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Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO

Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE


Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

indirizzo e-mail:
paolo.nitti@uniecampus.it

SI RICORDA AGLI STUDENTI CHE IN BASE


ALLA COMUNICAZIONE DI SEGRETERIA
DEL 12/12/2013, I DOCENTI SONO
CONTATTABILI ATTRAVERSO IL SISTEMA
DI MESSAGGISTICA DELLA
PIATTAFORMA.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

Orario ricevimento on line: il martedì dalle


9.30 alle 10.30. Per ragioni legate agli
impegni istituzionali e scientifici, si
raccomanda di contattare
preliminarmente il docente per
concordare un appuntamento o per
prenotarsi al ricevimento. Il docente
riceve anche al di fuori dell’orario
stabilito, previo accordo.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

Presentazione del corso

Il corso «Linguistica generale» intende


illustrare i principali paradigmi di analisi e
di descrizione delle lingue e delle loro
proprietà, affinando la sensibilità e le
competenze dei corsisti.
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Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

Presentazione del corso


Le lezioni sono suddivise per blocchi tematici:
- Le proprietà della lingua (lezioni 1-5);
- Distinzione fra fonetica e fonologia (lezioni 6-12);
- Analisi morfosintattica (lezioni 13-30);
- Teoria del lessico (lezioni 31-40);
- Introduzione alla pragmatica (lezioni 41-43);
- Cenni di sociolinguistica (lezioni 44-46);
- Elementi di linguistica storica (lezioni 47-48).
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

Presentazione del corso

Ogni lezione prevede un contributo teorico


(registrazione, slide) e uno pratico
(esercitazione di preparazione, esercitazione
per l’esame, quiz). Alcune lezioni propongono
un approfondimento (lettura in .pdf). Alcune
esercitazioni rimandano esplicitamente al
manuale scelto per il corso.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

Indicazioni

Nei Supporti didattici lo studente potrà trovare:

- La scheda del corso;


- Il paniere contenente una selezione di
domande;
- La scheda con i simboli IPA per la trascrizione
fonologica;
- Una carta con le lingue parlate in Italia.
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Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

MODALITÀ DI SVOLGIMENTO ESAME:

Le modalità d’esame sono descritte sul Regolamento per lo svolgimento


degli esami di profitto consultabile sul sito dell’ateneo.

Regolamento per lo svolgimento degli esami di profitto

METODI DI ACCERTAMENTO DEI RISULTATI DI APPRENDIMENTO E


MODALITÀ DI VALUTAZIONE:

La prova, della durata di 60 minuti, consiste in domande a risposta chiusa


e a risposta aperta.
Le domande a risposta chiusa sono atte a valutare le conoscenze degli
studenti in termini di contenuti, mentre attraverso le domande a risposta
aperta è possibile valutare la chiarezza espositiva, l’appropriatezza
terminologica, la coerenza espositiva, il livello di approfondimento,
l’esaustività e la coerenza logico-formale rispetto ai contenuti.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

BIBLIOGRAFIA:

Lo studio delle slide e delle audiolezioni deve essere


supportato dalle monografie obbligatorie per l’esame:

- P. Nitti, Didattica della lingua italiana per gruppi


disom ogenei , Editrice La Scuola, Brescia 2018.
- P. Nitti, Didattica dell’italiano L2. Dall’alfabetizzazione
allo sviluppo della com petenza testuale , Editrice La Scuola,
Brescia 2019.
- G. Gobber, M. Morani, Linguistica generale , McGraw Hill
Education, Milano 2010.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

La procedura per scaricare l’ebook è molto


semplice; occorre:

1. Andare su scuolabook (www.scuolabook.it)


2. Registrarsi
3. Cercare nella finestra di ricerca Paolo Nitti
(https://www.scuolabook.it/catalogsearch/resu
lt/?p=1&q=Paolo+Nitti)
4. Cliccare sul titolo e procedere all’acquisto.
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Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

Bibliografia del corso


Oltre al manuale obbligatorio, si suggerisce la lettura
di:

- G. Graffi, S. Scalise, Le lingue e il linguaggio, Il Mulino, Bologna


2002.
- R. Simone, Fondamenti di linguistica, McGraw Hill, Milano 2011.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

ATTIVITÀ DIDATTICA EROGATIVA E INTERATTIVA:

Il corso comprende 48 lezioni su slide e un numero


congruo di audiolezioni registrate, di durata variabile.
Sono altresì previste attività di esercitazione
comprensive di test di autovalutazione e di didattica
interattiva.
All’interno del corso sono previste diverse attività,
alcune di ripasso, altre necessarie per la preparazione
all’esame. Le attività possono essere caricate su
EPortfolio o sui MIEI DOCUMENTI; in nessun caso si
considerano valide le attività presentate attraverso
altri canali. Non sussistono obblighi di invio delle
esercitazioni ai fini dell’esame.
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Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

La valutazione delle attività non costituisce


punteggio ai fini dell’esame, ma è di carattere
preparatorio.
Il docente si riserva di contattare personalmente gli
studenti che hanno caricato prove insufficienti, poco
chiare o lacunose e di non ammetterli all’esame,
qualora inadempienti rispetto allo scaricamento delle
lezioni.
Il docente periodicamente fisserà un ciclo di incontri
(aula virtuale) e comunicherà il calendario
comprensivo degli orari e dei temi, pubblicato in
piattaforma, al fine di permettere ai corsisti e alle
corsiste di prenotarsi e di programmare gli incontri.
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Lezione n°: 1
Titolo: INTRODUZIONE
Attività n°: 1

CONSIGLI DEL DOCENTE:

- Concordare un appuntamento in caso di dubbi


sui materiali e sulle lezioni/attività proposte;
- Sfruttare i manuali proposti, non riducendo lo
studio all’ascolto delle audiolezioni e alla lettura delle
slide;
- Leggere le FAQ sulla pagina del docente;
- Visto il carattere particolarmente tecnico dei
contenuti del corso, si invitano gli studenti a
utilizzare i test di autovalutazione proposti sulla
piattaforma, le eventuali esercitazioni presenti sulla
piattaforma e sui manuali in adozione e consigliati.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 1
Titolo: Introduzione

Attività di preparazione

Attraverso quali modalità ha studiato la lingua italiana e le


lingue straniere?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 1
Titolo: Introduzione

Attività obbligatoria per l’esame

Cosa si aspetta di imparare da un corso di linguistica?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 1
Titolo: Introduzione

Attività di preparazione

Che cosa significa analizzare una lingua?

Pag.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività n°: 1

In queste lezioni di carattere


introduttivo, tratteremo le
proprietà e i livelli di analisi della
lingua.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività n°: 1

La lingua possiede alcune


proprietà specifiche.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività n°: 1

La prima proprietà considerata è


la biplanarità, ovvero il fatto che
in un segno ci sono due facce: il
significante e il significato.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività n°: 1

Il significante è la forma grafica


o fonico-acustica di un segno
linguistico, mentre il significato
riguarda il contenuto, in termini
di denotazione (significato
letterale) e di connotazione
(significato socio-culturale)
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività n°: 1

La seconda proprietà è definita


arbitrarietà del segno
linguistico: non esiste alcun
legame naturale che leghi un
significante a un significato.
Anche le forme onomatopeiche, i
fonosimbolismi sono mediati
dalla cultura.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività n°: 1

Il segno è composto dall’unione


fra significato e significante e
dall’eventuale proiezione
all’interno della realtà esterna
(referente.
Referente, significato e
significante costituiscono
insieme il triangolo semiotico.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività n°: 1

È possibile delineare quattro


livelli di arbitrarietà: fra segno e
referente, fra significato e
significante, fra forma e
sostanza del significato e fra
forma e sostanza del
significante.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 2
Titolo: Le proprietà della lingua
Attività n°: 1

Non esistono legami naturali fra


una persona e il suo nome, fra
una sequenza di suoni e un
oggetto, fra la porzione
fenomenica considerata e il
fenomeno, e all’interno della
scelta di suoni adottati da una
lingua.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 2
Titolo: Le proprietà della lingua

Attività di preparazione

Quali sono i tipi di arbitrarietà presenti nella comunicazione?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 2
Titolo: Le proprietà della lingua

Attività di preparazione

Illustrare le differenze e i rapporti che intercorrono fra segno,


significato, significante e referente.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 3
Titolo: Le proprietà della lingua 2

Attività di preparazione

Provare a segmentare le unità di seconda articolazione dei


lessemi.

Ragazzo
Casa
Casale
Nasino
Povertà
Cucchiaio
Felice
Felicemente
Ombrello
Barbuto
Architettura

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 3
Titolo: Le proprietà della lingua 2

Attività di preparazione

Provare a segmentare le unità di prima articolazione dei


lessemi.

Ragazzo
Casa
Casale
Nasino
Povertà
Cucchiaio
Felice
Felicemente
Ombrello
Barbuto
Architettura

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 3/S3
Titolo: Le proprietà della lingua 2
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 3/S3
Titolo: Le proprietà della lingua 2
Attività n°: 1

Un’altra proprietà è la doppia


articolazione: un significante si
articola secondo due livelli
diversi.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 3/S3
Titolo: Le proprietà della lingua 2
Attività n°: 1

Il primo livello di articolazione è


costituito da unità dotate di
significato lessicale o
grammaticale, i morfemi.
Nella parola uccello, convivono
{uccell} e {o}, il primo dotato di
valore semantico, il secondo di
valore puramente grammaticale.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 3/S3
Titolo: Le proprietà della lingua 2
Attività n°: 1

Il secondo livello di articolazione


è caratterizzato dai foni o dai
fonemi: elementi privi di
significato, ma costituitivi di una
stringa fonico-acustica.
Nel caso dello scritto, il secondo
livello si configura attraverso i
grafi o grafemi.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 3/S3
Titolo: Le proprietà della lingua 2
Attività n°: 1

Nella parola uccello sono


presenti circa cinque fonemi
[ut’tʃɛllo] e cinque grafemi <u-
c-e-l-o>.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3
Attività n°: 1

Un’altra proprietà è la
trasponibilità del mezzo: la
lingua può essere parlata o
scritta.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3
Attività n°: 1

Il parlato risulta
filogeneticamente e
ontogeneticamente prioritario
rispetto allo scritto. Nella storia
della civiltà umana si sviluppa
prima l’oralità della scrittura,
così come un bambino impara
prima a parlare, poi a scrivere.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3
Attività n°: 1

Mentre l’oralità si sviluppa già a


partire da più di tre milioni di
anni fa (Homo Habilis), la
scrittura compare in alcune
società (e tuttora non è diffusa
in tutte), verso il IV millennio
a.C.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3
Attività n°: 1

Altre proprietà della lingua sono


la linearità e la discretezza: il
messaggio linguistico procede in
modo ordinato, in successione
temporale e la differenza fra gli
elementi è assoluta.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3
Attività n°: 1

La lingua si presenta anche


plurifunzionale: è in grado di
assolvere, attraverso un numero
finito di elementi, alla creazione
di un numero teoricamente
illimitato di frasi e di concetti.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3
Attività n°: 1

Il messaggio linguistico è libero


dagli stimoli ambientali, è
distanziato e la lingua può
essere trasmessa culturalmente.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3

Attività di preparazione

Perché il parlato è prioritario rispetto allo scritto?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 4
Titolo: Le proprietà della lingua 3

Attività di preparazione

Identificare la funzione prevalente secondo il modello di


Jakobson negli enunciati seguenti:

Oggi sono triste


Caro diario,
Prestami una matita!
Cosa si intende per “antropizzazione”?

Pag.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1

La lingua è un codice equivoco:


l’equivocità rappresenta una
potenzialità, perché pone
corrispondenze plurivoche fra gli
elementi del codice. Una parola
può essere in relazione di
omonimia, polisemia e
sinonimia.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1

Secondo lo studioso Jakobson,


un messaggio linguistico assolve
a funzioni differenti: fatica,
emotiva, conativa, referenziale,
poetica, metalinguistica.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1

Funzione fatica – incentrata sul canale;


Funzione emotiva – incentrata
sull’emittente;
Funzione conativa – incentrata sul
destinatario;
Funzione poetica – incentrata sul
messaggio;
Funzione metalinguistica – incentrata
sulla lingua stessa;
Funzione referenziale – incentrata sulla
realtà esterna.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1

La lingua possiede una


complessità sintattica: l’ordine
degli elementi è vincolante, vi
sono dipendenze e incassature e
sono presenti parti di messaggio
funzionali unicamente al ruolo
sintattico dei costituenti.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1

La lingua è trasmessa per


tradizione culturale, attraverso
la socializzazione primaria, e,
sebbene sia caratterizzata da
specificità innate nell’uomo, è
apprendibile a qualsiasi età.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1

Se entro gli 11-12 anni un


individuo non apprende nessuna
lingua, difficilmente potrà
acquisirla in seguito. Diverso è il
caso dell’apprendimento di
lingue seconde rispetto a una
lingua madre.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1

Lo studio di una lingua riguarda


settori specifici di indagine:
fonologia e fonetica, morfologia,
sintassi, semantica e lessico.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1

La lingua è un codice che organizza un


sistema di segni dal significante
primariamente fonico-acustico,
fondamentalmente arbitrari a ogni livello
e doppiamente articolati, capaci di
esprimere ogni esperienza esprimibile,
posseduti come conoscenza interiorizzata
che permette di produrre infinite frasi da
un numero finito di elementi.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1

In linguistica sono presenti tre


dicotomie, entro le quali si
procede per lo studio della
lingua:
1) Sincronia-diacronia;
2) Langue-parole;
3) Asse sintagmatico e asse
paradigmatico.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4
Attività n°: 1

La lingua è analizzabile secondo


una prospettiva storica o
contemporanea, attraverso lo
studio di dati che riportano a un
sistema più astratto e attraverso
lo studio delle scelte e delle
regole delle unità del sistema.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4

Attività di preparazione

In che cosa si sostanzia l’equivocità in quanto proprietà della


lingua?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 5
Titolo: Le proprietà della lingua 4

Attività di preparazione

Quali sono le principali dicotomie trattate?

Pag.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività n°: 1

In questa lezione tratteremo i


principali organi preposti al
meccanismo di fonazione.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività n°: 1

I suoni di una lingua sono


prodotti mediante l’espirazione,
attraverso un flusso d’aria
egressivo.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività n°: 1

L’aria passa dai polmoni,


attraverso i bronchi e la trachea,
e raggiunge la laringe (in
corrispondenza del Pomo
d’Adamo), lì incontra le pliche
laringee (corde vocali).
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività n°: 1

Queste ultime nel corso della


respirazione silente restano
separate e rilassate, ma nella
fonazione possono contrarsi e
tendersi avvicinandosi,
riducendo o bloccando il
passaggio d’aria. I movimenti si
definiscono come vibrazioni
delle pliche.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività n°: 1

Il flusso d’aria passa


successivamente nella cavità
faringea e nella cavità orale.
Nella parte superiore della
faringe, la parte posteriore del
palato, culminante con l’ugola,
può chiudere il passaggio che
mette in comunicazione la
faringe con la cavità nasale.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività n°: 1

All’interno della cavità orale


sono presenti organi articolatori
fissi e mobili: le labbra, i denti,
le sacche alveolari, il palato
(alveoli, palato duro e il palato
molle – velo), la lingua
(suddivisa in radice, lama e
apice.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività n°: 1
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione
Attività n°: 1

In ciascuno dei punti fra la


glottide e le labbra può
presentarsi un ostacolo,
un’ostruzione totale o parziale
del flusso d’aria egressivo.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione

Attività di preparazione

Cosa incontra il flusso d’aria a partire dai polmoni, quando


fuoriesce?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 6
Titolo: Il meccanismo di fonazione

Attività di preparazione

Quali discipline si occupano dei suoni della lingua?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 7
Titolo: parametri di classificazione dei suoni linguistici

Attività di preparazione

Provare a ipotizzare rispetto alla classificazione dei vocoidi, la


tassonomia delle vocali dell’italiano.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 7
Titolo: parametri di classificazione dei suoni linguistici

Attività di preparazione

Provare a ipotizzare rispetto alla classificazione del luogo e del


modo di articolazione una tassonomia dei suoni dell’italiano.

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 7/S3
Titolo: La trascrizione IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 7/S3
Titolo: La trascrizione IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1

I parametri per analizzare i


suoni della lingua riguardano
essenzialmente il luogo di
articolazione, il modo di
articolazione e la presenza o
assenza di sonorità (vibrazione
delle pliche laringee).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 7/S3
Titolo: La trascrizione IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1

Se il suono presenta una


qualsiasi ostruzione o
restringimento rispetto al flusso
d’aria, si produrranno contoidi.
Se l’aria fuoriesce liberamente e
non sono presenti ostacoli, si
produrranno vocoidi.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 7/S3
Titolo: La trascrizione IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1

Rispetto al modo di articolazione, si


riconoscono le occlusive (contatto
tra articolatori), le fricative
(avvicinamento tra articolatori), le
affricate (unione di occlusive e di
fricative), le laterali (passaggio
dell’aria attraverso i lati della
lingua), le vibranti (vibrazione di
articolatori) e le nasali (passaggio
dell’aria attraverso la cavità nasale).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 7/S3
Titolo: La trascrizione IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1

Rispetto al luogo di articolazione, si


distinguono le bilabiali, prodotte dal
contatto o dall’avvicinamento delle
labbra, le labiodentali (labbro inferiore,
incisivi superiori), le dentali (lingua e
denti), le alveolodentali (lingua e sacche
alveolari), le alveolari (lingua e alveoli), le
palatali (lingua e palato), le uvulari
(radice della lingua e ugola), le velari
(radice della lingua e velo), le faringali (
base della radice della lingua e faringe), le
glottidali o laringali (pliche laringee).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 7/S3
Titolo: La trascrizione IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1

Le vocali sono prodotte senza


frapposizione di ostacoli, e sono
analizzabili a seconda delle posizioni
che assumono gli organi mobili:
avanzamento, arretramento,
innalzamento e abbassamento della
lingua, protrusione delle labbra,
passaggio dell’aria attraverso la
cavità nasale.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 7/S3
Titolo: La trascrizione IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1

L’avanzamento della lingua


produce le vocali anteriori,
l’arretramento le centrali;
l’innalzamento le alte, le medio-
alte, l’abbassamento le medio-
basse e le basse.
La posizione della lingua si
riassume attraverso il trapezio
vocalico.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 7/S3
Titolo: La trascrizione IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 8
Titolo: La trascrizione in IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 8
Titolo: La trascrizione in IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1

Per trascrivere in IPA, occorre


munirsi dei simboli dell’alfabeto IPA,
disponibili su programmi come
Word, all’interno del comando
Inserisci>simbolo>Altri
simboli>Estensioni in IPA.
Iniziamo dalle occlusive, contoidi
diffusi in quasi tutte le lingue.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 8
Titolo: La trascrizione in IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1

Le occlusive si distinguono in:


- Bilabiali: sorda /p/ e sonora /b/, parole come
/pollo/, /bollo/;
- Dentali o alveolodentali o alveolari: sorda /t/ e
sonora /d/, parole come /tutto/, /dado/;
- Velari: sorda /k/ e sonora /g/, parole come
“cane” - /kane/ e /gatto/. Nel caso dell’italiano,
il simbolo IPA per l’occlusiva velare sorda è /k/ e
non /c/;
- Uvulari: sorda /q/, come in arabo /iraq/;
- Glottidali: sorda /Ɂ/, in tedesco per ogni parola
che inizia per vocale /Ɂapfel/.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 8
Titolo: La trascrizione in IPA: occlusive e fricative
Attività n°: 1

Per quanto concerne le fricative, distinguiamo le:


- Bilabiali: sorda /ϕ/ e sonora /β/, la prima presente nel
fiorentino “tipo” > /tiϕo/, la seconda nello spagnolo /vaso/ >
/βaso/;
- Labiodentali: sorda /f/ e sonora /v/, in parole come /forno/ e
/vero/;
- Dentali o alveolodentali o alveolari: sorda /s/ e sonora /z/, in
parole come /sasso/ e “naso” > /nazo/ (varietà di italiano
settentrionali);
- Palatali o alveolopalatali: sorda /ʃ/ e sonora /ʒ/, in parole come
“ascia”>/aʃ:a/ e francese /ʒy/ per “jus”;
- Velari: sorda /x/ e sonora /γ/, tedesco “Buch” > /bux/,
spagnolo “agua” > /aγwa/;
- Uvulari: sorda /χ/ e sonora /ʁ/, arabo “shaykh” > /ʃaeχ/,
francese “jour” > /ʒuʁ/;
- Faringali: sonora /ʕ/, arabo “Iraq” > /ʕira:q/;
- Glottidali: sorda /h/, fiorentino “poco” > /pɔho/.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 8
Titolo: Trascrizione in IPA – occlusive e fricative

Attività di preparazione

Sottolineare le occlusive e le fricative nelle parole seguenti:

Tavolo
Dentale
Ancora
Angolatura
Sfatto
Asola
Solitario
Forte
Vernacolo
Infernale
Ombrellone
Imparare

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 8
Titolo: La trascrizione in IPA – occlusive e fricative

Attività di preparazione

Esaminare le occlusive e le fricative di queste parole inglesi

Dogs
Cats
Stub
Killer
Climb
Nose
Happy
Beauty
Better
Sink
Bless
Fire
Folder
Carpet
Curtain

Pag.
Prof. P. Nitti

Trascrizione in IPA: occlusive e fricative

Per trascrivere in IPA, occorre munirsi dei simboli dell’alfabeto IPA, disponibili su programmi come Word,
all’interno del comando Inserisci>simbolo>Altri simboli>Estensioni in IPA.

Iniziamo dalle occlusive, contoidi diffusi in quasi tutte le lingue.

Le occlusive si distinguono in:

- Bilabiali: sorda /p/ e sonora /b/, parole come /pollo/, /bollo/;


- Dentali o alveolodentali o alveolari: sorda /t/ e sonora /d/, parole come /tutto/, /dado/;
- Velari: sorda /k/ e sonora /g/, parole come “cane” - /kane/ e /gatto/. Nel caso dell’italiano, il
simbolo IPA per l’occlusiva velare sorda è /k/ e non /c/;
- Uvulari: sorda /q/, come in arabo /iraq/;
- Glottidali: sorda /Ɂ/, in tedesco per ogni parola che inizia per vocale /Ɂapfel/.

Le uvulari e le glottidali non sono presenti in italiano, ma in altre lingue indoeuropee e semitiche.

Per quanto concerne le fricative, distinguiamo le:

- Bilabiali: sorda /ϕ/ e sonora /β/, la prima presente nel fiorentino “tipo” > /tiϕo/, la seconda nello
spagnolo /vaso/ > /βaso/;
- Labiodentali: sorda /f/ e sonora /v/, in parole come /forno/ e /vero/;
- Dentali o alveolodentali o alveolari: sorda /s/ e sonora /z/, in parole come /sasso/ e “naso” > /nazo/
(varietà di italiano settentrionali);
- Palatali o alveolopalatali: sorda /ʃ/ e sonora /ʒ/, in parole come “ascia”>/aʃ:a/ e francese /ʒy/ per
“jus”;
- Velari: sorda /x/ e sonora /γ/, tedesco “Buch” > /bux/, spagnolo “agua” > /aγwa/;
- Uvulari: sorda /χ/ e sonora /ʁ/, arabo “shaykh” > /ʃaeχ/, francese “jour” > /ʒuʁ/;
- Faringali: sonora /ʕ/, arabo “Iraq” > /ʕira:q/;
- Glottidali: sorda /h/, fiorentino “poco” > /pɔho/.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 9
Titolo: La trascrizione in IPA: affricate, nasali, lateriali, vibranti
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 9
Titolo: La trascrizione in IPA: affricate, nasali, lateriali, vibranti
Attività n°: 1

Per trascrivere in IPA, occorre


munirsi dei simboli dell’alfabeto IPA,
disponibili su programmi come
Word, all’interno del comando
Inserisci>simbolo>Altri
simboli>Estensioni in IPA.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 9
Titolo: La trascrizione in IPA: affricate, nasali, lateriali, vibranti
Attività n°: 1

Le affricate si suddividono in:


- Labiodentali: sorda /pf/, tedesco
/’apfel/;
- Dentali: sorda /ts/, italiano
“pazzo” /’pattso/, sonora /dz/,
italiano “zona” /’dzɔna/;
- Palatali: sorda /tʃ/, italiano “ciao”
/’tʃao/, sonora /dʒ/, italiano
“giallo” /’dʒal:o/.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 9
Titolo: La trascrizione in IPA: affricate, nasali, lateriali, vibranti
Attività n°: 1

Le nasali si suddividono in:


- Bilabiali: /m/, italiano “mamma”
/’mam:a/;
- Labiodentali: /ɱ/, italiano “inverno”
/iɱ’verno/ o “inferno” /iɱ’ferno/;
- Dentali o alveolodentali: /n/, italiano
“nove” /’nɔve/;
- Palatali: /ɲ/, italiano “gnocco” /’ɲɔk:o/
o “agnello” /a’ɲ:ɛl:o/;
- Velari: /ƞ/, italiano “anche” /’aƞke/, o
“angolo” /’aƞgolo/.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 9
Titolo: La trascrizione in IPA: affricate, nasali, lateriali, vibranti
Attività n°: 1

Le nasali rappresentano i foni


più duttili, poiché a seconda del
luogo di articolazione, tendono
ad assimilarsi a ciò che segue,
realizzandosi più o meno nello
stesso luogo, con il passaggio
d’aria all’interno della cavità
nasale.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 9
Titolo: La trascrizione in IPA: affricate, nasali, lateriali, vibranti
Attività n°: 1

Le laterali si suddividono
in:
- Dentali o alveolodentali:
/l/, italiano /’lana/;
- Palatali o alveolopalatali:
/ʎ/, italiano “aglio”
/’aʎ:o/
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 9
Titolo: La trascrizione in IPA: affricate, nasali, lateriali, vibranti
Attività n°: 1

Le vibranti si suddividono in:


- Dentali o alveolodentali
polivibranti: /r/, italiano /’rana/
- Dentali o alveolodentali
monovibranti: /ɾ/, spagnolo
“toro” /’toɾo/
- Uvulari: /R/, francese “rose”
/’Roz/
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 9
Titolo: La trascrizione in IPA: affricate, nasali, lateriali, vibranti
Attività n°: 1

Le nasali, le laterali e le
vibranti, così come le vocali
sono sempre sonore, ovvero
presuppongono vibrazioni
delle pliche laringee.
Prof. P. Nitti

Trascrizione in IPA: affricate, nasali, laterali e vibranti

Per trascrivere in IPA, occorre munirsi dei simboli dell’alfabeto IPA, disponibili su programmi come Word,
all’interno del comando Inserisci>simbolo>Altri simboli>Estensioni in IPA.

Le affricate si suddividono in:

- Labiodentali: sorda /pf/, tedesco /’apfel/;


- Dentali: sorda /ts/, italiano “pazzo” /’pattso/, sonora /dz/, italiano “zona” /’dzɔna/;
- Palatali: sorda /tʃ/, italiano “ciao” /’tʃao/, sonora /dʒ/, italiano “giallo” /’dʒal:o/.

Le nasali si suddividono in:

- Bilabiali: /m/, italiano “mamma” /’mam:a/;


- Labiodentali: /ɱ/, italiano “inverno” /iɱ’verno/ o “inferno” /iɱ’ferno/;
- Dentali o alveolodentali: /n/, italiano “nove” /’nɔve/;
- Palatali: /ɲ/, italiano “gnocco” /’ɲɔk:o/ o “agnello” /a’ɲ:ɛl:o/;
- Velari: /ƞ/, italiano “anche” /’aƞke/, o “angolo” /’aƞgolo/.

Le nasali rappresentano i foni più duttili, poiché a seconda del luogo di articolazione, tendono ad assimilarsi
a ciò che segue, realizzandosi più o meno nello stesso luogo, con il passaggio d’aria all’interno della cavità
nasale.

Le laterali si suddividono in:

- Dentali o alveolodentali: /l/, italiano /’lana/;


- Palatali o alveolopalatali: /ʎ/, italiano “aglio” /’aʎ:o/

Le vibranti si suddividono in:

- Dentali o alveolodentali polivibranti: /r/, italiano /’rana/


- Dentali o alveolodentali monovibranti: /ɾ/, spagnolo “toro” /’toɾo/
- Uvulari: /R/, francese “rose” /’Roz/
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 9
Titolo: Trascrizione in IPA – affricate, nasali, laterali, vibranti

Attività di preparazione

Sottolineare di colori differenti le occlusive, le fricative, le


nasali le laterali, le affricate e le vibranti nelle parole seguenti:

Convertire
Sapere
Barattolo
Sacchetto
Paglia
Famiglia
Sognare
Incubo
Angolatura
Prospettiva
Pomello
Delfino
Limoncello
Toscana
Termometro
Cronologia
Linguistica
Alveolare
Ripiano
Imbottigliamento
Medusa

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 10
Titolo: La trascrizione in IPA: vocoidi
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 10
Titolo: La trascrizione in IPA: vocoidi
Attività n°: 1

Al fine di comprendere i vocoidi


nelle lingue è opportuno rifarsi
alla schematizzazione del
trapezio vocalico, che
rappresenta la cavità orale e la
mobilità linguale.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 10
Titolo: La trascrizione in IPA: vocoidi
Attività n°: 1
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 10
Titolo: La trascrizione in IPA: vocoidi
Attività n°: 1

I vocoidi si suddividono in:


- Anteriori (non arrotondati): /i/ alta, italiano /’izola/; /ɪ/
alta e medio-alta, inglese “bit” /’bɪt/; /e/ medio-alta,
italiano /’meno/; /ɛ/ medio-bassa, italiano /’bɛne/; /æ/
bassa, inglese “bad” /’bæ:d/;
- Anteriori (arrotondati): /y/ alta, francese “tu” /’ty/; /ø/
medio-alta, francese “peut” /’pø/; /œ/ medio-bassa,
francese “peur” /’pœʁ/.
- Centrali: /ə/ media, francese “je” /’ʒə/; /a/ bassa,
italiano /’kane/;
- Posteriori (non arrotondati): /ʌ/ medio-bassa, inglese
“but” /’bʌt/; /α/ bassa, inglese “star” /’stα:/;
- Posteriori (arrotondati): /u/ alta, italiana /’uva/; /U/ alta
e medio-alta, inglese “full” /’fUl/; /o/ medio-alta, italiano
/’kome/; /ɔ/ medio-bassa, italiano /’nwɔvo/
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 10
Titolo: La trascrizione in IPA: vocoidi
Attività n°: 1

I vocoidi realizzati come nasali -


una parte d’aria fuoriesce dalla
cavità nasale - si trascrivono con
la tilde sopra, italiano “anche”
/’ãƞke/.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 10
Titolo: La trascrizione in IPA: vocoidi
Attività n°: 1

All’interno dei vocoidi, si citano anche le


semivocali o semiconsonanti, più
appropriatamente approssimanti. Si tratta
di foni vicini ai contoidi, caratterizzati da
un restringimento del flusso d’aria
egressivo:

- Anteriori non arrotondati: /j/ alta,


italiano “piede” /’pjɛde/;
- Posteriori arrotondati: /w/ alta, italiano
“uova” /’wɔva/.
Prof. P. Nitti

Trascrizione in IPA: i vocoidi

Per trascrivere in IPA, occorre munirsi dei simboli dell’alfabeto IPA, disponibili su programmi come Word,
all’interno del comando Inserisci>simbolo>Altri simboli>Estensioni in IPA.

Al fine di comprendere i vocoidi nelle lingue è opportuno rifarsi alla schematizzazione del trapezio vocalico,
che rappresenta la cavità orale e la mobilità linguale.

I vocoidi si suddividono in:

- Anteriori (non arrotondati): /i/ alta, italiano /’izola/; /ɪ/ alta e medio-alta, inglese “bit” /’bɪt/; /e/
medio-alta, italiano /’meno/; /ɛ/ medio-bassa, italiano /’bɛne/; /æ/ bassa, inglese “bad” /’bæ:d/;
- Anteriori (arrotondati): /y/ alta, francese “tu” /’ty/; /ø/ medio-alta, francese “peut” /’pø/; /œ/
medio-bassa, francese “peur” /’pœʁ/.
- Centrali: /ə/ media, francese “je” /’ʒə/; /a/ bassa, italiano /’kane/;
- Posteriori (non arrotondati): /ʌ/ medio-bassa, inglese “but” /’bʌt/; /α/ bassa, inglese “star” /’stα:/;
- Posteriori (arrotondati): /u/ alta, italiana /’uva/; /U/ alta e medio-alta, inglese “full” /’fUl/; /o/
medio-alta, italiano /’kome/; /ɔ/ medio-bassa, italiano /’nwɔvo/

I vocoidi realizzati come nasali - una parte d’aria fuoriesce dalla cavità nasale - si trascrivono con la tilde
sopra, italiano “anche” /’ãƞke/.

All’interno dei vocoidi, si citano anche le semivocali o semiconsonanti, più appropriatamente


approssimanti. Si tratta di foni vicini ai contoidi, caratterizzati da un restringimento del flusso d’aria
egressivo:

Anteriori non arrotondati: /j/ alta, italiano “piede” /’pjɛde/;

Posteriori arrotondati: /w/ alta, italiano “uova” /’wɔva/.


Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 10
Titolo: Trascrizione in IPA – vocoidi

Attività di preparazione

Descrivere i vocoidi incontrati nelle parole seguenti:

Linguistica
Vocale
Cognitivismo
Apprendimento
Contoide
Sillaba
Assimilazione
Fonologia
Fonetica
Morfologia
Sintassi
Lessicale
Fonema
Grafema
Nuovo
Pieno
Causa
Laido

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 11
Titolo: Foni e fonemi
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 11
Titolo: Foni e fonemi
Attività n°: 1

Ogni suono producibile in una lingua


è identificato attraverso un simbolo
dell’IPA. I suoni di una lingua sono
definiti foni a livello fonetico e
fonemi a livello fonologico. I fonemi
rappresentano un’unità minima di
seconda articolazione, distintiva.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 11
Titolo: Foni e fonemi
Attività n°: 1

Mentre in fonetica si usa il simbolo /


per trascrivere i foni, in fonologia si
usano le parentesi quadre.
Pensiamo alla parola "nasi"/‘nazi/,
se tramite commutazione,
sostituissimo al primo fono, un altro
come /f/, avremmo /’fazi/, "fasi". I
due foni /f/e /n/ costituiscono una
coppia minima e sono definiti
fonemi.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 11
Titolo: Foni e fonemi
Attività n°: 1

Un fono che costituisce variante di


un altro, ma non forma una coppia
minima, ad esempio la erre uvulare
(moscia) /R/, si configura come
allofono. Non vi è infatti differenza
di significato fra la pronuncia di
/’rat:o/ e di /’Rat:o/.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 11
Titolo: Foni e fonemi
Attività n°: 1

I tratti distintivi per analizzare i


foni e i fonemi sono il luogo di
articolazione, il modo di
articolazione e la
presenza/assenza di sonorità.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 11
Titolo: Foni e fonemi

Attività di preparazione

Identificare i fonemi all’interno delle parole

Mamma
Tavolo
Famiglia
Tutto
Deciso
Camera
Linguistica
Barbetta
Lezione
Bottiglia
Falegname

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 11
Titolo: Foni e fonemi

Attività di preparazione

Qual è la differenza fra un fono e un fonema? Proporre almeno


tre esempi differenti rispetto a quelli delineati nel corso della
lezione.

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 12
Titolo: Trascrizione
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 12
Titolo: Trascrizione
Attività n°: 1

Esercizio di trascrizione: trascrivere in IPA


le parole seguenti:

campana fricativa
marittimo eugenio
chiesa guancia
specchiarsi cielo
amicizia sbarrare
pallone schienale
macchinario architettare
Lettonia piattaforma
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 12
Titolo: Trascrizione
Attività n°: 1

Esercizio di trascrizione: trascrivere in IPA


le parole seguenti:

campana [kam’pana] fricativa [frika’tiva]


marittimo [ma’rit:imo] eugenio [ew’dʒenjo]
chiesa [‘kjɛza] guancia [‘gwantʃa]
specchiarsi [spek’:jarsi] cielo [‘tʃelo]
sbarrare [zbar’:are]
amicizia [ami’tʃit:sja]
schienale [skje’nale]
pallone [pal’:one] architettare [arkitet’:are]
macchinario [mak:i’narjo] piattaforma [pjat:a’forma]
Lettonia [let’:onja]
Corso di Laurea: #corso#
Insegnamento: #insegnamento#
Lezione n°: #lezione#
Titolo: #titolo#
Attività n°: #attività#

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: #corso#
Insegnamento: #insegnamento#
Lezione n°: #lezione#
Titolo: #titolo#
Attività n°: #attività#

Esercizio di trascrizione: trascrivere in IPA


le parole seguenti:
fricativa
campana eugenio
marittimo guancia
chiesa cielo
specchiarsi
sbarrare
amicizia
pallone
schienale
macchinario architettare
Lettonia piattaforma
Corso di Laurea: #corso#
Insegnamento: #insegnamento#
Lezione n°: #lezione#
Titolo: #titolo#
Attività n°: #attività#

Esercizio di trascrizione: trascrivere in IPA


le parole seguenti:

campana [kam’pana] fricativa [frika’tiva]


marittimo [ma’rit:imo] eugenio [ew’dʒenjo]
chiesa [‘kjɛza] guancia [‘gwantʃa]
specchiarsi [spek’:jarsi] cielo [‘tʃelo]
sbarrare [zbar’:are]
amicizia [ami’tʃit:sja]
schienale [skje’nale]
pallone [pal’:one] architettare [arkitet’:are]
macchinario [mak:i’narjo] piattaforma [pjat:a’forma]
Lettonia [let’:onja]
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 12
Titolo: Ripasso

Attività di preparazione

Trascrivi in IPA le parole seguenti e verifica confrontando con


la videolezione.

campana
marittimo
chiesa
specchiarsi
amicizia
pallone
macchinario
Lettonia
fricativa
Eugenio
guancia
cielo
sbarrare
schienale
architettare
piattaforma

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 12
Titolo: Ripasso

Attività di preparazione

Analizza la presenza e assenza di sonorità e il modo e il luogo


di articolazione i fonemi all’interno delle parole seguenti e
verifica confrontando con la videolezione.

campana
marittimo
chiesa
specchiarsi
amicizia
pallone
macchinario
Lettonia
fricativa
Eugenio
guancia
cielo
sbarrare
schienale
architettare
piattaforma

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 13
Titolo: Morfologia
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 13
Titolo: Morfologia
Attività n°: 1

Questa lezione si occupa della struttura


delle parole: la morfologia.

Le parole possono essere semplici (fidanzato) o


complesse (ex-fidanzato, fidanzatino), e composte
(portacenere).
In italiano le parole sono flesse per genere e
numero.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 13
Titolo: Morfologia
Attività n°: 1

Il concetto di parola non è semplice, varia da


lingua a lingua: in eschimese una parola può
costituire un’intera frase, in tedesco più parole
possono essere intese come struttura unitaria.
Se è il sistema grafico a separare le parole, per
mezzo degli spazi bianchi, si osservano comunque
oscillazioni: ragno lupo, ragno-lupo.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 13
Titolo: Morfologia
Attività n°: 1

In linea di principio, al di là delle forme di


affissazione, in italiano di suffissazione e di
prefissazione, una parola non consente
l’inserimento di altro materiale linguistico al
proprio interno.
Una forma flessa è una variazione di un lemma. Il
processo che parte dalle forme flesse per giungere
al lemma – forma base - si chiama
lemmatizzazione. Il lemma è arbitrario.
Es. amo>amare, parlando>parlare.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 13
Titolo: Morfologia
Attività n°: 1

In italiano, i verbi possiedono una desinenza, un


tema e una radice.

SAP-E-RE
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 13
Titolo: Morfologia
Attività n°: 1

Le parti del discorso in italiano sono variabili


(aggettivi, nomi, verbi, articoli, pronomi) e
invariabili (preposizioni, congiunzioni, avverbi,
interiezioni).
Le parti del discorso possono essere anche aperte
(si possono aggiungere nuovi membri) e chiuse
(limitate).
La definizione di parte del discorso non è
universale e presenta criticità sul piano descrittivo.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 13
Titolo: Morfologia

Attività di preparazione

Lemmatizzare le forme seguenti:

Amica
Mangiando
Scrivendo
Parlò
Saprai
Venne
Amante
Zainetto
Tettuccio
Specchiandosi
Udente
Amichevoli

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 13
Titolo: Morfologia

Attività di preparazione

Quali sono le parti del discorso e le loro caratteristiche?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 14
Titolo: Morfologia 2

Attività di preparazione

Che cos’è una parola?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 14
Titolo: Morfologia 2

Attività di preparazione

A partire dalla parola “pacco” fornire una parola flessa, una


composta, una prefissata e una suffissata.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 14
Titolo: Morfologia 2

Attività di preparazione

Qual è il contributo della morfologia rispetto allo studio delle


lingue e della lingua italiana?

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 15
Titolo:
Morfologia 3
Attività n°:
1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 15
Titolo:
Morfologia 3
Attività n°:
1

Un morfema può essere libero (ricorre da solo in


una frase, es.: pietà) o legato (necessita di altri
morfemi, es.: cane).
Parallelo al concetto di allofono, si ritrova in
morfologia l’allomorfo, la variante di un
morfema:
{ven}{vien}{veng}{venn} sono tutti allomorfi per
la radice del verbo «venire».
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 15
Titolo:
Morfologia 3
Attività n°:
1

Le parole semplici possono subire alcuni processi


di modificazione: la derivazione, la composizione e
la flessione.
La derivazione consiste nell’aggiunta di alcuni
affissi (prefissi, infissi, circonfissi, suffissi) ad una
forma libera.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 15
Titolo:
Morfologia 3
Attività n°:
1

Il prefisso è aggiunto a sinistra della parola:


ex-fidanzata, asociale.
Il suffisso a destra: malamente, socievole.
L’infisso all’interno: in ulwa, lingua del
Nicaragua – sulu-sukalu (il cane-del cane).
Il circonfisso precede e segue la radice:
tedesco – gesacht.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 15
Titolo:
Morfologia 3
Attività n°:
1

Alcune parole presentano un morfema definito


morfema zero o morfema libero, in italiano,
ad esempio, non rappresentano
grammaticalmente il numero: virtù (singolare e
plurale). La grammatica della lingua, in questi
casi, marca obbligatoriamente la distinzione,
ma eccezionalmente non la rappresenta nel
significante.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 15
Titolo: Morfologia 3

Attività di preparazione

Quali sono le forme principali di derivazione?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 15
Titolo: Morfologia 3

Attività di preparazione

Che cos’è un morfema libero? E uno legato? Proporre alcuni


esempi dell’italiano e delle altre lingue.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 16
Titolo: Morfologia 2

Attività di preparazione

Le lingue fanno ricorso alla derivazione o al prestito per


introdurre nuove parole. Proporre esempi di una decina di
prestiti in italiano.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 16
Titolo: Morfologia 2

Attività di preparazione

Qual è la differenza fra un prestito e una parola derivata?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 16
Titolo: Morfologia 3

Attività obbligatoria per l’esame

Definire il concetto di “allomorfo” e suggerire almeno cinque


esempi per la lingua italiana, rivolti almeno a due parti del
discorso differenti (es. verbo e nome).

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

I morfemi cumulativi tendono a


rappresentare più funzioni attraverso
un’unica marca morfemica (latino),
un tipo particolare di m. cumul. è
l’amalgama, dato dall’unione
morfemica (fr. au<à+le).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

Alcuni morfemi si comportano


come suffissi o prefissi, anche se
sono formati da una base
lessicale; essi prendono il nome
di suffissoidi e prefissoidi (es.:
sociologia, geometria).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

La suffissazione riguarda l’aggiunta di un suffisso dopo la base. I


procedimenti riguardano essenzialmente nomi, aggettivi e verbi.
Base Produttività
DENOMINALE
Vetro Vetraio (nominale)
Confort Confortevole (aggettivale)
Confort Confortare (verbale)
DEAGGETTIVALE
Brutto Bruttura (nominale)
Blu Bluastro (aggettivale)
Vuoto Vuotare (verbale)
DEVERBALE
Andare Andamento (nominale)
Mangiare Mangiabile (aggettivale)
Mangiare Mangiucchiare (verbale)
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

La produttività è garantita da alcune


regole:

N V
- are, ire
- eggiare
- izzare
- ificare
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

La produttività è garantita da alcune


regole:

A V
- are, ire
- eggiare
- izzare
- ificare
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

La produttività è garantita da alcune regole:

V N
- aggio
- mento
- ura
- anza, enza
- io
- ato, ito, ata, uta, ita
- suffisso Ø
- tore, trice
- ante, ente
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

La produttività è garantita da alcune


regole:

V A
- ivo
- evole
- ato, ito, ata, uta, ita
- bile
- tore, trice
- ante, ente
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

La produttività è garantita da alcune regole:

A N
- ezza
- ia
- ía
- izia
- ità, età, tà
- anza, enza
- ismo, esimo
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

La produttività è garantita da alcune regole:

N A
- ato
- are
- ario
- ale
- ano
- esco
- ico
- ifico
- istico, astico
- torio, sorio
- ivo
- ano, ino, ese
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

N N
- aio - ile
- ario - ato, ata
- iere - ale
- aiolo - iera
- ista - ite
- ario - osi
- suffisso Ø - oma
- eria - idi
- ificio - ini
- ali - acee
- ine
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

In italiano, la composizione di
nuove parole avviene quando
queste si combinano producendo
una nuova struttura.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

S+S – capostazione
S+Agg – cassaforte
Agg+S – buonsenso
V+S – portalettere
V+V – saliscendi
V+Avv – buttafuori
Prep+S – dopopranzo
Avv+S – quasi-particella
Agg+Agg – bianconero
Avv+Agg sempreverde
Avv+V maledire
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

La combinazione di nuove parole


avviene quando queste si
uniscono determinando un’unità
lessicale più complessa, nella
quale emergono chiaramente i
due elementi; es.: giornata-no.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 17
Titolo: La derivazione
Attività n°: 1

L’alterazione è un tipo di suffissazione con la


quale il significato della parola di base non muta
nella sostanza, ma solo per alcuni aspetti, tra i
quali le dimensioni e la qualità del referente
rispetto alla considerazione del parlante.

NB in italiano esistono alterati veri e alterati falsi


(manette, fantino, galoppino).
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 17
Titolo: La derivazione

Attività di preparazione

Da “socio” derivare almeno 10 parole e analizzarle; es.


