Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1
indirizzo e-mail:
paolo.nitti@uniecampus.it
Indicazioni
BIBLIOGRAFIA:
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 1
Titolo: Introduzione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 1
Titolo: Introduzione
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 3
Titolo: Le proprietà della lingua 2
Attività di preparazione
Ragazzo
Casa
Casale
Nasino
Povertà
Cucchiaio
Felice
Felicemente
Ombrello
Barbuto
Architettura
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 3
Titolo: Le proprietà della lingua 2
Attività di preparazione
Ragazzo
Casa
Casale
Nasino
Povertà
Cucchiaio
Felice
Felicemente
Ombrello
Barbuto
Architettura
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 3/S3
Titolo: Le proprietà della lingua 2
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 3/S3
Titolo: Le proprietà della lingua 2
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3
Attività n°: 1
Un’altra proprietà è la
trasponibilità del mezzo: la
lingua può essere parlata o
scritta.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3
Attività n°: 1
Il parlato risulta
filogeneticamente e
ontogeneticamente prioritario
rispetto allo scritto. Nella storia
della civiltà umana si sviluppa
prima l’oralità della scrittura,
così come un bambino impara
prima a parlare, poi a scrivere.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 7
Titolo: parametri di classificazione dei suoni linguistici
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 7
Titolo: parametri di classificazione dei suoni linguistici
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 7/S3
Titolo: La trascrizione IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 7/S3
Titolo: La trascrizione IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 8
Titolo: La trascrizione in IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Tavolo
Dentale
Ancora
Angolatura
Sfatto
Asola
Solitario
Forte
Vernacolo
Infernale
Ombrellone
Imparare
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 8
Titolo: La trascrizione in IPA – occlusive e fricative
Attività di preparazione
Dogs
Cats
Stub
Killer
Climb
Nose
Happy
Beauty
Better
Sink
Bless
Fire
Folder
Carpet
Curtain
Pag.
Prof. P. Nitti
Per trascrivere in IPA, occorre munirsi dei simboli dell’alfabeto IPA, disponibili su programmi come Word,
all’interno del comando Inserisci>simbolo>Altri simboli>Estensioni in IPA.
Le uvulari e le glottidali non sono presenti in italiano, ma in altre lingue indoeuropee e semitiche.
- Bilabiali: sorda /ϕ/ e sonora /β/, la prima presente nel fiorentino “tipo” > /tiϕo/, la seconda nello
spagnolo /vaso/ > /βaso/;
- Labiodentali: sorda /f/ e sonora /v/, in parole come /forno/ e /vero/;
- Dentali o alveolodentali o alveolari: sorda /s/ e sonora /z/, in parole come /sasso/ e “naso” > /nazo/
(varietà di italiano settentrionali);
- Palatali o alveolopalatali: sorda /ʃ/ e sonora /ʒ/, in parole come “ascia”>/aʃ:a/ e francese /ʒy/ per
“jus”;
- Velari: sorda /x/ e sonora /γ/, tedesco “Buch” > /bux/, spagnolo “agua” > /aγwa/;
- Uvulari: sorda /χ/ e sonora /ʁ/, arabo “shaykh” > /ʃaeχ/, francese “jour” > /ʒuʁ/;
- Faringali: sonora /ʕ/, arabo “Iraq” > /ʕira:q/;
- Glottidali: sorda /h/, fiorentino “poco” > /pɔho/.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 9
Titolo: La trascrizione in IPA: affricate, nasali, lateriali, vibranti
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 9
Titolo: La trascrizione in IPA: affricate, nasali, lateriali, vibranti
Attività n°: 1
Le laterali si suddividono
in:
- Dentali o alveolodentali:
/l/, italiano /’lana/;
- Palatali o alveolopalatali:
/ʎ/, italiano “aglio”
/’aʎ:o/
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 9
Titolo: La trascrizione in IPA: affricate, nasali, lateriali, vibranti
Attività n°: 1
Le nasali, le laterali e le
vibranti, così come le vocali
sono sempre sonore, ovvero
presuppongono vibrazioni
delle pliche laringee.
Prof. P. Nitti
Per trascrivere in IPA, occorre munirsi dei simboli dell’alfabeto IPA, disponibili su programmi come Word,
all’interno del comando Inserisci>simbolo>Altri simboli>Estensioni in IPA.
Le nasali rappresentano i foni più duttili, poiché a seconda del luogo di articolazione, tendono ad assimilarsi
a ciò che segue, realizzandosi più o meno nello stesso luogo, con il passaggio d’aria all’interno della cavità
nasale.
Attività di preparazione
Convertire
Sapere
Barattolo
Sacchetto
Paglia
Famiglia
Sognare
Incubo
Angolatura
Prospettiva
Pomello
Delfino
Limoncello
Toscana
Termometro
Cronologia
Linguistica
Alveolare
Ripiano
Imbottigliamento
Medusa
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 10
Titolo: La trascrizione in IPA: vocoidi
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 10
Titolo: La trascrizione in IPA: vocoidi
Attività n°: 1
Per trascrivere in IPA, occorre munirsi dei simboli dell’alfabeto IPA, disponibili su programmi come Word,
all’interno del comando Inserisci>simbolo>Altri simboli>Estensioni in IPA.
Al fine di comprendere i vocoidi nelle lingue è opportuno rifarsi alla schematizzazione del trapezio vocalico,
che rappresenta la cavità orale e la mobilità linguale.
- Anteriori (non arrotondati): /i/ alta, italiano /’izola/; /ɪ/ alta e medio-alta, inglese “bit” /’bɪt/; /e/
medio-alta, italiano /’meno/; /ɛ/ medio-bassa, italiano /’bɛne/; /æ/ bassa, inglese “bad” /’bæ:d/;
- Anteriori (arrotondati): /y/ alta, francese “tu” /’ty/; /ø/ medio-alta, francese “peut” /’pø/; /œ/
medio-bassa, francese “peur” /’pœʁ/.
- Centrali: /ə/ media, francese “je” /’ʒə/; /a/ bassa, italiano /’kane/;
- Posteriori (non arrotondati): /ʌ/ medio-bassa, inglese “but” /’bʌt/; /α/ bassa, inglese “star” /’stα:/;
- Posteriori (arrotondati): /u/ alta, italiana /’uva/; /U/ alta e medio-alta, inglese “full” /’fUl/; /o/
medio-alta, italiano /’kome/; /ɔ/ medio-bassa, italiano /’nwɔvo/
I vocoidi realizzati come nasali - una parte d’aria fuoriesce dalla cavità nasale - si trascrivono con la tilde
sopra, italiano “anche” /’ãƞke/.
Attività di preparazione
Linguistica
Vocale
Cognitivismo
Apprendimento
Contoide
Sillaba
Assimilazione
Fonologia
Fonetica
Morfologia
Sintassi
Lessicale
Fonema
Grafema
Nuovo
Pieno
Causa
Laido
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 11
Titolo: Foni e fonemi
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 11
Titolo: Foni e fonemi
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Mamma
Tavolo
Famiglia
Tutto
Deciso
Camera
Linguistica
Barbetta
Lezione
Bottiglia
Falegname
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 11
Titolo: Foni e fonemi
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 12
Titolo: Trascrizione
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 12
Titolo: Trascrizione
Attività n°: 1
campana fricativa
marittimo eugenio
chiesa guancia
specchiarsi cielo
amicizia sbarrare
pallone schienale
macchinario architettare
Lettonia piattaforma
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 12
Titolo: Trascrizione
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: #corso#
Insegnamento: #insegnamento#
Lezione n°: #lezione#
Titolo: #titolo#
Attività n°: #attività#
Attività di preparazione
campana
marittimo
chiesa
specchiarsi
amicizia
pallone
macchinario
Lettonia
fricativa
Eugenio
guancia
cielo
sbarrare
schienale
architettare
piattaforma
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 12
Titolo: Ripasso
Attività di preparazione
campana
marittimo
chiesa
specchiarsi
amicizia
pallone
macchinario
Lettonia
fricativa
Eugenio
guancia
cielo
sbarrare
schienale
architettare
piattaforma
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 13
Titolo: Morfologia
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 13
Titolo: Morfologia
Attività n°: 1
SAP-E-RE
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 13
Titolo: Morfologia
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Amica
Mangiando
Scrivendo
Parlò
Saprai
Venne
Amante
Zainetto
Tettuccio
Specchiandosi
Udente
Amichevoli
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 13
Titolo: Morfologia
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 14
Titolo: Morfologia 2
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 14
Titolo: Morfologia 2
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 14
Titolo: Morfologia 2
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 15
Titolo:
Morfologia 3
Attività n°:
1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 15
Titolo:
Morfologia 3
Attività n°:
1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 15
Titolo: Morfologia 3
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 16
Titolo: Morfologia 2
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 16
Titolo: Morfologia 2
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 16
Titolo: Morfologia 3
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1
N V
- are, ire
- eggiare
- izzare
- ificare
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1
A V
- are, ire
- eggiare
- izzare
- ificare
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1
V N
- aggio
- mento
- ura
- anza, enza
- io
- ato, ito, ata, uta, ita
- suffisso Ø
- tore, trice
- ante, ente
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1
V A
- ivo
- evole
- ato, ito, ata, uta, ita
- bile
- tore, trice
- ante, ente
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1
A N
- ezza
- ia
- ía
- izia
- ità, età, tà
- anza, enza
- ismo, esimo
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1
N A
- ato
- are
- ario
- ale
- ano
- esco
- ico
- ifico
- istico, astico
- torio, sorio
- ivo
- ano, ino, ese
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1
N N
- aio - ile
- ario - ato, ata
- iere - ale
- aiolo - iera
- ista - ite
- ario - osi
- suffisso Ø - oma
- eria - idi
- ificio - ini
- ali - acee
- ine
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1
In italiano, la composizione di
nuove parole avviene quando
queste si combinano producendo
una nuova struttura.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1
S+S – capostazione
S+Agg – cassaforte
Agg+S – buonsenso
V+S – portalettere
V+V – saliscendi
V+Avv – buttafuori
Prep+S – dopopranzo
Avv+S – quasi-particella
Agg+Agg – bianconero
Avv+Agg sempreverde
Avv+V maledire
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 17
Titolo: La derivazione
Attività di preparazione
Operazione
Operabile
Canticchiare
Bluastro
Ideale
Orologiaio
Albeggiare
Studente
Formalizzare
Scansionare
Lavaggio
Servizievole
Echinacee
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 18
Titolo: La derivazione 2
Attività di preparazione
Circolazione
Circolante
Studentesco
Lodevole
Primeggiare
Calduccio
Attaccapanni
Fiabesco
Registrazione
Petaloso
Formoso
Credulone
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 18
Titolo: La derivazione 2
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 18
Titolo: La derivazione 2
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 19
Titolo: La composizione delle parole
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 19
Titolo: La composizione delle parole
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 19
Titolo: La composizione delle parole
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 20
Titolo: La composizione delle parole 2
Attività di preparazione
Prep+Prep
V+Agg
V+Prep
N+Prep
N+Avv
Agg+Prep
Agg+Avv
Prep+Agg
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 20
Titolo: La composizione delle parole 2
Attività di preparazione
V+V
Avv+Avv
V+Avv
N+Agg
N+V
Agg+N
Prep+N
Prep+V
Prep+Avv
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 20
Titolo: La composizione delle parole 2
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 21
Titolo: La sintassi
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 21
Titolo: La sintassi
Attività n°: 1
SN
Art N
il cane
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 21
Titolo: La sintassi
Attività n°: 1
Art N V Art N
Il pappagallo becca i semini
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 21
Titolo: La sintassi
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 21
Titolo: Elementi di sintassi
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 22
Titolo: Elementi di sintassi 2
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 22
Titolo: Elementi di sintassi 2
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 22
Titolo: Elementi di sintassi 2
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 22
Titolo: Elementi di sintassi 2
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1
- dialetti (~20)
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1
- Linguistica tipologica
- Linguistica storica
- Linguistica comparativa
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1
1) Lingue indoeuropee
2) Lingue uraliche
3) Lingue altaiche
4) Lingue caucasiche
5) Lingue semitiche (maltese)
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 24
Titolo: Tipologia linguistica
Attività di preparazione
albanese
rumeno
spagnolo
tedesco
catalano
swahili
turco
giapponese
coreano
russo
Pag.
IOSR Journal Of Humanities And Social Science (IOSR-JHSS)
Volume 20, Issue 3, Ver. V (Mar. 2015), PP 14-21
e-ISSN: 2279-0837, p-ISSN: 2279-0845.
www.iosrjournals.org
Abstract: This work is mainly looking at the origin of both pidgin and creole, because there are lotsof
arguments on where they are originated from. It can trace back to whether the contact between languages in
Africa or the communication between slaves and their masters in Caribbean. To clear such arguments we
brought theories that looked at them (pidgin and creole) in different angles, and we have suggested our thought
about it.
Keywords: pidgin, creole, definition, and origin
I. General Introduction
Language is just like a chain that has been transmitted from one generation to another without
separation. In the normal situation, the present generation should inherit language from their ancestors,
sometimes with some minor changes, but in the case of language transfer there will be a major change, and this
change will lead to emerge of new language, but it is gradually, it takes centuries or even millennia before its
actualization. There are two ways Bickerton (1984) suggested in which language come into existence: one is
through catastrophic way and the other is gradually. The latter is the more usual way, but the former is the
carrying vital information on the nature of language in general.
What the discussion above is saying, issue of language in general, let‟s go further and narrow ourselves
to the focus area which is pidgin and creole languages. Let‟s look at their definitions separately for more
clarification:
Definition of Creole
A creole is a naturalized stable language that came into existence through mixed parent languages,
Wikipedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Creole_language ). It is a language that developed or derived from
pidgin. When a language has its origin from an extended between more communities, one of which is European
language then it is called a creole. Creole integrates characteristics from the all the parent languages to establish
the mother tongue of a community. Creole has native speakers, unlike pidgin it is first language to children of
the community where it has been spoken, that n is to say, it is a mother tongue to children. This language is
invented by children Bickerton (1988), and became a primary language to them. It is has a grammatically
structured form and many of its vocabularies were derived from the superstrate language. Literally, superstrate
means any stratum or layer superimposed on another, and linguistically is the major language in which pidgins
are based and has large number of vocabularies i.e. dominant language. Todd (1974 pp. 3) also defined creole
this way “A creole arises when a pidgin becomes the mother tongue of a speech-community”
It is simpler to define a creole, any pidgin that become stable and learn by children as their mother
tongue. There are two essential things here stability and learning by children because these are the bedrock of it.
The definitions of the two languages have revealed to us that they have many things in common as well as
differences which give room to people to start thinking and arguing of sameness and differences between pidgin
and creole. For example Mufwene (2001) argued that, pidgin and creole are different languages. Basing his
argument on language evolution saying that if an internalized language can be classified as separate or dialect of
the same language then creole is also a separate language. Still to others they look the same, or one cannot do
without the other “…a creole was impossible without an antecedent pidgin… Moreover, there was no empirical
basis on which to challenge the claim that a uniform, systematic pidgin was the immediate ancestor of a
creole…” Bickerton in Linguistics: Cambridge Survey (1989: 272). Pidgin that IS always evolving into Creole,
in other word pidgin is an antecedent of creole. The question now is that, what made sameness and differences?
To find an answer to this question, we have to look at the similarities and differences of both.
Differences
Pidgin has no native speakers while creole has native speakers, the former is created by adults, but the
latter is invented by children. Linguistically, Pidgin‟s form and grammar is simplified and reduced, sometimes
can even die out, but creole is a stable and developed into full-fledged complete and adequate natural language.
Creoleoften exists in post-colonial areasand it is used as a daily vernacular, while pidgin mostly exists in
colonial period (i.e. the European based pidgins, not that we don‟t have pidgins presently, there are lot of
pidgins existing today), and some in pre-colonial time and its usage is restricted. Creole has less or elaborated
grammatical structures in grammar than older languages do i.e. it can be standardized or not, but definitely more
than pidgin.It has much variation but coherent sociolinguistic norms (of evaluation/integration), has wider
domains and are used more for expressive, and Pidgin is a product of incomplete second language acquisition,
and it has small core vocabularies and borrowed extensively outside.It has a little system but surface grammar
with much variation.Pidgins in general having a simplified linguistic structure which include all aspect of
grammars when compare them with their lexifiers. These aspects are in terms of semantics, syntax, morphology,
lexicon and phonology. Sebba (1997) labels the reduced structural system into four structures in attribution to
pidgin grammar. According to his suggestion some of them are also usable for creoles:
Muhlhausler (1986) has strengthened the history or the origin of the term pidgin, saying that all of the
above origins are genuine, basing his reason as, all are in agreement with the nature of pidgin languages.
Because they emerge as vehicles of intercommunication between speakers of many different languages,
coincidence of form and similarity of meaning across languages will give a word a high survival rate.
There are no or less controversies on the term Creole than Pidgin. The word is seems to have derived
from French „Creole‟. It quite closer to Portuguese „crioulo‟ than Spanish „criollo‟ though it goes back to Iberian
meaning „breed, bring up, to nurse‟, but the present meaning is a native to a locality or country. In the
seventeenth century, it was originally used to refer to people from European countries born in the colonies.
Semantically, the word Creole changed to refer to customs and languages of people in the colonies. Later it
changed to language emerged of pidgin based on European languages like Portuguese, English, Spanish, French
or Dutch. Now the term refer to any language of such situation, regardless of what input language is. Creole is
the pidgins that learn by children as their first or native language then is called Creole. The difference between
pidgin and Creole is not so much but it is significant to some extent. To some they are different, to others they
are the same. Those that having the idea of difference may be based their reason with the Chomskyan paradigm
of 1957. The Chomskyan paradigm of 1957 here, we are referring to syntactic structure which laid the
foundation for “transformational generative grammar” (TGG). This model was designed to separate between
superficial sentence structure and the deep or logical structure. In TGG the sentence is represented at different
levels, the only level representing the surface grammar is the phonetic level, while the semantic, syntactic and
phonological levels are representing the deep structure. This type of difference is always enabling TGG to
explain any ambiguous sentence. Now in relation to pidgin and creole, the grammar in pidgin is simplified but
when it evolved into creole it became more complex. The claim of those who seen the two languages (pidgin
and creole) as different basing their argument on the grammar aspect, and relating it to TGG.
