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DIREZIONE DELLA FOTOGRAFIA

Il concetto di colore complementare è interiorizzato nell’uomo. È in natura.


SINTESI ADDITIVA E SINTESI SOTTRATTIVA:
Nell’occhio umano abbiamo i coni e i
bastoncelli, che si attivano a seconda
della luce presente nell’ambiente
circostante.
Questo concetto è riproducibile in
fotografia con l’esposizione.
Sovraesposizione: colori
luminosi/pastello
Sottoesposizione: colori scuri, saturi e
cupi.
La sintesi che l’uomo fa quando guarda un oggetto non è possibile riprodurla in fotografia,
per rappresentare la luce invece è necessario saper scegliere le luci corrette. Da qui
prendiamo il concetto di TEMPERATURA COLORE. In fisica abbiamo avuto modo di
conoscere le varie temperature colore facendo un esperimento su un corpo nero, che
(privo di punto di fusione) si scalda cambiando colore dal rosso all’arancio al giallo al
bianco fino all’azzurro.
La temperatura della luce è misurata in gradi °K (Kelvin), 0°K corrispondono ai -273 °C
(punto in cui la vita non è possibile). La luce quindi è classificabile per temperatura colore
utilizzando la scala °K.
Il concetto di orario in cui è
misurata la temperatura
colore è prettamente
teorico, in fotografia però
per ottenere una luce
bianca bisogna impostare
le luci a 5500°k.
Le varie lampade hanno
delle temperature colore
predefinite.
La percezione umana ci fa
associare però il blu ad
una luce fredda e il rosso
ad una luce calda, anche
se tecnicamente è il
contrario.
Per registrare la luce il
componente fondamentale è l’argento per la sua particolarità di annerirsi a contatto con la
luce. Per accelerare il processo si è utilizzato un liquido basico. Le pellicole fotografiche
sono prodotte principalmente in Daylight (5500°K) o Tungsteno (3200°K). Le luci
fotografiche sono principalmente le Foto Flood (3400°K) e i Quarzi (3200°K), nel caso in
cui dovessi utilizzare delle pellicole sbagliate si può correggere la temperatura colore
utilizzando dei filtri di conversione che possono essere a:
- 80A che con le sue tonalità azzurre porta la temp. colore da 3200°K a 5500°K.
- 85B che con le sue tonalità ambrate porta la temp. colore da 5500°K a 3200°K.
LE LAMPADE FOTOGRAFICHE:
- Foto Flood (3400°K) funziona a Tungsteno un metallo che con il tempo produce dei
gas che si vanno a depositare sulle pareti della stessa e che vanno ad “arrossare”
la lampada portandola fino ad una temperatura colore di 3200°K.
- Quarzi (3200°K) in questo caso il vapore di tungsteno incontra lo Iodo preesistente
nella lampada creando lo Ioduro di Tungsteno che si appesantirà e scenderà fino
alla fonte del filamento che li farà poi scindere per poi far riiniziare il ciclo. Non si
possono maneggiare a mani nude.

LEGGE DELLA RIFLESSIONE


L’angolo formato dal raggio di luce incidente con la perpendicolare tracciata nel
punto di contatto è identico a quello formato dal raggio riflesso con la stessa
perpendicolare.

Per eliminare la luce riflessa possiamo utilizzare dei filtri polarizzatori, che non lavorano
per termini di lunghezza d’onda ma per quantità.
I corpi colpiti dalla luce si distinguono tra: corpi opachi, corpi trasparenti e corpi traslucidi.