Sociale (denominale aggettivale).

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 17
Titolo: La derivazione

Attività di preparazione

Analizzare morfologicamente le parole:

Operazione
Operabile
Canticchiare
Bluastro
Ideale
Orologiaio
Albeggiare
Studente
Formalizzare
Scansionare
Lavaggio
Servizievole
Echinacee

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 18
Titolo: La derivazione 2

Attività di preparazione

Analizzare morfologicamente le parole:

Circolazione
Circolante
Studentesco
Lodevole
Primeggiare
Calduccio
Attaccapanni
Fiabesco
Registrazione
Petaloso
Formoso
Credulone

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 18
Titolo: La derivazione 2

Attività di preparazione

Cosa si intende per “blocco della derivazione”? Proporre almeno


tre esempi

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 18
Titolo: La derivazione 2

Attività di preparazione

Cosa si intende per “formato vivo”? E per “formato fossile”?


Proporre un esempio

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 19
Titolo: La composizione delle parole
Attività n°: 1

Linguistica generale
CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 19
Titolo: La composizione delle parole
Attività n°: 1

Un caso significativo per la morfologia è il


supplettivismo, ovvero l’esistenza di due
radici lessicali che però si alternano nei
processi derivativi:
acqua-acquatico-acquazzone
idro-idrico-idrante-idrosi
*acquico, *idratico, *idrazzone.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 19
Titolo: La composizione delle parole
Attività n°: 1

Oltre alla derivazione, l’altro


fenomeno di creazione delle parole,
su base morfologica, è la
composizione.
La composizione consiste
nell’accostamento di due unità.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 19
Titolo: La composizione delle parole
Attività n°: 1

In italiano sono possibili tutte le


combinazioni, eccetto:
Prep+Prep
V+Agg
V+Prep
N+Prep
N+Avv
Agg+Prep
Agg+Avv
Prep+Agg
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 19
Titolo: La composizione delle parole
Attività n°: 1

Dal punto di vista storico, non sono più


produttive le combinazioni:
V+V
Avv+Avv
V+Avv
N+Agg
N+V
Agg+N
Prep+N
Prep+V
Prep+Avv
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 19
Titolo: La composizione delle parole
Attività n°: 1

La flessione di un composto può interessare la


fine del composto, tutti gli elementi del
composto o solamente l’inizio del composto, e
può anche non verificarsi.

In morfologia, la trascrizione avviene isolando i


morfemi fra parentesi graffe.
Es. cane = {can}{e}
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 19
Titolo: La composizione delle parole
Attività n°: 1

Un caso significativo di derivazione


riguarda la possibilità per alcuni verbi di
presentare un prefisso e un suffisso.
Questi verbi vengono chiamati
parasintetici.
Es. inscatolare.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 19
Titolo: La composizione delle parole

Attività di preparazione

Quali sono le combinazioni possibili per comporre una parola,


sulla base delle diverse parti del discorso?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 19
Titolo: La composizione delle parole

Attività di preparazione

Come si comporta la flessione di una catena morfemica


composta?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 20
Titolo: La composizione delle parole 2

Attività di preparazione

Verificare l’impossibilità di produrre queste sequenze con


esempi:

Prep+Prep
V+Agg
V+Prep
N+Prep
N+Avv
Agg+Prep
Agg+Avv
Prep+Agg

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 20
Titolo: La composizione delle parole 2

Attività di preparazione

Verificare l’esistenza delle seguenti combinazioni, con un


esempio:

V+V
Avv+Avv
V+Avv
N+Agg
N+V
Agg+N
Prep+N
Prep+V
Prep+Avv

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 20
Titolo: La composizione delle parole 2

Attività di preparazione

La flessione di un composto può interessare la fine del


composto, tutti gli elementi del composto o solamente l’inizio
del composto, e può anche non verificarsi. In italiano quale tra
queste possibilità non avviene? Fornire un esempio di tutte le
altre.

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 21
Titolo: La sintassi
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 21
Titolo: La sintassi
Attività n°: 1

In questa lezione ci occuperemo


di sintassi.

La sintassi si occupa dello studio


della combinazione delle parole e
dei gruppi di parole.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 21
Titolo: La sintassi
Attività n°: 1

La sintassi analizza i sintagmi, ovvero


le minime combinazioni di morfemi
usabili come unità lessicali autonome.
I sintagmi per l’italiano sono: SN
(sintagma nominale), SV (sintagma
verbale), SAgg (sintagma aggettivale)
e Sprep (sintagma preposizionale).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 21
Titolo: La sintassi
Attività n°: 1

L’elemento al quale si configura


un sintagma è chiamato testa
sintagmatica:

SN
Art N
il cane
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 21
Titolo: La sintassi
Attività n°: 1

Per analizzare sintatticamente una


frase occorre individuare i costituenti
immediati o indicatori sintagmatici

Art N V Art N
Il pappagallo becca i semini
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 21
Titolo: La sintassi
Attività n°: 1

I costituenti immediati vengono


raggruppati in sintagmi, sulla base
delle teste
F
SN SV
SN
Art N V Art N
Il pappagallo becca i semini
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 21
Titolo: Elementi di sintassi

Attività di preparazione

Cosa sono i verbi parasintetici? Fornire almeno due esempi.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 21
Titolo: Elementi di sintassi

Attività di preparazione

Di che cosa si occupa la sintassi?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 22
Titolo: Elementi di sintassi 2

Attività di preparazione

Illustrare la tipologia delle dipendenze esposta all’interno del


manuale del corso di Gobber e Morani, cap. 6.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 22
Titolo: Elementi di sintassi 2

Attività di preparazione

Qual è l’ambiguità per la costruzione “Calzettoni per bambini


elastici”?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 22
Titolo: Elementi di sintassi 2

Attività di preparazione

Scomporre in costituenti immediati e analizzare i sintagmi


presenti nelle frasi:

Pelino mangia i suoi croccantini


Lucia scrive le lettere velocemente
Francesco lavora come professore di francese

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 22
Titolo: Elementi di sintassi 2

Attività di preparazione

Che cosa si intende per sintagma?

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1

In questa lezione ci occupiamo di tipologia linguistica,


dell’indagine sulle lingue nel mondo.

Gli studiosi non sono concordi nel definire il numero


esatto o approssimativo di lingue parlate nel mondo. Il
range oscilla fra le 2.200 e le 12.000 [Berruto
2006:115)] ma il Summer Institute of Linguistics di
Dallas ha elaborato un archivio online, Ethnolgue.com,
fruibile gratuitamente.
Ethnologue censisce circa 6.900 lingue.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1

L’Italia è il caso esemplare di questa complessità


tassonomica. All’interno del Paese sono parlati:

- una lingua nazionale

- lingue minoritarie riconosciute (~10)

- dialetti (~20)
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1

I sistemi linguistici possono essere


raggruppati in famiglie.
Il riconoscimento di una parentela è
evidente se si comparano 200 termini
comuni.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1

La famiglia rappresenta il più alto livello di


parentela ricostruibile. Le branche della
linguistica coinvolte nel processo di ricostruzione
sono:

- Linguistica tipologica
- Linguistica storica
- Linguistica comparativa
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1

Oltre alla famiglia, le lingue sono ulteriormente raggruppabili in


rami, gruppi e sottogruppi.

Es. Famiglia Indoeuropea > Ramo neolatino >


Gruppo occidentale > Sottogruppo italo-romanzo.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1

Lista esemplificativa di famiglie

- Lingue indoeuropee (140)


- Lingue uraliche (24, ungherese, finlandese)
- Lingue altaiche (turco, giapponese, coreano)
- Lingue caucasiche (georgiano, ceceno)
- Lingue dravidiche (tamil)
- Lingue sinotibetane (circa 260, cinese, birmano)
- Lingue paleosiberiane (coriaco, ciukcio)
- Lingue austroasiatiche (vietnamita, khmer)
- Lingue afroasiatiche (240, arabo, ebraico, maltese, somalo)
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1

Lista esemplificativa di famiglie

- Lingue kam-thai (thailandese)


- Lingue austronesiane (960, malese, tagalog, maori)
- Lingue australiane (170, lingue papua)
- Lingue nilotico-sahariane (140, nubiano)
- Lingue niger-cordofaniane (1060, bantu, swahili, zulu,
yoruba, igbo, bambara)
- Lingue khoisan (nama, kwadi)
- Lingue amerindiane (610, eschimese, navaho,
cherokee, nahuatl, quechua, guaranì)
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1

Lingue più parlate nel mondo

1. Cinese mandarino 848


2. Inglese 414
3. Spagnolo 410
4. Hindi-Urdu 324
5. Arabo 237
6. Portoghese 240
8. Russo 167
10. Tedesco 85
15. Francese 75
21. Italiano 64
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1

American Colleges & university students (2013)


Rank Language Enrollments Percentage
1 Spanish 790,756 50.6%
2 French 197,757 12.7%
American Sign
3 109,577 7.0%
Language
4 German 86,700 5.5%
5 Italian 71,285 4.6%
6 Japanese 66,740 4.3%
7 Chinese 61,055 3.9%
8 Arabic 32,286 2.1%
9 Latin 27,192 1.7%
10 Russian 21,962 1.4%
11 Greek, Ancient 12,917 0.8%
12 Hebrew, Biblical 12,551 0.8%
13 Portuguese 12,415 0.8%
14 Korean 12,229 0.8%
Hebrew,
15 6,698 0.4%
Modern
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 23
Titolo: Tipologia linguistica
Attività n°: 1

In Europa sono parlate lingue appartenenti a cinque


famiglie differenti:

1) Lingue indoeuropee
2) Lingue uraliche
3) Lingue altaiche
4) Lingue caucasiche
5) Lingue semitiche (maltese)

e alcune lingue isolate (basco))


Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 24
Titolo: Tipologia linguistica

Attività di preparazione

Perché è complicato contare le lingue nel mondo?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 24
Titolo: Tipologia linguistica

Attività di preparazione

Analizzare rispetto alla suddivisione per famiglie, rami, gruppi e


sottogruppi le lingue seguenti:

albanese
rumeno
spagnolo
tedesco
catalano
swahili
turco
giapponese
coreano
russo

Pag.
IOSR Journal Of Humanities And Social Science (IOSR-JHSS)
Volume 20, Issue 3, Ver. V (Mar. 2015), PP 14-21
e-ISSN: 2279-0837, p-ISSN: 2279-0845.
www.iosrjournals.org

“The Concept of Pidgin and Creole”


Baba Zanna Isa1, Khadijat Alhassan Halilu2, Hajja Karu Ahmed3,
of the Department of Languages and Liberal Studies, Ramat Polytechnic P. M. B. 1070 Maiduguri
of College of Agriculture, JalingoTaraba State
of the Department of Languages and Liberal Studies, Ramat Polytechnic P.M.B. 1070 Maiduguri.

Abstract: This work is mainly looking at the origin of both pidgin and creole, because there are lotsof
arguments on where they are originated from. It can trace back to whether the contact between languages in
Africa or the communication between slaves and their masters in Caribbean. To clear such arguments we
brought theories that looked at them (pidgin and creole) in different angles, and we have suggested our thought
about it.
Keywords: pidgin, creole, definition, and origin

I. General Introduction
Language is just like a chain that has been transmitted from one generation to another without
separation. In the normal situation, the present generation should inherit language from their ancestors,
sometimes with some minor changes, but in the case of language transfer there will be a major change, and this
change will lead to emerge of new language, but it is gradually, it takes centuries or even millennia before its
actualization. There are two ways Bickerton (1984) suggested in which language come into existence: one is
through catastrophic way and the other is gradually. The latter is the more usual way, but the former is the
carrying vital information on the nature of language in general.
What the discussion above is saying, issue of language in general, let‟s go further and narrow ourselves
to the focus area which is pidgin and creole languages. Let‟s look at their definitions separately for more
clarification:

II. Pidgin And Creole Languages


Definition of Pidgin
Pidgin is a type of simplified language which came into existence as a result of contact between two or
more languages in order to find a means of communication, according to (Wikipedia). This situation mostly
occurs in trade, plantation and colonization. Pidgin is said to be language with simplified syntax, word order etc.
because it is constructed in an unplanned way, or it is given birth or been developed by unintelligible languages,
Bickerton (1984). It‟s not all simplified languages are pidgin. It is not a native to anyone but learnt as a second
language by many. Other definitions are: Pidgin and creole are emerged languages in need of communication
among people who don‟t have single language to use – e.g. among plantation labourers who came from different
geographic origins, Jeff (2008). Pidgin is a language system that developed among people that don‟t have
common language to share, it is a language of contact situation where there is no common language to use. Todd
(1974 pp. 1) defined pidgin as “A pidgin is a marginal language which arises to fulfil certain restricted
communication needs among people who have no common language”. This definition seems to Rickford
(1977a) as unsatisfied and there is a disagreement with the definition. This disagreement came when Rickford
reviewed Todd‟s paper and saying that though it is satisfied to many linguists and scholars, but there are lot of
difficulties with the definition because it focused only on the social and communicative role of the languages
rather than their linguistic characteristics.
When you critically examine the definition of pidgin, there are two things involved: one is the
circumstances in which it has been developed (i.e. the contact situation). Secondly, the purpose of its
development is to have a common language among the contact people. It is obvious to say that the contact
condition brought pidgin into existence and the purpose of having common language among people that keeping
or maintaining its existence.

Definition of Creole
A creole is a naturalized stable language that came into existence through mixed parent languages,
Wikipedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Creole_language ). It is a language that developed or derived from
pidgin. When a language has its origin from an extended between more communities, one of which is European
language then it is called a creole. Creole integrates characteristics from the all the parent languages to establish

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“The Concept Of Pidgin And Creole”

the mother tongue of a community. Creole has native speakers, unlike pidgin it is first language to children of
the community where it has been spoken, that n is to say, it is a mother tongue to children. This language is
invented by children Bickerton (1988), and became a primary language to them. It is has a grammatically
structured form and many of its vocabularies were derived from the superstrate language. Literally, superstrate
means any stratum or layer superimposed on another, and linguistically is the major language in which pidgins
are based and has large number of vocabularies i.e. dominant language. Todd (1974 pp. 3) also defined creole
this way “A creole arises when a pidgin becomes the mother tongue of a speech-community”
It is simpler to define a creole, any pidgin that become stable and learn by children as their mother
tongue. There are two essential things here stability and learning by children because these are the bedrock of it.
The definitions of the two languages have revealed to us that they have many things in common as well as
differences which give room to people to start thinking and arguing of sameness and differences between pidgin
and creole. For example Mufwene (2001) argued that, pidgin and creole are different languages. Basing his
argument on language evolution saying that if an internalized language can be classified as separate or dialect of
the same language then creole is also a separate language. Still to others they look the same, or one cannot do
without the other “…a creole was impossible without an antecedent pidgin… Moreover, there was no empirical
basis on which to challenge the claim that a uniform, systematic pidgin was the immediate ancestor of a
creole…” Bickerton in Linguistics: Cambridge Survey (1989: 272). Pidgin that IS always evolving into Creole,
in other word pidgin is an antecedent of creole. The question now is that, what made sameness and differences?
To find an answer to this question, we have to look at the similarities and differences of both.

III. The Differences And Similarities Of Pidgin And Creole


Similarities
Both languages are naturally arising in a contact situation due to lack of common language to share
among group of people, and serve the purpose of lingua franca (language of wider communication). Though to
some extent pidgin and lingua franca are the same, just like the way Wardhaugh defined pidgin as “Pidgin and
creole are arise from a basic need that people who speak different languages have to find a common system of
communication. Such a common system is often called a lingua franca.” To strengthen this view, Wardhaugh
referred to the definition of lingua franca by UNESCO in 1953. „a language which is used habitually by people
whose mother tongues are different in order to facilitate communication between them‟ (pp. 56). But the reason
for saying serve as a lingua franca is that, it can be spread and use by other communities not necessarily only by
the people who were involved in the contact situation, while at the initial stage of pidgin it is restricted to only
those who were involved in the contact situation. Onuigbo (1999: 200) claims that “What began originally as a
trade language gradually grew into a compromise language for wider communication”. Creole is derived from
pidgin but the pidgin is a secondary language which developed by speakers of unintelligible languages in a
contact situation for the purpose of communication, Bickerton (1984). But Mufwene (2001) has a different view
in which he claims that pidgin and creole arise individualistically under different conditions, and it is not
necessary for a creole to be preceded by a pidgin or a creole to develop from a pidgin. Pidgin is fully adequate
(adequate in the sense that able to fulfil the need for communication among the people of different languages)
language, it is derived from the process of pidginization, and it is evolved from trade, colonization and
plantation areas,that involves many languages but no one is predominant, and creole often evolve from pidgin,
through the creolization or nativization process. Creole is developed out of pidgin (pidgin is the antecedent of
creole). Todd (1974) referred to the two languages as “Popularly, they are thought to be inferior, haphazard,
broken, bastardized version of older, longer established language” pp. 1

Differences
Pidgin has no native speakers while creole has native speakers, the former is created by adults, but the
latter is invented by children. Linguistically, Pidgin‟s form and grammar is simplified and reduced, sometimes
can even die out, but creole is a stable and developed into full-fledged complete and adequate natural language.
Creoleoften exists in post-colonial areasand it is used as a daily vernacular, while pidgin mostly exists in
colonial period (i.e. the European based pidgins, not that we don‟t have pidgins presently, there are lot of
pidgins existing today), and some in pre-colonial time and its usage is restricted. Creole has less or elaborated
grammatical structures in grammar than older languages do i.e. it can be standardized or not, but definitely more
than pidgin.It has much variation but coherent sociolinguistic norms (of evaluation/integration), has wider
domains and are used more for expressive, and Pidgin is a product of incomplete second language acquisition,
and it has small core vocabularies and borrowed extensively outside.It has a little system but surface grammar
with much variation.Pidgins in general having a simplified linguistic structure which include all aspect of
grammars when compare them with their lexifiers. These aspects are in terms of semantics, syntax, morphology,
lexicon and phonology. Sebba (1997) labels the reduced structural system into four structures in attribution to
pidgin grammar. According to his suggestion some of them are also usable for creoles:

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“The Concept Of Pidgin And Creole”

1. Lack of surface grammatical complexity


2. Lack of morphological complexity
3. Preference for semantic transparency
4. Reduction in vocabulary
There is additional one that found which is not part of Sebba‟s suggested structures i.e. phonological
simplicity. Now in totally we have five features of surface structure in pidgin. These designed features can also
be used or shared by creoles across the world.
Cambridge Survey Vol. 2.Sociolinguistically, Bickerton has stated that, pidgin has no or incoherent
norms of interpretationwith limited domains for expressive and communicative functions. Typically, it either
dies out or evolves into Creole through the process of creolization or nativization. Rickford (1977) claimed that
pidginized modifications which went through difficulties and linguistics expansion process, then the creole may
be used for any new stable variety that results from this process, but Bickerton (1984) have argued that there
was no evidence which will show the expansion of creole.
If you carefully examine the situation between the two languages, they are more of different languages
than the same. For example, linguist like Mufwene (2001) argued that, pidgin and creole are different languages.
Basing his argument on language evolution saying that if an internalized language can be classified as separate
or dialect of the same language then creole is also a separate language.
I am strongly convinced by the differences than the similarities, because they are more of separate
languages than connected, even though they have many things in common as well. There are lot of theories that
explained about these languages (pidgin and creole), and will give us clues on what we have discussed, and
details on our further studies. But before then, let‟s look at these opinions on the origin of pidgin and creole.

IV. Terms And Issues Related To Origin Of Pidgin


Pidgins came into existence through colonization, plantation and/or trade. The languages that played
major role during such period were the ones responsible for the emergence of pidgin. Such languages were:
Spanish, French, Portuguese, English and Dutch. There are some terms in relation to pidgin and creole. These
terms are: „superstrate‟, „substrate‟ and „adstrate‟. The major language in which pidgins are based and has large
number of vocabularies (dominant language) is called superstrate. Minority languages that contributed less in
terms of vocabularies (subordinate language) are the substrate. Language that is neither dominant nor
subordinate, mostly come into pidgin after the initial contact has taken place. For example, English language is
the superstrate in case of Nigerian Pidgin English and Papua New Guinea‟s Creole, while other minority
languages that were in contact during the pidginization are serving as substrate e.g. in the case of Nigeria, Benin
language, Igbo, Yoruba among others. The present languages in the area where pidgin is spoken and later their
vocabularies were borrowed into the pidgin are the adstrate. I will still give example with Nigerian situation,
Hausa language is adstrate because it was later that its vocabularies were borrowed into the pidgin.
The term pidgin has a number of opinions on where it was originated. There are lot of converses on the
term, but none is accepted by the community of academicians and linguists:
1) Pidgin („Pidian‟) means people in Southern American language called YayoKleinecke (1959) according to
a source
http://www.uni-due.de/SVE/VARS_PidginsAndCreoles.htm#origin . This kind of source cannot be
believed because this kind of form (Pidian) can be a name in the language e.g. „Mapidian‟, „Tarapidian‟ etc.
and still claimed that it could be misspelling.
2) „Ocupacao‟ means occupation, trade or job in Portuguese. Portuguese were among the first European
traders that travelled to third world countries and encouraged the indigenous with their language, but it is
difficult to explain phonetically or morphosyntactically how the original word shift to pidgin form.
3) Chinese corruption of the word business. As the word is used for any action or occupation (cf. joss-pidgin
„religion‟ and chow-chow-pidgin „cooking') It shouldn‟t be amazing that the word pidgin is been used for a
language variety which arose for trading purposes.
4) „Pidjom‟ meaning „barter‟ in Hebrew word. This opinion is stronger and accepted both phonetically and
semantically. On the distribution of a Jewish word outside of Europe and its acceptance as a general term
for a trade language.
5) The term is claimed to be derived from „pequenoportugues‟, Hancock (1972). It is broken Portuguese
spoken by non-educated people in Angola. This opinion is somehow accepted semantically. If you look at
the word „pequeno‟ is used to refer to „offspring‟, in this case a language derived from another.
Phonetically, the changes to /pidgin/ is not hard to explain: /peke:no/ > /pege:n/ > /pigin/ > /pidgin/
(however it is not being proved).

Muhlhausler (1986) has strengthened the history or the origin of the term pidgin, saying that all of the
above origins are genuine, basing his reason as, all are in agreement with the nature of pidgin languages.

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“The Concept Of Pidgin And Creole”

Because they emerge as vehicles of intercommunication between speakers of many different languages,
coincidence of form and similarity of meaning across languages will give a word a high survival rate.
There are no or less controversies on the term Creole than Pidgin. The word is seems to have derived
from French „Creole‟. It quite closer to Portuguese „crioulo‟ than Spanish „criollo‟ though it goes back to Iberian
meaning „breed, bring up, to nurse‟, but the present meaning is a native to a locality or country. In the
seventeenth century, it was originally used to refer to people from European countries born in the colonies.
Semantically, the word Creole changed to refer to customs and languages of people in the colonies. Later it
changed to language emerged of pidgin based on European languages like Portuguese, English, Spanish, French
or Dutch. Now the term refer to any language of such situation, regardless of what input language is. Creole is
the pidgins that learn by children as their first or native language then is called Creole. The difference between
pidgin and Creole is not so much but it is significant to some extent. To some they are different, to others they
are the same. Those that having the idea of difference may be based their reason with the Chomskyan paradigm
of 1957. The Chomskyan paradigm of 1957 here, we are referring to syntactic structure which laid the
foundation for “transformational generative grammar” (TGG). This model was designed to separate between
superficial sentence structure and the deep or logical structure. In TGG the sentence is represented at different
levels, the only level representing the surface grammar is the phonetic level, while the semantic, syntactic and
phonological levels are representing the deep structure. This type of difference is always enabling TGG to
explain any ambiguous sentence. Now in relation to pidgin and creole, the grammar in pidgin is simplified but
when it evolved into creole it became more complex. The claim of those who seen the two languages (pidgin
and creole) as different basing their argument on the grammar aspect, and relating it to TGG.
Kouwenberg and Singler (2009) explained the emphasis of the paradigm. In the interaction of language
and mind, the brain has been structured universally with features that distinguish all languages.
All these ideas will not give us clear picture of pidgin and creole origin; we need more details that will
back these opinions. That is why the following theories were looked into consideration.

V. Theories Of Pidgins And Creoles


In the last hundred years there were several theories proposed by different initiators that explained the
origin of pidgin. These theories were classified into five groups, and they overlap with one another. Sometimes
there will be a possibility of mixture of origin, (pidgin and creole, theories of origin, and developmental stages).
There are several theories from different initiators backing issue of pidgin and creole languages which we are
going to look at them one by one. Looking at them should include the discussion of their problems. Todd (1974)
identified and listed four theories of pidgins and creoles with their developers, and we got additional one which
is the recent among the theories from Atlantic group:

1. The nautical jargon theory


John Reinecke came up with the idea of nautical jargon in 1938, suggesting that it could have been the
basis of almost all the pidgins and creoles. What this theory is hypothesizing is that, members of crews in ships
wanted to develop a „dominant‟ language i.e. common language among the European sailors of 18th and 19th
century. This was brought because the crews‟ members were comprised of different men from variety of dialects
and languages. This led to the development of core vocabularies of nautical items with simplified grammar.
Regardless of where the language varieties are spoken, pidgins display several of these lexical items. The
possible influence of nautical jargon has noted in pidgins. “The nautical jargon theory assumes that pidgins are
derived from the lingua franca used by the crews of ships, presumably through trading and other contacts.” That
is the view of Mª Teresa Galarza Ballester. Therefore, the nautical jargon would have provided basis for the
pidgin which would have been expanded according to model of the learners‟ mother tongue. Such suggestion
would help to justify the similarity and dissimilarity that took place in pidgin and Creole Englishes. „Capsize‟
goes with the meaning turn-over or spill in both West Atlantic and Pacific pidgins, so, also applied to some
other words in the languages of pidgin and creole.
One of the shortcomings of this theory is that it does not help to account for the many structural
similarities between pidgins which arose from different European languages, and other problem of this theory is
that if this is the case with all pidgin or how pidgin came into being, then there should be no actual languages
existing now except pidgins throughout the world because these crew of sailors were travelling throughout the
world not only English, Portuguese, Spanish, French people, but including Asians such as the Arabs and other
languages. This theory has weak points to stand strong or to convince. It is just an assumption, every setup of
people in every situation needs lingua-franca (a common language) to communicate if the setup comprises of
many languages. Yes, it is confusing and contradicting with the definition of pidgin itself, if we go by this
theory.

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“The Concept Of Pidgin And Creole”

2. The monogenetic/relexification theory


The idea of monogenetic theory was first brought by Hugo Schuchardt in the late 19th century, but
others argued that it was 15th century. Neither the year it doesn‟t matter, but later it has been stressed and
propagated by Taylor in 1961, and also by Thompson in the same year. The idea of this theory is that,
Portuguese pidgin is the one in which all European language based pidgin were derived from, it happened in
either 15th or 19th century. The argument here is that, the Portuguese itself is an artefact of lingua franca
(common means of communication or language of wider communication) for the crusaders and traders in the
Mediterranean area. This theory is considered as radical theory among all the theories. This may be the old
fashion language of wider communication (also called Sabir) which was used as auxiliary language. Evidence
has shown that language of wider communication differs in lexicon from place to place but its structure remains
the same and takes some similarities to modern pidgins and creoles. Some claimed that the lingua franca
survived for so long in the coast of North Africa which was confirmed from Tunisia and Algeria in late 19 th
century.
The theory claimed that the first set of Portuguese who sailed to the coast of West of Africa in 15 th
century would have used their form of lingua franca i.e. sabir subsequently in the 16 th and 17th centuries when
Portuguese recognition and influence started wane, the vocabularies of the established pidgins would have been
replaced by the new colonial languages such as English and French. Portuguese were among the first traders that
went to India and South East Asia a similar situation can be assumed to have found: the other European
languages would have replaced the Portuguese vocabularies of the origin Portuguese pidgin. Whereas many
creoles around the world have vocabularies based on languages other than Portuguese such as English, French,
Spanish and Dutch, for that it was theorized that such creoles were derived from this lingua franca by means of
relexification i.e. the process in which a pidgin or creole brought substantial amount of its vocabulary from
another language while keeping the grammar intact, (Wikipedia)
Sometimes the theories of monogenesis and relexification have a huge number of problems. The
complex characteristics of syntax which used by linguists to find out how the language is related to others have
been removed. In learning a second language, relexification accepts that, where people learn lexicon and
grammar independently and that will learn the latter and replace the former. Pidgin languages are naturally
unstructured, so relexification cannot determined the syntactic structure of a Creole because the language
doesn‟t have such structure. The relexification in this theory guesses a lot of impossibilities which doubtful or
difficult for language to spread around the entire tropical zone, to people of different language background, still
retain its grammatical structure from the lexifier, and apart from the changes in its phonology and vocabularies.
After all how can you learn lexicon and grammar separately and hoping to develop a structured language.

3. The baby-talk theory


This theory was developed by Charles Leland who considered pidgin as „baby talk‟ because of its
similarities with babies‟ effort to acquire first language. They have seen pidgin speakers and babies frequently
move toward the standard articulation, that they both use great amount of content words and limitedly few
function words, that in speech morphological change is either very rare or totally absent. There is no restriction
in word classes‟ formation and the pronominal contrast is regularly reduced. Similarities of such are still exist
between pidgin and child language and many scholars‟ attention have been drawn to this phenomenon in an
attempt to explain why and how pidgin came into being. In other word how they are classified, and the
following is the classification of the ideas of what they lack in the process of learning pidgin:
a) High percentage of content words with a correspondingly low number of function words
b) Little morphological marking
c) Word classes more flexible than in adult language (free conversion)
d) Contrasts in area of pronouns greatly reduced
e) Number of inflections minimised
All these features of a child‟s early acquisition of language are there in adult speakers of pidgin.
In my understanding this idea is not enough to base on, and it doesn‟t convinced me because the babies
effort situation is the same as in every second language learning be it a child or adult.

4. The independent parallel development theory


Among the first scholars who recognized and spread the resemblance of pidgin and Creole was Robert
A. Hall, Jr. and he still believed that they are arose and developed in an analogous lines. He and his supporters
of this theory considered that the similarities that exist can be justified for, by acknowledging these languages
(pidgins and creoles) are all derived from Indo–European languages regardless of the varieties. Many of the
speakers have common West African substratum and had to come to terms with similar physical and social
condition. The relevance features of this theory should not be left out and it come in two boundaries. Atlantic
and pacific pidgin Englishes have characteristics in common which Standard English doesn‟t have i.e. structural

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“The Concept Of Pidgin And Creole”

and lexical features. The second one, it is unfair to deny the West African contribution to Atlantic and Pacific
pidgins and creoles.
This theory still upholds that it is clear that all pidgins and creoles were developed and arose on the
independent and similar because were all derived from Indo-European languages in case of Atlantic varieties
because they all have common West African substratum.
The problem with this theory is stuck to only Atlantic pidgin and creole. What about the other
African pidgin like Southern and Eastern African Swahili pidgin Kouwenberg and Singler (2008) which was
developed as far back as 6th and 7th century and Ethiopian pidgin Arabic? And not talking of Galgaliya pidgin
found in Northern Nigerian, Zikin. I am seeing this theory is problematic, because it focuses and based on only
Atlantic pidgins and creoles.

5. Universalist theory
This theory is talking about the universal similarities of pidgin and creole in general, is the most recent
among all the theories. it claimed that similarities is the basic inclination among all humans to form languages of
similar category or systematic language with simple syntactic SVO with little or no reduction or other
complexities of sentence, with lexicon that makes maximum use of polysemy operating from limited
vocabulary, and devices use of reduplication, and simplified phonology.
This theory shared common features with the other theories. In a practical way, creole is predicted to
pristine value for linguistic limitations. For example “With the parameter pro-drop, whereby the personal
pronoun is not obligatory with verb forms (cf. Italian capisco „I understand'), the unmarked setting is for no pro-
drop to be allowed and indeed this is the situation in all pidgins and creoles…” (Atlantic Group). It is direct
oppose to independent and parallel theory because this one did not restrict itself to one side or particular section
of pidgin and creole. To me is the one that provided convincing points more than the other theories.
In support of the above theory, we brought this hypothesis to back it. It is called “The language Bio-
program Hypothesis” which was developed by Bickerton. The bio-program hypothesis is hypothesizing that
there is no doubt that the language (creole) is derived from pidgin, and their main idea is that the creole is been
invented by children using the biological program for language to transform the unstructured language (pidgin)
into a language with highly structured grammar. It is like responding to Chomsky‟s view that they theorized
language on mental organ. Bickerton and his followers were suggesting that there is a particular part of human
cognitive dedicated to language. This is the best hypothesis that supports this theory because the other theories
did not account for this fact. The inventor suggested that, this hypothesis provided a view which makes the child
freely change into the target language.
Whatever arguments people have about the origin of both pidgin and creole, we assumed that pidgin
and creole were originated from the contact situation in Africa (languages contact that took place in Africa in
pre-colonial period, colonial period, and post-colonial period among people who tried to find a common
language for communication). You can apply any of these theories to this situation that we discussed above and
will still give you a positive result, in the sense that pidgin and creole were originated from Africa.

VI. Developmental Stages Of Pidgins And Creoles


The developmental stages are categorized into four. These four categories usually appear in two
contexts where each context has a specific term for it. There are: social situation and linguistic correlation.
Social situation Linguistic correlation
1 Marginal contact Restricted pidgin
2 Nativization Extended pidgin
3 Mother tongue development Creole
4 Movement towards standard language Decreolization
(not necessarily input language)

Pidgin and creole usually undergo these stages for their development to take place. Pidgin has a life-cycle and
generally agreed that it is characterised into restricted and extended, it is obvious that pidgin start as a restricted
variety of language which used in a contact situation for the purpose of trading.

Process of pidginization and creolization


When language is limitedly used only for the purpose of communication among natives of different
languages, then pidginization process normally begins. It is restricted and undergone simplification and
admixture. If a new language emerged as a stable variety in such procedure, it is called pidgin. Rickfor (1977)
claimed that pidginized modifications which went through difficulties and linguistics expansion process, then
the creole may be used for any new stable variety that results from this process, but Bickerton (1984) have
argued that there was no evidence which will show the expansion of creole. Pidgin emerged involving simple
structures often commands and little number of words strained from the language of the superstrate, Todd

DOI: 10.9790/0837-20351421 www.iosrjournals.org 19 | Page


“The Concept Of Pidgin And Creole”

(1984). Pidgin and creole are always believed to be simplified languages, all sort of complexity that language
have has been reduced. They are simpler than their lexifier, Jeff (2008). In response to this issue of
simplification, Jeff (2008) quoted two authors with different views. McWhorter (2001, 2003), his article titled
“The World‟s simplest grammars are creole grammars”. In retaliation, DeGraff (2001a, 2001b) has clearly
stated that Haitian Creole is not simpler than other languages, citing an example that broad derivational
morphology is in existence in that language.
While creolization is the situation in which pidginized languages are extended in context in which it is
used and they must serve the functions of communication and expression. In often time this process is going to
link with children born into such situation, and then the pidginized languages are assumed to have undergone
complication and expansion of linguistic resources in the process. As a result of such process any stable
language that emerged is called a creole, Rickford (1977:191-2). Another explanation is from Rickford (1977)
“Creolization is the process by which one or more pidginized variants of a language (emerging from an initial
multilingual contact situation. . .) are extended in domains of use and in the range of communicative and
expressive functions they must serve. Frequently, but not necessarily, this process is associated with native use
by children born into the contact situation. The pidginized variants are assumed to undergo complication and
expansion of linguistic resources in the process, and the term Creole may be used for any new stable variety that
results from this process”

Reasons for the development of pidgin


When people were taken from Africa as slaves to North America to work on the plantation and mixed
with people from other parts of the world with different tribes, and there was a need to communicate among
themselves and their masters, so, pidgin was developed, because there was no common language to share
between them. The reason behind the development of this language, they could come up with the idea to escape
back to their land. This issue has been reported by Smelser et al (2002) that, it took place in nineteenth century
and they published it in international encyclopaedia of the social and behavioural sciences.
Pidgins came into existence through colonization. The languages that played major role during
colonization were the ones led to the emergence of pidgin. Such languages were: Spanish, French, Portuguese,
English and Dutch.
Creoles usually come into existence in one of the two following situations. Firstly, when people
(speakers of pidgin) were kept separately to deny them from speaking their various native languages, and were
forced to maintain the developed pidgin, and pass it to future generation, then the transition from pidgin to
creole will take place. This situation normally took place in the Caribbean and South American by the colonial
masters, they enforced it on the slaves. The second situation is when pidgin is purposely upgraded to higher
variety of language by social group; this situation is one happened in Papua New Guinea, and Cameroun, but
that of the Cameroun does not to some extent like the Papua New Guinea. The result for such situation, the
children of these speakers of such pidgin may or will end up speaking that pidgin as their first language.
Therefore, abandoning the native languages of their parents, and then the growth of linguistic stages for new
creole will take place and act as well developed language, because the language (pidgin) has been given or used
with full status.

References
[1]. Bickerton, Derek 1984 the language bioprogram hypothesis The Behavioural and Brain Sciences 1984 Vol. 7, pp 173-221
[2]. Bickerton, Derek. 1988 "Creole languages and the bioprogram", Linguistics: The Cambridge
[3]. Survey.1st ed. Vol. 2. Cambridge: Cambridge University Press, 1988. 268-284. Cambridge Books Online.Web. 08 July 2013.
http://dx.doi.org/10.1017/CBO9780511621055.016
[4]. Bickerton, D. and Muysken, P. 1988 "A dialog concerning the linguistic status of creole languages", Linguistics: The Cambridge
Survey. 1st ed. Vol. 2. Cambridge:
[5]. Cambridge University Press, 1988.302-306. Cambridge Books Online.Web. 08 July 2013.
http://dx.doi.org/10.1017/CBO9780511621055.018
[6]. Kouwenberg, S. and Singler, J. V. 2009 The hand book of pidgin and creole studies John Wiley and Sons 2009
[7]. Mª Teresa Galarza Ballesterhttp://mural.uv.es/mgaba/an%20overview.html
[8]. Mufwene, Salikoko S. 2001 The ecology of language evolution Cambridge; New York: Cambridge University Press, 2001
[9]. N.J. Smelser, James Wright, P.B. Baltes and Dennis Hodgson 2002 “international encyclopedia of the Social and Behavioral
Sciences” Fairfield University
[10]. Rickford. J. 1977a the field of pidgin-creole studiesA review article on Loreto Todd‟s “pidgin and creole”. London: Routledge and
Kegan Paul, 1974. World Literature Written inEnglish (MLA Division 3) 16: 477-513.
[11]. Sebba, Mark (1997): Contact Languages: Pidgins and Creoles. London, Macmillan.
[12]. Todd, L. 1974 Pidgin and Creole by Routledge and Kegan Paul Ltd. 3 rd Ed. By Taylor and Francis e-Library, 2005
[13]. Vidanović, Ð. 2006 the kuhnian aspects of the chomskyan scientific paradigmFacta
[14]. Universitatis Series: linguistics and literature UDC 81-116.6 81'364,vol. 4, no 1, 2006, pp. 19 - 26
[15]. Wardhaugh, R. An Introduction to Sociolinguistics, second edition
https://www.webdepot.umontreal.ca/Usagers/tuitekj/MonDepotPublic/cours/2611pdf/Wardhaugh-Pidgin.pdf

DOI: 10.9790/0837-20351421 www.iosrjournals.org 20 | Page


“The Concept Of Pidgin And Creole”

Extra links:
http://courses.essex.ac.uk/lg/lg449/creoledefs.html Accessed on 14/07/13
www.personal.umich.edu/~thomason/temp/lgcont7.pdf Accessed on 12/05/2013
http://courses.essex.ac.uk/lg/lg449/pidgindefs.html Accessed on 14/07/13
http://www.uni-due.de/SVE/VARS_PidginsAndCreoles.htmAccessed on 11/07/13
http://en.wikipedia.org/wiki/Monogenetic_theory_of_pidgins Accessed on 16/07/13
http://way.net/creole/p-c_mono.html Accessed on 16/07/13
http://www.muturzikin.com/cartepidgin.htm Accessed on 16/07/13
http://en.wikipedia.org/wiki/Pidgin Accessed on 11/08/13.

DOI: 10.9790/0837-20351421 www.iosrjournals.org 21 | Page


Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 24
Titolo: Tipologia linguistica 2

Attività di preparazione

Come si crea un pidgin? La risposta si trova all’interno


dell’allegato “Lezione 24.pdf”.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 24
Titolo: Tipologia linguistica 2

Attività di preparazione

Quali sono le differenze fra pidgin e creolo? La risposta si trova


all’interno dell’allegato “Lezione 24.pdf”.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 24
Titolo: Tipologia linguistica 2

Attività di preparazione

Che cos’è un dialetto?

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1

In questa lezione tratteremo la politica


linguistica, la pianificazione della lingua e
le minoranze linguistiche presenti in Italia.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1

La pluralità linguistica rappresenta un banco di


prova della pluralità culturale.
Qualsiasi strategia che un governo o
un’amministrazione si proponga di adottare
rientra nel campo della politica linguistica. La
messa in atto della politica linguistica si
concretizza nella pianificazione linguistica.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1

La pianificazione linguistica può


riguardare il corpus o lo status di una
lingua [Crystal 1987].
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1

La pianificazione del corpus riguarda la


struttura della lingua. Si introducono
cambiamenti nella struttura di una lingua
a varietà a livello di grammatica,
pronuncia, spelling e lessico.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1

Per l’inglese:

J. Swift nel 1712 pubblicò A Proposal for


Correcting, Improving and Ascertaining the
English Tongue; Noah Webster nel XIX secolo
propose alcune riforme ortografiche che ancora
oggi distinguono l’inglese britannico da quello
americano (Theatre/Theater; Labour/Labor).
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1

Per il francese:

Richelieu nel 1635 fondò l’Académie


Française, nel tentativo di fissare la
grammatica e codificare il lessico; nel
1694 le Dictionaire de l’Académie
stabilisce il bel usage, la lingua di corte
come varietà suprema.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1

Per il tedesco:

Recentemente la presenza di <ß> dopo


vocale breve accentata è stata sostituita da
<ss>, come nel caso di mußte>musste.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1

Per l’italiano:

Nel 1582 viene fondata l’Accademia della


Crusca, il cui motto è il verso petrarchesco «il
più bel fior ne coglie». Nel ventennio fascista
vengono emanate alcune leggi rispetto
all’abolizione dei forestierismi (pena l’arresto
fino ai sei mesi o 5.000 lire di ammenda). Si
sono prodotte alcune forme come *barro (bar),
*bidetto (bidet), *sciampagna (champagne).
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1

Si definisce pianificata una lingua frutto di ingegneria


linguistica, anziché di una glottogenesi.
Le lingue artificiali si dividono in lingue a priori (radici
artificiali) e lingue a posteriori (radici naturali).
Le lingue a posteriori si suddividono in lingue minimali
vive (Basic English 1928) o morte (Latino sineflexione
XX secolo), lingue miste a derivazione schematica
(Volapük) o a derivazione schematica e naturalistica
(Esperanto).
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 25
Titolo: Pianificazione linguistica
Attività n°: 1

L’esperanto è stato fondato dal medico polacco


Lazar Ludwig Zamenhof nel 1887 (Internacia
Lingvo) e codificato nel 1905 (Fundamento de
Esperanto). Rappresenta un lingua a
posteriormista con derivazione in parte
schematica, in parte naturalistica.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 25
Titolo: La pianificazione linguistica

Attività di preparazione

Analizzare il breve tratto di esperanto. Che cosa nota sul piano


linguistico? Si capisce oppure no? Che cosa si capisce? Come è
strutturata la lingua?

Pri la neceso paroli Esperanton


Vi eble miros, ke mi parolas al vi ne ruse, sed esperante; vi eble diros, ke ĉar ni
havas nun kongreson de samregnanoj kaj ĉiuj, aŭ almenaŭ preskaŭ ĉiuj ĝiaj
partoprenantoj komprenas tre bone la saman lingvon, estas multe pli nature
paroli al ili en tiu lingvo. Ekzistas tamen gravaj kaŭzoj, pro kiuj mi elektis por mia
parolo tiun lingvon, por kiu ni batalas kaj por kiu ni kunvenis.

Niaj kongresoj, ne sole la universalaj, sed ankaŭ la naciaj, havas antaŭ


ĉio signifon instruan kaj edukan. Esperantistoj, disĵetitaj en diversaj urboj kaj
urbetoj, kunvenas en pli aŭ malpli granda amaso, por aŭdi nian lingvon, por
kontroli, ĉu ili ĝuste lernis la lingvon, ĉu ili bone ĝin komprenas, por kompari sian
propran manieron de parolado kun la parolmaniero de pli spertaj esperantistoj.
Kiam ili poste revenas hejmen, ili ne sole mem parolas pli pure, sed ili alportas
modelon de bona parolado al tiuj, kiuj restis hejme. Tiamaniere la kongresoj
reguligas la uzadon de la lingvo, kaj danke al niaj kongresoj jam nunoni parolas
Esperanton perfekte egale ne sole en la plej malproksimaj anguloj de ĉiu aparta
regno, sed en ĉiuj plej malsamaj lokoj de la tuta tera globo. Jam nun, kiam oni
aŭdas bonan kaj spertan esperantan oratoron, oni neniel povas diveni, al kiu
nacio aŭ lando li apartenas. La plena aŭtonomia vivo de nia lingvo, kun ĝia
absolute propra, ne pruntita kaj ne imitita spirito, ĉiam pli kaj pli
fortiĝas tiamaniere, kvazaŭ ĉiuj esperantistoj de la mondo loĝus kune sur unu
malgranda peco da tero.

Ne malpli grava estas la eduka signifo de la esperantistaj kongresoj. Izolitaj


esperantistoj, kiuj neniam havis la eblon praktike apliki tion, kion ili lernis, ofte
dubas, ĉu efektive per Esperanto oni povas tute bone interkompreniĝi. Eĉ
interne de la esperantistaj grupoj oni ofte ne kuraĝas paroli esperante, oni
balbutas, oni preferas paroli en sia nacia lingvo, kaj proporcie al la nekuraĝeco Pag.
de la parolado aperas ankaŭ nekuraĝeco de propagando, ĉar la esperantistoj-
balbutantoj malgraŭ-vole ne povas liberigi sin de la timo, ke eble tamen
Esperanto estas afero pli teoria, ol praktika. Sed kiam la balbutanto venas al
kongreso, kie li havas la eblon aŭdi bonajn kaj spertajn esperantistajn oratorojn,
kiam li per siaj propraj oreloj kaj okuloj konvinkiĝas, kiel bele kaj flue oni povas
paroli en Esperanto, li entuziasmiĝas, li vidas, ke li laboras por io viva kaj
vivoplena, li revenas hejmen kun nova kuraĝo kaj energio. Niaj kongresoj, ne
sole la universalaj, sed ankaŭ la lokaj, tiamaniere edukas konvinkitajn, sekve
ankaŭ entuziasmajn batalantojn por nia afero.