Kouwenberg and Singler (2009) explained the emphasis of the paradigm. In the interaction of language
and mind, the brain has been structured universally with features that distinguish all languages.
All these ideas will not give us clear picture of pidgin and creole origin; we need more details that will
back these opinions. That is why the following theories were looked into consideration.
and lexical features. The second one, it is unfair to deny the West African contribution to Atlantic and Pacific
pidgins and creoles.
This theory still upholds that it is clear that all pidgins and creoles were developed and arose on the
independent and similar because were all derived from Indo-European languages in case of Atlantic varieties
because they all have common West African substratum.
The problem with this theory is stuck to only Atlantic pidgin and creole. What about the other
African pidgin like Southern and Eastern African Swahili pidgin Kouwenberg and Singler (2008) which was
developed as far back as 6th and 7th century and Ethiopian pidgin Arabic? And not talking of Galgaliya pidgin
found in Northern Nigerian, Zikin. I am seeing this theory is problematic, because it focuses and based on only
Atlantic pidgins and creoles.
5. Universalist theory
This theory is talking about the universal similarities of pidgin and creole in general, is the most recent
among all the theories. it claimed that similarities is the basic inclination among all humans to form languages of
similar category or systematic language with simple syntactic SVO with little or no reduction or other
complexities of sentence, with lexicon that makes maximum use of polysemy operating from limited
vocabulary, and devices use of reduplication, and simplified phonology.
This theory shared common features with the other theories. In a practical way, creole is predicted to
pristine value for linguistic limitations. For example “With the parameter pro-drop, whereby the personal
pronoun is not obligatory with verb forms (cf. Italian capisco „I understand'), the unmarked setting is for no pro-
drop to be allowed and indeed this is the situation in all pidgins and creoles…” (Atlantic Group). It is direct
oppose to independent and parallel theory because this one did not restrict itself to one side or particular section
of pidgin and creole. To me is the one that provided convincing points more than the other theories.
In support of the above theory, we brought this hypothesis to back it. It is called “The language Bio-
program Hypothesis” which was developed by Bickerton. The bio-program hypothesis is hypothesizing that
there is no doubt that the language (creole) is derived from pidgin, and their main idea is that the creole is been
invented by children using the biological program for language to transform the unstructured language (pidgin)
into a language with highly structured grammar. It is like responding to Chomsky‟s view that they theorized
language on mental organ. Bickerton and his followers were suggesting that there is a particular part of human
cognitive dedicated to language. This is the best hypothesis that supports this theory because the other theories
did not account for this fact. The inventor suggested that, this hypothesis provided a view which makes the child
freely change into the target language.
Whatever arguments people have about the origin of both pidgin and creole, we assumed that pidgin
and creole were originated from the contact situation in Africa (languages contact that took place in Africa in
pre-colonial period, colonial period, and post-colonial period among people who tried to find a common
language for communication). You can apply any of these theories to this situation that we discussed above and
will still give you a positive result, in the sense that pidgin and creole were originated from Africa.
Pidgin and creole usually undergo these stages for their development to take place. Pidgin has a life-cycle and
generally agreed that it is characterised into restricted and extended, it is obvious that pidgin start as a restricted
variety of language which used in a contact situation for the purpose of trading.
(1984). Pidgin and creole are always believed to be simplified languages, all sort of complexity that language
have has been reduced. They are simpler than their lexifier, Jeff (2008). In response to this issue of
simplification, Jeff (2008) quoted two authors with different views. McWhorter (2001, 2003), his article titled
“The World‟s simplest grammars are creole grammars”. In retaliation, DeGraff (2001a, 2001b) has clearly
stated that Haitian Creole is not simpler than other languages, citing an example that broad derivational
morphology is in existence in that language.
While creolization is the situation in which pidginized languages are extended in context in which it is
used and they must serve the functions of communication and expression. In often time this process is going to
link with children born into such situation, and then the pidginized languages are assumed to have undergone
complication and expansion of linguistic resources in the process. As a result of such process any stable
language that emerged is called a creole, Rickford (1977:191-2). Another explanation is from Rickford (1977)
“Creolization is the process by which one or more pidginized variants of a language (emerging from an initial
multilingual contact situation. . .) are extended in domains of use and in the range of communicative and
expressive functions they must serve. Frequently, but not necessarily, this process is associated with native use
by children born into the contact situation. The pidginized variants are assumed to undergo complication and
expansion of linguistic resources in the process, and the term Creole may be used for any new stable variety that
results from this process”
References
[1]. Bickerton, Derek 1984 the language bioprogram hypothesis The Behavioural and Brain Sciences 1984 Vol. 7, pp 173-221
[2]. Bickerton, Derek. 1988 "Creole languages and the bioprogram", Linguistics: The Cambridge
[3]. Survey.1st ed. Vol. 2. Cambridge: Cambridge University Press, 1988. 268-284. Cambridge Books Online.Web. 08 July 2013.
http://dx.doi.org/10.1017/CBO9780511621055.016
[4]. Bickerton, D. and Muysken, P. 1988 "A dialog concerning the linguistic status of creole languages", Linguistics: The Cambridge
Survey. 1st ed. Vol. 2. Cambridge:
[5]. Cambridge University Press, 1988.302-306. Cambridge Books Online.Web. 08 July 2013.
http://dx.doi.org/10.1017/CBO9780511621055.018
[6]. Kouwenberg, S. and Singler, J. V. 2009 The hand book of pidgin and creole studies John Wiley and Sons 2009
[7]. Mª Teresa Galarza Ballesterhttp://mural.uv.es/mgaba/an%20overview.html
[8]. Mufwene, Salikoko S. 2001 The ecology of language evolution Cambridge; New York: Cambridge University Press, 2001
[9]. N.J. Smelser, James Wright, P.B. Baltes and Dennis Hodgson 2002 “international encyclopedia of the Social and Behavioral
Sciences” Fairfield University
[10]. Rickford. J. 1977a the field of pidgin-creole studiesA review article on Loreto Todd‟s “pidgin and creole”. London: Routledge and
Kegan Paul, 1974. World Literature Written inEnglish (MLA Division 3) 16: 477-513.
[11]. Sebba, Mark (1997): Contact Languages: Pidgins and Creoles. London, Macmillan.
[12]. Todd, L. 1974 Pidgin and Creole by Routledge and Kegan Paul Ltd. 3 rd Ed. By Taylor and Francis e-Library, 2005
[13]. Vidanović, Ð. 2006 the kuhnian aspects of the chomskyan scientific paradigmFacta
[14]. Universitatis Series: linguistics and literature UDC 81-116.6 81'364,vol. 4, no 1, 2006, pp. 19 - 26
[15]. Wardhaugh, R. An Introduction to Sociolinguistics, second edition
https://www.webdepot.umontreal.ca/Usagers/tuitekj/MonDepotPublic/cours/2611pdf/Wardhaugh-Pidgin.pdf
Extra links:
http://courses.essex.ac.uk/lg/lg449/creoledefs.html Accessed on 14/07/13
www.personal.umich.edu/~thomason/temp/lgcont7.pdf Accessed on 12/05/2013
http://courses.essex.ac.uk/lg/lg449/pidgindefs.html Accessed on 14/07/13
http://www.uni-due.de/SVE/VARS_PidginsAndCreoles.htmAccessed on 11/07/13
http://en.wikipedia.org/wiki/Monogenetic_theory_of_pidgins Accessed on 16/07/13
http://way.net/creole/p-c_mono.html Accessed on 16/07/13
http://www.muturzikin.com/cartepidgin.htm Accessed on 16/07/13
http://en.wikipedia.org/wiki/Pidgin Accessed on 11/08/13.
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 24
Titolo: Tipologia linguistica 2
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 24
Titolo: Tipologia linguistica 2
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1
Per l’inglese:
Per il francese:
Per il tedesco:
Per l’italiano:
Attività di preparazione
Tio estas la ĉefaj motivoj, pro kiuj ni el ĉiuj niaj kongresoj, ne sole en la
universalaj, sed ankaŭ en la naciaj aŭ regionaj, nepre devas paroli ne sole pri
Esperanto, sed ankaŭ per Esperanto.
[Tratto da http://www.esperanto.it/kirek/tekstoj/teksto_prilaneceso.html,
ultima consultazione 03/09/2017]
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 25
Titolo: La pianificazione linguistica
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1
La lingua romanì
1
Spinelli (2005).
1
gruppi rom, spesso strettamente connessa alla prima e che arricchisce ulteriormente il patrimonio
culturale della comunità di appartenenza; una lingua dei gagé ‘non-rom’, che assicura la
comunicazione con la società maggioritaria con cui si convive e, la cui competenza, è senza dubbio
legata alla qualità e alla frequenza dei rapporti che si hanno con essa e al livello di scolarità
raggiunta; altre eventuali lingue dei gagé con cui si entra in contatto durante i probabili spostamenti.
2
La monarchia spagnola, a partire dagli anni Trenta del XVII secolo, emanò una serie di disposizioni legislative tese
all’annichilimento identitario del gitano, vietando di parlare il romanès.
2
caratteristici condivisi da gran parte delle varietà di romanès parlate nel mondo, tra questi
ricordiamo il lessico di base relativo al quotidiano (il cibo, la casa e la famiglia), il sistema dei casi
nella morfologia nominale e l’individuazione di quattro tempi verbali (presente, imperfetto,
perfetto, trapassato).
Per quanto concerne l’inventario fonetico del romanès3, si conserva in parte il sistema indoario,
sebbene alcune varietà possiedano ulteriori fonemi che appartengono al repertorio fonetico della
lingua della società maggioritaria4. A livello morfosintattico possiamo definire il romanès una
lingua agglutinante per quanto riguarda la morfologia del sostantivo e agglutinante-flessiva per la
morfologia del verbo. Il sostantivo possiede il genere maschile e femminile e la marca del singolare
e plurale; esso può essere declinato in otto casi: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo,
locativo, strumentale ablativo (es. rom nominativo, romehko genitivo). Esistono anche numerose
preposizioni che esprimono le relazioni di caso. La morfologia del verbo si caratterizza, in molte
varietà, per l’assenza dell’infinito, pertanto, la forma base del verbo è costituita dalla radice es.
dikh- ‘vedere’, dikav ‘vedo’. Le forme fondamentali del verbo che ritroviamo nel romanès sono
diatesi attiva, modo indicativo, tempi presente, imperfetto e passato; il trapassato è presente solo in
alcune varietà, come quella dei rom xoraxanè bosniaci, mentre di rado individuiamo una forma
verbale per il futuro.
Il predicato nominale viene espresso senza la copula: o rom ternó ‘l’uomo è giovane’, essendo
l’ordine degli elementi sufficiente ad esprimere la funzione predicativa dell’aggettivo, nella sua
funzione attributiva, invece, viene collocato prima del nome es. o ternó rom ‘l’uomo giovane’.
È interessante osservare come il verbo avere sia presente solo in alcune varietà dell’Italia
meridionale, altrove si ricorre più frequentemente ad una locuzione con il significato ‘è a me’, ‘è a
te’ es. hi ma televizia, letteralmente ‘è me- (acc) televisione’ ovvero ‘ho la televisione’5.
La forma negativa del verbo si esprime con l’avverbio na nella varietà non vlax (l’imperativo
negativo è con ma) e con či in quelle vlax (l’imperativo negativo con na); inoltre, esiste una forma
negativa del verbo essere contratta alla terza persona naj ‘non è’6.
L’ordine base della frase è Soggetto+Verbo+Oggetto tuttavia, rappresentando il romanès una lingua
altamente flessiva, il sistema dei casi è adeguato a indicare le relazioni tra gli elementi
es. e romnià pomoğì o čhaorò “la donna (ogg.) aiuta il bambino (sogg.)” ovvero: ‘il bambino aiuta
la donna’. Come in italiano, la ricca flessione verbale consente l’omissione del pronome soggetto,
3
Tutte le forme citate sono trascritte secondo la normalizzazione adottata nel corso del Convegno Rromani Ùnia del
1990.
4
Un romanès con una stretta somiglianza con le lingue neoindiane, privo di tutti gli apporti persiani ed europei che lo
hanno arricchito e modificato nel corso dei secoli.
5
http://venus.unive.it/aliasve/index.php?name=EZCMS&page_id=348 (data di ultima consultazione 29/07/2015).
6
Soravia (1977).
3
es. čerdà “ha fatto”, dikhav “vedo” e l’avverbio si colloca normalmente prima del verbo ed è
alquanto frequente la costruzione con il verbo finale es. brzò o marnò xalà ‘veloce il pane ha
mangiato’.
Analizzando ora il patrimonio lessicale romanò, si può osservare come esso sia composto da un
fondo relativamente stabile di 500 radici di origine indoaria, particolarmente nel lessico di base (es.
pani “acqua”, sanscrito pānīya, panjabi paṇi). Come si è già sottolineato, nel corso dei secoli, il
vocabolario romanò si è arricchito di prestiti da varie altre lingue, persiano, armeno, greco,
serbocroato, rumeno, a seconda dell’itinerario seguito.
Infine, tratto caratteristico delle lingue orali come il romanès è di possedere un vocabolario alquanto
limitato: l'utilizzo quasi unicamente orale non contribuisce alla realizzazione di elaborate
differenziazioni legate ai linguaggi settoriali, tipiche invece delle società alfabetizzate che hanno
l’esigenza di catalogare, classificare, ordinare le proprie conoscenze. Più spesso, in assenza di un
termine specifico, si ricorre alla lingua della società maggioritaria. Del resto, in altri ambiti che
possiamo considerare più rilevanti nella realtà socioculturale romanì, come il sistema familiare, il
patrimonio lessicale romanò risulta molto più ricco.
Bibliografia e sitografia
- Courthiade, Marcel, 1984, Romani fonetika thaj Lekhipa, Filǎn, Than.
- Franzese, Sergio, 1986, Il dialetto dei Rom Xorakanè. Note grammaticali, Glossario, Torino,
Centro studi Zingari - Opera nomadi di Torino.
- Gomes, Ana Maria, 1998, Vegna che ta fago scriver: etnografia della scolarizzazione in una
comunità di sinti, Roma, CISU.
- Liégeois, Jean-Pierre, 2007, Roms en Europe, Strasbourg, Editions du Conseil de L’Europe.
- Piasere, Leonardo, 2004, I rom d'Europa: una storia moderna, Roma-Bari, Editori Laterza.
- Soravia, Giulio, 1977, Dialetti degli Zingari italiani, Pisa, Pacini.
- Soravia, Giulio, Fochi, Camillo, 1995, Vocabolario Sinottico delle lingue zingare parlate in
Italia, Bologna, Centro Studi Zingari.
- Spinelli, Santino, 2005, Baro romano drom, Roma, Meltemi.
- http://venus.unive.it/aliasve/index.php?name=EZCMS&page_id=332 (data di ultima
consultazione 29/01/2016).
Alessia Chindamo
4
Il romanès fra oralità e scrittura
Oralità e scrittura
Si contano più di 6.000 lingue parlate al mondo e solamente meno di cento possiedono una
letteratura, ne consegue che il linguaggio è primariamente orale.
Nel corso degli anni ’80 la riflessione sul rapporto fra oralità e scrittura era orientata sulla differenza
fra culture orali e culture chirografiche; probabilmente è stato il passaggio all’era digitale, per
mezzo della diffusione di nuove varietà linguistiche di commistione fra parlato e scritto a rendere
gli individui più consapevoli delle caratteristiche dei due canali.
Ong differenzia le lingue scritte da quelle orali, sostenendo che, nel caso delle prime, gli utenti
potrebbero fare affidamento su una storicità semantica rintracciabile e su una relativa
standardizzazione e normalizzazione delle forme, mentre le lingue orali si baserebbero su un
repertorio costituito da meno vocaboli, senza possibilità effettive di ricostruire la storia semantica
delle parole7.
Leggere un testo scritto mediante scritture alfabetiche o sillabiche significa processarlo, trasformare
mentalmente i tratti scritti in fonemi e associarli secondariamente ai significati basati sui referenti;
le lingue scritte trovano i loro fondamentali nell’oralità.
Dal punto di vista dell’acquisizione del linguaggio, gli studi di Ong dimostrano che le culture orali
si servono di modelli di apprendimento linguistici tipici dell’apprendistato, si impara ripetendo ciò
che si sente secondo una prospettiva psicolinguistica strettamente comportamentista. In un secondo
tempo, grazie alla possibilità di ricombinare gli elementi appresi, si verificherebbe la creatività del
linguaggio alla base delle teorie chomskiane.
Le possibilità cognitive e descrittive dei parlanti aumenterebbero attraverso la scrittura, essa
incoraggerebbe l’uso dell’ipotassi (poco praticabile per le lingue orali) e favorirebbe la produttività
dei termini puramente grammaticali per mezzo dell’associazione del significante sonoro
all’immagine grafica. Questo processo è particolarmente evidente per le cosiddette parole vuote, per
gli elementi privi di significato semantico come i connettori logici: quasi tutti i parlanti se sentono
la parola “inoltre”, soprattutto se slegata dal contesto, tenderanno a visualizzarla nella forma scritta.
7
Ong (1986).
5
La maggior parte delle persone crede che i rom siano membri di una cultura prevalentemente orale.
In realtà è difficile che nell’era digitale esistano culture orali primarie, perché tutte le culture hanno
scoperto l’uso della scrittura e hanno esperienza dei suoi prodotti.
