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IL VERBO:
Il verbo è la parte variabile del discorso con la quale si esprimono, collocandoli nel
tempo, un’azione, un evento casuale, un’esistenza, un modo di essere, uno stato. È
l’elemento fondamentale della frase, in quanto non è possibile esprimere alcun
pensiero senza di esso.
ESEMPI: La bambina raccoglie dei fiori
Piove da tre giorni
Sono orgoglioso di mio figlio
LA CONIUGAZIONE:
La coniugazione è l’insieme delle forme che il verbo può assumere per indicare la
persona o le persone che compiono l’azione e il tempo e il modo in cui essa avviene.
Le coniugazioni sono tre e si riconoscono dalla desinenza con cui i verbi terminano
all’infinito presente:
prima coniugazione → verbi in -are (cantare, amare, ricordare);
seconda coniugazione → verbi in -ere (credere, vendere, temere);
terza coniugazione → verbi in -ire (uscire, scoprire, servire).
Vi sono altri elementi che concorrono alla coniugazione del verbo: la persona, il
numero, il tempo e il modo.
LA PERSONA E IL NUMERO:
Il verbo può essere di numero singolare o plurale, a seconda che la persona del
verbo, costituita da un pronome personale, sia di numero singolare o plurale. Le
persone del verbo sono sei, tre per il numero singolare e tre per il numero plurale:
1° persona singolare → io amo
2° persona singolare → tu ami
3° persona singolare → egli ama
1° persona plurale → noi amiamo
2° persona purale → voi amate
3° persona plurale → essi amano
IL TEMPO:
Il tempo indica se, nel momento in cui si parla o si scrive, l’azione è già avvenuta
(passato), sta avvenendo (presente), deve ancora avvenire (futuro).
ESEMPI: Tempo fa leggemmo un bellissimo libro → PASSATO
Papà legge il giornale tutti i giorni → PRESENTE
Leggerò la lettera appena avrò tempo → FUTURO
I tempi verbali si dividono in:
semplici, se formati da una sola parola (parlo, giocai, mangerò);
composti, se formati da due o più parole; sono costituiti dal verbo essere o
avere seguito dal participio passato del verbo che esprime l’azione (ho
parlato, saresti stato visto, avrei bevuto).
IL MODO:
Il modo indica le circostanze in cui l’azione ha luogo. I modi verbali si dividono in:
finiti, che nella congiunzione distinguono sempre persona e numero
(indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo);
indefiniti, che indicano un’azione o uno stato in modo indeterminato, cioè
senza distinguere la persona e indicando solo in alcuni casi il numero (infinito,
participio, gerundio).
ESEMPI: Io leggo volentieri il giornale → INDICATIVO
Credo che tu legga poco → CONGIUNTIVO
Leggerei volentieri un bel libro → CONDIZIONALE
Leggi questo articolo → IMPERATIVO
Leggo per imparare → INFINITO
Leggendo apprendo nuove conoscenze → GERUNDIO
Salutati i genitori, Marco se ne andò → PARTECIPIO
L’INDICATIVO:
Il modo indicativo esprime fatti e modi di essere certamente verificatisi in passato o
che stanno verificandosi nel presente o il cui verificarsi nel futuro è dato per certo.
Esso comprende otto tempi:
quattro semplici: presente, imperfetto, passato remoto, futuro semplice;
quattro composti: passato prossimo, trapassato prossimo, trapassato
remoto, futuro anteriore.
IL CONGIUNTIVO:
Il modo congiuntivo esprime fatti e azioni che non si verificano con certezza ma che
sono considerati possibili, probabili o ipotetici. Esso comprende quattro tempi:
due semplici: presente, imperfetto;
due composti: passato, trapassato.
IL CONDIZIONALE:
Il modo condizionale indica un’azione subordinata a una condizione oppure esprime
un desiderio, un dubbio, un’opinione, una richiesta. Esso comprende due tempi:
uno semplice: presente;
uno composto: passato.
L’IMPERATIVO:
Il modo imperativo esprime un comando, una richiesta, un consiglio,
un’esortazione, una preghiera. Esso comprende un solo tempo semplice:
presente.
L’INFINITO:
Il modo infinito esprime il significato di base del verbo, senza aggiungere altre
informazioni. Esso comprende due tempi:
uno semplice: presente;
uno composto: passato.
IL PARTICIPIO:
Il modo participio deriva il suo nome dal fatto che partecipa delle funzioni di verbo e
di aggettivo, svolgendole entrambe. Esso comprende due tempi:
uno semplice: presente;
uno composto: passato.
Il participio può essere usato con funzione di verbo, di aggettivo e di nome.
ESEMPI: Questo è un romanzo interessante → FUNZIONE DI AGGETTIVO
Marco ha acquistato un’auto usata → FUNZIONE DI AGGETTIVO
Un passante lo aiutò ad attraversare la strada → FUNZIONE DI NOME
L’imputato fu assolto → FUNZIONE DI NOME
Il convegno riguardante (che riguardava) gli Egizi fu apprezzato dagli
studenti → FUNZIONE DI VERBO
L’Impero romano fu attaccato da popoli provenienti (che provenivano) da
Nord → FUNZIONE DI VERBO
IL GERUNDIO:
Il modo gerundio indica le modalità (di mezzo, di tempo, di causa, di modo) secondo
le quali avviene un’altra azione oppure esprime una condizione. Esso comprende
due tempi:
uno semplice: presente;
uno composto: passato.
I VERBI REGOLARI:
I verbi regolari seguono il modello delle tre coniugazioni verbali: essi conservano
immutata la radice, alla quale aggiungono le desinenze proprie della coniugazione di
appartenenza. Sono verbi regolari: amare, temere, servire…
I VERBI IRREGOLARI:
I verbi irregolari sono tutti quei verbi che si discostano dal modello della
coniugazione cui appartengono. Le forme irregolari riguardano solo alcuni modi,
tempi e persone. Sono verbi irregolari, ad esempio:
andare:
INDICATIVO presente: io vado, tu vai, egli va, noi andiamo, voi andate, essi
vanno; futuro: io andrò, tu andrai, egli andrà, noi andremo, voi andrete, essi
andranno;
CONGIUNTIVO presente: che io vada, che tu vada, che egli vada, che noi
andiamo, che voi andiate, che essi vadano;
CONDIZIONALE presente: io andrei, tu andresti, egli andrebbe, noi andremmo,
voi andreste, essi andrebbero;
IMPERATIVO presente: vai tu, vada egli, andiamo noi, andate voi, vadano essi
alludere:
INDICATIVO passato remoto: io allusi, tu alludesti, egli alluse, noi alludemmo,
voi alludeste, essi allusero;
PARTICIPIO passato: alluso
cadere:
INDICATIVO passato remoto: io caddi, tu cadesti, egli cadde, noi cademmo,
voi cadeste, essi caddero; futuro: io cadrò, tu cadrai, egli cadrà, noi cadremo,
voi cadrete, essi cadranno;
CONDIZIONALE presente: io cadrei, tu cadresti, egli cadrebbe, noi cadremmo,
voi cadreste, essi cadrebbero;
chiudere:
INDICATIVO passato remoto: io chiesi, tu chiedesti, egli chiese, noi
chiedemmo, voi chiedeste, essi chiesero;
PARTICIPIO passato: chiuso;
conoscere:
INDICATIVO passato remoto: io conobbi, tu conoscesti, egli conobbe, noi
conoscemmo, voi conoscete, essi conobbero;
PARTICIPIO passato: conosciuto;
morire:
INDICATIVO presente: io muoio, tu muori, egli muore, noi moriamo, voi
morite, essi muoiono;
CONGIUNTIVO presente: che io muoia, che tu muoia, che egli muoia, che noi
moriamo, che voi morite, che essi muoiano;
CONDIZIONALE presente: io morirei, tu moriresti, egli morirebbe, noi
moriremmo, voi morireste, essi morirebbero;
PARTICIPIO passato: morto;
uscire:
INDICATIVO presente: io esco, tu esci, egli esce, noi usciamo, voi uscite, essi
escono;
CONGIUNTIVO presente: che io esca, che tu esca, che egli esca, che noi
usciamo, che voi uscite, che essi escano;
IMPERATIVO presente: esci tu, esca egli, usciamo noi, uscite voi, escano essi.
