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CAPITOLO 1 – LA MATERIA
4. La Pianificazione
La funzione prioritaria di determinazione della migliore destinazione di ciascuna porzione del territorio si esercita di
regola mediante atti che mirino ad una ottimizzazione delle esternalità positive ed una minimizzazione di quelle
negative. I problemi con cui tali atti, chiamati piani urbanistici, si devono misurare sono molteplici.
Innanzitutto ci sono 2 contrastanti esigenze:
a) dare al piano una dimensione geografica ampia, onde poterne valutare tutte le implicazioni delle scelte da
effettuare.
b) Non allontanarsi eccessivamente dalle specificità di ciascuna porzione di terreno.
Altra coppia di interessi divergenti riguardano l’elemento temporale, di fatti per un verso il piano dovrebbe tendere
a rappresentare un punto di riferimento certo e duraturo, dall’altro non deve diventare una regola rigida che ostacoli
l’adeguamento delle sopravvenute esigenze.
In terzo luogo la diversità delle caratteristiche dei luoghi si oppone alla utilizzazione di un unico tipo di piano, di qui la
competenza di autorità amministrative capillari e non tutto in capo allo Stato.
Tutto ciò ha generato un gran numero di piani.
dalla previsione di una iniziale espropriazione dell’intero comprensorio, cui segue la concessione del diritto di
superficie sui singoli lotti edificabili per la costruzione delle abitazioni e dei relativi servizi urbani e sociali, per un
corrispettivo pari al costo di acquisizione delle aree nonché al costo delle relative opere di urbanizzazione.
I piani del secondo tipo, sono volti alla tutela dei cosiddetti interessi differenziati, ossia hanno una priorità rispetto a
tutti gli altri interessi. Classici esempi sono l’ambiente, il paesaggio, il patrimonio artistico- culturale, che poi vanno a
scontrarsi con i piani urbanistici. Il rapporto era disciplinato sin dal 1939, ma la Legge Galasso del 1985 ha stravolto la
normativa, assoggettando a vincolo paesaggistico una miriade di immobili, estendendo quindi la tutela da una mera
tutela dei valori estetici (non comune bellezza) ad una semplice posizione geografica dell’immobile.
Oggi sono le Regioni che hanno il potere di adottare un piano paesaggistico esteso all’intero proprio territorio e
contenente diverse prescrizioni.
Ci sono poi altri piani settoriali di area vasta, quali “piano di bacino” (relativo alle acque territoriali), “piani tematici”
(che tutelano i pià vari interessi specifici e che sono per definizione la negazione della pianificazione urbanistica).
Gli interessi differenziati di carattere ambientale sono oggetto delle procedure di valutazione di impatto ambientale
(V.I. A.) e di valutazione ambientale strategica (V.A.S), che sono 2 procedure complementari, chiamate a valutare
realtà diverse per dimensione natura e complessità, la VIA riguarda interventi specifici, la VAS riguarda atti di
pianificazione.
15. Il procedimento di formazione del piano. Le misure di salvaguardia del piano adottato
Il PRG e il Piano Particolareggiato sono di iniziativa del Comne, il piano di lottizzazione è di regola di iniziativa dei
proprietari delle aree interessate. Nei primi due casi la predisposizione di un progetto può essere redatto da un
ufficio tecnico comunale o da professionisti esterni all’amministrazione, con conseguente appalto di servizi soggetto
alle procedure di affidamento previste dal codice dei contratti pubblici. PRG e PP vengono adottati con deliberazione
del consiglio e quindi depositati con ogni allegato presso la segreteria comunale per la fase di partecipazione degli
interessati.
Fino a 30 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito possono presentare osservazioni le associazioni sindacali e
gli altri enti pubblici ed istituzioni interessate al PRG.
Il Comune si esprimerà motivatamente con apposita deliberazione consiliare di controdeduzioni su tutte le
osservazioni. La delibera non ha valore di modifica del piano adottato, ma rappresenta solo il presupposto di possibili
modifiche da parte della Regione in sede di approvazione del piano.
