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In questo capitolo prenderemo in considerazione un modo alternativo di descrivere un segnale continuo: invece
di descriverlo come una funzione del suo dominio (per noi, in genere, il tempo), lo descriveremo come una
combinazione lineare di opportune funzioni base. Vedremo cioè che un segnale, può essere anche rappresentato
dall’insieme dei coefficienti moltiplicativi di tali funzioni base: definite le funzioni base (nel nostro caso sinusoidi)
e noti i coefficienti, infatti, la risultante combinazione lineare produce esattamente il segnale dato.
Gli strumenti matematici che ci permettono di passare da una all’altra di queste due forme di rappresentazione
Consideriamo una funzione di variabile reale, f (t), periodica con periodo T , per cui:
Nel 1822 il matematico francese Jean-Baptiste Joseph Fourier dimostrò che, se una funzione periodica f (t) di
periodo T soddisfa opportune condizioni di regolarità (le condizioni di Dirichlet), allora la funzione f (t) si può
esprimere come una somma di sinusoidi (oppure di fasori, che danno luogo a una rappresentazione più generale,
nel campo complesso, e più compatta), a opportune frequenze, e cioè alle frequenze multiple di f1 = 1/T , il
reciproco del periodo della funzione, detta frequenza fondamentale. In particolare, la componente c0 a frequenza
f0 = 0/T viene detta componente continua, la frequenza f1 = 1/T viene detta frequenza fondamentale e la
componente generica cn a frequenza fn = n/T viene detta n-esima armonica.
Tale somma viene chiamata sviluppo in serie di Fourier e può essere espressa in due forme: la forma tri-
gonometrica, applicabile solo a funzioni reali, nella quale le funzioni base sono seni e coseni oppure coseni
opportunamente sfasati, e la forma esponenziale, applicabile anche a funzioni complesse, nella quale le sinusoidi
sono espresse mediante fasori. Un fasore rappresenta la generalizzazione di una sinusoide nel campo complesso:
scomponendo infatti il generico fasore p(t) = e j2⇡f t nelle sue componenti reale e immaginaria si ottengono una
Forma esponenziale Lo sviluppo in serie di Fourier in forma esponenziale è espresso come una combinazione
n
T
n
+1
X j2⇡ t
f (t) = cn e T , t 2 R (eq. di sintesi) (4.3)
n= 1
Z n
1 j2⇡ t
L’equazione (4.3) permette di ottenere la funzione f (t) originaria, a partire dai pesi cn , detti coefficienti di
Fourier, che moltiplicano i corrispondenti fasori a frequenza n/T ; per questo viene chiamata equazione di sintesi.
L’equazione (4.4), invece, è lo strumento che permette l’operazione inversa, e cioè il calcolo dei coefficienti di
Fourier cn a partire dalla definizione della funzione f (t) su un suo periodo; quest’ultima viene pertanto chiamata
equazione di analisi.
Forma trigonometrica La forma trigonometrica dello sviluppo in serie di Fourier si ottiene facilmente a
partire dalla forma esponenziale. Possiamo riscrivere l’equazione di sintesi (4.3) come segue, estraendo dalla
n " n n #
+1
X j2⇡ t +1
X j2⇡ t j2⇡ t
f (t) = cn e T = c0 + cn e T + c e T (4.5)
n= 1
n
n=1
Sfruttando l’equazione di analisi (4.4) e ricordando che f (t) è reale, dimostro che c n = cn (complesso coniugato
di cn ):
Z n Z n
c n=
1
f (t) e
+j2⇡ t
T dt =
1
f (t) e
j2⇡ t
T dt = cn (dato che e j# = e j# ) (4.6)
T T T T
" 2 3
n n # n n
+1
X j2⇡ t
T + cn e
j2⇡ t
T
+1
X
4 cn e
j2⇡ t
T + cn e
j2⇡ t
T 5
f (t) = c0 + cn e = c0 +
n=1
" n #
n=1
(4.7)
+1
X j2⇡ t
= c0 + 2 Re cn e T
n=1
" n # " ✓ n ◆#
+1
X +1
X
f (t) = c0 + 2 Re ⇢n e j# n e
j2⇡ t
T = c0 + 2 Re ⇢n e
j2⇡ t + #n
T (4.8)
n=1 n=1
⇥ ⇤
E quindi, ricordando che Re ej# = cos(#) (dalle formule di Eulero), si ottiene:
+1
X ⇣ n ⌘
n=1
La (4.9) rappresenta l’equazione di sintesi dello sviluppo in serie di Fourier in forma trigonometrica. In questa
forma, al posto del coefficiente cn , compare la coppia h⇢n , #n i, corrispondenti al modulo e alla fase di cn .
Una forma trigonometrica alternativa si ottiene scomponendo cn , anziché in modulo e fase come nella (4.8),
cn = an jbn (4.10)
dove an e bn sono i coefficienti dello sviluppo in serie di Fourier in forma trigonometrica. Possiamo quindi
scrivere:
+1
" n #
X j2⇡ t
n=1
2 ⇣ 3
+1 n n ⇡⌘
X j2⇡ t j 2⇡ t +
f (t) = c0 + 2 4
Re an e T bn e T 2 5
n=1
⇥ ⇤
E quindi, ricordando di nuovo che Re ej# = cos(#)::
+1
X ⇣ n ⌘ ⇣ n ⇡⌘
f (t) = c0 + 2 an cos 2⇡ t
T
bn cos 2⇡ t +
T 2
n=1
+1 ⇣ n ⌘ ⇣ n ⌘
f (t) = c0 + 2
X
an cos 2⇡ t + bn sin 2⇡ t (4.12)
n=1
T T
La (4.12) rappresenta una versione alternativa dell’equazione di sintesi in forma trigonometrica, nella quale
compaiono le funzioni sia seno, sia coseno, ma non compaiono i termini di sfasamento #n .
