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3) I MEZZI TECNICI: I mezzi tecnici sono gli strumenti adoperati per l’elaborazione, la raccolta e l’archiviazione delle
informazioni. In passato venivano adoperate delle procedure di registrazione dei dati su supporti cartacei, che
richiedevano tempi più lunghi. Oggi, invece, l’avvento del computer, assieme ad altre tecnologie informatiche, ha
contributo a velocizzare, razionalizzare e automatizzare l’esecuzione di molte attività del sistema informativo.
Per quanto, infatti, all’interno dell’azienda una parte delle informazioni è generata/trattata a livello manuale, il sistema
informativo è ormai ampiamente automatizzato e la produzione di informazioni si realizza grazie ad un sistema
complesso, costituito di MEZZI HARDWARE (la parte materiale del sistema, ossia tutti gli strumenti e le
apparecchiature) e MEZZI SOFTWARE (la parte intangibile del sistema, ossia tutti i programmi che consentono lo
svolgimento delle procedure elaborative).
4) LE PERSONE: Le persone rappresentano un altro elemento costitutivo perché il processo di produzione delle
informazioni taglia trasversalmente tutta l’organizzazione e coinvolge tutti gli utenti che si rapportano con l’impresa,
sia in veste “attiva” che “passiva”, ossia come centro di produzione dell’informazione ma anche come centro di
ricezione della stessa. Mentre nelle prime fasi dell’informazione aziendale la raccolta e l’elaborazione dei dati erano
eseguite da personale specialistico e si realizzavano nei centri EDP (Electronic Data Processing), oggi tutto il personale
aziendale è attivo nell’utilizzo delle tecnologie informatiche e, grazie alla diffusione di procedure online e real time, i
dati possono essere acquisiti direttamente alla fonte.
1) Supporta tutti i soggetti che, anche se a diversi livelli organizzativi, collaborano al ciclo di direzione assumendo
decisioni;
2) Produce informazioni di tipo push (per rispondere a fabbisogni informativi predeterminati) e/o su richiesta
dell’utente, cioè di tipo pull; le prime sono informazioni standard, offerte con frequenza predeterminata, a supporto di
processi decisionali di tipo routinario. La decisione relativa alla quantità e alla qualità di informazioni da erogare in
modalità push viene assunta a partire dall’analisi del sistema decisionale dell’impresa, preliminarmente condotta allo
scopo di capire “chi assume le decisioni” e “quali informazioni necessita per svolgere il processo decisorio”. Tuttavia,
poiché non sempre il fabbisogno informativo dei decisori aziendali si può prevedere ex-ante, un efficace Sistema
Informativo Direzionale deve essere in grado di consentire anche la produzione di informazioni in modalità pull, ossia
generate direttamente dagli utenti, on de mand, in base a specifiche esigenze conoscitive espresse dal management in
maniera estemporanea e, quindi, non definibili a priori.
Poiché il punto di partenza per la produzione di informazioni è il dato, alla base del S.I.D vi sono i sistemi che
contengono i dati elementari, i cosiddetti “sistemi alimentanti”. I dati, interni ed esterni, vengono poi elaborati. I primi
sono ottenuti dai sistemi informativi operativi, che sono generalmente integrati, come gli ERP, o dedicati alla relazione
con il cliente, come il CRM o da varia applicazione delle tecnologie Web.
L’ultimo livello di architettura del S.I.D corrisponde, appunto, ai sistemi di BUSINESS INTELLIGENCE, intesi come
insieme di processi, applicazioni e sistemi tecnologici mediante il quale si producono e analizzano informazioni relative
al business aziendale, riuscendo sia a valutare il passato/presente e capirne i fenomeni (cause dei problemi o
determinanti delle prestazioni ottenute), sia a predire i valori futuri di alcuni variabili, simulando e/o creando scenari
con possibilità di manifestazioni differenti.
Questi sistemi supportano i processi di produzione e analisi di informazioni, operando sia in modalità push che pull:
consentono cioè non solo di elaborare informazioni utili a supportare processi di controllo routinari, ad es. con la
generazione di report direzionali e tableau de bord, ma anche di arrivare a informazioni maggiormente destrutturate,
che rispondano a necessità informative estemporanee e discrezionali dei decisori aziendali. Il management può, in un
preciso momento, essere interessato a conoscere quali segmenti di clientela acquistano un determinato prodotto (attività
di marketing) o valutare la sussistenza di correlazioni tra le vendite di due prodotti inclusi nella gamma (cross selling).
Questa quantità di informazioni “emergente” essere soddisfatto grazie a sistemi per l’analisi quantità di varia natura
(analisi multidimensionale, query libere su basi dati,), ai sistemi di sistemi di simulazione (es. what if analysis), ai
sistemi di Knowledge Discovery (es. data mining), e così via.
Tali sistemi consentono, dunque, di rispondere anche a fabbisogni informativi non predeterminati, e supportano il
management nella ricerca di informazioni utili a determinare le cause che determinano i fenomeni d’interesse
dell’impresa.
Pertanto, Il Knowledge Management è «l’insieme delle attività e dei processi di generazione, mappatura, selezione,
memorizzazione, diffusione della conoscenza». Si tratta di un approccio strategico che identifica nella conoscenza una
risorsa da gestire per migliorare le capacità di azione di una persona e di tutta l’organizzazione aziendale.
L’obiettivo è quello di riuscire a far circolare/condividere la conoscenza che viene a crearsi all’interno
dell’organizzazione aziendale, evitando di relegarla a semplice abilità personale. In altre parole, il processo di
apprendimento dell’organizzazione si alimenta di conoscenza e dunque è attraverso i sistemi informativi che si cerca di
rendere le conoscenze disponibili ed accessibili a tutti.