Tio estas la ĉefaj motivoj, pro kiuj ni el ĉiuj niaj kongresoj, ne sole en la
universalaj, sed ankaŭ en la naciaj aŭ regionaj, nepre devas paroli ne sole pri
Esperanto, sed ankaŭ per Esperanto.

[Tratto da http://www.esperanto.it/kirek/tekstoj/teksto_prilaneceso.html,
ultima consultazione 03/09/2017]
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 25
Titolo: La pianificazione linguistica

Attività di preparazione

Conosce qualche lingua di minoranza in Italia? Svolga una


ricerca su una lingua di minoranza a scelta, meglio se presente
nel territorio nel quale vive.

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1

Si definisce lingua minoritaria un codice


linguistico impiegato da una comunità
linguistica che possiede tale codice come
lingua materna all’interno di un territorio
nel quale la maggioranza della
popolazione ha un’altra lingua materna.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1

In Italia, i tedescofoni parlano una lingua


di minoranza, ma in Alto Adige, la lingua
di minoranza è l’italiano.
Il concetto di maggioranza/minoranza è
relativo e dipende dal territorio.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1

Il gallese, cymraeg - lingua celtica,


parlato da più di un milione di parlanti
rappresenta bene l’atteggiamento che la
politica maggioritaria può adottare. Fino
al 1967 è stato fortemente osteggiato,
per essere, a partire da questa data,
valorizzato.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1

Le lingue di minoranza possono essere


storiche o recenti e sono tutelate
dall’articolo 6 della Costituzione italiana e
dalla Legge 482 del 15/12/1999 (lim.
albanese, catalano, germanico, greco,
sloveno, croato, francese, franco-
provenzale, friulano, ladino, occitano e
sardo).
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1

In realtà qualsiasi dialetto (veneto,


piemontese, lombardo, ligure), così come
qualsiasi lingua etnica o di comunità
(arabo, albanese contemporaneo, cinese,
rumeno, romanés) sono da considerare
lingue minoritarie.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1

L’albanese (lingua indoeuropea isolata) è parlato


in Calabria, Basilicata, Sicilia, Puglia, Molise,
Sicilia, Abruzzo, Campania. Conta più di 85.000
parlanti ed è originato da migrazioni tosche del
XV secolo.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1

Il catalano (lingua indoeuropea, ramo romanzo)


è parlato ad Alghero (Sassari) da 20.000
parlanti. È arrivato ad Alghero per mezzo della
conquista del XIV secolo da parte del Regno di
Aragona.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1

Il tedesco (lingua indoeuropea, ramo


germanico) è parlato come
- dialetti tirolesi, Alto Adige, 280.000 parlanti;
- dialetto walser (Valle d’Aosta e Piemonte);
- dialetto mocheno (provincia di Trento);
- dialetto pustero-carinziano (Veneto);
- dialetto cimbrico (Veneto);
-dialetto carinziano (Friuli), 10.000 parlanti.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1

Il greco (lingua indoeuropea isolata) è


parlato in Puglia - grico e in Calabria -
romaico. Si contano 35.000 parlanti.
Discendono dalla Magna Grecia o da
immigrazioni di epoca bizantina.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 26
Titolo: Lingue di minoranza
Attività n°: 1

Lo sloveno (lingua indoeuropea, ramo slavo) è


parlato in Friuli Venezia Giulia, conta 120.000
parlanti. Una parte del Friuli faceva parte del
Regno Austro-ungarico e del Regno di Slovenia
e di Croazia, prima di essere governato
dall’Italia, dalla Germania nazista e dalla
Jugoslavia comunista. In questi due secoli di
alternanze, la comunità slovena si è insediata.
PAOLO NITTI, ALESSIA CHINDAMO

Linguistica di minoranza: il romanès

La lingua romanì

La lingua dei rom


Quale lingua parlano i rom? Esiste una varietà comune per queste comunità che nel corso della
storia hanno attraversato diversi continenti? Nonostante l’assenza di una tradizione scritta e gli
interventi di repressione, non solo linguistica, di cui è stato oggetto questo popolo, esso è riuscito a
conservare una lingua, il romanès, che rappresenta un elemento chiave di identificazione e un
mezzo privilegiato di trasmissione dei valori, “specchio fedele della storia e della cultura delle
comunità romanès”1.
È necessario precisare che non esiste un’uniformità linguistica reale: durante la lunga diaspora
dall’India all’Occidente, il romanès, ha accolto un numero significativo di tratti linguistici dei Paesi
attraversati, tanto da dare origine a diverse varietà di romanès, comunemente chiamate “dialetti
zingari”; grazie alla lingua, infatti, è stato possibile ricostruire la storia di questo popolo, dalle
origini indiane fino alle migrazioni più recenti.
I tentativi dei romanologi di ambito europeo per individuare una forma linguistica standard sono
molteplici e interessanti, ma gli ostacoli risultano altrettanto numerosi, anche in relazione alle
difficoltà da parte degli studiosi di confrontarsi con una lingua di cui spesso gli stessi parlanti hanno
scarsa consapevolezza formale; degni di nota, tuttavia, sono i contributi degli studiosi nei convegni
della Rromani Ùnia del 1986 e 1990 per una prima standardizzazione ortografica. Il dibattito tra i
romanologi è in ogni modo vivo e controverso, soprattutto sulla classificazione delle varietà: alcuni,
come Gillian Smith e Hancock, hanno proposto una classificazione basata sulle caratteristiche
strutturali della lingua (ad esempio, i dialetti vlax e non vlax si differenziano per la presenza o meno
del romeno a livello lessicale); altri, tra i quali ricordiamo l’italiano Giulio Soravia, fondano la sua
tassonomia prendendo in considerazione la collocazione geografica delle diverse comunità (gruppo
danubiano, britannico, finnico, ecc.).
Lo scenario linguistico in cui vivono i rom, in ogni modo, descrive un panorama molteplice e
variegato. Esso è composto da: una varietà di romanès che identifica la lingua madre “familiare”
degli affetti; una competenza linguistica di altre varietà di romanès funzionale ai rapporti con altri

1
Spinelli (2005).
1
gruppi rom, spesso strettamente connessa alla prima e che arricchisce ulteriormente il patrimonio
culturale della comunità di appartenenza; una lingua dei gagé ‘non-rom’, che assicura la
comunicazione con la società maggioritaria con cui si convive e, la cui competenza, è senza dubbio
legata alla qualità e alla frequenza dei rapporti che si hanno con essa e al livello di scolarità
raggiunta; altre eventuali lingue dei gagé con cui si entra in contatto durante i probabili spostamenti.

Le origini del romanès


È fondamentale individuare le origini di questa lingua per comprenderne meglio la struttura: le
radici del romanès sono da ricercarsi in India, esso infatti condivide tratti comuni con le
grammatiche delle moderne lingue indoeuropee del subcontinente e, per quanto riguarda l’aspetto
lessicale, siamo in grado di ritrovare nell’hindi, nel panjabi e nelle lingue dardiche, come il
kashmiri, un numero notevole di vocaboli del lessico di base del romanès; inoltre la presenza di 70
termini di origine persiana e 40 di origine armena testimoniano il passaggio, dopo l’XI secolo, di
tribù nomadi indiane, antenate degli attuali rom in Persia e Armenia, fino a spingersi in Asia
Minore. Senza dubbio fu il soggiorno in Grecia che contribuì all’arricchimento del patrimonio
lessicale del romanès. L’arrivo in Europa nel XV secolo comporta dei mutamenti e un ulteriore
incremento del vocabolario: numerosi i prestiti dalle lingue slave, dall’ungherese, dal rumeno e
dalle altre lingue europee, ma anche le neo-formazioni, frutto di combinazioni anche di radici
etimologicamente diverse; significativo l’esempio in una varietà di romanès della Bosnia dove
riconosciamo nel termine talari ‘piatti’ il tedesco teller ‘piatto’, ma con un suffisso
specificatamente rom. Un caso singolare è quello che i linguisti identificano come “para-romanì”:
varietà linguistiche che scelgono di adottare le strutture grammaticali delle lingue dei Paesi in cui si
stanziano, pur mantenendo parte del lessico romanò: è il caso delle comunità di rom in Spagna,
Portogallo, Gran Bretagna, Svezia e Norvegia. Possiamo ritrovare le ragioni di questo
indebolimento nelle politiche di repressione linguistiche messe in atto da alcuni di questi Paesi2.

Tratti linguistici del romanès


Dal punto di vista tipologico possiamo classificare il romanès come una lingua agglutinante-
flessiva, appartenente alla famiglia indoeuropea del ramo indoario (zona centrale). Come detto in
precedenza,
nonostante non sia ancora possibile individuare una lingua standard (soprattutto per quanto riguarda
la sua forma scritta), attraverso numerose analisi è stato possibile riconoscere alcuni tratti

2
La monarchia spagnola, a partire dagli anni Trenta del XVII secolo, emanò una serie di disposizioni legislative tese
all’annichilimento identitario del gitano, vietando di parlare il romanès.
2
caratteristici condivisi da gran parte delle varietà di romanès parlate nel mondo, tra questi
ricordiamo il lessico di base relativo al quotidiano (il cibo, la casa e la famiglia), il sistema dei casi
nella morfologia nominale e l’individuazione di quattro tempi verbali (presente, imperfetto,
perfetto, trapassato).
Per quanto concerne l’inventario fonetico del romanès3, si conserva in parte il sistema indoario,
sebbene alcune varietà possiedano ulteriori fonemi che appartengono al repertorio fonetico della
lingua della società maggioritaria4. A livello morfosintattico possiamo definire il romanès una
lingua agglutinante per quanto riguarda la morfologia del sostantivo e agglutinante-flessiva per la
morfologia del verbo. Il sostantivo possiede il genere maschile e femminile e la marca del singolare
e plurale; esso può essere declinato in otto casi: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo,
locativo, strumentale ablativo (es. rom nominativo, romehko genitivo). Esistono anche numerose
preposizioni che esprimono le relazioni di caso. La morfologia del verbo si caratterizza, in molte
varietà, per l’assenza dell’infinito, pertanto, la forma base del verbo è costituita dalla radice es.
dikh- ‘vedere’, dikav ‘vedo’. Le forme fondamentali del verbo che ritroviamo nel romanès sono
diatesi attiva, modo indicativo, tempi presente, imperfetto e passato; il trapassato è presente solo in
alcune varietà, come quella dei rom xoraxanè bosniaci, mentre di rado individuiamo una forma
verbale per il futuro.
Il predicato nominale viene espresso senza la copula: o rom ternó ‘l’uomo è giovane’, essendo
l’ordine degli elementi sufficiente ad esprimere la funzione predicativa dell’aggettivo, nella sua
funzione attributiva, invece, viene collocato prima del nome es. o ternó rom ‘l’uomo giovane’.
È interessante osservare come il verbo avere sia presente solo in alcune varietà dell’Italia
meridionale, altrove si ricorre più frequentemente ad una locuzione con il significato ‘è a me’, ‘è a
te’ es. hi ma televizia, letteralmente ‘è me- (acc) televisione’ ovvero ‘ho la televisione’5.
La forma negativa del verbo si esprime con l’avverbio na nella varietà non vlax (l’imperativo
negativo è con ma) e con či in quelle vlax (l’imperativo negativo con na); inoltre, esiste una forma
negativa del verbo essere contratta alla terza persona naj ‘non è’6.
L’ordine base della frase è Soggetto+Verbo+Oggetto tuttavia, rappresentando il romanès una lingua
altamente flessiva, il sistema dei casi è adeguato a indicare le relazioni tra gli elementi
es. e romnià pomoğì o čhaorò “la donna (ogg.) aiuta il bambino (sogg.)” ovvero: ‘il bambino aiuta
la donna’. Come in italiano, la ricca flessione verbale consente l’omissione del pronome soggetto,

3
Tutte le forme citate sono trascritte secondo la normalizzazione adottata nel corso del Convegno Rromani Ùnia del
1990.
4
Un romanès con una stretta somiglianza con le lingue neoindiane, privo di tutti gli apporti persiani ed europei che lo
hanno arricchito e modificato nel corso dei secoli.
5
http://venus.unive.it/aliasve/index.php?name=EZCMS&page_id=348 (data di ultima consultazione 29/07/2015).
6
Soravia (1977).
3
es. čerdà “ha fatto”, dikhav “vedo” e l’avverbio si colloca normalmente prima del verbo ed è
alquanto frequente la costruzione con il verbo finale es. brzò o marnò xalà ‘veloce il pane ha
mangiato’.
Analizzando ora il patrimonio lessicale romanò, si può osservare come esso sia composto da un
fondo relativamente stabile di 500 radici di origine indoaria, particolarmente nel lessico di base (es.
pani “acqua”, sanscrito pānīya, panjabi paṇi). Come si è già sottolineato, nel corso dei secoli, il
vocabolario romanò si è arricchito di prestiti da varie altre lingue, persiano, armeno, greco,
serbocroato, rumeno, a seconda dell’itinerario seguito.
Infine, tratto caratteristico delle lingue orali come il romanès è di possedere un vocabolario alquanto
limitato: l'utilizzo quasi unicamente orale non contribuisce alla realizzazione di elaborate
differenziazioni legate ai linguaggi settoriali, tipiche invece delle società alfabetizzate che hanno
l’esigenza di catalogare, classificare, ordinare le proprie conoscenze. Più spesso, in assenza di un
termine specifico, si ricorre alla lingua della società maggioritaria. Del resto, in altri ambiti che
possiamo considerare più rilevanti nella realtà socioculturale romanì, come il sistema familiare, il
patrimonio lessicale romanò risulta molto più ricco.

Bibliografia e sitografia
- Courthiade, Marcel, 1984, Romani fonetika thaj Lekhipa, Filǎn, Than.
- Franzese, Sergio, 1986, Il dialetto dei Rom Xorakanè. Note grammaticali, Glossario, Torino,
Centro studi Zingari - Opera nomadi di Torino.
- Gomes, Ana Maria, 1998, Vegna che ta fago scriver: etnografia della scolarizzazione in una
comunità di sinti, Roma, CISU.
- Liégeois, Jean-Pierre, 2007, Roms en Europe, Strasbourg, Editions du Conseil de L’Europe.
- Piasere, Leonardo, 2004, I rom d'Europa: una storia moderna, Roma-Bari, Editori Laterza.
- Soravia, Giulio, 1977, Dialetti degli Zingari italiani, Pisa, Pacini.
- Soravia, Giulio, Fochi, Camillo, 1995, Vocabolario Sinottico delle lingue zingare parlate in
Italia, Bologna, Centro Studi Zingari.
- Spinelli, Santino, 2005, Baro romano drom, Roma, Meltemi.
- http://venus.unive.it/aliasve/index.php?name=EZCMS&page_id=332 (data di ultima
consultazione 29/01/2016).

Alessia Chindamo

4
Il romanès fra oralità e scrittura

Oralità e scrittura
Si contano più di 6.000 lingue parlate al mondo e solamente meno di cento possiedono una
letteratura, ne consegue che il linguaggio è primariamente orale.
Nel corso degli anni ’80 la riflessione sul rapporto fra oralità e scrittura era orientata sulla differenza
fra culture orali e culture chirografiche; probabilmente è stato il passaggio all’era digitale, per
mezzo della diffusione di nuove varietà linguistiche di commistione fra parlato e scritto a rendere
gli individui più consapevoli delle caratteristiche dei due canali.
Ong differenzia le lingue scritte da quelle orali, sostenendo che, nel caso delle prime, gli utenti
potrebbero fare affidamento su una storicità semantica rintracciabile e su una relativa
standardizzazione e normalizzazione delle forme, mentre le lingue orali si baserebbero su un
repertorio costituito da meno vocaboli, senza possibilità effettive di ricostruire la storia semantica
delle parole7.
Leggere un testo scritto mediante scritture alfabetiche o sillabiche significa processarlo, trasformare
mentalmente i tratti scritti in fonemi e associarli secondariamente ai significati basati sui referenti;
le lingue scritte trovano i loro fondamentali nell’oralità.
Dal punto di vista dell’acquisizione del linguaggio, gli studi di Ong dimostrano che le culture orali
si servono di modelli di apprendimento linguistici tipici dell’apprendistato, si impara ripetendo ciò
che si sente secondo una prospettiva psicolinguistica strettamente comportamentista. In un secondo
tempo, grazie alla possibilità di ricombinare gli elementi appresi, si verificherebbe la creatività del
linguaggio alla base delle teorie chomskiane.
Le possibilità cognitive e descrittive dei parlanti aumenterebbero attraverso la scrittura, essa
incoraggerebbe l’uso dell’ipotassi (poco praticabile per le lingue orali) e favorirebbe la produttività
dei termini puramente grammaticali per mezzo dell’associazione del significante sonoro
all’immagine grafica. Questo processo è particolarmente evidente per le cosiddette parole vuote, per
gli elementi privi di significato semantico come i connettori logici: quasi tutti i parlanti se sentono
la parola “inoltre”, soprattutto se slegata dal contesto, tenderanno a visualizzarla nella forma scritta.

Il caso del romanès: lingua orale o lingua scritta?

7
Ong (1986).
5
La maggior parte delle persone crede che i rom siano membri di una cultura prevalentemente orale.
In realtà è difficile che nell’era digitale esistano culture orali primarie, perché tutte le culture hanno
scoperto l’uso della scrittura e hanno esperienza dei suoi prodotti.
In effetti, anche all’interno di una cultura fondata significativamente sulla scrittura è possibile
notare alcuni ambienti che ricorrono largamente all’impostazione mentale delle culture orali, è il
caso della messaggistica attraverso strumenti digitali, la lingua scritta assume tratti caratteristici
dell’oralità, svincolandosi da una parte delle regole ortografiche8.
All’interno delle culture che utilizzano la scrittura, essa è impiegata come strumento di trasmissione
del sapere e di socializzazione primaria e secondaria.
Per ciò che concerne la cultura romanì, la scrittura è stata largamente e storicamente utilizzata come
strumento per l’interazione con le comunità dei gagé9 (spostamenti sul territorio, indicazioni,
informazioni rispetto alla quotidianità, odonomastica, burocrazia). Nel corso degli ultimi anni, la
scrittura si è inserita all’interno delle pratiche di socializzazione, grazie alla diffusione degli
strumenti tecnologici e dei social network e il fenomeno è particolarmente visibile, se si
considerano le generazioni più giovani.
Sebbene si definisca il romanès una lingua dotata di letteratura propria e di un processo oramai
storico di standardizzazione10, è lecito domandarsi quanto le comunità si siano rivolte alla
letteratura scritta, quale ne sia stato l’effettivo grado di conoscenza e quale ruolo abbia giocato
rispetto alla costruzione di una grammatica storica condivisa.
Emerge chiaramente una netta discrepanza fra il mondo accademico, sostenitore della storicità dei
processi di standardizzazione della lingua scritta e le comunità rom presenti nei territori.
L’uso della scrittura digitale come forma di socializzazione, al contrario della scrittura di stampo
letterario, contraddistingue tutte le comunità presenti, come si nota dalle pagine dei profili
individuali dei più diffusi social network, come ad esempio Facebook.
Valutando gli estratti di alcuni studenti rom sui social network è particolarmente interessante notare
alcuni fenomeni linguistici tipici dei processi di acquisizione della scrittura; la lingua scritta,
caratterizzandosi per la comprensione in absentia, richiede un elevato tasso di convenzionalità e di
rispetto delle regole ortografiche, ai fini della disambiguazione e della comprensione.
La lingua orale che passa alla forma scritta presenta un maggior grado di consapevolezza da parte
dei fruitori che si interrogano sulla correttezza di alcune forme, sulla resa grafica secondo il profilo
fonematico, ad esempio, scorrendo le inserzioni sui internet dei giovani rom, emergono casi di

8
Alcuni linguisti sostengono che tali tratti siano peculiari delle nuove varietà linguistiche e che non possano essere
ricondotti puramente alla lingua orale.
9
In romanès il termine gagé identifica gli individui che non fanno parte delle comunità rom.
10
Spinelli (2005).
6
incertezza sull’uso di <f/ph>, <i/j/gli/glj> e sulla segmentazione delle parole; essendo il romanès
una lingua agglutinante-flessiva, la discrezione scritta dei significanti in questa particolare fase di
utilizzo della scrittura risulta particolarmente dubbia.
Si nota anche una confusione tra le varianti sociolinguistiche per quanto riguarda il lessico non
fondamentale, a tal punto da compromettere talvolta la comprensione degli enunciati (non è raro
che questi ragazzi comunichino anche con coetanei rom residenti in altre città d’Italia o in altri
Paesi d’Europa).
Una strategia comune finalizzata all’abbattimento di ogni forma di ambiguità è il ricorso alla lingua
seconda, laddove da un lato sono rilevanti i fenomeni etnolinguistici legati al prestigio e dall’altro la
mancanza di significanti nel romanès lingua etnica o nel romanès lingua franca.
È necessario ricorrere alla differenza fra rom che vivono nei campi e rom che abitano in
appartamento, poiché si nota da parte di questi ultimi la tendenza progressiva ad abbandonare la
lingua d’origine per passare alla comunicazione su mezzi digitali in lingua seconda.
Per quanto concerne l’uso della scrittura a scuola, molti insegnanti assistono a una vera e propria
mancanza di autenticità rispetto allo svolgimento dei compiti assegnati; parecchi studenti rom
utilizzano la scrittura perché dev’essere utilizzata a scuola, relegandola a mezzo espressivo da
impiegare esclusivamente all’interno del contesto scolastico.
Probabilmente, concependo la scrittura come mezzo di socializzazione o di interazione con la
comunità e messi di fronte a compiti poco significativi dal punto di vista della spendibilità, i
discenti non si domandano quale fine abbiano le attività di scrittura e procedono per inerzia.
All’interno del contesto scolastico, la perdita di concretezza e di rilevanza per la vita reale
d’altronde rischia di compromettere la motivazione anche per i corsisti nativi.
La motivazione è fondamentale per disincentivare la dispersione scolastica: il caso dei rom è
significativo, nell’anno 2012-2013 si arriva a contare 11.481 unità nelle scuole statali di cui
solamente 3.215 nelle scuole secondarie di primo grado, evidenziando nel corso di pochi anni un
tasso di dispersione allarmante11.
Non si intende sostenere che la scuola debba perdere di qualità per avvicinarsi ai propri studenti, ma
bisognerebbe prendere atto delle caratteristiche dei corsisti e progettare dei percorsi mirati allo
sviluppo delle potenzialità di ciascuno.
Le conseguenze dell’acquisizione dell’uso della scrittura sull’evoluzione intellettiva e sociale non
sono immediate12; se si considera l’alfabetizzazione valutandone le ricadute e le conseguenze si

11
Cfr. Servizio Statistico a cura del MIUR, anno 2012-2013, Ottobre.
12
Olson, Torrance (1991).
7
incorre in un errore epistemologico, poiché è significativo ciò che la gente può fare con la lingua
scritta e non ciò che la lingua scritta può fare alla gente.
Possedere un repertorio linguistico scritto permette di riformulare, di conservare testi nel tempo, di
studiare e di ricordare e ha senso perché consente agli individui che vivono nell’era digitale di
raggiungere nuovi traguardi.

Bibliografia

- Bernardelli, Andrea, Pellerey, Roberto, 1999, Il parlato e lo scritto, Milano, Bompiani.


- Berruto, Gaetano, 2004, Prima Lezione di sociolinguistica, Roma-Bari, Editori Laterza.
- Cardona, Giorgio Raimondo, 2006, Introduzione all’etnolinguistica, Novara, UTET.
- Cardona, Giorgio Raimondo, 1981, Antropologia della scrittura, Torino, Loescher.
- Laudanna, Alessandro, Voghera, Miriam, 2006, Il linguaggio, Roma-Bari, Editori Laterza.
- Olson, David Richard, Torrance, Nancy, 1991, Literacy and Orality, Cambridge, Press Syndicate
of the University of Cambridge.
- Ong, Walter Jackson, 1986, Oralità e scrittura, Bologna, Il Mulino.
- Spinelli, Santino, 2005, Baro romano drom, Roma, Meltemi.
- Street, Brian Vincent, 2001, Literacy and Development. Ethnographic Perspectives, London-New
York, Routledge.
- http://statistica.miur.it/normal.aspx?link=referenti (Data di ultima consultazione 29/01/2016).

Paolo Nitti

8
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 26
Titolo: Lingue di minoranza

Attività di preparazione
Leggere con attenzione l’estratto “linguistica di minoranza”.

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1

Il croato (lingua indoeuropea, ramo slavo)


conta 2.500 parlanti ed è parlato in Molise,
grazie a comunità immigrate nel XV secolo.
Oggi è una lingua in forte regresso in Italia.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1

Il francese (lingua indoeuropea, ramo romanzo)


è parlato (?) in Valle d’Aosta e nel Piemonte. In
Valle d’Aosta è lingua coufficiale per lo scritto, a
partire dal 1945.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1

Il franco-provenzale (lingua indoeuropea, ramo


romanzo) è parlato in Valle d’Aosta, in Piemonte
e in Puglia, conta 70.000 parlanti. In Valle
d’Aosta si utilizza il francese per lo scritto e il
franco-provenzale e/o l’italiano per il parlato.
La lingua fu riconosciuta solo nel 1878 dal
linguista Ascoli. In Puglia si è diffuso per
migrazioni valdesi del XV secolo.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1

Il friulano (lingua indoeuropea, ramo romanzo)


è parlato in Friuli e conta 700.000 parlanti. Oggi
è in regresso nelle città più grandi e negli strati
più giovani della società. Alla sua diffusione ha
contribuito la Chiesa cattolica, per mezzo della
diffusione della versione in friulano della Bibbia.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1

Il ladino (lingua indoeuropea, ramo romanzo),


è parlato in Trentino Alto Adige e in Veneto,
conta 35.000 parlanti. Le comunità sono molto
divise e con differenze linguistiche molto
significative.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1

L’occitano (lingua indoeuropea, ramo romanzo) è


parlato in Piemonte e in Calabria, conta 40.000
parlanti.
La comunità calabrese si è costituita per effetto di
migrazioni valdesi del XV secolo.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1

Il sardo (lingua indoeuropea, ramo


romanzo) è parlato in Sardegna e conta
1.000.000 di parlanti. Si divide in differenti
varietà di cui il logudorese rappresenta la
più conservativa.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1

Oltre alle minoranze storiche, occorre


osservare le nuove minoranze migratorie.
Gli stranieri in Italia sono più di 5.000.000,
meno del 10% della popolazione. Il 10%
degli stranieri è di origine comunitaria. Il
tasso di incidenza sulla popolazione è del
3%, contro il 6% della Francia e il 9% della
Germania.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1

Le comunità più rilevanti sono:

- arabofoni
- albanofoni
- rumenofoni
- sinofoni
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 27
Titolo: Lingue di minoranza 2
Attività n°: 1

La diversità linguistica contribuisce alla


ricchezza e alla diversità culturale [Balboni
2005]. La glottodidattica dimostra che da un
lato occorre lavorare con le comunità
minoritarie storiche per valorizzarne le lingue,
con quelle recenti per avviare i processi di
integrazione e per valorizzarne le lingue e con i
nativi per promuovere interesse culturale (non
solo rispetto e tolleranza).
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 27
Titolo: Lingue di minoranza

Attività obbligatoria per l’esame


Quali tentativi, secondo Lei, possono essere messi in atto per
tutelare una lingua di minoranza storica? E per una di
minoranza recente?

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Nella linguistica degli ultimi


quarant’anni ha assunto
maggiore importanza
un’impostazione teorica
particolare dello studio della
sintassi definita grammatica
generativa, il cui fondatore è
Noam Chomsky.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Una grammatica generativa è


una grammatica che predice in
maniera esplicita e altamente
formalizzata le frasi possibili di
una lingua.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Generativo è un aggettivo preso


in prestito dalla matematica e si
riferisce alla logica
dell’enumerazione, della
seriazione.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Nelle lingue, il ruolo della


generazione è svolto dalla
sintassi che permette
l’esplicitazione in frasi possibili.
Questa visione della lingua si
rifà a modelli di tipo innatista.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Un modello innatista è
l’approccio generativo di Noam
Chomsky. Secondo Chomsky,
esisterebbe una grammatica
universale (GU) innata che
spiegherebbe l’acquisizione di
una lingua materna, seconda o
straniera.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Il livello più significativo di


analisi delle lingue, secondo
Chomsky, è la sintassi ed è
proprio sulla sintassi che si
concentrerebbe la GU.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

L’input linguistico al quale un


bambino è esposto è decisamente
esiguo per spiegare, tramite
imitazione di un modello, la
creatività e la produttività del
linguaggio infantile, e lo stesso
accade quando si impara una lingua
straniera o seconda.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Il ricorso a meccanismi cognitivi


generali, la correzione, l’imitazione
sono processi insufficienti per
spiegare l’alto potenziale della
lingua di un apprendente, sia
bambino che adulto.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Solo un sistema di principi,


condizioni, regole e proprietà di tutti
i linguaggi umani potrebbe guidare
l’apprendente limitando le
aspettative sulla grammatica della
lingua che sta imparando e
fornendogli ipotesi e assunti di
riferimento [Chomsky 1981:29].
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

La GU è costituita da principi e da
parametri innati. I primi sono
principi astratti che governano tutte
le lingue, mentre i parametri
considerano la variabilità strutturale
delle lingue e possono assumere un
numero limitato di valori,
generalmente basato su presenza e
assenza.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Un esempio di principio riguarda la


conoscenza della lingua, che non si
basa sulla sequenza degli elementi
di una frase, ma sulle relazioni
strutturali che sussistono all’interno
della frase.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Un esempio di parametro è il pro-


drop , relativo alla possibilità di
omettere il soggetto in alcune
lingue.
L’italiano è una lingua pro-drop (+),
mentre l’inglese no (-).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Imparare una lingua significherebbe


conoscere i principi di GU di quella
lingua, anche inconsapevolmente, e
posizionare i valori della GU in
maniera appropriata. Oltre alla
struttura, si tratterebbe di acquisire
il lessico e gli elementi periferici
della grammatica (entrambi aspetti
poco rilevanti per i generativisti).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Una GU è dotata di lessico e dalle


regole che governano la struttura; le
regole sono istruzioni e procedure.
Le regole di riscrittura si applicano ai
sintagmi (es. F=SN+SV), le regole
ricorsive riguardano elementi
incapsulanti (es. SN=SN+SPrep), le
regole contestuali si applicano a
contesti specifici.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

In una lingua la lettura di una frase


si presta all’analisi di una struttura
superficiale o di una struttura
profonda.

Es. I ragazzi e i signori con i risvoltini.

Sono i ragazzi o i signori ad avere i


risvoltini? Dipende dalla lettura.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

L’input di una lingua servirebbe


come trigger (innesco), per guidare
l’apprendente nell’individuazione più
o meno consapevole dei parametri
della GU di una lingua.
Il programma rinegoziato nel corso
del tempo da Chomsky viene
chiamato minimalismo.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

I parametri, secondo il minimalismo,


sarebbero contenuti proprio nel
lessico e nelle categorie funzionali
delle parole dotate di forza
semantica e di quelle vuote,
puramente grammaticali.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

La lettura dell’acquisizione da parte


dei generativisti riguarda la L1 per
quanto concerne le fissazioni dei
parametri della GU (UG param eter
setting ), ma in L2 e in LS si
assisterebbe a un riposizionamento.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

La linguistica generativa chomskiana


è stata più volte messa in
discussione, rinegoziata e
ristrutturata, anche dallo stesso
Chomsky. I contributi sono spesso
discrepanti, sebbene abbiano dato
luogo a modelli di acquisizione
interessanti, soprattutto in ambito
sintattico.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 28
Titolo: Linguistica generativa
Attività n°: 1

Un elemento di critica del


generativismo applicato alla
linguistica acquisizionale riguarda la
metodologia di ricerca: se
l’acquisizione è spiegata in termini di
com petence grammaticale, è anche
vero che la grammatica non è l’unico
parametro indiscutibile per
analizzare le lingue e la loro
acquisizione.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 28
Titolo: La linguistica generativa

Attività di preparazione

Proporre un esempio di regole di riscrittura e uno di regole


contestuali per l’italiano.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 28
Titolo: La linguistica generativa

Attività di preparazione

Cosa si intende in linguistica generativa per principi e


parametri? Formulare degli esempi.

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

In questa lezione tratteremo il


periodo dal punto di vista
dell’emittente e del destinatario.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Nella tradizione descrittiva delle


lingue esistono tipi differenti di
soggetto: grammaticale, psicologico
e logico.
Nella frase Roberto scrive la tesi,
Roberto incarna i tre soggetti.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Non sempre, però, i soggetti coincidono;

La tesi, Roberto la scrive

La tesi rappresenta il soggetto


psicologico, mentre Roberto quelli logico
e grammaticale.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

I tre soggetti possono essere così


riassunti:
- Un soggetto grammaticale impone al
verbo il suo pacchetto morfemico;
- Un soggetto logico indica colui che
svolge l’azione;
- Un soggetto psicologico è costituito
dagli elementi che rappresentano ciò di
cui l’enunciato parla.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Rispetto alla produzione di enunciati,


l’emittente sceglie il contenuto tematico,
conta sulla propria padronanza della
lingua e di un’enciclopedia di conoscenze
e suppone o presuppone che il
destinatario condivida parte della
competenza comunicativa e
dell’enciclopedia.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Il soggetto psicologico è stato


definito in linguistica tema, e il suo
studio ha permesso di introdurre un
livello di analisi linguistico differente
dall’analisi sintattica e funzionale, un
livello tematico.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Il tema indica la parte di enunciato


che si riferisce a ciò di cui si sta
parlando, mentre il rema indica ciò
che si dice a proposito del tema.
Un enunciato analizzato dal punto di
vista dell’emittente è una
concatenazione di tema e rema;
possiede una struttura tematica.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Osserviamo gli esempi:

Roberto scrive la tesi – Roberto è il


tema, scrive la tesi è il rema.

La tesi, Roberto la scrive – La tesi è il


tema, Roberto la scrive è il rema.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

I confini dell’analisi sintagmatica e di


quella funzionale possono coincidere:

Roberto scrive la tesi


SN SV SN (analisi sintag.)
Sogg. Pred. C. Ogg. (analisi funz.)
Tema Rema (analisi temat.)
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Ma quelli dell’analisi tematica spesso


non coincidono con gli altri livelli di
analisi:

Con un gatto, siamo sempre felici


Sprep SNØ SV
Compl. Circ. Sogg.Ø Pred. Nom.
Tema Rema
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Le lingue possiedono mezzi differenti


per segnalare il tema: posizionali,
sovrasegmentali (intonazione),
morfologici.

È questo pappagallo che becca.


C’est ce chat que j’ai rencontré.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

In italiano generalmente è la posizione


sintattica a segnalare il tema:

Io non la penso come te


Come te io non la penso
Non spererai che Luisa ti vorrà baciare
Sono io che non la penso come te
Io sì che non la penso come te.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Per isolare il tema si ricorre spesso alla


dislocazione:

Non voglio il cane Sintassi semplice


Il cane, non lo voglio Dislocaz. a sin
Non lo voglio, il cane Dislocazione a dx
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Nelle lingue romanze si ha la possibilità di


formare anacoluti, ovvero di costruire
frasi con il tema sospeso:

Pingo, la sua gabbia è sempre sporca.


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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

I temi sospesi possono essere richiamati


nel testo da alcune riprese anaforiche
oppure possono preannunciare l’ambito di
conoscenze o il dominio di un testo (pre-
temi).

L’affitto, non ho voglia di pensarci


L’affitto, i soldi te li ho dati ieri.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 29
Titolo: L'analisi tematica
Attività n°: 1

Un punto di vista vicino all’analisi


tematica è quello del punto di vista del
ricevente. In questo caso si distinguerà il
dato dal nuovo. Spesso Il dato coincide
con il tema e il nuovo con il rema.

Hai presente Lucia? Adesso vive a Verona.


Lei va a casa.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 29
Titolo: L’analisi tematica

Attività di preparazione

Definire tema e rema all’interno del testo

“Oltre che accogliere, integrare. È il mantra del ministro Marco


Minniti da mesi. Lo ripete ad ogni occasione pubblica. «Porre
l’accento solo sull’accoglienza - diceva recentemente a una
Festa dell’Unità - non significa fare una buona politica. Le
politiche dell’accoglienza hanno un limite oggettivo che è la
capacità di integrazione. Se vogliamo difendere la nostra
democrazia, l’accoglienza deve avere il limite nella capacità
dell’integrazione». Ecco, è l’integrazione la nuova frontiera del
Viminale. In questo senso, ad esempio, Minniti sostiene la legge
sullo «Ius soli». Ma non basta. Il ministero dell’Interno si prepara
a lanciare un nuovo grande piano per l’integrazione di chi è stato
accolto come rifugiato”. [Tratto
dahttp://www.lastampa.it/2017/09/01/italia/politica/lezioni-
ditaliano-e-corsi-professionali-per-tutti-i-rifugiati-
gSiR4cU7hOoeSipJGnT8GP/pagina.html, ultima consultazione
02/09/2017]

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 30
Titolo: La grammatica valenziale
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 30
Titolo: La grammatica valenziale
Attività n°: 1

Uno dei concetti più significativi per la


descrizione e per l’insegnamento della
grammatica è in concetto di valenza,
mutuato da Lucien Tesnière nel 1953-9.
La valenza di un verbo ne determina il
numero di attanti.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 30
Titolo: La grammatica valenziale
Attività n°: 1

Oggi per valenza si intende la capacità di un


verbo di operare sui tipi di sintagma che lo
circondano.
Il verbo, o testa, impone ai suoi argomenti
delle restrizioni di tipo semantico, dei vincoli.
Il verbo "amare", ad esempio ammette esseri
animati, un soggetto e un complementatore
diretto.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 30
Titolo: La grammatica valenziale
Attività n°: 1

Il verbo "sbadigliare" ammette un


soggetto animato e non ammette un
complementatore diretto.
La valenza non è un’esclusiva dei verbi:
anche le preposizioni possono selezionare
uno o più argomenti.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 30
Titolo: La grammatica valenziale
Attività n°: 1

Gli attanti, o partecipanti, sono argomenti


in un dato ruolo tematico e l’argomento
rappresenta la realizzazione sintattica di
un attante.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 30
Titolo: La grammatica valenziale
Attività n°: 1

In merito alla valenza, i verbi sono distinti


in zerovalenti, se non ammettono
argomenti necessari, in monovalenti,
bivalenti, trivalenti.
Soggetto, oggetto e predicato sono le tre
funzioni sintattiche essenziali per la
grammatica valenziale.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 30
Titolo: La grammatica valenziale
Attività n°: 1

Zerovalente-> piovere
Monovalente-> correre
Bivalente-> lodare
Trivalente->condividere
Tetravalente->vendere
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 30
Titolo: La grammatica valenziale
Attività n°: 1

Le categorie rispetto ai ruoli


semantici sono: agente, paziente,
sperimentatore, beneficiario,
strumento, destinazione.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 30
Titolo: La grammatica valenziale

Attività di preparazione

Cosa significa “saturare” una frase, in grammatica valenziale?

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 31
Titolo: Lingua e dialetto
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 31
Titolo: Lingua e dialetto
Attività n°: 1

Un dialetto rappresenta non una varietà della


lingua, ma una lingua a tutti gli effetti,
caratterizzata da un lessico e da una
grammatica.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 31
Titolo: Lingua e dialetto
Attività n°: 1

Il grado di istituzionalizzazione del dialetto


dipende da ragioni storico-culturali; alcuni
dialetti possiedono una letteratura
(napoletano, lombardo), altri no.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 31
Titolo: Lingua e dialetto
Attività n°: 1

Quando i parlanti utilizzano due o più codici,


sono in situazione di bilinguismo o di
plurilinguismo.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 31
Titolo: Lingua e dialetto
Attività n°: 1

Se bilinguismo si riferisce a due varietà


utilizzate funzionalmente in modo diverso l’una
dall’altra, la situazione sarà di diglossia.
Se non si verifica una specializzazione in base
ai contesti, la situazione sarà di dilalia.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 31
Titolo: Dialetto e lingua

Attività obbligatoria per l’esame

Quali sono i dialetti parlati in Italia? Utilizzare la mappa


linguistica per la risposta.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 31
Titolo: Dialetto e lingua

Attività di preparazione

Definire la differenza che intercorre fra bilinguismo e dilalia.

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

In questa lezione ci occuperemo


degli universali linguistici come
proprietà generalmente
condivise dalle lingue.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Rispetto alla descrizione delle


proprietà comuni a tutte le
lingue, la ricerca sugli universali
è stata condotta per mezzo di
due grandi impostazioni: da un
lato la GU di Chomsky, dall’altro
gli universali tipologici di
Greenberg.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

La Grammatica Universale
rappresenta l’insieme di
proprietà e di principi che
costituiscono la grammatica
centrale di tutte le lingue e la
dotazione linguistica innata di
ogni parlante.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Le GU si applica allo studio della


lingua madre; per le lingue
straniere apprese valgono le
stesse regole, ma alcuni
ricercatori sostengono che ci si
basi sulla GU di L1, altri che si
applichino ex novo i processi.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Altri ricercatori generativisti


sostengono che le L2/LS si
affidino solamente in parte alla
GU.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Sia in campo generativo che


in quello tipologico, i
ricercatori invocano il fattore
universale della marcatezza.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

In linguistica la marcatezza
fa riferimento al grado di
complessità di un’entità
linguistica.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

La teoria generativa ritiene


marcate le regole periferiche
della grammatica e non
marcate le regole della
grammatica centrale (core
gram m ar ).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Le regole marcate si
apprenderebbero sulla base
di corpose evidenze positive
nell’input , mentre per le
regole non marcate è
sufficiente un’esposizione
anche minima dell’input .
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Non tutti i ricercatori


concordano sulla tassonomia
delle regole marcate e di
quella delle regole non
marcate.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Nell’ambito tipologico-
funzionale, che fa capo alle
ricerche di Greenberg [1976],
gli universali sono
generalizzazioni induttive
riguardanti i vari livelli
linguistici.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Per concepire un universale


sono necessari ampi
campioni rappresentativi di
lingue, anche geneticamente
irrelate, tipologicamente
distanti e geograficamente
lontane.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Un esempio di implicazione è il
seguente: se in una lingua esiste
il tratto A, allora esisterà anche
il tratto B. I tratti meno marcati
(implicati in una relazione) si
apprendono più velocemente
rispetto a quelli molto marcati.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Rispetto alla tipologia fonologica, le


occlusive finali sorde [p, k, t] sono meno
marcate delle corrispondenti sonore [b, g,
d]. Esistono lingue che presentano come
finali solo le sorde (tedesco), lingue che
presentano le sorde e le sonore (inglese),
lingue che non presentano occlusive finali
(cinese) ma non esistono lingue che
presentano solo le sonore.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

Il tratto /+finale+sonoro/ sarà


allora più difficile da acquisire a
livello di lingua straniera o di
lingua seconda, perché molto
marcato, a meno che nella L1
non ci sia identità per lo stesso
tratto.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 32
Titolo: Gli universali linguistici
Attività n°: 1

L’universale 36 di Greenberg, altro


esempio, riporta che il numero è meno
marcato rispetto al genere. Se le lingue
possiedono la categoria di genere,
possiedono sempre la categoria di
numero. Gli apprendenti di lingua
straniera o seconda hanno più difficoltà a
interiorizzare il genere rispetto al numero,
sempre che nelle L1 non ci sia lo stesso
tratto.
Language Documentation
and Description
ISSN 1740-6234
___________________________________________
This article appears in: Language Documentation and Description, vol
7. Editor: Peter K. Austin

Language documentation and language


typology
OLIVER BOND
Cite this article: Oliver Bond (2010). Language documentation and
language typology. In Peter K. Austin (ed.) Language Documentation
and Description, vol 7. London: SOAS. pp. 238-261
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This electronic version first published: July 2014
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Language documentation and language typology
Oliver Bond

1. Introduction
Typology is a sub-discipline of linguistics originally conceived around the
notion that there is a fundamental basic unity underlying the diversity of the
world’s languages. Typologists believe that there are certain core properties
that languages have in common which can be formulated as generalisations
about language in the form of language universals or probabilistic statements
about the distribution of language characteristics. One widely cited language
universal first proposed by Greenberg (1963/1966) concerns the relative order
of subjects (S), verbs (V) and objects (O) in relation to the type of adposition
(preposition or postposition) found in languages:1

(1) Languages with dominant VSO order are always prepositional

The universal in (1) makes the prediction that adpositions will always precede
the noun phrase they govern (i.e. will be prepositions) in languages where the
favoured order of major constituents in a transitive clause is one where the
verb precedes the subject, and the subject precedes the object. Despite the
degree of certainty associated with this prediction (suggested by the use of
‘always’), most ‘universals’ are not absolute in that they have exceptions,
including Greenberg’s universal in (1). If you know of a language that has
dominant VSO order, yet has postpositions rather than prepositions, or indeed
a mixture of both, you are not alone: several exceptions to early universal
statements of this kind have since been documented in the typological
literature (e.g. see Dryer 2008a, 2008b).2 In the face of such patterns,
contemporary typology is more concerned with the probabilistic (not absolute)
statements linguists can make about similarities across languages.

