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Premessa dell’Autore
Bibliografia p.
1
Prefazione
allegoria della scoperta di sé. Nel Parsifal di Wagner, l’eroe parte alla
ricerca del Sacro Graal ma il suo vagare per il mondo non lo condurrà a
scoprirà che il Graal giace proprio lì, ossia dove il viaggio ha avuto inizio.
rinvenire nel mondo, e non quindi una conquista di un “luogo interiore del
sé”, come Hesse spiega nelle ultime battute del suo libro per bocca del
vecchio servitore Leo. Gurdjieff nei suoi Incontri con uomini straordinari,
2
Mann in La montagna incantata, Kubrick in 2001: Odissea nello spazio e
allegorico per ritrarre l’uomo nella sua ricerca di senso, di verità, del
parlarcene.
simultanei.
3
condizioni di vulnerabilità. Ne veniamo di solito a conoscenza attraverso i
conflittuale.
4
In terzo luogo, anche l’analista sogna il paziente. L’esame delle fantasie
enacment, dei suoi prodotti onirici, dei suoi lapsus e della sua reverie.
l’esito delle proiezioni di entrambi e che viene a costituire la trama del loro
d’essa come di una fonte specifica da cui proviene il senso delle cose. La
relazione d’oggetto che tutto subito assomiglia a quelle più antiche si viene
5
un nuovo inizio, di modo che può essere sconfitta la ripetizione compulsiva
che porta a rigiocare i comportamenti del passato nel presente e una nuova
controtransfert nella lunga onda dell’analisi. Se nelle altre tre fasi del
riferisce a ciò quando parla della nascita del sé in analisi: un evento che si
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Borgogno crede fermamente che l’atteggiamento dell’analista e la sua
narrativa intrisa, questa volta, di speranza, poiché il nuovo inizio darà alla
riattraversare nella sua prima esperienza di analisi e per certi versi nel
venire a contatto con quelle componenti del suo training analitico che egli
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svuotandola di ogni possibile autenticità e creatività individuale”,
interno, finché nel terzo percorso l’Autore si sentirà sognato dal suo
secondo analista che, nello spazio analitico che gli offrirà, andrà finalmente
alla ricerca del vero sé dell’analizzando con cui si trova. Sarà questa
a noi!”) nel più flessibile “sii te stesso” veicolato dall’atmosfera creata dal
paziente (à la Freud).
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Nel concludere l’intervista, Borgogno si serve della storia del “piccolo
genitori affinché egli possa affrontare le molte ostilità del mondo che lo
che gli consiglia di liberarsi del superfluo manto protettivo poiché possiede
già una sua pelliccia abbastanza solida (una pelle sufficientemente buona)
esterno.
enough analyst”, con in più un pizzico di saggezza “tutta sua” che lascia ai
Endre Koritar
9
PREMESSA DELL’AUTORE
traduzione inglese del mio libro Psicoanalisi come percorso (1999), è stata
*
Christopher Fortune è, noto nella cerchia ferencziana ma non solo, come editor di The
Sándor Ferenczi e Georg Groddeck Correspondence (1921-1933), London, Open Gate
Press, 2002.
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La calorosa accoglienza degli psicoanalisti canadesi e la loro
generosità con cui mi hanno ospitato e sostenuto nel mio non facile
11
I.
quello che sarà il tema di quest’intervista, per cui non mi preoccuperò nel
12
risponderti di andare al centro. Procederò, piuttosto, a braccio lasciandomi
utilizzerò qui con te e con voi l’associazione libera nel senso di “prendermi
individuare.
Per risponderti partirò perciò da lontano, dagli inizi del mio percorso
rispetto al gruppo dei miei pari, lontano rispetto ai valori culturali e alle
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qualcuno che mi avrebbe potuto riconciliare con la comunità esterna e
nel sentire questo, percepii che ero vivo e che la vita, benché mi facesse
Un sogno: sognai che il terreno davanti alla chiesa del paese da cui
proviene la mia famiglia paterna sprofondava sotto i miei piedi: con terrore
una pietra verde a forma di rombo che nelle mie mani si illuminava e
importanti erano il segno che mi sarei tuffato nella vita nonostante il non
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sentirmi completamente equipaggiato e, dunque, anche con rischio; e che
cultura circolante nella mia famiglia, una famiglia anche in parte colta e
Fu l’inizio della fiducia: per certi versi “cieca” perché il mio primo
meglio con l’idea, di essere stato aiutato poiché nessuno – intendo il mio
analista – aveva interferito con le mie scelte e con il mio cammino: avevo
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in verità solo successivamente grazie all’aiuto sostanzioso di una seconda
analisi avviata con un analista che tutto subito mi parve parlare troppo e in
modo strano…
risposta con il dire immediatamente che la mia famiglia non faceva il vino
non per proprio uso e consumo e nel passato… aggiunsi che nel sogno mi
“difendere le mie palle” con vigore: “la conchiglia” – per lui – “era quella
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vino promettente”, per chi in sintesi – lo ripeto: “con l’amore di un
“i colpi bassi del mio destino”: un padre che mi affidava a Dio, alle
sapesse il perché e che, sebbene per altri versi fosse persona creativa e
pasta!”.