Quando si utilizza la forma trigonometrica dello sviluppo in serie di Fourier, può risultare comodo calcolare i
coefficienti di Fourier an e bn direttamente, senza cioè passare per il calcolo di cn da cui ottenere poi an e bn
come componenti reale e immaginaria (ricordiamo che cn = an jbn ). Definendo an = Re[cn ] e bn = Im[cn ],
otteniamo, rispettivamente:
Z " n # Z " n #
1 j2⇡ t 1 j2⇡ t
Z Z
1 h ⇣ n ⌘ ⇣ ⌘i
⇠n⇠t⇠ dt = 1
⇣ n ⌘
= f (t) Re cos 2⇡ t + j sin ⇠ ⇠2⇡ f (t) cos 2⇡ t dt
T T T ⇠⇠ T T T T
e:
" Z
j2⇡
n
t
# Z "
j2⇡
n #
t
1 1
bn = Im[cn ] = Im
T
f (t) e T dt =
T
f (t)Im e T dt
T T
Z Z
h ⇣ n⇠⌘
⇠ ⇣ n ⌘i ⇣ n ⌘
=
1 ⇠⇠
f (t) Im cos⇠⇠2⇡ t + j sin 2⇡ t dt =
1
f (t) sin 2⇡ t dt
T T
⇠ T T T T T
Riassumendo, quindi:
Z
1 ⇣ n ⌘
an = Re[cn ] = f (t) cos 2⇡ t dt
T T T
Z ⇣ (4.13)
1 n ⌘
bn = Im[cn ] = f (t) sin 2⇡ t dt
T T T
Le formule di analisi e sintesi possono essere considerate lo strumento per passare da una all’altra delle due
analisi
fT (t), t 2 (0, T ) ) * {cn } o {⇢n , #n } o {an , bn }, n 2 Z (4.14)
sintesi
e cioè, la definizione classica, come una funzione della variabile continua (in genere il tempo) all’interno di un
periodo, e come una funzione complessa {cn } (o una coppia di funzioni reali {an , bn }) della variabile discreta
e intera n 2 Z.
In altre parole, lo sviluppo in serie di Fourier suggerisce una modalità alternativa per descrivere una funzione
continua periodica: accanto alla rappresentazione grafica della funzione continua in un suo periodo, la rappre-
sentazione della funzione complessa {cn } di variabile discreta intera n, o delle due funzioni reali {an } e {bn }.
• in forma esponenziale, facendo riferimento all’equazione di sintesi (4.3): dato un intero n, il coefficiente
n
j2⇡ t
cn rappresenta l’ampiezza con cui va moltiplicato il fasore Cn (t) = e T , che rappresenta la sinusoide
n
generalizzata a frequenza fn = , per ottenere la componente a questa frequenza del segnale periodico
T
originario fT (t);
⇣ n ⌘
tano la metà delle ampiezze con cui vanno moltiplicate rispettivamente la cosinusoide An (t) = cos 2⇡ t
⇣ n ⌘ T
n
e la sinusoide Bn (t) = sin 2⇡ t a frequenza fn = per ottenere le componenti a questa frequenza del
T T
La descrizione di fT (t) mediante le sequenze di coefficienti {cn } o {an , bn } si può quindi immaginare come una
descrizione per somma delle componenti alle frequenze fn = n/T . Questa forma di rappresentazione è detta
spettro, o rappresentazione spettrale della funzione fT (t), in analogia con la convenzione di chiamare
spettro la scomposizione della luce bianca nelle sue componenti alle diverse lunghezze d’onda (e quindi alle
diverse frequenze).
Consideriamo la funzione periodica di periodo T rappresentata in figura 4.2 e così definita nell’intervallo (0, T ):
t
f (t) = , 0t<T (4.15)
Calcoliamo i coefficienti del suo sviluppo in serie di Fourier. Iniziamo da c0 , cioè la componente continua, il
coefficiente corrispondente alla frequenza f = 0. Osserviamo infatti che una sinusoide/fasore a frequenza f = 0
corrisponde a una costante (cos(0) = ej·0 = 1); il ‘peso’ c0 risulta quindi una costante aggiunta alla funzione
periodica generata, che ne innalza di c0 il valor medio. Tale componente continua ci permette di rappresentare
funzioni periodiche con valor medio diverso da zero, dato che, per tutte le altre frequenze (fn = n/T, n 6= 0), le
sinusoidi/fasori compiono un numero intero di cicli nel periodo T , quindi il loro valor medio è nullo.
1
Z T j2⇡
0
t
Z
1 T
Z
1 T t
1 t2
T
1 T2 1
che coincide con la formula di calcolo del valor medio di f (t) sul periodo T .
Z n Z n Z T n
T 0 T 0 T T 0
j2⇡ t
Posso risolvere questo integrale per parti, ponendo f (t) = t e g 0 (t) = e T :
8" 9
n #T Z T n
T2 : j2⇡n
0
0 j2⇡n ;
8"
n # T "✓ n #T
9
◆2
T2 : 2⇡n j2⇡n
0
;
0
(" # ✓ ◆2 h ⇠
⇠⇠
)
jT 2 j2⇡n 0 · T⇢⇢ ⇠ ⇠ i
e ⇠
1 T j
= e ⇢ e
0
⇠ ⇠⇠ j2⇡n e0 = , n 6= 0.
T2 2⇡n j2⇡n ⇠ ⇠
⇢ ⇠j2⇡n 2⇡n
Tutti i coefficienti cn , per n 6= 0, risultano quindi immaginari. Ricordando che che an = Re[cn ] e bn = Im[cn ],
otteniamo:
an = 0 ; bn = , n 2 Z, n 6= 0 (4.19)
2⇡n
A titolo di esercizio, verifichiamo questo risultato calcolando i coefficienti an e bn mediante le formule di analisi
Z T ⇣ n ⌘ Z T ⇣ n ⌘
1 t 1
an = cos 2⇡ t dt = 2 t · cos 2⇡ t dt = (integro per parti)
T T T T T
0 0
1
T ⇣ n ⌘ T
1 T
Z T ⇣ n ⌘
=
T2
t ·
2⇡n
sin 2⇡ t
T T 2 2⇡n 0
sin 2⇡ t dt
T
0
⇣ n ⌘ T
1 T2 h ⇣ n ⌘iT
1
= 2 t·
T
sin 2⇡ t + cos 2⇡ t
T 2⇡n T 0 T 2 4⇡ 2 n2 T 0
1 T2 1 T2
(4.20)
1
Z T
t ⇣ n ⌘ 1
Z T ⇣ n ⌘
bn =
T T
sin 2⇡ t dt =
T T2
t · sin 2⇡ t dt = (integro per parti)
T
0 0
( )
Z
1 T ⇣ n ⌘ T
T T ⇣ n ⌘
= t· cos 2⇡ t + cos 2⇡ t dt
T2 2⇡n T 0 2⇡n 0 T
⇣ n ⌘ 1 T 2 h ⇣ n ⌘iT
T
1 T
= 2 t · 2⇡n cos 2⇡ T t sin 2⇡ t
T 0 T 2 4⇡ 2 n2 T 0
(((
1 T2 ⇠
⇠
⇠(0) 1 T2
( ( (((sin (0)] = 1
= cos (2⇡n) 0 ·⇠
⇠ cos (
(2 n2([sin (2⇡n) c.v.d.