Il piano adottato pur essendo un semplice atto del procedimento, produce effetti esterni come le misure di
salvaguardia.
Il PP rende obbligatoria la sospensione di ogni domanda di permesso di costruire (PdC) che risulti in contrasto con il
piano adottato e ciò fino all’emanazione del relativo decreto di approvazione, pertanto nel caso più frequente in cui
vi sia un precedente piano in vigore la domanda: dovrà essere respinta se il progetto contrasta con lo stesso, dovrà
essere accolta se conforme alle previsioni tanto del piano in vigore quanto di quello adottato; dovrà infine dare
luogo a sospensione di qualsiasi decisione nel caso di compatibilità col piano precedente ma non con quello adottato
Dopo la delibera consiliare di controdeduzioni alle osservazioni, il piano viene trasmesso alla Regione, cui spetta la
competenza all’approvazione. Si ricorda che il potere di formazione del piano è in capo al Comune e che solo in
predeterminati casi la Regione può apportare modifiche d’ufficio come segue: con lo stesso provvedimento di
approvazione possono essere apportate al piano, sentito il Comune, “le modifiche che non comportino sostanziali
innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione, le modifiche
conseguenti all’accoglimento presentate al piano ed accettate con deliberazione del Consiglio comunale, nonché
quelle che siano riconosciute indispensabili…”
Nel caso in cui la Regione ritenga il piano non approvabile, potrà motivatamente restituirlo al Comune, ma, qualora
questi, al termine di un nuovo iter procedimentale, ne confermi l’adozione, l’approvazione non potrà essere
ulteriormente rifiutata.
Per quel che riguarda il PP, la legge prevede che dopo l’approvazione sia i proprietari di immobili compresi nei piani
che le associazioni sindacali interessate, possano apportare opposizioni. Questo perché l’approvazione del PP
equivale ad una dichiarazione di pubblica utilità delle opere in esso previste, costituendo il presupposto per
l’espropriazione delle aree occorrenti per l’urbanizzazione. Il PP ha un termine fissato per legge in 10 anni ma
solamente per le previsioni espropriative, per il resto rimane a tempo indeterminato.
La Corte costituzionale ha poi definito una certa discrezionalità nel ripartire le zone, a favore del Comune, che ha
discrezionalità tecnica, ovvero condizionata da elementi di carattere tecnico. In realtà il potere discrezionale insito
nelle scelte di piano è quanto di più ampio si a possibile immaginare, qualsiasi amministratore locale non ha dubbi
nel qualificare il piano come un “atto politico” e la giurisprudenza ha sempre escluso la possibilità di sindacare le
scelte relative e quindi l’esistenza di un obbligo di motivazione. La discrezionalità c’è è ampissima e non potrà mai
essere eliminata, potrebbe essere fortemente limitata, ma mai eliminata.
Non potendo rispettare il principio di legalità, non rimangono che 2 possibilità: riservare al Comune la facoltà di
edificare, così parificando “al basso” le posizioni proprietarie, oppure distribuire equamente i vantaggi
dell’edificabilità attraverso un sistema di perequazione. Vista l’impraticabilità della prima via, non rimane che la
perequazione, concretamente perseguita dagli urbanisti nella redazione dei piani degli ultimi anni e da quasi tutte le
leggi regionali.
La disciplina urbanistica ha sempre una duplice valenza, da una parte incide nelle scelte dell’amministrazione
finanziaria nella pianificazione, dall’altra incide sui rapporti tra privati proprietari e quindi sul contenuto stesso del
diritto di proprietà. La perequazione consiste nell’attribuire, anche ad aree qualificate dal piano non edificabili, una
cubatura potenziale da realizzare altrove cioè su aree qualificate come edificabili.
L’ambito entro il quale attuare la perequazione può variare da un minimo costituito dal singolo isolato
(perequazione parziale), fino ad un massimo, rappresentato dall’intero territorio comunale.