Ecco Kit – per inciso – da dove deriva uno dei concetti principali del
bambini).
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Sono sicuro Kit che vorrai ritornare su questo mio concetto
di contrastare con le loro voci, spesso nel passato silenziate dalla nostra
questo argomento, per introdurre ancora qualcosa sul tipo di pasta di cui era
seppi più tardi che era una mia fantasia il suo essere napoletano: una
fantasia che penso oggi potesse essere anche connessa al mio viverlo
proposito che Sophia Loren rappresenta per noi italiani il prototipo dell’
“essere napoletano”.
all’ora della mia seduta che mio padre stava morendo e ch’era stato
avevo bisogno di mio padre piuttosto che dell’analista. Mio padre stava
morendo (come di fatto accadde) mentre lui – il mio analista – era in buona
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salute: noi avremmo quindi avuto tempo, ma non poteva essere disertato
l’appuntamento con mio padre. Allorché invece, anni dopo, mia madre
nel bel mezzo del mio raccontare gli eventi e il mio shock per non essere
arrestare. Egli attese e alla fine della seduta, prima di accomiatarci, disse: «
ecco la sua “vista sbarrata” con cui si è descritto da ragazzo e che tutt’oggi
alla tua domanda: da dove deriva il titolo del mio libro principale e il mio
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da una generazione all’altra, e che al centro d’essa vi sono le
il primo tesoro, non importa se la trama del tessuto sia ricca o povera: se
circolazione nel rapporto con noi e con gli altri e farlo fruttificare.
Questo saggio secondo analista aveva perciò – per così dire – “aperto” i
20
II.
hai alla fine deciso di diventare uno psicoanalista? L’ultima cosa che hai
pre-giudizi”»: che cosa davvero intendi con questa affermazione? Nel tuo
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scrivi che hai dovuto lottare con fermezza per poter esprimere la tua voce
nel dibattito psicoanalitico in corso e per mantenere vivo il tuo “vero sé”
di fronte alle pressioni della comunità dei colleghi, ed ora hai sottolineato
della mia seconda analisi, iniziai – sulla scorta della mia lettura di
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avviata dove stavo con entusiasmo apprendendo e verificando su di me che
ossa” che mi rispondeva, che mi insegnava delle cose ogni volta che la
sue risposte e i suoi silenzi e, insieme a ciò, stavo imparando che per
comunicare bisogna fare uno sforzo verso l’altro, uscire dal proprio
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“bozzolo fusionale” proiettandosi verso l’esterno e “gettandosi senza
percezione sana ma molte volte (per me, intendo) “muta”. Muta: perché in
passato non aveva ricevuto una risposta, perché era stata fraintesa, o perché
veniva in sostanza insegnato a vedere sia me stesso che gli altri… e tutto di
stesso”.
disse: «lei continua a essere pressato in ciò che mi dice in risposta a cosa io
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per sé, visto che sino ad allora mi ero giocoforza dovuto specializzare nel
cambiare per andare bene rispetto alle aspettative e ai bisogni dei miei, che
come tu sei”.