T 2 2⇡n T 2(4⇡
( 2⇡n
Utilizzando quindi la formula di sintesi in forma trigonometrica (4.12), possiamo scrivere la funzione periodica
t
1
1 X 1 ⇣ n ⌘
f (t) = , 0t<T ! f (t) = + sin 2⇡ t . (4.21)
T 2 n=1 ⇡n T
In base all’equazione (4.19), possiamo quindi rappresentare il risultato ottenuto in forma di grafico della funzione
discreta dei coefficienti dello sviluppo. Scegliendo ad esempio di rappresentare le due funzioni reali discrete {an }
e {bn }, si ottengono i grafici di Figura 4.3. Dato che il coefficiente c0 , relativo alla componente continua, risulta
reale, va associato alla funzione {an } che, rappresentando cosinusoidi, è adatto a rappresentare una costante
Nel paragrafo precedente abbiamo visto che è possibile descrivere segnali continui e periodici, di periodo T ,
come combinazione lineare di sinusoidi a frequenze multiple della frequenza fondamentale f1 = 1/T :
analisi
dove il generico coefficiente cn rappresenta l’ampiezza della componente della funzione fT (t) alla frequenza
fn = n/T . Come abbiamo visto, la descrizione di fT (t) mediante l’insieme dei coefficienti {cn }, e cioè mediante
l’insieme delle componenti alle frequenze fn = n/T , è detta spettro della funzione fT (t) e risulta particolar-
mente utile per descrivere tutti i segnali di natura oscillatoria, che si prestano particolarmente bene ad essere
Viene quindi spontaneo chiedersi se questo tipo di strumento analitico non si possa estendere a tutti i segnali,
cioè a tutte le funzioni continue, e cioè anche a quelle non periodiche. La domanda che ci poniamo è quindi:
esiste un modo per estendere lo strumento dello sviluppo in serie di Fourier a funzioni non periodiche?
Figura 4.3: Rappresentazione grafica dei coefficienti di Fourier della funzione a dente di sega (Fig. 4.2).
Consideriamo una generica funzione non periodica f (t) e, a partire da questa, definiamone una versione
T T
con periodo T .
Figura 4.4: Periodicizzazione di una funzione non periodica, f (t), ottenendo la funzione fT (t) di periodo T .
Dato che fT (t) è periodica, ad essa possiamo applicare lo sviluppo in serie di Fourier. Utilizzando le formule di
+1
X j2⇡
n
t h ni
+1
X
Z + T2 Z + T2
1 1
2 2
Facendo riferimento alla Figura 4.4, si intuisce che, al crescere di T , l’intervallo ( T /2; +T /2) si allarga. Quando
T è abbastanza grande da contenere tutto il supporto della funzione (cioè l’intervallo in cui essa è diversa da
zero), la funzione originaria f (t) non viene più troncata, ma semplicemente replicata. Immaginando di far
crescere indefinitamente T , le ‘repliche’ di f (t) nella funzione fT (t) si allontanano reciprocamente sempre di
più. Facendo tendere T all’infinito, si può quindi immaginare che fT (t) tenda a coincidere con f (t) (dato che
le repliche che caratterizzano fT (t) si trovano all’infinito). In tal senso, si può quindi sempre descrivere una
funzione non periodica come una funzione periodica di periodo infinito.
Considerando quindi la relazione tra la funzione non periodica f (t) e la sua versione periodicizzata fT (t),
Definiamo cioè una funzione non periodica come il caso limite di una funzione periodica, alla quale possiamo
+1
T !1 T !1
n= 1
!
+1 Z + T2
f (t) = lim
X
f f (⌧ ) e j2⇡fn ⌧ d⌧ · e j2⇡fn t (4.28)
T !1
n= 1
T
2
+1 ✓Z ◆
f (t) = lim
X +1
f (⌧ ) e j2⇡fn ⌧ d⌧ e j2⇡fn t · f (4.29)
T !1, f !0
n= 1 1
La quantità tra parentesi nella (4.30) è una grandezza che abbiamo già incontrato nel capitolo precedente,
precisamente nell’equazione (3.25), e che abbiamo chiamato risposta in frequenza (quando è riferita alla risposta
all’impulso di un sistema). Si tratta, come abbiamo già visto, di una funzione della frequenza, in questo caso
Z +1
+1
X
Considerando il limite per T ! 1 e quindi per f ! 0, possiamo dire che, siccome f è una quantità
infinitesima, la (4.32), definita come una sommatoria di infiniti termini infinitesimi (poiché moltiplicati per f )
Z
+1
X +1
f !0
n= 1 1
Abbiamo ottenuto una coppia di espressioni, (4.30) e (4.32), che permettono di calcolare, rispettivamente, F (f )
a partire da f (t) e f (t) a partire da F (f ). Analogamente a quanto ottenuto con lo sviluppo in serie di Fourier
per le funzioni periodiche, la funzione F (f ) costituisce una rappresentazione alternativa della funzione f (t),
nella quale il valore in corrispondenza di ogni frequenza f rappresenta l’ampiezza della componente sinusoidale
(in questo caso infinitesima) a tale frequenza, che contribuisce a comporre il segnale f (t). Si può quindi, anche
in questo caso, chiamare F (f ) lo spettro o la rappresentazione spettrale del segnale f (t). Le (4.30) e (4.32),
quindi, si possono considerare la generalizzazione dello sviluppo in serie di Fourier alle funzioni non periodiche.
