Management è «l’insieme delle attività e dei processi di generazione, mappatura, selezione,
memorizzazione, diffusione della conoscenza». Si tratta di un approccio strategico che identifica nella conoscenza una
risorsa da gestire per migliorare le capacità di azione di una persona e di tutta l’organizzazione aziendale.
L’obiettivo è quello di riuscire a far circolare/condividere la conoscenza che viene a crearsi all’interno
dell’organizzazione aziendale, evitando di relegarla a semplice abilità personale. In altre parole, il processo di
apprendimento dell’organizzazione si alimenta di conoscenza e dunque è attraverso i sistemi informativi che si cerca di
rendere le conoscenze disponibili ed accessibili a tutti.
Tale processo può essere reso vischioso dalla natura stessa della conoscenza. L’apprendimento organizzativo deriva
infatti dall’interazione continua di due forme di conoscenza:
1) La CONOSCENZA TACITA, una forma di conoscenza radicata nell’azione, nell’impegno e “situata” in uno
specifico contesto. Essa può essere acquisita ed esercitata solo con la pratica, ma non può essere descritta verbalmente
né tantomeno spiegata. Proprio per tale caratteristica questa è essenziale per le imprese perché è fondamentale per la
creazione di competenze difficilmente imitabili.
2) La CONOSCENZA ESPLICITA, che invece può essere codificata e trasmessa attraverso un linguaggio formale con
manuali, norme, codici…
L’accesso alla conoscenza tacita risulta molto difficile, tant’è che molto spesso non si riesce a sintetizzare, confrontare
con quella esplicita per arricchire il patrimonio cognitivo dell’organizzazione.
La creazione della conoscenza richiede un processo dinamico di conversione che deve realizzarsi su due livelli:
INDIVIDUO e ORGANIZZAZIONE. Tale processo, descritto con il noto modello della “spirale della conoscenza”
postula quattro differenti modalità di conversione della conoscenza:
1) Da tacita a tacita, attraverso la socializzazione: la conoscenza tacita non può essere trasferita attraverso le parole, ma
può essere acquisita attraverso l’osservazione del comportamento. Questa prima modalità di conversione può essere
incentivata dall’impresa attraverso opportuni interventi sulla struttura organizzativa tesi a facilitare la creazione di
campi di interazione (interaction fields), come quelli associati agli interventi di formazione sul campo o alla creazione
di team di lavoro interfunzionali, dove un individuo, anche senza l’uso del linguaggio, può acquisire conoscenza dalla
relazione diretta con altri, attraverso l’osservazione e l’imitazione dei comportamenti;
2) Da tacita ad esplicita, con il processo di esteriorizzazione: si da un’espressione linguistico-comunicativa alle
conoscenze comuni che gli individui hanno sviluppato, attraverso l’uso del dialogo e delle riflessioni collettive
(discussioni nei circoli di qualità);
3) Da esplicita ad esplicita, con il processo di combinazione: attraverso la comunicazione interpersonale, lo scambio, il
confronto tra individui portatori di idee differenti l’uno dall’altro, accresce la base di conoscenze pregresse, di
ricombinare i sapere esistenti in nuove forme. La conoscenza prodotta in tal modo si cristallizza a livello organizzativo,
diventando routine, tecnica, procedura.
4) Da esplicita a tacita, attraverso l’interiorizzazione: ogni soggetto, sperimentando (attraverso prove ed errori) queste
nuove routine e procedure, le interiorizza generando nuova conoscenza, che è più ampia di quella originaria perché
arricchita del sapere di altri individui/gruppi.

Se nell’economia contemporanea la conoscenza è la risorsa per eccellenza, quella cioè che consente alle imprese di
assumere una posizione di vantaggio maggiormente difendibile, la sfida a cui le imprese sono chiamate è, riuscirà a
capitalizzare la conoscenza presente al proprio interno per migliorare la gestione dei processi aziendali, a partire al
patrimonio di conoscenze tacite accumulate dagli individui che operano nell’organizzazione.
Un’impresa, infatti, che “gestisce” correttamente la sua conoscenza è in grado di identificare, catturare, recuperare,
condividere e capitalizzare tutto il patrimonio informativo, non solo quello contenuto nei database, documenti e
procedure aziendali (conoscenza esplicita) ma anche quello presente, nella forma di esperienze e competenze, nella
mente di ciascun lavoratore (conoscenza tacita).
I Knowledge Management System (KMS) sono sistemi basati sulle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, che supportano i processi di organizzazione, generazione e codifica della conoscenza creando non solo

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archivi delle conoscenze (mappe illustrative delle conoscenze presenti in azienda fondamentali per comprendere «chi sa
cosa») ma sono particolarmente utili per:

1) La conversione di esplicitazione delle conoscenze tacite: ne sono un esempio i cosiddetti progetti di lessons learned,
implementati da diverse aziende al fine di raccogliere e codificare conoscenze tacite derivanti da esperienze precedenti,
al fine di favorirne la diffusione interna;
2) I processi di condivisione (e combinazione) delle conoscenze: i progetti più sofisticati di knowledge management
mirano ad usare le nuove tecnologie attraverso la creazione di contesti di interazione che favoriscono la socializzazione,
lo scambio di conoscenze. Questi hanno l’obiettivo di far giungere l’individuo a maturare una diversa percezione della
realtà, facendogli attribuire nuovi e diversi significati agli eventi. Gestire, dunque, in maniera corretta la conoscenza
significa non solo riconoscere l’importanza dell’esperienza individuale nei processi di apprendimento (learning by
doing), ma anche e soprattutto valorizzare il ruolo del tessuto sociale e relazionale, che consente di rielaborare e
attribuire un senso all’esperienza maturata, permettendo di giungere ad una visione della realtà (learning by
interacting).

Le moderne tecnologie dell’informazione possono, dunque, essere utilizzate per sistematizzare, migliorare e facilitare
su larga scala i processi di gestione della conoscenza a livello inter e iter-organizzativo. Tuttavia, nonostante un
maggior livello di attenzione, questi progetti non sempre hanno prodotto i risultati attesi.
Le più rilevanti criticità sono le resistenze non di tipo tecnologico, bensì di tipo culturale: affinché le nuove soluzioni
tecnologiche garantiscano risultati positivi, l’impresa deve saper creare e diffondere al suo interno una cultura
partecipativa finalizza al knowledge sharing. L’impresa dovrà quindi innanzitutto esplicitare chiaramente la sua visione
strategica e fare in modo che tutti comprendano gli obiettivi che intende perseguire e dovrà utilizzare una struttura
organizzativa adeguata in linea con l’architettura del sistema informativo adottato.

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