I VERBI DIFETTIVI:
Si dicono verbi difettivi i verbi di cui si usano soltanto alcuni modi, tempi e
persone. Sono verbi difettivi:
addirsi:
INDICATIVO PRESENTE: si addice, si addicono;
INDICATIVO IMPERFETTO: si addiceva, si addicevano;
CONGIUNTIVO PRESENTE: si addica, si addicano;
CONGIUNTIVO IMPERFETTO: si addicesse, si addicessero;
constare:
INDICATIVO PRESENTE: consta;
INDICATIVO IMPERFETTO: constava;
delinquere:
INFINITO PRESENTE: delinquere;
PARTICIPIO PRESENTE: delinquente;
ostare:
INDICATIVO PRESENTE: osta;
solere:
INDICATIVO PRESENTE: soglio, suoli, suole, sogliamo, solete, sogliono;
INDICATIVO IMPERFETTO: solevo, solevi, soleva, solevamo, solevate,
solevano;
CONGIUNTIVO PRESENTE: soglia, soglia, soglia, sogliamo, sogliate, sogliano;
CONGIUNTIVO IMPERFETTO: solessi, solessi, solesse, solessimo, soleste,
solessero;
PARTICIPIO PASSATO: solito;
GERUNDIO PRESENTE: solendo.
I VERBI SOVRABBONTI:
Si dicono sovrabbondanti i verbi che hanno la stessa radice e il medesimo significato
ma appartengono a due diverse coniugazioni. Tra i verbi che mantengono lo stesso
significato, ricordiamo:
adempiere / adempiere;
ammansare / ammansire;
compiere / compire;
dimagrare / dimagrire;
indurare / indurire;
annerare / annerire;
starnutare / starnutire.
Tra i verbi che mutano significato, ricordiamo:
arrossare (far diventare rosso) / arrossire (diventare rosso);
atterrare (gettare a terra, abbattere) / atterrire (spaventare);
imboscare (nascondere) / imboschire (piantare alberi);
impazzare (scatenarsi) / impazzire (diventare pazzo);
sfiorare (toccare lievemente, rasentare) / sfiorire (perdere il fiore);
scolorare (togliere il colore) / scolorire (perdere il colore).
I VERBI IMPERSONALI:
I verbi impersonali non si riferiscono a un soggetto determinato e sono sempre usati
alla terza persona singolare. Hanno valore impersonale:
verbi e locuzioni che indicano fenomeni meteorologici, come piovere,
nevicare, tuonare…;
verbi come occorrere, bisognare, accadere, succedere, sembrare, parere,
piacere;
qualsiasi verbo usato alla terza persona singolare preceduto dalla particella si,
oppure da ci si se il verbo è riflessivo;
locuzioni formate dal verbo essere alla terza persona seguito da un aggettivo,
da un nome o da un avverbio.
ESEMPI: Piove da diversi giorni;
Nevica sulle montagne;
Sembra che il professor Rossi ritorni domani;
Conviene fare in fretta, se vogliamo arrivare in tempo;
Si spera in un futuro felice;
Da quel ragazzo ci si aspetta molto;
Era presto e i negozi erano ancora chiusi.
IL NOME:
Il nome o sostantivo è la parte variabile del discorso che serve ad indicare tutto ciò
che esiste nella realtà (persone, animali, cose, luoghi) e nella nostra mente (idee,
concetti, sentimenti).
ESEMPI: Stimo molto la mia insegnante;
La speranza è l’ultima a morire;
Ho fatto una lunga corsa.
I NOMI CONCRETI E I NOMI ASTRATTI:
I nomi concreti indicano persone, animali o oggetti realmente esistenti o immaginati
come reali che si percepiscono con i sensi.
ESEMPI: Il libro è stato scritto da Fabio Volo;
La madre lavora;
Il cielo è blu.
I nomi astratti indicano entità (idee, concetti) che non hanno consistenza fisica, che
sono prodotti della mente o dell’immaginazione e che non si percepiscono con i
sensi.
ESEMPI: L’amore è un sentimento;
Il rispetto è alla base della società democratica;
L’amicizia è una virtù.
I NOMI PROPRI E I NOMI COMUNI:
I nomi propri indicano una particolare persona, animale o cosa per distinguerla da
altri della stessa specie o categoria.
ESEMPI: Kyra è il cane di Antonio;
Mio padre si chiama Giovanni.
I nomi comuni si riferiscono a persone, animali o cose in modo generico, tale da non
consentirne un’identificazione precisa.
ESEMPI: Il cane è il fedele amico dell’uomo;
La capitale dell’Italia è Roma.
I NOMI IRREGOLI:
I nomi irregolari formano il femminile in modo irregolare. Essi sono:
Dio Dea
Re Regina
Abate Abadessa
Eroe Eroina
Cane Cagna
Gallo Gallina
Zar Zarina
I NOMI INDIPENDENTI:
I nomi indipendenti formano il femminile modificando interamente sia la radice sia
la desinenza. Essi sono:
Uomo Donna
Padre Madre
Marito Moglie
Fratello Sorella
Genero Nuora
Frate Suora
Celibe Nubile
Maschio Femmina
Toro Mucca
Montone Pecora
I NOMI INVARIABILI:
I nomi invariabili presentano la stessa forma per il singolare e il plurale, ad esempio:
La serie Le serie
La specie Le specie
La gru Le gru
La radio Le radio
La tesi Le tesi
La crisi Le crisi
Il lunedì I lunedì
La tribù Le tribù
Il computer I computer
Il re I re
Il cinema I cinema
Il bar I bar
I NOMI DIFETTIVI:
I nomi difettivi mancano della forma singolare o plurale.
Sono usati al singolare:
i nomi di alcuni minerali: il rame, il bronzo, lo iodio, l’ossigeno, il petrolio;
i nomi di alcuni alimenti: il latte, il pepe, il miele, la senape, il burro;
i nomi di alcune malattie: il vaiolo, il colera, il morbillo, il tifo, l’influenza;
i nomi di mesi e festività: aprile, la Pasqua, il Ferragosto;
alcuni nomi collettivi: la plebe, il fogliame, il bestiame;
i nomi che indicano concetti astratti: la carità, l’onestà, il coraggio;
i nomi che si riferiscono ad elementi unici in natura: l’equatore, l’aria, il sud,
lo zenit, il nord;
Sono usati al plurale:
gli oggetti formati da parti uguali: gli occhiali, i pantaloni, le forbici, le pinze,
le bretelle;
i nomi che indicano una pluralità di oggetti o azioni: i dintorni, le stoviglie, le
percosse, le fattezze, le viscere;
i nomi che derivano da plurale di origine latina: le nozze; le esequie, le ferite,
i posteri.