Più precisamente:
Z +1
è detta trasformata di Fourier del segnale f (t). L’operazione di trasformata viene anche indicata
F
F (f ) = F{f (t)} ; f (t) ! F (f )
La formula di sintesi, che produce la funzione f (t) a partire dal suo spettro F (f ):
f (t) =
+1
F (f ) e +j2⇡tf df (4.34)
1
F
f (t) = F 1
{F (f )} ; F (f ) ! f (t)
Se la variabile indipendente t del segnale f (t) è il tempo, allora la variabile indipendente f è una frequenza. La
coppia di operatori trasformata/anti-trasformata stabilisce quindi una corrispondenza biunivoca tra funzioni
F 1
Da un punto di vista analitico, f (t) e F (f ) sono funzioni complesse di variabile reale. Da un punto di vista prati-
co, tuttavia, noi siamo interessati ad applicare la trasformata di Fourier a funzioni del tempo che rappresentano
segnali, per cui, di norma, possimo limitarci a considerare funzioni reali del tempo f (t) : R 7! R. Viceversa,
lo spettro F (f ) è in genere una funzione complessa1 (F (f ) : R 7! C), per cui è spesso comodo descriverlo o
parla di:
• spettro di ampiezza: |F (f )|
• spettro di fase: \F (f )
Gli spettri di ampiezza e di fase rendono più intuibile il significato dello spettro: dato un segnale f (t), il valore
del suo spettro F (f ) rappresenta, per ogni frequenza f , l’ampiezza (|F (f )|) e la fase (\F (f )) della componente
Impulso rettangolare
✓ ◆ ⇢
t 1 T /2 t T /2
s(t) = rect = (4.36)
T 0 altrove
1 Se f (t) è una funzione reale, il corrispondente spettro F (f ) gode di particolari proprietà di simmetria, come vedremo tra poco.
Z +1 Z T /2 T /2
1
1 T /2 T /2
j2⇡f ⇡f · 2j 2j
1 sin(⇡f T )
(4.37)
dove la funzione
sin(⇡x)
sinc(x) = (4.38)
⇡x
Figura 4.5: La funzione seno cardinale, sinc(x) (linea blu continua). Come visibile dal grafico, la funzione passa
per 0 in corrispondenza di tutti i valori interi di x (tranne che per x = 0) e i picchi delle oscillazioni sono
La funzione s(t) e la sua trasformata di Fourier S(f ) costituiscono una coppia di Fourier (Fourier pair):
✓ ◆
t
Si noti che, se T è la durata dell’impulso rettangolare rect (t/T ), la funzione sinc (T f ) vale T per f = 0 e passa
per 0 in corrispondenza di tutti i multipli di 1/T . Si noti inoltre che in questo caso la trasformata S(f ) è una
funzione reale di f .
Delta di Dirac
Anche in questo caso calcoliamo la trasformata di Fourier applicando la formula di definizione (4.33) e ricordando
Z +1 Z +1
Consideriamo ora una versione dell’impulso traslata nel tempo di una certa quantità t0 . Calcoliamone la
Z +1
t0 ) e j2⇡f t dt = e j2⇡t0 f
F
In questo caso la trasformata risulta un esponenziale complesso (un fasore) funzione della frequenza f .
Otteniamo quindi:
Confrontando questo risultato con il precedente (4.42), appare che a una traslazione nel dominio dei tempi
della quantità t0 corrisponde, nel dominio delle frequenze, una moltiplicazione per l’esponenziale complesso
e j2⇡t0 f . Come vedremo, questa è una proprietà generale della trasformata di Fourier.
Ci chiediamo ora quale sia la funzione del tempo, se esiste, il cui spettro sia una delta di Dirac. Per saperlo ci
Z +1 Z +1
1
S(f ) e+j2⇡f t df = (f ) ej2⇡f t df = e0 = 1
F
S(f ) = (f ) ! s(t) = (4.45)
1 1
Se, analogamente a prima, consideriamo uno spettro a forma di delta di Dirac in corrispondenza di una frequenza
non nulla f0 , otteniamo in questo caso:
1 +1
f0 ) ej2⇡f t df = e j2⇡f0 t
F
S(f ) = (f f0 ) ! s(t) = (f (4.46)
che corrisponde a un fasore a frequenza f0 . Otteniamo quindi le seguenti nuove coppie di Fourier:
s(t) = 1 $ S(f ) = (f )
(4.47)
Si noti, confrontando le (4.42) e (4.47), la simmetria degli operatori di trasformata e anti-trasformata. Vedremo
Consideriamo il caso, particolarmente comune nelle nostre applicazioni, in cui il segnale s(t) sia reale (s(t) 2
R, 8t 2 R) e vediamo se a questo vincolo nel dominio dei tempi corrispondono particolari proprietà nel dominio
delle frequenze. A tal fine, esprimiamo la trasformata separando l’esponenziale complesso nell’integrale nelle
sue componenti reale e immaginaria:
Z +1 Z +1
S(f ) = s(t) e j2⇡f t dt = s(t) [cos (2⇡f t) j sin (2⇡f t)] dt (4.48)
1 1
Z Z
+1 +1
S(f ) = s(t) cos (2⇡f t) dt j s(t) sin (2⇡f t) dt = Re [S(f )] j · Im [S(f )] (4.49)
1 1
Z +1 Z +1
Re [S(f )] = s(t) cos (2⇡f t) dt = s(t) cos (2⇡( f )t) dt = Re [S( f )] (4.50)
1 1
A causa della simmetria pari del coseno (cos(#) = cos( #)), se s(t) è reale, allora la componente reale dello
spettro S(f ) presenta simmetria pari. Analogamente, considerando la componente immaginaria di S(f ) e
Z +1 Z +1
Im [S(f )] = s(t) sin (2⇡f t) dt = s(t) sin (2⇡( f )t) dt = Im [S( f )] (4.51)
1 1
e cioè che la componente immaginaria dello spettro S(f ) presenta simmetria dispari.
Quindi, riassumendo:
(
Re [S(f )] = Re [S( f )] Simmetria PARI
s(t) 2 R, 8t 2 R ! (4.52)
Im [S(f )] = Im [S( f )] Simmetria DISPARI
Considerando, anziché le componenti reale e immaginaria, il modulo e la fase di S(f ) (cioè gli spettri di ampiezza
(
|S(f )| = |S( f )| Spettro di AMPIEZZA: simmetria PARI
s(t) 2 R, 8t 2 R ! (4.53)
\ S(f ) = \ S( f ) Spettro di FASE: simmetria DISPARI
Più sinteticamente, ciò equivale a dire che S(f ) e S( f ) sono complessi coniugati:
Figura 4.6: a) Simmetria hermitiana, di cui gode lo spettro di un segnale reale. b) Rappresentazione monolatera.
