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GRAMMATICA

IL VERBO:
Il verbo è la parte variabile del discorso con la quale si esprimono, collocandoli nel
tempo, un’azione, un evento casuale, un’esistenza, un modo di essere, uno stato. È
l’elemento fondamentale della frase, in quanto non è possibile esprimere alcun
pensiero senza di esso.
ESEMPI: La bambina raccoglie dei fiori
Piove da tre giorni
Sono orgoglioso di mio figlio
LA CONIUGAZIONE:
La coniugazione è l’insieme delle forme che il verbo può assumere per indicare la
persona o le persone che compiono l’azione e il tempo e il modo in cui essa avviene.
Le coniugazioni sono tre e si riconoscono dalla desinenza con cui i verbi terminano
all’infinito presente:
 prima coniugazione → verbi in -are (cantare, amare, ricordare);
 seconda coniugazione → verbi in -ere (credere, vendere, temere);
 terza coniugazione → verbi in -ire (uscire, scoprire, servire).
Vi sono altri elementi che concorrono alla coniugazione del verbo: la persona, il
numero, il tempo e il modo.
LA PERSONA E IL NUMERO:
Il verbo può essere di numero singolare o plurale, a seconda che la persona del
verbo, costituita da un pronome personale, sia di numero singolare o plurale. Le
persone del verbo sono sei, tre per il numero singolare e tre per il numero plurale:
 1° persona singolare → io amo
 2° persona singolare → tu ami
 3° persona singolare → egli ama
 1° persona plurale → noi amiamo
 2° persona purale → voi amate
 3° persona plurale → essi amano

IL TEMPO:
Il tempo indica se, nel momento in cui si parla o si scrive, l’azione è già avvenuta
(passato), sta avvenendo (presente), deve ancora avvenire (futuro).
ESEMPI: Tempo fa leggemmo un bellissimo libro → PASSATO
Papà legge il giornale tutti i giorni → PRESENTE
Leggerò la lettera appena avrò tempo → FUTURO
I tempi verbali si dividono in:
 semplici, se formati da una sola parola (parlo, giocai, mangerò);
 composti, se formati da due o più parole; sono costituiti dal verbo essere o
avere seguito dal participio passato del verbo che esprime l’azione (ho
parlato, saresti stato visto, avrei bevuto).
IL MODO:
Il modo indica le circostanze in cui l’azione ha luogo. I modi verbali si dividono in:
 finiti, che nella congiunzione distinguono sempre persona e numero
(indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo);
 indefiniti, che indicano un’azione o uno stato in modo indeterminato, cioè
senza distinguere la persona e indicando solo in alcuni casi il numero (infinito,
participio, gerundio).
ESEMPI: Io leggo volentieri il giornale → INDICATIVO
Credo che tu legga poco → CONGIUNTIVO
Leggerei volentieri un bel libro → CONDIZIONALE
Leggi questo articolo → IMPERATIVO
Leggo per imparare → INFINITO
Leggendo apprendo nuove conoscenze → GERUNDIO
Salutati i genitori, Marco se ne andò → PARTECIPIO
L’INDICATIVO:
Il modo indicativo esprime fatti e modi di essere certamente verificatisi in passato o
che stanno verificandosi nel presente o il cui verificarsi nel futuro è dato per certo.
Esso comprende otto tempi:
 quattro semplici: presente, imperfetto, passato remoto, futuro semplice;
 quattro composti: passato prossimo, trapassato prossimo, trapassato
remoto, futuro anteriore.
IL CONGIUNTIVO:
Il modo congiuntivo esprime fatti e azioni che non si verificano con certezza ma che
sono considerati possibili, probabili o ipotetici. Esso comprende quattro tempi:
 due semplici: presente, imperfetto;
 due composti: passato, trapassato.
IL CONDIZIONALE:
Il modo condizionale indica un’azione subordinata a una condizione oppure esprime
un desiderio, un dubbio, un’opinione, una richiesta. Esso comprende due tempi:
 uno semplice: presente;
 uno composto: passato.