alla mia vita privata, e passo invece agli anni come candidato dove il
Mi spiego: Freud aveva già detto tutto, non c’era bisogno di leggere
molti altri autori… eccetto i più grandi che allora erano essenzialmente
alcuni freudiani e poi la Klein, la Klein e la Klein e pochi altri… per lo più
loro avevano in mente poteva essere solo quello interno, per loro
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in cui uno viveva e soprattutto era cresciuto (incluso quello analitico),
Non era tutto così ovviamente, spirava – fra alcuni dei nostri maestri –
una visione che contrastava per più versi con il mio apprendimento
pratica sia con le mie letture. Insegnando fra l’altro in quegli anni Freud e
autori insieme agli studenti – una lettura finalizzata a leggerli nel percorso
tentativi di comprendere, dalle loro emozioni, dalle loro idee, dalle loro
difficoltà, insomma dal loro percorso. Ciò nonostante a una nuova lettura,
finalizzata in questo senso, non era possibile non rendersi conto di come i
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psicologia fondata sugli affetti e sulla relazione, erano alquanto “fobici” nei
una sorta di diktat che più avanti negli anni ho definito “no-entry”. Vi
erano altre cose che non erano viste, non erano ascoltate e che, al limite,
fra diritti e doveri dei bambini e degli adulti”, “dei pazienti e dei loro
terapeuti”, e che non raramente non avessero proprio nessuna idea di che
cosa fosse un bambino piccolo e di che cosa fosse essere una buona madre
o un buon padre.
non rimasi solo a perseguire questi pensieri segreti che non dovevano
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essere espressi ai grandi. Trovai sintonico con questi pensieri critici segreti
il “gruppo dei pari” (e che gruppo dei pari: fra i miei compagni di training,
di percorso.
Una comunità dove ancora negli anni della mia formazione – ma continua a
più”, non necessari…; dove non è d’uso dirti che vai bene, che hai delle
and dont’s” e, soprattutto, è carica dell’idea che uno cresce nel dolore…,
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che è la fonte del pensiero e di ogni buona cosa se è tollerato e modulato
dall’individuo.
Per farla breve, tutto ciò mi divenne via via intollerabile perché una
Eccoci così a Ferenczi (1931; 1932ab), alle idee da lui portate avanti
della mia storia su cui so che tu mi farai delle domande, vorrei ancora dire
qualcosa rispetto a Paula Heimann, come ho già detto prima “un altro mio
vedere le cose.
29
Quando scrissi L’illusione di osservare (1978), come alfieri
(1967) e la Paula Heimann del famoso saggio del 1949 sul controtransfert
(1949). Il caso volle tuttavia che qualche anno più tardi giungessi a sapere
che Paula Heimann, dopo aver rotto con la Klein proprio con la
pubblicazione di questo saggio (dal momento che per la Klein se uno aveva
paziente), era andata assai più avanti nell’esplorare l’area dei fenomeni
della loro quotidiana presenza non soltanto per capire i vari sé del paziente
davvero talvolta indotti dagli altri all’interno di “real life events”: una
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pragmatico delle sue interpretazioni e dei suoi silenzi, di ciò che uno dice e
L’analista – era giunta a dire Paula Heimann verso la fine del suo
del suo pensiero concernente il modo in cui era arrivato a formulare la sua
il paziente gli offre) sia per indicargli, con l’essere disponibile a vivere con
avvalere del contributo del paziente; e come, in ragione di ciò, i suoi stessi
stesso e dei potenziali suoi sé, in parte taciti e inespressi (Heimann 1942-
Ma a questo punto – oltre allo scoprire che più che i contenuti erano
psicoanalista per esempio) e non tutto ciò che viene dopo … (sto parlando
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di Paula Heimann, ma avrei potuto parlare anche di Bion o di Ferenczi:
percorso classico, iniziale, mentre tutto il resto – potremmo dire “la fase
più adulta” del loro pensiero – è stata per lo più ignorata e quasi sempre
al suo cambiare posizione e idee…? Perché non si può essere stati curiosi
dell’evoluzione dei percorsi dei nostri colleghi tanto più quando questi si
precedentemente assunte?
32
partecipare all’incontro, al pensiero, alla novità, al gioco in cui consiste
no-entry al paziente: può, cioè, dire al paziente “fatti più in là”, “così non
mi piaci”, “queste cose non le voglio proprio sentire, non devi parlarne”,
“questo è un qualcosa che non rientra negli argomenti che qui si devono
affrontare”, “se ti esprimi così sei cattivo”, “stai esagerando, le cose non
sono andate così, sono solo fantasie, hai frainteso”, “mi fai soffrire”, “mi
fai morire”… .
dalla lettura di Paula Heimann che iniziarono a imprimersi nella mia mente
portandomi alla fin fine a pensare che tutto ciò che lei aveva messo in luce
modo nuovo i diversi “missing link” che caratterizzano “la stessa storia
(non vi sarebbe cioè una sola famiglia di Edipo ma tante famiglie edipiche
quanti sono gli individui, le une diverse dalle altre per via del ceppo storico
33
talvolta non diverso da quello passato), all’interno delle comunità
in cui ci muoviamo.
