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Art. 23 ter testo unico edilizia - Mutamento d'uso urbanisticamente rile... https://www.brocardi.it/testo-unico-edilizia/parte-i/titolo-ii/capo-iii/art2...

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Articolo 23 ter Testo unico edilizia


(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)

[Aggiornato al 31/03/2021]

Mutamento d'uso urbanisticamente rilevante

Dispositivo dell'art. 23 ter Testo unico edilizia


1. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della
destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa da
quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da
comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria
funzionale tra quelle sotto elencate:
a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.
2. La destinazione d'uso dell'immobile o dell'unità immobiliare è quella stabilita dalla
documentazione di cui all'articolo 9 bis, comma 1-bis(1).
3. Le regioni adeguano la propria legislazione ai principi di cui al presente articolo entro novanta
giorni dalla data della sua entrata in vigore. Decorso tale termine, trovano applicazione diretta le
disposizioni del presente articolo. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli
strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria
funzionale è sempre consentito.
Art. prec. Art. succ.

Note
(1) Il comma 2 è stato modificato dall'art. 10, comma 1, lettera m) del D.L. 16 luglio 2020, n. 76.

2 di 31 18/11/2021, 12:33
Con le recentissime riforme intervenute nel 2020, infatti, è stato abbandonato il criterio che aveva
riguardo al mero dato della quantità di superficie utile, che però tralasciava altri importanti parametri
relativi agli aspetti funzionali, più che quantitativi, dell’utilizzo dell’immobile.

Qualora il cambio di destinazione d’uso avvenga all’interno della medesima categoria funzionale,
invece, esso è sempre ammesso e considerato per definizione urbanisticamente irrilevante.
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domenica 18/07/2021 - Lazio


“Gent. mi,

Vorrei sapere se è legale locare un bene immobile accatastato come magazzino con Booking o con Airbnb.

Mi piacerebbe fare partire la mia attività da settembre e vorrei sapere se è necessario l'accatastamento
come "abitabile" oppure, nei casi suddetti, se ne può fare a meno.

Attendo Vostre.

Pax et bonum.”
Consulenza legale i 21/07/2021
In risposta al quesito, va chiarito che le piattaforme quali booking o airbnb generalmente non si
interessano della classificazione catastale degli immobili presenti sui loro siti web, ponendo sul
proprietario l’onere di verificare autonomamente il rispetto della normativa nazionale.
Il fatto che in astratto ogni tipo di immobile possa essere inserito negli elenchi gestiti da tali piattaforme,
però, non significa che un tale comportamento sia conforme a legge; anzi, il fatto di offrire in locazione un
immobile non abitativo può dare luogo a vari ordini di conseguenze pregiudizievoli.

In primo luogo, va ricordato l’art. 4, D.L. n. 50/2017, convertito il L. n. 96/2017, che, occupandosi della
questione dal punto di vista fiscale, definisce le locazioni bervi come “i contratti di locazione di immobili
ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei
servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori
dell'esercizio di attività d'impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di
intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto
persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”.
L’incongruenza della classificazione catastale rispetto al modello previsto dalla detta legge, dunque,
potrebbe facilmente avere dei risvolti negativi nei confronti del Fisco al momento della tassazione di tali
contratti.
Tra l’altro, alcuni Comuni richiedono per l’esercizio dell’attività l’iscrizione dell’immobile in appositi
registri, che molto probabilmente presuppongono che l’immobile possieda una destinazione abitativa.

In secondo luogo, si nota che, ai sensi dell’art. art. 23 ter del T.U. edilizia, il mutamento d’uso che
comporti il passaggio ad una diversa categoria funzionale, anche se attuato senza opere edilizie, non è
libero, ma deve essere autorizzato mediante apposito titolo abilitativo.
Nel nostro caso, si nota che tale passaggio di certo avverrebbe, come anche chiarito da recente
giurisprudenza, secondo cui non si può ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un
magazzino per deposito attrezzi (analogamente al caso di una soffitta o di un garage) in un locale
abitabile, in quanto essa integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico
(T.A.R. Roma, sez. II, 14 settembre 2020, n. 9570; T.A.R. Salerno, sez. I, 14 maggio 2018, n. 742).
Pertanto, l’utilizzo di un magazzino quale casa vacanze potrebbe dare luogo anche all’applicazione di
sanzioni di tipo edilizio.