La differenza tra perequazione parziale e perequazione non è solo quantitativa, ma qualitativa, infatti la prima non
ha nulla della vera e propria perequazione che si attua attraverso la previsione di una legge emanata nell’esercizio
della potestà legislativa statale esclusa che la disciplini compiutamente e che è ancora mancante.
La perequazione per essere correttamente attuata presuppone che ci sia una integrazione della pubblicità
immobiliare, per garantire sia la sicurezza degli acquisti che un efficiente controllo comunale, ma soprattutto una
compiuta disciplina da parte di una legge dello Stato.
La perequazione generalizzata incide sul contenuto astratto del diritto di proprietà, attribuendo una potenzialità
edificatoria che ha ragione nel diritto di proprietà di un’area, ma che può essere trasferita come diritto a sé stante ad
altro proprietario.
22. La progettazione
La realizzazione delle opere di urbanizzazione del Comune comporta 3 adempimenti beni distinti:
- Progettazione dell’opera
- L’acquisizione dell’area su cui la stessa dovrà essere costruita
- La stipulazione del contratto di appalto con l’impresa che dovrà realizzarlo
La progettazione si articola in 3 livelli:
- progetto preliminare, che individua l’opera e consente l’inserimento nell’elenco annuale dei lavori;
- progetto definitivo, necessario per tutte le autorizzazioni amministrative e comportante la dichiarazione di
pubblica utilità;
- progetto esecutivo, da porre a base della gara d’appalto
© Tiziano Napoli – giugno 2015 - Università di Economia “Tor Vergata”
Riassunti di “Diritto Urbanistico – Manuale Breve” di Paolo Stella Richter
non possono mai giustificare l’interruzione o il solo ritardo dei lavori, ma devono essere oggetto di apposizione di
riserve, cioè di domande il cui esame viene differito ad un momento successivo al collaudo dell’opera. Il regime delle
riserve è altresì preordinato a consentire all’Amministrazione di conoscere in ogni momento i maggiori costi cui
rischia di andare incontro e di potere conseguentemente adottare tempestivamente i provvedimenti necessari a
garantire il relativo finanziamento o, al limite, a interrompere l’esecuzione.
35. Gli ulteriori presupposti del titolo abilitativo: opere di urbanizzazione e inserimento nel PPA
La regolamentazione dell’attività costruttiva comprende altri 2 principi oltre alla normativa vigente e alle misure di
salvaguardia, ovvero le opere di urbanizzazione primaria a carico dell’esecutore dell’opera cui è stato concesso il
PdC, poiché quest’ultimo è subordinato alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, che potranno poi
essere portate a scomputo parziale o totale della quota dovuta per il contributo di costruzione, e il PPA programma
© Tiziano Napoli – giugno 2015 - Università di Economia “Tor Vergata”
Riassunti di “Diritto Urbanistico – Manuale Breve” di Paolo Stella Richter
pluriennale di attuazione, con cui l’attività costruttiva di maggior rilievo viene temporizzata, al fine di consentire al
Comune il coordinamento tra sviluppo dell’edilizia e programmazione economico strutturale del territorio.
36. Le conseguenze del difetto di titolo abilitativo nel rapporto tra proprietario e Comune
Qualora si presentino degli illeciti nell’attività del costruire, si rientra in campo di diritto penale, mentre se l’illecito si
riscontra sul risultato della costruzione si è in ambito di diritto privato o amministrativo. Di regola se i titoli abilitativi
sono conformi, allora la disciplina sostanziale non rileva illeciti, ma qualora non ci fosse conformità si configura un
illecito e di conseguenza si incorre nell’applicazione di sanzioni.