indugiare più nel fare ammenda delle proprie mancanze e dei propri limiti
come del resto hanno fatto tutte le altre discipline nel loro sviluppo e nella
34
III.
siamo all’ “eccoci a Ferenczi”, come tu hai detto prima, a un autore che
So anche che tu sei uno dei membri costituenti della recente “International
Széckacs, Kelley Laine) e che da più di dieci anni sei riconosciuto come
35
una figura influente di quel movimento di pensiero, a cui peraltro
pensiero, il tuo sviluppo, la tua pratica? In che rapporto vedi oggi Ferenczi
con Freud...? Puoi dire qualcosa su tutti questi punti… e sottolineare che
cosa del lavoro di Ferenczi è ai nostri giorni così attuale tanto da averlo
dibattito contemporaneo?
ma ne avevo letto un solo articolo, “The unwelcome child and his death
instinct”, del 1929 (Ferenczi, 1929a), non sapendo bene come inquadrarne
parte… perché confuso dal fatto che questo articolo nella letteratura era
morte dei genitori, di una loro passione di morte avversa al vivere e che in
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aggiunta spegneva la vita del bambino soffocandola. Ma allora questi
avevo appena iniziato l’analisi… e – più di ogni altra cosa – credo che le
molti adolescenti – avevo anch’io una visione triste e severa della vita
contro cui però combattevo; e spesso, inoltre, ero svogliato e sentivo che
mi mancava qualcosa che non sapevo cosa fosse… anche se (ma forse
momento ne ero pertanto del tutto privo. Non potevo quindi proprio dire
37
coincidente con la mia persona, con la mia esperienza…, e però – lo ripeto
interrogativo. Era qualcosa, cioè, che per certi versi non mi riguardava?
Sicuramente, per certi versi, ma col senno di poi potrei dire che
qualcosa di quanto diceva Ferenczi non potevo e non sapevo allora proprio
avevano voluto, ma insieme a ciò avevano voluto un bambino che per molti
aspetti doveva essere diverso da quello che loro volevano, un bambino che
(giurisprudenza), non facevo la tesi che la maggior parte degli studenti era
“modo mio” non l’avevo ancora trovato…; e se dovessi dirlo con le parole
d’oggi come mi sentivo allora, direi ch’ero “senza parole” o meglio che
“talora parlavo anche tanto”, ma innanzi tutto con me (scrivevo fra l’altro
38
poesie!) e non sapevo in sostanza affatto donde sorgessero quelle parole, in
specie quelle delle poesie, e perché erano mie… cosa c’entrassero con me.
analista.
una scrittura più privata, in “prosa”, ossia in un pensiero e una scrittura più
Fu così “tutta un’altra musica” quando più tardi rilessi Ferenczi agli
nazionale di training (siamo alla fine degli anni 80) lo rilessi più volte
Scopersi all’atto pratico in quegli anni più cose. Quanto in primis fosse
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quanto tempo, quindi, ci voglia perché le proprie idee preconsce si rendano
più consapevoli e utilizzabili nel proprio lavoro (ciò vale anche per le idee
psicoanalitiche) e come inoltre sia sostanziale che vi sia qualcuno che creda
in esse e che vi dia credito. Come infine sia essenziale che il portatore
“uno che li pensi”, di “un pensatore” e questo si deve ripetere a ogni tappa
soggetto, sono il frutto di una comunità e non tanto dunque di una persona
sola o di se stessi.