Infine, si rileva che gli immobili destinati alla permanenza di persone devono possedere i requisiti igienico
sanitari di abitabilità (superfici minime, altezze ecc.) e, in mancanza, il Comune può legittimamente
adottare un ordine di sgombero (T.A.R. Roma, sez. II, 10 gennaio 2012, n. 178).

In conclusione, prima di avviare l’attività è opportuno regolarizzare i suddetti aspetti, in modo da evitare
di incorrere in eventuali sanzioni.

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6 di 31 18/11/2021, 12:33
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Norma di riferimento: Articolo 23 ter T.U. edilizia - Mutamento d'uso urbanisticamente rilevante |
Quesito Q202128127
Remigio F. chiede
mercoledì 28/04/2021 - Liguria
“Il padre concede a suo figlio l'uso di un locale accatastato C2, che lo utilizza come deposito attrezzi e
materiali per la propria attività di termoidraulico specializzato in installazione di impianti di riscaldamento
e climatizzazione-idrosanitari e a gas. Ciò senza che nel locale venga lavorato alcun prodotto destinato
alla vendita.
Si chiede se sotto il profilo urbanistico/fiscale sia necessario procedere ad una variazione della categoria
catastale del locale, atteso che mio figlio è artigiano coni seguenti codici
-ATECO 43.22.01
-NACE 43.22”
Consulenza legale i 06/05/2021
Per rispondere al presente quesito è opportuno esaminare separatamente i due ambiti che possono venire
in rilievo, ovvero quello urbanistico e quello catastale.
Infatti, la categoria catastale assume importanza prettamente a fini fiscali, ma non dal punto di vista della
regolarità edilizia-urbanistica, che è disciplinata da diverse norme e principi e il cui controllo è demandato
al Comune.
Riguardo al primo aspetto, si rileva che con l’espressione “destinazione d’uso” si intende la specifica
funzione attribuita ad un determinato immobile (ad es. residenziale, agricola e così via), che generalmente
è stabilita sulla base di quanto indicato nel titolo abilitativo che ne ha consentito la costruzione (art. 9 bis
T.U. Edilizia).
Naturalmente è possibile nel corso del tempo modificare tale destinazione, sia mediante la realizzazione di
opere edilizie e sia senza opere.
In entrambi i casi, l’art. 23 ter, T.U. Edilizia qualifica come mutamento di destinazione d’uso
urbanisticamente rilevante ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa
da quella originaria, che comporti il “salto” ad una diversa categoria funzionale tra quelle elencate al
comma 1 dello stesso articolo.
Invece, il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre
consentito, salvo le eventuali diverse disposizioni delle leggi regionali.

L’aspetto problematico attinente al quesito è costituito dal fatto che i magazzini e i depositi hanno
generalmente una funzione accessoria ad altre attività economiche e, quindi, potrebbero astrattamente
appartenere all’una o all’altra categoria funzionale a seconda dell’uso che concretamente ne viene fatto (si
pensi ad esempio ad un magazzino a servizio di un negozio al dettaglio, oppure ad un deposito di attrezzi
agricoli o di materiali di produzione utilizzati da un’impresa).
Per quanto qui ci occupa, comunque, l’art. 13, L.R. Liguria n. 16/2018, precisando le definizioni delle
categorie funzionali previste dalla legislazione nazionale, fa rientrare nella categoria produttiva e
direzionale le “attività artigianali di produzione di beni e servizi, delle attività industriali, logistiche per il
trasporto, la movimentazione, il deposito di merci e prodotti, la distribuzione all'ingrosso delle merci,
delle attività terziarie e delle attività direzionali separate dalle sedi operative delle imprese e delle attività
per la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione di energia anche da fonti rinnovabili”.
Non sembra, invece, potersi richiamare nel nostro caso la categoria commerciale, dato che il deposito in
parola non è al servizio di un esercizio di vendita, bensì di un’attività di produzione di servizi, e che,
secondo il citato articolo 13, la destinazione commerciale comprende le diverse attività di distribuzione al
dettaglio, nonché le attività di servizio alla persona ed all'impresa e dei pubblici esercizi, definite dalla
vigente normativa regionale in materia (art. 13, comma 1, lettera d), L.R. Liguria n. 16/2018).