1
This is Universal 3 in Greenberg (1963/1966).
2
For instance, data used in Dryer (2008a, 2008b) indicates that languages with VSO
order and postpositions include Majang (Nilo-Saharan; Ethiopia), Northern Tepehuan
and Cora (Uto-Aztecan; Mexico), Koreguaje (Tucanoan; Colombia), Taushiro (Isolate;
Peru) and Guajajara (Tupian; Brazil). VSO-dominant languages with both prepositions
and postpositions include Murle and Tennet (Nilo-Saharan; Sudan) and Makah
(Wakashan, USA).
Oliver Bond 2010. Language documentation and language typology. In Peter K. Austin (ed.) Language
Documentation and Description, Vol 7, 238-261. London: SOAS.
Language documentation and language typology 239

One important aspect of probabilistic statements is that they cannot be


discovered, verified or quantified by studying only one language: by their
very nature, probabilistic statements are derived through the examination of
large samples of language data (see Song (2001: 17-41) for a sophisticated
introduction of sampling issues). Typologists are thus concerned with
generalisations that hold cross-linguistically. In the broadest typological work,
the conclusions that are reached are based on unbiased samples that include
languages spoken throughout the world. However, researchers engaged in
language documentation are often most interested in the typological
characteristics of language groups or language areas. Such linguistic traits
(e.g. concerning constituent order, agreement properties, negation strategy,
etc.) become of interest when a given language diverges from the normal
characteristics of the group to which it belongs, whether a genetic or areal
unit.
At its onset, typology was largely concerned with what is possible in
language, that is, discovering what the universals of language might be.
However, contemporary typology has a more sophisticated agenda: not simply
asking ‘what is possible?’, but examining ‘what is where why?’, with
reference to historical and other factors affecting the distribution of language
properties (Bickel 2007). For instance, it is no coincidence that certain
morphosyntactic or phonological features are common and distributed across
the whole world, while others are restricted to a small domain. The
distribution of linguistic features may relate to phenomena such as:
 the geographic isolation of a speech community
 migration and trading patterns
 the types of societies that people live in
 the types of language contact situations that prevail.
Sometimes, the distribution of typological features is due to fundamental and
consistent properties of language and its communicative goals.
In this chapter we are going to explore some core concepts in typology and
examine how they relate to language documentation and description. At the
end of the chapter you will have a sense of what typology is, some of the
principles that underlie it, and understand the symbiotic relationship between
the two research fields.
240 Oliver Bond

2. The typological method


Although there are different approaches to typology, the common
denominator in traditional typological studies is the aim to uncover the factors
underlying the immense diversity of language structures. This is achieved by
using an empirical approach to the study of language. The central idea
behind the empirical method is that conclusions are dependent on evidence or
consequences that are observable by the senses. An empirical methodology
involves the use of working hypotheses that are testable using observation or
experiment.
The typological method involves cross-linguistic comparison. Often this is
through a representative sample of the world’s languages. It typically involves
classification of either (i) components of a language or (ii) languages
themselves. A component of a language is a particular construction (e.g.
relative clauses) or feature (e.g. oral plosives) that can be compared across
languages. Devising typologies at the constructional level is fruitful because a
language may have move than one strategy to achieve a particular goal (i.e.
belong to two ‘types’ at the same time). Languages have also been classified
into types based on shared properties. This kind of typology is known as
‘holistic’ typology. For example, we might say that a certain language is a
type X language while another language is a type Y language; holistic
typology would propose that type X languages have certain properties, while
type Y languages have certain other properties. One popular holistic typology
classifies languages into types according to their morphological
characteristics. These types are referred to as ‘isolating’, ‘agglutinating’,
‘polysynthetic’ or ‘fusional’. Holistic typologies are generally less revealing
than those that those that involve implicational relationships between different
language parameters.
Typology is primarily concerned with classification based on formal
features. Typology does not group languages together into families. Likewise,
typology does not classify languages into types based on geographical
location, or based on the number of speakers a language has. Typology
classifies constructions in languages based on the forms out of which they are
composed; these can be at any level, including sounds, morphemes, syntactic
constituents, and discourse structure. Since these elements are employed to
convey meaning, typologists are naturally concerned with semantic categories
such as ‘event’ and ‘agent’, which are manifested by formal units of language
(see also Sells, this volume).
Typologists form generalisations that are based on observations, so
typological research is concerned with the study of patterns that occur
systematically across languages. The aim to uncover diversity makes typology
unlike a Universal Grammar type model of language, which seeks to abstract
away from linguistic diversity to uncover innate restrictions on language. In
Language documentation and language typology 241

addition to creating taxonomies, contemporary typologists also seek plausible


explanations for typological patterns in ‘extragrammatical’ domains such as
discourse, pragmatics, physiology, cognition, speech processing, language
contact, social influences on language use, etc. The kinds of explanatory
models that typologists tend to use include concepts such as competing
motivations, economy, iconicity, and semantic maps underlying some sort of
conceptual space that speakers have (see Croft (2003) for discussion of these
models).
Another significant dimension of typological work is that many
grammatical phenomena are fundamentally diachronic, and not just
synchronic. Within typology, structures that exist are usually considered from
a historical perspective as well because we know that languages change
through time, that certain patterns are more time-stable than others, and that
unusual typological patterns often arise when a particular construction is in
flux between two more common or major types.
So with all of this in mind, we can ask: “is typology a theory?” The kinds
of theories that are prevalent in linguistics like Minimalism, Government and
Binding Theory, Functional Grammar, Cognitive Grammar, Role and
Reference Grammar, and Lexical Functional Grammar are designed to model
how language works (see Sells’ chapter in this volume for references and
discussion). They provide a framework for linguistic analysis. Typology is not
really a theory of grammar in that it does not use an abstract architecture to
account for or formalise explanations. Rather, typology is concerned with
identifying cross-linguistic patterns and correlations between these patterns.
For this reason, the methodology and results of typological investigations are
(in principle) compatible with any grammatical theory (and with language
documentation). Unlike Universal Grammar however, typology is not
concerned only with purely innate aspects of language, but also with the
communicative and diachronic processes that result in the geographical and
genealogical distributions of features across languages. These include:
 population movements and language contact
 socio-anthropological influences on linguistic structure
 cognitive and communicative pressure on processing and acquisition
 grammaticalisation and other historical processes.
All these areas relate to aspects of language documentation in one way or
another.
The standard strategy in typological research, as presented by Croft (2003:
14), involves three key steps:
242 Oliver Bond

(i) determine the particular semantic(-pragmatic) structure or


situation type to be explored;
(ii) examine the morphosyntactic construction(s) or strategies used
to encode that situation type;
(iii) search for dependencies between the structures used for that
situation and other linguistic factors, including other structural
features and external functions expressed by the construction in
question, or both.
The first step involves defining a domain of research. The second step
requires identifying variation across languages to examine constructions or
strategies used to encode that situation type in a variety of languages. The
ultimate goal is to search for dependencies between different features of
language. Typology is not just the classification of strategies into types, but
also concerns which functions can be shared by structures, and what
predictions can be made about a language based on its structural
characteristics.
To exemplify the application of the standard typological method, we now
look briefly at Comrie and Kuteva (2008) who examined the distribution of
relativisation strategies in a sample of 166 languages.

2.1 Relativisation on subjects


The first step necessary to conduct typological work on relativisation
strategies is identification of the research domain: in this case, what is meant
by the term relativisation? For Comrie and Kuteva (2008), a relative clause
is:
a clause narrowing the potential reference of a referring expression
by restricting the reference to those referents of which a particular
proposition is true

Thus, a relativisation strategy is a type of grammatical structure used to


restrict the reference of a referring expression of the type identified above. An
example of relativisation from English can be seen in (2). This sentence
contains a relative clause who just greeted us (indicated by square brackets),
which narrows the potential reference of the referring expression the girl (i.e.
the head noun) to referents of which the proposition the girl just greeted us is
true.
Language documentation and language typology 243

(2) I teach the girl [who just greeted us]

The definition used here is composed to capture a largely semantic-pragmatic


function expressed in various ways cross-linguistically, so it is worded to
avoid inherent reference to structure, or rather to make as little reference to
structure as possible (notice that the notion of ‘clause’ is relevant to the
typology so it must be included in delimiting the research domain).
Comrie and Kuteva (2008) identify four main types of strategy for relative
clause formation across the languages in their survey based on empirical
observation of how the referent is indicated within the relative clause: the
relative pronoun strategy, the non-reduction strategy, the pronoun
retention strategy, and the gap strategy. The first type of strategy is:

Relative pronoun strategy: the position relativized is indicated


inside the relative clause by means of a clause-initial pronominal
element, and this pronominal element is case-marked (by case or by
an adposition) to indicate the role of the head noun within the
relative clause.

The relative pronoun strategy can be exemplified with data from German
(Germanic, Indo-European). In (3) the referent whose reference is narrowed
by the relative clause is der Mann ‘the man’:3

(3) German (Comrie and Kuteva 2008)


Der Mann, [der mich begrüßt hat], war
the man.NOM REL.NOM me greet.PTCP has be.3SG.PST

ein Deutscher.
one German
‘The man [who greeted me] was a German.’
(cf. The man greeted me.)

3
The abbreviations used in this paper are: ACC = accusative, DAT = dative, DEM =
demonstrative , DIR = directional, DIST = distal, EXCL = exclusive, NOM =
nominative, OBL= oblique, PFV = perfective, PL = plural, POT = potential, PRS =
present, PST = past, PST2= past (second most recent), PTCP = participle, RDP =
reduplication, REAL = realis, REL = relativiser, SG = singular, SUBJ = subject.
244 Oliver Bond

The relative pronoun der is case-marked to indicate the role of the head noun
within the relative clause. What makes this strategy distinctive is the presence
of a case-marked relative pronoun form at the beginning of the relative clause.
The second strategy is:

Non-reduction strategy: the head noun appears as a full-fledged noun


phrase within the relative clause.

In Maricopa (Yuman, Hokan; USA), rather than using a relative pronoun in


the relative clause to indicate the referent with restricted reference, the
referent is indicated by a noun, as in:

(4) Maricopa (Gordon 1986: 255)


[aany=lyvii=m 'iipaa ny-kw-tshqam-sh] shmaa-m
yesterday man 1-REL-slap.DIST-SUBJ sleep-REAL
‘The man [who beat me yesterday] is asleep.’
(cf. The man beat me yesterday.)

Here, the noun phrase 'iipaa ‘man’ is in the middle of the relative clause; it is
not expressed outside the relative clause.4
The third strategy is:

Pronoun-retention strategy: the position relativised is explicitly


indicated by means of a resumptive personal pronoun.

This strategy is found in Babungo (Bantoid, Niger-Congo; Cameroon); note


that the resumptive ŋwǝ́ ‘he’ in (5) would not appear in a regular main clause.
A literal translation of this example into English, would be I have seen the
man who he has beaten you.

4
We know 'iipaa ‘man’ is inside the relative clause because the surrounding material
is incompatible with an analysis in which the head noun is external to the restrictive
clause.
Language documentation and language typology 245

(5) Babungo (Schaub 1985: 34)


mǝ̀ yè wǝ́ ntɨ́ǝ [ƒáŋ ŋwǝ́ sɨ́ sàŋ ghɔ̂]
I see.PFV person that [who he PST2 beat.PFV you]
‘I have seen the man [who has beaten you].’
(cf. The man has beaten you)

Finally, the gap strategy is overwhelmingly the most popular strategy across
the world's languages:

Gap strategy: there is no overt case-marked reference to the head


noun within the relative clause.

The gap strategy is found in Turkish (Turkic, Altaic). In (6) the head-noun
öğrenci ‘student’ is outside the relative clause and there is no reference to ‘the
student’ within the relative clause (cf. the relative pronoun and pronoun-
retention strategies), i.e. there is a ‘gap’ the relative clause where the subject
should be.

(6) Turkish (Comrie 1998: 82)


[kitab-ı al-an] öğrenci
book-ACC buy-PTCP student
‘the student [who bought the book]’
(cf. The student bought the book.)

Comrie and Kuteva (2008) also looked at how the four strategies they
identified are distributed across their sample of 166 languages.
246 Oliver Bond

Map 1. The distribution of four strategies for relativisation on subjects, in 166


languages (Comrie and Kuteva 2008
Language documentation and language typology 247

Each strategy is represented by a different coloured and shaped symbol.


Notice that there are many white circles (125 instances in total) which
represent the gap-strategy. The other strategies are less frequent. The non-
reduction strategy seems to be scattered across the world map (grey squares,
24 instances), but the two remaining strategies are very restricted in their
location. Perhaps the most striking and interesting pattern represented on this
map is that the type of relativisation strategy familiar to us from English, the
relative pronoun strategy (represented by black triangles), is only found in
Europe, apart from one other example in North America (12 instances). The
pronoun retention strategy (represented by dark grey diamonds) is even rarer,
and restricted to languages in West/Central Africa and Southeast Asia (5
instances).
Map 1 and the methodology associated with creating it demonstrate that
by conducting a typological survey of a particular function or structure, it is
possible to examine its distribution and find that what we might be used to
from a Euro-centric perspective is actually very unusual. The relative pronoun
strategy is not restricted in terms of genetic units, but is in fact an areal trait
in Europe. The map also reveals that the only strategy clearly distributed
across all continents is the gap strategy. We can say with conviction that the
gap strategy is by far the most common linguistic strategy for relativising
subjects and that it is not restricted to certain areal or genetic groups.

2.2 The accessibility hierarchy


The examples we have seen so far have all been of relativisation of subjects;
they are all of the type in (7a), where the subject of the relative clause is
coreferential with the referent of the head noun. The underlined gap in (7a)
indicates the normal position of the subject of likes. In English we can
relativise on a variety of grammatical functions, as the following examples
show5:

5
English also has a relative pronoun strategy equivalent for these examples.
248 Oliver Bond

(7)
a. the woman that _____ likes Mary SUBJECT
b. the woman (that) Mary likes _____ DIRECT OBJECT
c. the woman (that) the boy gave a rose to _____ INDIRECT OBJECT
d. the woman (that) Mary spoke with _____ OBLIQUE
e. the woman (that) Mary knows the family of _____ POSSESSOR
f. the woman (that) Mary is taller than _____ COMPARATIVE

However, not all languages exhibit the same possibilities. Keenan and Comrie
(1977, 1979) looked at relativisation possibilities in a wide range of languages
(50 in total) and came up with what they call the Accessibility Hierarchy6.

Figure 1. Accessibility Hierarchy (Keenan and Comrie 1977, 1979)

subject > object > indirect object > oblique > genitive > object of comparison

Initially, the hierarchy was thought to indicate a universal stipulating that if a


language can relativise a grammatical function to the right of the hierarchy,
then it will also be able to relativise everything to the left of that point. For
instance, if a language can relativise on obliques then it will also be able to
relativise on subject, object and indirect object. Similarly, if a language can
relativise on one grammatical function only, it will be the subject. Clearly, it
is only through comparing languages that such a hierarchy could be devised.
Sometimes patterns and subsequent claims about language made by
typologists need modification in light of additional language data. The two
hierarchies presented in Figure 2 (based on Comrie 1989: 147-8) are proposed
to represent the relativisation strategies of Persian. Like English, Persian can
relativise on grammatical functions at all points on the Accessibility
Hierarchy, but it uses two different strategies to do so. Figure 2 illustrates that
the gap strategy is used in Persian to relativise on subjects and direct objects
whereas the relative pronoun strategy is used to relativise on everything

6
Sells (page 214, section 2.2) discusses a similar hierarchy of grammatical functions
from a theoretical perspective.
Language documentation and language typology 249

except the subject (including the option to relativise on the direct object using
the pronoun strategy).

Figure 2. Relative clause strategies in Persian (Iranian, Indo-European; Iran)

Gap: subject > object > indirect object > object of preposition > possessor

 
Pronoun: subject > object > indirect object > object of preposition > possessor

Data of the kind underlying this hierarchy indicate the initial universal claims
associated with the hierarchy were too strong. Instead, we have to say that (i)
the subject must always be relativisable7, and (ii) that any given strategy will
cover a contiguous portion of the hierarchy. The Accessibility Hierarchy
stands as an example of how, by looking at different types of structures for a
single situation type, we can come up with universal claims about language.

3. The mutual relationship between language documentation and


typology
One very obvious connection between typology and language documentation
and description is that typologists rely on high quality grammatical
descriptions to be able to carry out their work. For instance, the data sample of
166 languages used for the relative clause study discussed above were not all
collected by Comrie and Kuteva firsthand (although some undoubtedly were).
In the most part, they have relied on quality descriptions produced by other
linguists.
In turn then, we may ask what people documenting languages want from
typologists. Initially we might say that language documenters look to typology
to inform them of variation evident across languages in order to guide them
about the concepts and terminology that they should use as part of their corpus
annotation and grammatical description. If this were not the case, every time a
linguist describes a language, they would simply be starting afresh:
fieldworkers would not be using the same terminology across descriptions,
and analyses would not be informed by similarities to or differences from

7
Sells (this volume, page 234, examples (48)-(49)) shows that only subjects can
relativise in Western Austronesian languages like Toba Batak.
250 Oliver Bond

other languages. Typology aids research on languages that have not


previously been documented by making field linguists aware of what is ‘out
there’, what is ‘possible’ and what is ‘probable’. In short, typology can make
language documenters informed of possible variation before they start
working on a language. Such awareness is particularly important in fieldwork
since many phenomena that might seem exotic in comparison to one’s native
language may actually be typologically common. In an extreme case at the
other end of the spectrum, an aberrant construction may ultimately prove to be
something typologists have thought not to exist. Although it is not necessary
to be a typologist to document and describe a language, becoming an expert
on the typological characteristics of a given language family is advisable. If
linguists know what patterns are common in language – in general or in the
languages of a particular family – they will be quick to recognise unexpected
deviations from the ‘norm’ in the language(s) they are examining.
What else can typology do for language documenters? There seems to be a
common misconception among linguists that typologists just raid grammars
and descriptions for analysis and do not give anything back to those who
collect the data. This is not true. Many tools created by typologist as part of
their research are of direct use to field linguists.
Perhaps the most tangible tools that typologist create for field linguists are
questionnaires and stimulus kits. Questionnaires are very useful for linguistic
research, but stimulus kits are particularly important for language
documentation because they remove some of the language bias that
questionnaires introduce. There are plenty of questionnaires available for
phonology, morphology, syntax and semantics. Stimulus kits are less freely
available but lots of information is available at the following link (see also
Lüpke, this volume, for some examples and illustrations):

http://www.eva.mpg.de/lingua/tools-at-lingboard/questionnaires.php

Another tool of use to fieldworkers that was developed by typologists is


the set of recommendations called the Leipzig Glossing Rules (LGR):

http://www.eva.mpg.de/lingua/resources/glossing-rules.php

These are a set of principles for the encoding of interlinear morpheme-by-


morpheme glosses. The LGR are a standardised set of glossing conventions
that provide guidance to annotators when glossing examples. The guidelines
include suggestions for category abbreviations in glosses, and examples of
how different morphological operations and properties (e.g. affixation,
Language documentation and language typology 251

infixation, reduplication, cliticisation, cumulative expression, etc) can be


distinguished effectively within inter-linear gloss lines.
The LGR contain suggestions for category abbreviations (e.g. present
tense = PRS) because some categories (with different core meanings) found in
glosses are often given identical labels across descriptions that could
ultimately be confused. A case in point is the similarity between the terms
perfective and perfect, which are often glossed as PERF in language
descriptions without further clarification. The LGR distinguish these as
perfect = PRF, and perfective = PFV. In fact, to avoid this problem, many
linguists involved in language description have abandoned the label perfect
for the term anterior in order to remove any confusion, however it persists in
older grammars.
The benefit of a standardised set of terms to use in description is that is
creates the opportunity to make documentation and description outcomes
more accessible to fellow linguists. However, use of the standard
abbreviations provided in the LGR does not say anything specific about the
semantics or grammatical properties of a labelled category. It simply makes it
easier to identify what terminology is being used.
The next typological tool of use to those creating a detailed description of
a language is the Universals Archive:

http://typo.uni-konstanz.de/archive/intro/

Since the early 2000s, researchers at the University of Konstanz have been
collecting published universals found in the typological literature, especially
those of an implicational kind (e.g. if a language has X then it will also have Y
or if a language has X and Y it will have Z).
This archive of universals, which includes hierarchies and semantic maps,
can provide predictions to be tested in field data and thus is of interest to
documenters and describers. This is particularly pertinent for language
documentation work involving a large corpus of spontaneous speech and little
elicitation. By looking through the universals archive it may be possible to
pinpoint areas of research where targeted elicitation and analysis is necessary
to create a richer description. With this in mind, one way to utilise the
Universals Archive would be to look through the universals listed and devise
testable hypotheses. For instance, when working on a language that has
dominant VSO order and a universal within the archive refers to this
characteristic, consider whether that universal stands true for the language
under investigation. If it does not, it provides a reason to investigate how the
language diverges from the regular pattern and why.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 32
Titolo: Universali linguistici

Attività di preparazione
Descrivere le caratteristiche della ricerca in tipologia linguistica
all’interno dell’allegato “Lezione 32.pdf”

Pag.
252 Oliver Bond

Finally, typologists also create cross-linguistic databases that provide an


insight into which variables will be useful in an analysis of data in a language
corpus. When browsing an online database, users are typically able to search
through the data based on a number of different variables. For instance, in an
agreement database, one might be interested to check if any language permits
agreement in subordinate clauses with second-person dual subjects. In a
sophisticated database it is possible to search on multiple parameters. By
investigating what types of parameters are encoded in databases, it is possible
for fieldworkers to become better informed about what sorts of variables will
be important in their own documentation and descriptive work. There are
many open-access typological databases available; some major ones can be
accessed via the following links:

http://www.hum.uva.nl/TDS/

http://www.smg.surrey.ac.uk/

http://wals.info/

Although many of the outcomes of typological work can be beneficial to


field-linguists, language documenters do not need to please typologists: by
being aware of the benefits typology brings to corpus construction and related
analyses, language documenters provide the best resources for typologists as a
by product, not a goal.

4. Fine-grained variables for description and typology


Having outlined some of the things that typology can do for the language
documenter, I should also point out what typology cannot do for you. There is
increasing recognition in typology that linguistic categories are language-
specific not universal (e.g. Croft 2001, Haspelmath 2007), and that the
linguistic categories posited in a given description are language-specific
descriptive categories (cf. Haspelmath 2008). For this reason, anguishing over
finding an appropriate label for a category is in many ways moot. Essentially,
this is because assigning a label to a category does not describe it: the
variables which are important for cross-linguistic comparison are actually
much more fine-grained than category labels conventionally indicate. This
does not mean that linguists should abandon all existing terminology, or that
every label should be non-descriptive (e.g. calling categories X, Y, and Z
when you mean verbs, nouns and adjectives, cf. Garvin 1948). While it is still
appropriate to use the terms past tense, perfective or imperfective, etc. as a
guide to a general meaning, it is increasingly popular in typology to use
uppercase labels for these (language specific) categories and to refer to them,
Language documentation and language typology 253

at least in typological work, with the language name. When talking about past
tense in English in this way, it is referred to as the English Past not just Past
Tense because it is a specific category relevant to English. Similarly, if you
were to look further afield to Eleme (spoken in southeast Nigeria), the Eleme
Continuous is a language specific category found in Eleme alone (although it
may be similar to categories labelled Continuous in other languages).
Variation of this kind indicates that descriptions need to be very thorough
even with categories that might otherwise be taken for granted. In principle
we are free to label a category with any language-specific term deemed
appropriate, however there is an onus on the language documenter to increase
the transparency of the descriptive content of such terms, and not to assume
the existence of pre-established categories (e.g. from the Latin grammar
tradition). Along with the augmented need for detail and clarity in language
descriptions, the realisation that categories are language-specific calls for a
new honesty in assessing the scientific credentials of the methodologies
typologists use in comparing grammatical categories cross-linguistically.
Fine-grained quantitative distributional analyses with description give a
complex but potentially useful basis on which to compare languages.
Haspelmath (2007:125) proposes that:

instead of fitting observed phenomena into the mould of currently


popular categories, the linguist’s job should be to describe the
phenomena in as much detail as possible. Language describers have
to create language-particular structural categories for their
language, rather than being able to “take them off the shelf”. This
means that they have both more freedom and more work than is
often thought.

To summarise, descriptive work that will be useful for the (contemporary)


typologist will involve explicitly defined, fine-grained variables. In corpus-
based work within a documentation project, this will also be quantified in
some way. To illustrate the first point, we will look at case studies of word
classes in Jaminjung, a language of northern Australia, and agreement
morphology in Eleme, spoken in southeast Nigeria.

4.1 Jaminjung word classes


As linguists, we are used to the idea that ‘nouns’ and ‘verbs’ are major
categories in language and many linguists would claim they are universal
properties of language. Yet, if a language has a verb, what semantic domain
will it cover? If we look at Jaminjung (Djaminjungan, Australia) we find two
word classes broadly described as verbs (Schultze-Berndt 2000, 2003).
Inflecting Verbs (IVs) and Uninflecting Verbs (UVs) constitute two major
254 Oliver Bond

word classes that are distinct from Nominals (N). IVs include items glossed
as: ‘go’, ‘come’, ‘eat’, ‘put’, ‘hit’, ‘poke’, while UVs include items glossed
as: ‘go down’, ‘smash’, ‘walk’, ‘drink’, ‘light (a fire)’. With this in mind, we
might wonder which of these two verb-like categories is the ‘real’ verb. In
investigating parts-of-speech in a language like this (or indeed any language
for that matter), a fine-grained distributional analysis is essential. Although
IVs and UVs are conventionally glossed using the names for English Verbs,
they do not have the same morphosyntactic properties as one another,
indicating that they belong to different distributional classes: IVs can take
tense-aspect-mood (TAM) and person marking, while UVs and Ns cannot.
UVs also differ from IVs in that the former can be reduplicated to signal
repetition, duration or intensity. IVs can be used in independent predication as
in (8), while UVs require the presence of an IV, as seen in (9). For clarity, the
glosses of inflecting verbs are underlined, while uninflecting verbs are not:

(8) Jaminjung (Schultze-Berndt 2000: 118)


gagawurli-wu yirr-ijga:::-ny, manamba
long.yam-DAT 1PL.EXCL-go-PST upstream
‘We went for long yam, upstream.’

(9) Jaminjung (Schultze-Berndt 2003: 150)


nganthan wij-wij ngath-angga-m?
what RDP:scrape 2SG:3SG-get/handle-PRS
‘What are you scraping?’ (the addressee was scraping a carrot)

In (8) the IV ijga ‘go’ is the only ‘verb’ in the predicate. In contrast, (9)
contains a reduplicated UV wij ‘scrape’ together with an IV angga ‘get’ or
‘handle’. In Jaminjung one class of items which we would call verbs in
English can occur in independent predicates, like ‘go’ in (8), but the other
class are dependent - they have to occur with an IV, either in the same clause
or as a clause dependent on another clause. Semantically, UVs and IVs are
similar, but morphosyntactically UVs share a lot of characteristics with
Jaminjung Nouns. For instance, UVs can take a subset of case markers such as
the Dative, making them more noun-like. Example (10) shows a UV
wirrigaya ‘cook’ marked with the dative case, while (11) illustrates a Noun
guyung ‘fire’ marked with the same case:
Language documentation and language typology 255

(10) Jaminjung (Schultze-Berndt 2003: 154)


guyug=biyang nganji-bili=rrgu
fire=now 2SG:3SG-POT:handle=1SG.OBL

[wujuwuju wirrigaja-wu]
small cook-DAT
‘You should get fire(wood) for me now, for cooking the small (fish).’

(11) Jaminjung (Schultze-Berndt 2003: 157)


ga-jga-ny yina-wurla guyug-gu::
3SG-go-PST DEM-DIR fire-DAT
‘She went over there for firewood…’

Under this analysis, ‘fire’ is a Noun because it can occur with the full range of
case markers, whereas the UV ‘cook’ can only occur with certain case
markers like the Dative. In both instances, the Dative has the same semantic
interpretation of purposive.

Table 1. Morphosyntactic properties distinguishing IVs, UVs, and Ns in


Jaminjung (Schultze-Berndt 2000, 2003)

IVs UVs Ns
TAM/person marking   
Independent predication   ()†
Determination   
Case marking  ()§ 
Class size closed* open open

Key: † in verbless equative or ascriptive clauses


§ with a subset of case markers in subordinating function
* around 30 members
Schultze-Berndt’s analysis of parts-of-speech in Jaminjung is very explicit
about the variables that are used to demonstrate to which class lexical items
belong. Table 1 summarises the characteristics of IVs, UVs and Ns. Perhaps
the most interesting and perplexing property of these classes, concerns their
relative sizes. The IV class is a closed class and only has around 30 members
while the UV class is an open class, so loan words (or more specifically,
256 Oliver Bond

borrowed verbs) are UVs. It is striking from a typological perspective that


what we might assume to be an open class (of Verbs) is actually closed.
The use of fine-grained variables like these is paramount in the best
descriptions of a language, and useful for typologists too: such descriptions
provide a great deal of information about how the classes differ.
In the Australian languages that have similar systems to Jaminjung, a
variety of terminology has been used for UVs, including Preverb, Coverb,
Verbal Particle, Participle, Base and (Main) Verb (Schultze Bernt 2003: 146).
In fact, Schultze-Berndt herself refers to the UV as Uninflected Verb, Preverb
and Uninflected Particle throughout her various publications. Notice that the
label itself does not tell us much about a word class; a fine-grained
distributional analysis of the data does.

4.2 Eleme agreement morphology


The analysis of agreement morphology is another area of description where
fine-grained variables are useful. The following paradigm of subject affixes in
Eleme (Ogonoid, Niger-Congo; Nigeria) is representative of a wide range of
variation in the indexation of grammatical roles in the language:

(12) Eleme (Bond 2010: 5)


(a) ǹ-ʔerá (b) rɛ̃-ʔerá
1SG-stop 1PL-stop
‘I stopped.’ ‘We stopped.’

(c) ò-ʔerá (d) ò-ʔerá-i


2-stop 2-stop-2PL
‘You (SG) stopped.’ ‘You (PL) stopped.’

(e) è-ʔerá (f) è-ʔerá-ri


3-stop 3-stop-3PL
‘S/he stopped.’ ‘They stopped.’

First-person singular (12a) and plural (12b) are indicated by the use of
prefixes, ǹ- and rɛ̃- respectively. In both cases, a distinct prefix is used to
indicate a specific person and number combination. In contrast, second-person
singular (12c) and third-person singular (12e) are indicated through the use of
a prefix that is specified for person, but not number. The plural counterparts to
these in (12d) and (12f) share the same prefixes ò- (2) and è- (3) but there are
Language documentation and language typology 257

also suffixes that indicate second-person plural -i (12d) and third-person


plural -ri (12f). Table 2 provides the various allomorphs of the affixes, which
are determined by consonantal assimilation (1SG), vowel harmony (2, 3) and
alternate forms determined by apparent free variation (1PL).

Table 2. Variables affecting the distribution of affixes in Eleme (Bond 2010)

requires
required by
permits overt pronominal in
default subject affix overt
controller subject
controller
position
1SG m̀-/ǹ-/ŋ̀-/ŋ̀m̀-   
1PL rɛ̃-/nɛ-   
2 ò-/ɔ̀-   
3 è-/ɛ̀- /?  
2PL -i  /? 
3PL -ri   

In describing this paradigm, I have separated the various subject affixes and
looked at them in terms of three different variables, summarised in Table 2. The
first variable concerns whether it is possible for an independent pronoun or noun
phrase that expresses the same features as the affix to co-occur with it. For
instance, can the first-person singular prefix co-occur with an independent
pronoun that is first-person singular? Table 2 demonstrates that first-person
singular and first-person plural can occur with an independent pronoun, as can
the second-person plural and third-person plural suffixes. In contrast, the
second-person and third-person prefixes cannot. Already, we can see that
individual affixes in the paradigm do not behave in the same way with respect to
this parameter. Although it is sometimes assumed that affixes in the same
paradigm will have similar behaviour, they frequently do not because their
actual use is based on various semantic and pragmatic/discourse properties (e.g.
the distinction between addressee, speaker reference, non-participant reference).
The second variable approaches the same issue from a different angle. It
considers whether the affix is required if an overt controller is present (i.e. if
there is also a subject NP or independent pronoun). In this case the first-
person singular prefix and the first-person plural prefix differ in their
distribution. The first-person singular prefix can occur with an independent
pronoun but it is not required to do so. In contrast, the plural form is always
required if there is an independent pronoun. This type of distinction might be
missed in an analysis that does not look at individual parameters
258 Oliver Bond

systematically. Table 2 demonstrates that the rest of the affixes behave in the
same way for this variable as they did for the first parameter.
The final variable concerns whether the affix requires a pronominal to be
in subject position or not. This is most pertinent for the suffixes. In (12d) and
(12f) the suffixes -i and -ri co-occur with their respective prefixes. However,
constructions where there is no prefix, but where an independent pronoun is in
subject position instead are also possible. This suggests that the prefix is
occupying the argument slot that an independent pronoun otherwise occupies.
The second-person plural suffix requires some element in that slot; either a
prefix or an independent pronoun. In contrast, the third-person plural suffix
does not require anything in cases where the referent of the suffix is
retrievable from the discourse structure and context.
These variables demonstrate the distribution of the various prefixes and
suffixes in a paradigm which appears to be fairly unproblematic at face value.
By looking at individual affixes across fine-grained variables a much more
sophisticated and revealing analysis is permitted. This is exactly the kind of
analysis that a contemporary typologist might find useful, but is also the kind of
analysis that characterises good quality descriptions. Bickel (2007: 247) claims:

such variables allow capturing rather than ignoring diversity, and


they stand a greater chance to be codable in replicable ways across
many languages. Fine-grained variables form just the right input for
research on how structures distribute in the world, and, at the same
time, they provide just the right tools for analyzing individual
structures beyond futile naming exercises.

Effectively, it is a waste of time to argue whether a particular linguistic feature


belongs to a particular category or not, rather, it is better to demonstrate its
characteristics with a fine-grained distributional analysis. The best descriptions, then,
look at multiple fine-grained variables in establishing category or class membership
and explicitly identify which variables have been used to establish that class.

5. Conclusion
Contemporary typology is concerned with the diversity found in the world’s
languages and aims to answer the question ‘what is why where?’ rather than
‘what is possible?’ Typology has its own empirically-based methodologies. The
standard typological method involves selecting a semantic-pragmatic domain,
identifying the strategies used by languages to express that domain and
searching for generalities across the domain, such as dependencies or other
functions associated with those structures. Typologists do not just take: they are
willing to give as well. The resources that result from cross-linguistic
Language documentation and language typology 259

comparison are useful in language documentation in terms of annotation tools,


questionnaires and stimulus kits, hypotheses to test, and variables to investigate.
Cross-linguistic research has raised doubt about the idea that there are a
small number of innate or universal categories. Rather, it suggests that there
are many language-specific categories, some of which do not have parallels
across languages. As a consequence, the best descriptive and documentation
research will (i) use quantification from the corpus to support the distribution
of forms and (ii) use fine-grained variables to account for variation.

References
Bickel, Balthasar. 2007. Typology in the 21st Century: Major current
developments. Linguistic Typology 11, 239-251.
Bond, Oliver. 2010. Intra-paradigmatic variation in Eleme verbal agreement.
Studies in Language 34, 1-35.
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Design 1, 59-86
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Haspelmath, Matthew S Dryer, David Gil, & Bernard Comrie,
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University Press.
Croft, William. 2003. Typology and universals (second edition). Cambridge:
Cambridge University Press.
Dryer, Matthew S. 2008a. Order of Subject, Object and Verb. In Martin
Haspelmath, Matthew S. Dryer, David Gil & Bernard Comrie (eds.)
The World Atlas of Language Structures Online. Munich: Max Planck
Digital Library, chapter 81. (Available online at
http://wals.info/feature/81. Accessed on 2010-01-24).
Dryer, Matthew S. 2008b. Order of Adposition and Noun phrase. In Martin
Haspelmath, Matthew S. Dryer, David Gil & Bernard Comrie (eds.)
The World Atlas of Language Structures Online. Munich: Max Planck
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http://wals.info/feature/85. Accessed on 2010-01-24).
Garvin, Paul L. 1948. Kutenai III: morpheme distributions (prefix, theme,
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Gordon, Lynn. 1986. Maricopa morphology and syntax. Berkeley: University
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reference to the order of meaningful elements. In Joseph H. Greenberg
(ed.), Universals of language: report of a conference held at Dobbs
Ferry, New York, April 13-15, 1961. Cambridge, MA: MIT Press.
260 Oliver Bond

Greenberg, Joseph H. 1966. Some universals of grammar with particular


reference to the order of meaningful elements. In Joseph H. Greenberg
(ed.), Universals of grammar (second edition), 73-133. Cambridge,
MA: MIT Press.
Haspelmath, Martin. 2007. Pre-established categories don't exist:
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Typology 11, 119-132
Haspelmath, Martin. 2008. Comparative concepts and descriptive categories
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http://email.eva.mpg.de/~haspelmt/CompConcepts.pdf. Accessed on
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Lüpke, Friederike. 2010. Research methods in language documentation. In
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Schaub, Willi. 1985. Babungo. London: Croom Helm.
Schultze-Berndt, Eva. 2000. Simple and complex verbs in Jaminjung. A study
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Schultze-Berndt, Eva. 2003. Preverbs as an open word class in Northern
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Booij & Jaap van Marle (eds.), Yearbook of Morphology 2003, 145-
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Sells, Peter. 2010. Language documentation and linguistic theory. In Peter K.
Austin (ed.) Language Documentation and Description, Volume 7,
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Comrie, Bernard. 1989. Language universals and linguistic typology (second
edition). Oxford: Blackwell.
Croft, William. 2003. Typology and universals (second edition). Cambridge:
Cambridge University Press.
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In Jae Jung Song (ed.), The Oxford handbook of linguistic typology.
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Shopen, Timothy (ed.). 2007. Language typology and syntactic description
(Vols 1-3). Cambridge: Cambridge University Press.
Song, Jae Jung. Linguistic typology: morphology and syntax. Harlow:
Longman.
Whaley, Lindsay J. Introduction to typology: the unity and diversity of
language. London: Sage.
Language documentation and language typology 261

Discussion questions
1. Visit the WALS database online: http://wals.info. In the Complex
Sentences section Feature section, open up the chapters on Relativizing on
Subjects (Chapter 122) and Relativizing on Obliques (Chapter 123) by
Bernard Comrie and Tania Kuteva. Compare the map for subjects with the
map for obliques.
a. What discrepancies do you see between the two maps?
b. How are the different strategies distributed?
c. Can you identify any languages that have different strategies for
relativisation on subjects and obliques? If so, are any tendencies
identifiable in the sample?
d. What methodological problems exist in comparing these two
maps directly?
2. In what ways can the use of a corpus formed as part of language
documentation be employed to good effect in a typological study? Consider
the benefits and difficulties of using corpora over printed grammars in cross-
linguistic research.
3. 'Language documenters should ensure that their corpora are designed with
typologists in mind.' Do you agree or disagree with this statement? In what
ways can the relationship between typology and language documentation and
description be nurtured?
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 33
Titolo: Universali linguistici

Attività di preparazione
Riassumere le caratteristiche della relativizzazione, descritte
all’interno dell’allegato “Lezione 33b.pdf”

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 33
Titolo: Universali linguistici 2

Attività di preparazione
Qual è la proposta di Oliver Bond rispetto alle ricerche di
linguistica tipologica, contenuta all’interno dell’allegato
“Lezione 33.pdf”?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 33
Titolo: Gli universali linguistici 2

Attività di preparazione

Quali sono le principali caratteristiche del lavoro di un linguista


secondo Haspelmath? La risposta è contenuta all’interno
dell’allegato “Lezione 33.pdf”.

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

Il significato è un’idea, un processo o


operazione mentale, corrispondente a qualcosa
che esiste al di fuori della lingua.
Secondo una prospettiva comportamentista, il
significato è ciò che accomuna i contesti di
impiego di un segno.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

In linguistica il significato è l’informazione


veicolata da un segno linguistico.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

La denotazione riporta a ciò che il segno descrive e rappresenta;


corrisponde al valore di identificazione di un elemento della realtà
esterna, un referente.
La connotazione riporta al significato indotto, soggettivo, connesso
alle sensazioni suscitate da un segno e alle associazioni a cui dà
luogo.
Il significato linguistico è la somma del significato denotativo e di
quello connotativo, mentre il significato sociale è rappresentato dal
rapporto con i parlanti.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

Il significato lessicale rimanda a


termini che rappresentano la realtà
esterna o referenti ideali, mentre il
significato grammaticale rimanda alle
rappresentazioni di concetti o di
rapporti interni al sistema linguistico e
alla struttura dei segni.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

Un lessema è una parola considerata dal punto


di vista del significato; l’insieme dei lessemi di
una lingua costituisce il lessico.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

Si definiscono omonimi due lessemi che


presentano lo stesso significante, ma
significati differenti. Se i diversi significati
sono imparentati e derivativi, la parola è
polisemica.
Se la polisemia implica antitesi, si chiama
enantiosemia.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

Gli omonimi possono essere


omografi e/o omofoni.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

Si definiscono sinonimi due lessemi


che presentano lo stesso significato,
ma significanti differenti. La sinonimia
pura nelle lingue è molto rara.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

Si definiscono iponimi due


lessemi che in un rapporto di
inclusione soddisfano la
condizione tale per cui tutti gli x
sono y ma non tutti gli y sono x.
La relazione inversa si chiama
iperonimia.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

Si definiscono antonimi due


lessemi di significato contrario.
Altre relazioni di opposizione
sono la complementarietà e
l’inversione.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

Il campo semantico è l’insieme dei lessemi


coiponimi diretti di uno stesso sovraordinato; es.:
felino>leone, gatto, tigre, puma, pantera.
L’area semantica è l’insieme dei significati assunti da
un lessema; es.: studio, ufficio, monolocale, ricerca.
Se i termini si riferiscono a uno stesso spazio
semantico, si parla di sfera semantica; es.: libro,
scuola, penna, compiti.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 34
Titolo: Il lessico
Attività n°: 1

La famiglia semantica è un
insieme di lessemi imparentati a
seconda del significato e del
significante; es.: latte, lattosio,
allattamento, latteria, libreria.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 34
Titolo: Il lessico

Attività di preparazione

Quali sono i meccanismi di inclusione per il lessico?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 34
Titolo: Il lessico

Attività di preparazione

Cosa si intende per “significato” e quali forme assume in


linguistica?

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 35
Titolo: La coesione
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 35
Titolo: La coesione
Attività n°: 1

In questa lezione ci occuperemo della


coesione.
La coesione rimanda alla struttura
grammaticale, linguistica, di un testo.
La coesione non garantisce la
comprensibilità in termini di contenuti,
dipende dalla - e aiuta - la coerenza; il
legame tra i contenuti di un testo.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 35
Titolo: La coesione
Attività n°: 1

Il modo migliore per studiare la coerenza


è costituito dall’analisi sintattica.