I NOMI SOVRABBONANTI:
I nomi sovrabbondanti hanno due forme, molto spesso dotate di diverso
significato. Essi sono:
Il braccio I bracci (di un fiume, di Le braccia (del corpo
una croce, di una umano)
bilancia)
Il ciglio I cigli (dei fossi, dei Le ciglia (degli occhi)
burroni)
Il corno I corni (strumenti Le corna (degli animali)
musicali)
Il dito I diti (considerati distinti Le dita (di tutta la
l’uno dall’altro) mano)
Il filo I fili (del telegrafo, Le fila (della tela, di una
d’erba, dello spago) congiura)
Il fondamento I fondamenti (di una Le fondamenta (di un
teoria) edificio)
Il gesto I gesti (movimenti di Le gesta (imprese
certe parti del corpo) eroiche)
Il grido I gridi (degli animali) Le grida (degli uomini)
Il labbro I labbri (di una ferita) Le labbra (della bocca)
Il membro I membri (di una Le membra (del corpo
società, di una umano)
commissione)
Il muro I muri (di un edificio)
Le mura (della città, di
una fortezza)
L’osso Gli ossi (considerati Le ossa (di un essere
separatamente; di un vivente considerate
animale spolpato) nell’insieme)
Fanno parte della categoria dei sovrabbondanti anche alcuni nomi che presentano
forme diverse, sia nel genere sia nel numero, con sfumature di significato:
Il frutto (di una pianta, di un’attività, di I frutti
un investimento finanziario)
La frutta (l’insieme dei vari frutti) Le frutta
Il legno (da costruzione) I legni
La legna (da ardere) Le legna
L’orecchio (di un corpo umano o Gli orecchi
animale; sensibilità per la musica)
L’orecchia (di un corpo; piega fatta Le orecchie
sull’angolo di una pagina)
L’ARTICOLO:
L’articolo è la parte variabile del discorso che si pone davanti al nome per indicarne
il genere e il numero.
ESEMPI: I boschi ricoprono questa pianura;
Dobbiamo avere delle informazioni su quella persona;
Abbiamo giocato una splendida partita.
L’ARTICOLO DETERMINATIVO:
L’articolo determinativo accompagna i nomi di persona, animali e cose ben noti a
chi parla o ascolta. Gli articoli determinativi sono: il, lo, la, i, gli, le.
ESEMPI: Gli Estensi furono signori di Ferrara;
La Tour Eiffel si trova a Parigi;
Il ghepardo è un animale velocissimo;
Lo xilofono è uno strumento musicale;
Vedo nel cortile i fari di un’auto;
Esco con le mie amiche.
L’ARTICOLO INDETERMINATIVO:
L’articolo indeterminativo accompagna i nomi di persone, animali e cose per
indicarli in modo generico. Gli articoli indeterminativi sono: un, uno, una.
ESEMPI: Ha telefonato una ragazza che voleva parlare con te;
Un lupo decise di procurarsi del cibo;
Ho trovato uno zaino in classe.
L’ARTICOLO PARTITIVO:
L’articolo partitivo serve a indicare la parte di un tutto ed equivale a espressioni del
tipo “un po’, una certa quantità di”; al plurale equivale ad “alcuni/alcune”. Gli
articoli partitivi sono: del, dello, della, dei, degli, delle.
ESEMPI: Ti consiglio di aggiungere del sale sulla carne;
In cantina ho dello champagne;
Nel camino era rimasta della brace;
Il tornado ha provocato dei danni gravissimi;
Mi piacerebbe avere degli amici come Marco;
In questo vaso starebbero bene delle rose.
L’AGGETTIVO:
L’aggettivo è la parte variabile del discorso che si aggiunge al nome per indicarne
una qualità o per meglio determinarlo. Esso concorda nel genere e nel numero con il
nome a cui si riferisce.
ESEMPI: I mandarini e le arance non sono ancora maturi;
Questo romanzo mi è piaciuto molto;
Mio figlio è un ragazzo buono e gentile.
Gli aggettivi si distinguono in:
qualificativi, quando specificano una caratteristica o un modo di essere del
nome a cui si riferiscono;
determinativi, quando precisano alcuni aspetti particolari del nome e
comprendono:
1. possessivi;
2. dimostrativi;
3. indefiniti;
4. numerali;
5. interrogativi;
6. esclamativi.
L’aggettivo ha funzione attributiva quando si unisce direttamente al nome cui è
riferito. L’aggettivo ha funzione predicativa quando, grazie al collegamento con
verbi come essere, sembrare, diventare, restare…, “predica”, ossia dice qualcosa del
nome cui è riferito.
L’AGGETTIVO QUALIFICATIVO:
L’aggettivo qualificativo fornisce informazioni sulle qualità o il modo di essere della
persona, animale o cosa a cui si riferisce.
ESEMPI: Il grosso serpente ci fissava con occhi gelidi;
La tua proposta lavorativa mi lusinga;
Un bel complimento fa sempre piacere a chi lo riceve.
L’aggettivo qualificativo ha funzione descrittiva quando precede il nome e indica
una qualità, una caratteristica o esprime il giudizio di chi parla o scrive sul nome cui
è riferito.
ESEMPI: Si è trattato di un banale malinteso;
Ieri sera ho assistito ad una splendida rappresentazione.
L’aggettivo qualificativo ha funzione restrittiva o distintiva quando segue il nome e
serve a individuare una determinata persona, animale o cosa distinguendoli dagli
altri dello stesso gruppo.
ESEMPI: Non mi piacciono i film romantici;
Gli amori adolescenziali non si dimenticano mai.
Talvolta, la posizione dell’aggettivo può cambiare il senso di un’intera espressione.
ESEMPI: Ho incontrato un pover’uomo (un infelice) / Ho incontrato un uomo povero
(non ricco);
Giulio Cesare fu un grande uomo (di rilevanti qualità) / Ernesto è un uomo
grande (di notevole corporatura).
Gli aggettivi qualificativi, come il nome, possono essere primitivi, derivati, alterati e
composti.
I GRADI DELL’AGGETTIVO QUALIFICATIVO:
I gradi dell’aggettivo qualificativo consentono di rappresentare una qualità in varia
misura o di istituire dei paragoni tra i soggetti che la possiedono. I gradi
dell’aggettivo sono tre:
positivo, che esprime semplicemente una qualità, senza specificare la misura
in cui essa è posseduta
ESEMPI: Il cavallo è un animale veloce;
Il libro è interessante.
comparativo, che stabilisce un confronto fra due termini di paragone; può
essere:
1. di maggioranza, quando il primo elemento possiede la qualità in misura
maggiore rispetto al secondo; l’aggettivo è preceduto dall’avverbio più
ESEMPI: La pesca è più dolce della mela;
La lepre è più veloce della tartaruga.
2. di minoranza, quando il primo elemento possiede la qualità in misura
inferiore rispetto al secondo; l’aggettivo è preceduto dall’avverbio
meno
ESEMPI: La pesca è meno dolce della banana;
Chiara è meno simpatica di Giulia.
3. di uguaglianza, quando i due elementi possiedono la qualità nella
stessa misura; l’aggettivo è seguito dagli avverbi come, quanto
ESEMPI: La pesca è dolce come l’albicocca;
Pietro è simpatico come Luca.
superlativo, che esprime una qualità posseduta al più alto livello; può essere:
1) assoluto, quando l’aggettivo esprime una qualità al massimo
grado senza possibili confronti con altre persone, animali o cose
ESEMPI: Il Nilo è un fiume lunghissimo;
Sara è bravissima.