In effetti, anche all’interno di una cultura fondata significativamente sulla scrittura è possibile
notare alcuni ambienti che ricorrono largamente all’impostazione mentale delle culture orali, è il
caso della messaggistica attraverso strumenti digitali, la lingua scritta assume tratti caratteristici
dell’oralità, svincolandosi da una parte delle regole ortografiche8.
All’interno delle culture che utilizzano la scrittura, essa è impiegata come strumento di trasmissione
del sapere e di socializzazione primaria e secondaria.
Per ciò che concerne la cultura romanì, la scrittura è stata largamente e storicamente utilizzata come
strumento per l’interazione con le comunità dei gagé9 (spostamenti sul territorio, indicazioni,
informazioni rispetto alla quotidianità, odonomastica, burocrazia). Nel corso degli ultimi anni, la
scrittura si è inserita all’interno delle pratiche di socializzazione, grazie alla diffusione degli
strumenti tecnologici e dei social network e il fenomeno è particolarmente visibile, se si
considerano le generazioni più giovani.
Sebbene si definisca il romanès una lingua dotata di letteratura propria e di un processo oramai
storico di standardizzazione10, è lecito domandarsi quanto le comunità si siano rivolte alla
letteratura scritta, quale ne sia stato l’effettivo grado di conoscenza e quale ruolo abbia giocato
rispetto alla costruzione di una grammatica storica condivisa.
Emerge chiaramente una netta discrepanza fra il mondo accademico, sostenitore della storicità dei
processi di standardizzazione della lingua scritta e le comunità rom presenti nei territori.
L’uso della scrittura digitale come forma di socializzazione, al contrario della scrittura di stampo
letterario, contraddistingue tutte le comunità presenti, come si nota dalle pagine dei profili
individuali dei più diffusi social network, come ad esempio Facebook.
Valutando gli estratti di alcuni studenti rom sui social network è particolarmente interessante notare
alcuni fenomeni linguistici tipici dei processi di acquisizione della scrittura; la lingua scritta,
caratterizzandosi per la comprensione in absentia, richiede un elevato tasso di convenzionalità e di
rispetto delle regole ortografiche, ai fini della disambiguazione e della comprensione.
La lingua orale che passa alla forma scritta presenta un maggior grado di consapevolezza da parte
dei fruitori che si interrogano sulla correttezza di alcune forme, sulla resa grafica secondo il profilo
fonematico, ad esempio, scorrendo le inserzioni sui internet dei giovani rom, emergono casi di
8
Alcuni linguisti sostengono che tali tratti siano peculiari delle nuove varietà linguistiche e che non possano essere
ricondotti puramente alla lingua orale.
9
In romanès il termine gagé identifica gli individui che non fanno parte delle comunità rom.
10
Spinelli (2005).
6
incertezza sull’uso di <f/ph>, <i/j/gli/glj> e sulla segmentazione delle parole; essendo il romanès
una lingua agglutinante-flessiva, la discrezione scritta dei significanti in questa particolare fase di
utilizzo della scrittura risulta particolarmente dubbia.
Si nota anche una confusione tra le varianti sociolinguistiche per quanto riguarda il lessico non
fondamentale, a tal punto da compromettere talvolta la comprensione degli enunciati (non è raro
che questi ragazzi comunichino anche con coetanei rom residenti in altre città d’Italia o in altri
Paesi d’Europa).
Una strategia comune finalizzata all’abbattimento di ogni forma di ambiguità è il ricorso alla lingua
seconda, laddove da un lato sono rilevanti i fenomeni etnolinguistici legati al prestigio e dall’altro la
mancanza di significanti nel romanès lingua etnica o nel romanès lingua franca.
È necessario ricorrere alla differenza fra rom che vivono nei campi e rom che abitano in
appartamento, poiché si nota da parte di questi ultimi la tendenza progressiva ad abbandonare la
lingua d’origine per passare alla comunicazione su mezzi digitali in lingua seconda.
Per quanto concerne l’uso della scrittura a scuola, molti insegnanti assistono a una vera e propria
mancanza di autenticità rispetto allo svolgimento dei compiti assegnati; parecchi studenti rom
utilizzano la scrittura perché dev’essere utilizzata a scuola, relegandola a mezzo espressivo da
impiegare esclusivamente all’interno del contesto scolastico.
Probabilmente, concependo la scrittura come mezzo di socializzazione o di interazione con la
comunità e messi di fronte a compiti poco significativi dal punto di vista della spendibilità, i
discenti non si domandano quale fine abbiano le attività di scrittura e procedono per inerzia.
All’interno del contesto scolastico, la perdita di concretezza e di rilevanza per la vita reale
d’altronde rischia di compromettere la motivazione anche per i corsisti nativi.
La motivazione è fondamentale per disincentivare la dispersione scolastica: il caso dei rom è
significativo, nell’anno 2012-2013 si arriva a contare 11.481 unità nelle scuole statali di cui
solamente 3.215 nelle scuole secondarie di primo grado, evidenziando nel corso di pochi anni un
tasso di dispersione allarmante11.
Non si intende sostenere che la scuola debba perdere di qualità per avvicinarsi ai propri studenti, ma
bisognerebbe prendere atto delle caratteristiche dei corsisti e progettare dei percorsi mirati allo
sviluppo delle potenzialità di ciascuno.
Le conseguenze dell’acquisizione dell’uso della scrittura sull’evoluzione intellettiva e sociale non
sono immediate12; se si considera l’alfabetizzazione valutandone le ricadute e le conseguenze si
11
Cfr. Servizio Statistico a cura del MIUR, anno 2012-2013, Ottobre.
12
Olson, Torrance (1991).
7
incorre in un errore epistemologico, poiché è significativo ciò che la gente può fare con la lingua
scritta e non ciò che la lingua scritta può fare alla gente.
Possedere un repertorio linguistico scritto permette di riformulare, di conservare testi nel tempo, di
studiare e di ricordare e ha senso perché consente agli individui che vivono nell’era digitale di
raggiungere nuovi traguardi.
Bibliografia
Paolo Nitti
8
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività di preparazione
Leggere con attenzione l’estratto “linguistica di minoranza”.
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1
- arabofoni
- albanofoni
- rumenofoni
- sinofoni
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1
Un modello innatista è
l’approccio generativo di Noam
Chomsky. Secondo Chomsky,
esisterebbe una grammatica
universale (GU) innata che
spiegherebbe l’acquisizione di
una lingua materna, seconda o
straniera.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1
La GU è costituita da principi e da
parametri innati. I primi sono
principi astratti che governano tutte
le lingue, mentre i parametri
considerano la variabilità strutturale
delle lingue e possono assumere un
numero limitato di valori,
generalmente basato su presenza e
assenza.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 28
Titolo: La linguistica generativa
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 30
Titolo: La grammatica valenziale
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 30
Titolo: La grammatica valenziale
Attività n°: 1
Zerovalente-> piovere
Monovalente-> correre
Bivalente-> lodare
Trivalente->condividere
Tetravalente->vendere
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 30
Titolo: La grammatica valenziale
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 31
Titolo: Lingua e dialetto
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 31
Titolo: Lingua e dialetto
Attività n°: 1
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 31
Titolo: Dialetto e lingua
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1
La Grammatica Universale
rappresenta l’insieme di
proprietà e di principi che
costituiscono la grammatica
centrale di tutte le lingue e la
dotazione linguistica innata di
ogni parlante.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1
In linguistica la marcatezza
fa riferimento al grado di
complessità di un’entità
linguistica.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1
Le regole marcate si
apprenderebbero sulla base
di corpose evidenze positive
nell’input , mentre per le
regole non marcate è
sufficiente un’esposizione
anche minima dell’input .
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1
Nell’ambito tipologico-
funzionale, che fa capo alle
ricerche di Greenberg [1976],
gli universali sono
generalizzazioni induttive
riguardanti i vari livelli
linguistici.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1
Un esempio di implicazione è il
seguente: se in una lingua esiste
il tratto A, allora esisterà anche
il tratto B. I tratti meno marcati
(implicati in una relazione) si
apprendono più velocemente
rispetto a quelli molto marcati.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1
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Language documentation and language typology
Oliver Bond
1. Introduction
Typology is a sub-discipline of linguistics originally conceived around the
notion that there is a fundamental basic unity underlying the diversity of the
world’s languages. Typologists believe that there are certain core properties
that languages have in common which can be formulated as generalisations
about language in the form of language universals or probabilistic statements
about the distribution of language characteristics. One widely cited language
universal first proposed by Greenberg (1963/1966) concerns the relative order
of subjects (S), verbs (V) and objects (O) in relation to the type of adposition
(preposition or postposition) found in languages:1
The universal in (1) makes the prediction that adpositions will always precede
the noun phrase they govern (i.e. will be prepositions) in languages where the
favoured order of major constituents in a transitive clause is one where the
verb precedes the subject, and the subject precedes the object. Despite the
degree of certainty associated with this prediction (suggested by the use of
‘always’), most ‘universals’ are not absolute in that they have exceptions,
including Greenberg’s universal in (1). If you know of a language that has
dominant VSO order, yet has postpositions rather than prepositions, or indeed
a mixture of both, you are not alone: several exceptions to early universal
statements of this kind have since been documented in the typological
literature (e.g. see Dryer 2008a, 2008b).2 In the face of such patterns,
contemporary typology is more concerned with the probabilistic (not absolute)
statements linguists can make about similarities across languages.
1
This is Universal 3 in Greenberg (1963/1966).
2
For instance, data used in Dryer (2008a, 2008b) indicates that languages with VSO
order and postpositions include Majang (Nilo-Saharan; Ethiopia), Northern Tepehuan
and Cora (Uto-Aztecan; Mexico), Koreguaje (Tucanoan; Colombia), Taushiro (Isolate;
Peru) and Guajajara (Tupian; Brazil). VSO-dominant languages with both prepositions
and postpositions include Murle and Tennet (Nilo-Saharan; Sudan) and Makah
(Wakashan, USA).
Oliver Bond 2010. Language documentation and language typology. In Peter K. Austin (ed.) Language
Documentation and Description, Vol 7, 238-261. London: SOAS.
Language documentation and language typology 239
The relative pronoun strategy can be exemplified with data from German
(Germanic, Indo-European). In (3) the referent whose reference is narrowed
by the relative clause is der Mann ‘the man’:3
ein Deutscher.
one German
‘The man [who greeted me] was a German.’
(cf. The man greeted me.)
3
The abbreviations used in this paper are: ACC = accusative, DAT = dative, DEM =
demonstrative , DIR = directional, DIST = distal, EXCL = exclusive, NOM =
nominative, OBL= oblique, PFV = perfective, PL = plural, POT = potential, PRS =
present, PST = past, PST2= past (second most recent), PTCP = participle, RDP =
reduplication, REAL = realis, REL = relativiser, SG = singular, SUBJ = subject.
244 Oliver Bond
The relative pronoun der is case-marked to indicate the role of the head noun
within the relative clause. What makes this strategy distinctive is the presence
of a case-marked relative pronoun form at the beginning of the relative clause.
The second strategy is:
Here, the noun phrase 'iipaa ‘man’ is in the middle of the relative clause; it is
not expressed outside the relative clause.4
The third strategy is:
4
We know 'iipaa ‘man’ is inside the relative clause because the surrounding material
is incompatible with an analysis in which the head noun is external to the restrictive
clause.
Language documentation and language typology 245
Finally, the gap strategy is overwhelmingly the most popular strategy across
the world's languages:
The gap strategy is found in Turkish (Turkic, Altaic). In (6) the head-noun
öğrenci ‘student’ is outside the relative clause and there is no reference to ‘the
student’ within the relative clause (cf. the relative pronoun and pronoun-
retention strategies), i.e. there is a ‘gap’ the relative clause where the subject
should be.
Comrie and Kuteva (2008) also looked at how the four strategies they
identified are distributed across their sample of 166 languages.
246 Oliver Bond
5
English also has a relative pronoun strategy equivalent for these examples.
248 Oliver Bond
(7)
a. the woman that _____ likes Mary SUBJECT
b. the woman (that) Mary likes _____ DIRECT OBJECT
c. the woman (that) the boy gave a rose to _____ INDIRECT OBJECT
d. the woman (that) Mary spoke with _____ OBLIQUE
e. the woman (that) Mary knows the family of _____ POSSESSOR
f. the woman (that) Mary is taller than _____ COMPARATIVE
However, not all languages exhibit the same possibilities. Keenan and Comrie
(1977, 1979) looked at relativisation possibilities in a wide range of languages
(50 in total) and came up with what they call the Accessibility Hierarchy6.
subject > object > indirect object > oblique > genitive > object of comparison
6
Sells (page 214, section 2.2) discusses a similar hierarchy of grammatical functions
from a theoretical perspective.
Language documentation and language typology 249
except the subject (including the option to relativise on the direct object using
the pronoun strategy).
Gap: subject > object > indirect object > object of preposition > possessor
Pronoun: subject > object > indirect object > object of preposition > possessor
Data of the kind underlying this hierarchy indicate the initial universal claims
associated with the hierarchy were too strong. Instead, we have to say that (i)
the subject must always be relativisable7, and (ii) that any given strategy will
cover a contiguous portion of the hierarchy. The Accessibility Hierarchy
stands as an example of how, by looking at different types of structures for a
single situation type, we can come up with universal claims about language.
7
Sells (this volume, page 234, examples (48)-(49)) shows that only subjects can
relativise in Western Austronesian languages like Toba Batak.
250 Oliver Bond
http://www.eva.mpg.de/lingua/tools-at-lingboard/questionnaires.php
http://www.eva.mpg.de/lingua/resources/glossing-rules.php
http://typo.uni-konstanz.de/archive/intro/
Since the early 2000s, researchers at the University of Konstanz have been
collecting published universals found in the typological literature, especially
those of an implicational kind (e.g. if a language has X then it will also have Y
or if a language has X and Y it will have Z).
This archive of universals, which includes hierarchies and semantic maps,
can provide predictions to be tested in field data and thus is of interest to
documenters and describers. This is particularly pertinent for language
documentation work involving a large corpus of spontaneous speech and little
elicitation. By looking through the universals archive it may be possible to
pinpoint areas of research where targeted elicitation and analysis is necessary
to create a richer description. With this in mind, one way to utilise the
Universals Archive would be to look through the universals listed and devise
testable hypotheses. For instance, when working on a language that has
dominant VSO order and a universal within the archive refers to this
characteristic, consider whether that universal stands true for the language
under investigation. If it does not, it provides a reason to investigate how the
language diverges from the regular pattern and why.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 32
Titolo: Universali linguistici
Attività di preparazione
Descrivere le caratteristiche della ricerca in tipologia linguistica
all’interno dell’allegato “Lezione 32.pdf”
Pag.
252 Oliver Bond
http://www.hum.uva.nl/TDS/
http://www.smg.surrey.ac.uk/
http://wals.info/
at least in typological work, with the language name. When talking about past
tense in English in this way, it is referred to as the English Past not just Past
Tense because it is a specific category relevant to English. Similarly, if you
were to look further afield to Eleme (spoken in southeast Nigeria), the Eleme
Continuous is a language specific category found in Eleme alone (although it
may be similar to categories labelled Continuous in other languages).
Variation of this kind indicates that descriptions need to be very thorough
even with categories that might otherwise be taken for granted. In principle
we are free to label a category with any language-specific term deemed
appropriate, however there is an onus on the language documenter to increase
the transparency of the descriptive content of such terms, and not to assume
the existence of pre-established categories (e.g. from the Latin grammar
tradition). Along with the augmented need for detail and clarity in language
descriptions, the realisation that categories are language-specific calls for a
new honesty in assessing the scientific credentials of the methodologies
typologists use in comparing grammatical categories cross-linguistically.
Fine-grained quantitative distributional analyses with description give a
complex but potentially useful basis on which to compare languages.
Haspelmath (2007:125) proposes that:
word classes that are distinct from Nominals (N). IVs include items glossed
as: ‘go’, ‘come’, ‘eat’, ‘put’, ‘hit’, ‘poke’, while UVs include items glossed
as: ‘go down’, ‘smash’, ‘walk’, ‘drink’, ‘light (a fire)’. With this in mind, we
might wonder which of these two verb-like categories is the ‘real’ verb. In
investigating parts-of-speech in a language like this (or indeed any language
for that matter), a fine-grained distributional analysis is essential. Although
IVs and UVs are conventionally glossed using the names for English Verbs,
they do not have the same morphosyntactic properties as one another,
indicating that they belong to different distributional classes: IVs can take
tense-aspect-mood (TAM) and person marking, while UVs and Ns cannot.
UVs also differ from IVs in that the former can be reduplicated to signal
repetition, duration or intensity. IVs can be used in independent predication as
in (8), while UVs require the presence of an IV, as seen in (9). For clarity, the
glosses of inflecting verbs are underlined, while uninflecting verbs are not:
In (8) the IV ijga ‘go’ is the only ‘verb’ in the predicate. In contrast, (9)
contains a reduplicated UV wij ‘scrape’ together with an IV angga ‘get’ or
‘handle’. In Jaminjung one class of items which we would call verbs in
English can occur in independent predicates, like ‘go’ in (8), but the other
class are dependent - they have to occur with an IV, either in the same clause
or as a clause dependent on another clause. Semantically, UVs and IVs are
similar, but morphosyntactically UVs share a lot of characteristics with
Jaminjung Nouns. For instance, UVs can take a subset of case markers such as
the Dative, making them more noun-like. Example (10) shows a UV
wirrigaya ‘cook’ marked with the dative case, while (11) illustrates a Noun
guyung ‘fire’ marked with the same case:
Language documentation and language typology 255
[wujuwuju wirrigaja-wu]
small cook-DAT
‘You should get fire(wood) for me now, for cooking the small (fish).’
Under this analysis, ‘fire’ is a Noun because it can occur with the full range of
case markers, whereas the UV ‘cook’ can only occur with certain case
markers like the Dative. In both instances, the Dative has the same semantic
interpretation of purposive.