L’IMPERATIVO:
Il modo imperativo esprime un comando, una richiesta, un consiglio,
un’esortazione, una preghiera. Esso comprende un solo tempo semplice:
 presente.
L’INFINITO:
Il modo infinito esprime il significato di base del verbo, senza aggiungere altre
informazioni. Esso comprende due tempi:
 uno semplice: presente;
 uno composto: passato.
IL PARTICIPIO:
Il modo participio deriva il suo nome dal fatto che partecipa delle funzioni di verbo e
di aggettivo, svolgendole entrambe. Esso comprende due tempi:
 uno semplice: presente;
 uno composto: passato.
Il participio può essere usato con funzione di verbo, di aggettivo e di nome.
ESEMPI: Questo è un romanzo interessante → FUNZIONE DI AGGETTIVO
Marco ha acquistato un’auto usata → FUNZIONE DI AGGETTIVO
Un passante lo aiutò ad attraversare la strada → FUNZIONE DI NOME
L’imputato fu assolto → FUNZIONE DI NOME
Il convegno riguardante (che riguardava) gli Egizi fu apprezzato dagli
studenti → FUNZIONE DI VERBO
L’Impero romano fu attaccato da popoli provenienti (che provenivano) da
Nord → FUNZIONE DI VERBO
IL GERUNDIO:
Il modo gerundio indica le modalità (di mezzo, di tempo, di causa, di modo) secondo
le quali avviene un’altra azione oppure esprime una condizione. Esso comprende
due tempi:
 uno semplice: presente;
 uno composto: passato.
I VERBI REGOLARI:
I verbi regolari seguono il modello delle tre coniugazioni verbali: essi conservano
immutata la radice, alla quale aggiungono le desinenze proprie della coniugazione di
appartenenza. Sono verbi regolari: amare, temere, servire…
I VERBI IRREGOLARI:
I verbi irregolari sono tutti quei verbi che si discostano dal modello della
coniugazione cui appartengono. Le forme irregolari riguardano solo alcuni modi,
tempi e persone. Sono verbi irregolari, ad esempio:
 andare:
INDICATIVO presente: io vado, tu vai, egli va, noi andiamo, voi andate, essi
vanno; futuro: io andrò, tu andrai, egli andrà, noi andremo, voi andrete, essi
andranno;
CONGIUNTIVO presente: che io vada, che tu vada, che egli vada, che noi
andiamo, che voi andiate, che essi vadano;
CONDIZIONALE presente: io andrei, tu andresti, egli andrebbe, noi andremmo,
voi andreste, essi andrebbero;
IMPERATIVO presente: vai tu, vada egli, andiamo noi, andate voi, vadano essi
 alludere:
INDICATIVO passato remoto: io allusi, tu alludesti, egli alluse, noi alludemmo,
voi alludeste, essi allusero;
PARTICIPIO passato: alluso
 cadere:
INDICATIVO passato remoto: io caddi, tu cadesti, egli cadde, noi cademmo,
voi cadeste, essi caddero; futuro: io cadrò, tu cadrai, egli cadrà, noi cadremo,
voi cadrete, essi cadranno;
CONDIZIONALE presente: io cadrei, tu cadresti, egli cadrebbe, noi cadremmo,
voi cadreste, essi cadrebbero;
 chiudere:
INDICATIVO passato remoto: io chiesi, tu chiedesti, egli chiese, noi
chiedemmo, voi chiedeste, essi chiesero;
PARTICIPIO passato: chiuso;
 conoscere:
INDICATIVO passato remoto: io conobbi, tu conoscesti, egli conobbe, noi
conoscemmo, voi conoscete, essi conobbero;
PARTICIPIO passato: conosciuto;
 morire:
INDICATIVO presente: io muoio, tu muori, egli muore, noi moriamo, voi
morite, essi muoiono;
CONGIUNTIVO presente: che io muoia, che tu muoia, che egli muoia, che noi
moriamo, che voi morite, che essi muoiano;
CONDIZIONALE presente: io morirei, tu moriresti, egli morirebbe, noi
moriremmo, voi morireste, essi morirebbero;
PARTICIPIO passato: morto;
 uscire:
INDICATIVO presente: io esco, tu esci, egli esce, noi usciamo, voi uscite, essi
escono;
CONGIUNTIVO presente: che io esca, che tu esca, che egli esca, che noi
usciamo, che voi uscite, che essi escano;
IMPERATIVO presente: esci tu, esca egli, usciamo noi, uscite voi, escano essi.