Tanto chiarito, si nota che il citato art. 13 poi ammette generalmente il mutamento di destinazione d’uso
che non determini il passaggio a una diversa categoria funzionale, stabilendo che i piani urbanistici
comunali possano porre limitazioni soltanto in caso di interventi di sostituzione edilizia e di nuova
costruzione di edifici oppure per assicurare la compatibilità di tali interventi con la normativa in materia di
tutela dell'ambiente.
Infine, va ricordato che, ai sensi dell’art. 13 bis, .R. Liguria n. 16/2018, i mutamenti di destinazioni d’uso

7 di 31 18/11/2021, 12:33
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urbanisticamente rilevanti ma non comportanti opere edilizie sono soggetti a semplice SCIA e non
richiedono il permesso di costruire.
Visto quanto sopra, per essere in regola a livello urbanistico-edilizio, è opportuno anzitutto verificare se
l’attuale destinazione d’uso dell’immobile sia già compresa nella categoria produttiva-direzionale.
In caso affermativo, l’utilizzo quale magazzino può ritenersi consentito senza bisogno di particolari
adempimenti di tipo edilizio-urbanistico, a meno che non vi siano limitazioni specifiche nello strumento
urbanistico comunale, da verificare; in caso contrario è necessario munirsi del prescritto titolo abilitativo,
che –come detto- nell’ipotesi in cui non siano state eseguite opere si identifica con la SCIA.

Da un punto di vista fiscale, invece, è necessario comunicare all'Agenzia i dati del nuovo deposito, al fine
di assolvere all'obbligo di comunicazione, all'amministrazione finanziaria, di tutti i luoghi in cui si
possono trovare i beni o le merci aziendali e ciò al fine di superare la presunzione di cessione di cui all'art.
53 del DPR n. 633/72.

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Quesito Q202127174
Paolo Z. chiede
martedì 05/01/2021 - Veneto
“Segue, pareri n. Q202026897-Q202026975
Il sottoscritto locatore, in forza di un contratto di sublocazione (registrato) vincolato a quello di locazione,
detiene in subaffitto il sottotetto, cat.C2 classe 8. Sono in quiescenza e uso questo sottotetto come ufficio
privato, deposito di documenti della cessata attività. Detto sottotetto è provvisto di energia elettrica, acqua
e gas provenienti dalle utenze del conduttore che viene ricompensato con una cifra mensile a forfait per
sublocazione e utenze.
Il sottotetto è anche provvisto di un piccolo bagno. E' consentito che un sottotetto disponga di tutti gli
allacciamenti? di un bagno? Posso usarlo come ufficio/deposito personale?

Consulenza legale i 12/01/2021
Per rispondere al quesito è necessario, anzitutto, precisare che per costante giurisprudenza la categoria
catastale di un immobile rileva più che altro a fini fiscali e non è di per sé dirimente al fine di verificare la
legittima destinazione d’uso dello stesso dal punto di vista urbanistico-edilizio (ex multis T.A.R. Napoli,
sez. III, 13 maggio 2020, n. 1750).
Infatti, ai sensi dell’art. 9 bis del T.U. Edilizia lo “stato legittimo” di un immobile è quello stabilito dal
titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha
disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati
con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Le informazioni ricavabili dal catasto, invece, rilevano soltanto in via residuale per gli immobili realizzati
in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizi.
Pertanto, più che la compatibilità dell’utilizzo del locale come ufficio con la classe catastale ad esso
attribuita (che peraltro è dubbia, dato che gli uffici appartengono alla categoria A10 e non alla C2) è
necessario valutare la conformità alla destinazione d’uso con le norme edilizie-urbanistiche.

Nel caso di specie, tuttavia, non è noto se la realizzazione del bagno all’interno del sottotetto sia stata
autorizzata con titolo edilizio e se l’immobile possieda tutte le caratteristiche minime per ottenere
l’abitabilità, né le specifiche disposizioni delle norme pianificatorie comunali; pertanto, è possibile dare
soltanto un quadro generale della disciplina di riferimento e alcune indicazioni pratiche.

Non sussistendo, per quanto noto allo scrivente, specifiche disposizioni della Regione Veneto sul punto,
viene in rilievo l’art. 23 ter del T.U. Edilizia, ai sensi del quale costituisce mutamento rilevante della
destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile diversa da quella originaria che comporti il
passaggio dell’immobile ad una diversa categoria funzionale rispetto a quella di partenza, tra quelle

8 di 31 18/11/2021, 12:33
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elencate nel medesimo articolo.