IVs UVs Ns
TAM/person marking
Independent predication ()†
Determination
Case marking ()§
Class size closed* open open
First-person singular (12a) and plural (12b) are indicated by the use of
prefixes, ǹ- and rɛ̃- respectively. In both cases, a distinct prefix is used to
indicate a specific person and number combination. In contrast, second-person
singular (12c) and third-person singular (12e) are indicated through the use of
a prefix that is specified for person, but not number. The plural counterparts to
these in (12d) and (12f) share the same prefixes ò- (2) and è- (3) but there are
Language documentation and language typology 257
requires
required by
permits overt pronominal in
default subject affix overt
controller subject
controller
position
1SG m̀-/ǹ-/ŋ̀-/ŋ̀m̀-
1PL rɛ̃-/nɛ-
2 ò-/ɔ̀-
3 è-/ɛ̀- /?
2PL -i /?
3PL -ri
In describing this paradigm, I have separated the various subject affixes and
looked at them in terms of three different variables, summarised in Table 2. The
first variable concerns whether it is possible for an independent pronoun or noun
phrase that expresses the same features as the affix to co-occur with it. For
instance, can the first-person singular prefix co-occur with an independent
pronoun that is first-person singular? Table 2 demonstrates that first-person
singular and first-person plural can occur with an independent pronoun, as can
the second-person plural and third-person plural suffixes. In contrast, the
second-person and third-person prefixes cannot. Already, we can see that
individual affixes in the paradigm do not behave in the same way with respect to
this parameter. Although it is sometimes assumed that affixes in the same
paradigm will have similar behaviour, they frequently do not because their
actual use is based on various semantic and pragmatic/discourse properties (e.g.
the distinction between addressee, speaker reference, non-participant reference).
The second variable approaches the same issue from a different angle. It
considers whether the affix is required if an overt controller is present (i.e. if
there is also a subject NP or independent pronoun). In this case the first-
person singular prefix and the first-person plural prefix differ in their
distribution. The first-person singular prefix can occur with an independent
pronoun but it is not required to do so. In contrast, the plural form is always
required if there is an independent pronoun. This type of distinction might be
missed in an analysis that does not look at individual parameters
258 Oliver Bond
systematically. Table 2 demonstrates that the rest of the affixes behave in the
same way for this variable as they did for the first parameter.
The final variable concerns whether the affix requires a pronominal to be
in subject position or not. This is most pertinent for the suffixes. In (12d) and
(12f) the suffixes -i and -ri co-occur with their respective prefixes. However,
constructions where there is no prefix, but where an independent pronoun is in
subject position instead are also possible. This suggests that the prefix is
occupying the argument slot that an independent pronoun otherwise occupies.
The second-person plural suffix requires some element in that slot; either a
prefix or an independent pronoun. In contrast, the third-person plural suffix
does not require anything in cases where the referent of the suffix is
retrievable from the discourse structure and context.
These variables demonstrate the distribution of the various prefixes and
suffixes in a paradigm which appears to be fairly unproblematic at face value.
By looking at individual affixes across fine-grained variables a much more
sophisticated and revealing analysis is permitted. This is exactly the kind of
analysis that a contemporary typologist might find useful, but is also the kind of
analysis that characterises good quality descriptions. Bickel (2007: 247) claims:
5. Conclusion
Contemporary typology is concerned with the diversity found in the world’s
languages and aims to answer the question ‘what is why where?’ rather than
‘what is possible?’ Typology has its own empirically-based methodologies. The
standard typological method involves selecting a semantic-pragmatic domain,
identifying the strategies used by languages to express that domain and
searching for generalities across the domain, such as dependencies or other
functions associated with those structures. Typologists do not just take: they are
willing to give as well. The resources that result from cross-linguistic
Language documentation and language typology 259
References
Bickel, Balthasar. 2007. Typology in the 21st Century: Major current
developments. Linguistic Typology 11, 239-251.
Bond, Oliver. 2010. Intra-paradigmatic variation in Eleme verbal agreement.
Studies in Language 34, 1-35.
Comrie, Bernard. 1998. Rethinking the typology of relative clauses. Language
Design 1, 59-86
Comrie, Bernard & Kuteva, Tania. 2008. Relativization on Subjects. In Martin
Haspelmath, Matthew S Dryer, David Gil, & Bernard Comrie,
(eds.). The World Atlas of Language Structures Online. Munich: Max
Planck Digital Library, chapter 122. (Available online at
http://wals.info/feature/122. Accessed 2009-07-01).
Croft, William. 2001. Radical Construction Grammar. Oxford: Oxford
University Press.
Croft, William. 2003. Typology and universals (second edition). Cambridge:
Cambridge University Press.
Dryer, Matthew S. 2008a. Order of Subject, Object and Verb. In Martin
Haspelmath, Matthew S. Dryer, David Gil & Bernard Comrie (eds.)
The World Atlas of Language Structures Online. Munich: Max Planck
Digital Library, chapter 81. (Available online at
http://wals.info/feature/81. Accessed on 2010-01-24).
Dryer, Matthew S. 2008b. Order of Adposition and Noun phrase. In Martin
Haspelmath, Matthew S. Dryer, David Gil & Bernard Comrie (eds.)
The World Atlas of Language Structures Online. Munich: Max Planck
Digital Library, chapter 85. (Available online at
http://wals.info/feature/85. Accessed on 2010-01-24).
Garvin, Paul L. 1948. Kutenai III: morpheme distributions (prefix, theme,
suffix). International Journal of American Linguistics 14, 171-178.
Gordon, Lynn. 1986. Maricopa morphology and syntax. Berkeley: University
of California Press.
Greenberg, Joseph H. 1963. Some universals of grammar with particular
reference to the order of meaningful elements. In Joseph H. Greenberg
(ed.), Universals of language: report of a conference held at Dobbs
Ferry, New York, April 13-15, 1961. Cambridge, MA: MIT Press.
260 Oliver Bond
Discussion questions
1. Visit the WALS database online: http://wals.info. In the Complex
Sentences section Feature section, open up the chapters on Relativizing on
Subjects (Chapter 122) and Relativizing on Obliques (Chapter 123) by
Bernard Comrie and Tania Kuteva. Compare the map for subjects with the
map for obliques.
a. What discrepancies do you see between the two maps?
b. How are the different strategies distributed?
c. Can you identify any languages that have different strategies for
relativisation on subjects and obliques? If so, are any tendencies
identifiable in the sample?
d. What methodological problems exist in comparing these two
maps directly?
2. In what ways can the use of a corpus formed as part of language
documentation be employed to good effect in a typological study? Consider
the benefits and difficulties of using corpora over printed grammars in cross-
linguistic research.
3. 'Language documenters should ensure that their corpora are designed with
typologists in mind.' Do you agree or disagree with this statement? In what
ways can the relationship between typology and language documentation and
description be nurtured?
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 33
Titolo: Universali linguistici
Attività di preparazione
Riassumere le caratteristiche della relativizzazione, descritte
all’interno dell’allegato “Lezione 33b.pdf”
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 33
Titolo: Universali linguistici 2
Attività di preparazione
Qual è la proposta di Oliver Bond rispetto alle ricerche di
linguistica tipologica, contenuta all’interno dell’allegato
“Lezione 33.pdf”?
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 33
Titolo: Gli universali linguistici 2
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1
La famiglia semantica è un
insieme di lessemi imparentati a
seconda del significato e del
significante; es.: latte, lattosio,
allattamento, latteria, libreria.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 34
Titolo: Il lessico
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 34
Titolo: Il lessico
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 35
Titolo: La coesione
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 35
Titolo: La coesione
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Attività di preparazione
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 36
Titolo: Le massime di Grice
Attività n°: 1
Il principio di cooperazione si
basa sul rispetto di 4 massime:
qualità, quantità, relazione e modo.
Le massime sono principi costitutivi
che regolano l’interazione orale, ma
che possono essere adattati a
qualsiasi pratica discorsiva.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 36
Titolo: Le massime di Grice
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 36
Titolo: Le massime di Grice
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 37
Titolo: Linguistica testuale
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 37
Titolo: Linguistica testuale
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 37
Titolo: Linguistica testuale
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 38
Titolo: Linguistica testuale 2
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 38
Titolo: Linguistica testuale 2
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Proposizione
Periodo
Testo
Discorso
Coerenza
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 38
Titolo: Linguistica testuale 2
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 39
Titolo: Il non detto
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 39
Titolo: Il non detto
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 39
Titolo: Il non detto
Attività di preparazione
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 40
Titolo: La questione della norma
Attività n°: 1
Tratto da http://www.accademiadellacrusca.it/it/tema-del-
mese/norma-linguistica, ultima consultazione 30/07/2017.
La norma linguistica
Dicembre 2014
Luca Serianni
Attività di preparazione
Pag.
Comunicazione presentata al Convegno Un mondo di italiano. Italiano lingua non materna:
promozione, insegnamento, ricerca , Università per Stranieri di Perugia, 45 maggio 2006
Prof. Luca Serianni
Università “La Sapienza” di Roma
LA NORMA E LA SCUOLA: PRIMI MATERIALI
Il tema della norma linguistica operante in una certa lingua e in una certa epoca offre la
possibilità di svolgimenti diversi. Intanto, il campo va delimitato: la norma riguarda solo le strutture
fonetiche e morfosintattiche, vale a dire la tradizionale “grammatica” di una lingua o – come io
ritengo – deve comprendere anche il lessico, con tutte le sue, talora sottili, deflessioni dall’uso
comunemente ricevuto? Quale che sia la strada intrapresa, le mete verso le quali dirigersi sono assai
varie. Potremmo tentare di cogliere i tratti in movimento e stilare un bilancio in rapporto al quadro
che emergeva vent’anni fa in saggi diventati classici. 1 Oppure indagare la norma descritta da
grammatici e linguisti e quella che emerge dalla reattività dei singoli parlanti, per esempio
attraverso le lettere ai giornali 2 o, meglio, attraverso indagini campionarie espressamente mirate. O,
ancora, soffermarci sulla proliferazione dei mezzi di comunicazione scritta e verificare se le relative
sottonorme hanno in qualche misura condizionato la norma effettiva e indiscussa, vale a dire
l’italiano abitualmente scritto in contesti formali e rivolto a destinatari generici (un articolo di
giornale, una relazione sindacale).
Almeno all’ultimo quesito è facile rispondere, visto che sull’italiano scritto mediato dal
computer e dal cellulare disponiamo da poco di un’eccellente monografia. 3 Fenomeni tipici dei
messaggini o dell’IRC (Internet Relay Chat) come l’imperversare di acronimi su base anglicizzante
(LOL= Laughing Out Loud ‘rotolarsi dalle risate’) o i tamponamenti tra “parole vuote” (ce per ‘c’è’
o lo per ‘l’ho’) 4 suscitano grande curiosità nel giornalista che intervista il linguista di turno alla
ricerca di scoop («Fra dieci anni l’italiano esisterà ancora?»), ma in realtà non mostrano nessuna
vitalità fuori dalla specifica trincea di appartenenza. L’IRC offre però l’interessante conferma di un
fenomeno in atto da qualche anno: la ripresa dei dialetti sui quali molti linguisti (compreso chi
scrive) trent’anni fa non avrebbero scommesso. 5 All’espressività e al desiderio di marcare
l’appartenenza a un gruppo specifico – i due fattori alla base della ben nota vitalità tardo
novecentesca del dialetto nella poesia e nella musica (rap, reggae) – va ascritta anche l’«inattesa e
massiccia presenza» nell’IRC dei dialetti, verosimilmente praticati in base al coefficiente espressivo
anche da utenti di altre regioni . 6
1
Alludo in particolare a Francesco Sabatini, Una lingua ritrovata: l’italiano parlato, «Studi latini e italiani», IV 1990,
pp. 21534 e Gaetano Berruto, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Firenze, La Nuova Italia Scientifica, 1987.
I tratti salienti dell’italiano “dell’uso medio” sono stati successivamente indagati da Ilaria Bonomi nella lingua dei
giornali e nella prosa letteraria: cfr. risp. I giornali e l’italiano dell’uso medio, «Studi di Grammatica Italiana», XV
1993, pp. 181201 e La narrativa e l’italiano dell’uso medio, ivi, XVI 1994, pp. 32138. Recentemente Riccardo Tesi ha
preso posizione sull’effettiva rappresentatività di molti tratti morfosintattici e topologici compresi in questa categoria,
considerandoli «fenomeni opachi» e abituali «in qualsiasi genere testuale dell’italiano contemporaneo» (Storia
dell’italiano. La lingua moderna e contemporanea , Bologna, Zanichelli, 2005, p. 229 e n. 70).
2
Qualche spunto in proposito nella mia Prima lezione di grammatica , RomaBari, Laterza, 2006, pp. 3654.
3
Elena Pistolesi, Il parlar spedito. L’italiano di chat, email e SMS, Padova, Esedra, 2004.
4
Op. cit., pp. 3233, 100 e passim.
5
A differenza, va detto, di molti linguisti stranieri i quali, anche oggi, non cessano di restar colpiti dalla polimorfia
dialettale del nostro Paese. L’insigne catalanista Josep M. Nadal, ad esempio, ha raccontato in un suo libro recente (La
llengua sobre el paper, Girona, CCG Edicions, 2005, p. 49) che «un 24 de febrer», mentre chiacchierava a Napoli con
due colleghi anch’essi catalani, un cameriere si avvicinò al gruppo «per preguntarnos si érem grecs o genovesos. Per a
un napolità – un “italià” –, un genovès – un altre “italià”, en definitiva – podia ser tan estrany, en la seva manera de
parlar, com un grec o com un català».
6
Op. cit., pp. 11014.
1
Converrà in ogni caso tener fermo un punto. Se, lasciando da parte la comunicazione
mediata dal computer, mettiamo a confronto due produzioni linguistiche tradizionali a distanza di
vent’anni l’una dall’altra (per esempio un giornale), possiamo renderci conto che, nonostante tutto,
la lingua cammina più lentamente della tecnologia e che le trasformazioni si concentrano sulla
struttura più appariscente ma anche più superficiale, cioè sul lessico.
Il 31 dicembre 2005 – una giornata adatta ai bilanci – ho fatto una verifica empirica,
fondandomi sui numeri del «Corriere della Sera» e della «Repubblica» apparsi in quel giorno. Ho
spogliato i due articoli di fondo, dovuti rispettivamente a un autorevole opinionista («L’ossessione
dei poteri forti», di Ernesto Galli della Loggia = EGL) e al direttore Eugenio Scalfari («Perché
Berlinguer è di nuovo attuale» = ES); due articoli di taglio polemicobrillante (politica estera:
«L’Italia supera gli Usa. In tirchieria», di Gian Antonio Stella = GAS; e costume: «Viva Venezia
che vieta i botti», di Francesco Merlo = FM); due articoli di cronaca meteorologica («Roma, un
altro clochard ucciso dal gelo», di Virginia Piccolillo = VP e «L’Italia gela, il freddo fa tre vittime»,
di Teresa Monestiroli = TM).
Ho parlato di una verifica «empirica», ma forse avrei dovuto dire «fantascientifica», visto
che mi sono chiesto: quale sarebbe stata davanti alle stesse pagine la reazione di un lettore
(poniamo) del 1965, prescindendo dai contenuti? In che misura si sarebbe rispecchiato nella lingua
di quarant’anni dopo? 7 La risposta è abbastanza prevedibile. Non c’è davvero nulla di nuovo né in
fatto di grammatica né di sintassi. Anzi, il periodo può tuttora articolarsi in larghe campate
ipotattiche, scandite da una punteggiatura impeccabile, come risulta dai due esempi che seguono:
Con un’importante differenza rispetto ad oggi: che 11 anni fa l’attacco partì dal compianto Giuseppe
Tatarella, vicepresidente del Consiglio del governo di centrodestra, e fu poi portato avanti da gran parte del
suo schieramento appena reduce dalla vittoria elettorale ma già sopraffatto dalla difficoltà di governare; oggi,
invece, a prendersela con i poteri forti sono sia gli ambienti vicini al premier (che è sempre quello del ’94)
sia però anche molti ambienti vicini all’onorevole Massimo D’Alema, con alcune significative dichiarazioni
di D’Alema stesso che vanno senza mezzi termini nella medesima direzione [EGL; siamo agli antipodi,
come si vede, dal cosiddetto stile giornalistico inteso come sequenza di frasi brevi tendenzialmente
paratattiche. L’unico elemento non certo nuovo, ma sintatticamente marcato, è l’attacco circostanziale risolto
in una frase nominale Con … oggi, dal quale dipende una completiva seguita da una coordinata con varie
espansioni nominali, opportunamente chiuso dal punto e virgola, che permette di sottolineare la continuità
col periodo precedente: 11 anni fa – oggi].
Dunque una legge nazionale contro i botti che, senza penalizzare i colori e le trovate degli artisti delle
luminarie, stroncasse il rumore e il vizio nazionale di mimare la guerra; un dispositivo normativo di pubblica
decenza contro tutte le sparate sarebbe preferibile ad una delle tante campagne isteriche contro l’aids o ad
un’altra scarica mediatica contro il razzismo nel calcio o, ancora, ad una delle solite carovane di retorica
antimafia; e sarebbe anche meglio di un botto di amnistia che è un provvedimento da fare sì, ma in silenzio,
come si concede un perdono, come si offre una grazia [FM; si noterà, anche qui, la serie di strutture
complesse scandite dal punto e virgola e, in generale, la preferenza per la subordinazione (proposizione
esclusiva incassata in una relativa consecutiva, in luogo di due relative coordinate: che non penalizzasse …
ma stroncasse) e per il verbo, ossia per la suppellettile sintattica più tradizionale (che è un provvedimento da
fare in luogo della semplice apposizione nominale: un provvedimento da fare; come si concede un perdono,
come si offre una grazia , con elegante variatio del secondo verbo, in luogo del più sbrigativo come si
concede un perdono, una grazia ].