Ne consegue che, per segnali s(t) reali, non è necessario definire il loro spettro S(f ) su tutto l’asse delle
frequenze: basta conoscerne un solo semiasse, ad esempio quello delle frequenze positive (f 0), e il valore
sull’altro semiasse è automaticamente fissato dalle relazioni (4.52)–(4.54). Per questo motivo, quando i segnali
sono reali, spesso il loro spettro viene rappresentato soltanto sul semiasse positivo della frequenza. Una tale
rappresentazione spettrale viene detta trasformata di Fourier monolatera (Figura 4.6 b), in contrasto con
la rappresentazione tradizionale che viene detta bilatera (Figura 4.6 a).
Dato un segnale s(t) con spettro S(f ), si definisce banda B dello spettro S(f ) il supporto della funzione S(f ),
cioè l’insieme delle frequenze per le quali S(f ) non è nullo. Più formalmente:
B = {f 2 R : |S(f )| 6= 0} (4.55)
Si definisce quindi larghezza di banda (o più comunemente, semplicemente banda) l’estensione dell’intervallo
di frequenze coperto dall’insieme B. La Figura 4.7 evidenzia la larghezza di banda per le tipologie più comuni
di spettro: quando il segnale s(t) è reale, in virtù della conseguente simmetria hermitiana dello spettro (4.52),
il supporto di S(f ), quindi l’intervallo che definisce la banda, è simmetrico rispetto all’origine. Come la figura
• quando la banda include l’origine (f = 0) si parla di segnale in banda base (fig. 4.7a);
• quando la banda non include l’origine si parla di segnale in banda passante (fig. 4.7b);
Questa distinzione è rilevante per definirne la larghezza di banda. Convenzionalmente, infatti, la banda viene
da fM a +fM , dove fM è la frequenza massima contenuta nello spettro, la banda vale B = fM . Viceversa, per
segnali reali in banda passante, caratterizzati da una banda che va da fM a fm e da +fm a +fM , dove fm e
fM sono, rispettivamente la frequenza minima e massima contenute nello spettro, la banda vale B = fM fm .
Figura 4.7: Definizione di banda per spettri di segnali reali: a) in banda base; b) in banda passante; c)
Linearità
La trasformata di Fourier è un operatore lineare. Ciò significa che la trasformata di una combinazione lineare di
funzioni coincide con la combinazione lineare, con gli stessi coefficienti, delle trasformate delle singole funzioni.
Dimostriamolo:
Z 1
F{a x(t) + b y(t)} = [a x(t) + b y(t)] e j2⇡f t dt = {sfruttando la linearità dell’integrale}
1
Z Z (4.56)
1 1
=a x(t) e j2⇡f t dt + b y(t) e j2⇡f t dt = a F{ x(t)} + b F{ y(t)} N
1 1
Dualità o Simmetria
La proprietà di dualità, o simmetria, afferma che, se la funzione s(t) ha come trasformata S(f ), allora la funzione
S applicata al tempo, S(t), ha come trasformata la funzione s applicata alla frequenza, ma cambiata di segno,
s( f ). Formalmente:
F F
s(t) ! S(f ) ) S(t) ! s( f ) (4.58)
La dimostrazione è semplice:
Z 1 Z 1
F{ S(t) } = S(t) e j2⇡f t dt = S(t) e j2⇡( f )t dt = s( f ) N (4.59)
1 1
Nel caso particolare di segnali reali e caratterizzati da simmetria pari sull’asse dei tempi, la trasformata risulta
anch’essa reale e pari. In questo caso, il cambio di segno nel dominio delle frequenze può essere eliminato,
ottenendo quindi una perfetta simmetria:
F F
s(t) = s( t) 2 R, 8t 2 R ) s(t) ! S(f ) ) S(t) ! s(f ) (4.60)
! S(f ) · e j2⇡f t0
F F
s(t) ! S(f ) ) s(t t0 ) (4.62)
Scalatura
A una scalatura dell’asse dei tempi su s(t) corrisponde una scalatura inversa dell’asse delle frequenze per S(f ).
Più precisamente:
✓ ◆
F F 1 f
s(t) ! S(f ) ) s(a t) ! S (4.66)
|a| a
Dimostriamolo, sostituendo nell’integrale ⌧ = at (e quindi d⌧ = a dt) e suponendo a > 0:
Z +1 Z +1
⌧ Z +1
f ✓ ◆
j2⇡f d⌧ 1 j2⇡ ⌧ 1 f
F{s(at)} = s(at) e j2⇡f t dt = s(⌧ ) e a = s(⌧ ) e a d⌧ = S (4.67)
1 1 a a 1 a a
Mentre, se a < 0:
Z +1
⌧ Z +1
f ✓ ◆
j2⇡ f d⌧ 1 j2⇡ ⌧ 1 f
F{s(at)} = s(⌧ ) e a = s(⌧ ) e a d⌧ = S (4.68)
1 a a 1 a a
Quindi, in sintesi:
✓ ◆
1 f
F{s(at)} = S N (4.69)
|a| a
Derivazione
La derivazione rispetto al tempo del segnale s(t) corrisponde alla moltiplicazione dello spettro per il fattore
j2⇡f :
F d F
s(t) ! S(f ) ) s(t) ! j2⇡f · S(f ) (4.70)
dt
Per dimostrarlo basta effettuare la derivata della definizione rispetto al tempo:
Z Z +1 ⇢
d d +1 j2⇡f t j2⇡f t d
s(t) = S(f ) e df = [ j2⇡f · S(f )] e df ) F s(t) = j2⇡f · S(f ) N (4.71)
dt dt 1 1 dt
Convoluzione
La convoluzione di funzioni del tempo corrisponde, nel dominio delle frequenze, al prodotto delle due trasformate:
F
x(t) ! X(f ) F
F ) x(t) ⇤ y(t) ! X(f ) · Y (f ) (4.72)
y(t) ! Y (f )
Dimostriamolo:
⇢Z +1 Z +1 Z +1
F{x(t) ⇤ y(t)} = F x(⌧ )y(t ⌧ )d⌧ = x(⌧ )y(t ⌧ )d⌧ e j2⇡f t dt (4.73)
1 1 1
Z +1 Z +1
= X(f ) · y(t ⌧ )e j2⇡f (t ⌧ ) dt = X(f ) y(t ⌧ )e j2⇡f (t ⌧ ) dt = (4.74)
1 1
Z +1
t0 = t ⌧ 0
= X(f ) y(t0 )e j2⇡f t dt0 = X(f ) · Y (f ) N
dt0 = dt 1
Riassumendo:
Alla convoluzione nei tempi corrisponde il prodotto nelle frequenze e, simmetricamente, alla convo-
luzione nelle frequenze corrisponde il prodotto nei tempi.