Gli attori di uno scambio comunicativo


condividono dei referenti.
I referenti sono entità indefinite,
dormienti, se ne conosce il senso, ma
esso è depositato nella memoria a lungo
termine.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 35
Titolo: La coesione
Attività n°: 1

Una volta definiti, i referenti si attivano e


sono disponibili all’interno del testo.
Tutti gli elementi di un testo che si
riferiscono a uno stesso referente, si
chiamano coreferenti.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 35
Titolo: La coesione
Attività n°: 1

Il legame semantico che si instaura fra un


riferimento del testo e un referente è il
riferimento, mentre la relazione di rimando fra due
elementi di uno stesso testo o fra uno del testo e
uno del contesto è il rinvio.
Rinvio e referente spesso convivono nella stessa
forma.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 35
Titolo: La coesione
Attività n°: 1

Per riprendere un elemento è possibile rifarsi alla


sinonimia assoluta, parziale (nel caso venga
ripresa una parte dell’elemento) o della
sostituzione.
La sostituzione avviene per mezzo dei riferimenti
anaforici e cataforici.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 35
Titolo: La coesione
Attività n°: 1

L’anafora si basa sulla ripresa attraverso


meccanismi svariati di un antecedente o punto
d’attacco, mentre la catafora si riferisce
all’elemento prima che sia nominato per la prima
volta.
I rinvii possono essere all’interno del testo
(endoforici) o all’esterno (esoforici).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 35
Titolo: La coesione
Attività n°: 1

La deissi è un tipo di sostituzione esoforica,


basata su riferimenti extratestuali (sguardo,
contesto).
Es. Belle, dove le hai prese?
Il «le» è comprensibile solamente se
consideriamo gli interlocutori e il loro contesto.
In Le scarpe, le ho prese ieri, «le» è anafora
Le ho prese ieri, le scarpe, «le» è catafora.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 35
Titolo: La coesione

Attività di preparazione

Individuare tutti gli elementi anaforici e cataforici del testo

Presentandosi a noi con la figura del Cavaliere di Coppe - un giovane


roseo e biondo che sfoggiava un mantello raggiante di ricami a forma
di sole, e offriva con la mano protesa un dono come quelli dei Re
Magi - il nostro commensale voleva probabilmente informarci della
sua condizione facoltosa, della sua inclinazione al lusso e alla
prodigalità, e pure - col mostrarsi a cavallo - d'un suo spirito
d'avventura, sia pur mosso - giudicai io, osservando tutti quei ricami
fin sulla gualdrappa del destriero - più dal desiderio d'apparire che
da una vera vocazione cavalleresca.
Il bel giovane fece un gesto come per richiedere tutta la nostra
attenzione e cominciò il suo muto racconto disponendo tre carte in
fila sul tavolo: il Re di Denari, il Dieci di Denari e il Nove di Bastoni.
L'espressione luttuosa con cui aveva deposto la prima di queste tre
carte, e quella gioiosa con cui mostrò la carta seguente, parevano
volerci far comprendere che, suo padre essendo venuto a morte, - il
Re di Denari rappresentava un personaggio leggermente più anziano
degli altri e dall'aspetto posato e prospero, - egli era entrato in
possesso d'una cospicua eredità e subito s'era messo in viaggio.
Quest'ultima proposizione la deducemmo dal movimento del braccio
nel buttare la carta del Nove di Bastoni, la quale - con l'intrico di rami
protesi su una vegetazione di foglie e fiorellini selvatici - ci ricordava
il bosco che avevamo or è poco attraversato. (Anzi, a chi scrutasse
la carta con occhio più acuto, il segmento verticale che incrocia gli
altri legni obliqui suggeriva appunto l'idea della strada che penetra
nel folto della foresta).
Dunque, l'inizio della storia poteva essere questo: il cavaliere, appena
seppe d'avere i mezzi per brillare nelle corti più sfarzose, s'affrettò a
mettersi in cammino con una borsa colma di monete d'oro, per
visitare i più famosi castelli dei dintorni, forse col proposito di
conquistarsi una sposa d'alto rango; e accarezzando questi sogni,
s'era inoltrato nel bosco.
A queste carte in fila, se ne aggiunse una che annunciava certamente
un brutto incontro: La Forza. Nel nostro mazzo di tarocchi questo
arcano era rappresentato da un energumeno armato, sulle cui
malvage intenzioni non lasciavano dubbi l'espressione brutale, la Pag.
clava mulinata in aria, e la violenza con cui stendeva al suolo un leone
con un colpo secco come si fa con i conigli. Il racconto era chiaro:
nel cuore del bosco il cavaliere era stato sorpreso dall'agguato d'un
feroce brigante. Le più tristi previsioni furono confermate dalla carta
che venne poi, cioè l'arcano dodicesimo, detto Il Penduto, dove si
contempla un uomo in brache e camicia, legato a testa in basso,
appeso per un piede. Riconoscemmo nell'appeso il nostro giovane
biondo: il brigante l'aveva spogliato d'ogni avere, e lasciato a
penzolare da un ramo, a testa in giù.
Respirammo di sollievo alla notizia che ci recò l'arcano La
Temperanza, posato sul tavolo dal nostro commensale con
espressione di riconoscenza. Da esso apprendemmo che l'uomo
penzoloni aveva sentito un passo avvicinarsi e il suo occhio capovolto
aveva visto una fanciulla, forse figlia d'un boscaiolo o d'un capraio,
che avanzava, nudi i polpacci, per i prati, reggendo due brocche
d'acqua, certo di ritorno dalla fonte. Non dubitammo che l'uomo a
testa in giù venisse liberato e soccorso e restituito alla sua positura
naturale da quella semplice figlia dei boschi. Quando vedemmo calare
l'Asso di Coppe, su cui era disegnata una fonte che scorre tra muschi
fioriti e frulli d'ali, fu come se sentissimo lì vicino il fiottare d'una
sorgente e l'ansare dell'uomo che si dissetava bocconi.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 35
Titolo: La coesione

Attività di preparazione

Individuare tutti gli elementi deittici del testo

Presentandosi a noi con la figura del Cavaliere di Coppe - un giovane


roseo e biondo che sfoggiava un mantello raggiante di ricami a forma
di sole, e offriva con la mano protesa un dono come quelli dei Re
Magi - il nostro commensale voleva probabilmente informarci della
sua condizione facoltosa, della sua inclinazione al lusso e alla
prodigalità, e pure - col mostrarsi a cavallo - d'un suo spirito
d'avventura, sia pur mosso - giudicai io, osservando tutti quei ricami
fin sulla gualdrappa del destriero - più dal desiderio d'apparire che
da una vera vocazione cavalleresca.
Il bel giovane fece un gesto come per richiedere tutta la nostra
attenzione e cominciò il suo muto racconto disponendo tre carte in
fila sul tavolo: il Re di Denari, il Dieci di Denari e il Nove di Bastoni.
L'espressione luttuosa con cui aveva deposto la prima di queste tre
carte, e quella gioiosa con cui mostrò la carta seguente, parevano
volerci far comprendere che, suo padre essendo venuto a morte, - il
Re di Denari rappresentava un personaggio leggermente più anziano
degli altri e dall'aspetto posato e prospero, - egli era entrato in
possesso d'una cospicua eredità e subito s'era messo in viaggio.
Quest'ultima proposizione la deducemmo dal movimento del braccio
nel buttare la carta del Nove di Bastoni, la quale - con l'intrico di rami
protesi su una vegetazione di foglie e fiorellini selvatici - ci ricordava
il bosco che avevamo or è poco attraversato. (Anzi, a chi scrutasse
la carta con occhio più acuto, il segmento verticale che incrocia gli
altri legni obliqui suggeriva appunto l'idea della strada che penetra
nel folto della foresta).
Dunque, l'inizio della storia poteva essere questo: il cavaliere, appena
seppe d'avere i mezzi per brillare nelle corti più sfarzose, s'affrettò a
mettersi in cammino con una borsa colma di monete d'oro, per
visitare i più famosi castelli dei dintorni, forse col proposito di
conquistarsi una sposa d'alto rango; e accarezzando questi sogni,
s'era inoltrato nel bosco.
A queste carte in fila, se ne aggiunse una che annunciava certamente
un brutto incontro: La Forza. Nel nostro mazzo di tarocchi questo
arcano era rappresentato da un energumeno armato, sulle cui
malvage intenzioni non lasciavano dubbi l'espressione brutale, la Pag.
clava mulinata in aria, e la violenza con cui stendeva al suolo un leone
con un colpo secco come si fa con i conigli. Il racconto era chiaro:
nel cuore del bosco il cavaliere era stato sorpreso dall'agguato d'un
feroce brigante. Le più tristi previsioni furono confermate dalla carta
che venne poi, cioè l'arcano dodicesimo, detto Il Penduto, dove si
contempla un uomo in brache e camicia, legato a testa in basso,
appeso per un piede. Riconoscemmo nell'appeso il nostro giovane
biondo: il brigante l'aveva spogliato d'ogni avere, e lasciato a
penzolare da un ramo, a testa in giù.
Respirammo di sollievo alla notizia che ci recò l'arcano La
Temperanza, posato sul tavolo dal nostro commensale con
espressione di riconoscenza. Da esso apprendemmo che l'uomo
penzoloni aveva sentito un passo avvicinarsi e il suo occhio capovolto
aveva visto una fanciulla, forse figlia d'un boscaiolo o d'un capraio,
che avanzava, nudi i polpacci, per i prati, reggendo due brocche
d'acqua, certo di ritorno dalla fonte. Non dubitammo che l'uomo a
testa in giù venisse liberato e soccorso e restituito alla sua positura
naturale da quella semplice figlia dei boschi. Quando vedemmo calare
l'Asso di Coppe, su cui era disegnata una fonte che scorre tra muschi
fioriti e frulli d'ali, fu come se sentissimo lì vicino il fiottare d'una
sorgente e l'ansare dell'uomo che si dissetava bocconi.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 36
Titolo: Le massime di Grice
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 36
Titolo: Le massime di Grice
Attività n°: 1

In questa lezione ci si occuperà delle


massime di Paul Grice.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 36
Titolo: Le massime di Grice
Attività n°: 1

Nel 1975 Paul Grice pubblica il saggio


Logic and Conversation, definendo
che il motore della comunicazione è
rappresentato delle intenzioni
comunicative dei parlanti. Il rapporto
fra emittente e destinatario è di
cooperazione.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 36
Titolo: Le massime di Grice
Attività n°: 1

Il principio di cooperazione si
basa sul rispetto di 4 massime:
qualità, quantità, relazione e modo.
Le massime sono principi costitutivi
che regolano l’interazione orale, ma
che possono essere adattati a
qualsiasi pratica discorsiva.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 36
Titolo: Le massime di Grice
Attività n°: 1

Massima della qualità – Sii sincero,


non dire ciò che pensi sia falso o di
cui non hai prove sufficienti.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 36
Titolo: Le massime di Grice
Attività n°: 1

Massima della quantità – Rendi il tuo


contributo informativo quanto
richiesto dalla situazione; non fornire
più informazione del necessario.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 36
Titolo: Le massime di Grice
Attività n°: 1

Massima della relazione – Sii


pertinente.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 36
Titolo: Le massime di Grice
Attività n°: 1

Massima del modo – Sii chiaro. Evita


oscurità e ambiguità. Fa’ che il tuo
messaggio sia lungo quanto
necessario e la presentazione dei
contenuti sia ordinata.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 36
Titolo: Le massime di Grice

Attività di preparazione

Quale massima è violata dal breve dialogo proposto? Perché?

“- Vorrei un caffè lungo in tazza grande, per favore”


“- In fondo a destra. Deve fare lo scontrino”

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 36
Titolo: Le massime di Grice

Attività di preparazione

Quale massima è violata dal breve dialogo proposto? Perché?


Sono presenti elementi non detti? Quali e di che tipo?

“ – Non sapevo stessi anche con Luigi, da quanto va avanti?”


“ – Puoi darmi il tuo telefono, per favore?”

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 37
Titolo: Linguistica testuale
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 37
Titolo: Linguistica testuale
Attività n°: 1

In questa lezione ci occuperemo


del livello di analisi che va oltre
alla frase: la linguistica del
testo.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 37
Titolo: Linguistica testuale
Attività n°: 1

Le regole della grammatica di un


testo possiedono uno statuto
differente rispetto a quelle che si
riferiscono alla frase.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 37
Titolo: Linguistica testuale
Attività n°: 1

La parola «testo» deriva dal


latino «tex ĕre », proprietà
industriosa dell’hom o faber .
L’etimo latino si riferiva al
processo, mentre oggi si intende
il testo come un prodotto.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 37
Titolo: Linguistica testuale
Attività n°: 1

Alcuni relitti del processo di


metaforizzazione dal latino ai volgari
sono relativi alla trama di un testo e
a espressioni come «perdere il filo»,
«riprendere il filo». Il significato
originario garantisce i due requisiti
fondamentali di un testo: la
coerenza e la coesione.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 37
Titolo: Linguistica testuale
Attività n°: 1

Il sintagma «linguistica testuale»


compare per la prima volta in un
articolo del 1955 in lingua spagnola
a cura di Eugenio Coseriu, linguista
rumeno.
Coseriu rileva tre livelli di analisi: il
linguaggio come facoltà umana, le
lingue storiche e il testo come
realizzazione concreta orale e
scritta.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 37
Titolo: Linguistica testuale

Attività di preparazione

Da quali fattori è scaturita l’esigenza di fondare la linguistica


testuale come nuova branca della linguistica?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 37
Titolo: Linguistica testuale

Attività di preparazione

Cosa si intende per “felicità” di un messaggio?

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 38
Titolo: Linguistica testuale 2
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 38
Titolo: Linguistica testuale 2
Attività n°: 1

La linguistica testuale entra a


pieno titolo nel panorama della
ricerca in Italia, nel 1981, in un
convegno della Società di
Linguistica Italiana, dedicato
alla tematica.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 38
Titolo: Linguistica testuale 2
Attività n°: 1

I grandi contributi del nuovo


profilo di ricerca si devono alla
stilistica, alla narratologia e alla
semiotica strutturale, tutte
discipline indipendenti dalla
linguistica.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 38
Titolo: Linguistica testuale 2
Attività n°: 1

La linguistica accetta la novità


rappresentata dai primi studi
testuali per spiegare punti
insoluti come la
pronominalizzazione, la
coreferenza e altre relazioni
sintattiche.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 38
Titolo: Linguistica testuale 2
Attività n°: 1

La linguistica testuale si divide


in due grandi correnti: quella
grammaticista e quella basata
sul senso globale.
Dalla mera scomposizione in
elementi, la linguistica testuale
fonda il perno delle proprie
indagini sulla globalità del testo.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 38
Titolo: Linguistica testuale 2
Attività n°: 1

Verso gli anni Novanta la


disciplina viene screditata da
molti linguisti italiani, ma
ottiene una rivincita rispetto ai
propri paradigmi, ormai stabili in
linguistica generale e in molte
branche di ricerca linguistica.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 38
Titolo: Linguistica testuale 2
Attività n°: 1

Si definisce proposizione una


frase semplice, periodo una
combinazione di proposizioni,
enunciato un segmento di un
testo e un testo come prodotto
di un discorso che ne
rappresenta il processo,
all’interno di un contesto
comunicativo.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 38
Titolo: Linguistica testuale 2

Attività di preparazione

Definire i termini seguenti:

Proposizione
Periodo
Testo
Discorso
Coerenza

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 38
Titolo: Linguistica testuale 2

Attività di preparazione

Perché la continuità di senso di un testo è un processo


collaborativo?

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 39
Titolo: Il non detto
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 39
Titolo: Il non detto
Attività n°: 1

In questa lezione ci si occuperà del


«non detto», delle implicazioni e
delle presupposizioni all’interno dei
testi.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 39
Titolo: Il non detto
Attività n°: 1

Presupposizioni: si hanno quando un


elemento non è presente in maniera
esplicita in un testo, ma è desumibile
dalla semantica del verbo, degli altri
costituenti immediati e dagli aspetti
grammaticali.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 39
Titolo: Il non detto
Attività n°: 1

Implicazioni: possono essere di diversa natura,


di solito sono convenzionali, basate sul rapporto
causa-effetto (es. Sebbene piova, Micaela non
prende l’ombrello); quando piove si prende
l’ombrello.
Le implicazioni non convenzionali sono valide a
partire dalla conoscenza del contesto (Roberto
non mangia il pollo – Roberto è vegetariano).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 39
Titolo: Il non detto
Attività n°: 1

Inferenze: si stabiliscono legami logici tra gli


enunciati; alcune sono obbligate, altre lo sono
meno.

Es. L’esame di linguistica è scritto.

Inf – Ci sono esami orali


Inf. – Ci sono esami scritti e orali
Inf. – Ci sono modalità diverse di esame.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 39
Titolo: Il non detto
Attività n°: 1

Inferenze: si stabiliscono legami logici tra gli


enunciati; alcune sono obbligate, altre lo sono
meno.

Es. L’esame di linguistica è scritto.

Inf – Ci sono esami orali


Inf. – Ci sono esami scritti e orali
Inf. – Ci sono modalità diverse di esame.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 39
Titolo: Il non detto

Attività di preparazione

Stabilire tutti i nessi non espliciti relativi al periodo:

Marco ha preso 2 di italiano; ora non potrà chiedere ai genitori


la patente.

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 39
Titolo: Il non detto

Attività di preparazione

Stabilire tutti i nessi non espliciti relativi al testo seguente,


suddividendoli in base alle categorie (inferenze,
presupposizioni, implicazioni)

“C'era una volta un re che aveva perduto un anello prezioso. Cerca


qua, cerca là, non si trova. Mise fuori un bando che se un astrologo
gli sa dire dov'è, lo fa ricco per tutta la vita.
C'era un contadino senza un soldo, che non sapeva né leggere né
scrivere, e si chiamava Gambara.
- Sarà tanto difficile fare l'astrologo? - si disse. - Mi ci voglio
provare. E andò dal Re.
Il Re lo prese in parola, e lo chiuse a studiare in una stanza. Nella
stanza c'era solo un letto e un tavolo con un gran libraccio
d'astrologia, e penna carta e calamaio. Gambara si sedette al tavolo
e cominciò a scartabellare il libro senza capirci niente e a farci dei
segni con la penna. Siccome non sapeva scrivere, venivano fuori dei
segni ben strani, e i servi che entravano due volte al giorno a
portargli da mangiare, si fecero l'idea che fosse un astrologo molto
sapiente.
Questi servi erano stati loro a rubare l'anello, e con la coscienza
sporca che avevano, quelle occhiatacce che loro rivolgeva Gambara
ogni volta che entravano, per darsi aria d'uomo d'autorità, parevano
loro occhiate di sospetto. Cominciarono ad aver paura d'essere
scoperti e, non la finivano più con le riverenze, le attenzioni: - Si,
signor astrologo! Comandi, signor astrologo!
Gambara, che astrologo non era, ma contadino, e perciò malizioso,
subito aveva pensato che i servi dovessero saperne qualcosa
dell'anello. E pensò di farli cascare in un inganno.
Un giorno, all'ora in cui gli portavano il pranzo, si nascose sotto il
letto. Entrò il primo dei servi e non vide nessuno.
Di sotto il letto Gambara disse forte: - E uno!- il servo lasciò il piatto
e si ritirò spaventato.
Entrò il secondo servo, e sentì quella voce che pareva venisse di
sotto terra: - E due! - e scappò via anche lui. Entrò il terzo, - E tre!
I servi si consultarono: - Ormai siamo scoperti, se l'astrologo ci
accusa al Re, siamo spacciati. Cosi decisero d'andare dall'astrologo
e confessargli il furto.
- Noi siamo povera gente, - gli fecero, - e se dite al Re quello che
avete scoperto, siamo perduti. Eccovi questa borsa d'oro: vi Pag.
preghiamo di non tradirci.
Gambara prese la borsa e disse: - Io non vi tradirò, però voi fate
quel che vi dico. Prendete l'anello e fatelo inghiottire a quel
tacchino che c'è laggiù in cortile. Poi lasciate fare a me.
Il giorno dopo Gambara si presentò al Re e gli disse che dopo
lunghi studi era riuscito a sapere dov'era l'anello.
- E dov'è? -
- L'ha inghiottito un tacchino. -
Fu sventrato il tacchino e si trovò l'anello. Il Re colmò di ricchezze
l'astrologo e diede un pranzo in suo onore, con tutti i Conti, i
Marchesi, i Baroni e Grandi del Regno.
Fra le tante pietanze fu portato in tavola un piatto di gamberi.
Bisogna sapere che in quel paese non si conoscevano i gamberi e
quella era la prima volta che se ne vedevano, regalo di un re d'altro
paese.
- Tu che sei astrologo, - disse il Re al contadino, - dovresti sapermi
dire come si chiamano questi che sono qui nel piatto.
Il poveretto di bestie così non ne aveva mai viste né sentite
nominare. E disse tra sé, a mezza voce: - Ah, Gambara, Gambara...
sei finito male!
- Bravo! - disse il Re che non sapeva il vero nome del contadino. -
Hai indovinato: quello è il nome: gamberi! Sei il più grande
astrologo dei mondo”. [Tratto da
http://www.poesieracconti.it/racconti/a/italo-calvino/il-contadino-
astrologo, ultima consultazione 01/09/2017]
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 40
Titolo: La questione della norma
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 40
Titolo: La questione della norma
Attività n°: 1

La norma, in ambito sociolinguistico,


rappresenta un insieme di regole che
dichiarano la preferenza di certe forme
rispetto ad altre che hanno lo stesso
potenziale funzionale.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 40
Titolo: La questione della norma
Attività n°: 1

Dubois asserisce che la norma da un lato rappresenta


l’insieme di prescrizioni sui contenuti linguistici ammessi
o respinti dalla lingua, ma dall’altro è un
comportamento linguistico considerato comune e
consueto in una comunità. Muljačić, partendo da questa
premessa, distingue fra il processo di creazione di una
norma, chiamato normazione e quello di estensione e di
utilizzo della norma, detto normalizzazione; le norme
secondo lo studioso sarebbero essenzialmente di due
tipi: spontanee o qualitative.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 40
Titolo: La questione della norma
Attività n°: 1

Le norme spontanee sarebbero imputabili alla “selezione


naturale” e i processi di evoluzione potrebbero essere
studiati in diacronia, mentre le norme qualitative
sarebbero imposte alla comunità dall’alto e uno dei
fattori determinanti sarebbe il prestigio.
Il prestigio è significativo per quanto riguarda i
meccanismi di formazione e consolidamento di una
norma: grazie al prestigio attribuitole da una comunità
una varietà potrebbe trovare un consenso tacito
all’interno comunità stessa.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 40
Titolo: La questione della norma
Attività n°: 1

Da un punto di vista teorico è possibile classificare le


norme in base a una tipologia qualitativa:
a) Norme prescrittive: si parte da una o più varietà
della lingua (solitamente si tratta di varietà letterarie), si
eliminano gli elementi non formali che contrastano con
le varietà di partenza, si privilegia lo scritto al parlato e
si propone una didattica basata sull’imitazione di un
modello “fondato sul prestigio di un unico gruppo
sociale o su autorevoli pareri di una data epoca
(scrittori)”;
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 40
Titolo: La questione della norma
Attività n°: 1

b) Norme statistiche: sono estrapolate da uno studio sulla


base della frequenza e della distribuzione delle variabili, si propone
una valutazione di massima sugli usi del sistema linguistico;
c) Norme a priori: si ha una prescrizione linguistica laddove
non si è ancora formato il consenso sociale e si decide a priori il
modello di lingua da imporre (un esempio significativo potrebbe
essere la storia dell’italiano parlato);
d) Norme a posteriori: si opera una scelta delle norme tra le
varietà linguistiche in base al consenso sociale e al prestigio
linguistico;
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 40
Titolo: La questione della norma
Attività n°: 1

e) Norme descrittive: si descrive la lingua in un determinato


momento storico, culturale, sociale e non si forniscono giudizi di
valore sulle scelte operate; per quanto concerne l’italiano, la
grammatica descrittiva ha coinciso con quella prescrittiva,
privilegiando alcune varietà da imporre a scapito di altre;
f) Norme sociali: non sono imposte a livello ufficiale ma si
formano nel corso dell’evoluzione della lingua; nel momento in cui
le norme sociali sono assunte come modelli, divengono norme
prescrittive;
g) Norme esplicite: all’emergere di fattori socioculturali di
rilievo, si descrivono le norme sociali, esplicitandole e con il passare
del tempo, l’esplicitazione delle norme coincide con la loro
normatività;
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 40
Titolo: La questione della norma
Attività n°: 1

e) Norme descrittive: si descrive la lingua in un determinato


momento storico, culturale, sociale e non si forniscono giudizi di
valore sulle scelte operate; per quanto concerne l’italiano, la
grammatica descrittiva ha coinciso con quella prescrittiva,
privilegiando alcune varietà da imporre a scapito di altre;
f) Norme sociali: non sono imposte a livello ufficiale ma si
formano nel corso dell’evoluzione della lingua; nel momento in cui
le norme sociali sono assunte come modelli, divengono norme
prescrittive;
g) Norme esplicite: all’emergere di fattori socioculturali di
rilievo, si descrivono le norme sociali, esplicitandole e con il passare
del tempo, l’esplicitazione delle norme coincide con la loro
normatività;
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 40
Titolo: La questione della norma
Attività n°: 1

h) Norme dello scritto: spesso coincidono con le


varietà formali della lingua;

i) Norme del parlato: nella lingua italiana l’aspetto


normativo del parlato è praticamente assente e riguarda
per lo più la pronuncia;

j) Norme sociolinguistiche: si prendono come


riferimento le regole che vincolano le scelte linguistiche
legate alla varietà di una comunità più o meno ristretta
di parlanti.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 40
Titolo: La questione della norma

Tratto da http://www.accademiadellacrusca.it/it/tema-del-
mese/norma-linguistica, ultima consultazione 30/07/2017.
La norma linguistica
Dicembre 2014

Luca Serianni

È tradizionale, anche se variamente declinato, un parallelo tra


norma giuridica e norma linguistica. In entrambi i casi si ha una
disposizione condivisa da una comunità, la cui violazione fa
scattare una sanzione. Un errore di ortografia non comporta
un'incriminazione: però può compromettere il buon esito di una
prova d'esame, dalla scuola ai concorsi pubblici, e può
squalificare culturalmente chi lo commette: ci fideremmo
davvero di un avvocato o di un medico che scrivessero a invece
di 'ha' e coleggio invece di 'collegio'? Probabilmente ci verrebbe
il sospetto che siano altrettanto precarie le rispettive
conoscenze in diritto processuale o in anatomia patologica.

Come sa qualsiasi matricola di Giurisprudenza, la norma


giuridica riguarda l'azione esterna del soggetto, senza interferire
sui suoi processi psichici che non si siano manifestati nella realtà
sensibile. Anche la norma linguistica non si applica al modo in
cui il linguaggio è organizzato dalla nostra mente e, in più, non
riguarda quelle che possiamo considerare le condizioni primarie
d'uso di una lingua. Ogni parlante madrelingua parla nelle varie
situazioni quotidiane con assoluta naturalezza, come quando
respira o deglutisce, senza porsi il problema del "come si dice".
A nessun italofono verrebbe mai in mente di chiedersi se deve
usare il pronome io, quando dice «Ricordati di me»; l'alternativa
*ricordati di io non è "sbagliata": è semplicemente inesistente,
è agrammaticale, come si dice in linguistica.

Ma non parliamo sempre in condizioni di spontaneità: possiamo


trovarci a sostenere le nostre ragioni in un contesto formale e
tendenzialmente ostile (un esame, un colloquio di lavoro, un
interrogatorio di polizia). Allora diventa decisivo non solo che
cosa diciamo, ma anche come: la strategia espositiva, il lessico
scelto, il controllo della gittata periodale, e magari la mimica, la
prossemica, l'abbigliamento. E, oltre a parlare, abbiamo molte
occasioni di scrivere: in questo caso le deviazioni dalla norma
sono più evidenti e stabili (anche se nell'era di Internet questo
requisito ha perso rigidità).

Di qui il tradizionale peso assegnato all'ortografia che, in sé, non


è certo la componente fondamentale di una lingua, visto che
riguarda solo una faccia della medaglia (lo scritto, non il parlato),
e per giunta quella più superficiale; ben più importanti, sul piano
della competenza linguistica, sarebbero, per esempio, il dominio
della gittata sintattica o la padronanza di un lessico ricco e
attento alle sfumature semantiche.

Come la norma giuridica si fonda su fonti di diritto (non


necessariamente codificate in un corpus di leggi: pensiamo
alla common law anglosassone), così la norma linguistica si
fonda su fonti, puntuali e diffuse. Tra le prime, troviamo i
tradizionali strumenti sui quali si costruisce la competenza
linguistica: grammatiche e dizionari; tra le seconde, l'uso dei
parlanti che, qualora non susciti reazioni di rigetto nella
comunità di riferimento (come gli errori ortografici che abbiamo
citato in apertura), finisce con l'assumere lo statuto di norma.
Oggi nessuno troverebbe più da ridire su lui soggetto o sul
costrutto pollo allo spiedoche nell'Ottocento venivano
considerati estranei al corretto uso linguistico: luiera riservato
all'oggetto e ai casi indiretti e quel costrutto veniva bollato come
francesismo. Viceversa, Leopardi poteva scrivere facci e vadi,
che oggi risulterebbero errori marchiani.

Dopo tante analogie, ecco dunque una differenza fondamentale


tra lingua e diritto: la maggiore volatilità delle norme
linguistiche, che evolvono nell'uso reale degli utenti prima che
la tradizionale codifica grammaticale ne prenda atto.

Luca Serianni/Accademia della Crusca


Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 40
Titolo: La questione della norma

Attività di preparazione

Definire il concetto di norma.

Pag.
Comunicazione presentata al Convegno Un mondo di italiano. Italiano lingua non materna: 
promozione, insegnamento, ricerca , Università per Stranieri di Perugia, 4­5 maggio 2006 

Prof. Luca Serianni 
Università “La Sapienza” di Roma 

LA NORMA E LA SCUOLA: PRIMI MATERIALI 

Il  tema  della  norma  linguistica  operante  in  una  certa  lingua  e  in  una  certa  epoca  offre  la 
possibilità di svolgimenti diversi. Intanto, il campo va delimitato: la norma riguarda solo le strutture 
fonetiche  e  morfosintattiche,  vale  a  dire  la  tradizionale  “grammatica”  di  una  lingua  o  –  come  io 
ritengo  –  deve  comprendere  anche  il  lessico,  con  tutte  le  sue,  talora  sottili,  deflessioni  dall’uso 
comunemente ricevuto? Quale che sia la strada intrapresa, le mete verso le quali dirigersi sono assai 
varie. Potremmo tentare di cogliere i tratti in movimento e stilare un bilancio in rapporto al quadro 
che  emergeva  vent’anni  fa  in  saggi  diventati  classici. 1  Oppure  indagare  la  norma  descritta  da 
grammatici  e  linguisti  e  quella  che  emerge  dalla  reattività  dei  singoli  parlanti,  per  esempio 
attraverso le lettere ai giornali 2  o, meglio, attraverso indagini campionarie espressamente mirate. O, 
ancora, soffermarci sulla proliferazione dei mezzi di comunicazione scritta e verificare se le relative 
sottonorme  hanno  in  qualche  misura  condizionato  la  norma  effettiva  e  indiscussa,  vale  a  dire 
l’italiano  abitualmente  scritto  in  contesti  formali  e  rivolto  a  destinatari  generici  (un  articolo  di 
giornale, una relazione sindacale). 
Almeno  all’ultimo  quesito  è  facile  rispondere,  visto  che  sull’italiano  scritto  mediato  dal 
computer  e  dal  cellulare  disponiamo  da  poco  di  un’eccellente  monografia. 3  Fenomeni  tipici  dei 
messaggini o dell’IRC (Internet Relay Chat) come l’imperversare di acronimi su base anglicizzante 
(LOL= Laughing Out Loud ‘rotolarsi dalle risate’) o i tamponamenti tra “parole vuote” (ce per ‘c’è’ 
o  lo  per  ‘l’ho’) 4  suscitano  grande  curiosità  nel  giornalista  che  intervista  il  linguista  di  turno  alla 
ricerca  di  scoop  («Fra  dieci  anni  l’italiano  esisterà  ancora?»),  ma  in  realtà  non  mostrano  nessuna 
vitalità fuori dalla specifica trincea di appartenenza. L’IRC offre però l’interessante conferma di un 
fenomeno  in  atto  da  qualche  anno:  la  ripresa  dei  dialetti  sui  quali  molti  linguisti  (compreso  chi 
scrive)  trent’anni  fa  non  avrebbero  scommesso. 5  All’espressività  e  al  desiderio  di  marcare 
l’appartenenza  a  un  gruppo  specifico  –  i  due  fattori  alla  base  della  ben  nota  vitalità  tardo­ 
novecentesca del dialetto nella poesia e nella musica (rap, reggae) – va ascritta anche l’«inattesa e 
massiccia presenza» nell’IRC dei dialetti, verosimilmente praticati in base al coefficiente espressivo 
anche da utenti di altre regioni . 6 


Alludo in particolare a Francesco Sabatini, Una lingua ritrovata: l’italiano parlato, «Studi latini e italiani»,  IV  1990, 
pp. 215­34 e Gaetano Berruto, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Firenze, La Nuova Italia Scientifica, 1987. 
I  tratti  salienti  dell’italiano  “dell’uso  medio”  sono  stati  successivamente  indagati  da  Ilaria  Bonomi  nella  lingua  dei 
giornali  e  nella  prosa  letteraria:  cfr.  risp.  I  giornali  e  l’italiano  dell’uso  medio,  «Studi  di  Grammatica  Italiana»,  XV 
1993, pp. 181­201 e La narrativa e l’italiano dell’uso medio, ivi, XVI  1994, pp. 321­38. Recentemente Riccardo Tesi ha 
preso posizione sull’effettiva rappresentatività di molti tratti morfosintattici e topologici compresi in questa categoria, 
considerandoli  «fenomeni  opachi»  e  abituali  «in  qualsiasi  genere  testuale  dell’italiano  contemporaneo»  (Storia 
dell’italiano. La lingua moderna e contemporanea , Bologna, Zanichelli, 2005, p. 229 e n. 70). 

Qualche spunto in proposito nella mia Prima lezione di grammatica , Roma­Bari, Laterza, 2006, pp. 36­54. 

Elena Pistolesi, Il parlar spedito. L’italiano di chat, e­mail e SMS, Padova, Esedra, 2004. 

Op. cit., pp. 32­33, 100 e passim. 

A  differenza,  va  detto,  di  molti  linguisti  stranieri  i  quali,  anche  oggi, non  cessano  di  restar  colpiti  dalla  polimorfia 
dialettale del nostro Paese. L’insigne catalanista Josep M. Nadal, ad esempio, ha raccontato in un suo libro recente (La 
llengua sobre el paper, Girona, CCG Edicions, 2005, p. 49) che «un 24 de febrer», mentre chiacchierava a Napoli con 
due colleghi anch’essi catalani, un cameriere si avvicinò al gruppo «per preguntar­nos si érem grecs o genovesos. Per a 
un napolità – un “italià” –, un genovès –  un altre “italià”, en definitiva – podia ser tan estrany, en la seva manera de 
parlar, com un grec o com un català». 

Op. cit., pp. 110­14.


Converrà  in  ogni  caso  tener  fermo  un  punto.  Se,  lasciando  da  parte  la  comunicazione 
mediata dal computer, mettiamo  a confronto due produzioni  linguistiche tradizionali a distanza di 
vent’anni l’una dall’altra (per esempio un giornale), possiamo renderci conto che, nonostante tutto, 
la  lingua  cammina  più  lentamente  della  tecnologia  e  che  le  trasformazioni  si  concentrano  sulla 
struttura più appariscente ma anche più superficiale, cioè sul lessico. 
Il  31  dicembre  2005  –  una  giornata  adatta  ai  bilanci  –  ho  fatto  una  verifica  empirica, 
fondandomi  sui  numeri del  «Corriere della Sera» e della «Repubblica» apparsi  in quel giorno. Ho 
spogliato i due articoli di fondo, dovuti rispettivamente a un autorevole opinionista («L’ossessione 
dei  poteri  forti»,  di  Ernesto  Galli  della  Loggia  =  EGL)  e  al  direttore  Eugenio  Scalfari  («Perché 
Berlinguer  è  di  nuovo  attuale»  =  ES);  due  articoli  di  taglio  polemico­brillante  (politica  estera: 
«L’Italia supera gli Usa. In tirchieria», di Gian  Antonio Stella = GAS; e costume: «Viva Venezia 
che  vieta  i  botti»,  di  Francesco  Merlo  =  FM);  due  articoli  di  cronaca  meteorologica  («Roma,  un 
altro clochard ucciso dal gelo», di Virginia Piccolillo = VP e «L’Italia gela, il freddo fa tre vittime», 
di Teresa Monestiroli = TM). 
Ho  parlato  di  una  verifica  «empirica»,  ma  forse  avrei  dovuto  dire  «fantascientifica»,  visto 
che  mi  sono  chiesto:  quale  sarebbe  stata  davanti  alle  stesse  pagine  la  reazione  di  un  lettore 
(poniamo) del 1965, prescindendo dai contenuti? In che misura si sarebbe rispecchiato nella lingua 
di quarant’anni dopo? 7  La risposta è abbastanza prevedibile. Non c’è davvero nulla di nuovo né in 
fatto  di  grammatica  né  di  sintassi.  Anzi,  il  periodo  può  tuttora  articolarsi  in  larghe  campate 
ipotattiche, scandite da una punteggiatura impeccabile, come risulta dai due esempi che seguono: 

Con  un’importante  differenza  rispetto  ad  oggi:  che  11  anni  fa  l’attacco  partì  dal  compianto  Giuseppe 
Tatarella, vicepresidente del Consiglio del governo di centrodestra, e fu poi portato avanti da gran parte del 
suo schieramento appena reduce dalla vittoria elettorale ma già sopraffatto dalla difficoltà di governare; oggi, 
invece, a prendersela con i poteri forti sono sia gli ambienti vicini al premier (che è sempre quello del ’94) 
sia però anche molti ambienti vicini all’onorevole Massimo D’Alema, con alcune significative dichiarazioni 
di  D’Alema  stesso  che  vanno  senza  mezzi  termini  nella  medesima  direzione  [EGL;  siamo  agli  antipodi, 
come  si  vede,  dal  cosiddetto  stile  giornalistico  inteso  come  sequenza  di  frasi  brevi  tendenzialmente 
paratattiche. L’unico elemento non certo nuovo, ma sintatticamente marcato, è l’attacco circostanziale risolto 
in una frase nominale Con … oggi, dal  quale  dipende una completiva seguita da una coordinata con  varie 
espansioni  nominali, opportunamente  chiuso  dal punto  e  virgola, che permette  di sottolineare  la continuità 
col periodo precedente: 11 anni fa – oggi]. 

Dunque  una  legge  nazionale  contro  i  botti  che,  senza  penalizzare  i  colori  e  le  trovate  degli  artisti  delle 
luminarie, stroncasse il rumore e il vizio nazionale di mimare la guerra; un dispositivo normativo di pubblica 
decenza contro tutte le sparate sarebbe preferibile ad  una delle tante campagne isteriche contro l’aids  o ad 
un’altra  scarica  mediatica  contro  il  razzismo  nel  calcio  o,  ancora,  ad  una  delle  solite  carovane  di  retorica 
antimafia; e sarebbe anche meglio di un botto di amnistia che è un provvedimento da fare sì, ma in silenzio, 
come  si  concede  un  perdono,  come  si  offre  una  grazia  [FM;  si  noterà,  anche  qui,  la  serie  di  strutture 
complesse  scandite  dal  punto  e  virgola  e,  in  generale,  la  preferenza  per  la  subordinazione  (proposizione 
esclusiva incassata in una relativa consecutiva, in luogo di due relative coordinate: che non penalizzasse … 
ma stroncasse) e per il verbo, ossia per la suppellettile sintattica più tradizionale (che è un provvedimento da 
fare in luogo della semplice apposizione nominale: un provvedimento da fare; come si concede un perdono, 
come  si  offre  una  grazia ,  con  elegante  variatio  del  secondo  verbo,  in  luogo  del  più  sbrigativo  come  si 
concede un perdono, una grazia ]. 

E  le  subordinate  possono  essere  introdotte  tuttora  da  congiunzioni  libresche,  se  non 
letterarie. Scalfari adopera un affinché finale («affinché non creda d’essere stato il solo e inascoltato 
mentore di  questa triste vicenda») e due poiché, entrambi  in  causali posposte alla reggente;  nella 
seconda con variatio rispetto a un successivo perché: 

Va  precisato  che  Scalfari  scriveva  già  nel  1965  e  quindi,  tenendo  conto  di  una  certa  viscosità  delle  abitudini 
linguistiche  individuali  contratte  nell’infanzia  e  nella  giovinezza,  non  dovremmo  comunque  aspettarci  grandi  novità 
strutturali dal suo articolo.


In quei casi un partito politico dovrebbe astenersi da ogni commento, da ogni contatto, da ogni preferenza, 
poiché  il  giudizio  è  delegato  al  mercato  e  alle  regole  che  lo  presidiano.  L’inesperienza  ha  contribuito  ad 
aggravare  l’errore perché  i  meccanismi  del  mercato  operano con  estrema rapidità  e  non combaciano con  i 
tempi lunghi della risposta politica [corsivi miei]. 

Ma  passiamo  dalla  sintassi,  più  condizionata  dalla  personalità  stilistica  di  uno  scrivente 
professionale, ai fenomeni microlinguistici, che normalmente sfuggono al controllo di chi scrive (e 
possono semmai  essere ortopedizzati da  interventi editoriali;  ma  sappiamo che ciò  non  avviene, o 
non  avviene  più,  nelle  redazioni  dei  giornali).  E  precisamente:  a)  elisione;  b)  forme  eufoniche 
(ad/ed); c) apocope vocalica; d) alternanza che/che cosa/cosa  nelle interrogative. 
a) Bene attestata l’elisione di forme grammaticali; 8  non solo articoli, 9  preposizioni articolate, 
pronome  atono  lo  (un’importante  differenza ,  l’eco,  dall’altra  parte  EGL;  dell’Economia ,  non 
l’abbiamo  GAS;  un’autocisterna ,  un’auto  VP;  l’iniziativa ,  un’altrettanto  grave  inesperienza , 
un’assai  bizzarra  proposta  10  ES;  un’Italia ,  dell’intelligenza   FM;  Un’ondata   TM),  ma  anche,  più 
occasionalmente,  in  altri  casi,  in  parte  frutto  di  condizionamenti  idiomatici:  prezzi  più  cari 
d’Europa ,  essere  d’accordo  (EGL), fichi  d’India , M’impegno  (GAS),  d’un  complotto,  dev’essere, 
com’è imprevedibile, d’esser stato, tornate d’attualità , cent’anni (ES). 
b) Persiste la possibilità di adoperare le forme eufoniche con dentale finale nei monosillabi 
a , e seguiti da parole comincianti per vocale: possibilità che tende a diventare la regola quando la 
vocale  sia  identica  (Ed  è  EGL;  ad  arrivare  GAS;  ed  Emilia  Romagna   VP),  ma  che  si  mantiene 
anche in presenza di vocali diverse: ad esser tali ES, ad eludere FM. 11 
c)  L’apocope  vocalica  libera  è,  da  molti  anni  a  questa  parte,  in  evidente  regresso.  Resiste 
però, non solo in modi idiomatici e in connettivi cristallizzati (sia pur legittimata  EGS; senza andar 
per  il  sottile,  pur  di  impedirgli,  sia  pur  tardiva   ES),  ma  anche  con  gl’infiniti  (come  variante 
minoritaria); specie, si direbbe, se si tratta di infiniti composti: aver scritto EGL; aver architettato, 
ad esser tali, aver trasmesso ES. 
d)  Secondo  alcuni  linguisti  cosa   starebbe  avendo  la  meglio  su  che  (il  quale  verrebbe 
avvertito  come  meridionale)  e  su  che  cosa .  La  diffusione  di  cosa   è  indubbia  (mentre  la 
meridionalità di che andrebbe verificata); ma è altrettanto chiara la tenuta di tutte e tre le forme di 
interrogativo  neutro. 12  I  tre  esempi  utili  del  nostro  ridottissimo  campione  offrono  solo  che  e  che 
cosa  (l’assenza di cosa   è ovviamente casuale):  «Che cosa si rimprovera a questi poteri,  ieri come 
oggi?»  (EGL),  «che  ne  sarà  mai  allora  della  divisione  dei  poteri  […]  e  di  altre  quisquilie  del 
genere?» (EGL), «Non voleva che i comunisti fossero omologati. A che cosa?» (ES). 


Non  ha avuto  ulteriori  sviluppi,  insomma,  quella  tendenza  a  mantenere  le  forme  invariate  quale  che  sia  il  contesto 
sintattico  (non  lo  abbiamo  come  non  lo  vogliamo)  –  indizio  di  una  lingua  sempre  più  orientata  sulla  fissità  e 
prevedibilità dello scritto e non sulla meno prevedibile duttilità del parlato – di cui notavo la presenza nella letteratura di 
consumo di vent’anni fa: cfr. L. Serianni, Il problema della norma linguistica dell’italiano, «Gli Annali della Università 
per Stranieri [di Perugia]», VII  1986, pp. 47­69, alle pp. 56­57. 

La tendenza, «negli strati inferiori della letteratura, ad abolire gli apostrofi reintegrando le vocali elise» fu osservata 
già nel 1937­1940 dal Camilli (cfr. Amerindo Camilli, Pronuncia e grafia dell’italiano, terza ediz. riveduta a cura di 
Piero  Fiorelli,  Firenze,  Sansoni,  1965,  p.  182).  Il  fenomeno  sembra  più  diffuso  con  gli  articoli  indeterminativi:  una 
interpretazione accanto alla variante elisa, spontanea nel parlato veloce, un’interpretazione; decisamente meno comune 
la mancata elisione con l’articolo determinativo femminile: la interpretazione / l’interpretazione. 
10 
Questi due ultimi esempi sono  ben rappresentativi della vitalità dell’elisione, dal momento che un’eventuale forma 
piena  dell’articolo  poteva  essere  favorita  dal  distanziamento  tra  articolo  e  sostantivo  e  dunque  dall’opportunità  di 
sottolinearne la relazione. 
11 
Come osservano Ilaria Bonomi ed Elisabetta Mauroni, commentando proprio i dati emersi da un corpus giornalistico, 
il  declino  della  ­d  eufonica  è  un  fenomeno  «che  in  generale  si  tende  a  considerare  più  in  evoluzione  di  quanto 
generalmente non sia» (L’innovazione grammaticale in testi scritti di fine millennio, in N. Maraschio e T. Poggi Salani 
[a cura di], Italia linguistica anno Mille. Italia linguistica anno Duemila , Roma, Bulzoni, 2003, pp. 491­519, a p. 498). 
12 
Cfr.  anche  Bonomi­Mauroni,  L’innovazione,  pp.  504  e  509­10  e  Massimo  Palermo,  La  lingua  in  agenzia:  aspetti 
della  norma  e  dell’uso  dell’ANSA,  in  AA.  VV.,  Norma  e  lingua  in  Italia:  alcune  riflessioni  fra  passato  e  presente, 
Milano, Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, 1997, pp. 185­205, p. 198.