ma parimenti “dentro di te” fin dagli inizi della vita. Ogni individuo “nasce,
del resto, alla vita psichica”, a una vita psichica che a lui è “pre-esistente” e
così accade per ogni pensiero che si organizza in una disciplina. Nasce in
40
“uno specifico contesto”, che a lui pre-esiste e si sviluppa in un contesto a
lui contemporaneo: un contesto che potrà variare nel tempo, così come nel
Non mi soffermo oltre su questo punto che sta alla base di molti miei
“tutta un’altra musica”. Tutt’altra musica per due motivi: perché se cambi il
metodo, se leggi cioè nel percorso, quello che puoi osservare è molto
o di qualcuno dal suo insieme nel tempo (questo è un motivo per cui l’“hic
conto dell’ “onda lunga” in cui l’hic et nunc è inserito); perché Ferenczi –
letto nel percorso – fa sentire al lettore che sta, sin dagli esordi, suonando
un’ “altra musica in psicoanalisi”: che è diversa da quella che suona Freud
a quella suonata da Freud. Prendiamo alcuni dei suoi primi scritti, che sono
41
dagli studiosi dell’epoca la studia a partire dagli effetti fisici e psichici
con le interpretazioni qualcosa che riguarda loro stessi più che l’altro. Il suo
altro dei suoi primi lavori, del 1912, dal titolo “Sintomi transitori nel corso
paziente e analista: sono una risposta cioè a qualcosa che l’analista ha detto
42
questa luce…riconoscendo la matrice interpersonale degli accadimenti di
tutti la modernità del suo pensiero, che esplorava con pazienza e sensibilità
gli inconsci” intendendo che fra una persona e l’altra nella conversazione
43
Accenno ancora a un altro suo lavoro iniziale, scritto “in mezzo” ai due
che ho citato, nel 1909, che riguarda l’ “introiezione”. Anche questo scritto
(il processo che Freud e i primi psicoanalisti studiavano). Dato però che il
processo – egli lo mise subito in evidenza fin da questo lavoro – assai più
permeabilità infantili – di quanto gli offrono: cibo, cure, parole, affetti. Ciò
che si può – per dirlo crudamente – fin dai primi giorni di vita “mangiare
genitori, che non sono come la teoria classica finiva per sostenere “buoni
44
giovane età, prende tutto dentro di sé senza poter selezionare e difendersi
rispetto a ciò che prende dentro. Ma cosa prende dentro di sé, rifletteva
parole, per esempio – gli erano porte ed era di qui che sorgevano a suo
mondo.
fundo – veniva a dire alla comunità dei colleghi che vi era una “pragmatica
anche quelle degli allievi e dei pazienti. Menti in formazione assai più
piccolo diventando operativi nel suo stare al mondo senza che egli ne abbia
dandovi parola.
45
Adesso mi fermo sull’importanza di Ferenczi e su quanto sia attuale
ciò fin dall’inizio del suo percorso ma ci vollero anni e anni affinché
potesse lui stesso credere in ciò che intuiva consolidando questa sua
originale visione (si vedano i 3 volumi della sua corrispondenza con Freud
psicoanalitica, dal canto suo, ha avuto bisogno di più di 20 anni per iniziare
relazione” (vedi Paula Heimann e Bion, nella mia ottica per questo
Che dire del “trauma in Ferenczi”: che esso è psichico, riguarda gli
46
omissione di soccorso”: omissione di quel soccorso che dovrebbe essere
fisiologico nei momenti della crescita e che tuttavia, purtroppo, molte volte
rinominare un concetto principale del mio libro, ciò che per eccellenza può
47
IV.
DALL’ESPERIENZA RELAZIONALE
me, ma credo per tutti noi qui riuniti ad ascoltarti, sarebbe interessante
48
che tu esplicitassi meglio sia i processi in gioco in questo “achievement” e,
psicoanalitico?
F. BORGOGNO: Potrei partire da Freud nel risponderti, dicendo con lui che
affettive” di cui trasuda la nostra presenza “in carne ed ossa” (un aspetto
convalida psichica” che dimostrano che “tu sei esistente per un altro”
1978). Tutto ciò – lo premetto – peraltro non ha niente a che fare col
49
dell’altro… se odio e rabbia sono in un momento del trattamento i
50
pertinenza del bambino piccolo (come ho più volte osservato Freud non
aveva gli strumenti per compiere la necessaria “discesa alle madri” e per
terapeuta eccellente).
lui non ignorasse che le parole non bastano e che è “la generosità di un
altro cuore” che in fin dei conti apre e fa accedere al “mistero di un'altra
essenzialmente “per via di levare” e non “per via di porre” – cita infatti
Amleto, esclama:
“Why, look you now, how unworthy a thing you make of me! You
would play upon me; … you would pluck out the heart of my
mystery; you would sound me from the lowest note to the top of my
compass; and there is much music, excellent voice, in this little
organ; yet you cannot make it speak. ‘Sblood, do you think I am
easier to be played on than a pipe? Call me what instrument you
51
will, though you can fret me, you cannot play upon me’ (Act III,
Scene 2)”.*
*
Ebbene, guardate ora, come dappoco voi mi stimate! Voi vorreste sonare su di me (…)
vorreste strappare il cuore del mio mistero; vorreste sonarmi dalla mia nota più bassa
fino alla cima del mio registro; e c’è di molta musica, una voce eccellente, in questo
piccolo organo, e pure voi non potete farlo parlare. Per il sangue di Cristo, credete che
io sia più facile a sonarsi d’uno zufolo? Chiamatemi col nome dello strumento che
volete, benché voi mi pizzichiate, voi non potete sonarmi (Freud, 1904, p. 262).