FORO STENOPEICO
Grazie alla caratteristica della luce di viaggiare in linea retta, noi possiamo vedere le
immagini riflesse degli oggetti in maniera indiretta. Leonardo Da Vinci, aveva intuito il
concetto di camera oscura, ovvero una scatola buia con un piccolo foro. Il foro tralasciava
passare il riflesso degli oggetti all’esterno e riflette l’immagine (al contrario) sulla parete
opposta al foro.
Mantenendo lo stesso punto di vista e
aumentando la distanza tra foro e
parete di riflessione, l’immagine riflessa
andrà ad ingrandirsi.
LEGGE DEL QUADRATO INVERSO
Abbiamo due fattori che determina
l’immagine finale, la dimensione del
foro e il tempo in cui la carta è esposta
ai raggi. Raddoppiando l’area della
parete di riflessione e la distanza,
l’energia che si imprime sulla parete è quattro volte meno potente, perché la legge del
quadrato inverso dice: la luce varia in modo inversamente proporzionale al quadrato della
distanza.
Invece, mantenendo lo stesso punto di ripresa e utilizzando scatole di dimensione diverse,
notiamo che una scatola di lunghezza minore ha un angolo di ripresa più ampio rispetto a
una scatola più lunga.
La scatola deve essere nera all’interno, in modo che il
colore nero possa assorbire i raggi che non erano
interessanti per la riuscita finale. La velocità con cui il
materiale risponde alla luce è chiamata sensibilità,
essa è calcolata tramite la composizione del
materiale.
LEGGE DELLA RIFRAZIONE
Quando un raggio di luce perpendicolare su un corpo
trasparente, non cambia direzione, ma perde di
densità e potenza. Invece quando un raggio di luce
invece arriva obliquo, oltre che a rallentare verrà anche deviato, ovvero è soggetto alla
rifrazione. Quando il raggio dovrà uscire poi dalla lastra di vetro devierà di nuovo tornando
alla direzione d’origine. L’entità della deviazione dipende da:
- Materiale, indice di rifrazione (n)
- Direzione del raggio
- Lunghezza d’onda del raggio luminoso (RGB)
Infatti nei raggi della luce bianca vengono rifratti di più di blu, poi i verdi e i meno rifratti
sono i rossi.
Il fenomeno della riflessione totale, può essere utilizzato e sfruttato, utilizzando un’oggetto
trasparente tagliandolo a pentaprisma in modo da riflettere la luce e riuscire a vedere
immagini corrette.
Raggi divergenti che entrano del prisma in uscita saranno poi raggi convergenti, e
aumenteranno quaindi anche la loro intensità, e se abbiniamo al prisma anche un altro
inverso al primo la convergenza della luce sarà più potente. Quindi prendendo prismi di
diversa dimensione e tagliandone dei pezzi, potremmo montarli insieme e raddoppiarli,
così avremo una superficie curva che aumenterà la luminosità dell’immagine in maniera
corretta per diminuire i tempi di esposizione e la nitidezza, questa superfice si chiama
lente.
Il punto di convergenza viene chiamato
fuoco della lente. La distanza che
separa la lente e il fuoco viene
chiamata lunghezza focale.
Noi però per scattare un’immagine
dobbiamo trovare il fuoco, un punto
preciso dove viene creata l’immagine
nitida, ciò vuol dire che dobbiamo
creare obiettivi a distanza variabile. Dal
punto di partenza del soggetto dipende
il punto di arrivo della foto, per questo
dobbiamo cercare l’immagine con il piano focale.
TEORIA DEI PUNTI CONIUGATI
È la relazione che lega il soggetto e la lente alla posizione della formazione del fuoco,
essa è una regola precisa e determina i punti di fuoco.
TIPOLOGIE DI LENTI
Le lenti sono suddivise in positive che compongono immagini e negative che aggiustano le
positive e vengono usate nella costruzioni di ingranditori.
Una lente è formata da due superfici, a seconda della loro conformazione abbiamo:
- Lente biconvessa +
- Lente piano convessa +
- Lente menisco + (lato convesso anteriore più grande, lato concavo più piccolo)
- Lente menisco – (lato convesso anteriore più piccolo, lato concavo più grande)
- Lente biconcava -
- Lente piano concava -
Il formato è la dimensione del dispositivo che registra l’immagine, da qui parte la
definizione di obiettivo normale, lungo o corto. Un’ottica normale è tale perché la
lunghezza focale coincide con la dimensione della diagonale di quel formato. Un’ottica
corta riprenderà una porzione più ampia della scena, un’ottica lunga riprende una
porzione più corta e invece la normale riprende una porzione di scena media tra le due.
In termini di obiettivo parliamo di angolo di campo, ovvero la zona di ripresa, all’incirca
60° nelle ottiche normali, +60° parliamo di ottica corta o grandangolo e invece -60° è
un ottica lunga o macro.
La lettura delle fotografie avviene dall’alto verso il basso, questo concetto deve essere
sfruttato per trovare un soggetto statico o dinamico. I soggetti posizionati sulla cornice