Si tratta, è vero, di fenomeni marginali: tali per loro intrinseca natura e tali ancor più oggi in 
cui fare grammatica significa guardare le cose soprattutto nella prospettiva della linguistica testuale 
e della pragmatica (e questo vale  in una certa  misura anche per un grammatico  non propriamente 
rivoluzionario  come  chi  scrive).  Però,  sono  fenomeni  che  hanno  un  valore  simbolico  da  non 
trascurare. In tutti e quattro i casi siamo di fronte a una perdurante interferenza tra lo scritto, con la 
sua tendenza a potare le alternative e a perseguire il massimo grado di stabilizzazione ortografica, e 
il  parlato,  con  i  ben  noti  fenomeni  di  sandhi  esterno;  se  tanta  varietà  di  alternative  –  una  inutile 
ricchezza  che  Manzoni  considerava  un  impaccio  per  raggiungere  una  lingua  «viva  e  vera»  –  era 
normale  in  una  società  assai  differenziata  linguisticamente  al  suo  interno  in  termini  diatopici  e 
diastratici, 13  non è scontato che un discreto margine di oscillazione persista ancora oggi, senza dar 
vita  ad  alternative  stilisticamente  marcate  che  autorizzino  quindi  la  previsione  di  un  declino 
dell’eventuale variante letteraria o libresca. 14  Spicca la differenza con le altre grandi lingue romanze 
(ed  europee  in  genere)  in  cui  tale  polimorfia  manca:  l’elisione  nei  monosillabi  grammaticali  è 
generale in francese e sconosciuta in spagnolo (d’Amérique, de América  rispetto all’ital. di America 
/ d’America ), l’apocope vocalica libera è sconosciuta a entrambe le lingue, ed entrambe non hanno 
incertezze  per  le  forme  che  corrispondono  alla  preposizione  a   (franc.  à ,  spagn.  a )  e  alla 
congiunzione  e  (franc.  et,  spagn.  y/e,  con  distribuzione  complementare),  né  sul  pronome 
interrogativo con valore neutro (franc. Que veux­tu? , spagn. ¿Qué quieres? , ital. Che / Che cosa / 
Cosa vuoi? ). 
Solo  il  lessico e  in parte ridotta  la  formazione delle parole  marcano con evidenza  il tempo 
trascorso.  Ma  vediamo.  I  forestierismi  non  adattati  sono  meno  numerosi  di  come  potevamo 
aspettarci e soprattutto da tempo acclimati. 15  Nessuno avrebbe fatto troppo caso, già nel 1965, agli 
anglicismi  black­out  (1949,  ma  certo  l’impatto  mediatico  del  fenomeno  è  successivo;  GAS), 
boomerang (ES, in senso figurato; in senso proprio: 1863), establishment (1960; EGL), freezer  («in 
freezer  anche  i  piemontesi»;  in  senso  proprio:  1957), 16  ai  francesismi  bidonvilles  (1963;  GAS)  e 
anche  clochard  (1968;  VP  e  TM),  agli  ispanismi  campesinos  (1954; 17  GAS),  silos  (1923;  GAS: 
«silos  di  vetroresina  che  si  scioglievano  al  sole  in  Sudan»).  Tanto  meno  sarebbero  stati  notati 
forestierismi già allora vecchiotti come dossier  (1895; GAS), leader  (1834; ES), parvenues (sic; ma 
il  femminile  è  ingiustificato,  FM;  1820),  premier   (1844;  EGL),  record  (1884;  VP).  Kamikaze  era 
ben noto come termine della seconda guerra mondiale (la prima attestazione italiana risale proprio 
al  1944),  ma  non  in  riferimento  al  terrorismo  islamico  né,  come  si  ricava  dall’articolo  di  Merlo, 
come denominazione di un “botto pirico”. 
Non  erano  ancora  noti  un  paio  di  anglicismi:  assist,  oggi  comunissimo  traslato  calcistico 
(debitamente  virgolettato  in  ES:  «nonostante  l’“assist”  fornito  dalla  vicenda  Unipol»;  in  senso 
proprio:  1983)  e  talk  show  (FM;  1980);  né  il  lusitanismo­ispanismo 18  favelas  (1974;  GAS). 
Attestato  già  dal  1961  come  tecnicismo  geofisico,  il  nipponismo  tsunami  ha  raggiunto  grande 
notorietà dopo i drammatici eventi del dicembre 2004: nel  nostro corpus  lo troviamo riferito a un 
razzo di spropositata potenza impiegato per i festeggiamenti di fine d’anno, il razzo tsunami (FM), 

13 
Inutile soffermarsi sulle sacche di analfabetismo e di dialettofonia esclusiva ancora esistenti nel secondo dopoguerra. 
14 
Possiamo  esser  certi  sia  che  con  m’impegno,  ad essere  o aver  trasmesso  uno  scrivente non ritenga  di  usare  forme 
stilisticamente  marcate  rispetto  alle  alternative  mi  impegno,  a  essere,  avere  trasmesso,  sia  che  tale  percezione  possa 
nascere in un lettore. La marcatezza, nelle due direzioni, potrebbe nascere solo dalla sistematica adozione delle varianti 
legate ai condizionamenti fonosintattici; potremmo dire, insomma, che mi impegno, a essere, avere trasmesso sono oggi 
le  forme  di  base  dell’italiano  e  che  le  varianti  sono  marcate  solo  potenzialmente,  cioè  soltanto  se  la loro  frequenza  è 
relativamente alta. 
15 
Tranne  che  non  sia  diversamente  indicato,  la  data  di  prima  attestazione  è  ricavata  da  Tullio  De  Mauro,  Grande 
dizionario italiano dell’uso (GRADIT), Torino, UTET, 1999, cinque voll. 
16 
Si aggiunga il calco semantico cancellare ‘disdire’ («cancellati sette voli»; TM); dal 1942 secondo Manlio Cortelazzo 
– Paolo Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana , Bologna, Zanichelli, 1999 2 , s. v. 
17 
Cfr. CruzHilda López, América latina: aportes léxicos al italiano contempráneo, Firenze, University Press, 2001, p. 
18. 
18 
Sul quale cfr. op. cit., p. 39.


ma  sarebbe  facile  incrementare  la  lista  con  esempi  anche  dell’uso  figurato,  segno  indiscusso 
dell’acclimazione di un tecnicismo nella lingua comune. 19 
Più  cospicuo  il  drappello  di  neologismi  derivativi,  ottenuti  da  basi  preesistenti  e  quindi 
linguisticamente motivati. Alcuni sono effettivamente attestati dopo il 1965: dializzati (1983; VP), 
flottante  in  accezione  finanziaria  (1987,  ES),  leaderistico  (XX  sec.,  dunque  potrebbe  essere 
anteriore  agli  anni  Sessanta;  EGL),  mediatico  («scarica  mediatica»,  1989;  FM),  plebiscitarismo 
(1995; EGL), sieropositivi (1986; GAS), sindacalese (1984; GAS), spargisale («mezzi spargi sale», 
1970; 20  TM), terzomondismo  (1973;  GAS).  Addirittura  simbolo  di  un’epoca  è  Tangentopoli («nel 
’92,  vigilia  di  Tangentopoli»,  GAS).  Altri  a  quanto  pare  esistono  solo  virtualmente  nel  sistema 
linguistico  astratto:  sono  creazioni  occasionali,  frutto  della  padronanza  linguistica 21  o 
dell’esuberanza espressiva di scriventi esperti: [un’Italia] gerontrofio (FM), [utopia] panpoliticistica  
(attestato  panpolitico:  av.  1937,  EGL),  pirotecnologia   (GRADIT  attesta  pirotecnica ;  FM) 
[pacchianeria] trimalcionesca  (GRADIT attesta trimalcioniano, trimalcionico, trimalchionico; FM). 
Più difficile datare le unità polirematiche. Non erano moneta corrente, nel 1965, economia di 
mercato  (ES),  macchina  della  giustizia   (ES),  mutazione  genetica   (ES)  poteri  forti  (ai  «cosiddetti 
“poteri  forti”»  è  dedicato  l’editoriale  di  Galli  della  Loggia;  si  noti  il  doppio  distanziamento, 
lessicale – con cosiddetti – e grafico, col ricorso alle virgolette), 22  rispetto delle regole (ES), tempi 
lunghi («i tempi lunghi della risposta politica», ES), tempesta giudiziaria  (ES). Anche alcuni modi 
figurati  non  avevano  la  diffusione  attuale:  è  il  caso  di  remare  contro  (EGL,  tra  virgolette)  e  di 
metafore incardinate sui dolci mangiati di nascosto da bambini: «Lascerei a Berlusconi di sospettare 
complotti ogni  volta che  viene sorpreso a mangiare di  nascosto la  marmellata», ES), «una sinistra 
che sembra arrivare al potere come un bimbo ghiottone che penetra in una pasticceria con le mani 
nella crema, con baffi di crema» (FM). 23 
Nella composizione si possono segnalare  formazioni che  incrementano l’ormai tradizionale 
serie  di  composti  binominali  Dto  +  Dnte: 24  idee­forza   (EGL),  uomo  bersaglio  (ES),  oltre  agli 
scherzosi banca­bengala  e opa­mortaretto di FM; in caro petrolio (GAS) si ha cancellazione di una 
preposizione.  Agli  anni  Novanta  risale  il  tipo  Berlusconi­pensiero  (EGL),  «uno  dei  pochi  casi  di 
sintagma  determinante­determinato  di  origine  autoctona,  indipendente  da  modelli 
angloamericani». 25 
Insomma:  niente  di  davvero  nuovo  sotto  il  sole  linguistico.  Un  lettore  del  1965  capirebbe 
ben poco di un giornale di quarant’anni dopo, questo è certo, ma non perché non riconoscerebbe più 
la lingua in cui è scritto: perché la fitta serie di ammiccamenti e di presupposizioni rende il giornale 
pienamente  comprensibile  solo  al  lettore  del  giorno  prima. 26  Si  dirà  che  un  sondaggio  del  genere 

19 
Per  esempio:  «Gabanelli,  in  generale  che  idea  si  è  fatta  dello  tsunami  che  sta  travolgendo  il  mondo  politico 
economico?» (da un’intervista di Vittorio Zincone a Milena Gabanelli, «Corriere della Sera – Magazine», 12.1.2006, p. 
40);  «Uno tsunami mediatico ci travolse nella prima decade di aprile, durante la lunga agonia del papa» (Antonio La 
Penna, Aforismi e autoschediasmi, «L’immaginazione», n° 217, novembre­dicembre 2005, p. 23). 
20 
Se l’anno si riferisce alla seconda accezione registrata dal GRADIT. 
21 
E dunque della capacità di muoversi senza complessi (ci sarà nel dizionario? ) nell’uso perfettamente dominato della 
propria lingua materna. 
22 
A quanto pare, di poteri forti si parla almeno dal 1991 (con Rino Formica, dirigente del Partito Socialista Italiano): si 
veda l’articolo di Gian Antonio Stella, in «Corriere della Sera», 17.5.2006, p. 15. 
23 
Immagini del genere potrebbero dipendere da modelli anglosassoni: to catch someone with a hand in the cookies’ jar  
e simili (devo il suggerimento alla collega Paola Giunchi). 
24 
Nella terminologia adoperata da Maurizio Dardano, La formazione delle parole nell’italiano di oggi, Roma, Bulzoni, 
1978, p. 183. 
25 
Come  scrivevo  presentando  Silverio  Novelli  –  Gabriella  Urbani,  Parole  nuove  della  seconda  e  terza  repubblica , 
Roma, Datanews, 1995, p. 10, in cui quel procedimento è ampiamente documentato. Si può aggiungere che negli ultimi 
anni composti del genere vengono usati sempre più spesso con valore referenziale, senza traccia dell’originaria carica 
ironica: valga a dimostrarlo il fatto che in un opuscolo propagandistico distribuito in occasione delle elezioni politiche 
del  2006  dal  partito  di  Forza  Italia  (La  vera  storia  italiana )  un  trafiletto  a  p.  39  illustra  Il  Berlusconi  pensiero 
(sottotitolo: «Lo hanno accusato di avere un partito di plastica e invece ha rivoluzionato la politica italiana»). 
26 
Sul fenomeno, deplorato da Umberto Eco negli anni Settanta, cfr. ora Michele Loporcaro, Cattive notizie. La retorica 
senza lumi dei mass media italiani, Milano, Feltrinelli, 2005, pp. 13­31.

non  poteva  che  dare  risultati  di  questo tipo:  la  scrittura  del  giornale  è  una  scrittura  controllata  ed 
esperta che offre un alto tasso di invenzione lessicale, ma anche un forte aggancio con le strutture 
grammaticali portanti, come i modi o i tempi verbali. Che cosa succede nel parlato? 
Non ho intenzione di rispondere, visto che mi soffermo sulla norma quale è espressa a livello 
alto (scritto formale o – lo vedremo tra poco – prove scolastiche). Osservo soltanto tre cose: 
a)  per  valutare  l’evoluzione  del  parlato  in  diacronia,  occorrerebbe  disporre  di  corpora 
corrispondenti  relativi  al  passato  (confrontare  il  parlato  di  oggi  con  lo  scritto  di  trent’anni  fa  è 
evidentemente inaccettabile); 
b)  sondaggi  specificamente  rivolti  alla  tenuta  di  una  struttura  tipica  dello  scritto,  il 
congiuntivo  –  spina  dorsale  di  ogni  subordinata  che  si  rispetti  –  ne  hanno  mostrato  forse 
un’imprevista diffusione anche  in testi orali; 27  lo stesso si dica, stando a una ricerca recente, per i 
pronomi personali: tra gli atoni loro prevale addirittura sul da tempo legittimato gli in un corpus di 
testi «narrativi» (cioè non dialogati: narrativa vera e propria, saggistica, memorialistica ecc.) degli 
anni Novanta e per il femminile singolare le è pressoché generale rispetto a gli nello stesso decennio 
(301 esempi contro 1), prevale largamente in quotidiani e settimanali (36 esempi contro 3) e persino 
in televisione (18 contro 6). 28 
c)  dare  per  scontato  che  il  parlato  sia  il  polo  dell’innovazione  e  lo  scritto  quello  della 
conservazione  è  perlomeno  imprudente  se  pensiamo  alla  proliferazione  di  “nuove  scritture”  che 
caratterizzano  la  nostra  epoca:  semmai  sarà  vero  il  contrario.  Ma  il  punto  non  è  questo.  Non  è 
affatto detto che, in una qualsiasi dialettica tra innovazione e tradizione, tutte le forze in movimento 
riescano  effettivamente  a  imporsi:  molte  regrediranno  e  riprenderanno  vigore  componenti 
tradizionali che sembravano in declino. Del resto basti pensare al lessico, in cui il nuovo che riesca 
ad  affermarsi  è  infinitamente  meno  del  vecchio  che  resiste  o  magari  ritorna  in  auge:  un  parlante 
italiano del 1965 avrebbe scommesso sulla  vitalità di  neologismi dell’epoca come  cambiadischi  e 
deflettore  (decaduti  con  i  rispettivi  designata)  o  di  magata   ‘brillante  trovata’,  decaduto  come 
avviene spesso per i sinonimi espressivi, più esposti a rapida usura. Oggi, parole come queste sono 
obsolete  (e  forse  non  figurano  più  nemmeno  nei  grandi  dizionari),  mentre  parole  rare  e  forbite 
relative  a  concetti  astratti  come  arguzia ,  esimere,  impreteribile  reggono  molto  meglio  gli  anni: 
erano  occasionali  e  sostenute  quarant’anni  fa  e  tali  sono  anche  oggi.  Se  questa  capacità  di  durata 
vale per  il pulviscolo  lessicale, a  maggior ragione varrà per  i  fatti grammaticali  e sintattici:  non  è 
ancora  nato  l’untorello  che  possa  davvero  spopolare  i  passati  remoti  o  i  pronomi  soggetto 
tradizionali egli ed ella . 29 

27 
Alludo a due saggi fondati sul meritorio Lessico di frequenza dell’italiano  parlato realizzato nel 1993 da Tullio De 
Mauro  et  alii  (Roma,  ETASLIBRI).  Stefan  Schneider  (Il  congiuntivo  tra  modalità  e  subordinazione,  Roma,  Carocci, 
1999) ha documentato come, in un corpus di oltre 3000 subordinate “argomentative” – quasi tutte introdotte da che –, il 
congiuntivo compaia in circa un quarto dei casi, più frequentemente nei testi raccolti a Firenze e a Milano che non in 
quelli  di  Roma  e  Napoli  e  nelle  trasmissioni  radiotelevisive  che  non  nelle  telefonate;  e  come  sia  rarissimo  nelle 
subordinate di cui il parlante presuppone la veridicità. Edoardo Lombardi Vallauri (Vitalità del congiuntivo nell’italiano 
parlato,  in  Italia  linguistica  anno  Mille,  cit.,  pp.  609­34)  ha  calcolato  invece  l’incidenza  del  congiuntivo  rispetto 
all’indicativo  di  essere  e avere nei  casi in  cui un  costrutto  ammetta  la  duplice  scelta;  i dati  da  lui  elaborati riducono 
l’importanza  del  fattore  diatopico  e  confermano  la  varia  distribuzione  del  congiuntivo,  che  in  alcune  subordinate 
mantiene il suo primato tradizionale (quasi il 90% delle interrogative indirette si conforma al tipo non so cosa voglia da 
me) e in altri casi continua a essere determinato dal verbo reggente (spero che sia  è tuttora l’unica possibilità anche nel 
parlato). Risultati in gran parte compatibili con questi emergono da un sondaggio compiuto su 355 intervistati in merito 
alla loro reattività normativa su completive con l’indicativo invece del congiuntivo canonico (risulta però, almeno con 
determinati verbi reggenti, una maggiore tendenza ad accettare l’indicativo da parte dei più giovani): cfr. Laura Scarpa, 
Congiuntivo sì, congiuntivo no: indagini sulla percezione del congiuntivo tra parlanti madrelingua , in  Sguardo sulla 
lingua e sulla letteratura italiana all’inizio del terzo millennio, a cura di Sabina Gola e Michel Bastiaensen, Firenze, 
Cesati, 2004, pp. 147­62. 
28 
Cfr.  Fulvio  Leone,  I  pronomi  personali  di  terza  persona.  L’evoluzione  di  un  microsistema  nell’italiano  di  fine 
millennio, Roma, Carocci, 2003, pp. 78­79 e 127­28. 
29 
Da molto tempo libreschi, questo è  vero, ma ancora disponibili nel parlato sostenuto (egli anaforico) e con intento 
ironico (ella : un esempio giornalistico nella mia Prima lezione di grammatica cit., pp. 17­18).


Ma  in gioco  non ci  sono solo  i tempi  lenti dell’evoluzione  linguistica. C’è anche  la  norma 
trasmessa  dalla  scuola;  è  una  norma  che  chiamerei  “sommersa”,  perché  non  appare  in  superficie, 
come avviene per quel che si legge nei libri o quel che si verifica nell’uso reale della lingua, parlata 
o  scritta:  i  destinatari  si  riducono  a  poche  unità,  i  ragazzi  che  costituiscono  una  classe  scolastica 
(una  ventina).  Però  l’impatto  che  la  norma  trasmessa  dall’insegnante  esercita  sugli  alunni  è 
straordinario:  al  prestigio  della  fonte  (almeno  su  questo  particolare  versante)  si  accompagna 
l’effetto della sanzione. 
In  un  articolo  recente  Anna  Rosa  Cagnazzi 30  ha  studiato  la  presenza  e  l’uso  di  alcuni 
fenomeni  linguistici  significativi  in  un  corpus  di  elaborati  eseguiti  nel  triennio  di  licei  e  istituti 
tecnici  in  Valtellina.  Emergono,  almeno  nei  licei,  la  buona  tenuta  di  egli  e  persino  di  ella   come 
pronomi  soggetto,  la  marginalità  del  che  polivalente,  la  resistenza  del  passato  remoto 31  e  del 
congiuntivo (con percentuali di uso corretto nelle subordinate che lo richiedono pari al 94% nei licei 
e  all’85%  negli  istituti  tecnici).  Come  annota  con  garbo  la  giovane  studiosa,  dati  del  genere 
suggeriscono  maggiore  prudenza  di  fronte  a  diagnosi,  stilate  da  autorevoli  linguisti,  intorno  alla 
«morte»  del  pronome  ella   o  alla  deriva  del  che  come  unico  introduttore  delle  relative. 32  Un 
paragrafo  è  dedicato  alle  correzioni  degli  insegnanti,  che  nel  complesso  risultano  scarse  e  non 
immuni  da  interventi  legati  al  gusto  individuale,  talvolta  privi  di  fondamento  grammaticale  (per 
esempio, tra i pronomi soggetto, essa  corretto in ella , loro in essi). 
La  Cagnazzi  ricorda  un  significativo  precedente  della  sua  ricerca:  un  articolo  di  Adriano 
Colombo 33  fondato  su  una  quarantina  di  elaborati  di  alunni  bolognesi  di  scuola  media.  Colombo 
reagiva  ad  alcuni  «giudizi  molto  severi»  emessi  da  «fonti  autorevoli»  circa  il  dilagare  dell’oralità 
più sciatta e incontrollata nelle prove scritte, a cominciare dall’imperversare della paratassi. La sua 
verifica (relativa a indice di subordinazione, uso del congiuntivo, del passato remoto e del passivo) 
offre risultati diversi: è vero che  il  livello  medio  degli elaborati è  insoddisfacente, 34  ma solo l’uso 
del  congiuntivo  è  realmente  assai  scarso;  per  il  resto  –  anche  se  non  è  detto  «che  la  complessità 
morfosintattica  sia  di  per  sé  un  indice  di  migliore  competenza  linguistica  o  coincida  con  una 
maggiore  correttezza  grammaticale»  –,  va  osservato  che  «tre  indicatori  di  complessità 
morfosintattica  su  quattro  sono  convergenti  nell’attribuire  all’italiano  scritto  a  scuola  tratti  di 
complessità morfosintattica, formalità, distinzione dal parlato». 
Credo che, di là dalle prestazioni offerte dagli alunni, sarebbe molto interessante ricostruire 
la norma sommersa impartita oggi nella scuola, riprendendo e sviluppando uno spunto offerto molti 
anni  fa  da  Paola  Benincà  e  altri. 35  È  una  norma  relativamente  omogenea  o,  a  parità  dell’età  degli 
alunni, cambia a seconda del singolo insegnante, del tipo di scuola, o magari dell’area geografica? 
In  che  misura  il  modello  normativo  di  riferimento  cambia  a  seconda  della  prova  (tema 
d’introspezione  e  di  immaginazione  /  saggio  letterario  /  tema  d’attualità)?  C’è  convergenza  o 
divergenza  tra  norma  applicata  dagli  insegnanti  e  norma  esplicitamente  descritta  dalle  «più 
autorevoli  grammatiche  di  riferimento»,  le  quali  «danno  ormai  una  fotografia  dell’uso  vivo»? 36 

30 
Analisi  di  fenomeni  grammaticali  in  elaborati  scolastici  del  triennio  delle  superiori  (Sondrio  –  Tirano,  a.  s. 
2000/2002), «ACME», LVIII  2005, pp. 269­302. 
31 
Del quale già Rosaria Solarino, in un articolo del 1992 (cit. in Cagnazzi, Analisi, p. 281 n. 25), aveva osservato «la 
notevole  frequenza»  nei  compiti  di  studenti  di  Bologna,  Milano,  Modena  e  Padova:  tutte  aree  nelle  quali  l’uso  del 
passato remoto nell’italiano orale non è abituale. Ma su questo punto ritorneremo tra poco. 
32 
Cfr. Cagnazzi, Analisi, pp. 272 n. 9 e 277 n. 16. 
33 
Scorretto, ma non semplice, «Italiano e Oltre», IV  1989, pp. 158­61. 
34 
Dal  corpus  «emerge  tutto  un  campionario  ben  noto  agli  insegnanti,  di  errori  sintattici,  improprietà  lessicali, 
insufficienza di punteggiatura, scarti di registro» (p. 161). 
35 
Cfr. P. Benincà et al., Italiano standard o italiano scolastico? , in Dal dialetto alla lingua, Atti del IX Convegno per 
gli Studi Dialettali Italiani, Pisa, Pacini, 1974, pp. 19­39. Gli autori, fondandosi su elaborati di alunni di scuola media 
della  «campagna  padovana»  corretti  da  quattro  insegnanti  diversi,  giungevano  alla  conclusione  che  il  modello 
linguistico  proposto,  più  che  l’italiano  standard,  era  «qualcosa  di  meno  definibile,  forse  etichettabile  come  “italiano 
scolastico”»: ossia «un insieme di arcaismi, termini leziosi o paludati, ridondanze o ingiustificate cesure e sintesi» (p. 
22). 
36 
Palermo, La lingua in agenzia , p. 204.


Tentare di rispondere a domande del genere  significherebbe rendersi conto di quale sia  l’effettivo 
modello  linguistico scritto proposto ai preadolescenti e agli  adolescenti, saggiarne  la plausibilità e 
l’efficacia  ed  evitare  di  fondare  le  descrizioni  linguistiche  su  àmbiti  che,  già  a  priori,  non 
coincidono con l’italiano scolastico: o perché appartengono alla mobile galassia del parlato o perché 
si sgranano lungo l’asse, fittamente parametrato, dei vari usi scritti reali (da una lettera privata a un 
trattato di diritto penale). 
Naturalmente, impostare una ricerca del genere comporterebbe l’allestimento di un adeguato 
corpus, rappresentativo per dimensioni e per variabili. È un lavoro che accarezzo per il futuro; per 
ora  mi  limito  a  un  sondaggio,  che  tuttavia  non  credo  privo  significato.  Ho  potuto  disporre,  per  la 
cortesia di colleghi insegnanti, di un corpus costituito da circa 80 elaborati corretti da almeno otto 
docenti diversi e appartenenti a una IV media del Canton Ticino  e a una prima superiore di Roma 
(Liceo di Scienze Sociali). Gli elaborati si riferiscono agli anni 2004 e 2005; quello ticinese è una 
«prova  cantonale»  unica, 37  quelli  romani  vertono  su  argomenti  diversi  ma  in  massima  parte 
gravitanti sul vissuto personale degli alunni; 38  tutti gli studenti hanno un’età media di 14 anni. 39 
Una  considerazione  preliminare.  Com’è  naturale,  esistono  vari  gradi  di  rigidità  e  di 
applicabilità  della  norma  linguistica.  Il  settore  ortografico  è  quello  più  stabile  e  quindi  le  norme 
sono fortemente prescrittive: scrivere li ‘lì’, celò ‘ce l’ho’, coppiare, attegiamenti significa incorrere 
in un errore conclamato da Bellinzona a Lampedusa (al iudicium dell’insegnante è affidato soltanto 
il  peso  da  assegnare  all’inevitabile  sanzione). 40  Quello  lessicale  è  invece  il  più  soggetto  al  vario 
atteggiarsi del discorso in relazione al tema da svolgere. Una prosa fortemente incardinata sull’io di 
un quattordicenne, sulle sue emozioni, sulla sua percezione del mondo non può che modellarsi sulla 
griglia  lessicale,  fraseologica,  semantica  della  sua  personale  esperienza  linguistica,  ovviamente 
incentrata sull’oralità colloquiale. Si prendano alcuni brani di una “prova cantonale”, correttamente 
giudicata “buona” dall’insegnante, che però annota: «Cerca di arricchire il tuo lessico»: 

Dopo tre lunghe ore arrivammo in un ristorante [® giungemmo nei pressi di un ristorante], uscimmo fuori 
dalla  capanna  [®  all’esterno],  Essere  con  la  propria  famiglia  a  vedere  [®  gustare]  quello  spettacolo  era 
proprio  bello!  [®  non  si  poteva  chiedere  altro], 41  Mentre  stavo  guardando  [®  scrutando]  il  cielo  stellato, 
comparve velocemente una stella cometa! 

37 
Partendo  da  un  racconto  di  Calvino  (L’avventura  di  uno  sciatore),  si  invitava  a  raccoglierne  gli  spunti  narrativi, 
applicandoli alla propria esperienza personale; riproduciamo solo la prima delle tre tracce proposte: «Un percorso come 
quello tracciato sulla neve dalla ragazza è diverso da tutti gli altri perché è originale, creativo, autentico. Anche nella 
vita “essere originali” può significare sia essere diversi dagli altri, sia essere realmente sé stessi. Che ne pensi? Parla 
della tua esperienza personale». 
38 
Ad esempio: «Io chi sono, come sono, come vorrei essere», «I primi giorni della nuova scuola: impressioni, timori, 
aspettative»;  qualche  altra  traccia  fa  leva  sull’invenzione  fantastica  («Descrivi  un  personaggio  vero  o  inventato, 
inserendolo in un contesto ecc.») e solo un tema richiede la rielaborazione di contenuti appresi durante lo studio («Le 
antiche  civiltà  fluviali:  metti  in  risalto  gli  elementi  comuni  e  approfondisci  gli  aspetti  socio­economici  e  politici  di 
almeno una di esse»). 
39 
Nell’esemplificazione  che  segue  non  distinguerò  tra  i  vari  insegnanti  e  mi  limiterò  a  segnalare  se  l’elaborato 
appartiene  al  corpus  ticinese  (T)  o  a  quello  romano  (R);  le  eventuali  correzioni  dell’insegnante  sono  riportate  entro 
parentesi  quadre,  precedute  da  una  freccetta;  se  l’insegnante  si  limita a  indicare  l’àmbito  linguistico  di appartenenza, 
questo è sottolineato (per esempio: lessico); se la forma è segnata, senza che sia esplicitato l’errore, in quanto ritenuto 
evidente, adopero la formula errato. 
40 
Qualsiasi insegnante distinguerà tra menda occasionale e isolata (da attribuire a un momento di distrazione o a fretta 
nella  ricopiatura)  e  menda  sistematica  (segno  di  una  regola  non  assimilata;  o  meglio,  trattandosi  di  ortografia,  di  un 
automatismo di scrittura non ancora acquisito). Tra le prime, quelle che meritano ulteriori circostanze attenuanti sono 
relative al cattivo uso di segni paragrafematici (e in generale l’omissione di un accento è più scusabile dell’accentazione 
errata: autorita  può scriverlo anche un laureato in un momento di distrazione, fù non dovrebbe permetterselo neanche 
un quattordicenne); mentre incorre in un’aggravante la mancata distinzione dei confini di parola: singole scrizioni come 
la vevo ‘l’avevo’ e un p’ò ‘un po’ devono essere represse nettamente anche se isolate; se ricorrenti (e non dovute alla 
scarsa padronanza di un apprendente straniero) potrebbero essere addirittura allarmanti e far sospettare patologie. 
41 
Qui oltretutto la correzione è sintatticamente incongrua.


Le  correzioni  proposte,  in  realtà,  non  “arricchirebbero”  il  lessico  dell’alunna,  ma  lo 
renderebbero  artificioso,  inadeguato  al  tono  di  rievocazione  familiare  che  la  scrivente  intende 
ricostruire.  È  indubbiamente  importante  che  un  adolescente  scolarizzato  sappia  padroneggiare 
sinonimi  “di  seconda  scelta”  (perché  di  registro  più  sostenuto:  giungere;  o  di  minore  gittata 
semantica:  scrutare),  ma  quando  si  vuole  andare  al  ristorante  è  più  naturale  arrivarci  che  non 
giungerci (e perché poi l’attenuazione nei pressi di un ristorante?); 42  e scrutare implica l’azione di 
guardare con particolare attenzione per scoprire qualcosa che  non appare a prima  vista:  «scrutò il 
viso di Anna per sorprenderne le vere intenzioni», «scrutare il cielo» detto di un astronomo o anche 
di chi voglia prevedere l’avvicinarsi di un temporale (ma non della nostra alunna, al cui sguardo la 
stella cadente appare come una sorpresa). 
Interventi  di  questo  tipo  sono  suggeriti  dal  desiderio  –  del  tutto  condivisibile  –  di 
familiarizzare l’alunno con le strutture proprie della lingua scritta, quelle che per l’appunto la scuola 
ha  il  dovere  di  insegnare  a  maneggiare,  a  partire  dalla  precisione  terminologica  contrapposta  alla 
fisiologica  approssimazione  propria  della  lingua  orale.  Però,  finché  la  prova  scritta  è  di  impianto 
intimistico­autobiografico,  deve  prevalere  l’esigenza  di  un  registro  stilisticamente  omogeneo,  a 
partire dal lessico adoperato. Si resta dunque un po’ perplessi di fronte alle frequenti correzioni in 
senso aulicizzante, o comunque in direzione di una lingua inutilmente impettita e libresca. Eccone 
un campionario: 

[R]: Sembra che sia passato [® trascorso] già un mese; mi piace molto fare religione [® frequentare 
le  lezioni  di];  Quest’anno  frequento  il  I°  Superiore  [®  anno  della  scuola  superiore]; 43  qualcuno  fa  [® 
pratica] sport; penso che alla fine dell’anno imparerò moltissime cose [® lessico], il motore si è acceso [® è 
stata ingranata la marcia], Purtroppo nei temi [® nei compiti scritti] io non riesco a esprimermi come vorrei; 
[T]:  anche se eravamo un po’intimidite, abbiamo fatto [® posto] milioni di domande;  Io sono una 
sportiva, faccio [® lessico] atletica; mio padre ci disse che il giorno dopo [® successivo] ci avrebbe portati 
in un altro posto per pescare; lo tirai su con le mani [un pesce, ® issai]; Senza neanche togliere l’amo dalla 
bocca del pesce, corsi a casa e lo feci vedere [® mostrai] a mio padre; io e mia sorella ci guardammo e tutte 
e due diventammo rosse dalla vergogna [® Entrambe arrossimmo], Quando tornai al mio appartamento [® 
raggiunsi il]; lei mi ha presentato il suo fratellino che ci ha “rotto le scatole” tutta la giornata [® lessico]; ci 
pensai su [® dialetto] per tre o quattro giorni. 

Qualche volta l’alunno stesso cerca, con le modeste risorse a sua disposizione, 44  di attingere 
livelli libreschi, con risultati involontariamente comici: «dovetti subito cambiare banco e situarmi al 
banco  davanti»  [corsivo  mio;  nessun  intervento  dell’insegnante]  (R);  o  comunque  incongrui  e 
affettati: «i miei compagni di classe non davano alcun cenno di aiuto verso i miei confronti» [come 
sopra]  (R);  «A  me  piace  molto  il  protagonista  Riccardo  Scamarcio  nel  ruolo  di  Step,  egli  è  alto, 
occhi verdi [® ha gli occhi verdi] e i capelli mori» (R). 45 
Ancora al lessico si richiama la lotta alle ripetizioni; lotta meritoria, beninteso, come quella 
che  sottolinea  un  aspetto  caratteristico  della  lingua  scritta:  il  nitore  e  la  variazione  nelle  risorse 
lessicali impiegate. Si tratta, come sempre, di mettere a fuoco la tipologia dei testi (raccontare una 
cotta  adolescenziale  non  è  lo  stesso  che  disquisire  sulle  cause  della  rivoluzione  francese)  e  di 
gerarchizzare  le  norme. Di  fronte al collasso dei requisiti primari di un testo, o per l’incapacità di 
individuare  i  costituenti  elementari  del  discorso  (mancata  divisione  delle  parole)  o  per  la 

42 
Giungere  è  verbo  altrettanto  o  persino  più  indicato  di  arrivare  in  riferimento  a  concetti  astratti  e  in  un  ambiente 
lessicale e sintattico sostenuto (dunque in contesti ben diversi dal nostro): «riuscì a giungere in pochi mesi alla perfetta 
padronanza  della  lingua  fino  ad  allora  ignorata»,  «durante  guerre  e  carestie  si  può  giungere  a  livelli  impensabili  di 
abiezione», «giungeva dal salone il suono appena attenuato del pianoforte». 
43 
Sarebbe  stato  opportuno  piuttosto  segnalare  una  minuzia  ortografica:  ai  numeri  romani  non  si  deve  apporre  la 
letterina in esponente ( o , a ) che indica l’ordinale: quindi 1° Superiore, ma I Superiore. 
44 
Magari con la consultazione acritica di un dizionario di sinonimi. 
45 
Da notare invece l’omessa correzione della virgola dopo Step, che andava sostituita con un segno di pausa medio­ 
forte (due punti o punto e virgola).


compromissione della coerenza testuale (incapacità di tradurre in modo limpido il proprio pensiero), 
una violazione di questo saggio principio retorico deve essere considerata veniale. Due esempi (T; 
alunni entrambi non madrelingua): 

Quando ero arrivato sulla pista da sci non cerano nuvole, solo un immeso sole, quando [® ripetizione] notai 
una ragazza bellissima. La ragazza [® ripetizione] la vevo notata perché era vestita in modo che spiccava. 46 

Solo dopo un po’ ho capito perché loro [® cancellato] non avevano visto niente. La mia amica continuava a 
guardare uno di loro [® un ragazzo] e quelli [® i ragazzi] guardavano [® ripetizione] una ragazza che era 
un po’ lontana e faccevano i scemi [® errato faccevano,  i; scemi ® sciocchi]. 47 

Anche alcune correzioni di tipo grammaticale tendono a privilegiare forme libresche, pur in 
presenza di alternative del tutto acclimate in qualsiasi registro linguistico (ma va detto che i dati che 
risultano  dal  mio  corpus,  specie  dalle  prove  ticinesi,  sono  più  equilibrati  rispetto  al  quadro  delle 
scuole valtellinesi delineato dalla Cagnazzi): 

Pronomi personali (loro censurato come soggetto): per farsi notare e dimostrare che anche loro [® 
essi] valgono qualcosa (T); 
Pronomi  dimostrativi  (questi  in  funzione  di  soggetto  maschile  singolare):  Questo 48  sottomise  i 
Mesopotamici [® Questi] (R); aveva trovato l’uomo giusto e voleva sposarlo, ma questo [® errato] non era 
affatto contento (R); 
Pronomi relativi (che invariabile nelle indicazioni temporali): quelle poche volte che [® errato] vado 
mi diverto (T); 
Dislocazioni a sinistra: io Roma la conosco abbastanza bene,  ma l’Italia  l’ho  visitata ben poco [® 
gramm. (pronomi)] (R); Natalia la conoscevo già perché abbiamo frequentato la 5 a  elementare insieme [® 
gramm. (pronomi)] (R); queste persone, io le ammiro molto [® sintassi] (T); Questa professione l’avevo già 
scelta da circa due o tre anni [® sintassi] (T). 

L’opportuno  desiderio  di  allenare  l’alunno  all’ipotassi  può  comportare  (almeno 


negl’interventi  di  un  insegnante  di  R)  un  invito  a  introdurre  un  rapporto  subordinativo  là  dove  la 
giustapposizione  è  pienamente  adeguata  e  persino  più  efficace  (ovviamente  con  gli  opportuni 
interventi interpuntivi). Si vedano i seguenti esempi: 

secondo  me  è stata una gita educativa  e  molto utile [® congiunzione specifica: perché] a differenza delle 


medie  il  professore  ci  ha  fatto  fare  una  relazione  sulla  gita  il  che  è  utile  però  per  noi  alunni; 49  sono  stata 

46 
Sono  debitamente  sottolineati  dall’insegnante  anche  cerano,  immeso  (che  sarà  una  semplice  svista:  ma  è  bene 
abituare gli alunni all’attenzione e non abbandonarsi all’indulgenza per gli “errori di distrazione”) e la vevo; in margine 
alla  sequenza  La  ragazza    …    spiccava   una  linea  ondulata  segnala  una  non  accettabilità  complessiva,  dichiarata 
dall’aggiunta Frase. In realtà, il difetto dei due quando in successione non è legato alla “ripetizione” della stessa parola, 
ma  semmai  alla  mancata  individuazione  dell’elemento  circostanziale  rispetto  all’informazione  saliente  espressa  dalla 
reggente  (avrebbe  funzionato  un  «Quando  arrivai  sulla  pista,  notai  una  ragazza»;  oppure,  pigiando  il  pedale  della 
rievocazione  di  sensazioni  ed  emozioni:  «Arrivai  sulla  pista:  non  c’erano  nuvole  ecc.;  a  un  certo  punto  /  subito  / 
improvvisamente notai» ecc.). Quanto a la ragazza , qui la “ripetizione” è del tutto appropriata; in ogni caso l’alternativa 
poteva  essere  rappresentata  dalla  semplice  omissione  («L’avevo  notata  perché»  ecc.),  non  certo  dal  ricorso  a 
improbabili coesivi. 
47 
Anche in questo caso i guasti effettivi si situano a livello delle strutture elementari: ortografia (faccevano, per influsso 
di  faccio)  e  distribuzione  degli  articoli.  La  ripetizione  di  guardavano  mi  sembra  del  tutto  innocente  (e  non  c’è  De 
Gregori  che  canta  «Alice  guarda  i  gatti  e  i  gatti  guardano  nel  sole»…?);  in  ogni  caso  non  si  capisce  perché  sia 
censurabile nel caso di guardavano e sia meritoria nel caso di ragazzo­ragazzi, forme introdotte dall’insegnante. Quanto 
a  fare  lo  scemo,  si  tratta  di  un’espressione  idiomatica  colloquiale  che  qui  vale  ‘mettersi  in  mostra,  richiamare 
l’attenzione con atteggiamenti eccessivi, con l’intento di far colpo sulle ragazze’ e non c’è necessità di sostituirla. 
48 
Ci si riferisce a Hammurabi (anzi: Hammurabbi). 
49 
I  due  punti  dopo  utile  sarebbero  stati  preferibili  (la  dimessa  quotidianità  della  frase  rende  più  adeguata  una 
giustapposizione);  in  ogni  caso  andava  esplicitato  il  rapporto  logico  sotteso  da  però  che,  in  questa  versione,  è

10 
felice  di  aver  seguito  il  suo  consiglio  [®  congiunzione  specifica]  lei  è  stata  l’unica  professoressa  che  ha 
creduto in me e che mi ha sostenuto fino alla fine; ero molto agitato al pensiero di conoscere nuovi compagni 
e nuovi professori, [® congiunzione specifica: anche se] per fortuna mi ero iscritto insieme ad un mio amico 
ed insieme a lui iniziammo questa nuova esperienza. 50 

Sia chiaro: la presenza di correzioni particolari discutibili non deve compromettere il quadro 
d’insieme, che nel complesso testimonia una buona capacità di valutazione da parte degl’insegnanti, 
per le seguenti considerazioni: 
a)  il  giudizio  d’insieme  è  generalmente  equilibrato  e  semmai  tende  a  essere  fin  troppo 
benevolo  per  quanto  riguarda  le  carenze  ortografiche  e  interpuntorie,  che  pure  vengono  rilevate 
(sistematicamente  le  prime,  abbastanza  largamente  le  seconde):  in  nessun  caso  insomma 
l’emersione della  lingua colloquiale, pur tendenzialmente repressa anche  in temi  così orientati  sul 
privato, compromette di per sé il risultato finale o mortifica l’alunno; 
b) il forte tasso d’interventismo ha comunque un suo valore sul piano didattico e pedagogico: 
da un lato abitua l’alunno a maneggiare con attenzione uno strumento così delicato come la scrittura 
e a non considerare il tema come una specie di Hyde Park Corner in cui tutto sia lecito e si possa 
parlare a ruota libera; dall’altro, lo fa sentire al centro dell’attenzione dell’insegnante (si tratti pure 
di un’attenzione critica) e dunque lo motiva; 
c) accanto ad alcuni interventi non opportuni, non va trascurata la grande massa di correzioni 
appropriate:  a  parte  quelle  ovvie,  che  qualsiasi  insegnante  apporrebbe  (tranne  che  ceda  a  un 
momento di distrazione o di  noia), va segnalata  la prescrizione del passato remoto, un tempo non 
usuale nel parlato né nel Ticino né a Roma. 
Il caso è un po’ diverso dalla difesa di certi pronomi o dal rifiuto delle tematizzazioni. Come 
per il congiuntivo, ben vivo nella lingua sorvegliata, anche il passato remoto è tuttora un tempo che 
ha  corso  nella  scrittura.  In  riferimento  ad  azioni  recenti,  anche  se  perfettamente  concluse,  non  si 
adopera  più:  allo  spagnolo  «Ayer  fuimos  al  cine»  corrisponde  nel  parlato  degli  italiani 
settentrionali, centrali e in parte anche alto­meridionali solo «Ieri siamo andati al cinema». Però, il 
passato remoto resta la scelta d’elezione della prosa informativa per richiamare un’azione puntuale 
avvenuta tempo fa: possiamo ben leggere un romanzo in cui anche per eventi conclusi nel passato si 
impieghi solo il passato prossimo, ma è più difficile aprire un giornale in cui il passato remoto non 
ricorra mai. Facciamo una prova, sfogliando il «Corriere della Sera» del 9 aprile 2006 (il giorno in 
cui sto scrivendo questa pagina; corsivi miei): 

Gli  articoli  orientati  sull’attualità  generalmente  evitano  il  passato  remoto,  proprio  per  il  declino  del  suo 
valore aspettuale in relazione ad eventi recenti: così nell’editoriale di Alberto Ronchey su quello che sarebbe 
stato il quadro politico post­elettorale (per esempio, in riferimento alla campagna elettorale appena conclusa: 
«Romano Prodi, sebbene per indole così tranquillo, ha insultato un ministro. Silvio Berlusconi, più che mai 
esuberante,  ha  ingiuriato  persino  i  tendenziali  elettori  della  parte  avversa»);  in  un  articolo  di  Stefania 
Tamburello sul vertice dei governatori delle banche centrali (titolo: «Draghi: segnali di ripresa, l’economia 
migliora»);  nella  cronaca  del  funerale  di  un  bambino  assassinato  dai  rapitori  firmata  da  Marco  Imarisio 
(titolo: «Cinquantamila per l’addio a Tommy / È venuto un orco e l’ha portato via»). Ma il passato remoto 
compare in relazione a eventi del passato in varie occasioni: per esempio, in un reportage di Ettore Mo sui 
problemi  ecologici  del  lago  Baikal  (titolo:  «Per  l’“  Occhio  Azzurro”  /  la  Siberia  teme  /  un  nuovo  Gengis 
Khan»: «il baratro – ti spiegano al Museo dell’ecologia di Baikalsk – fu colmato da una massa d’acqua pari a 
quella “trasportata” da tutti i fiumi della terra durante un intero anno»;  «ai primi anni Settanta quando […] 
venne  approvato  e  realizzato  il  “faraonico”  progetto  della  ferrovia  Baikal­Amur»,  «Un  delitto  che  suscitò 
l’indignazione e la rabbia di Grigorij Galazyi»); oppure in articoli della pagina culturale: già nel titolo di un 

incongruo,  non  essendoci  nessuna  implicazione  avversativa  (manca  l’indispensabile  anello  intermedio:  la relazione  è 
noiosa o faticosa, però per noi alunni è utile). 
50 
Qui  –  fermo  restando  che  la  giustapposizione  scandita  da  un  segno  d’interpunzione  intermedio  sarebbe  stata  più 
adatta  –  è  oltretutto  incongruo  il  connettivo  proposto:  la  seconda  proposizione  non  introduce  una  subordinata 
concessiva, ma semmai una coordinata avversativa (ero agitato, ma  per fortuna l’essermi iscritto con un mio amico ha 
reso le cose più semplici).

11 
articolo  di  Stefano  Bucci  («E  Tiziano  prese  in  giro  il  maestro  Bellini»;  soprattitolo:  «Rinascimento  ­  Il 
giovane  lanciò  la  sfida  per  conquistare  il  Duca  d’Este.  Una  mostra  a  Washington»;  sottotitolo:  «Nel 
“Baccanale” riprese ironicamente i soggetti del “Festino”») 51  e in un intervento del giurista Michele Taruffo 
sulla  figura  di  Calamandrei  (titolo:  «Quel  codice  non  era  fascista»:  «il  fascismo  non  elaborò  mai  una 
specifica ideologia del processo civile», «la vicenda che portò alla redazione del Codice del ’40», «la ragione 
per  cui  fu  chiamato  a  lavorare  alla  redazione  del  Codice»  ecc.).  Il  passato  remoto  viene  inoltre 
apprezzabilmente  adoperato  in  contrasto  aspettuale  col  passato  prossimo  in  relazione  alla  cronaca  politica 
recente in una nota di Massimo Gaggi (titolo: «I danni di un’Italia da operetta»: «Due mesi fa […] il nostro 
ministro  dell’Economia  reagì  con  comprensibile  irritazione,  ma  andò  oltre  il  segno:  il  suo  “se  ne  torni  in 
Turchia” ha indotto molti economisti stranieri a dare la loro solidarietà a Rubini»). 

Sic stantibus rebus, è forse bene che la scuola favorisca l’uso del passato remoto anche in 
un  àmbito  –  quello  del  racconto  di  proprie  esperienze  –  in  cui  l’uso  spontaneo  prevede  il  passato 
prossimo: qui infatti non si crea un uso artificioso, ma si tiene in vita un uso che, in altri contesti (la 
storia), sarebbe ancora praticato abitualmente. 52 
Che  l’uso  del  passato  remoto  sia  arduo  anche  per  studenti  madrelingua  lo  mostrano  i 
frequenti errori degli  alunni: muorì, rimanei,  sentì ‘sentii’ (R), ci divertemmo, riconoscei, tolsimo 
(T). Ma preferisco notare, invece, la buona tenuta di questo tempo verbale negli elaborati ticinesi; è 
un  segno  evidente  di  come  la  scuola  sia  riuscita  a  far  passare  questa  struttura  nell’orizzonte 
linguistico dei discenti (qualche volta persino con sovraestensioni ipercorrettive). Alcuni esempi: 

a) Due anni fa andai in Francia, più precisamente a Marsiglia. Era da tanto tempo che io e mia madre non 
trascorrevamo una bella vacanza insieme; ma una volta arrivati, il mio istinto di adolescente mi separò da lei; 
b) Allora quando fu solo gli chiesi se aveva ricevuto tutti i miei messaggi e lui disse di sì. A quel punto lo 
guardai interrogativamente e gli dissi che lui mi piaceva tanto; c) Una mattina iniziò a piovere, sembrò [® 
sembrava] una tempesta, quasi grandinava; d) Volevo arrivare al bordo prima di lui, e nuotando in modo così 
veloce andai a sbattere contro una ragazza, che sentendo la botta alla testa cominciò a farfugliare parole in 
tedesco!  Il  ragazzo  vedendo  la  scena  fece  un  sorriso  sotto  i  baffi  quasi  divertito;  di  certo  non  ero  passata 
inosservata! 