Integrazione
L’operazione di integrazione indefinita di s(t) ha come effetto, nel dominio trasformato, una divisione per il
fattore j2⇡f , più un impulso nell’origine (cioè per f = 0):
Z t
F F 1 S(0)
s(t) ! S(f ) ) s(⌧ )d⌧ ! · S(f ) + (f ) (4.76)
1 j2⇡f 2
Dimostriamo questa proprietà sfruttando la proprietà della convoluzione appena vista e facendo ricorso a una
coppia notevole di Fourier, la trasformata del gradino unitario u(t):
F 1 1
u(t) ! + (f ) (4.77)
j2⇡f 2
Si può allora esprimere l’integrale indefinito di s(t) come la convoluzione di s(t) con u(t):
Z t Z +1
s(⌧ ) d⌧ = s(⌧ )u(t ⌧ ) d⌧ = s(t) ⇤ u(t) (4.78)
1 1
A partire da questa definizione di potenza, si può definire l’energia di un segnale s(t) come l’integrale della
potenza istantanea sul dominio temporale del segnale (o in un dominio di interesse):
F
s(t) ! S(f )
(t) 1
(t t0 ) e j2⇡t0 f
e j2⇡f0 t (f f0 )
1 1
u(t) + (f )
8 j2⇡f 2
< 1 t<0 1
sgn(t) = 0 t=0
: j⇡f
+1 t > 0
⇢
1 |t| 12
rect(t) = sinc(f )
0 altrove
tri(t) sinc2 (f )
1
cos(2⇡f0 t) [ (f + f0 ) + (f f0 )]
2
1
sin(2⇡f0 t) [ (f + f0 ) (f f0 )]
2j
1
e at u(t)
a + j2⇡f
2a
e a|t|
t2 a2
+ (2⇡f )2
p 2 2
Gaussiana(t) : e 2 2 Gaussiana(f ) : 2⇡ · e 2⇡ f
Z +1
Es = |s(t)|2 dt (4.81)
1
su tale intervallo: Z
1
Ps = |s(t)|2 dt.
T T
Teorema di Parseval
Teorema di Parseval:
Sia s(t) un segnale energia e S(f ) la sua trasformata di Fourier. Il teorema afferma che:
Z +1 Z +1
2
Es = |s(t)|2 dt = |S(f )| df (4.83)
1 1
e cioè, che l’energia della funzione s(t) coincide con l’energia della funzione S(f ). In altre parole,
l’operatore trasformata di Fourier conserva l’energia, che si può quindi calcolare sia integrando |s(t)|2
nei tempi, sia integrando |S(f )|2 nelle frequenze.
scambiando l’ordine di integrazione (anziché prima in df e poi in dt, integro prima in dt e poi in df ) otteniamo:
Z +1 Z +1 ⇣ ⌘
Es = S(f ) s(t) · ej2⇡f t dt df = dato che: a · b = (a · b) =
1 1
(4.85)
Z +1 Z +1 Z +1 Z +1
= S(f ) s(t) · e j2⇡f t dt df = S(f ) · S(f ) df = |S(f )|2 df N
1 1 1 1
Se l’energia può essere calcolata integrando |S(f )|2 su tutto l’asse delle frequenze, allora |S(f )|2 assume il
significato di un’energia specifica, per unità di intervallo di frequenze; |S(f )|2 ci dice quanta energia è contenuta
alla frequenza f nel segnale s(t). Possiamo quindi chiamarla una densità di energia. Se volessimo sapere quanta
energia è contenuta tra le frequenze fA e fB nel segnale s(t), lo potremmo ottenere semplicemente sommando
tutti i contributi da fA a fB :
Z fB
2
EAB = |S(f )| df
fA
La grandezza |S(f )|2 prende per questo il nome di densità spettrale di energia; essa permette di determinare
il contenuto di energia di un segnale selezionando in frequenza, sullo spettro, anziché nei tempi.
e quindi, in modo analogo, definire la densità spettrale di potenza, come potenza specifica, per unità di
intervallo di frequenze, su segnali potenza.
Figura 4.8: Definizione del modello di sistema LTI. Nel dominio dei tempi, l’uscita del sistema è calcolabile come
convoluzione tra ingresso e risposta all’impulso. Nel dominio delle frequenze, lo spettro dell’uscita è calcolabile
come prodotto dello spettro dell’ingresso con lo spettro della risposta all’impulso, e cioè con la risposta in
frequenza.
Ora che conosciamo la trasformata di Fourier possiamo riconoscere immediatamente, in questa espressione, che
la risposta in frequenza altro non è che la trasformata di Fourier della risposta all’impulso del sistema, h(t).
Come visto al Paragrafo 3.3.4, in un sistema LTI una sinusoide (o un fasore) in ingresso genera una sinusoide
alla stessa frequenza in uscita, eventualmente modificata in ampiezza e in fase rispetto a quella in ingresso; in
tale situazione, la risposta in frequenza H(f ) è un numero complesso che indica esattamente la relazione tra la
sinusoide in uscita e quella in ingresso, per ogni frequenza f . Più precisamente, la relazione tra le ampiezze e le
fasi dei fasori in ingresso e in uscita è, come già visto:
Consideriamo ora un generico sistema lineare e tempo-invariante S[·], per cui y(t) = S[x(t)], dove x(t) è il segnale
in ingresso al sistema e y(t) l’uscita. Come abbiamo visto (Paragrafo 3.3.1), se h(t) è la risposta all’impulso del
sistema S, allora l’uscita y(t), risposta di S all’ingresso x(t), può essere calcolata come prodotto di convoluzione
dell’ingresso x(t) con la risposta all’impulso h(t):
Se consideriamo questa relazione nel dominio delle frequenze, applicando la proprietà della convoluzione (4.72)
si ottiene l’importante relazione:
Y (f ) = X(f ) · H(f ) (4.93)
dove X(f ), Y (f ) e H(f ) sono, rispettivamente, le trasformate di Fourier dell’ingresso x(t), dell’uscita y(t) e
della risposta all’impulso del sistema, h(t). La situazione è sintetizzata in Figura 4.8. Ricordando quanto detto
al Paragrafo 3.3.4, è chiaro il motivo per cui H(f ) viene chiamata risposta in frequenza: per ogni frequenza f , la
componente a frequenza f del segnale d’uscita y(t), espressa come Y (f ), è ottenibile moltiplicando l’ampiezza
della componente alla stessa frequenza f dell’ingresso, X(f ) per la risposta in frequenza in corrispondenza della
stessa frequenza, H(f ). Si può cioè dire che il generico contributo sinusoidale a frequenza f in ingresso al
sistema viene riprodotto in uscita
In virtù di questa capacità di ‘selezionare’ i contributi in ingresso alle diverse frequenze, modificando il proprio
comportamento frequenza per frequenza, i sistemi lineari tempo-invarianti vengono anche chiamati filtri; nel
caso specifico dei sistemi LTI si parla di filtri lineari.