Tale mutamento necessita sempre di un apposito titolo abilitativo edilizio in quanto è in grado di influire
sul carico urbanistico della zona (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 novembre 2018, n. 6388).
Va sottolineato che il titolo abilitativo è richiesto anche in casi, come parrebbe essere quello di specie, in
cui il mutamento sia solo funzionale, ossia venga attuato senza la realizzazione di opere, con la
conseguenza che, anche in tale ipotesi, qualora non venga ottenuto il necessario permesso di costruire
trovano applicazione le sanzioni previste dal T.U. edilizia (Consiglio di Stato, sez. VI, 15 giugno 2020, n.
3803; T.A.R. Milano, sez. II, 01 luglio 2020, n. 1267.)

Le categorie funzionali che possono in astratto venire in rilievo per quanto concerne l’immobile di cui al
quesito sono quella produttiva e direzionale, alla quale di solito vengono ricondotti anche gli uffici, e
quella commerciale.
Infatti, quando si tratta di magazzini la giurisprudenza valuta l’utilizzo concreto dell’immobile, che può
essere ad esempio posto a servizio di un’attività produttiva, oppure può essere strumentale all'esercizio di
un’attività commerciale (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 novembre 2018, n. 6388).
Nel primo caso la circostanza di adibire il sottotetto ad ufficio non determinerebbe alcun passaggio ad una
diversa categoria omogenea, mentre nel secondo caso tale passaggio si verificherebbe, con tutte le
conseguenze che derivano.
In conclusione, al fine di evitare di incorrere in sanzioni, è consigliabile verificare, anzitutto, se il
sottotetto, come oggi esistente, è regolare dal punto di vista edilizio (cioè se tutte le opere ivi presenti sono
provviste del richiesto titolo abilitativo).
Inoltre, per chiarire se l’utilizzo quale ufficio è legittimo, è opportuno verificare cosa era previsto sul
punto nel titolo abilitativo originario e se l’attuale destinazione è compatibile con le specifiche previsioni
di zona e se l’utilizzo quale ufficio abbia determinato il “salto” tra una categoria funzionale e l’altra.
Nell’ipotesi in cui tale compatibilità non sussista l’utilizzo quale ufficio non può essere legittimamente
attuato, mentre nel caso tale compatibilità sussista ma comporti un mutamento di destinazione sia
qualificabile come urbanisticamente rilevante, secondo il citato art. 23 ter, sarà necessario munirsi del
titolo abilitativo edilizio, indipendentemente dalla realizzazione di nuove opere e dall'attuale
inquadramento catastale del sottotetto.

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Quesito Q201822288
V. V. chiede
mercoledì 07/11/2018 - Veneto
“Spett. Studio,
devo aprire uno Studio e Galleria d'Arte in due locali di categoria C3 in cui produrrò, esporrò e venderò
quadri dipinti da me. Una parte del laboratorio è attrezzata per l'esposizione di quadri alle pareti ed è
assimilabile ad uno show room di un laboratorio artigiano. Ho intenzione di affittare gli spazi espositivi
anche ad altri artisti. Non vorrei cambiare la destinazione d'uso dei locali perchè non li considero negozio
e ritengo che se i locali rispondono a requisiti di sicurezza e accessibilità possono essere aperti al
pubblico. Vorrei che lo Studio e Galleria d’Arte rimanesse un laboratorio, anche perché è denominato
“Antica Officina”. Il mio comune richiede una SCIA per le mostre con una relazione fatta da un tecnico
che garantisce sostanzialmente che il luogo è sicuro. In sostanza vorrei sapere se posso svolgere le attività
esposte senza esser obbligato a cambiare la destinazione d'uso del laboratorio che mi costringerebbe a
snaturare la tipologia dell’immobile, a ritardare ulteriormente l'apertura della Galleria già rinviata più
volte per motivi burocratici e, soprattutto, a spostare la mia mostra personale con la quale vorrei
inaugurare la Galleria e per la quale ho già fatto stampare materiale promozionale e inviato inviti.
Grazie.

Consulenza legale i 13/11/2018

9 di 31 18/11/2021, 12:33
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Tutte le volte in cui si pone la necessità di stabilire se un immobile possa essere o meno idoneo a
svolgervi una determinata attività, non ci si può esimere dal fare riferimento alle norme dettate in materia
di catasto edilizio urbano.
Quest’ultimo, infatti, è il documento ufficiale contenente l'inventario di tutti i fabbricati presenti sul
territorio nazionale, da cui può evincersi ogni informazione relativa, tra l’altro, alla esatta identificazione
del bene ed alla sua natura tecnica.