E le subordinate possono essere introdotte tuttora da congiunzioni libresche, se non
letterarie. Scalfari adopera un affinché finale («affinché non creda d’essere stato il solo e inascoltato
mentore di questa triste vicenda») e due poiché, entrambi in causali posposte alla reggente; nella
seconda con variatio rispetto a un successivo perché:
7
Va precisato che Scalfari scriveva già nel 1965 e quindi, tenendo conto di una certa viscosità delle abitudini
linguistiche individuali contratte nell’infanzia e nella giovinezza, non dovremmo comunque aspettarci grandi novità
strutturali dal suo articolo.
2
In quei casi un partito politico dovrebbe astenersi da ogni commento, da ogni contatto, da ogni preferenza,
poiché il giudizio è delegato al mercato e alle regole che lo presidiano. L’inesperienza ha contribuito ad
aggravare l’errore perché i meccanismi del mercato operano con estrema rapidità e non combaciano con i
tempi lunghi della risposta politica [corsivi miei].
Ma passiamo dalla sintassi, più condizionata dalla personalità stilistica di uno scrivente
professionale, ai fenomeni microlinguistici, che normalmente sfuggono al controllo di chi scrive (e
possono semmai essere ortopedizzati da interventi editoriali; ma sappiamo che ciò non avviene, o
non avviene più, nelle redazioni dei giornali). E precisamente: a) elisione; b) forme eufoniche
(ad/ed); c) apocope vocalica; d) alternanza che/che cosa/cosa nelle interrogative.
a) Bene attestata l’elisione di forme grammaticali; 8 non solo articoli, 9 preposizioni articolate,
pronome atono lo (un’importante differenza , l’eco, dall’altra parte EGL; dell’Economia , non
l’abbiamo GAS; un’autocisterna , un’auto VP; l’iniziativa , un’altrettanto grave inesperienza ,
un’assai bizzarra proposta 10 ES; un’Italia , dell’intelligenza FM; Un’ondata TM), ma anche, più
occasionalmente, in altri casi, in parte frutto di condizionamenti idiomatici: prezzi più cari
d’Europa , essere d’accordo (EGL), fichi d’India , M’impegno (GAS), d’un complotto, dev’essere,
com’è imprevedibile, d’esser stato, tornate d’attualità , cent’anni (ES).
b) Persiste la possibilità di adoperare le forme eufoniche con dentale finale nei monosillabi
a , e seguiti da parole comincianti per vocale: possibilità che tende a diventare la regola quando la
vocale sia identica (Ed è EGL; ad arrivare GAS; ed Emilia Romagna VP), ma che si mantiene
anche in presenza di vocali diverse: ad esser tali ES, ad eludere FM. 11
c) L’apocope vocalica libera è, da molti anni a questa parte, in evidente regresso. Resiste
però, non solo in modi idiomatici e in connettivi cristallizzati (sia pur legittimata EGS; senza andar
per il sottile, pur di impedirgli, sia pur tardiva ES), ma anche con gl’infiniti (come variante
minoritaria); specie, si direbbe, se si tratta di infiniti composti: aver scritto EGL; aver architettato,
ad esser tali, aver trasmesso ES.
d) Secondo alcuni linguisti cosa starebbe avendo la meglio su che (il quale verrebbe
avvertito come meridionale) e su che cosa . La diffusione di cosa è indubbia (mentre la
meridionalità di che andrebbe verificata); ma è altrettanto chiara la tenuta di tutte e tre le forme di
interrogativo neutro. 12 I tre esempi utili del nostro ridottissimo campione offrono solo che e che
cosa (l’assenza di cosa è ovviamente casuale): «Che cosa si rimprovera a questi poteri, ieri come
oggi?» (EGL), «che ne sarà mai allora della divisione dei poteri […] e di altre quisquilie del
genere?» (EGL), «Non voleva che i comunisti fossero omologati. A che cosa?» (ES).
8
Non ha avuto ulteriori sviluppi, insomma, quella tendenza a mantenere le forme invariate quale che sia il contesto
sintattico (non lo abbiamo come non lo vogliamo) – indizio di una lingua sempre più orientata sulla fissità e
prevedibilità dello scritto e non sulla meno prevedibile duttilità del parlato – di cui notavo la presenza nella letteratura di
consumo di vent’anni fa: cfr. L. Serianni, Il problema della norma linguistica dell’italiano, «Gli Annali della Università
per Stranieri [di Perugia]», VII 1986, pp. 4769, alle pp. 5657.
9
La tendenza, «negli strati inferiori della letteratura, ad abolire gli apostrofi reintegrando le vocali elise» fu osservata
già nel 19371940 dal Camilli (cfr. Amerindo Camilli, Pronuncia e grafia dell’italiano, terza ediz. riveduta a cura di
Piero Fiorelli, Firenze, Sansoni, 1965, p. 182). Il fenomeno sembra più diffuso con gli articoli indeterminativi: una
interpretazione accanto alla variante elisa, spontanea nel parlato veloce, un’interpretazione; decisamente meno comune
la mancata elisione con l’articolo determinativo femminile: la interpretazione / l’interpretazione.
10
Questi due ultimi esempi sono ben rappresentativi della vitalità dell’elisione, dal momento che un’eventuale forma
piena dell’articolo poteva essere favorita dal distanziamento tra articolo e sostantivo e dunque dall’opportunità di
sottolinearne la relazione.
11
Come osservano Ilaria Bonomi ed Elisabetta Mauroni, commentando proprio i dati emersi da un corpus giornalistico,
il declino della d eufonica è un fenomeno «che in generale si tende a considerare più in evoluzione di quanto
generalmente non sia» (L’innovazione grammaticale in testi scritti di fine millennio, in N. Maraschio e T. Poggi Salani
[a cura di], Italia linguistica anno Mille. Italia linguistica anno Duemila , Roma, Bulzoni, 2003, pp. 491519, a p. 498).
12
Cfr. anche BonomiMauroni, L’innovazione, pp. 504 e 50910 e Massimo Palermo, La lingua in agenzia: aspetti
della norma e dell’uso dell’ANSA, in AA. VV., Norma e lingua in Italia: alcune riflessioni fra passato e presente,
Milano, Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, 1997, pp. 185205, p. 198.
3
Si tratta, è vero, di fenomeni marginali: tali per loro intrinseca natura e tali ancor più oggi in
cui fare grammatica significa guardare le cose soprattutto nella prospettiva della linguistica testuale
e della pragmatica (e questo vale in una certa misura anche per un grammatico non propriamente
rivoluzionario come chi scrive). Però, sono fenomeni che hanno un valore simbolico da non
trascurare. In tutti e quattro i casi siamo di fronte a una perdurante interferenza tra lo scritto, con la
sua tendenza a potare le alternative e a perseguire il massimo grado di stabilizzazione ortografica, e
il parlato, con i ben noti fenomeni di sandhi esterno; se tanta varietà di alternative – una inutile
ricchezza che Manzoni considerava un impaccio per raggiungere una lingua «viva e vera» – era
normale in una società assai differenziata linguisticamente al suo interno in termini diatopici e
diastratici, 13 non è scontato che un discreto margine di oscillazione persista ancora oggi, senza dar
vita ad alternative stilisticamente marcate che autorizzino quindi la previsione di un declino
dell’eventuale variante letteraria o libresca. 14 Spicca la differenza con le altre grandi lingue romanze
(ed europee in genere) in cui tale polimorfia manca: l’elisione nei monosillabi grammaticali è
generale in francese e sconosciuta in spagnolo (d’Amérique, de América rispetto all’ital. di America
/ d’America ), l’apocope vocalica libera è sconosciuta a entrambe le lingue, ed entrambe non hanno
incertezze per le forme che corrispondono alla preposizione a (franc. à , spagn. a ) e alla
congiunzione e (franc. et, spagn. y/e, con distribuzione complementare), né sul pronome
interrogativo con valore neutro (franc. Que veuxtu? , spagn. ¿Qué quieres? , ital. Che / Che cosa /
Cosa vuoi? ).
Solo il lessico e in parte ridotta la formazione delle parole marcano con evidenza il tempo
trascorso. Ma vediamo. I forestierismi non adattati sono meno numerosi di come potevamo
aspettarci e soprattutto da tempo acclimati. 15 Nessuno avrebbe fatto troppo caso, già nel 1965, agli
anglicismi blackout (1949, ma certo l’impatto mediatico del fenomeno è successivo; GAS),
boomerang (ES, in senso figurato; in senso proprio: 1863), establishment (1960; EGL), freezer («in
freezer anche i piemontesi»; in senso proprio: 1957), 16 ai francesismi bidonvilles (1963; GAS) e
anche clochard (1968; VP e TM), agli ispanismi campesinos (1954; 17 GAS), silos (1923; GAS:
«silos di vetroresina che si scioglievano al sole in Sudan»). Tanto meno sarebbero stati notati
forestierismi già allora vecchiotti come dossier (1895; GAS), leader (1834; ES), parvenues (sic; ma
il femminile è ingiustificato, FM; 1820), premier (1844; EGL), record (1884; VP). Kamikaze era
ben noto come termine della seconda guerra mondiale (la prima attestazione italiana risale proprio
al 1944), ma non in riferimento al terrorismo islamico né, come si ricava dall’articolo di Merlo,
come denominazione di un “botto pirico”.
Non erano ancora noti un paio di anglicismi: assist, oggi comunissimo traslato calcistico
(debitamente virgolettato in ES: «nonostante l’“assist” fornito dalla vicenda Unipol»; in senso
proprio: 1983) e talk show (FM; 1980); né il lusitanismoispanismo 18 favelas (1974; GAS).
Attestato già dal 1961 come tecnicismo geofisico, il nipponismo tsunami ha raggiunto grande
notorietà dopo i drammatici eventi del dicembre 2004: nel nostro corpus lo troviamo riferito a un
razzo di spropositata potenza impiegato per i festeggiamenti di fine d’anno, il razzo tsunami (FM),
13
Inutile soffermarsi sulle sacche di analfabetismo e di dialettofonia esclusiva ancora esistenti nel secondo dopoguerra.
14
Possiamo esser certi sia che con m’impegno, ad essere o aver trasmesso uno scrivente non ritenga di usare forme
stilisticamente marcate rispetto alle alternative mi impegno, a essere, avere trasmesso, sia che tale percezione possa
nascere in un lettore. La marcatezza, nelle due direzioni, potrebbe nascere solo dalla sistematica adozione delle varianti
legate ai condizionamenti fonosintattici; potremmo dire, insomma, che mi impegno, a essere, avere trasmesso sono oggi
le forme di base dell’italiano e che le varianti sono marcate solo potenzialmente, cioè soltanto se la loro frequenza è
relativamente alta.
15
Tranne che non sia diversamente indicato, la data di prima attestazione è ricavata da Tullio De Mauro, Grande
dizionario italiano dell’uso (GRADIT), Torino, UTET, 1999, cinque voll.
16
Si aggiunga il calco semantico cancellare ‘disdire’ («cancellati sette voli»; TM); dal 1942 secondo Manlio Cortelazzo
– Paolo Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana , Bologna, Zanichelli, 1999 2 , s. v.
17
Cfr. CruzHilda López, América latina: aportes léxicos al italiano contempráneo, Firenze, University Press, 2001, p.
18.
18
Sul quale cfr. op. cit., p. 39.
4
ma sarebbe facile incrementare la lista con esempi anche dell’uso figurato, segno indiscusso
dell’acclimazione di un tecnicismo nella lingua comune. 19
Più cospicuo il drappello di neologismi derivativi, ottenuti da basi preesistenti e quindi
linguisticamente motivati. Alcuni sono effettivamente attestati dopo il 1965: dializzati (1983; VP),
flottante in accezione finanziaria (1987, ES), leaderistico (XX sec., dunque potrebbe essere
anteriore agli anni Sessanta; EGL), mediatico («scarica mediatica», 1989; FM), plebiscitarismo
(1995; EGL), sieropositivi (1986; GAS), sindacalese (1984; GAS), spargisale («mezzi spargi sale»,
1970; 20 TM), terzomondismo (1973; GAS). Addirittura simbolo di un’epoca è Tangentopoli («nel
’92, vigilia di Tangentopoli», GAS). Altri a quanto pare esistono solo virtualmente nel sistema
linguistico astratto: sono creazioni occasionali, frutto della padronanza linguistica 21 o
dell’esuberanza espressiva di scriventi esperti: [un’Italia] gerontrofio (FM), [utopia] panpoliticistica
(attestato panpolitico: av. 1937, EGL), pirotecnologia (GRADIT attesta pirotecnica ; FM)
[pacchianeria] trimalcionesca (GRADIT attesta trimalcioniano, trimalcionico, trimalchionico; FM).
Più difficile datare le unità polirematiche. Non erano moneta corrente, nel 1965, economia di
mercato (ES), macchina della giustizia (ES), mutazione genetica (ES) poteri forti (ai «cosiddetti
“poteri forti”» è dedicato l’editoriale di Galli della Loggia; si noti il doppio distanziamento,
lessicale – con cosiddetti – e grafico, col ricorso alle virgolette), 22 rispetto delle regole (ES), tempi
lunghi («i tempi lunghi della risposta politica», ES), tempesta giudiziaria (ES). Anche alcuni modi
figurati non avevano la diffusione attuale: è il caso di remare contro (EGL, tra virgolette) e di
metafore incardinate sui dolci mangiati di nascosto da bambini: «Lascerei a Berlusconi di sospettare
complotti ogni volta che viene sorpreso a mangiare di nascosto la marmellata», ES), «una sinistra
che sembra arrivare al potere come un bimbo ghiottone che penetra in una pasticceria con le mani
nella crema, con baffi di crema» (FM). 23
Nella composizione si possono segnalare formazioni che incrementano l’ormai tradizionale
serie di composti binominali Dto + Dnte: 24 ideeforza (EGL), uomo bersaglio (ES), oltre agli
scherzosi bancabengala e opamortaretto di FM; in caro petrolio (GAS) si ha cancellazione di una
preposizione. Agli anni Novanta risale il tipo Berlusconipensiero (EGL), «uno dei pochi casi di
sintagma determinantedeterminato di origine autoctona, indipendente da modelli
angloamericani». 25
Insomma: niente di davvero nuovo sotto il sole linguistico. Un lettore del 1965 capirebbe
ben poco di un giornale di quarant’anni dopo, questo è certo, ma non perché non riconoscerebbe più
la lingua in cui è scritto: perché la fitta serie di ammiccamenti e di presupposizioni rende il giornale
pienamente comprensibile solo al lettore del giorno prima. 26 Si dirà che un sondaggio del genere
19
Per esempio: «Gabanelli, in generale che idea si è fatta dello tsunami che sta travolgendo il mondo politico
economico?» (da un’intervista di Vittorio Zincone a Milena Gabanelli, «Corriere della Sera – Magazine», 12.1.2006, p.
40); «Uno tsunami mediatico ci travolse nella prima decade di aprile, durante la lunga agonia del papa» (Antonio La
Penna, Aforismi e autoschediasmi, «L’immaginazione», n° 217, novembredicembre 2005, p. 23).
20
Se l’anno si riferisce alla seconda accezione registrata dal GRADIT.
21
E dunque della capacità di muoversi senza complessi (ci sarà nel dizionario? ) nell’uso perfettamente dominato della
propria lingua materna.
22
A quanto pare, di poteri forti si parla almeno dal 1991 (con Rino Formica, dirigente del Partito Socialista Italiano): si
veda l’articolo di Gian Antonio Stella, in «Corriere della Sera», 17.5.2006, p. 15.
23
Immagini del genere potrebbero dipendere da modelli anglosassoni: to catch someone with a hand in the cookies’ jar
e simili (devo il suggerimento alla collega Paola Giunchi).
24
Nella terminologia adoperata da Maurizio Dardano, La formazione delle parole nell’italiano di oggi, Roma, Bulzoni,
1978, p. 183.
25
Come scrivevo presentando Silverio Novelli – Gabriella Urbani, Parole nuove della seconda e terza repubblica ,
Roma, Datanews, 1995, p. 10, in cui quel procedimento è ampiamente documentato. Si può aggiungere che negli ultimi
anni composti del genere vengono usati sempre più spesso con valore referenziale, senza traccia dell’originaria carica
ironica: valga a dimostrarlo il fatto che in un opuscolo propagandistico distribuito in occasione delle elezioni politiche
del 2006 dal partito di Forza Italia (La vera storia italiana ) un trafiletto a p. 39 illustra Il Berlusconi pensiero
(sottotitolo: «Lo hanno accusato di avere un partito di plastica e invece ha rivoluzionato la politica italiana»).
26
Sul fenomeno, deplorato da Umberto Eco negli anni Settanta, cfr. ora Michele Loporcaro, Cattive notizie. La retorica
senza lumi dei mass media italiani, Milano, Feltrinelli, 2005, pp. 1331.
5
non poteva che dare risultati di questo tipo: la scrittura del giornale è una scrittura controllata ed
esperta che offre un alto tasso di invenzione lessicale, ma anche un forte aggancio con le strutture
grammaticali portanti, come i modi o i tempi verbali. Che cosa succede nel parlato?