Considerato che in un sistema LTI la relazione tra gli spettri di ingresso e uscita è Y (f ) = H(f )X(f ), dove
H(f ) è la risposta in frequenza del sistema, si può quindi dedurre che in un sistema senza distorsione la funzione
di trasferimento è esprimibile nella forma:
• \H(f ) = 2⇡t0 f ! sfasamento proporzionale alla frequenza, che corrisponde a un ritardo temporale
Filtri ideali Immaginiamo ora un sistema nel quale, per certe frequenze appartenenti a un intervallo (banda)
B, la risposta in frequenza H(f ) sia senza distorsione, mentre alle altre frequenze sia H(f ) = 0, e cioè:
(
A e j2⇡f t0 f 2B
H(f ) = (4.97)
0 f2
/B
In un sistema come questo, le componenti dell’ingresso alle frequenze f 2 B si ritroverebbero invariate all’uscita
(a meno di un’amplificazione A e un ritardo t0 ), mentre le componenti a tutte le altre frequenze non compa-
rirebbero in uscita, verrebbero cioè “fermate” dal sistema. Per questo motivo un sistema LTI viene chiamato
filtro: esso seleziona le frequenze che possono “passare” dall’ingresso all’uscita.
I sistemi con una risposta in frequenza del tipo (4.97) vengono chiamati filtri ideali. In tali sistemi, infatti,
le componenti del segnale in ingresso alle frequenze ‘passanti’ vengono propagate all’uscita senza distorsione
(vengono cioè ‘lasciate passare’), mentre le componenti del segnale d’ingresso alle altre frequenze vengono
‘arrestate’ dal sistema e non propagate all’uscita.
• Se B è un intervallo simmetrico rispetto a f = 0, che contiene cioè le frequenze fT < f < fT , si parla
di filtro passa-basso, dato che ‘lascia passare’ le frequenze minori di una frequenza di soglia fT , detta
frequenza di taglio del filtro. Un filtro ideale passa-basso presenta quindi una funzione di trasferimento
del tipo: ⇢
A e j2⇡f t0 |f | < fT
Filtro passa-basso ideale: H(f ) = (4.98)
0 altrove
L’andamento della funzione H(f ) è rappresentato in figura 4.9.
• Se B è un intervallo complementare rispetto al precedente, cioè che contiene le frequenze f < fT e f > fT ,
si parla di filtro passa-alto, dato che ‘lascia passare’ le frequenze maggiori di una frequenza di soglia
fT , detta frequenza di taglio. Un filtro ideale passa-alto presenta quindi una funzione di trasferimento del
tipo: ⇢
A e j2⇡f t0 |f | > fT
Filtro passa-alto ideale: H(f ) = (4.99)
0 altrove
• Se B è costituita da due intervalli in posizione simmetrica rispetto a f = 0, che contengono le frequenze
da fM a fm e da +fm a +fM , si parla di filtro passa-banda, dato che ‘lascia passare’ le frequenze
comprese tra le soglie fm e fM . Un filtro ideale passa-banda presenta quindi una funzione di trasferimento
del tipo: ⇢
A e j2⇡f t0 fm < |f | < fM
Filtro passa-banda ideale: H(f ) = (4.100)
0 altrove
L’andamento della funzione H(f ) è rappresentato in figura 4.10.
• Infine, se B è complementare al caso precedente, cioè se la banda passante è costituita da tutte le frequenze
ad eccezione degli intervalli fm < |f | < fM , si ha H(f ) = 0, si parla di filtro arresta-banda, dato che
‘arresta’ le frequenze comprese tra le soglie fm e fM . Un filtro ideale arresta-banda presenta quindi una
funzione di trasferimento del tipo:
⇢
0 fm < |f | < fM
Filtro arresta-banda ideale: H(f ) = j2⇡f t (4.101)
Ae 0 altrove
È interessante a questo punto vedere la risposta all’impulso di questi filtri ideali, che possiamo ottenere calcolando
l’antitrasformata delle funzioni di trasferimento appena viste. Per comodità, consideriamo il caso più semplice
di filtro ideale, in cui siano A = 1 e t0 = 0, cioè non ci sia amplificazione né ritardo, e valutiamo per ciascuno
dei casi visti la corrispondente risposta all’impulso.
• Filtro ideale passa-basso: la funzione di trasferimento si può esprimere come impulso rettangolare. Il
calcolo della sua antitrasformata è quindi immediato, trattandosi di una nota coppia di Fourier:
⇢ ✓ ◆
1 |f | < fT f F 1
Hlp (f ) = = rect ! hlp (t) = 2fT sinc (2fT t) (4.102)
0 altrove 2fT
1
Si tratta di un seno cardinale, con passaggi per lo zero multipli di T = . L’andamento della risposta
2fT
all’impulso hlp (t) è rappresentato in figura 4.9.