2) relativo, quando il primo termine possiede una qualità in misura
maggiore (di maggioranza) o minore (di minoranza) rispetto
all’insieme di persone, animali o cose che costituisce il secondo
termine.
ESEMPI: Il Nilo è il più lungo dei fiumi dell’Africa;
Gennaio è il mese meno caldo dell’anno.
POSITIVO SUPERLATIVO
Acre Acerrimo
Aspro Asperrimo
Celebre Celeberrimo
Integro Integerrimo
Misero Miserrimo
Salubre Saluberrimo
Maledico Maledicentissimo
Benefico Beneficentissimo
Benevolo Benevolentissimo
Magnifico Magnificentissimo
Munifico Munificentissimo
GLI AGGETTIVI POSSESSIVI:
Gli aggettivi possessivi specificano a chi appartengono la persona, l’animale o la
cosa espressi dal nome a cui si riferiscono. Essi sono: mio, tuo, suo, nostro, vostro,
loro; altri aggettivi possessivi possono essere: proprio ed altri.
ESEMPI: Il suo orologio è molto bello;
Il mio cane e il tuo gatto vanno d’accordo;
Carlo mi ha prestato il proprio cellulare;
La madre altrui sembra più permissiva;
Alcuni amici mi hanno promesso il loro aiuto;
Abbiamo riflettuto molto sulle nostre azioni;
I vostri bagagli sono stati caricati subito sull’aereo.
GLI AGGETTIVI DIMOSTRATIVI:
Gli aggettivi dimostrativi precisano la posizione di una persona, di un animale o di
una cosa nel tempo o nello spazio rispetto a chi parla o ascolta. Essi sono: questo
(indica vicinanza a chi parla), codesto (indica vicinanza a chi ascolta), quello (indica
lontananza da chi parla e da chi ascolta; altri aggettivi dimostrativi sono: stesso,
medesimo e tale.
ESEMPI: Questo anello è grazioso, ma anche quella collana mi piace molto;
Codesto Istituto si impegna a realizzare il progetto;
Abbiamo avuto la stessa idea!;
Carla ed io abitiamo nello stesso palazzo;
Tale modo di allevare i figli era proprio degli Spartani.
GLI AGGETTIVI INDEFINITI:
Gli aggettivi indefiniti indicano in modo generico la quantità o la qualità del nome
cui si riferiscono. Essi sono: alcuno, taluno, certo, altro, tale, troppo, parecchio,
molto, tanto, poco, tutto, alquanto, altrettanto, vario, diverso, ciascuno, nessuno,
ogni, qualche, qualunque, qualsiasi, qualsivoglia.
ESEMPI: Hai qualche euro da prestarmi?;
Alcuni spettatori cominciarono a fischiare il cantante;
Vi sono ancora molti dubbi su quella vicenda;
Mi ha parlato di una certa storia di cui è a conoscenza;
Nessun amico lo accompagnò alla partita;
Domani parteciperà ad un’altra gara;
Tutti i cittadini hanno diritti e doveri precisi;
Cercheremo più soluzioni.
GLI AGGETTIVI NUMERALI:
Gli aggettivi numerali indicano la quantità precisa dei nomi a cui si riferiscono. Essi si
suddividono in:
cardinali, che indicano una quantità numerica precisa
ESEMPI: La maglietta che ho comperato costa quaranta euro;
La mia squadra ha segnato tre reti.
ordinali, che indicano il posto che una persona, un animale, una cosa
occupano in una successione numerica
ESEMPI: Il centro commerciale rimarrà aperto la terza settimana del mese;
La mia squadra è prima in classifica.
moltiplicativi, che indicano quante volte una quantità è maggiore di un’altra
ESEMPI: Ho dovuto prendere una doppia dose di analgesico;
La partita è terminata con il triplo fischio dell’arbitro.
frazionari, che indicano una parte o una frazione di un numero intero
ESEMPI: Ho bevuto mezzo litro d’acqua;
La peste del 1348 causò la morte di un terzo della popolazione.
distributivi, che indicano il modo in cui sono distribuiti numericamente gli
elementi a cui ci si riferisce
ESEMPI: Devi assumere questo farmaco ogni quattro ore;
I clienti venivano fatti entrare nel negozio due per volta.
collettivi, che indicano una quantità numerica di persone, animali o cose,
considerati come un insieme:
ESEMPI: Ho bisogno di un nuovo paio di scarpe;
Dopo la caduta aveva entrambe le ginocchia doloranti;
Oggi andrò al mare con una ventina di amici.
IL PRONOME:
Il pronome è la parte variabile del discorso che si usa per sostituire i nomi. I pronomi
si distinguono in:
personali;
possessivi;
dimostrativi;
indefiniti;
interrogativi;
esclamativi;
relativi.
ESEMPI: Maria mi ha invitata ad andare da lei
Il mio libro preferito è Il signore degli anelli, e il tuo?
Amo guardare i documentari che descrivono la vita degli animali
Quest’auto è sportiva, quella è più elegante
Luca ha superato l’esame; non lo avrei mai detto
I PRONOMI PERSONALI:
I pronomi personali indicano la persona che parla o a cui si parla oppure la persona,
l’animale o la cosa di cui si parla. Tali pronomi possono variare:
nel genere, soltanto alla terza persona (egli/ella, esso/essa, lui/lei, essi/esse);
nel numero (singolare e plurale);
nella funzione (di soggetto o di complemento);
nella forma (tonica, accentata, e atona, non accentata)
L’AVVERBIO:
L’avverbio è la parte invariabile del discorso che accompagna verbi, aggettivi, altri
avverbi o intere frasi per modificarne e precisarne il significato.
ESEMPI: Parla forte perché non ti sento;
Oggi ho studiato poco;
Forse gli zii non verranno;
La fine delle vacanze è arrivata presto.
In base alla forma gli avverbi si dividono in:
semplici, hanno una forma propria, non derivata da altre parole (bene,
volentieri, presto, subito, domani, qui, là, poi);
composti, sono formati da una sola parola che deriva dall’unione di due o più
parole (neppure, almeno, dappertutto, infatti, intanto)
derivati, derivano da aggettivi, verbi o nomi e aggiungono un suffisso
(facilmente, coraggiosamente, bocconi, ginocchioni);
locuzioni avverbiali, gruppi di parole che svolgono la funzione di avverbio (di
sopra, di sotto, di tanto in tanto, all’incirca, senza dubbio, alla svelta).
In base al significato si suddividono in:
di modo o qualificativi;
di luogo;
di tempo;
di quantità;
di valutazione o di giudizio;
interrogativi;
esclamativi;
presentativi.
GLI AVVERBI DI MODO O QUALIFICATIVI:
Gli avverbi di modo o qualificativi indicano il modo in cui si svolge un’azione
oppure aggiungono un elemento che contribuisce a qualificare la parola a cui si
riferiscono. Essi sono: bene, male, volentieri, invano, correttamente,
debolmente, incredibilmente, cavalcioni, tentoni, tastoni, ginocchioni, bocconi,
carponi, di corsa, a poco a poco, all’improvviso, a vanvera, in fretta, a
squarciagola, alla rinfusa, così così, a fatica, in genere...