Non ho intenzione di rispondere, visto che mi soffermo sulla norma quale è espressa a livello
alto (scritto formale o – lo vedremo tra poco – prove scolastiche). Osservo soltanto tre cose:
a) per valutare l’evoluzione del parlato in diacronia, occorrerebbe disporre di corpora
corrispondenti relativi al passato (confrontare il parlato di oggi con lo scritto di trent’anni fa è
evidentemente inaccettabile);
b) sondaggi specificamente rivolti alla tenuta di una struttura tipica dello scritto, il
congiuntivo – spina dorsale di ogni subordinata che si rispetti – ne hanno mostrato forse
un’imprevista diffusione anche in testi orali; 27 lo stesso si dica, stando a una ricerca recente, per i
pronomi personali: tra gli atoni loro prevale addirittura sul da tempo legittimato gli in un corpus di
testi «narrativi» (cioè non dialogati: narrativa vera e propria, saggistica, memorialistica ecc.) degli
anni Novanta e per il femminile singolare le è pressoché generale rispetto a gli nello stesso decennio
(301 esempi contro 1), prevale largamente in quotidiani e settimanali (36 esempi contro 3) e persino
in televisione (18 contro 6). 28
c) dare per scontato che il parlato sia il polo dell’innovazione e lo scritto quello della
conservazione è perlomeno imprudente se pensiamo alla proliferazione di “nuove scritture” che
caratterizzano la nostra epoca: semmai sarà vero il contrario. Ma il punto non è questo. Non è
affatto detto che, in una qualsiasi dialettica tra innovazione e tradizione, tutte le forze in movimento
riescano effettivamente a imporsi: molte regrediranno e riprenderanno vigore componenti
tradizionali che sembravano in declino. Del resto basti pensare al lessico, in cui il nuovo che riesca
ad affermarsi è infinitamente meno del vecchio che resiste o magari ritorna in auge: un parlante
italiano del 1965 avrebbe scommesso sulla vitalità di neologismi dell’epoca come cambiadischi e
deflettore (decaduti con i rispettivi designata) o di magata ‘brillante trovata’, decaduto come
avviene spesso per i sinonimi espressivi, più esposti a rapida usura. Oggi, parole come queste sono
obsolete (e forse non figurano più nemmeno nei grandi dizionari), mentre parole rare e forbite
relative a concetti astratti come arguzia , esimere, impreteribile reggono molto meglio gli anni:
erano occasionali e sostenute quarant’anni fa e tali sono anche oggi. Se questa capacità di durata
vale per il pulviscolo lessicale, a maggior ragione varrà per i fatti grammaticali e sintattici: non è
ancora nato l’untorello che possa davvero spopolare i passati remoti o i pronomi soggetto
tradizionali egli ed ella . 29
27
Alludo a due saggi fondati sul meritorio Lessico di frequenza dell’italiano parlato realizzato nel 1993 da Tullio De
Mauro et alii (Roma, ETASLIBRI). Stefan Schneider (Il congiuntivo tra modalità e subordinazione, Roma, Carocci,
1999) ha documentato come, in un corpus di oltre 3000 subordinate “argomentative” – quasi tutte introdotte da che –, il
congiuntivo compaia in circa un quarto dei casi, più frequentemente nei testi raccolti a Firenze e a Milano che non in
quelli di Roma e Napoli e nelle trasmissioni radiotelevisive che non nelle telefonate; e come sia rarissimo nelle
subordinate di cui il parlante presuppone la veridicità. Edoardo Lombardi Vallauri (Vitalità del congiuntivo nell’italiano
parlato, in Italia linguistica anno Mille, cit., pp. 60934) ha calcolato invece l’incidenza del congiuntivo rispetto
all’indicativo di essere e avere nei casi in cui un costrutto ammetta la duplice scelta; i dati da lui elaborati riducono
l’importanza del fattore diatopico e confermano la varia distribuzione del congiuntivo, che in alcune subordinate
mantiene il suo primato tradizionale (quasi il 90% delle interrogative indirette si conforma al tipo non so cosa voglia da
me) e in altri casi continua a essere determinato dal verbo reggente (spero che sia è tuttora l’unica possibilità anche nel
parlato). Risultati in gran parte compatibili con questi emergono da un sondaggio compiuto su 355 intervistati in merito
alla loro reattività normativa su completive con l’indicativo invece del congiuntivo canonico (risulta però, almeno con
determinati verbi reggenti, una maggiore tendenza ad accettare l’indicativo da parte dei più giovani): cfr. Laura Scarpa,
Congiuntivo sì, congiuntivo no: indagini sulla percezione del congiuntivo tra parlanti madrelingua , in Sguardo sulla
lingua e sulla letteratura italiana all’inizio del terzo millennio, a cura di Sabina Gola e Michel Bastiaensen, Firenze,
Cesati, 2004, pp. 14762.
28
Cfr. Fulvio Leone, I pronomi personali di terza persona. L’evoluzione di un microsistema nell’italiano di fine
millennio, Roma, Carocci, 2003, pp. 7879 e 12728.
29
Da molto tempo libreschi, questo è vero, ma ancora disponibili nel parlato sostenuto (egli anaforico) e con intento
ironico (ella : un esempio giornalistico nella mia Prima lezione di grammatica cit., pp. 1718).
6
Ma in gioco non ci sono solo i tempi lenti dell’evoluzione linguistica. C’è anche la norma
trasmessa dalla scuola; è una norma che chiamerei “sommersa”, perché non appare in superficie,
come avviene per quel che si legge nei libri o quel che si verifica nell’uso reale della lingua, parlata
o scritta: i destinatari si riducono a poche unità, i ragazzi che costituiscono una classe scolastica
(una ventina). Però l’impatto che la norma trasmessa dall’insegnante esercita sugli alunni è
straordinario: al prestigio della fonte (almeno su questo particolare versante) si accompagna
l’effetto della sanzione.
In un articolo recente Anna Rosa Cagnazzi 30 ha studiato la presenza e l’uso di alcuni
fenomeni linguistici significativi in un corpus di elaborati eseguiti nel triennio di licei e istituti
tecnici in Valtellina. Emergono, almeno nei licei, la buona tenuta di egli e persino di ella come
pronomi soggetto, la marginalità del che polivalente, la resistenza del passato remoto 31 e del
congiuntivo (con percentuali di uso corretto nelle subordinate che lo richiedono pari al 94% nei licei
e all’85% negli istituti tecnici). Come annota con garbo la giovane studiosa, dati del genere
suggeriscono maggiore prudenza di fronte a diagnosi, stilate da autorevoli linguisti, intorno alla
«morte» del pronome ella o alla deriva del che come unico introduttore delle relative. 32 Un
paragrafo è dedicato alle correzioni degli insegnanti, che nel complesso risultano scarse e non
immuni da interventi legati al gusto individuale, talvolta privi di fondamento grammaticale (per
esempio, tra i pronomi soggetto, essa corretto in ella , loro in essi).
La Cagnazzi ricorda un significativo precedente della sua ricerca: un articolo di Adriano
Colombo 33 fondato su una quarantina di elaborati di alunni bolognesi di scuola media. Colombo
reagiva ad alcuni «giudizi molto severi» emessi da «fonti autorevoli» circa il dilagare dell’oralità
più sciatta e incontrollata nelle prove scritte, a cominciare dall’imperversare della paratassi. La sua
verifica (relativa a indice di subordinazione, uso del congiuntivo, del passato remoto e del passivo)
offre risultati diversi: è vero che il livello medio degli elaborati è insoddisfacente, 34 ma solo l’uso
del congiuntivo è realmente assai scarso; per il resto – anche se non è detto «che la complessità
morfosintattica sia di per sé un indice di migliore competenza linguistica o coincida con una
maggiore correttezza grammaticale» –, va osservato che «tre indicatori di complessità
morfosintattica su quattro sono convergenti nell’attribuire all’italiano scritto a scuola tratti di
complessità morfosintattica, formalità, distinzione dal parlato».
Credo che, di là dalle prestazioni offerte dagli alunni, sarebbe molto interessante ricostruire
la norma sommersa impartita oggi nella scuola, riprendendo e sviluppando uno spunto offerto molti
anni fa da Paola Benincà e altri. 35 È una norma relativamente omogenea o, a parità dell’età degli
alunni, cambia a seconda del singolo insegnante, del tipo di scuola, o magari dell’area geografica?
In che misura il modello normativo di riferimento cambia a seconda della prova (tema
d’introspezione e di immaginazione / saggio letterario / tema d’attualità)? C’è convergenza o
divergenza tra norma applicata dagli insegnanti e norma esplicitamente descritta dalle «più
autorevoli grammatiche di riferimento», le quali «danno ormai una fotografia dell’uso vivo»? 36
30
Analisi di fenomeni grammaticali in elaborati scolastici del triennio delle superiori (Sondrio – Tirano, a. s.
2000/2002), «ACME», LVIII 2005, pp. 269302.
31
Del quale già Rosaria Solarino, in un articolo del 1992 (cit. in Cagnazzi, Analisi, p. 281 n. 25), aveva osservato «la
notevole frequenza» nei compiti di studenti di Bologna, Milano, Modena e Padova: tutte aree nelle quali l’uso del
passato remoto nell’italiano orale non è abituale. Ma su questo punto ritorneremo tra poco.
32
Cfr. Cagnazzi, Analisi, pp. 272 n. 9 e 277 n. 16.
33
Scorretto, ma non semplice, «Italiano e Oltre», IV 1989, pp. 15861.
34
Dal corpus «emerge tutto un campionario ben noto agli insegnanti, di errori sintattici, improprietà lessicali,
insufficienza di punteggiatura, scarti di registro» (p. 161).
35
Cfr. P. Benincà et al., Italiano standard o italiano scolastico? , in Dal dialetto alla lingua, Atti del IX Convegno per
gli Studi Dialettali Italiani, Pisa, Pacini, 1974, pp. 1939. Gli autori, fondandosi su elaborati di alunni di scuola media
della «campagna padovana» corretti da quattro insegnanti diversi, giungevano alla conclusione che il modello
linguistico proposto, più che l’italiano standard, era «qualcosa di meno definibile, forse etichettabile come “italiano
scolastico”»: ossia «un insieme di arcaismi, termini leziosi o paludati, ridondanze o ingiustificate cesure e sintesi» (p.
22).
36
Palermo, La lingua in agenzia , p. 204.
7
Tentare di rispondere a domande del genere significherebbe rendersi conto di quale sia l’effettivo
modello linguistico scritto proposto ai preadolescenti e agli adolescenti, saggiarne la plausibilità e
l’efficacia ed evitare di fondare le descrizioni linguistiche su àmbiti che, già a priori, non
coincidono con l’italiano scolastico: o perché appartengono alla mobile galassia del parlato o perché
si sgranano lungo l’asse, fittamente parametrato, dei vari usi scritti reali (da una lettera privata a un
trattato di diritto penale).
Naturalmente, impostare una ricerca del genere comporterebbe l’allestimento di un adeguato
corpus, rappresentativo per dimensioni e per variabili. È un lavoro che accarezzo per il futuro; per
ora mi limito a un sondaggio, che tuttavia non credo privo significato. Ho potuto disporre, per la
cortesia di colleghi insegnanti, di un corpus costituito da circa 80 elaborati corretti da almeno otto
docenti diversi e appartenenti a una IV media del Canton Ticino e a una prima superiore di Roma
(Liceo di Scienze Sociali). Gli elaborati si riferiscono agli anni 2004 e 2005; quello ticinese è una
«prova cantonale» unica, 37 quelli romani vertono su argomenti diversi ma in massima parte
gravitanti sul vissuto personale degli alunni; 38 tutti gli studenti hanno un’età media di 14 anni. 39
Una considerazione preliminare. Com’è naturale, esistono vari gradi di rigidità e di
applicabilità della norma linguistica. Il settore ortografico è quello più stabile e quindi le norme
sono fortemente prescrittive: scrivere li ‘lì’, celò ‘ce l’ho’, coppiare, attegiamenti significa incorrere
in un errore conclamato da Bellinzona a Lampedusa (al iudicium dell’insegnante è affidato soltanto
il peso da assegnare all’inevitabile sanzione). 40 Quello lessicale è invece il più soggetto al vario
atteggiarsi del discorso in relazione al tema da svolgere. Una prosa fortemente incardinata sull’io di
un quattordicenne, sulle sue emozioni, sulla sua percezione del mondo non può che modellarsi sulla
griglia lessicale, fraseologica, semantica della sua personale esperienza linguistica, ovviamente
incentrata sull’oralità colloquiale. Si prendano alcuni brani di una “prova cantonale”, correttamente
giudicata “buona” dall’insegnante, che però annota: «Cerca di arricchire il tuo lessico»:
Dopo tre lunghe ore arrivammo in un ristorante [® giungemmo nei pressi di un ristorante], uscimmo fuori
dalla capanna [® all’esterno], Essere con la propria famiglia a vedere [® gustare] quello spettacolo era
proprio bello! [® non si poteva chiedere altro], 41 Mentre stavo guardando [® scrutando] il cielo stellato,
comparve velocemente una stella cometa!
37
Partendo da un racconto di Calvino (L’avventura di uno sciatore), si invitava a raccoglierne gli spunti narrativi,
applicandoli alla propria esperienza personale; riproduciamo solo la prima delle tre tracce proposte: «Un percorso come
quello tracciato sulla neve dalla ragazza è diverso da tutti gli altri perché è originale, creativo, autentico. Anche nella
vita “essere originali” può significare sia essere diversi dagli altri, sia essere realmente sé stessi. Che ne pensi? Parla
della tua esperienza personale».
38
Ad esempio: «Io chi sono, come sono, come vorrei essere», «I primi giorni della nuova scuola: impressioni, timori,
aspettative»; qualche altra traccia fa leva sull’invenzione fantastica («Descrivi un personaggio vero o inventato,
inserendolo in un contesto ecc.») e solo un tema richiede la rielaborazione di contenuti appresi durante lo studio («Le
antiche civiltà fluviali: metti in risalto gli elementi comuni e approfondisci gli aspetti socioeconomici e politici di
almeno una di esse»).
39
Nell’esemplificazione che segue non distinguerò tra i vari insegnanti e mi limiterò a segnalare se l’elaborato
appartiene al corpus ticinese (T) o a quello romano (R); le eventuali correzioni dell’insegnante sono riportate entro
parentesi quadre, precedute da una freccetta; se l’insegnante si limita a indicare l’àmbito linguistico di appartenenza,
questo è sottolineato (per esempio: lessico); se la forma è segnata, senza che sia esplicitato l’errore, in quanto ritenuto
evidente, adopero la formula errato.
40
Qualsiasi insegnante distinguerà tra menda occasionale e isolata (da attribuire a un momento di distrazione o a fretta
nella ricopiatura) e menda sistematica (segno di una regola non assimilata; o meglio, trattandosi di ortografia, di un
automatismo di scrittura non ancora acquisito). Tra le prime, quelle che meritano ulteriori circostanze attenuanti sono
relative al cattivo uso di segni paragrafematici (e in generale l’omissione di un accento è più scusabile dell’accentazione
errata: autorita può scriverlo anche un laureato in un momento di distrazione, fù non dovrebbe permetterselo neanche
un quattordicenne); mentre incorre in un’aggravante la mancata distinzione dei confini di parola: singole scrizioni come
la vevo ‘l’avevo’ e un p’ò ‘un po’ devono essere represse nettamente anche se isolate; se ricorrenti (e non dovute alla
scarsa padronanza di un apprendente straniero) potrebbero essere addirittura allarmanti e far sospettare patologie.
41
Qui oltretutto la correzione è sintatticamente incongrua.
8
Le correzioni proposte, in realtà, non “arricchirebbero” il lessico dell’alunna, ma lo
renderebbero artificioso, inadeguato al tono di rievocazione familiare che la scrivente intende
ricostruire. È indubbiamente importante che un adolescente scolarizzato sappia padroneggiare
sinonimi “di seconda scelta” (perché di registro più sostenuto: giungere; o di minore gittata
semantica: scrutare), ma quando si vuole andare al ristorante è più naturale arrivarci che non
giungerci (e perché poi l’attenuazione nei pressi di un ristorante?); 42 e scrutare implica l’azione di
guardare con particolare attenzione per scoprire qualcosa che non appare a prima vista: «scrutò il
viso di Anna per sorprenderne le vere intenzioni», «scrutare il cielo» detto di un astronomo o anche
di chi voglia prevedere l’avvicinarsi di un temporale (ma non della nostra alunna, al cui sguardo la
stella cadente appare come una sorpresa).
Interventi di questo tipo sono suggeriti dal desiderio – del tutto condivisibile – di
familiarizzare l’alunno con le strutture proprie della lingua scritta, quelle che per l’appunto la scuola
ha il dovere di insegnare a maneggiare, a partire dalla precisione terminologica contrapposta alla
fisiologica approssimazione propria della lingua orale. Però, finché la prova scritta è di impianto
intimisticoautobiografico, deve prevalere l’esigenza di un registro stilisticamente omogeneo, a
partire dal lessico adoperato. Si resta dunque un po’ perplessi di fronte alle frequenti correzioni in
senso aulicizzante, o comunque in direzione di una lingua inutilmente impettita e libresca. Eccone
un campionario:
[R]: Sembra che sia passato [® trascorso] già un mese; mi piace molto fare religione [® frequentare
le lezioni di]; Quest’anno frequento il I° Superiore [® anno della scuola superiore]; 43 qualcuno fa [®
pratica] sport; penso che alla fine dell’anno imparerò moltissime cose [® lessico], il motore si è acceso [® è
stata ingranata la marcia], Purtroppo nei temi [® nei compiti scritti] io non riesco a esprimermi come vorrei;
[T]: anche se eravamo un po’intimidite, abbiamo fatto [® posto] milioni di domande; Io sono una
sportiva, faccio [® lessico] atletica; mio padre ci disse che il giorno dopo [® successivo] ci avrebbe portati
in un altro posto per pescare; lo tirai su con le mani [un pesce, ® issai]; Senza neanche togliere l’amo dalla
bocca del pesce, corsi a casa e lo feci vedere [® mostrai] a mio padre; io e mia sorella ci guardammo e tutte
e due diventammo rosse dalla vergogna [® Entrambe arrossimmo], Quando tornai al mio appartamento [®
raggiunsi il]; lei mi ha presentato il suo fratellino che ci ha “rotto le scatole” tutta la giornata [® lessico]; ci
pensai su [® dialetto] per tre o quattro giorni.