Le prescrizioni sulle quali mi sono soffermato rientrano in quella che ho chiamato la norma 
sommersa.  I  linguisti  tendono  a  dare  per  morte  o  languenti  forme  in  realtà  ancora  additate  come 
norma (come i pronomi personali soggetto egli, ella ) o addirittura usate, e abusate, autonomamente 
dagli stessi alunni (il passato remoto). Il lessico libresco, sul quale ha ironizzato in tante occasioni 
Tullio  De  Mauro  fin  dagli  anni  Sessanta,  è  in  realtà  vivo  e  vegeto  anche  in  una  scuola  in  cui  la 
distanza  reverenziale  tra  discenti  e  docenti  non  esiste  più  e  questi  chiamano  quelli  per  nome, 53 
badando  –  ancora  prima  che  a  sanzionarne  le  carenze  di  preparazione  o  di  applicazione  –  a  non 
turbare con atteggiamenti repressivi la loro personalità in formazione. 
Ci  si  può  chiedere  quanto  di  questa  norma  sommersa  sedimenti  nella  coscienza  linguistica 
degli  alunni,  una  volta  diventati  adulti.  Difficile  dirlo.  Probabilmente,  questo  patrimonio  sarà 
dissipato  nelle  fasce  marginali:  la  fascia  bassa  di  studenti  che  perderanno  ogni  contatto  con  la 
cultura  scritta,  andando  incontro  a  fenomeni  più  o  meno  accentuati  di  regressione;  e  la  fascia  più 
alta, che con uso più maturo e consapevole della lingua imparerà a gestirne le varie sfumature e a 

51 
Questi esempi (azioni compiute da personaggi del passato definiti nella loro storicità) sono gli unici in cui il passato 
remoto non è virtualmente sostituibile col passato prossimo, ma solo col presente storico. 
52 
Ciò vale per l’insegnamento dell’italiano a studenti madrelingua o a stranieri scolarizzati in ambiente italofono; per 
l’insegnamento a stranieri fuori d’Italia, credo che le forme e l’uso del passato remoto non debbano essere tra i primi 
argomenti da trattare parlando di verbi (a differenza di quel che avverrebbe con l’inglese o lo spagnolo) e, per quanto 
riguarda alcuni verbi irregolari non di uso comune in quel tempo (cuocere, scindere), nemmeno il secondo o il terzo. 
Per qualche considerazione in merito mi permetto di rinviare al mio Insegnare l’italiano, oggi, «Nuova Antologia», n° 
2227,  luglio­settembre  2003,  pp.  62­68;  interessanti  riflessioni  applicate  alla  didattica  del  passato  remoto  a  italofoni 
sono in Maria G. Lo Duca, Esperimenti grammaticali, Roma, Carocci, 2004, pp. 137­42. 
53 
Qualche volta vale persino l’inverso.

12 
violare,  all’occorrenza,  anche  certe  prescrizioni  apprese  a  scuola.  Nel  mezzo,  c’è  una  quantità 
indefinibile  di  individui  ai  quali  la  scuola  ha  assicurato  –  magari  con  qualche  eccesso  e  qualche 
grettezza  –  un  contatto  con  la  lingua  scritta,  o  almeno  con  l’immagine  deformata  che  appare  nei 
temi. Non è molto, certo, e non è l’ottimo; ma è qualcosa. 
Luca Serianni

13 
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 41
Titolo: La norma

Attività di preparazione

Cosa si intende per “norma” e quali forme assume in linguistica?


La risposta è contenuta nell’allegato “Lezione 41.pdf”

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 42
Titolo: La sociolinguistica
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 42
Titolo: La sociolinguistica
Attività n°: 1

La sociolinguistica è lo studio della lingua


in rapporto alla società che la usa.
La nascita della sociolinguistica è stata
promossa verso gli anni Settanta del
Novecento dal linguista americano William
Labov.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 42
Titolo: La sociolinguistica
Attività n°: 1

Le prime ricerche vertevano sulla


correlazione fra le variabili linguistiche
(fonetiche e morfosintattiche) rispetto alle
variazioni non linguistiche (età, sesso,
gruppo sociale.
Questa dimensione prende il nome di
analisi variazionista.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 42
Titolo: La sociolinguistica
Attività n°: 1

Un’altra direzione di indagine è


rappresentata dall’indirizzo interazionale,
atto a ricostruire le strategie con i quali i
parlanti attribuiscono significato alle
produzioni linguistiche e con le quali si
produce l’interazione. Questo tipo di
indagine si accosta all’analisi del discorso
e alla linguistica pragmatica.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 42
Titolo: La sociolinguistica
Attività n°: 1

La sociolinguistica utilizza i paradigmi


teorici della linguistica, ma i metodi di
indagine della sociologia e dell’etnografia,
ovvero l’osservazione partecipante
rispetto ai fenomeni.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 42
Titolo: La sociolinguistica
Attività n°: 1

Le domande che si pone un sociolinguista


rispetto alla comunicazione sono:

- Chi parla o scrive?


- Quale lingua usa?
- Quando si parla o scrive, e a proposito
di che cosa?
- Con quali interlocutori si parla o scrive?
- Come, perché e dove si parla o scrive?
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 42
Titolo: La sociolinguistica

Attività di preparazione

Quali sono le differenze fra l’analisi variazionista e quella


interazionale?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 42
Titolo: La sociolinguistica

Attività di preparazione

Quali domande sulla comunicazione si pone un linguista


rispetto alla ricerca?

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 43
Titolo: L'analisi della conversazione
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 43
Titolo: L'analisi della conversazione
Attività n°: 1

L’analisi conversazionale permette di


stabilire alcune inferenze in merito alla
tipologia di comunicazione che si sta
attuando.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 43
Titolo: L'analisi della conversazione
Attività n°: 1

In effetti, è possibile comprendere le


varietà di lingua utilizzate, l’eventuale
presenza di code switching (cambio di
varietà), il grado di formalità o di
informalità, e di apprezzare il grado di
dipendenza e di progettualità
dell’interazione.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 43
Titolo: L’analisi della conversazione

Attività di preparazione

Analizzare la lingua utilizzata per i due dialoghi, in un primo


tempo separandoli, successivamente verificando analogie e
differenze.

1
A Fa tanto caldo, non trova?
B Sì certamente.
A Questo treno è sempre molto caldo.
B Il riscaldamento non funziona bene.
A Nei treni il riscaldamento non funziona mai bene.

2
A Caldo, no?
B Ci hai ragione.
A È proprio un forno
B ‘Sto riscaldamento non va.
A Ci fosse una volta che trovo un treno col riscaldamento che va.
Beh, apri il finestrino!

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 43
Titolo: L’analisi della conversazione

Attività di preparazione

Registrare o annotare uno scambio comunicativo di vita


quotidiana e analizzarne successivamente la lingua (strutture
utilizzate e varietà linguistiche), dopo averlo trascritto.

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 44
Titolo: Varietà, repertorio e registri
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 44
Titolo: Varietà, repertorio e registri
Attività n°: 1

Una varietà di lingua è un insieme solidale


di varianti e di variabili sociolinguistiche.
Dalle scelte di pronuncia, di lessico, di
grammatica, di organizzazione del
discorso e di stile si possono distinguere
gli individui per età, sesso, gruppo
sociale, periodo storico.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 44
Titolo: Varietà, repertorio e registri
Attività n°: 1

- Le varietà diacroniche si riferiscono al


cambiamento della lingua nel tempo.
- Le varietà diatopiche al cambiamento della
lingua nello spazio;
- Le varietà diastratiche alla lingua in relazione a
un gruppo sociale;
- Le varietà diafasiche alla lingua in relazione al
suo contesto (registro, sottocodici);
- Le varietà diamesiche al canale usato per la
comunicazione.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 44
Titolo: Varietà, repertorio e registri
Attività n°: 1

Es. Diacronia: Augello/Uccello


Es. Diatopia: Papà/Babbo
Es. Diastratia: Ci ho dato/Gli ho dato
Es. Diafasia: Bella raga/Ciao
Es. Diamesia: la punteggiatura presente
solamente nello scritto.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 44
Titolo: Varietà, repertorio e registri
Attività n°: 1

La diamesia distingue essenzialmente


scritto e parlato, ma si è diffuso un altro
canale: il trasmesso.
Il trasmesso necessita di un mezzo di
trasmissione e di ricezione e può essere
scritto o parlato o misto. Un esempio di
trasmesso è la chat.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 44
Titolo: Varietà, repertorio e registri
Attività n°: 1

La sociolinguistica è poco attenta alla


diacronia, a meno che non si giustifichi in
termini di cambiamento nell’arco di poche
generazioni.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 44
Titolo: Varietà, repertorio e registri
Attività n°: 1

L’insieme delle varietà e delle lingue di un


parlante si definisce repertorio.
Gli individui di strati sociali inferiori
utilizzano varietà substandard, usate in
modo ludico-scherzoso dagli individui di
strato più alto.
Le varietà linguistiche che dipendono
dalla situazione comunicativa si chiamano
registri.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 44
Titolo: Varietà, repertorio, registri

Attività di preparazione

Descrivere il proprio repertorio (varietà, dialetti e lingue


possedute, secondo una competenza attiva e passiva).

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 44
Titolo: Varietà, repertorio, registri

Attività obbligatoria per l’esame

Proporre un esempio per ognuna delle varietà delineate.

Pag.
‘Code switching’ e teoria linguistica: la situazione italo-
romanza

Massimo Cerruti & Riccardo Regis

Il presente lavoro tratta delle principali questioni legate al discorso


bilingue italiano-dialetto in termini di rapporto fra casistica del code swit-
ching e modelli teorici, discutendo quindi aspetti pertinenti sia alla teoria
sociolinguistica e pragmatica che alla teoria linguistica interna. Dopo aver
presentato le principali caratteristiche che la nozione di dialetto assume nel
contesto sociolinguistico italiano (§ 1.), si discute l’applicabilità a quest’ulti-
mo dei modelli pragmatico-funzionali elaborati dalla sociolinguistica inter-
pretativa e di alcune categorie del Modello di Marcatezza di Carol Myers-
Scotton, indagando in quali modi i significati socio-comunicativi del code
switching italiano-dialetto possano essere correlati da un lato a sentimenti di
identità legati alle scelte linguistiche e dall’altro a tipologie di repertori lin-
guistici e processi di sostituzione di lingua (§ 2.). I modelli grammaticali pro-
posti per il code switching intrafrasale sono al centro della sezione successiva
(§ 3.); in particolare, si esaminano e discutono il concetto di lingua matrice e i
principi cardine del Matrix Language Frame Model di Myers-Scotton.
Proprio prendendo spunto da questa analisi, si affronta la nozione di ibridi-
smo, nonché il suo rapporto con il prestito e il code switching. Si cercano poi,
nelle conclusioni (§ 4.), possibili punti di convergenza tra prospettiva prag-
matico-funzionale e grammaticale*.

1. Introduzione

Considerata la vasta gamma di significati assunti dalla parola


dialetto in linguistica e sociolinguistica, e vista da un lato la necessità
di far riferimento per la sua definizione al repertorio linguistico e al
contesto specifico di riferimento e dall’altro la centralità che la nozio-
ne riveste per il presente contributo, può essere utile a fini introdutti-
vi partire dalla nota distinzione operata da Coseriu (1980) fra dialetti
primari, secondari e terziari per ricordare prima di tutto l’accezione
del termine per la situazione italo-romanza e in secondo luogo le
caratteristiche che consentono di identificare tale codice come distin-
to dalla lingua nazionale.
I dialetti italiani, in quanto varietà geografiche coeve del dialetto
da cui si è sviluppata la lingua promossa come standard, sono dialetti
primari e per motivi storici e/o strutturali si differenziano, ad esem-
pio, sia dai Dialekte tedeschi, nonostante la comune nascita della lin-
gua nazionale in assenza di unità statuale, sia dai dialects anglo-

Rivista di Linguistica 17.1 (2005), pp. 179-208 (ricevuto nel settembre 2005)
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

americani, i quali presentano invece più analogie con le varietà regio-


nali di italiano, da intendere tipicamente come dialetti terziari, cioè
varietà formatesi per differenziazione diatopica della lingua standard
dopo la sua diffusione (cfr. Berruto 1995: 223 e 2005: 81-83).
Nella situazione di lingua cum dialectis italiana, dialetto e lin-
gua nazionale vanno dunque considerati sistemi separati per ragioni
sia di autonomia storica, benché alle stesse circostanze storiche siano
legati il formarsi di un continuum di sottovarietà dovuto al prolunga-
to contatto e l’esistenza di numerosi elementi omofoni in italiano e in
dialetto, che di differenza strutturale, per cui tra la lingua nazionale
e alcuni dialetti vige una distanza non inferiore dal punto di vista
lessicale, fonetico e morfologico a quella esistente tra l’italiano e altre
lingue neolatine (cfr. Pellegrini 1972a, Giacalone Ramat 1995: 46-49,
Berruto 1997: 394-396 e Alfonzetti 1998: 180-182). Gli stessi parlanti,
poi, sono consapevoli di utilizzare due codici differenti del repertorio
(cfr. Giacalone Ramat 1995: 63n e Alfonzetti 1998: 208n).
Pur se distinti come sistemi linguistici, italiano e dialetto sono
però spesso compresenti a livello di discorso; nonostante la netta
compartimentazione funzionale che li caratterizza, con domini d’uso
tipici dell’uno o dell’altro codice, in certi ambiti sono infatti impiegati
e accettati del tutto paritariamente. La loro frequente giustapposizio-
ne nella conversazione ordinaria dà luogo a fenomeni tipicamente
riconducibili all’ampia casistica del code switching (CS).

2. Prospettiva pragmatico-funzionale e sociolinguistica

L’interesse prevalente dei lavori italiani sul discorso bilingue


riguardanti la situazione italo-romanza è tradizionalmente rivolto
agli aspetti pragmatico-funzionali della commutazione di codice, stu-
diati soprattutto in relazione all’interpretazione e alla comprensione
dei rapporti sociolinguistici tra dialetto e lingua nazionale1. La ricer-
ca italiana sul CS risulta così allo stesso tempo debitrice nei confronti
delle modellizzazioni teoriche della sociolinguistica interpretativa e
banco di prova della loro validità e portata, viste le caratteristiche
peculiari del caso italiano di contatto tra una lingua nazionale e i
suoi dialetti primari.

2.1. CS e modelli di funzioni

I lavori relativi alla situazione italiana dimostrano la generale


efficacia esplicativa dell’approccio funzionale e delle sue categorie, a

180
‘Code switching’ e teoria linguistica

riprova di come alcuni “conversational loci” (Auer 1995: 120) risultino


universalmente sensibili al cambio di codice (cfr. Gumperz 1982: 75-
84 e Auer 1995: 120) e di come i principi di base secondo i quali il CS
è impiegato nell’interazione come strumento semiotico e conversazio-
nale possano essere definiti indipendentemente dalla grammatica e
dal contesto macro-sociale (cfr. Auer 1995: 116 e 1998: 4).
Secondo questa prospettiva teorica, com’è noto, ogni passaggio di
codice ha un proprio valore pragmatico-comunicativo2. A proposito
delle funzioni globalmente più attestate in letteratura e confermate
in ambito italo-romanzo si possono ricordare, oltre al semplice riem-
pimento di lacune dovute a una competenza sbilanciata, i casi di cam-
bio di codice per citazione, commento, ripetizione, auto-correzione,
riformulazione, preferenza, sottolineatura enfatica o espressiva, cam-
bio di chiave del discorso, mutamento nella costellazione dei parteci-
panti (e/o selezione del destinatario), cambio di argomento, organiz-
zazione della conversazione e/o di un’attività narrativa in sequenze o
parti costitutive e convergenza e divergenza rispetto all’interlocutore.
Seguendo Halliday (1983), come proposto in Moretti & Antonini
(2000: 114n), si potrebbero riconoscere almeno tre livelli funzionali o
macro-funzioni del CS, tipiche anche di produzioni linguistiche mono-
lingui: una prima relativa alla rappresentazione dei contenuti (idea-
zionale), una seconda riguardante i rapporti tra gli interlocutori
(interpersonale) e una terza relativa all’organizzazione del discorso
(testuale).
L’elenco dei valori pragmatici della commutazione di codice ita-
liano-dialetto, ad ogni modo, non è limitato ai pochi tipi sopra men-
zionati, è anzi aperto e molto ricco (cfr., tra gli altri, Berruto 1985: 60-
65 e 1990: 114-119, Pautasso 1990: 127-141, Sobrero 1992a: 23-26 e
1992b: 151-156, Alfonzetti 1992: 35-171, 1998: 182-207 e 2001,
Baiano 1995: 124-135, Miglietta 1996: 102-111, Cerruti 2004)3 e testi-
monia la grande funzionalità del discorso bilingue come strategia
interazionale e conversazionale. Le stesse considerazioni sembrano
poi valere per l’uso commutato di italiano e dialetto al di fuori dei
confini politico-amministrativi italiani: è indicativo ad esempio il caso
del Canton Ticino, in cui ad una crescente diffusione del comporta-
mento bilingue italiano-dialetto (cfr. Bianconi & Moretti 1994: 30-35,
Moretti 1999: 69-70 e Moretti & Antonini 2000: 110) corrisponde
un’ampia gamma di funzioni del CS (cfr. Collovà & Petrini 1981-
1982: 271-280, Moretti 1990 e Bozzini 1994: 31-74)4, del tutto analoga
agli inventari proposti ed esemplificati negli studi italiani sul tema.
Secondo i modelli funzionali del CS i significati pragmatici del
cambio di codice, sebbene regolati da principi generali universalmen-

181
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

te validi, sono poi sensibili al contesto macro-sociale e macro-sociolin-


guistico di riferimento e possono rifletterne, se non addirittura condi-
zionarne, alcuni aspetti (cfr. Gumperz 1982: 64-72 e Auer 1998: 3-13).
A livello di singoli switch, nella situazione italiana ciò è vero solo in
parte, in quanto non essendo l’ampia gamma di funzioni micro-
discorsive connessa né dipendente da una forte compartimentazione
sociale di italiano e dialetto, soltanto alcune di queste sono riconduci-
bili ai diversi valori simbolici, alla diversa collocazione o al diverso
prestigio dei due codici nel repertorio: ne sono esempi i casi di com-
mutazione di codice per accomodazione, per sfruttamento dei poten-
ziali connotativi di una specifica varietà di lingua, per riporto al pub-
blico/al privato o per selezione del destinatario in base al codice rite-
nuto di uso comune. Qui di seguito è riportato un caso di CS per acco-
modazione e al tempo stesso per selezione del destinatario5:

(1) (italiano/piacentino; Giacalone Ramat 1995: 50)


M Oh che bel bimbo
D L’è ‘l bagaj dla Lice
‘È il figlio della Lice’
M Ah sì ma l-è zamò gnit grand l-è tyt la facia d’so maar … pren-
di pure le patatine caro te le regalo io quelle
‘Ah sì ma è già cresciuto così tanto è tutto la faccia di sua
madre’
D Su ringrazia la signora

M è la cassiera di un negozio di alimentari di un paese del pia-


centino e D una cliente; le due interlocutrici comunicano tra di loro in
dialetto ma si rivolgono in italiano al bambino presente in negozio; il
cambio di codice ha in questo caso valore sociale in quanto riflette un
pattern conversazionale tipico della comunità interessata, secondo il
quale il dialetto è normalmente usato nelle interazioni con i compae-
sani e l’italiano con i bambini.
Generalmente, però, in virtù anche dell’accettabilità di entrambi
i codici (e del loro uso alternato) in molte situazioni informali e di
media formalità, le scelte di lingua a livello di struttura sequenziale
della conversazione, e dunque la direzione del cambio di codice, sono
poco o nulla rilevanti in termini di significato sociale. La direzione
del CS tra italiano e dialetto è infatti ampiamente reversibile e
dipende per lo più dal codice preferito o dal codice che è momentanea-
mente la lingua base del discorso (cfr. Berruto 1990: 17-18 e
Giacalone Ramat 1995: 52-53). A livello sequenziale, l’obiettivo prin-
cipale del cambio, di natura primariamente stilistica e solo seconda-

182
‘Code switching’ e teoria linguistica

riamente sociale, è esprimere contrasto a scopo pragmatico. È dunque


lo switch in sé, indipendentemente dal codice verso il quale si com-
muta, ad assumere valore funzionale (più che sociale) e a farsi veicolo
delle intenzioni comunicative dei parlanti. Si vedano, ad esempio, i
casi seguenti:

(2) (italiano/siciliano; Alfonzetti 1992: 77 e 1998: 193)


C ((al telefono)) Tutti bene, tutti. Sì, grazie cara. Arrivederla …
Perfetto, arrivederla. ((chiude il telefono)) ((a G.)) Ma cose di
pazzi! Prima era n masculu senti chista. Prima era un uomo.
Allora lui mi ha detto, dice ‘Sono un amico della signora C., sua
cliente’. […]
‘Prima era un uomo, senti questa’

(3) (siciliano/italiano; Alfonzetti 1992: 79-80 e 1998: 194)


F Quantu stanu femmi i filobbussi, ora
‘Quanto tempo stanno fermi i filobus, ora’
M Chi curriti? Curriti a ttrenta, quaranta ntâ città … sta velocità!
((pause)) L’altro gionno, l’altro gionno, nel mese di febbraio …
qua al corso Italia … c’è a via Cervignano unni si po ppassari
cchê màchini
‘Che correte? Correte a trenta, quaranta, in città … questa velo-
cità […] c’è la via Cervignano dove si può passare con le macchine’

Nei brani di conversazione qui riportati il CS interviene a segna-


lare l’inizio di un’attività narrativa, frenando o sospendendo tempo-
raneamente l’avvicendamento dei turni di parola; il cambio di codice
che realizza tale funzione si verifica, a dimostrazione della reversibi-
lità di direzione dello switch, nel primo caso dall’italiano al dialetto e
nel secondo dal dialetto all’italiano.

2.2. CS, identità e categorie teoriche

Il fatto che la correlazione fra i diversi valori assegnabili a italia-


no e dialetto e la direzione della commutazione di codice sia piuttosto
debole, seppure presente, è sintomatico dell’alto grado di intercam-
biabilità e di sovrapposizione funzionale tra le due varietà del reper-
torio e, di conseguenza, della sostanziale assenza di conflitto tra i due
codici nella situazione italiana contemporanea6. I parlanti italiani
appartengono essenzialmente a una comunità monoculturale (sebbe-
ne con specificità ben radicate non solo a livello interregionale) all’in-
terno della quale non esistono grandi contrasti etnici o culturali e le
scelte linguistiche, compreso l’uso congiunto dei due codici del reper-

183
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

torio, generalmente non veicolano in questo senso forti sentimenti di


identità, appartenenza, conflitto o coscienza di gruppo7. Situazioni di
contatto tra italiano e dialetto al di fuori dei confini nazionali dimo-
strano invece come le scelte di lingua possano essere in alcuni casi
fortemente finalizzate alla rappresentazione e presentazione sociale
della propria identità.
Nella Svizzera italiana, ad esempio, fino alla metà degli anni
Settanta, l’uso dell’italiano era intenzionalmente ed esplicitamente
stigmatizzato, mentre il dialetto conosceva una grande vitalità pro-
prio in quanto strumento di definizione e conservazione dell’identità
e tradizione cantonale8 (cfr. Bianconi 1980: 250-254 e Moretti 1999:
57-61); nonostante negli ultimi anni si stia assistendo a un chiaro
calo della dialettofonia in Ticino9 (cfr. Moretti 1999: 54-78, Moretti &
Antonini 2000: 216-223, Bianconi & Borioli 2004), l’uso del dialetto in
alcune regioni del Cantone (v. Moretti 1999: 68-69) e in domini o con-
testi specifici (v. Moretti 1999: 85-86 e Moretti & Antonini 2000: 221-
222), oltre che da parte delle generazioni più anziane, agisce ancora
come forte marca identitaria (cfr. Moretti & Antonini 2000: 222)10.
Considerazioni e confronti di questo genere assumono poi rile-
vanza teorica proprio in relazione all’applicabilità alla situazione ita-
liana di quelle categorie funzionali della sociolinguistica interpretati-
va più connesse a forti differenziazioni (e divisioni) etnolinguistiche e
socioculturali, quale, ad esempio, la dicotomia we/they-code.
L’opposizione gumperziana è stricto sensu tendenzialmente riferita
all’antitesi tra, da un lato, la lingua minoritaria, etnicamente specifi-
ca, di un gruppo di parlanti interno alla comunità e, dall’altro, la lin-
gua della maggioranza o comunque la lingua ufficiale della società in
cui questo gruppo è inserito (cfr. Gumperz 1982: 66), e dunque non è
generalmente applicabile alla situazione italiana, nella quale non
sussistono rapporti effettivi di minoranza-maggioranza tra gruppi
diversi identificati (o identificabili) con l’uso di dialetto e lingua
nazionale (cfr. Berruto 1990: 18-19, Giacalone Ramat 1991: 191).
Tuttavia, laddove sia impiegata non in senso stretto ma spoglia-
ta degli elementi di forte conflittualità etno-linguistica e culturale e
dotata unicamente del valore di strategia discorsiva, tale dicotomia
riesce a dare conto anche di buona parte dei casi analizzati in alcuni
studi italiani sul tema (cfr., tra gli altri, Sobrero 1992b: 154-155 e
1992c: 37, Baiano 1995: 124, Alfonzetti 2001: 258, Cerruti 2004: 101-
105). È necessario distinguere dunque tra livello macro-sociale o
macro-sociolinguistico, in cui le categorie gumperziane sono difficil-
mente applicabili in senso stretto al contatto italiano-dialetto, e livel-
lo conversazionale o sequenziale, in cui queste, intese secondo un’ac-

184
‘Code switching’ e teoria linguistica

cezione più larga, dimostrano invece di possedere una forte valenza


esplicativa nei confronti di turni di parola in cui il contrasto tra i
codici sia sfruttato (come semplice strategia discorsiva) per sottoli-
neare differenze in quanto ad ambiti esperienziali, abitudini o model-
li comportamentali, realtà di gruppo e situazioni sociali di riferimen-
to, senza veicolare marcate contrapposizioni etno-linguistiche o cultu-
rali. A riprova di ciò interviene, ancora, l’argomento della generale
reversibilità della direzione del cambio di codice, questa volta osser-
vata in occasione di scambi conversazionali riconducibili all’opposizio-
ne we/they-code registrati tra parlanti dialettofoni, per i quali sono
sia il dialetto che l’italiano a ricoprire alternativamente le funzioni di
un we-code.
Si vedano a proposito gli esempi seguenti, registrati entrambi in
un quartiere di Torino: nel primo caso il punto di vista condiviso dagli
interlocutori (riguardo alle mete di viaggio preferite) è formulato in
italiano ed è opposto all’atteggiamento attribuito alla maggioranza
delle persone, espresso in dialetto; nel secondo caso, invece, la parlan-
te racconta in dialetto alcune esperienze del proprio passato e le con-
fronta con la realtà di riferimento del proprio interlocutore, evocata
in italiano.

(4) (italiano/piemontese; Cerruti 2004: 99-100)


M50 è una valle con i/ all’incima … si chiama … Top de Cima
Rest […] ed è/ ha una caratteristica di costruzioni che si
chiamano in effetti fienili … e sono costruiti con tetti di
paglia, ma sono … casette, in pratica […] in un posto sper-
duto, noŋ propi che a la magiuransa propi … s na frega […]
‘proprio che alla maggioranza proprio … se ne frega’
M55 non da massa, la massa va/ a vaŋ … i solit post
‘vanno … i soliti posti’
M50 te li devi studiare i … i fienili longobardi di Cima Rest …
sa/ sa ti ciami a n italiaŋ a diz ma scüza ma chial a l è mat
‘se/ se chiedi a un italiano dice ma scusi ma lei è matto’
M55 eh, cose che si sanno poco …

(5) (piemontese/italiano; Cerruti 2004: 102-103)


F73 a i era i tedesc, a i era i bumbardament, anlura balavu nt iŋ
post, viscavu l lüci, saravu … tüt a scüri, bütavu fiŋa i toc c a
vughisu naŋ la lüce da fora … […] s balava mac parai …
voi oggi andate in discoteca o … lì dove/ in un … in un …
bab
‘c’erano i tedeschi, c’erano i bombardamenti, allora ballava-
mo in un posto, accendevamo le luci, chiudevamo … tutto al
buio, mettevamo persino i pezzi di legna in modo che da

185
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

fuori non vedessero la luce […] si ballava solo così…’


L’esame della vasta gamma di funzioni del CS italiano-dialetto
mostra dunque come l’uso alternato dei due codici sia una pratica ben
diffusa, largamente accettata e anche automatizzata nella conversa-
zione ordinaria, e quindi come il discorso bilingue risulti essere una
scelta non marcata nella maggior parte delle situazioni non formali.
Per descrivere questa situazione, negli studi italiani si è talvolta fatto
ricorso a fini esplicativi alla terminologia del Markedness Model,
valendosi in particolare delle affinità esistenti tra le caratteristiche
di non marcatezza del discorso bilingue italiano-dialetto e la catego-
ria unmarked CS del modello di Myers-Scotton (cfr. Myers-Scotton
1993a: 117-131 e 1998a). Ciò può essere senz’altro motivabile in
situazioni specifiche o a livello micro-sociolinguistico (cfr., ad esem-
pio, Alfonzetti 1996: 66-68), ma risulta piuttosto problematico se este-
so alla più generale dimensione macro-sociolinguistica, in quanto il
caso italiano violerebbe le principali condizioni alla base della catego-
ria stessa. Perché il pattern di commutazione sia riconducibile a que-
sto tipo, l’interazione dovrebbe essere infatti “of a type in which
speakers wish to symbolize the dual memberships that such CS calls
up” (Myers-Scotton 1993a: 119); questo genere di CS “only occurs in
those communities where speakers wish to index simultaneously, and
especially for their informal, ingroup interactions, the identities asso-
ciated with the unmarked use of more than one code” (Myers-Scotton
1993a: 126). Ma nella situazione italo-romanza, sebbene sia possibile
attribuire significati e valori socio-simbolici diversi ai due codici del
repertorio, il parlante normalmente non si serve del CS italiano-dia-
letto per simboleggiare la propria identità duale, in quanto general-
mente non ha un’identità (o una parte di essa) associata all’uso del
dialetto e un’altra associata all’italiano; come già detto, non esiste
infatti una separazione tra una comunità dialettofona e una comu-
nità italofona.
Più in generale, sembra problematica l’applicabilità del
Markedness Model stesso al contatto tra italiano e dialetto, giacché
un buon numero di casi contraddirebbe tra l’altro proprio le premesse
alla base del modello, cioè il principio per cui “speakers use the possi-
bility of making code choices to negotiate interpersonal relationships,
and by extension to signal their perceptions or desires about group
memberships” (Myers-Scotton 1993b: 478). Ciò, come si è visto, non è
sempre verificato, dal momento che l’impiego di italiano e dialetto
normalmente non veicola forti sentimenti di identità o di appartenen-
za intra- o inter-gruppo. Ci sono inoltre esempi di discorso bilingue,
tipici e molto diffusi nella situazione italiana, in cui all’assenza di

186
‘Code switching’ e teoria linguistica

negoziazione di relazioni interpersonali tra gli interlocutori corri-


sponde la mancanza di negoziazione di un codice comune per la con-
versazione, senza che ciò sia percepito come un comportamento mar-
cato; l’interazione, di norma tra un parlante dialettofono e uno ita-
lofono in circostanze informali o comunque confidenziali, è in questi
casi condotta “in maniera bilingue asimmetrica” (Berruto 1985: 61), è
caratterizzata cioè dal mantenimento non marcato di scelte di lingua
divergenti (e presumibilmente preferenziali11) da parte dei parteci-
panti per l’intera durata della conversazione12.
Non ci sono, ad ogni modo, lavori italiani in cui sia discussa
approfonditamente l’applicabilità del Markedness Model al contesto
italo-romanzo e, viste le dimensioni del presente contributo, è oppor-
tuno in questa sede limitarsi ai pochi spunti di riflessione forniti.

2.3. CS, repertorio linguistico e processi di sostituzione di lingua

L’analisi degli aspetti pragmatico-funzionali del CS, rivelando


contesti d’uso, funzioni e valori socio-simbolici dei due codici, fornisce
poi argomenti interessanti alle considerazioni teoriche sul tipo e sulla
struttura del repertorio linguistico di una comunità. Sebbene non sia
possibile definire un unico repertorio linguistico panitaliano, si può
affermare che in media il dialetto, nonostante i sintomi che da tempo
e da più parti ne annunciano la futura scomparsa, sia ancora uno dei
codici a disposizione dei parlanti italiani e, vista la sua ricca funzio-
nalità come modalità conversazionale, conosca ancora una certa vita-
lità sociolinguistica. In ragione di ciò e per le peculiarità dei rapporti
sociolinguistici tra dialetto e lingua nazionale, il repertorio caratteri-
stico della maggior parte dell’area italo-romanza, escluse le aree con
minoranze linguistiche, la Toscana, Roma e presumibilmente altre
aree urbane dell’Italia centrale (cfr. Berruto 1995: 246-248 e 2004b:
131), si configura come generalmente dilalico. Le caratteristiche prin-
cipali del discorso bilingue italiano-dialetto, vale a dire la presenza,
la grande sovrapposizione funzionale e l’intercambiabilità di italiano
e dialetto nella conversazione ordinaria, e dunque l’accettazione pari-
taria di entrambi i codici in alcuni domini (fermo restando natural-
mente la chiara differenziazione funzionale che determina il caratte-
re A e B dei due codici, per cui solo l’italiano adempie agli usi formali
e scritti) sono dunque elementi al tempo stesso definitori e indicatori
di dilalia13 (cfr. Berruto 1995: 242-250).
La ricca funzionalità del discorso bilingue nella situazione italia-
na di lingua cum dialectis non esclude però che membri della stessa
comunità possano mostrare gradi di competenza e usi dei due codici

187
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

molto differenti, condizione generalmente attestata nella situazione


italiana. L’esistenza di parlanti con diversi livelli di competenza in
uno dei due codici, tipicamente il dialetto, e il restringimento o la spe-
cializzazione funzionale dell’impiego del codice meno conosciuto (in
parte conseguenza del primo fattore) sono alcuni sintomi della gra-
duale sostituzione del dialetto da parte della lingua nazionale.
Studi sociolinguistici e analisi funzionali dei fenomeni di com-
mutazione di codice italiano-dialetto assumono dunque rilevanza teo-
rica in quanto, consentendo di cogliere alcuni indizi significativi di
tale processo, da tempo in corso, possono contribuire alla comprensio-
ne delle questioni più generali legate ai processi di sostituzione di lin-
gua14 (cfr. Alfonzetti 1995 e Giacalone Ramat 1995: 60-62). Indagini
di questo tipo evidenziano come in alcuni contesti sociolinguistici e
presso certe categorie di parlanti (i giovani in particolare) il dialetto
sia ormai usato quasi unicamente per segnalare un cambiamento
nella chiave del discorso in direzione ludica o scherzosa o in occasione
di interiezioni, intercalari o segnali discorsivi oppure per conferire
particolare espressività ad un messaggio, ma quasi mai per veicolare
esclusivamente informazioni semantico-referenziali (cfr. Alfonzetti
2001: 238-263). Tale riduzione e circoscrizione funzionale dell’uso del
dialetto è “un fenomeno ampiamente presente in molte situazioni di
sostituzione di lingua, allorché il codice recessivo acquista funzioni e
connotazioni speciali, dopo aver perduto gran parte del suo ruolo
comunicativo” (Alfonzetti 2001: 242).
A diverse configurazioni funzionali d’uso di un codice possono poi
corrispondere tipi sintattici differenti. Secondo Poplack (1980) ad un
bilinguismo più bilanciato è correlata la frequenza maggiore di casi di
commutazione intrafrasale, che presuppongono una buona competen-
za e una certa spontaneità d’uso di entrambi i codici, mentre alla
minore scioltezza nell’uso di una lingua (e dunque ad una competen-
za bilingue scarsa o comunque sbilanciata) è legata l’alta frequenza
di CS interfrasale o addirittura la presenza esclusiva di tag
switching. Le ricerche relative alla situazione italiana sembrano con-
fermare questa ipotesi, avvalorata principalmente dai comportamenti
dei parlanti più giovani in contesti urbani, la cui scarsa competenza
attiva del dialetto è nella maggior parte dei casi limitata a semplici
commutazioni interfrasali o di tag, per lo più con unico valore ludico-
espressivo (cfr. Sobrero 1992a, 1992c, 1992d, 1994 15, Giacalone
Ramat 1995: 62 e Alfonzetti 2000 e 2001).
Una questione di grande interesse per questo ordine di problemi,
anche se meno riconducibile alla pertinenza delle analisi funzionali, è
poi il tipo di rapporto esistente tra fenomeni di commutazione di codi-

188
‘Code switching’ e teoria linguistica

ce e fenomeni di convergenza strutturale tra italiano e dialetto. Il


ruolo dei parlanti bilingui è in questo senso sicuramente determinan-
te e l’indagine dei loro comportamenti linguistici, da prospettive
necessariamente sia pragmatiche sia grammaticali, può contribuire a
chiarire in che misura la commutazione di codice possa essere una
conseguenza della convergenza tra i due sistemi linguistici e in che
misura invece possa causarla, o quanto meno favorirla (cfr. Berruto
2005: 88). La pratica del CS, promuovendo l’interpenetrazione di ita-
liano e dialetto16, potrebbe infatti essere un possibile precursore della
dissoluzione dei dialetti nelle corrispondenti varietà regionali di ita-
liano17 (cfr. Berruto 1985: 75). Ad ogni modo, allo stato attuale, la
grande frequenza dei fenomeni di commutazione di codice non sem-
bra poter essere valutata in sé come sintomo o addirittura accelerato-
re del processo di sostituzione di lingua ma solo come prova della
grande diffusione e accettazione sociale del discorso bilingue italiano-
dialetto nella situazione italo-romanza contemporanea.

3. Prospettiva grammaticale

Sebbene il contesto di lingua cum dialectis qui analizzato possa


offrire, per le sue caratteristiche sociolinguistiche e strutturali, più di
uno spunto di riflessione su alcuni importanti aspetti teorici, i lingui-
sti italiani hanno mostrato finora scarso interesse verso gli approcci
grammaticali al CS18. In questa sede, discuteremo in particolare il
concetto di lingua matrice (LM) e le realizzazioni del contatto al di
sotto del livello della parola.

3.1. La lingua matrice

Sul concetto di LM, e sull’opposizione tra LM e lingua incassata


(LI), poggia il più accreditato dei modelli grammaticali proposti per il
CS, il Matrix Language Frame Model di Carol Myers-Scotton (1993
[1997], 2002). Detto molto in breve, secondo tale modello, la LM sta-
bilisce l’ordine superficiale dei morfemi19 (Morpheme Order Principle)
e fornisce tutti i morfemi sistematici che intrattengono rapporti
grammaticali al di fuori della testa che li governa 20 (System
Morpheme Principle).
Se risulta chiaro il ruolo svolto dalla LM all’interno della frase
bilingue, sono ancora oggetto di dibattito i criteri attraverso i quali la
LM debba essere identificata. Negli anni, sono stati proposti al
riguardo metodi diversi (lessico-statistici, basati sul computo dei mor-

189
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

femi; psicolinguistici, basati sulla fluenza, ecc.: cfr. Myers-Scotton


1993 [1997]); la posizione definitiva di Myers-Scotton indica nel
Morpheme Order Principle e nel System Morpheme Principle gli unici
criteri attendibili, che si caratterizzano nel contempo come “tests of
the premise of unequal partecipation and [..] a way to identify the
Matrix Language” (2002: 59).
Cerchiamo ora di stabilire quale sia la LM negli esempi (6) e (7),
tratti da situazioni di contatto sociolinguisticamente piuttosto diffe-
renti:21

(6) (siciliano/italiano; Alfonzetti 1992: 78)


Na volta, di carnevale, avevo diciotto anni, non è ca rici era
vècchia, e m’aveva comprato, mia mamma me l’aveva regalato, un
vestito. Era bellissimo, però era molto scollato di dietro, davanti
no. Sti serate di di carnevale. Pecciò, e faceva specie un bocale che
si vedeva di dietro. Pecciò u reggipettu non m’u puteva mèttiri.
Tannu non era ca cc’èrunu TUTTI STI REGGIPETTI sofisticati ca non si
virèvunu
‘Una […] non è che dici ero vecchia […] Queste […] Perciò […]
Perciò il reggipetto non me lo potevo mettere. Tanto non è che c’e-
rano […] che non si vedevano’

(7) (piemontese/italiano; archivio personale degli Autori)


Sun nen bun a travajé PERCHÉ non hanno mai lavorato... almeno
come lavoriamo noi... loro il lavoro non è cume nuj che ‘s fuma
ciapé a andé, anduma sempe na vota ‘d pì o ‘n pressa fino a riuscire
a emarginare [scil. emergere]... ‘n fin di cunt lur quella cosa lì non
ce l’hanno oppure per motivi... religiosi o per motivi anche ambien-
tali o cosa, sun mai sta stimulà a fè tant
‘Non sono capaci di lavorare […] come noi che ci facciamo prendere
a andare, andiamo sempre una volta di più o in fretta […] in fin
dei conti loro […] non sono mai stati stimolati a fare tanto’

Entrambi gli esempi provengono da conversazioni spontanee.


L’esempio (6) è stato elicitato in Sicilia, un contesto culturale e socia-
le in cui l’impiego del dialetto è ancora oggi assai vivo; nello stralcio
considerato, oltre all’alternanza tra italiano e siciliano (varietà di
Catania), notiamo la presenza di un elemento lessicale attribuibile
all’italiano regionale locale (bocale, sic. bbucali ‘boccale’ [it. st.
boccale]).22 L’esempio (7) è stato registrato in Piemonte, dove l’uso del
dialetto è oggi molto meno vitale che in Sicilia; ciononostante, il fram-
mento (7) presenta caratteristiche del tutto simili a quelle del fram-
mento (6): in entrambi i casi, possiamo osservare che si susseguono

190
‘Code switching’ e teoria linguistica

“isole” italiane e “isole” dialettali, senza che vi sia la netta prevalenza


quantitativa (nel numero dei morfemi e/o delle parole) o qualitativa
(nella provenienza dei morfemi) di un codice sull’altro.
Queste osservazioni ci portano ad affermare che, nella situazione
italo-romanza, la LM è di identificazione assai problematica, da sta-
bilirsi di situazione in situazione (cfr. Berruto 2004a, Regis 2003); il
CS italiano-dialetto è pertanto da considerarsi tendenzialmente sim-
metrico (o bidirezionale).23 Alla luce di quanto siamo venuti illustran-
do, Berruto 2004a propone di distinguere tra LM (da intendersi in
senso generale) e lingua base (LB) (da intendersi in senso locale):
anche laddove non sia possibile, come nella situazione italo-romanza,
attribuire ad un codice il ruolo di LM, si riuscirà spesso ad individua-
re, all’interno del singolo periodo, la LB (anche se non mancheranno
casi dubbi: cfr. la prima frase in 7).
Occorre a questo punto domandarsi se la LB – che è, in ultima
analisi, una LM locale – abbia le stesse proprietà previste da Myers-
Scotton per la LM; se cioè stabilisca l’ordine dei costituenti
(Morpheme Order Principle) e fornisca i morfemi sistematici tardivi
esterni (System Morpheme Principle). A tale proposito, può essere
interessante riflettere sull’esempio (8), che ci giunge da un program-
ma televisivo nazionale; la conversazione sta avvenendo in italiano,
quando uno degli intervistati produce l’enunciato che segue:

(8) (italiano/milanese; “Una giornata particolare”, RaiUno, 27/I/2004)


Quello mi interessA no
Quello mi interess-a non
‘Quello non mi interessa’

In esso si avvicendano due codici, l’italiano e il milanese.