ESEMPI: Vi siete comportati bene;
Seguirò volentieri il tuo consiglio;
Il babbo sta dormendo placidamente;
La sua reazione è umanamente comprensibile;
Dobbiamo ritornare in fretta.
GLI AVVERBI DI LUOGO:
Gli avverbi di luogo indicano il luogo in cui si svolge un’azione o in cui si trova
qualcuno o qualcosa. Essi sono: qui, qua, là, quaggiù, laggiù, fuori, dentro,
davanti, dinanzi, dietro, sotto, sopra, oltre, intorno, giù, accanto, dappertutto,
altrove, vicino, lontano, dovunque, ovunque, di sopra, di sotto, per di qua, per
di là, a destra, a sinistra, da vicino, da lontano…
ESEMPI: Alessio abita lontano;
Ho cercato gli occhiali dappertutto;
Per arrivare alla stazione devo svoltare a destra.
GLI AVVERBI DI TEMPO:
Gli avverbi di tempo indicano il momento in cui si svolge un’azione o si verifica
una circostanza. Essi sono: adesso, ora, prima, poi, dopo, subito, presto, tardi,
sempre, spesso, mai, ieri, già, recentemente, successivamente, allora, una
volta, un giorno, di tanto in tanto, di quando in quando, al più presto, tra poco,
poco fa…
ESEMPI: Vieni subito qui;
Ieri ho visto la galleria d’arte moderna;
Prima o poi i nodi vengono al pettine.
GLI AVVERBI DI QUANTITÀ:
Gli avverbi di quantità indicano in maniera indefinita la quantità o la misura di
quanto è espresso da un verbo, da un aggettivo o da un avverbio. Essi sono:
poco, molto, meno, parecchio, troppo, altrettanto, quasi, almeno, affatto,
appena, interamente, eccessivamente, all’incirca, più o meno, di più, un poco,
del tutto, di gran lunga, su per giù, fin troppo…
ESEMPI: Oggi abbiamo studiato poco;
Sono appena arrivato;
La scrivania era completamente ingombra di libri.
GLI AVVERBI DI VALUTAZIONE O DI GIUDIZIO:
Gli avverbi di valutazione o di giudizio affermano, negano o mettono in dubbio il
verificarsi dell’azione o della condizione espressa dal verbo. Essi sono: sì, no,
certo, sicuro, ovviamente, proprio, davvero, né, neanche, neppure, nemmeno,
forse, probabilmente, eventualmente, magari, senza dubbio, di certo, di sicuro,
per davvero, in nessun modo, per niente, neanche per sogno, se mai, quasi
quasi, caso mai.
ESEMPI: Sì, ho preso le chiavi dell’auto;
Forse hai ragione tu;
La mamma non dorme ancora;
Senza dubbio sono un genio.
GLI AVVERBI INTERROGATIVI, ESCLAMATIVI E PRESENTATIVI:
Gli avverbi interrogativi ed esclamativi introducono una domanda o
un’esclamazione a proposito del modo, del luogo, del tempo, della quantità o
della causa di un’azione. Essi sono: come, quanto, quando, dove, perché, come
mai, da quanto, da quando, da dove.
ESEMPI: Come ti invidio!;
Quanto ti serve?;
Quanto mi piacerebbe visitare Parigi!;
Come potrò crederti ancora?.
Gli avverbi presentativi indicano, annunciano qualcuno o qualcosa. Fa parte di
questa categoria il solo avverbio ecco.
ESEMPI: Eccoti finalmente!;
Ecco che cominciano ad arrivare gli invitati.
LA PREPOSIZIONE:
La preposizione è la parte invariabile del discorso che si pone davanti ad un
nome, un pronome, un avverbio, un verbo di modo infinito per collegare tra loro
due parole o due frasi.
ESEMPI: Mara è la sorella di Luca;
Questa sera uscirò con lei;
La mamma è uscita per fare la spesa.
LA PREPOSIZIONE PROPRIA:
Le preposizioni proprie svolgono solo la funzione di preposizione e si suddivide
in:
semplice, costituita da una sola parola (di, a, da, in, con, su, per, tra, fra);
articolata, formata da una preposizione semplice e un articolo
determinativo (del, dello, della, dell’, dei, degli, delle, al, allo, alla, all’, ai,
agli, alle, dal, dallo, dalla, dall’, dai, dagli, dalle, nel, nello, nella, nell’, nei,
negli, nelle, col, coi, sul, sulla, sullo, sull’, sui, sugli, sulle).
ESEMPI: Laura abita a Milano;
Esco con la moto;
Le più importanti novità in fatto di moda provengono dal capoluogo lombardo.
LA PREPOSIZIONE IMPROPRIA:
Le preposizioni improprie svolgono la funzione di preposizioni pur essendo
aggettivi, avverbi e verbi al modo participio. Esse sono: secondo, lungo, salvo,
vicino, lontano, avanti, davanti, innanzi, dietro, dopo, prima, dentro, fuori, sopra,
sotto, accanto, contro, senza, oltre, intorno, insieme, durante, mediante, stante,
nonostante, eccetto, escluso, dato.
ESEMPI: Secondo me, state sbagliando;
Il cane è accucciato sotto il tavolo;
Non devi stare davanti al televisore tutto il giorno;
È bene fare silenzio durante la lezione.
LE LOCUZIONI PREPOSITIVE:
Le preposizioni propositive sono un gruppo di parole che unite svolgono la funzione
di preposizione; esse possono essere composte da nomi, avverbi e verbi. Esse sono:
limitatamente a, al di fuori di, per mezzo di, in base a, prescindere da, in
compagnia di, a fianco di, a dispetto di, a somiglianza di, a proposito di, di qua da,
a proposito di, in presenza di…
ESEMPI: L’esercito nemico era accampato al di là del fiume;
La professoressa mi ha elogiato di fronte a tutta la classe;
Sono al di sopra delle tue cattiverie;
Nell’interesse di tutti, ragioniamo!.
LA CONGIUNZIONE:
La congiunzione è la parte invariabile del discorso che unisce secondo un criterio
logico due parole o due frasi.
ESEMPI: Preferisci la pizza o il panino?;
In piazza ho incontrato Elena ed Enrico;
Ho saputo che ti sei sposato;
Prenderò l’ombrello perché potrebbe piovere.
In base alla forma, le congiunzioni si dividono in:
semplici, formate da una sola parola (e, né, o, ma, se, che, però, dunque);
composte, formate da una parola che deriva dall’unione di due o più parole
(affinché, purché, allorché, infatti, sebbene);
locuzioni congiuntive, formate da gruppi di parole che svolgono la funzione di
congiunzione.
LE CONGIUNZIONI COORDINANTI:
Le congiunzioni coordinanti collegano due parole o due frasi ponendole su un
piano di parità.