Qualche volta l’alunno stesso cerca, con le modeste risorse a sua disposizione, 44 di attingere
livelli libreschi, con risultati involontariamente comici: «dovetti subito cambiare banco e situarmi al
banco davanti» [corsivo mio; nessun intervento dell’insegnante] (R); o comunque incongrui e
affettati: «i miei compagni di classe non davano alcun cenno di aiuto verso i miei confronti» [come
sopra] (R); «A me piace molto il protagonista Riccardo Scamarcio nel ruolo di Step, egli è alto,
occhi verdi [® ha gli occhi verdi] e i capelli mori» (R). 45
Ancora al lessico si richiama la lotta alle ripetizioni; lotta meritoria, beninteso, come quella
che sottolinea un aspetto caratteristico della lingua scritta: il nitore e la variazione nelle risorse
lessicali impiegate. Si tratta, come sempre, di mettere a fuoco la tipologia dei testi (raccontare una
cotta adolescenziale non è lo stesso che disquisire sulle cause della rivoluzione francese) e di
gerarchizzare le norme. Di fronte al collasso dei requisiti primari di un testo, o per l’incapacità di
individuare i costituenti elementari del discorso (mancata divisione delle parole) o per la
42
Giungere è verbo altrettanto o persino più indicato di arrivare in riferimento a concetti astratti e in un ambiente
lessicale e sintattico sostenuto (dunque in contesti ben diversi dal nostro): «riuscì a giungere in pochi mesi alla perfetta
padronanza della lingua fino ad allora ignorata», «durante guerre e carestie si può giungere a livelli impensabili di
abiezione», «giungeva dal salone il suono appena attenuato del pianoforte».
43
Sarebbe stato opportuno piuttosto segnalare una minuzia ortografica: ai numeri romani non si deve apporre la
letterina in esponente ( o , a ) che indica l’ordinale: quindi 1° Superiore, ma I Superiore.
44
Magari con la consultazione acritica di un dizionario di sinonimi.
45
Da notare invece l’omessa correzione della virgola dopo Step, che andava sostituita con un segno di pausa medio
forte (due punti o punto e virgola).
9
compromissione della coerenza testuale (incapacità di tradurre in modo limpido il proprio pensiero),
una violazione di questo saggio principio retorico deve essere considerata veniale. Due esempi (T;
alunni entrambi non madrelingua):
Quando ero arrivato sulla pista da sci non cerano nuvole, solo un immeso sole, quando [® ripetizione] notai
una ragazza bellissima. La ragazza [® ripetizione] la vevo notata perché era vestita in modo che spiccava. 46
Solo dopo un po’ ho capito perché loro [® cancellato] non avevano visto niente. La mia amica continuava a
guardare uno di loro [® un ragazzo] e quelli [® i ragazzi] guardavano [® ripetizione] una ragazza che era
un po’ lontana e faccevano i scemi [® errato faccevano, i; scemi ® sciocchi]. 47
Anche alcune correzioni di tipo grammaticale tendono a privilegiare forme libresche, pur in
presenza di alternative del tutto acclimate in qualsiasi registro linguistico (ma va detto che i dati che
risultano dal mio corpus, specie dalle prove ticinesi, sono più equilibrati rispetto al quadro delle
scuole valtellinesi delineato dalla Cagnazzi):
Pronomi personali (loro censurato come soggetto): per farsi notare e dimostrare che anche loro [®
essi] valgono qualcosa (T);
Pronomi dimostrativi (questi in funzione di soggetto maschile singolare): Questo 48 sottomise i
Mesopotamici [® Questi] (R); aveva trovato l’uomo giusto e voleva sposarlo, ma questo [® errato] non era
affatto contento (R);
Pronomi relativi (che invariabile nelle indicazioni temporali): quelle poche volte che [® errato] vado
mi diverto (T);
Dislocazioni a sinistra: io Roma la conosco abbastanza bene, ma l’Italia l’ho visitata ben poco [®
gramm. (pronomi)] (R); Natalia la conoscevo già perché abbiamo frequentato la 5 a elementare insieme [®
gramm. (pronomi)] (R); queste persone, io le ammiro molto [® sintassi] (T); Questa professione l’avevo già
scelta da circa due o tre anni [® sintassi] (T).
46
Sono debitamente sottolineati dall’insegnante anche cerano, immeso (che sarà una semplice svista: ma è bene
abituare gli alunni all’attenzione e non abbandonarsi all’indulgenza per gli “errori di distrazione”) e la vevo; in margine
alla sequenza La ragazza … spiccava una linea ondulata segnala una non accettabilità complessiva, dichiarata
dall’aggiunta Frase. In realtà, il difetto dei due quando in successione non è legato alla “ripetizione” della stessa parola,
ma semmai alla mancata individuazione dell’elemento circostanziale rispetto all’informazione saliente espressa dalla
reggente (avrebbe funzionato un «Quando arrivai sulla pista, notai una ragazza»; oppure, pigiando il pedale della
rievocazione di sensazioni ed emozioni: «Arrivai sulla pista: non c’erano nuvole ecc.; a un certo punto / subito /
improvvisamente notai» ecc.). Quanto a la ragazza , qui la “ripetizione” è del tutto appropriata; in ogni caso l’alternativa
poteva essere rappresentata dalla semplice omissione («L’avevo notata perché» ecc.), non certo dal ricorso a
improbabili coesivi.
47
Anche in questo caso i guasti effettivi si situano a livello delle strutture elementari: ortografia (faccevano, per influsso
di faccio) e distribuzione degli articoli. La ripetizione di guardavano mi sembra del tutto innocente (e non c’è De
Gregori che canta «Alice guarda i gatti e i gatti guardano nel sole»…?); in ogni caso non si capisce perché sia
censurabile nel caso di guardavano e sia meritoria nel caso di ragazzoragazzi, forme introdotte dall’insegnante. Quanto
a fare lo scemo, si tratta di un’espressione idiomatica colloquiale che qui vale ‘mettersi in mostra, richiamare
l’attenzione con atteggiamenti eccessivi, con l’intento di far colpo sulle ragazze’ e non c’è necessità di sostituirla.
48
Ci si riferisce a Hammurabi (anzi: Hammurabbi).
49
I due punti dopo utile sarebbero stati preferibili (la dimessa quotidianità della frase rende più adeguata una
giustapposizione); in ogni caso andava esplicitato il rapporto logico sotteso da però che, in questa versione, è
10
felice di aver seguito il suo consiglio [® congiunzione specifica] lei è stata l’unica professoressa che ha
creduto in me e che mi ha sostenuto fino alla fine; ero molto agitato al pensiero di conoscere nuovi compagni
e nuovi professori, [® congiunzione specifica: anche se] per fortuna mi ero iscritto insieme ad un mio amico
ed insieme a lui iniziammo questa nuova esperienza. 50
Sia chiaro: la presenza di correzioni particolari discutibili non deve compromettere il quadro
d’insieme, che nel complesso testimonia una buona capacità di valutazione da parte degl’insegnanti,
per le seguenti considerazioni:
a) il giudizio d’insieme è generalmente equilibrato e semmai tende a essere fin troppo
benevolo per quanto riguarda le carenze ortografiche e interpuntorie, che pure vengono rilevate
(sistematicamente le prime, abbastanza largamente le seconde): in nessun caso insomma
l’emersione della lingua colloquiale, pur tendenzialmente repressa anche in temi così orientati sul
privato, compromette di per sé il risultato finale o mortifica l’alunno;
b) il forte tasso d’interventismo ha comunque un suo valore sul piano didattico e pedagogico:
da un lato abitua l’alunno a maneggiare con attenzione uno strumento così delicato come la scrittura
e a non considerare il tema come una specie di Hyde Park Corner in cui tutto sia lecito e si possa
parlare a ruota libera; dall’altro, lo fa sentire al centro dell’attenzione dell’insegnante (si tratti pure
di un’attenzione critica) e dunque lo motiva;
c) accanto ad alcuni interventi non opportuni, non va trascurata la grande massa di correzioni
appropriate: a parte quelle ovvie, che qualsiasi insegnante apporrebbe (tranne che ceda a un
momento di distrazione o di noia), va segnalata la prescrizione del passato remoto, un tempo non
usuale nel parlato né nel Ticino né a Roma.
Il caso è un po’ diverso dalla difesa di certi pronomi o dal rifiuto delle tematizzazioni. Come
per il congiuntivo, ben vivo nella lingua sorvegliata, anche il passato remoto è tuttora un tempo che
ha corso nella scrittura. In riferimento ad azioni recenti, anche se perfettamente concluse, non si
adopera più: allo spagnolo «Ayer fuimos al cine» corrisponde nel parlato degli italiani
settentrionali, centrali e in parte anche altomeridionali solo «Ieri siamo andati al cinema». Però, il
passato remoto resta la scelta d’elezione della prosa informativa per richiamare un’azione puntuale
avvenuta tempo fa: possiamo ben leggere un romanzo in cui anche per eventi conclusi nel passato si
impieghi solo il passato prossimo, ma è più difficile aprire un giornale in cui il passato remoto non
ricorra mai. Facciamo una prova, sfogliando il «Corriere della Sera» del 9 aprile 2006 (il giorno in
cui sto scrivendo questa pagina; corsivi miei):
Gli articoli orientati sull’attualità generalmente evitano il passato remoto, proprio per il declino del suo
valore aspettuale in relazione ad eventi recenti: così nell’editoriale di Alberto Ronchey su quello che sarebbe
stato il quadro politico postelettorale (per esempio, in riferimento alla campagna elettorale appena conclusa:
«Romano Prodi, sebbene per indole così tranquillo, ha insultato un ministro. Silvio Berlusconi, più che mai
esuberante, ha ingiuriato persino i tendenziali elettori della parte avversa»); in un articolo di Stefania
Tamburello sul vertice dei governatori delle banche centrali (titolo: «Draghi: segnali di ripresa, l’economia
migliora»); nella cronaca del funerale di un bambino assassinato dai rapitori firmata da Marco Imarisio
(titolo: «Cinquantamila per l’addio a Tommy / È venuto un orco e l’ha portato via»). Ma il passato remoto
compare in relazione a eventi del passato in varie occasioni: per esempio, in un reportage di Ettore Mo sui
problemi ecologici del lago Baikal (titolo: «Per l’“ Occhio Azzurro” / la Siberia teme / un nuovo Gengis
Khan»: «il baratro – ti spiegano al Museo dell’ecologia di Baikalsk – fu colmato da una massa d’acqua pari a
quella “trasportata” da tutti i fiumi della terra durante un intero anno»; «ai primi anni Settanta quando […]
venne approvato e realizzato il “faraonico” progetto della ferrovia BaikalAmur», «Un delitto che suscitò
l’indignazione e la rabbia di Grigorij Galazyi»); oppure in articoli della pagina culturale: già nel titolo di un
incongruo, non essendoci nessuna implicazione avversativa (manca l’indispensabile anello intermedio: la relazione è
noiosa o faticosa, però per noi alunni è utile).
50
Qui – fermo restando che la giustapposizione scandita da un segno d’interpunzione intermedio sarebbe stata più
adatta – è oltretutto incongruo il connettivo proposto: la seconda proposizione non introduce una subordinata
concessiva, ma semmai una coordinata avversativa (ero agitato, ma per fortuna l’essermi iscritto con un mio amico ha
reso le cose più semplici).
11
articolo di Stefano Bucci («E Tiziano prese in giro il maestro Bellini»; soprattitolo: «Rinascimento Il
giovane lanciò la sfida per conquistare il Duca d’Este. Una mostra a Washington»; sottotitolo: «Nel
“Baccanale” riprese ironicamente i soggetti del “Festino”») 51 e in un intervento del giurista Michele Taruffo
sulla figura di Calamandrei (titolo: «Quel codice non era fascista»: «il fascismo non elaborò mai una
specifica ideologia del processo civile», «la vicenda che portò alla redazione del Codice del ’40», «la ragione
per cui fu chiamato a lavorare alla redazione del Codice» ecc.). Il passato remoto viene inoltre
apprezzabilmente adoperato in contrasto aspettuale col passato prossimo in relazione alla cronaca politica
recente in una nota di Massimo Gaggi (titolo: «I danni di un’Italia da operetta»: «Due mesi fa […] il nostro
ministro dell’Economia reagì con comprensibile irritazione, ma andò oltre il segno: il suo “se ne torni in
Turchia” ha indotto molti economisti stranieri a dare la loro solidarietà a Rubini»).
Sic stantibus rebus, è forse bene che la scuola favorisca l’uso del passato remoto anche in
un àmbito – quello del racconto di proprie esperienze – in cui l’uso spontaneo prevede il passato
prossimo: qui infatti non si crea un uso artificioso, ma si tiene in vita un uso che, in altri contesti (la
storia), sarebbe ancora praticato abitualmente. 52
Che l’uso del passato remoto sia arduo anche per studenti madrelingua lo mostrano i
frequenti errori degli alunni: muorì, rimanei, sentì ‘sentii’ (R), ci divertemmo, riconoscei, tolsimo
(T). Ma preferisco notare, invece, la buona tenuta di questo tempo verbale negli elaborati ticinesi; è
un segno evidente di come la scuola sia riuscita a far passare questa struttura nell’orizzonte
linguistico dei discenti (qualche volta persino con sovraestensioni ipercorrettive). Alcuni esempi:
a) Due anni fa andai in Francia, più precisamente a Marsiglia. Era da tanto tempo che io e mia madre non
trascorrevamo una bella vacanza insieme; ma una volta arrivati, il mio istinto di adolescente mi separò da lei;
b) Allora quando fu solo gli chiesi se aveva ricevuto tutti i miei messaggi e lui disse di sì. A quel punto lo
guardai interrogativamente e gli dissi che lui mi piaceva tanto; c) Una mattina iniziò a piovere, sembrò [®
sembrava] una tempesta, quasi grandinava; d) Volevo arrivare al bordo prima di lui, e nuotando in modo così
veloce andai a sbattere contro una ragazza, che sentendo la botta alla testa cominciò a farfugliare parole in
tedesco! Il ragazzo vedendo la scena fece un sorriso sotto i baffi quasi divertito; di certo non ero passata
inosservata!
Le prescrizioni sulle quali mi sono soffermato rientrano in quella che ho chiamato la norma
sommersa. I linguisti tendono a dare per morte o languenti forme in realtà ancora additate come
norma (come i pronomi personali soggetto egli, ella ) o addirittura usate, e abusate, autonomamente
dagli stessi alunni (il passato remoto). Il lessico libresco, sul quale ha ironizzato in tante occasioni
Tullio De Mauro fin dagli anni Sessanta, è in realtà vivo e vegeto anche in una scuola in cui la
distanza reverenziale tra discenti e docenti non esiste più e questi chiamano quelli per nome, 53
badando – ancora prima che a sanzionarne le carenze di preparazione o di applicazione – a non
turbare con atteggiamenti repressivi la loro personalità in formazione.
Ci si può chiedere quanto di questa norma sommersa sedimenti nella coscienza linguistica
degli alunni, una volta diventati adulti. Difficile dirlo. Probabilmente, questo patrimonio sarà
dissipato nelle fasce marginali: la fascia bassa di studenti che perderanno ogni contatto con la
cultura scritta, andando incontro a fenomeni più o meno accentuati di regressione; e la fascia più
alta, che con uso più maturo e consapevole della lingua imparerà a gestirne le varie sfumature e a
51
Questi esempi (azioni compiute da personaggi del passato definiti nella loro storicità) sono gli unici in cui il passato
remoto non è virtualmente sostituibile col passato prossimo, ma solo col presente storico.
52
Ciò vale per l’insegnamento dell’italiano a studenti madrelingua o a stranieri scolarizzati in ambiente italofono; per
l’insegnamento a stranieri fuori d’Italia, credo che le forme e l’uso del passato remoto non debbano essere tra i primi
argomenti da trattare parlando di verbi (a differenza di quel che avverrebbe con l’inglese o lo spagnolo) e, per quanto
riguarda alcuni verbi irregolari non di uso comune in quel tempo (cuocere, scindere), nemmeno il secondo o il terzo.
Per qualche considerazione in merito mi permetto di rinviare al mio Insegnare l’italiano, oggi, «Nuova Antologia», n°
2227, lugliosettembre 2003, pp. 6268; interessanti riflessioni applicate alla didattica del passato remoto a italofoni
sono in Maria G. Lo Duca, Esperimenti grammaticali, Roma, Carocci, 2004, pp. 13742.
53
Qualche volta vale persino l’inverso.
12
violare, all’occorrenza, anche certe prescrizioni apprese a scuola. Nel mezzo, c’è una quantità
indefinibile di individui ai quali la scuola ha assicurato – magari con qualche eccesso e qualche
grettezza – un contatto con la lingua scritta, o almeno con l’immagine deformata che appare nei
temi. Non è molto, certo, e non è l’ottimo; ma è qualcosa.
Luca Serianni
13
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 41
Titolo: La norma
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 42
Titolo: La sociolinguistica
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 42
Titolo: La sociolinguistica
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 42
Titolo: La sociolinguistica
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 43
Titolo: L'analisi della conversazione
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 43
Titolo: L'analisi della conversazione
Attività n°: 1
Attività di preparazione
1
A Fa tanto caldo, non trova?
B Sì certamente.
A Questo treno è sempre molto caldo.
B Il riscaldamento non funziona bene.
A Nei treni il riscaldamento non funziona mai bene.
2
A Caldo, no?
B Ci hai ragione.
A È proprio un forno
B ‘Sto riscaldamento non va.
A Ci fosse una volta che trovo un treno col riscaldamento che va.
Beh, apri il finestrino!
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 43
Titolo: L’analisi della conversazione
Attività di preparazione
Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 44
Titolo: Varietà, repertorio e registri
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 44
Titolo: Varietà, repertorio e registri
Attività n°: 1
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 44
Titolo: Varietà, repertorio, registri
Pag.