più bassa ci ridaranno una sensazione di staticità al contrario i soggetti in una
posizione più alta ci ridaranno una sensazione di dinamismo.
Le ottiche corte sono particolari, perché distorcono l’immagine in modo preponente
nelle zone periferiche.
I formati in pellicola a rullo sono:
- 24x36 mm;
- 4,5x6 cm;
- 6x6 cm;
- 6x7cm;
- 6x9 cm;
- 6x12 cm;
I formati delle pellicole piane sono:
- 10x12 cm;
- 13x18 cm;
- 20x25 cm;
DIAFRAMMA
Dividendo la lunghezza focale e il diametro della lente otteniamo il diaframma, ovvero un
numero assoluto. Per regolare l’ingresso della luce nell’obbiettivo è necessario regolare il
diaframma. Esso concentra il flusso energetico al centro della lente, dove i raggi luminosi
sono meno deviati. La scala dei diaframmi è composta e costruita in modo che ad ogni
stop dimezzi le onde luminose della metà. Quindi le diminuzioni progressive sono
calcolate con dividendo la lunghezza focale per 1.4 e i suoi multipli:
La scala dei diaframmi è:
f/1 Esistono anche dei valori intermedi tra gli stop che valgono un terzo dell’unità. Il
f/1.4
circolo di confusione è un indicatore di precisione o difetto dell’effetto ottico
f/2.8
distinguibile umanamente, sulla foto. È impossibile fisicamente avere una foto con
f/5.6
tutti i piani a fuoco ma possiamo avere una foto con una nitidezza diffusa. Questo
f/11
viene regolamentato dal diaframma che ha la capacità di diminuire o aumentare la
f/22
profondità di campo. Essa è la porzione di foto nitida. Sulla profondità di campo
incidono l’apertura del diaframma, la distanza dal soggetto e la lunghezza focale. A livello
comunicativo ridurre la profondità di campo può far scegliere dal fotografo il soggetto della
foto che deve attrarre lo sguardo.
Il tempo di esposizione è regolabile tramite l’otturatore, esso si calcola in tempo, non come
il diaframma che si misura in area. La scala prevede dai secondi (più lunghi) alle frazioni di
secondi (più corti). Sulle macchinette può accadere di avere solo il denominatore della
frazione senza il nominatore.
Gli otturatori centrali, hanno una composizione a lamelle che ricorda la composizione del
diaframma e si apre e chiude intorno all’asse ottico, la composizione meccanica non
permette di avere un tempo più veloce di 1/500 di secondo, quindi non abbastanza veloce
per alcuni tipi di foto.
Gli otturatori sul piano focale o a tendina, hanno una composizione a doppia tendina che si
inseguono lasciando un fessura di varia dimensione che andrà a impressionare la
pellicola/sensore per il tempo scelto dal fotografo. Utilizzare questo tipo di sensore è
rischioso con il flash, infatti per evitare che il fotogramma sia esposto a porzioni
disomogenee bisogna impostare il tempo di esposizione di produzione dell’otturatore, di
solito 1/125 o 1/250 di secondo.
Il livello di sensibilità del mezzo è sempre stato misurato in due tipi di scale (entrambe
funzionano in stop) e sono ASA (scala americana) e DIN (scala tedesca) ora invece è
difficile trovare la DIN ed è preferita la ASA che adesso si chiama ISO, perché è stata
adottata come unità di misura internazionale. Possiamo trovare inoltre sulla macchinetta il
pulsante BULB che ci permette di decidere il tempo di esposizione adatto, il problema
sono le vibrazioni dovute alla pressione della mano, quindi si è inventato l’opzione TIME,
ovvero si preme quando si inizia l’esposizione e si preme una volta esaurita.
CURVA CARATTERISTICA DELLA PELLICOLA E CONTRASTO
Scattando in bianco nero la pellicola assorbe un tot di raggi luminosi, così facendo essi
anneriscono gli alogenuri d’argento della pellicola. Quindi le sezioni più luminose
dell’immagine corrispondono alle sezioni più dense e nere della pellicola. Posizionando la
pellicola nell’ingranditore le parti più dense illuminate renderanno il bianco sulla carta
stampata.
La curva caratteristica della pellicola è
costruita con un’asse X (ESPOSIZIONE) e
l’asse Y (ANNERIMENTO). La crescita della
curva dai punti A;B (PIEDE) è indifferente e
la pellicola non è esposta per assenza di
luce. La crescita nei punti B;C è
esponenziale dove all’aumento della luce
aumenta la densità in modo proporzionale.
Nei punti C;D (SPALLA) abbiamo
l’interruzione dell’esposizione a causa della
totale densità della pellicola. A seconda
della sensibilità della pellicola i punti B;C
possono essere più o meno distanti.
L’esposimetro normalmente ci corregge l’esposizione posizionandola sulla curva il punto di
mezzo tra B;C. Per ottenere dei bianchi e dei neri corretti bisogna calibrare l’esposizione in
modo riflesso utilizzando un cartoncino di colore grigio (di una shade particolare) per poi
scattare il soggetto con le impostazioni date durante la calibrazione del cartoncino.

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