CONGIUNZIONI COORDINANTI LEGAME LOGICO
Copulative: Collegano due elementi
e, anche, inoltre, pure, anche, né, semplicemente accostandoli
neanche, nemmeno, neppure
Disgiuntive: Collegano due elementi ponendoli in
o, oppure, ovvero, altrimenti alternativa o escludendone uno
Avversative: Uniscono due elementi in
ma, tuttavia, però, eppure, invece, contrapposizione tra loro
anzi, nondimeno, bensì
Esplicative o dichiarative: Introducono una spiegazione o
infatti, difatti, invero, cioè, vale a precisazione di quanto si è già detto
dire, ossia
Conclusive: Collegano due frasi di cui la seconda
dunque, perciò, quindi, pertanto, rappresenta la conseguenza o la logica
allora, insomma, sicché conclusione della prima
Correlative: Collegano due elementi ponendoli in
e…e, o…o, né…né, sia…sia, non solo… corrispondenza tra loro
ma anche, ora…ora, tanto…quanto
LE CONGIUNZIONI SUBORDINANTI:
CONGIUNZIONI SUBORDINANTI INTRODUZIONE DI SUBORDINATA
Dichiarative: Dichiarativa, che spiega il significato di
che, come quanto espresso nella reggente
Causali: Causale, che indica la causa di quanto è
poiché, perché, siccome, dato che, dal espresso nella reggente
momento che, giacché
Finali: Finale, che indica lo scopo di quanto è
affinché, perché, al fine di, in modo che espresso nella reggente
Consecutive: Consecutiva, che indica la conseguenza
così…che, tanto…che, tale…che, al di quanto è espresso dalla reggente
punto tale…che
Temporali: Temporale, che indica il momento in cui
quando, mentre, finché, dopo che, si verifica quanto è espresso nella
prima che, ogni volta che, appena reggente
Concessive: Concessiva, che indica la circostanza
benché, sebbene, quantunque, nonostante la quale si verifica quanto è
nonostante, anche se, per quanto, espresso nella reggente
malgrado che
Condizionali: Condizionale, che indica la condizione
se, purché, qualora, a patto che, a necessaria perché si verifichi quanto è
condizione che espresso nella reggente
L’INTERIEZIONE:
L’interiezione o esclamazione è la parte invariabile del discorso o un’espressione
che esprime sensazioni ed emozioni improvvise, spontanee. In base alla forma, si
suddividono in:
proprie, che possono svolgere soltanto la funzione di interiezione (ah!, oh!,
uh!, eh!, ih!, urrà!, ahi!, ohi!, ahimè!, ohimè!, ehm!, boh!, uffa!);
improprie, costituite da parole appartenenti ad altre categorie grammaticali
che possono svolgere la funzione di interiezione (peccato!, misericordia!,
aiuto!, coraggio!, dannazione!, sicuro!, bravo!, giusto!, stupendo!, bene!,
via!, presto!, fuori!, evviva!, dai!, basta!);
locuzioni esclamative, formate da più parole o da brevi frasi che svolgono la
funzione di interiezioni (santo cielo!, per l’amor di Dio!, per carità!, povero
me!, mamma mia!).
ESEMPI: Oh, che bella notizia mi hai dato!;
Su, vieni qui!;
Bravo, sono fiero di te!;
Ahimè, ho perso di nuovo!;
Evviva, l’ultimo giorno di scuola!.
LA FRASE:
La frase è un insieme di parole disposte attorno a un predicato secondo le regole
della concordanza grammaticale ed esprime un significato compiuto. La frase
può essere:
frase semplice o proposizione, che contiene un solo predicato, attorno al
quale si organizzano tutti gli altri elementi;
frase complessa o periodo, che contiene più predicati ed è formata da più
frasi semplici collegate tra loro per esprimere un significato compiuto.
Il soggetto ed il predicato costituiscono insieme la coppia minima. Le frasi in cui il
significato non è espresso si dicono frasi nominali.
ESEMPI: Il vento soffia → FRASE SEMPLICE;
La pioggia batte con insistenza sui vetri della mia finestra → FRASE SEMPLICE;
Piove! → FRASE SEMPLICE;
Desideravo una passeggiata ma rimarrò chiuso in casa → FRASE COMPLESSA;
Ho chiesto a tutti i compagni, ma nessuno ha visto il libro → FRASE COMPLESSA;
Treni in sciopero per tre giorni → FRASE NOMINALE;
Studenti in vacanza per la settimana bianca → FRASE NOMINALE.
IL PREDICATO:
Il predicato è l’elemento centrale della frase; esso “predica”, ossia dice qualcosa a
proposito del soggetto e indica un’azione compiuta o subita, un modo di essere o
una qualità. Il predicato può essere verbale o nominale.
IL PREDICATO VERBALE:
Il predicato verbale è costituito da un verbo predicativo, in grado di fornire
un’informazione precisa riguardo al soggetto.
ESEMPI: Il gatto si lava;
Paola studia la lezione;
Il primo classificato è stato premiato dalla giuria;
Giulia ha viaggiato molto l’estate scorsa.
Il verbo essere, quando ha significato proprio e assuma il valore di “esserci”,
“stare”, “trovarsi”, è un predicato verbale.
ESEMPI: Sono a scuola;
Ci sono tre giorni di vacanza;
L’edicola è in piazza.
IL PREDICATO NOMINALE:
Il predicato nominale è sempre costituito da una voce del verbo essere, detta
copula, e da un aggettivo, un nome o un pronome che costituisce il nome del
predicato.
ESEMPI: La festa è stata bellissima;
L’arbitro era imparziale;
Il signor Rossi è un architetto;
Daniele è simpatico.
IL SOGGETTO:
Il soggetto è l’elemento della frase di cui parla il predicato, con il quale concorda nel
numero, nella persona e, talvolta, nel genere. Esso si può trovare prima o dopo il
predicato.
LA PROPOSIZIONE STRUMENTALE:
La proposizione strumentale indica il mezzo o lo strumento con cui si realizza
l’azione espressa dalla reggente. Può essere soltanto:
implicita, quando ha il verbo al modo gerundio o all’infinito preceduto
dalla preposizione con o dalle locuzioni a furia di, a forza di.
ESEMPI: Applicandosi con costanza, tutti possono migliorare;
Con il criticare sempre tutti, si rende antipatica;
A forza di piangere mi si sono arrossiti gli occhi;
È diventato ricco lavorando.
LA PROPOSIZIONI CONSECUTIVA:
La proposizione consecutiva indica la conseguenza di quanto è espresso nella
reggente. È anticipata da un elemento, detto antecedente, che si trova nelle
proposizioni reggente: può essere un avverbio o un aggettivo. Talvolta
l’antecedente è sottinteso. Sono considerate consecutivi anche le proposizioni
introdotte dagli aggettivi degno e indegno. Può essere:
esplicita, quando è introdotta dalle congiunzioni che (preceduta nella
reggente da un antecedente: così, tanto, talmente, tale, simile,
siffatto…) e perché (preceduto dagli avverbi troppo e abbastanza), da
congiunzioni composte come cossiché e sicché oppure da locuzioni
formate con che (al punto che, così che, tanto che, di modo che, in tal
modo che…), ha il verbo al modo indicativo, al congiuntivo o al
condizionale;
implicita, quando è introdotta dalla preposizione propria da o da
locuzioni formate con da (al punto da, così da, tanto da…), dalla
preposizione propria di se dipende dagli aggettivi degno e indegno,
dalla preposizione propria per se l’antecedente è costituito da avverbi
come troppo, troppo poco, sufficientemente, abbastanza, ha sempre il
verbo al modo infinito.