Le sanzioni amministrative vengono applicate sul risultato della costruzione a ripristino dell’equilibrio. In caso di
assenza o dalla difformità della SCIA, cui viene applicata una sanzione pecuniaria, mentre in caso di assenza o
difformità del Permesso di Costruire si possono configurare 3 situazioni:
a) Assenza o difformità totale del PdC Riduzione in pristino o cessione gratuita al Comune dell’immobile
b) Parziale difformità o ristrutturazioni Riduzione in pristino o acquisizione immobile o sanzione pecuniaria
c) Permesso di Costruire annullato Restituzione in pristino o rimozione del vizio amministrativo, altrimenti
viene applicata una sanzione pecuniaria
Colui che per effetto della violazione ha subito danno deve esserne risarcito, salva la facoltà di chiedere la riduzione
in pristino quando si tratta della violazione di norme contenute nella distanze nelle costruzioni di cui all’art.873 del
Codice Civile, il quale stabilisce che le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti devono essere
tenute a distanza non minore di 3 metri. Nei regolamenti locali può essere definita una distanza maggiore.
permesso è comunque subordinato alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte
del Comune delle stesse entro i 3 anni, non può negarsi anzitutto un profilo di discrezionalità tecnica
nell’accertamento di tale presupposto. Relativamente al PdC al Comune è riservata una valutazione di adeguatezza
da un punto di vista estetico dell’inserimento nel contesto urbanistico, ciò nonostante questo non giustifica la
reiezione di una domanda, ma la sola imposizione a prescrizioni da seguire nella modifica del progetto, che vincolano
il progettista a una rielaborazione o che possono dar luogo a condizioni aggiuntive in sede di realizzazione.
48. Decadenza
Il PdC resta soggetto a 2 diversi eventi incidenti sulla sua efficacia, che non vanno confusi con la revoca: la decadenza
e l’annullamento.
La revoca si verifica con il decorso dei tempi fissati per inizio e fine lavori, non si può rifare l’iter per il PdC poiché è
mutata la situazione ambientale e urbanistica. La decadenza si verifica automaticament, per il decorso dei termini di
efficacia. Può essere richiesto un nuovo PdC poiché la decadenza opera ex nunc e viene dichiarata attraverso un
opportuno provvedimento esplicito.
49. Annullamento
L’annullamento opera ex tunc, cioè retroattivamente in quanto ha come presupposto un vizio di legittimità dell’atto.
Le ipotesi più importanti di annullamento sono quello giursidizionale e l’auto-annullamento. Quest’ultimo
presuppone uno specifico interesse pubblico meritevole di prevalere all’interesse privato che era stato
precedentemente autorizzato.
dell’iscrizione al catasto immobiliare, una dichiarazione del direttore dei lavori che certifichi la conformità rispetto al
progetto approvato, l’avvenuta prosciugatura dei muri e la salubrità degli ambienti.
La possibilità di chiedere l’agibilità parziale, limitatamente cioè a una parte dell’edificio ancora in costruzione, è stata
prevista con la legge del 9/8/2013 n.98. Oggi il procedimento di rilascio del certificato di agibilità è regolato
dall’art.25 del T.U. dell’edilizia, che mantiene per lo più inalterato l’iter precedentemente fissato, seppur con
l’introduzione dello sportello unico. Il certificato di agibilità costituisce l’unico momento di controllo sistematico
dell’attività costruttiva successivamente al suo svolgimento. Fino ad oggi nel T.U. in materia edilizia degli edifici,
prevedeva che l’agibilità potesse essere conseguita attraverso il rilascio del certificato da parte dell’amministrazione
comunale ovvero mediante la formazione del silenzio-assenso. Il legislatore del 2013 ha previsto che il privato,
anziché depositare la domanda di rilascio del certificato di agibilità, possa limitarsi a presentare la dichiarazione del
direttore dei lavori o di un altro professionista abilitato, attestante la conformità dell’opera al progetto presentato e
la sua agibilità, corredata dai documenti già richiesti dal medesimo art.35 per la procedura ordinaria. Siffatto
procedimento alternativo consente quindi di conseguire immediatamente l’agibilità, senza necessità di attendere il
rilascio del certificato comunale o la decorrenza del termine per la formazione del silenzio-assenso.