Tale processo può essere reso vischioso dalla natura stessa della conoscenza. L’apprendimento organizzativo deriva
infatti dall’interazione continua di due forme di conoscenza:
1) La CONOSCENZA TACITA, una forma di conoscenza radicata nell’azione, nell’impegno e “situata” in uno
specifico contesto. Essa può essere acquisita ed esercitata solo con la pratica, ma non può essere descritta verbalmente
né tantomeno spiegata. Proprio per tale caratteristica questa è essenziale per le imprese perché è fondamentale per la
creazione di competenze difficilmente imitabili.
2) La CONOSCENZA ESPLICITA, che invece può essere codificata e trasmessa attraverso un linguaggio formale con
manuali, norme, codici…
L’accesso alla conoscenza tacita risulta molto difficile, tant’è che molto spesso non si riesce a sintetizzare, confrontare
con quella esplicita per arricchire il patrimonio cognitivo dell’organizzazione.
La creazione della conoscenza richiede un processo dinamico di conversione che deve realizzarsi su due livelli:
INDIVIDUO e ORGANIZZAZIONE. Tale processo, descritto con il noto modello della “spirale della conoscenza”
postula quattro differenti modalità di conversione della conoscenza:
1) Da tacita a tacita, attraverso la socializzazione: la conoscenza tacita non può essere trasferita attraverso le parole, ma
può essere acquisita attraverso l’osservazione del comportamento. Questa prima modalità di conversione può essere
incentivata dall’impresa attraverso opportuni interventi sulla struttura organizzativa tesi a facilitare la creazione di
campi di interazione (interaction fields), come quelli associati agli interventi di formazione sul campo o alla creazione
di team di lavoro interfunzionali, dove un individuo, anche senza l’uso del linguaggio, può acquisire conoscenza dalla
relazione diretta con altri, attraverso l’osservazione e l’imitazione dei comportamenti;
2) Da tacita ad esplicita, con il processo di esteriorizzazione: si da un’espressione linguistico-comunicativa alle
conoscenze comuni che gli individui hanno sviluppato, attraverso l’uso del dialogo e delle riflessioni collettive
(discussioni nei circoli di qualità);
3) Da esplicita ad esplicita, con il processo di combinazione: attraverso la comunicazione interpersonale, lo scambio, il
confronto tra individui portatori di idee differenti l’uno dall’altro, accresce la base di conoscenze pregresse, di
ricombinare i sapere esistenti in nuove forme. La conoscenza prodotta in tal modo si cristallizza a livello organizzativo,
diventando routine, tecnica, procedura.
4) Da esplicita a tacita, attraverso l’interiorizzazione: ogni soggetto, sperimentando (attraverso prove ed errori) queste
nuove routine e procedure, le interiorizza generando nuova conoscenza, che è più ampia di quella originaria perché
arricchita del sapere di altri individui/gruppi.
Se nell’economia contemporanea la conoscenza è la risorsa per eccellenza, quella cioè che consente alle imprese di
assumere una posizione di vantaggio maggiormente difendibile, la sfida a cui le imprese sono chiamate è, riuscirà a
capitalizzare la conoscenza presente al proprio interno per migliorare la gestione dei processi aziendali, a partire al
patrimonio di conoscenze tacite accumulate dagli individui che operano nell’organizzazione.
Un’impresa, infatti, che “gestisce” correttamente la sua conoscenza è in grado di identificare, catturare, recuperare,
condividere e capitalizzare tutto il patrimonio informativo, non solo quello contenuto nei database, documenti e
procedure aziendali (conoscenza esplicita) ma anche quello presente, nella forma di esperienze e competenze, nella
mente di ciascun lavoratore (conoscenza tacita).
I Knowledge Management System (KMS) sono sistemi basati sulle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, che supportano i processi di organizzazione, generazione e codifica della conoscenza creando non solo
1) La conversione di esplicitazione delle conoscenze tacite: ne sono un esempio i cosiddetti progetti di lessons learned,
implementati da diverse aziende al fine di raccogliere e codificare conoscenze tacite derivanti da esperienze precedenti,
al fine di favorirne la diffusione interna;
2) I processi di condivisione (e combinazione) delle conoscenze: i progetti più sofisticati di knowledge management
mirano ad usare le nuove tecnologie attraverso la creazione di contesti di interazione che favoriscono la socializzazione,
lo scambio di conoscenze. Questi hanno l’obiettivo di far giungere l’individuo a maturare una diversa percezione della
realtà, facendogli attribuire nuovi e diversi significati agli eventi. Gestire, dunque, in maniera corretta la conoscenza
significa non solo riconoscere l’importanza dell’esperienza individuale nei processi di apprendimento (learning by
doing), ma anche e soprattutto valorizzare il ruolo del tessuto sociale e relazionale, che consente di rielaborare e
attribuire un senso all’esperienza maturata, permettendo di giungere ad una visione della realtà (learning by
interacting).
Le moderne tecnologie dell’informazione possono, dunque, essere utilizzate per sistematizzare, migliorare e facilitare
su larga scala i processi di gestione della conoscenza a livello inter e iter-organizzativo. Tuttavia, nonostante un
maggior livello di attenzione, questi progetti non sempre hanno prodotto i risultati attesi.
Le più rilevanti criticità sono le resistenze non di tipo tecnologico, bensì di tipo culturale: affinché le nuove soluzioni
tecnologiche garantiscano risultati positivi, l’impresa deve saper creare e diffondere al suo interno una cultura
partecipativa finalizza al knowledge sharing. L’impresa dovrà quindi innanzitutto esplicitare chiaramente la sua visione
strategica e fare in modo che tutti comprendano gli obiettivi che intende perseguire e dovrà utilizzare una struttura
organizzativa adeguata in linea con l’architettura del sistema informativo adottato.