• Filtro ideale passa-alto: la funzione di trasferimento si può esprimere come il complemento a 1 di
quella precedente. Il calcolo della sua antitrasformata è quindi immediato anche in questo caso:
⇢ ✓ ◆
0 |f | < fT f F 1
Hhp (f ) = = 1 rect ! hhp (t) = (t) 2fT sinc (2fT t) (4.103)
1 altrove 2fT
• Filtro ideale passa-banda: la funzione di trasferimento si può esprimere come una coppia di impulsi
rettangolari di ampiezza B = fM fm , centrati alle frequenze ±fC , dove fC = 12 (fM + fm ). Per il calcolo
dell’antitrasformata si può sfruttare la proprietà di modulazione (vedi tabella 4.1), ottenendo:
⇢ ✓ ◆ ✓ ◆
1 fm < |f | < fM f fC f + fC
Hbp (f ) = = rect + rect
0 altrove B B (4.104)
1
F
! hbp (t) = 2B sinc (B t) · cos (2⇡fC t)
1
Si tratta quindi di un seno cardinale, con passaggi per lo zero multipli di T = , modulato, cioè molti-
B
plicato per una cosinusoide a frequenza fC . L’andamento della risposta all’impulso hlp (t) è rappresentato
in figura 4.10.
• Filtro ideale arresta-banda: analogamente al caso passa-alto, questa funzione di trasferimento si può
esprimere come il complemento a 1 di quella passa-banda. Otteniamo quindi:
⇢ ✓ ◆ ✓ ◆
0 fm < |f | < fM f fC f + fC
Hbs (f ) = =1 rect + rect
1 altrove B B (4.105)
1
F
! hbs (t) = (t) 2B sinc (B t) · cos (2⇡fC t)
Figura 4.9: Andamento della funzione di trasferimento di un filtro passa-basso ideale, con frequenza di taglio
fT = 10 Hz.
Figura 4.10: Andamento della funzione di trasferimento di un filtro passa-banda ideale, con frequenze di taglio
fm = 25 Hz e fM = 35 Hz (quindi, dalla (4.104): B = 10 Hz, fT = 5 Hz, fC = 30 Hz).
frequenza (assomigliando cioè sempre più a una transizione ideale), tanto più aumenta la complessità realizzativa
del filtro.
Consideriamo il semplice circuito elettronico (detto “circuito RC”) rappresentato in Figura 4.11, costituito da un
resistore e un condensatore. Esso può essere visto come un sistema nel quale il segnale d’ingresso corrisponde
alla tensione vin (t) imposta sui terminali a sinistra del circuito, mentre il segnale d’uscita è la tensione vout (t)
osservata ai terminali a destra.
Figura 4.11: Il circuito RC può essere visto come un sistema LTI con ingresso vin (t) e uscita vout (t).
Si può dimostrare (non lo facciamo qui) che questo sistema è lineare e tempo-invariante. Se ne può quindi definire
la risposta all’impulso, che corrisponderà all’uscita del sistema nel caso in cui vin (t) = (t). Un impulso di Dirac
in ingresso è assimilabile a un impulso di corrente infinita che, all’istante t = 0, carica in un tempo infinitesimo il
condensatore alla tensione V0 , che per comodità consideriamo unitaria (V0 = 1 V). Successivamente, per t > 0,
il circuito RC ‘vede’ imposta ai terminali d’ingresso una tensione nulla (vin (t) = 0 per t > 0), il che equivale a
cortocircuitare i terminali di ingresso. In queste condizioni, il condensatore C si scarica sulla resistenza R con
un transitorio esponenziale3 che tenderà asintoticamente a 0.
Dato l’impulso (t) in ingresso, l’espressione del segnale in uscita coinciderà con la risposta all’impulso del
sistema h(t). La sua trasformata di Fourier, quindi (facilmente ottenibile facendo riferimento alle coppie di
Fourier in Tabella 4.2) sarà la risposta in frequenza del sistema H(f ):
t
F 1
vin (t) = (t) ) vout (t) = h(t) = u(t) · e RC ! H(f ) = (4.106)
1 + j2⇡RC f
Figura 4.12: Risposta all’impulso del circuito RC. La retta tangente alla curva esponenziale in t = 0 intercetta
l’asse delle ascisse in t = RC (il prodotto RC ha infatti le dimensioni di un tempo).
3 Per i dettagli sui transitori di un circuito RC si rimanda a testi di elettrotecnica o di fisica delle scuole superiori.
1
Chiamando frequenza di taglio la quantità fT = (è effettivamente una frequenza, dato che il prodotto
2⇡RC
RC ha le dimensioni di un tempo), la risposta in frequenza diviene:
8 8
> ⇡1 f ⌧ fT ⇡0 f ⌧ fT
>
> >
>
>
< 1 >
< ⇡
1 =p f = fT = f = fT
H(f ) = ) |H(f )| = 2 ; \H(f ) = 4 (4.107)
f >
> >
>
1+j
fT
>
>
: ⇡ f T
f fT : ⇡ ⇡
>
f fT
f 2
Figura 4.13: Risposta in frequenza del circuito RC: a) su scala lineare; b) su scala logaritmica, nel qual caso la
rappresentazione della risposta in frequenza è detta diagramma di Bode.
Diagramma di Bode
Spesso, per rappresentare la risposta in frequenza di filtri, si preferisce una rappresentazione su scala logaritmica,
rappresentando cioè log10 |H(f )| sull’asse delle ordinate e log10 (f ) in ascissa. Tale modalità di rappresentazione
è detta diagramma di Bode. Il diagramma di Bode della risposta in frequenza del circuito RC considerato è
rappresentato in Figura 4.13 b.
La rappresentazione in scala logaritmica ha il vantaggio di mettere molto meglio in evidenza il comportamento
filtrante del sistema. La curva che descrive |H(F )| infatti appare come la giunzione delle due rette rappresentanti
i suoi due asintoti:
• la retta |H(f )| = 1, per f ⌧ fT , che rappresenta quindi la banda passante del filtro, con guadagno
costante;
1
• la retta |H(f )| = per f fT , che rappresenta la banda arrestata del filtro, caratterizzata da
f /fT
un’attenuazione proporzionale a 1/f .
L’attenuazione di 10 volte a fronte di ogni aumento di 10 volte della frequenza, è chiaramente indicata in
questo grafico dalla pendenza della retta in banda arrestata. Si parla in questo caso di una pendenza di un
fattore 10 per decade o, più spesso, ricorrendo alla misura in decibel, una pendenza di 10 dB/decade. Tale
pendenza è un parametro importante nella risposta in frequenza perché indica direttamente l’ordine del filtro:
un filtro di ordine n, infatti, è caratterizzato da un’attenuazione proporzionale a 1/f n , corrispondente quindi,
sul diagramma di Bode, a una pendenza di 10n dB/decade.