‘Code switching’ e teoria linguistica: la situazione italo-
romanza
1. Introduzione
Rivista di Linguistica 17.1 (2005), pp. 179-208 (ricevuto nel settembre 2005)
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
180
‘Code switching’ e teoria linguistica
181
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
182
‘Code switching’ e teoria linguistica
183
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
184
‘Code switching’ e teoria linguistica
185
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
186
‘Code switching’ e teoria linguistica
187
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
188
‘Code switching’ e teoria linguistica
3. Prospettiva grammaticale
189
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
190
‘Code switching’ e teoria linguistica
191
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
(10) (swahili/inglese)
Ile m-geni, hata si-ku-comment
DIM/CL9 L1/S-visitatore nemmeno 1S/NEG-PASS/NEG-com-
ment(are)
‘Quel visitatore, non commentai nemmeno’
(11) (norvegese/turco)
kiøkken-de herkes-in oppgave-si vard-di
cucina-LOC tutti-GEN dovere-POSS esist-PASS/1PL
‘Tutti fanno il proprio dovere in cucina’
192
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
(10) (swahili/inglese)
Ile m-geni, hata si-ku-comment
DIM/CL9 L1/S-visitatore nemmeno 1S/NEG-PASS/NEG-com-
ment(are)
‘Quel visitatore, non commentai nemmeno’
(11) (norvegese/turco)
kiøkken-de herkes-in oppgave-si vard-di
cucina-LOC tutti-GEN dovere-POSS esist-PASS/1PL
‘Tutti fanno il proprio dovere in cucina’
192
‘Code switching’ e teoria linguistica
193
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
194
‘Code switching’ e teoria linguistica
195
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
196
‘Code switching’ e teoria linguistica
4. Conclusione
197
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
198
‘Code switching’ e teoria linguistica
Note
* Sebbene il presente contributo sia frutto di un lavoro comune, i paragrafi 1 e 2
sono da attribuirsi a Massimo Cerruti e i paragrafi 3 e 4 a Riccardo Regis.
1
Si veda, per una breve rassegna bibliografica, Berruto (2002: 480 e 2004a: 67-
69).
2
A fini per lo più descrittivi ed esplicativi, l’ampia gamma di significati e valori
funzionali riscontrati è classificabile secondo categorie o tipi differenti: tra le
altre, mentre la distinzione indicata da Gumperz tra CS situazionale e CS
metaforico (v. Gumperz 1982: 71ss) è risultata essere difficilmente applicabile al
caso italiano (cfr. Trumper 1984: 35ss. e Berruto 1985: 59n), la dicotomia proposta
da Auer tra CS connesso ai partecipanti e CS connesso al discorso (cfr. Auer 1984,
1995 e 1998) è stata invece seguita e adottata anche in studi sulla situazione ita-
liana (si veda, tra gli altri, Alfonzetti 1992).
3
Lavori a cui si rimanda per un’analisi più approfondita e per un’esemplifica-
zione completa della svariata gamma di valori funzionali del CS italiano-dialetto,
in situazioni regionali differenti.
4
Da una recente indagine condotta nella Svizzera italiana su un campione di
99 giovani di età intorno ai 18 anni (Antonini & Moretti 2000: 57-86), nella quale
si chiedeva agli informatori di esprimere giudizi espliciti su varietà di italiano e
sul dialetto, emerge però come i giovani ticinesi rivelino globalmente un atteggia-
mento negativo nei confronti del CS – benché, se dialettofoni, se ne servano fre-
quentemente – adducendo motivi di stampo principalmente puristico (“primo fra
tutti quello dettato dalla preoccupazione di tenere separati i due codici per preser-
varne l’integrità”, Antonini & Moretti 2000: 85) e mostrando di avere una visione
sostanzialmente ‘difettiva’ del CS (per cui questo “sarebbe una conseguenza o
della incapacità di tenere separati i codici o della scarsa competenza in una delle
due lingue coinvolte”, Antonini & Moretti 2000: 81).
5 Si è scelto di riportare in corsivo le parti in dialetto e in tondo le parti in ita-
liano. Nella citazione degli esempi, si sono mantenute le convenzioni trascrittive
adottate nei lavori originari.
6
Alfonzetti parla di “condizioni di […] neutralità sociolinguistica” (Alfonzetti
2001: 260; ma si veda anche Alfonzetti 1996).
7
Ciò è generalmente dimostrato in diversi contesti regionali italiani (cfr., tra gli
altri, Berruto 1985 e 1990, Giacalone Ramat 1995, Sobrero 1992, Alfonzetti
1998).
8
L’uso del dialetto era preferito all’italiano anche in situazioni di formalità
relativamente alta (cfr. Moretti & Antonini 2000: 219) e con interlocutori scono-
sciuti o stranieri (cfr. Bianconi 1980: 102 e Moretti 1999: 58 e 60).
9
La vitalità del dialetto nella Svizzera italiana è legata al perdurare di alcuni
valori tradizionali di fondo e all’esigenza di conservazione e affermazione della
propria identità, ed è connessa anche a ragioni storico-politiche di reazione all’im-
perialismo nazifascista, prima, e di chiusura anticulturale e antiitaliana, poi (cfr.
199
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
Bianconi 1980: 251-252). Negli ultimi anni, però (anni in cui si registra un forte
calo della dialettofonia), l’identità ‘tradizionale’ ticinese si è sempre più “allonta-
nata dalla realtà degli abitanti, che a loro volta ne hanno preso coscienza più
esplicitamente, [e] anche l’atteggiamento anti-italiano sembra essersi in parte
attenuato” (Moretti 1999: 66).
10 Interessante, da questo punto di vista, è anche il caso di contatto tra italiano e
dialetto in situazioni di emigrazione (cfr. per una rassegna bibliografica Bettoni
2001, per una panoramica generale Bertini Malgarini 1994, Haller 1997 e De
Fina-Bizzoni 2003, e per una ricerca specifica, tra le altre, Grassi & Pautasso
1989 su lingue e dialetti dell’emigrazione biellese).
11
Per un confronto tra il concetto di scelta di preferenza riferito alla situazione
italiana e il concetto di scelta non marcata del Markedness Model si rimanda a
Giacalone Ramat (1991: 202-203).
12
Si hanno anche casi di interazione bilingue asimmetrica in cui i codici coinvol-
ti sono, anziché italiano e dialetto, due dialetti differenti (cfr. Grassi 1989:241-242
e Giacalone Ramat 1991: 211-213).
13 In riferimento alla situazione italiana, scegliendo invece di considerare delle
sottocategorie della diglossia (intesa sempre in senso largo), Trumper riconosce
tipi diversi di code switching in relazione alla differente vitalità sociolinguistica
del dialetto come caratteri definitori della macro-diglossia o della micro-diglossia
(cfr. Trumper 1977 e 1984). Per una discussione critica si vedano Sobrero (1994:
40-41) e Berruto (1995: 236-237).
14
Tanto più che al contatto italiano-dialetto, vista la relazione asimmetrica tra i
due codici, può essere adattata per i processi di language shift la stessa cornice
interpretativa relativa alle lingue minoritarie (cfr. Giacalone Ramat 1995: 60).
Per una riflessione sulle relazioni tra commutazione di codice e processi di sosti-
tuzione di lingua in Sardegna, cfr. Rindler Schjerve (1996 e 1998).
15
Sobrero (1992a e 1994) riconosce per l’area salentina un modello rurale di code
switching, che comprende tipi diversi di comportamenti riconducibili a tipi diversi
di parlanti (dialettofono monolingue, bilingue e mixer), e un modello urbano,
caratterizzato dalla prevalenza, soprattutto nelle produzioni linguistiche dei gio-
vani, di commutazioni di codice inter-frasali (realizzate come semplici inserti dia-
lettali all’interno di una struttura linguistica italiana) con funzioni pragmatiche
circoscritte e marginali. In città al cui interno esistono però aree dove si conserva-
no rapporti interpersonali tradizionalmente tipici di comunità rurali, l’uso di ita-
liano e dialetto non si può dire rigidamente conforme al modello urbano ma pre-
senta caratteristiche di entrambi i modelli (cfr., sempre per l’area salentina,
Miglietta 1996, e per una situazione regionale diversa, Cerruti 2003).
16 A questo proposito, un ruolo cruciale può essere giocato dai fenomeni di trigge-
ring, uno dei fattori che più favoriscono la commutazione italiano-dialetto e che,
nel lungo periodo, potrebbero condurre alla convergenza tra sistemi (cfr.
Giacalone Ramat 1995: 59).
17
“Come ci insegna la sostratistica tradizionale, e come conferma lo stesso
Labov […], anche i processi di uniformazione linguistica […] spostano la variazio-
ne all’interno della lingua vincente” (Mioni 1991: 18).
18
Per una panoramica bibliografica, rimandiamo nuovamente a Berruto 2004a.
19
Myers-Scotton 2002 individua due tipi di morfema: il morfema di contenuto e
il morfema sistematico (con ulteriori sottocategorie). Mentre il primo è general-
mente caratterizzato dai tratti [+ Assegnatore/Ricevitore di Ruolo Tematico] e [-
Quantificazione], il secondo è contraddistinto dai tratti [- Assegnatore/Ricevitore
di Ruolo Tematico] e, tendenzialmente, [+ Quantificazione]).
20
Nel 4-M(orpheme) Model, che a partire da Myers-Scotton & Jake 2000 arric-
chisce e completa il Matrix Language Frame Model, questo tipo di morfema siste-
200
‘Code switching’ e teoria linguistica
matico è detto “tardivo esterno” (outside late); gli altri morfemi sistematici, “pre-
coce” (early) e “tardivo ponte” (bridge late), sono di preferenza forniti dalla LM,
ma possono anche provenire dalla LI (cfr. anche Myers-Scotton 2001, 2002). Le
etichette ‘precoce’ e ‘tardivo’ fanno riferimento al livello della produzione linguisti-
ca (lemmatico o funzionale) in cui il morfema viene attivato; in altre parole, i mor-
femi di contenuto e i morfemi sistematici precoci saranno attivati già al livello
lemmatico, i morfemi sistematici tardivi al livello funzionale.
21 Negli esempi che seguono, la presenza di omofoni nei punti di passaggio da un
codice all’altro è stata segnalata mediante il maiuscoletto.
22 Merita una segnalazione il contesto morfo-sintattico in cui bocale è inserito,
fare specie + SN, che in italiano standard suonerebbe fare una specie di + N. La
costruzione attestata da Alfonzetti non crediamo sia tuttavia da attribuire all’ita-
liano regionale siciliano né ad una varietà della lingua nazionale particolarmente
marcata in diastratia, trovando essa riscontro nel “giovanilese” fare tipo + SN (ad
esempio, faceva tipo un boccale: cfr. Ambrogio & Casalegno 2004, s.v. tipo). Specie
e tipo acquistano insomma, nel caso citato da Alfonzetti così come nel linguaggio
giovanile, un ruolo meramente preposizionale.
23
Come suggerisce Halmari 1997, esiste una relazione tra la ricchezza della
morfologia flessionale delle lingue coinvolte e il loro comportamento nel CS: se il
rapporto asimmetrico fra codici poggerà preferibilmente sulla ricchezza morfologi-
ca di una delle lingue commutate, quello simmetrico avrà luogo fra codici con
morfologia flessionale considerevolmente meno ricca. In particolare, le coppie di
codici più inclini a sviluppare un rapporto asimmetrico saranno quelle formate da
una lingua con indice di sintesi molto elevato (per esempio, lingue agglutinanti
come finlandese, swahili, ecc.) e una lingua con indice di sintesi molto basso (per
esempio, cinese, inglese, ecc.); la prima si identificherà con la LM, la seconda con
la LI. Ne discende che il CS è tipologicamente, oltreché socialmente, condizionato.
24
Il corsivo individua, in (10), i morfemi inglesi, in (11), i morfemi norvegesi.
25
È stato tuttavia suggerito di valutare l’apporto dei due codici piuttosto in base
al computo delle parole che non dei morfemi (cfr. Bentahila & Davies 1998,
Berruto 2001).
26
Si è fatto spesso notare come la nozione di nonce borrowing costituisca un
escamotage per la Free Morpheme Constraint; pure il raffinato approccio minima-
lista di MacSwan risulterebbe inficiato dall’occorrenza di parole ibride – “code
switching below X0 is not permitted, since X0s are inputs to PF [Phonetic Form]”
(MacSwan 2000: 45) –, se esse non venissero etichettate in toto come prestiti della
radice lessicale.
27
Un’altra proposta denominativa potrebbe consistere nel riservare l’etichetta di
ibridismo al solo ibridismo [A] e di ibridazione (= processo attivo che porta alla
parola ibrida) all’ibridismo [B].
28
Mentre il CS giustappone le lingue coinvolte, consentendo l’individuazione di
segmenti chiaramente attribuibili ad un codice piuttosto che all’altro, l’ibridismo
combina morfemi lessicali e grammaticali provenienti da lingue diverse, lasciando
intendere almeno un certo grado di fusione fra codici.
29
Si noti, per inciso, che la stessa informatrice produce poco più avanti il SN
reggipetti sofisticati, in cui è impossibile stabilire l’appartenenza di reggipetti ad
un codice piuttosto che all’altro. La parola reggipetti è il plurale tanto di reggipet-
tu quanto di reggipetto: essa potrebbe essere analizzata come il triggering per sofi-
sticati, oppure essere essa stessa il risultato di un triggering, ad opera dei deter-
minanti tutti sti. Sulla nozione di triggering, si veda Clyne (1967, 1987).
30 Nel contatto italiano-piemontese, il passaggio da u dialettale ad o italiana è
una borrowing routine ormai consolidata; la conservazione del nesso s-c ([st∫]) è
altresì abbastanza comune (cfr. la pronuncia regionale di scentrare, [st∫en’trare], e
scervellare, [stʃervel:’are], vs. it. st. [∫en’trare] e [∫ervel:’are]).
201
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
Summary
Riferimenti bibliografici
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evidence from aphasia, code switching, and second-language acquisi-
tion”, Linguistics 38: 1053-99.
NICOL Janet, ed. (2001), One mind, two languages, Oxford, Clarendon Press.
206
‘Code switching’ e teoria linguistica
207
Massimo Cerruti & Riccardo Regis
208
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 45
Titolo: Lingua e dialetto
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 45
Titolo: Ripasso
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 46
Titolo: Ripasso
Attività di preparazione
Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 46
Titolo: Ripasso
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Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 47
Titolo: Dal latino all'italiano
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 47
Titolo: Dal latino all'italiano
Attività n°: 1
dal latino
Il sistema
Il sistema vocalico
vocalico
La lingua che noi oggi parliamo è il risultato di un lento, graduale sviluppo che il latino ha subìto nel tempo. All’ori-
gine di tale sviluppo si pone soprattutto l’uso quotidiano della lingua nella comunicazione orale, con le inevitabili mo-
dificazioni dovute a varietà regionali e sociali e all’influsso di altre lingue. Non indifferente inoltre, nell’evoluzione della
lingua, fu l’apporto del cristianesimo, che, rivolgendosi soprattutto ai ceti più umili e adottando un linguaggio sem-
plice e popolare, ha operato in questo senso a livello lessicale, morfosintattico e fonetico. I mutamenti fonetici che
hanno interessato a partire dal V secolo d.C. sia il sistema vocalico sia il sistema consonantico nel passaggio dal la-
tino all’italiano sono vari e complessi e non è possibile definirli con norme puntuali e assolute. Ci limiteremo per-
tanto a presentare in questa sede alcuni esempi significativi del sistema vocalico.
Nell’ambito del vocalismo, il fenomeno più interessante è il passaggio dal sistema quantitativo, fondato sulla diffe-
renza di quantità (breve-lunga), al sistema qualitativo, fondato sulla differenza di timbro della vocale. Sulla base di
tale fenomeno le vocali lunghe, rimaste in genere invariate, furono pronunciate chiuse; quelle brevi, più soggette a
mutamenti, furono pronunciate aperte.
Latino ī ĭ ē ĕ ā ă ŏ ō ŭ ū
Italiano i é è a ò o u
Com’è facile notare dalla tabella, il sistema vocalico latino dispone di dieci suoni vocalici (per ogni vocale abbiamo
la possibilità della breve oppure della lunga), mentre il sistema vocalico italiano presenta solo sette suoni (scomparse
le differenze di quantità, abbiamo la possibilità di un doppio timbro – chiuso oppure aperto – soltanto per le vocali
e e o).
Esemplifichiamo ora i mutamenti più significativi che le vocali in sillaba tonica (cioè accentata) hanno subìto nel
passaggio dal latino all’italiano.
i lunga (ī) rimane in genere i:
līnea(m) > linea fīne(m) > fine pīnu(m) > pino
i breve (ĭ) diviene per lo più é:
fide(m) > féde nive(m) > néve
cinere(m) > cénere silva(m) > sélva
Nei derivati di origine dotta, tuttavia, la i breve rimane i: cinereo, silvestre, silvano.
e lunga (ē) rimane generalmente é:
vēna(m) > véna vēlu(m) > vélo timēre > temére
e breve per natura (ĕ) diventa
– ie in sillaba aperta:
lĕ-ve(m) > lieve dĕ-ce(m) > dieci dĕ-di(t) > diede
pĕ-de(m) > piede fĕ-ru(m) > fiero
– e aperta (è) in sillaba chiusa:
sĕp-te(m) > sètte fer-ru(m) > fèrro ten-eo > tèngo
– i davanti a vocale con cui non forma dittongo:
dĕu(m) > dio mĕu(m) > mio
a breve (ă) o lunga (ā) rimane a:
fāma(m) > fama pāne(m) > pane
făme(m) > fame căne(m) > cane
1 D. CHILLEMI – M. CHIARELLO, Lingua communis © SEI 2011
unità 1 dal latino all’italiano – il sistema vocalico
Attività di preparazione
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Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 48
Titolo: Dal latino all'italiano 2
Attività n°: 1
Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 48
Titolo: Dal latino all'italiano 2
Attività n°: 1
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