52
Ecco perché, d’altra parte, la soggettività dell’analista è nella mia
esclusivamente se stesso e i vari aspetti del suo sé, ma altresì i vari tipi
di oggetto con cui è stato a contatto nella sua vita, che piano piano – gli
uni e gli altri – si attivano nelle sedute e divengono centrali. Porta ossia
53
che non sono affatto sicuro che tutti seguano e abbiano in mente come
finalizzi il suo esserci nel senso che ho detto, porta “tutta la sua
persona” perché è proprio dalla sua “persona nella sua globalità” che
sorge la sua comprensione: dal suo corpo voglio dire, dalla sua pancia,
54
whom, why and how” erano per l’appunto secondo la Heimann gli
informare il paziente su se stesso, sui suoi bisogni, sulle sue ansie, sulla
sua storia, sul suo mondo interno e, in sostanza, sul tipo di relazione
inconscia che sta proponendo e sulle ragioni per cui sta proponendo
55
capire di più chi egli sia… e che cosa gli sta accadendo e, per questa
attori e forze in gioco fossero presenti nella sua infanzia e nella sua
56
similmente a Ferenczi – l’analista è autenticamente disponibile ad
differente dalla sua, e cioè a una diversa gestione del dolore psichico
psicoanalitico contemporaneo.
breakdown” del 1963 che il trauma (lui non lo chiamava così in questo
57
of the life) – i genitori non c’erano, erano, cioè, assenti psichicamente
(the parents where not there: that is that they were psychically absent)
the child was not able to experience and afford it), risultandone perciò
mentale (in a real state of psychic agony). Egli qui, proprio come
quando ciò accade – non nega le sue mancanze e i suoi errori ma “vi
58
alla ribalta del mio discorso gli “spoilt children”, l’importanza
comporta ciò che noi oggi chiamiamo “enactment” (un concetto che
59
che l’analista avverte dentro di sé e dentro il proprio corpo senza
accade come molti psicoanalisti hanno desiderato che fosse per molto
60
Vengo al primo punto, sottolineando che la psicoanalisi è
l’integrazione di “aspetti dissociati e alienati del sé” (un tema che verrà
our deep emotional involvement with the life, with the others and
parti esiliate (in specie quelle infantili) – “the role-reversal and the
61
dissociation of the self” costituiranno il tema del mio lavoro per l’IPA
mai entrandovi in contatto, non trovando esse uno spazio psichico che
da parte dei suoi genitori, essi stessi carenti di genitori capaci di invitare
62
piccolo orso che aveva sempre freddo, era sempre raffreddato, pativa
cappello caldo, le calze d’alpino, gli scarponcini rivestiti e così via. Una
inaugurò per lui una nuova ricetta di cura. “Orsetto – gli disse il dottore
63
sorridente: “Ti sbagli Orsetto perché in questo momento, anche se non
BIBLIOGRAFIA
1972.
64
Bion Wilfred R. (1992), Cogitations. Pensieri. Roma, Armando, 1996.
Boringhieri.
65
Borgogno Franco (2005). Pensieri sul trauma in Ferenczi. In C. Bonomi (a
cura di), Sandor Ferenczi e la psicoanalisi contemporanea. Roma, Borla,
2006.
ruoli e la dissociazione del sé: una “forma di ricordo” poco illuminata dalla
1967)
66
Ferenczi Sándor (1909). Introiezione e transfert. In Opere, vol. 1,
Ferenczi Sándor (1931). Analisi infantili con gli adulti. In Opere, vol. 4,
67
Ferenczi Sándor (1932a). Confusione di lingue tra gli adulti e il
4.
Cortina, 1993.
Cortina, 1998.
1992.
68
Heimann Paula (1949). Il controtransfert. In Bambini e non più
69
Heimann Paula (1981b). La sfida di Freud al coraggio e alla creatività
R. Cortina, 1988.
70