E’ stato con il R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652 (Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione
del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano), convertito con la Legge n. 1249 del
1939, a sua volta modificata dal D.L. 8 aprile 1948, n. 514, che si è provveduto all'accertamento dei
fabbricati e delle costruzioni non censite al catasto terreni, suddividendo gli stessi in varie categorie
ricomprese all’interno di due specifici insiemi, e precisamente:
A) Immobili a destinazione ordinaria, qualificati in:
GRUPPO A - tipologie abitative e uffici privati;
GRUPPO B – tipologie di immobili per uso collettivo o con funzioni pubbliche.
GRUPPO C – tipologie di immobile per fini commerciali
B) Immobili a destinazione speciale o particolare, qualificati in:
GRUPPO D – immobili per destinazioni industriali o commerciali
GRUPPO E – immobili con destinazioni di interesse pubblico.
GRUPPO F - Categorie fittizie.

All’interno del gruppo C si individuano ben sette categorie catastali, che vanno appunto dalla categoria C1
alla categoria C7, fra le quali quelle che possono venire in rilievo in questo caso, ovviamente in relazione
al tipo di attività che si andrà a svolgere, sono le categorie C1 e C3.
Analizziamole dettagliatamente.

Nella categoria C1 vi si fanno rientrare gli immobili destinati a negozi e botteghe.

Nella categoria C3, invece, debbono essere inclusi i fabbricati destinati a laboratori per arti e
mestieri.

A questo punto, il passaggio successivo che va compiuto consiste nel cercare di stabilire con esattezza
cosa si intende con i termini negozi-botteghe-laboratori per arti e mestieri, ed è questa la definizione che
viene generalmente riconosciuta:

a. per negozio deve intendersi l’unità immobiliare destinata all'esercizio commerciale (con vendita
all'ingrosso o al dettaglio) e, in parte marginale, all’attività amministrativa di servizio.

Tale unità deve essere munita per legge di servizi igienici e può essere corredata da eventuali pertinenze
accessorie (retro negozio, soppalco, etc.).

b. per bottega deve intendersi un locale generalmente a piano terra, privo di mostra, dove l'artigiano
lavora o il mercante vende la sua merce.

Requisito essenziale delle unità immobiliari di questo tipo è quello di avere accesso diretto dalla strada
pubblica; tali locali possono anche essere ubicati, in tutto o in parte, sopra o sotto il livello stradale.

c. per laboratorio, invece, deve intendersi un locale o gruppi di locali costituenti un'unità immobiliare
con destinazione terziaria adibiti all'esercizio di un mestiere ovvero ad attività artigianale, a
carattere non imprenditoriale, con eventuale vendita al dettaglio, nel quale gli artigiani provvedono
alla lavorazione di semilavorati in prodotti finiti.

Dalle definizioni sopra date se ne deve dedurre che l’attività che si intende svolgere necessità di un
fabbricato che dovrà in parte rientrare nella categoria catastale C1 ed in parte nella categoria catastale C3.

10 di 31 18/11/2021, 12:33
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Più precisamente si ritiene che il fabbricato debba essere destinato a laboratorio con categoria catastale C3
per la parte ove verrà svolta l’attività artigianale vera e propria, con diritto a vendere anche i prodotti
frutto del proprio lavoro (nel laboratorio i prodotti semilavorati vengono trasformati in prodotti finiti ed
eventualmente venduti al dettaglio).

Occorrerà, invece, che il medesimo fabbricato possieda la classificazione catastale C1 per la parte in cui
verrà effettuata l’esposizione non tanto dei prodotti del proprio lavoro, ma dei prodotti degli altri artigiani,
che lì non svolgono alcuna attività artigianale.

Infatti, ciò che può ritenersi consentito in un locale con destinazione catastale C3 è soltanto lo
svolgimento della propria attività artigianale con esposizione e vendita al dettaglio dei propri prodotti; nel
momento in cui, invece, vengono esposti opere di soggetti terzi, per essere anch’esse vendute, ci si trova
in presenza di una vera e propria attività commerciale, per lo svolgimento della quale si richiede che il
locale abbia la destinazione catastale C1, assumendo la natura di negozio.
A ciò si aggiunga un’altra considerazione: anche la semplice locazione degli spazi espositivi costituisce
attività commerciale, derivandone da essa comunque un ricavo e/o guadagno per effetto del prezzo che ne
viene corrisposto.