ESEMPI: È così buono che tutti lo stimano → SUBORDINATA CONSECUTIVA
ESPLICITA;
Fui addolorato dalla notizia al punto che non trattenni le lacrime → SUBORDINATA
CONSECUTIVA ESPLICITA;
Farò le cose in modo tale che tutti siano soddisfatti → SUBORDINATA
CONSECUTIVA ESPLICITA;
Gli alunni avevano un tale timore del professore da non rispondere alle sue
domande → SUBORDINATA CONSECUTIVA IMPLICITA;
La commissione ha ritenuto Claudio degno di ricevere quella borsa di studio →
SUBORDINATA CONSECUTIVA IMPLICITA;
Mi sento troppo stanca per venire stasera al cinema con te → SUBORDINATA
CONSECUTIVA IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE AVVERSATIVA:
La proposizione avversativa indica fatti o circostanze che si contrappongono a
quanto è espresso nella reggente. Può essere:
esplicita, quando è introdotta dalle congiunzioni quando, quando invece,
mentre, mentre invece, laddove e ha il verbo al modo indicativo o al
condizionale;
implicita, quando è introdotta dalle locuzioni invece di, al posto di, in luogo
di e dalla congiunzione anziché e ha il verbo al modo infinito.
ESEMPI: Hai parlato, mentre era più opportuno tacere → SUBORDINATA
AVVERSATIVA ESPLICITA;
Elena fa una dieta dimagrante, quando non ne ha bisogno → SUBORDINATA
AVVERSATIVA ESPLICITA;
Tu giochi, invece di studiare → SUBORDINATA AVVERSATIVA IMPLICITA;
Invece di ridere, pensa a questo disastro → SUBORDINATA AVVVERSATIVA
IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE LIMITATIVA:
La proposizione limitativa indica entro quali limiti o da quale punto di vista ha
valore quanto è espresso dalla reggente. Può essere:
esplicita, quando è introdotta da locuzioni come per quanto, a quanto,
secondo quanto, per quello che, da quello che e ha il verbo al modo
indicativo o al congiuntivo;
implicita, quando è introdotta dalle preposizioni proprie a, da, in, per o dalle
locuzioni in quanto a, quanto a e ha il verbo al modo infinito.
ESEMPI: Gigi è molto bravo a suonare la chitarra → SUBORDINATA LIMITATIVA
IMPLICITA;
In quanto al correre, non è bravo → SUBORDINATA LIMITATIVA IMPLICITA;
Da quello che affermano i giornali, la scuola finirà il 10 giugno → SUBORDINATA
LIMITATIVA ESPLICITA;
Che io sappia, lo sciopero dovrebbe essere revocato → SUBORDINATA LIMITATIVA
ESPLICITA.
LE PROPOSIZIONI ECCETTUATIVA, ESCLUSIVA E AGGIUNTIVA:
Le proposizioni eccettuativa ed esclusiva indicano un’azione o una circostanza che
fa eccezione oppure rimane esclusa rispetto a quanto è espresso nella reggente. La
proposizione aggiuntiva indica un fatto o una circostanza che si aggiunge a quanto
affermato nella reggente.
La proposizione eccettuativa può essere:
esplicita, quando è introdotta dalle locuzioni a meno che, eccetto che,
tranne, salvo che, se non che o dalla congiunzione composta fuorché e ha il
verbo al modo indicativo o al congiuntivo;
implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto dalle stesse locuzioni
e congiunzioni della forma esplicita.
La proposizione esclusiva può essere:
esplicita, quando è introdotta dalle locuzioni senza che, senza che non e ha il
verbo al modo congiuntivo;
implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto dalla congiunzione
senza.
La proposizione aggiuntiva può essere soltanto:
implicita, quando ha il verbo all’infinito preceduto dalle locuzioni oltre a,
oltre che.
ESEMPI: In casa aiuto la mamma, salvo che non so cucinare → SUBORDINATA
ECCETTUATIVA ESPLICITA;
Farò qualsiasi cosa, fuorché violare le leggi → SUBORDINATA ECCETTUATIVA
IMPLICITA;
Le fronde stormivano senza che ci fosse un alito di vento → SUBORDINATA
ESCLUSIVA ESPLICITA;
Vieni verso sera, senza portare niente → SUBORDINATA ESCLUSIVA IMPLICITA;
Oltre a commuoversi, di tanto in tanto scoppiava a piangere → SUBORDINATA
AGGIUNTIVA IMPLICITA;
Oltre che essere una persona educata, è simpatico ed intelligente →
SUBORDINATA AGGIUNTIVA IMPLICITA.
LA GRAMMATICA VALENZIALE:
La valenza del verbo è la proprietà che esso ha, in base al proprio significato, di
chiamare a sé gli elementi necessari e sufficienti con i quali può costruire una frase
di senso compiuto. Gli argomenti sono gli elementi strettamente necessari e
sufficienti per saturare le valenze del verbo. Il nucleo della frase è costituito dal
verbo e dai suoi argomenti. Il verbo e i suoi argomenti, che formano il nucleo della
frase, vengono chiamati costituenti primari della frase. I verbi possono essere:
verbi zerovalenti o avalenti, ovvero verbi senza argomento, come i verbi
meteorologici (piove, nevica, tuona, grandina…);
verbi monovalenti, ossia verbi con un argomento (soggetto);
verbi bivalenti, ossia verbi con due argomenti (soggetto e oggetto diretto o
soggetto e oggetto indiretto);
verbi trivalenti, ovvero verbi con tre argomenti (soggetto, oggetto diretto e
oggetto indiretto);
verbi tetravalenti, ovvero verbi con quattro argomenti (soggetto, oggetto
diretto e due oggetti indiretti.
ESEMPI: Piove → VERBO ZEROVALENTE;
Fa caldo → VERBO ZEROVALENTE;
Luigi sbadiglia → VERBO MONOVALENTE;
Il cane abbaia → VERBO MONOVALENTE;
Maria pulisce i vetri → VERBO BIVALENTE;
Lo sport giova alla salute → VERBO BIVALENTE;
Gli amici regalano un libro a Giulia → VERBO TRIVALENTE;
Giacomo ha rubato i guanti a Luca → VERBO TRIVALENTE;
Ludovica traduce romanzi dal russo al danese → VERBO TETRAVALENTE;
Federico ha tradotto una novella dall’italiano all’arabo → VERBO TETRAVALENTE.
LA PUNTEGGIATURA:
I segni di interpunzione servono per rendere nello scritto le pause e i toni. Per
indicare le pause usiamo la virgola, il punto e virgola, i due punti, il punto fermo. Per
indicare l’intonazione usiamo il punto interrogativo, il punto esclamativo e i punti di
sospensione.
Il punto fermo (.) segna una pausa lunga e indica la fine di un periodo. Si usa:
per concludere una frase;
nelle abbreviazioni;
nelle single.
ESEMPI: Il tempo sta peggiorando. Temo che dovremo rinunciare alla gita in
montagna;
sig. (signore);
dott. (dottore);
pag. (pagina);
c.m. (corrente mese);
S.p.A (Società per Azioni).
La virgola (,) indica una pausa breve nel discorso. Si usa:
per separare gli elementi di una enumerazione;
per isolare i vocativi;
pe isolare degli incisi o delle apposizioni;
per separare le proposizioni coordinate di un periodo;
per separare le proposizioni coordinate oppure subordinate introdotte dalle
congiunzioni ma, però, tuttavia, se, anche se, mentre, quando…;
dopo gli avverbi sì, no, bene.
ESEMPI: L’arancio, il limone, il pompelmo, il mandarino;
Credimi, Mario, tu sei il mio migliore amico;
Il buon giorno, come dice il proverbio, si vede dal mattino;
Pausania, il re spartano, guidò i trecento eroi che si sacrificarono alle Termopili;
Venni, vidi, vinsi;
Il cielo è molto coperto, però non piove;
Sì, hai ragione tu.