Consideriamo che: a) l’italiano ammette la sola negazione preverbale
non (Quello non mi interessa); b) nell’esempio (8), la negazione è post-
verbale (come in milanese) e resa attraverso l’operatore di negazione
dialettale no. Rebus sic stantibus, sarà il milanese a soddisfare il
Morpheme Order Principle. Sul rispetto del System Morpheme
Principle, è difficile pronunciarsi: il morfema flessionale -a di interes-
sa, sistematico e outside late, è omofono nei due codici; qualora deci-
dessimo di attribuirlo al dialetto, il milanese soddisferebbe pure il
System Morpheme Principle. Conclusione: il codice che, in (8), presen-
ta le proprietà diagnostiche della LM nell’accezione di Myers-Scotton
è il milanese o, per meglio dire, se assumiamo il milanese come LB, i
principi del Matrix Language Frame Model vengono rispettati.
Analizziamo adesso la frase (9):

191
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

(9) (italiano/piemontese; Grassi & Pautasso 1989: 182)


Faci-avi quattrocento, cinquecento di profitto
‘-evi’

Qui i codici in gioco sono l’italiano e il piemontese (varietà bielle-


se); il contributo dialettale è limitato al solo morfema flessionale di II
persona (imperfetto indicativo) -avi, che è un outside late system
morpheme in quanto guarda al di fuori della propria proiezione mas-
simale per ricevere le informazioni grammaticali pertinenti. Il
System Morpheme Principle risulta quindi rispettato dal piemontese,
che si candida a LM del frammento; non ci si può invece esprimere
riguardo al Morpheme Order Principle, poiché i due codici presentano
il medesimo ordine dei costituenti.
Ora, attribuire il ruolo di LM locale, in (8), al milanese, in (9), al
biellese, è senz’altro conforme ai dettami del Matrix Language Frame
Model, ma appare abbastanza controintuitivo. Si confrontino le frasi
(8) e (9) con gli esempi (10) e (11), utilizzati da Myers-Scotton
(2002:89-90) per confermare la validità del proprio modello24:

(10) (swahili/inglese)
Ile m-geni, hata si-ku-comment
DIM/CL9 L1/S-visitatore nemmeno 1S/NEG-PASS/NEG-com-
ment(are)
‘Quel visitatore, non commentai nemmeno’

(11) (norvegese/turco)
kiøkken-de herkes-in oppgave-si vard-di
cucina-LOC tutti-GEN dovere-POSS esist-PASS/1PL
‘Tutti fanno il proprio dovere in cucina’

Nel CS swahili-inglese riportato in (10), lo swahili fornisce al


morfema di contenuto inglese comment la morfologia grammaticale
(= outside late system morphemes) richiesta (si-ku-); la stessa cosa
avviene in (11), dove il turco applica ai morfemi di contenuto norvege-
si kiøkken e oppgave i morfemi sistematici esterni -de (particella loca-
tiva) e -si (particella possessiva). Qual è la differenza tra i due gruppi
di esempi? In (8) e (9), la LM locale che stabiliremmo “a occhio” (vale
a dire il codice che contribuisce alla frase con il maggior numero di
morfemi e/o parole) è l’italiano, mentre la LM nel senso di Myers-
Scotton è, in un caso, il milanese, nell’altro, il biellese; in (10) e (11),
la LM che stabiliremmo “a occhio” coincide con la LM nel senso di

192
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

(9) (italiano/piemontese; Grassi & Pautasso 1989: 182)


Faci-avi quattrocento, cinquecento di profitto
‘-evi’

Qui i codici in gioco sono l’italiano e il piemontese (varietà bielle-


se); il contributo dialettale è limitato al solo morfema flessionale di II
persona (imperfetto indicativo) -avi, che è un outside late system
morpheme in quanto guarda al di fuori della propria proiezione mas-
simale per ricevere le informazioni grammaticali pertinenti. Il
System Morpheme Principle risulta quindi rispettato dal piemontese,
che si candida a LM del frammento; non ci si può invece esprimere
riguardo al Morpheme Order Principle, poiché i due codici presentano
il medesimo ordine dei costituenti.
Ora, attribuire il ruolo di LM locale, in (8), al milanese, in (9), al
biellese, è senz’altro conforme ai dettami del Matrix Language Frame
Model, ma appare abbastanza controintuitivo. Si confrontino le frasi
(8) e (9) con gli esempi (10) e (11), utilizzati da Myers-Scotton
(2002:89-90) per confermare la validità del proprio modello24:

(10) (swahili/inglese)
Ile m-geni, hata si-ku-comment
DIM/CL9 L1/S-visitatore nemmeno 1S/NEG-PASS/NEG-com-
ment(are)
‘Quel visitatore, non commentai nemmeno’

(11) (norvegese/turco)
kiøkken-de herkes-in oppgave-si vard-di
cucina-LOC tutti-GEN dovere-POSS esist-PASS/1PL
‘Tutti fanno il proprio dovere in cucina’

Nel CS swahili-inglese riportato in (10), lo swahili fornisce al


morfema di contenuto inglese comment la morfologia grammaticale
(= outside late system morphemes) richiesta (si-ku-); la stessa cosa
avviene in (11), dove il turco applica ai morfemi di contenuto norvege-
si kiøkken e oppgave i morfemi sistematici esterni -de (particella loca-
tiva) e -si (particella possessiva). Qual è la differenza tra i due gruppi
di esempi? In (8) e (9), la LM locale che stabiliremmo “a occhio” (vale
a dire il codice che contribuisce alla frase con il maggior numero di
morfemi e/o parole) è l’italiano, mentre la LM nel senso di Myers-
Scotton è, in un caso, il milanese, nell’altro, il biellese; in (10) e (11),
la LM che stabiliremmo “a occhio” coincide con la LM nel senso di

192
‘Code switching’ e teoria linguistica

Myers-Scotton e si identifica, rispettivamente, con lo swahili e con il


turco. Myers-Scotton (2002: 61-2) asserisce che, “even though the lan-
guage that is the source of the grammatical frame (as specified in the
Morpheme Order and System Morpheme Principles) often supplies
more morphemes in a bilingual CP [Complementizer Phrase], this is
not always the case”, ma purtroppo non vengono mai offerti esempi al
riguardo: la LM pare sempre essere la lingua che, contemporanea-
mente, stabilisce l’ordine superficiale dei morfemi, fornisce tutti i
morfemi sistematici sintatticamente rilevanti (late outsider system
morphemes) e contribuisce alla frase bilingue con il maggior numero
di morfemi e/o parole. Saremmo pertanto propensi ad accettare il fun-
zionamento del Matrix Language Frame Model negli esempi (8’) e (9’)
(qualora esistessero):

(8’) Quello no mi interessa

(9’) Fas-evi quattrocento, cinquecento di profitto,

ma non nei loro “speculari” (8) e (9).


Riteniamo quindi che la LB debba essere stabilita tenendo conto:
a) del contributo asimmetrico effettivo delle due lingue (cosa tra l’al-
tro prevista dalla primitiva versione del Matrix Language Frame
Model: cfr. Myers-Scotton 1993 [1997] e interventi posteriori fino a
Myers-Scotton & Jake 1995); b) delle intenzioni comunicative del par-
lante. Mentre il primo punto non ha bisogno di precisazioni
ulteriori25, il secondo va spiegato più distesamente. Benché sia impos-
sibile stabilire a posteriori, e soprattutto in modo oggettivo, le inten-
zioni comunicative del parlante, ci sembra quantomeno ardito sup-
porre che, in (8) e in (9), egli intendesse produrre enunciati dialettali;
piuttosto, possiamo ipotizzare che l’informante si trovasse in una
modalità intermedia tra i poli bilingue e monolingue, con l’italiano
come LB (cfr. Grosjean 1997, 2001).
Il fatto che la LB, una volta individuata, abbia le proprietà della
LM scottoniana va inteso, in questa prospettiva, come una conferma
della validità del modello; appare tuttavia discutibile che essa venga
stabilita attraverso i principi guida del modello medesimo.

3.2. Forme ibride

Ritorniamo ora all’esempio (9); esso contiene la voce verbale


faciavi, che si compone di un morfema lessicale italiano (faci-) e di un
morfema flessionale piemontese (-avi). Tali forme, che con Berruto

193
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

1987 chiameremo ibridismi, rivestono grande importanza teorica nel


dibattito grammaticale sul CS. Ma, occorrerà innanzitutto chiedersi,
è lecito catalogare come CS i fenomeni di contatto al di sotto del livel-
lo della parola? Secondo Berruto (2005: 87), “the constraints imposed
by word formation and morphology are not the same as those impo-
sed by syntax”, e sarebbe quindi consigliabile separare l’ibridismo dai
fenomeni di CS; più precisamente, l’ibridismo rappresenterebbe il
punto di incontro fra uso e sistema (cfr. anche Alfonzetti 1992). La
questione è piuttosto intricata: taluni infatti considererebbero faci-
avi come un nonce borrowing (Poplack et al. 1989) o un prestito della
radice lessicale (MacSwan 1999); altri lo valuterebbero come un nor-
male caso di CS intrafrasale (Bokamba 1988; Myers-Scotton 1993,
2002; Halmari 1997).
Prospettive differenti individuano in realtà tipi di contatto diffe-
renti (e, soprattutto, restrizioni morfosintattiche peculiari26). Per que-
sta ragione, crediamo sia opportuno distinguere fra due manifestazio-
ni dell’ibridismo; il criterio impiegato è strutturale e fa riferimento al
modo in cui i morfemi del codice X e del codice Y si abbinano all’inter-
no della singola parola. Assumendo tale prospettiva, è possibile indi-
viduare un ibridismo [A] e un ibridismo [B]: il primo prevede l’inseri-
mento del morfema libero eteroglosso nella cornice morfologica della
LB; il secondo l’adattamento attivo del morfema legato eteroglosso
alle regole morfologiche della LB27. Sono ibridismi [A] le forme si-ku-
comment (es. 10), kiøkken-de e oppgave-si (es. 11); è ibridismo [B] la
forma faci-avi (es. 9).
I due tipi di ibridismo differiscono sia dal CS lato sensu sia dal
prestito, pur avendo con questi ultimi più di un tratto in comune. Con
il CS, gli ibridismi [A] e [B] condividono il carattere sostanzialmente
libero: essi sono manifestazioni del contatto nell’uso (ovvero non isti-
tuzionalizzate a livello di sistema) e individuali (ovvero fortemente
idiosincratiche). Rispetto al prestito, se si considera che l’adattamen-
to morfologico attivo è un tratto caratteristico dei trasferimenti lessi-
cali da una lingua all’altra, è l’ibridismo [B] a presentare le somi-
glianze maggiori; il meccanismo inserzionale su cui si basa l’ibridi-
smo [A] non prevede infatti alcuna integrazione attiva, bensì soltanto
l’incorporazione dell’elemento libero eteroglosso nel quadro morfologi-
co della LB (potremmo definire il processo “adattamento morfologico
passivo”).
Esistono però anche delle differenze sostanziali: il CS preserva
l’integrità strutturale delle lingue coinvolte, il che avviene soltanto
parzialmente ([A]), o non avviene affatto ([B]), negli ibridismi 28.
Inoltre, se nel prestito l’adattamento fonetico precede di norma l’a-

194
‘Code switching’ e teoria linguistica

dattamento morfologico, nell’ibridismo [B] l’adeguamento del morfe-


ma (legato) alloglotto alla morfologia della LB anticipa sempre l’inte-
grazione fonetica.
Dovendo collocare i due tipi di ibridismo rispetto ai poli del CS e
del prestito (protipicamente intesi), l’ibridismo [A] sarà più vicino al
CS, mentre l’ibridismo [B] si situerà in prossimità del prestito. Va
tuttavia ammesso che, nel contesto di lingua cum dialectis in cui ci
muoviamo, non è sempre agevole stabilire la linea di demarcazione
tra ibridismo [B] e prestito (parzialmente) adattato. Un indizio può
ovviamente giungerci dall’integrazione fonetica del morfema legato
(se essa è nulla, avremo tendenzialmente a che fare con un ibridismo;
viceversa, se essa è presente, ci troveremo di fronte ad un prestito);
un altro indizio può esserci fornito dalla diffusione dell’elemento (se
quest’ultimo si caratterizza come idiosincratico, ovvero tipico della
produzione linguistica del singolo parlante, avremo tendenzialmente
a che fare con un ibridismo; viceversa, se esso è attestato nell’uso di
un gruppo o di una comunità, ci troveremo di fronte ad un prestito),
ma spesso la questione si rivela indecidibile. Di non facile soluzione si
rivela il caso di reggipettu (es. 6); la base è costituita dall’italiano reg-
gipetto, che è stato qui adattato morfologicamente ma non fonologica-
mente (un adattamento completo avrebbe originato la forma *rreg-
ghipettu). Seguendo il filo linguistico del nostro ragionamento, reggi-
pettu andrebbe considerato un ibridismo [B]. Tale conclusione è tutta-
via messa in dubbio da due fatti (di ordine sociolinguistico il primo, di
carattere strutturale il secondo): reggipettu a) risulta di uso comune
in siciliano e b) si configura come un composto V + N. La prima osser-
vazione ci porta ad affermare che reggipettu non ha il carattere idio-
sincratico da noi supposto per l’ibridismo, ma presenta invece pro-
prietà di diffusione tipiche del prestito; la seconda ci induce ad ana-
lizzare reggi + pettu come un probabile prestito misto, composto da
un verbo italiano (reggi) e da un sostantivo siciliano (pettu).29
Discutiamo ancora gli esempi (12) e (13), nella nostra prospetti-
va meno spinosi:

(12) (italiano regionale piemontese; Regis 2003: 99)


Fa un caldo da s-ciopare
scoppiare

(13) (italiano/piemontese; Regis 2005: 64)


Bisogna duvr-arle poco
adoper-

195
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

Lo s-ciopare in (12) è un prestito (parzialmente) adattato dal pie-


montese s-ciupè ‘scoppiare’: ne sono una prova la sua diffusione nell’i-
taliano regionale locale e l’integrazione fonetica cui è stata sottoposta
la radice lessicale s-ciup-30.
Pochi dubbi pure circa lo statuto di duvr-ar(e): esso è un ibridi-
smo [B] costituito dal morfema lessicale piemontese (varietà langaro-
la) duvr- e dal morfema flessionale infinitivo italiano -re (con vocale
tematica di prima coniugazione -a-). Tale forma si caratterizza come
idiosincratica (non gode cioè di diffusione presso la comunità) e non
manifesta, nel morfema legato eteroglosso duvr-, alcun adattamento
fonetico (che, qualora fosse avvenuto, avrebbe dato come esito
*dovrare).
Il fatto poi che l’ibridismo [B] possa essere sia “dall’alto” (radice
italiana e morfema grammaticale dialettale: cfr. es. 9) sia “dal basso”
(radice dialettale e morfema grammaticale italiano: cfr. es. 13) (si
veda Alfonzetti 1992:237) è un’ulteriore conferma della bidireziona-
lità del contatto italiano-dialetto e della mancanza di una LM in
senso generale.

3.3. Quali restrizioni?

Giunti a questo punto, si potrebbe pensare che le peculiarità


del contatto italiano-dialetto sopra esposte siano dovute alla bassa
distanza strutturale dei codici coinvolti (cfr. Berruto 1990,
Giacalone Ramat 1995). Se è vero che sono molto rari i casi di diver-
genza morfo-sintattica tra l’italiano e i dialetti della Penisola, ve n’è
uno su cui vale la pena soffermarsi. Abbiamo già cursoriamente
accennato, discutendo l’esempio (8), che nei dialetti gallo-italici nor-
malmente la negazione segue il verbo, mentre in italiano lo precede.
Tale discrasia nell’ordine dei costituenti non ha però impedito la
produzione dell’enunciato (8), che riportiamo qui di seguito per
comodità:

(8) Quello mi interess-A no,

né quella della frase italiano/piemontese (varietà langarola) (14):

(14) (italiano/piemontese; Regis 2003a: 108)


FA pi nen quel freddo pungente
Fa più non quel freddo pungente
‘Non fa più quel freddo pungente’

196
‘Code switching’ e teoria linguistica

In un caso come nell’altro, vi sono segnali abbastanza chiari che


il cambio di codice è avvenuto dopo il verbo. In (8), la voce verbale
lombarda corrispondente è [intere′sa], con fricativa alveolare sorda
non rafforzata; inoltre, molto difficilmente il pronome clitico dativo
mi verrebbe articolato separatamente dal verbo (in milanese, la
costruzione suona [mε intere′sa]). Apparentemente più delicato è l’e-
sempio (14), in cui effettivamente il verbo fa è omofono nei due codici;
tuttavia, l’elemento in questione sarà da attribuirsi all’italiano per-
ché manca il clitico soggetto di III persona u, obbligatorio con i verbi
impersonali dialettali. Possiamo ipotizzare che, alla base dei due
enunciati, vi sia una costruzione italiana del tipo Verbo + mica, senza
negazione preverbale non, assai diffusa nell’uso regionale settentrio-
nale sub-standard; ma possiamo anche ipotizzare che, in (8) e in (14),
il CS non avrebbe avuto luogo se non si fosse verificata una condizio-
ne di (quasi) omofonia tra le voci verbali italiane e le voci verbali dia-
lettali. Le triggering words, promosse in ambito italo-romanzo dalla
vicinanza genealogica fra codici, si rivelano quindi un utile mezzo per
superare le eventuali divergenze strutturali31. Entrambe le frasi sono
inoltre conformi a quanto sostiene Berruto (2004a: 65n), e cioè che
“non esist[o]no restrizioni sintattiche universali alla combinabilità di
materiali di lingue diverse in un enunciato bilingue (o plurilingue), al
di là delle regole e strutture delle singole lingue” (cfr. anche Berruto
2000; MacSwan 1999, 2000): gli enunciati (8) e (14) rispettano l’ordi-
ne dei costituenti di uno dei codici (rispettivamente, il lombardo e il
piemontese), ordine dei costituenti previsto pure da alcune varietà
settentrionali di italiano.
Si può insomma affermare che, nella situazione italo-romanza,
nulla sembra limitare il CS (e più in generale le manifestazioni di
contatto nell’uso), se non la grammatica delle singole lingue.

4. Conclusione

Il fatto che in questo contributo si siano tenute separate le due


prospettive d’analisi, pragmatico-funzionale e grammaticale, rispon-
de principalmente a ragioni espositive e riflette in parte la mancanza
di integrazione tra i due livelli, caratteristica della ricerca sul CS in
ambito italo-romanzo; le peculiarità del contatto tra italiano e dialet-
to sembrano tuttavia favorire un approccio che indaghi le possibili
relazioni esistenti tra fattori pragmatici e strutturali.
Uno degli aspetti del parlato mistilingue che più si prestano a
tale analisi combinata è l’alta frequenza di omofoni, che facilitano il

197
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

cambio di codice sia sul piano funzionale, rivelandosi una causa


importante dei passaggi tra italiano e dialetto in entrambe le direzio-
ni (cfr. ess. 6 e 7), sia sul piano grammaticale, attenuando i momenti
di divergenza strutturale (cfr. ess. 8 e 14)32.
Un altro motivo di riflessione è dato dal valore pragmatico attri-
buibile ad alcuni casi di CS intrafrasale: ad esempio, l’inserzione di
un costituente in un codice diverso dalla lingua in cui è formulato il
resto della frase può corrispondere all’intenzione del parlante di met-
tere in evidenza o attribuire un significato connotativo a tale costi-
tuente33. Il fenomeno appena descritto è talvolta un modo per suppli-
re ad una lacuna temporanea nella competenza del parlante bilingue:
manca la parola o l’espressione nel codice in cui si sta parlando e la si
sostituisce con la parola o l’espressione dell’altro codice presente in
repertorio. Occorre osservare che, in questo frangente, il cambio di
codice sarà con ogni probabilità preceduto da una pausa (flagged
switching: cfr. Poplack 1988), continuerà ad essere strutturalmente
intrafrasale, ma si arricchirà di coordinate socio-funzionali tipiche
del CS interfrasale, ponendo al ricercatore non pochi problemi di
ordine teorico.
In un’ottica più generale, trarrebbe forse giovamento da un
approccio integrato anche la comprensione del rapporto tra CS e con-
vergenza sistemica, che ha importanti risvolti in chiave prognostica.
Pare abbastanza verosimile che la presenza di italiano e dialetto
all’interno dello stesso discorso o della stessa frase costituisca un
incentivo alla convergenza tra codici – sia all’advergenza34 (massic-
cia) del dialetto verso l’italiano (risultato: italianizzazione del dialet-
to), sia all’advergenza (modesta) dell’italiano verso il dialetto (risulta-
to principale: incremento del lessico degli italiani regionali) –; se
invece un’analisi che tenga conto degli aspetti funzionali e grammati-
cali della commutazione possa effettivamente gettare nuova luce
sulle modalità di convergenza verticale tra sistemi strettamente
imparentati, è ancora tutto da indagare: si tratta, insomma, di un’i-
potesi di lavoro, che crediamo fruttuosa tanto per la sociolinguistica
quanto per la linguistica teorica.
Quelli appena menzionati sono, a nostro avviso, i temi d’interes-
se per una prospettiva tendente a coniugare entrambe le dimensioni
d’analisi, che l’estensione limitata di questo contributo porta a circo-
scrivere a semplici spunti di riflessione. Ciononostante speriamo che
il breve bilancio qui fornito sia riuscito a delineare l’importanza che
la situazione italo-romanza può rivestire nel dibattito teorico sul CS e
sui fenomeni legati al contatto linguistico.

198
‘Code switching’ e teoria linguistica

Indirizzo degli Autori:

Massimo Cerruti & Riccardo Regis, Dipartimento di Scienze del Linguaggio,


Università di Torino, Via Sant’Ottavio 20, I-10124 Torino
<massimo.cerruti@alepo.it>
<riccardoregis@hotmail.com>

Note
* Sebbene il presente contributo sia frutto di un lavoro comune, i paragrafi 1 e 2
sono da attribuirsi a Massimo Cerruti e i paragrafi 3 e 4 a Riccardo Regis.
1
Si veda, per una breve rassegna bibliografica, Berruto (2002: 480 e 2004a: 67-
69).
2
A fini per lo più descrittivi ed esplicativi, l’ampia gamma di significati e valori
funzionali riscontrati è classificabile secondo categorie o tipi differenti: tra le
altre, mentre la distinzione indicata da Gumperz tra CS situazionale e CS
metaforico (v. Gumperz 1982: 71ss) è risultata essere difficilmente applicabile al
caso italiano (cfr. Trumper 1984: 35ss. e Berruto 1985: 59n), la dicotomia proposta
da Auer tra CS connesso ai partecipanti e CS connesso al discorso (cfr. Auer 1984,
1995 e 1998) è stata invece seguita e adottata anche in studi sulla situazione ita-
liana (si veda, tra gli altri, Alfonzetti 1992).
3
Lavori a cui si rimanda per un’analisi più approfondita e per un’esemplifica-
zione completa della svariata gamma di valori funzionali del CS italiano-dialetto,
in situazioni regionali differenti.
4
Da una recente indagine condotta nella Svizzera italiana su un campione di
99 giovani di età intorno ai 18 anni (Antonini & Moretti 2000: 57-86), nella quale
si chiedeva agli informatori di esprimere giudizi espliciti su varietà di italiano e
sul dialetto, emerge però come i giovani ticinesi rivelino globalmente un atteggia-
mento negativo nei confronti del CS – benché, se dialettofoni, se ne servano fre-
quentemente – adducendo motivi di stampo principalmente puristico (“primo fra
tutti quello dettato dalla preoccupazione di tenere separati i due codici per preser-
varne l’integrità”, Antonini & Moretti 2000: 85) e mostrando di avere una visione
sostanzialmente ‘difettiva’ del CS (per cui questo “sarebbe una conseguenza o
della incapacità di tenere separati i codici o della scarsa competenza in una delle
due lingue coinvolte”, Antonini & Moretti 2000: 81).
5 Si è scelto di riportare in corsivo le parti in dialetto e in tondo le parti in ita-
liano. Nella citazione degli esempi, si sono mantenute le convenzioni trascrittive
adottate nei lavori originari.
6
Alfonzetti parla di “condizioni di […] neutralità sociolinguistica” (Alfonzetti
2001: 260; ma si veda anche Alfonzetti 1996).
7
Ciò è generalmente dimostrato in diversi contesti regionali italiani (cfr., tra gli
altri, Berruto 1985 e 1990, Giacalone Ramat 1995, Sobrero 1992, Alfonzetti
1998).
8
L’uso del dialetto era preferito all’italiano anche in situazioni di formalità
relativamente alta (cfr. Moretti & Antonini 2000: 219) e con interlocutori scono-
sciuti o stranieri (cfr. Bianconi 1980: 102 e Moretti 1999: 58 e 60).
9
La vitalità del dialetto nella Svizzera italiana è legata al perdurare di alcuni
valori tradizionali di fondo e all’esigenza di conservazione e affermazione della
propria identità, ed è connessa anche a ragioni storico-politiche di reazione all’im-
perialismo nazifascista, prima, e di chiusura anticulturale e antiitaliana, poi (cfr.

199
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

Bianconi 1980: 251-252). Negli ultimi anni, però (anni in cui si registra un forte
calo della dialettofonia), l’identità ‘tradizionale’ ticinese si è sempre più “allonta-
nata dalla realtà degli abitanti, che a loro volta ne hanno preso coscienza più
esplicitamente, [e] anche l’atteggiamento anti-italiano sembra essersi in parte
attenuato” (Moretti 1999: 66).
10 Interessante, da questo punto di vista, è anche il caso di contatto tra italiano e
dialetto in situazioni di emigrazione (cfr. per una rassegna bibliografica Bettoni
2001, per una panoramica generale Bertini Malgarini 1994, Haller 1997 e De
Fina-Bizzoni 2003, e per una ricerca specifica, tra le altre, Grassi & Pautasso
1989 su lingue e dialetti dell’emigrazione biellese).
11
Per un confronto tra il concetto di scelta di preferenza riferito alla situazione
italiana e il concetto di scelta non marcata del Markedness Model si rimanda a
Giacalone Ramat (1991: 202-203).
12
Si hanno anche casi di interazione bilingue asimmetrica in cui i codici coinvol-
ti sono, anziché italiano e dialetto, due dialetti differenti (cfr. Grassi 1989:241-242
e Giacalone Ramat 1991: 211-213).
13 In riferimento alla situazione italiana, scegliendo invece di considerare delle
sottocategorie della diglossia (intesa sempre in senso largo), Trumper riconosce
tipi diversi di code switching in relazione alla differente vitalità sociolinguistica
del dialetto come caratteri definitori della macro-diglossia o della micro-diglossia
(cfr. Trumper 1977 e 1984). Per una discussione critica si vedano Sobrero (1994:
40-41) e Berruto (1995: 236-237).
14
Tanto più che al contatto italiano-dialetto, vista la relazione asimmetrica tra i
due codici, può essere adattata per i processi di language shift la stessa cornice
interpretativa relativa alle lingue minoritarie (cfr. Giacalone Ramat 1995: 60).
Per una riflessione sulle relazioni tra commutazione di codice e processi di sosti-
tuzione di lingua in Sardegna, cfr. Rindler Schjerve (1996 e 1998).
15
Sobrero (1992a e 1994) riconosce per l’area salentina un modello rurale di code
switching, che comprende tipi diversi di comportamenti riconducibili a tipi diversi
di parlanti (dialettofono monolingue, bilingue e mixer), e un modello urbano,
caratterizzato dalla prevalenza, soprattutto nelle produzioni linguistiche dei gio-
vani, di commutazioni di codice inter-frasali (realizzate come semplici inserti dia-
lettali all’interno di una struttura linguistica italiana) con funzioni pragmatiche
circoscritte e marginali. In città al cui interno esistono però aree dove si conserva-
no rapporti interpersonali tradizionalmente tipici di comunità rurali, l’uso di ita-
liano e dialetto non si può dire rigidamente conforme al modello urbano ma pre-
senta caratteristiche di entrambi i modelli (cfr., sempre per l’area salentina,
Miglietta 1996, e per una situazione regionale diversa, Cerruti 2003).
16 A questo proposito, un ruolo cruciale può essere giocato dai fenomeni di trigge-
ring, uno dei fattori che più favoriscono la commutazione italiano-dialetto e che,
nel lungo periodo, potrebbero condurre alla convergenza tra sistemi (cfr.
Giacalone Ramat 1995: 59).
17
“Come ci insegna la sostratistica tradizionale, e come conferma lo stesso
Labov […], anche i processi di uniformazione linguistica […] spostano la variazio-
ne all’interno della lingua vincente” (Mioni 1991: 18).
18
Per una panoramica bibliografica, rimandiamo nuovamente a Berruto 2004a.
19
Myers-Scotton 2002 individua due tipi di morfema: il morfema di contenuto e
il morfema sistematico (con ulteriori sottocategorie). Mentre il primo è general-
mente caratterizzato dai tratti [+ Assegnatore/Ricevitore di Ruolo Tematico] e [-
Quantificazione], il secondo è contraddistinto dai tratti [- Assegnatore/Ricevitore
di Ruolo Tematico] e, tendenzialmente, [+ Quantificazione]).
20
Nel 4-M(orpheme) Model, che a partire da Myers-Scotton & Jake 2000 arric-
chisce e completa il Matrix Language Frame Model, questo tipo di morfema siste-

200
‘Code switching’ e teoria linguistica

matico è detto “tardivo esterno” (outside late); gli altri morfemi sistematici, “pre-
coce” (early) e “tardivo ponte” (bridge late), sono di preferenza forniti dalla LM,
ma possono anche provenire dalla LI (cfr. anche Myers-Scotton 2001, 2002). Le
etichette ‘precoce’ e ‘tardivo’ fanno riferimento al livello della produzione linguisti-
ca (lemmatico o funzionale) in cui il morfema viene attivato; in altre parole, i mor-
femi di contenuto e i morfemi sistematici precoci saranno attivati già al livello
lemmatico, i morfemi sistematici tardivi al livello funzionale.
21 Negli esempi che seguono, la presenza di omofoni nei punti di passaggio da un
codice all’altro è stata segnalata mediante il maiuscoletto.
22 Merita una segnalazione il contesto morfo-sintattico in cui bocale è inserito,
fare specie + SN, che in italiano standard suonerebbe fare una specie di + N. La
costruzione attestata da Alfonzetti non crediamo sia tuttavia da attribuire all’ita-
liano regionale siciliano né ad una varietà della lingua nazionale particolarmente
marcata in diastratia, trovando essa riscontro nel “giovanilese” fare tipo + SN (ad
esempio, faceva tipo un boccale: cfr. Ambrogio & Casalegno 2004, s.v. tipo). Specie
e tipo acquistano insomma, nel caso citato da Alfonzetti così come nel linguaggio
giovanile, un ruolo meramente preposizionale.
23
Come suggerisce Halmari 1997, esiste una relazione tra la ricchezza della
morfologia flessionale delle lingue coinvolte e il loro comportamento nel CS: se il
rapporto asimmetrico fra codici poggerà preferibilmente sulla ricchezza morfologi-
ca di una delle lingue commutate, quello simmetrico avrà luogo fra codici con
morfologia flessionale considerevolmente meno ricca. In particolare, le coppie di
codici più inclini a sviluppare un rapporto asimmetrico saranno quelle formate da
una lingua con indice di sintesi molto elevato (per esempio, lingue agglutinanti
come finlandese, swahili, ecc.) e una lingua con indice di sintesi molto basso (per
esempio, cinese, inglese, ecc.); la prima si identificherà con la LM, la seconda con
la LI. Ne discende che il CS è tipologicamente, oltreché socialmente, condizionato.
24
Il corsivo individua, in (10), i morfemi inglesi, in (11), i morfemi norvegesi.
25
È stato tuttavia suggerito di valutare l’apporto dei due codici piuttosto in base
al computo delle parole che non dei morfemi (cfr. Bentahila & Davies 1998,
Berruto 2001).
26
Si è fatto spesso notare come la nozione di nonce borrowing costituisca un
escamotage per la Free Morpheme Constraint; pure il raffinato approccio minima-
lista di MacSwan risulterebbe inficiato dall’occorrenza di parole ibride – “code
switching below X0 is not permitted, since X0s are inputs to PF [Phonetic Form]”
(MacSwan 2000: 45) –, se esse non venissero etichettate in toto come prestiti della
radice lessicale.
27
Un’altra proposta denominativa potrebbe consistere nel riservare l’etichetta di
ibridismo al solo ibridismo [A] e di ibridazione (= processo attivo che porta alla
parola ibrida) all’ibridismo [B].
28
Mentre il CS giustappone le lingue coinvolte, consentendo l’individuazione di
segmenti chiaramente attribuibili ad un codice piuttosto che all’altro, l’ibridismo
combina morfemi lessicali e grammaticali provenienti da lingue diverse, lasciando
intendere almeno un certo grado di fusione fra codici.
29
Si noti, per inciso, che la stessa informatrice produce poco più avanti il SN
reggipetti sofisticati, in cui è impossibile stabilire l’appartenenza di reggipetti ad
un codice piuttosto che all’altro. La parola reggipetti è il plurale tanto di reggipet-
tu quanto di reggipetto: essa potrebbe essere analizzata come il triggering per sofi-
sticati, oppure essere essa stessa il risultato di un triggering, ad opera dei deter-
minanti tutti sti. Sulla nozione di triggering, si veda Clyne (1967, 1987).
30 Nel contatto italiano-piemontese, il passaggio da u dialettale ad o italiana è
una borrowing routine ormai consolidata; la conservazione del nesso s-c ([st∫]) è
altresì abbastanza comune (cfr. la pronuncia regionale di scentrare, [st∫en’trare], e
scervellare, [stʃervel:’are], vs. it. st. [∫en’trare] e [∫ervel:’are]).

201
Massimo Cerruti & Riccardo Regis

31 Per contro, il concorso tra mancanza di condizioni di (quasi) omofonia e diver-


genza strutturale può costituire un ostacolo insormontabile al CS. Per questa
ragione, forse, Giacalone Ramat (1995: 57) giudica molto improbabile la combina-
zione italiano/milanese “Mio fratello non l-è rivà” (mil. Me fradel l'è no rivà, it.
Mio fratello non è arrivato), del tutto confrontabile tipologicamente ai nostri
esempi (8) e (14) ma priva di triggering words.
32 Berruto (2004a, 2005: 88), attingendo a lavori molto diversi quanto ad
ambiente sociolinguistico, discute l'elevata incidenza delle triggering words nel
CS italiano/dialetto e sottolinea come si riveli poco pertinente l'affermazione di
Myers-Scotton (2002: 142) per la quale “triggering [is not] a very salient factor in
codeswitching”. Più precisamente, in Alfonzetti 1992 (CS italiano/siciliano
[varietà catanese]) e Bozzini 1994 (CS italiano/ticinese), 1/3 dei casi di CS intra-
frasale si verifica in presenza di omofoni; in Cerruti 2002 (CS italiano/piemontese
[varietà torinese e monferrina]), su 250 commutazioni totali, 104 avvengono in
corrispondenza di triggering words.
33
Va da sé che, nei casi in cui il costituente sia rappresentato da una parola sin-
gola, è problematica la sua identificazione quale prestito non adattato o caso di
CS (cfr. Regis 2004).
34
Per il concetto di advergenza, si veda Mattheier 1996.

Summary

This paper looks at the main aspects involving relationships between


code switching phenomena and linguistic theory in the Italian language-dial-
ect contact situation. The analytical remarks are based on two different per-
spectives: the pragmatic-functional one, related to sociolinguistic theories (§
2.), and the grammatical one (§ 3.). After pointing out the notion of dialect in
the Italo-Romance context (§ 1.), the first section deals with applicability of
pragmatic-functional models, such as the Interpretive Sociolinguistics one
and the Markedness Model by Carol Myers-Scotton, to code switching
between Italian and dialect. We discuss social and communicative meanings
of code switching, investigating its function as identity carrier and its rela-
tionship with linguistic repertoires typology and dialect decay processes. The
second section focuses on intra-sentential code switching grammatical con-
straints; in particular we present and discuss the notion of matrix language
and the two main principles governing Myers Scotton’s Matrix Language
Frame Model (Morpheme Order Principle and System Morpheme Principle).
The concept of hybridism and differences between hybridism and borrowing
are also discussed at length. In the last section (§ 4.) we underline some
methodological similarities which could lead to an integrated approach to
code switching phenomena.

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208
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 45
Titolo: Lingua e dialetto

Attività di preparazione

Dopo aver letto con attenzione il testo presente negli allegati


di questo cassetto virtuale, esplicitare le due prospettive di
analisi evidenziate dagli autori e i rimandi rispetto all’analisi
dei rapporti che intercorrono fra lingua e dialetto

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 45
Titolo: Ripasso

Attività di preparazione

Quali caratteristiche hanno le varietà substandard della


regione in cui vive?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 46
Titolo: Ripasso

Attività di preparazione

Trascrivere un dialogo di una confidenza rivolta a un amico al


bar. Trascriverlo nuovamente sotto forma di telefonata.
Trascriverlo ancora in forma di lettera o di e-mail.
Quali sono le differenze linguistiche?

Pag.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 46
Titolo: Ripasso

Attività obbligatoria per l’esame

Analizzare le caratteristiche della lingua di un estratto di


almeno 30 battute di una chat; occorrerà prestare attenzione
ai fenomeni dello scritto-parlato, ovvero agli elementi
dell’oralità inseriti in un testo scritto. Utilizzare qualsiasi forum
disponibile su internet. Il testo deve essere copiato e incollato.

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 47
Titolo: Dal latino all'italiano
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 47
Titolo: Dal latino all'italiano
Attività n°: 1

In questa lezione ci occuperemo di alcuni


cenni di linguistica storica, relativi alla
formazione dell’italiano.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 47
Titolo: Dal latino all'italiano
Attività n°: 1

L’indoeuropeo rappresenta una fase


linguistica molto antica della quale non
sono stati tramandati documenti diretti,
ma della quale si deve ammettere
l’esistenza per spiegare le corrispondenze
precise, ricorrenti e numerose che
collegano tra loro la maggior parte delle
lingue europee e varie lingue dell’Asia.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 47
Titolo: Dal latino all'italiano
Attività n°: 1

Dall’indoeuropeo derivano, tra le altre, le


lingue europee:
ITALICHE – venetico, osco, umbro
CELTICHE – irlandese, bretone, gallico
IL LATINO
GERMANICHE – inglese, tedesco, danese
BALTICHE – lituano, ant. prussiano
SLAVE – croato, sloveno, russo, ceco
ALBANESE
GRECO
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 47
Titolo: Dal latino all'italiano
Attività n°: 1

Il latino si afferma nell’VIII secolo a.C., a


partire dal III secolo a.C. si manifesta con
un’ampia documentazione scritta e
scompare come lingua viva fra il 600
el’800 d.C., quando nascono le lingue
romanze.
Alla base delle lingue neolatine non c’è il
latino classico (scritto), ma il latino
volgare (parlato).
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 47
Titolo: Dal latino all'italiano
Attività n°: 1

Le altre varietà di latini conosciuti sono il


latino medievale, base del latino tardo, il
latino carolingio (vicino al classico), il
latino cristiano e quello umanistico,
fiorente nel XV secolo.
Anche nel Novecento si ha una
produzione letteraria contemporanea in
latino (i Carmina di Giovanni Pascoli).
unità 1

dal latino
Il sistema
Il sistema vocalico
vocalico
La lingua che noi oggi parliamo è il risultato di un lento, graduale sviluppo che il latino ha subìto nel tempo. All’ori-
gine di tale sviluppo si pone soprattutto l’uso quotidiano della lingua nella comunicazione orale, con le inevitabili mo-
dificazioni dovute a varietà regionali e sociali e all’influsso di altre lingue. Non indifferente inoltre, nell’evoluzione della
lingua, fu l’apporto del cristianesimo, che, rivolgendosi soprattutto ai ceti più umili e adottando un linguaggio sem-
plice e popolare, ha operato in questo senso a livello lessicale, morfosintattico e fonetico. I mutamenti fonetici che
hanno interessato a partire dal V secolo d.C. sia il sistema vocalico sia il sistema consonantico nel passaggio dal la-
tino all’italiano sono vari e complessi e non è possibile definirli con norme puntuali e assolute. Ci limiteremo per-
tanto a presentare in questa sede alcuni esempi significativi del sistema vocalico.
Nell’ambito del vocalismo, il fenomeno più interessante è il passaggio dal sistema quantitativo, fondato sulla diffe-
renza di quantità (breve-lunga), al sistema qualitativo, fondato sulla differenza di timbro della vocale. Sulla base di
tale fenomeno le vocali lunghe, rimaste in genere invariate, furono pronunciate chiuse; quelle brevi, più soggette a
mutamenti, furono pronunciate aperte.

Latino ī ĭ ē ĕ ā ă ŏ ō ŭ ū

Italiano i é è a ò o u

(chiusa) (aperta) (aperta) (chiusa)

Com’è facile notare dalla tabella, il sistema vocalico latino dispone di dieci suoni vocalici (per ogni vocale abbiamo
la possibilità della breve oppure della lunga), mentre il sistema vocalico italiano presenta solo sette suoni (scomparse
le differenze di quantità, abbiamo la possibilità di un doppio timbro – chiuso oppure aperto – soltanto per le vocali
e e o).
Esemplifichiamo ora i mutamenti più significativi che le vocali in sillaba tonica (cioè accentata) hanno subìto nel
passaggio dal latino all’italiano.
 i lunga (ī) rimane in genere i:
līnea(m) > linea fīne(m) > fine pīnu(m) > pino
 i breve (ĭ) diviene per lo più é:
fide(m) > féde nive(m) > néve
cinere(m) > cénere silva(m) > sélva
Nei derivati di origine dotta, tuttavia, la i breve rimane i: cinereo, silvestre, silvano.
 e lunga (ē) rimane generalmente é:
vēna(m) > véna vēlu(m) > vélo timēre > temére
 e breve per natura (ĕ) diventa
– ie in sillaba aperta:
lĕ-ve(m) > lieve dĕ-ce(m) > dieci dĕ-di(t) > diede
pĕ-de(m) > piede fĕ-ru(m) > fiero
– e aperta (è) in sillaba chiusa:
sĕp-te(m) > sètte fer-ru(m) > fèrro ten-eo > tèngo
– i davanti a vocale con cui non forma dittongo:
dĕu(m) > dio mĕu(m) > mio
 a breve (ă) o lunga (ā) rimane a:
fāma(m) > fama pāne(m) > pane
făme(m) > fame căne(m) > cane

1 D. CHILLEMI – M. CHIARELLO, Lingua communis © SEI 2011
unità 1 dal latino all’italiano – il sistema vocalico

 o lunga (ō) rimane generalmente ó:


sōle(m) > sóle vōce(m) > vóce corōna(m) > coróna
 o breve (ŏ) diviene
– per lo più uo in sillaba aperta:
bo-nu(m) > buono no-vu(m) > nuovo
fo-cu(m) > fuoco so-ce-ru(m) > suocero
Nei derivati di origine dotta, tuttavia, la o breve rimane o: bonario, focoso.
– o aperta (ò) in sillaba chiusa:
hod-ie > òggi hor-tu(m) > òrto
 u lunga (ū) rimane u:
lūna(m) > luna usūra(m) > usura nūdu(m) > nudo
 u breve (ŭ) muta per lo più in ó:
nŭcem > nóce crŭce(m) > cróce gŭla(m) > góla
Per quanto riguarda i dittonghi, ecco che cosa è accaduto.
 ae si è semplificato in e aperta:
Caesare(m) > Cèsare praemiu(m) > prèmio maestu(m) > mèsto
 oe ha dato come risultato e chiusa:
poena(m) > péna amoenu(m) > améno
 au si è ridotto a ò (aperta):
gaudeo > godo auru(m) > oro
Nei derivati di origine dotta, tuttavia, il dittongo au è rimasto: gaudioso, aureo.
Le vocali in sillaba atona (cioè non accentata) e in fine di parola, poste dopo vocale accentata (postoniche o epito-
niche), hanno avuto i seguenti esiti.
 a, breve (ă) o lunga (ā) rimane a:
triginta > trenta
 i lunga (ī) rimane i:
vigintī > venti
 e breve (ĕ) o lunga (ē) e i breve (ĭ) diventano e:
septĕ(m) > sette vĭdēre > vedere dicĭt > dice
 o e u diventano o:
laudando > lodando lupu(m) > lupo
Le vocali poste prima della vocale accentata (protoniche) hanno subito i seguenti mutamenti.
 e diventa i:
secūru(m) > sicuro nepōte(m) > nipote
 o e il dittongo au diventano u:
occīdere > uccidere audīre > udire
In alcuni casi la vocale atona in termini polisillabici tende a essere soppressa (sincope), determinando mutamenti
consonantici secondari. Tale fenomeno, presente già in età classica, diviene sempre più frequente proporzionalmente
allo sviluppo dell’intensità dell’accento e interessa particolarmente la penultima sillaba:
mascŭlum > masc(u)lu(m) > maschio
vetŭlum > vec(u)lu(m) > vecchio
frigĭdum > frig(i)du(m) > freddo
calĭdum > cal(i)du(m) > caldo
virĭdem > vir(i)de(m) > verde
domĭnam > dom(i)na(m) > donna
ocŭlum > oc(u)lu(m) > occhio
solĭdum > sol(i)du(m) > soldo
specŭlum > spec(u)lu(m) > specchio

2 D. CHILLEMI – M. CHIARELLO, Lingua communis © SEI 2011


Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 47
Titolo: Dal latino all’italiano

Attività di preparazione

Come evolve la lingua latina, rispetto ai mutamenti fonetici? La


risposta è contenuta all’interno dell’allegato “Lezione 47.pdf”.

Pag.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 48
Titolo: Dal latino all'italiano 2
Attività n°: 1

Linguistica generale

CFU: 6
Prof. Paolo Nitti
SSD: L-LIN/01
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 48
Titolo: Dal latino all'italiano 2
Attività n°: 1

In questa lezione ci occuperemo di alcuni


cenni di linguistica storica, relativi alla
formazione dell’italiano.
Corso di Laurea: LINGUE E CULTURE EUROPEE E DEL RESTO DEL MONDO
Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 48
Titolo: Dal latino all'italiano 2
Attività n°: 1

La diffusione del Cristianesimo influì


moltissimo sulla diffusione del latino
volgare mentre le invasioni barbariche
contribuirono alla differenziazione
lessicale, fonologica e morfosintattica che
avrebbe dato luogo alle lingue romanze.
Ciascuno, infatti, adattava il latino al
proprio repertorio linguistico barbarico.
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 48
Titolo: Dal latino all'italiano 2
Attività n°: 1

Dal latino volgare si sviluppano così il


portoghese, lo spagnolo castigliano
(ibero-romanzo), il catalano, il
provenzale, il franco-provenzale, il
francese (gallo-romanzo), il sardo, il
ladino, l’italiano (italo-romanzo), il
dalmatico e il rumeno (balcano-romanzo).
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Insegnamento: LINGUISTICA GENERALE
Lezione n°: 48
Titolo: Dal latino all'italiano 2
Attività n°: 1

I dialetti dell’Italia rappresentano altre


lingue romanze, appartenenti ai gruppi
precedentemente descritti.
La linea di demarcazione rispetto a
un’area linguistica, si chiama «isoglossa».
In Italia, l’isoglossa più rilevante è la linea
La Spezia-Rimini che separa i dialetti
settentrionali da quelli centro-meridionali.
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Lezione n°: 48
Titolo: Dal latino all'italiano 2
Attività n°: 1

I dialetti settentrionali si dividono in:


a) Gallo-italici;
b) Veneti;
c) Istriani

I dialetti centro-meridionali in:


a) Toscani;
b) Mediani;
c) Meridionali intermedi;
d) Meridionali estremi
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Attività n°: 1

Altre lingue con caratteri propri, vicini


all’italiano sono il

Sardo, diviso in:


a) Logudorese-campidanese;
b) Sassarese-gallurese

Ladino, diviso in:


a) Friulano;
b) Ladino dolomitico.
Laurea
Insegnamento: Linguistica generale
n° Lezione: 48
Titolo: Dal latino all’italiano 2

Attività di preparazione

Cosa si intende per “isoglossa”?

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