Ora, considerando che la destinazione del locale a categoria catastale C1 risponderebbe ai requisiti
richiesti dalla legge per svolgervi tutte le attività che si intendono realizzare, ciò che si consiglia,
soprattutto per lavorare con serenità e senza rischiare di incorrere in eventuali sanzioni (compresa una
chiusura forzata del locale per mancanza dei requisiti di legge), è di effettuare, a mezzo di un tecnico, il
cambio di destinazione d’uso da C3 a C1 (si tenga conto che con la procedura DO.C.FA. il cambio
sarebbe molto veloce, realizzandosi solo per via telematica).
In alternativa, e dati i tempi ristretti, si consiglia di inaugurare la propria attività soltanto con l’officina e
l’esposizione (anche per eventuale vendita) dei propri prodotti, facendo partire in un secondo momento
l’attività di affitto degli spazi per esporre nella galleria d’arte.

Ultima soluzione, se lo stato dell’immobile lo consente e non necessita di particolari opere, può essere
quella di mantenere la categoria catastale C3 per la parte di locale destinata ad officina, mentre di
richiedere il cambio di destinazione a C1 solo per la parte che ospiterà la galleria.

Evidentemente i consigli qui prospettati attengono a valutazioni di carattere prettamente giuridico, mentre
per una migliore scelta sotto un profilo tecnico, anche dal punto di vista delle spese che si renderà
necessario affrontare, il consiglio non può che essere quello di rinvolgersi ad un tecnico di fiducia.

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Quesito Q201820406
Deborah C. chiede
venerdì 26/01/2018 - Liguria
“Comune di L.
Il puc mi impone struttura ricettiva sul mio terreno regolarmente edificabile,con lo sblocca italia rientro
nella stessa categoria per cui non ho problemi a fare il mutamento di cambio destinazione d'uso ? io
voglio costruire una casa privata
grazie
D.”
Consulenza legale i 30/01/2018
Il termine PUC sta per piano urbanistico comunale. E’ costituito da elaborati cartografici e tecnici, oltre
che dalla normativa che regolamenta la gestione delle attività di trasformazione urbana e territoriale del
comune.

11 di 31 18/11/2021, 12:33
E’ dunque uno strumento di pianificazione urbanistica e suddivide il territorio comunale in parti, e per
ciascuna di esse indica prescrizioni, definisce vincoli ed individua strumenti per garantire la tutela
dell'ambiente, del patrimonio edilizio ecc. ecc.

In base a quello che leggiamo nel quesito, nel PUC del comune di residenza il terreno su cui si vorrebbe
edificare una casa privata rientrerebbe nella zona in cui invece sono previste solo strutture ricettive.
Fermo restando il fatto che il cambio destinazione d'uso deve avvenire nel rispetto delle norme della
pianificazione comunale, facendo riferimento all’art.23 ter contenuto nel DPR 380/2001(articolo
introdotto dalla L.164/2014) possiamo affermare che una struttura ricettiva fa parte di una diversa
categoria funzionale rispetto a quella di cui fa parte una privata abitazione.
Come prevede la norma in questione, il mutamento della destinazione d’uso per essere “non rilevante”
deve avvenire all’interno di una medesima categoria funzionale.
Invero, nel caso di specie, si passerebbe da una categoria funzionale ad un’altra.
Quindi, rispondendo alla domanda, il cambiamento della destinazione d’uso sarebbe rilevante.

Come ha ribadito recentemente anche il Tar Lazio con sentenza n.4577 del 2017: “deve ritenersi che
solo il cambio di destinazione d'uso fra categorie edilizie omogenee non necessita di permesso di
costruire (in quanto non incide sul carico urbanistico) mentre, allorché lo stesso intervenga tra categorie
edilizie funzionalmente autonome e non omogenee, così come tra locali accessori e vani ad uso
residenziale, integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con
conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire”.

Precisato ciò, considerato che è lo stesso legislatore nel sopra citato art. 23 ter a far salva la “diversa
previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali”, suggeriamo di
interpellare un tecnico abilitato (geometra, ingegnere o architetto) per ogni più opportuna verifica pratica
anche in relazione alla regolamentazione urbanistica vigente nel comune.

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Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto,
basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.
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13 di 31 18/11/2021, 12:33
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Art. 23 ter testo unico edilizia - Mutamento d'uso urbanisticamente rile... https://www.brocardi.it/testo-unico-edilizia/parte-i/titolo-ii/capo-iii/art2...

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