La virgola non può mai essere posta:
tra soggetto e predicato;
tra predicato e complemento oggetto;
prima delle congiunzioni e, o, né;
prima di una subordinata relativa che specifica il termine o la frase
precedente.
Il punto e virgola ( ; ) segna una pausa più lunga di quella indicata dalla virgola. Si
usa:
per separare parti di periodo che sintatticamente potrebbero essere
considerate indipendenti, ma che, in quanto al pensiero, hanno tra loro
stretta relazione.
ESEMPI: L’assemblea è stata caratterizzata da un dibattito molto animato; alla fine,
però, i soci hanno votato un documento comune.
I due punti ( : ) segnano una pausa simile a quella del punto e virgola. Si usano:
per introdurre un discorso diretto (in questo caso sono seguiti da virgolette);
per spiegare o concludere quanto è stato affermato in precedenza;
per introdurre un elenco.
ESEMPI: Mi sono venuti i brividi, quando il professor Rossi ha detto: “Ora
interrogherò Valetti”;
Papà, ti faccio una promessa: studierò seriamente;
Le grandi penisole bagnate dal Mediterraneo sono: Iberica, Italica e Balcanica.
Il punto interrogativo (?) indica una pausa lunga. Si usa:
per concludere una domanda;
per esprimere un dubbio.
ESEMPI: Chi mi ha cercato?;
E se Alice amasse un altro?.
Il punto esclamativo (!) indica una pausa lunga. Si usa:
per esprimere un comando, una preghiera, un’invocazione;
per manifestare sentimenti di sorpresa, gioia, dolore.
ESEMPI: State zitti!
Quanto ho atteso questo momento!
I puntini di sospensione (…) indicano una sospensione del discorso. Si usano:
per manifestare incertezza, confusione, imbarazzo;
per fare un’allusione o creare un senso di atteso.
ESEMPI: Non avrei mai pensato che potessimo perdere una partita così facile…;
Fai come ti dico, altrimenti…
Le virgolette basse (< >) o alte (“ ”) si usano:
per introdurre e concludere un discorso diretto;
per racchiudere una o più parole a cui si voglia dare particolare rilievo;
per racchiudere una citazione;
per indicare il titolo di libri, riviste e giornale, opere d’arte.
ESEMPI: Il vigile mi disse: “Lei è passato con il rosso”;
Anche questa volta il primo a risolvere il problema è stato Sergio, il “genio” della
classe;
Il grande Socrate era solito dire: “Conosci te stesso”;
“Cent’anni di solitudine”;
“L’Espresso”;
“Il Corriere della Sera”.
Le lineette (-) si usano:
per racchiudere un inciso;
per introdurre e concludere un discorso diretto, invece delle virgolette.
ESEMPI: Quando gli domandai a che ora si fosse svegliato, mi rispose: -A
mezzogiorno!-;
Quel ragazzo –Tutti ne sono convinti- diventerà un campione.
Il trattino (-) si usa:
per unire tra loro due parole;
per dividere le sillabe andando a capo.
ESEMPI: Il Centro-Sud;
L’attrice italo-francese;
l’autostrada Torino-Milano.
Le parentesi tonde ( ) si usano:
per racchiudere un inciso, un’osservazione o parole che interrompono il filo
principale del discorso, spesso sono sostituite dalle lineette.
ESEMPI: Una grande astronave (lo testimoniano numerose persone attendibili) è
comparsa ieri sulla nostra città.
Le parentesi quadre [ ] si usano:
per introdurre nel testo parole o frasi che non ne fanno parte, ma che servono
a renderlo più comprensibile;
per segnalare nel testo parole o frasi che sono state omesse.
ESEMPI: Nell’Iliade [Omero] descrive la guerra di Troia;
Il padre Cristoforo si fermò ritta sulla soglia, e, […] dovette accorgersi che i suoi
presentimenti non erano falsi.
L’asterisco (*) si usa:
al termine di una parola o di una frase, per rinviare ad una nota a fondo
pagina;
ripetuto tre volte può sostituire un nome proprio che non si vuol citare o che
non si conosce.
ESEMPI: Essa era l’unica figlia del principe ***, gran gentiluomo milanese;
Mario è un esperto di entomologia *
*ramo della zoologia che studia gli insetti.
LA COMUNICAZIONE E I SEGNI:
Le creature viventi, dagli organismi formati da un’unica cellula a quelli più complessi,
interagiscono tra loro e s’influenzano l’un l’altro attraverso i segni. Le Lingue usate
dagli esseri umani sono: codici di comunicazione o codici semiologi. Il segno è
l’elemento minimo della comunicazione, qualcosa che “sta per qualcos’altro” e
rinvia a oggetti o a nozioni; è costituito da una parte percepibile dai sensi (il
significante), a cui è associato un concetto, un’idea (il significato).
ESEMPI: In un semaforo, il significante è il rosso e il significato è divieto di
passaggio;
il significante è il verbo e il significato è permesso di passaggio.
Le quattro dimensioni del segno sono:
dimensione semantica, che è il rapporto tra il significato del segno e i possibili
sensi che può assumere;
dimensione espressiva, che è il rapporto tra il significante e le diverse
espressioni che possono realizzarlo.
dimensione sintattica, che è il rapporto tra un segno e gli altri segni dello
stesso codice.
dimensione pragmatica (pratica), che è l’utilizzazione che di un segno fanno
gli utenti, per informarsi, interrogarsi, minacciarsi.
Gli elementi fondamentali della comunicazione sono:
l’emittente, che è la fonte dell’informazione, colui che invia il messaggio;
il messaggio, che è il contenuto dell’informazione trasmessa
dall’emittente;
il destinatario, che è colui al quale il messaggio è rivolto;
il codice, che è il sistema di segni e di regole d’uso, noto ad emittente e
destinatario, in cui è formulato il messaggio;
il canale, che è il mezzo con cui il messaggio viene trasmesso e attraverso
cui si stabilisce una connessione tra emittente e destinatario;
il referente, che è l’oggetto, la situazione a cui si riferisce.
LA LINGUA:
La varietà della lingua può essere:
situazionale (diafasica) dipende dal contesto comunicativo (i registri);
funzionale (diafasica) dipende dall’esercizio di specifiche professioni
(linguaggi settoriali);
geografica (diatopica) dipende dal luogo, dalla differenziazione
geografica (dialetti);
sociale (diastratica) dipende dalla stratificazione in classi o gruppi
sociali;
strutturale (diamesica) dipende dal contatto.
Le caratteristiche della lingua scritta sono:
discorso costruito in tutte le sue parti;
esplicitezza;
presenza di tutti gli elementi linguistici necessari;
ricca presenza della morfologia verbale;
prevalenza della ipotassi sulla paratassi;
ampia gamma di proposizioni coordinate e subordinate;
ampio uso di connettivi frasali e testuali;
tendenza ad usare l’ordine soggetto-verbo-oggetto;
alta coesione testuale;
continuità, fluidità del discorso;
uso di un lessico specifico e specialistico;
tendenza alla varietà lessicale.
Le caratteristiche della lingua parlata sono:
• discorso costruito in modo frammentario, incompiuto;
• implicitezza;
• ellissi e tendenza ad usare solo in parte gli elementi linguistici;
• scarsa varietà della morfologia verbale;
• prevalenza dalla paratassi sull’ipotassi;
• scarsa gamma di proposizioni coordinate e subordinate;
• tendenza ad usare pochi connettivi e congiunzioni parafrasali e testuali;