I VERBI DIFETTIVI:
Si dicono verbi difettivi i verbi di cui si usano soltanto alcuni modi, tempi e
persone. Sono verbi difettivi:
 addirsi:
INDICATIVO PRESENTE: si addice, si addicono;
INDICATIVO IMPERFETTO: si addiceva, si addicevano;
CONGIUNTIVO PRESENTE: si addica, si addicano;
CONGIUNTIVO IMPERFETTO: si addicesse, si addicessero;
 constare:
INDICATIVO PRESENTE: consta;
INDICATIVO IMPERFETTO: constava;
 delinquere:
INFINITO PRESENTE: delinquere;
PARTICIPIO PRESENTE: delinquente;
 ostare:
INDICATIVO PRESENTE: osta;
 solere:
INDICATIVO PRESENTE: soglio, suoli, suole, sogliamo, solete, sogliono;
INDICATIVO IMPERFETTO: solevo, solevi, soleva, solevamo, solevate,
solevano;
CONGIUNTIVO PRESENTE: soglia, soglia, soglia, sogliamo, sogliate, sogliano;
CONGIUNTIVO IMPERFETTO: solessi, solessi, solesse, solessimo, soleste,
solessero;
PARTICIPIO PASSATO: solito;
GERUNDIO PRESENTE: solendo.
I VERBI SOVRABBONTI:
Si dicono sovrabbondanti i verbi che hanno la stessa radice e il medesimo significato
ma appartengono a due diverse coniugazioni. Tra i verbi che mantengono lo stesso
significato, ricordiamo:
 adempiere / adempiere;
 ammansare / ammansire;
 compiere / compire;
 dimagrare / dimagrire;
 indurare / indurire;
 annerare / annerire;
 starnutare / starnutire.
Tra i verbi che mutano significato, ricordiamo:
 arrossare (far diventare rosso) / arrossire (diventare rosso);
 atterrare (gettare a terra, abbattere) / atterrire (spaventare);
 imboscare (nascondere) / imboschire (piantare alberi);
 impazzare (scatenarsi) / impazzire (diventare pazzo);
 sfiorare (toccare lievemente, rasentare) / sfiorire (perdere il fiore);
 scolorare (togliere il colore) / scolorire (perdere il colore).

IL GENERE DEI VERBI: TRANSITIVI E INTRANSITIVI:


Si definisce transitivo un verbo la cui azione passa direttamente dal soggetto al
complemento oggetto.
ESEMPI: Accendi il televisore;
Mario ha invitato gli amici;
Il cane mangia le crocchette.
Si definisce intransitivo un verbo la cui azione rimane sul soggetto.
ESEMPI: Il babbo dorme sul divano;
Il vento soffiava forte;
L’Arno sfocia nel Mar Tirreno.
LA FORMA DEI VERBI: ATTIVI, PASSIVI E RIFLESSIVI:
Il verbo ha forma attiva quando il soggetto compie l’azione.
ESEMPI: Luca ha accompagnato Mario in palestra;
I turisti ammirano i monumenti;
Andrea ama la storia.
Il verbo ha forma passiva quando il soggetto subisce l’azione.
ESEMPI: L’albero fu danneggiato dal temporale;
Il vincitore verrà premiato dalla giuria;
L’automobile è stata riparata dal meccanico.
I verbi transitivi possono avere forma attiva e passiva; i verbi intransitivi, invece,
hanno soltanto la forma attiva.
I verbi riflessivi esprimono un’azione che si riflette sul soggetto che la compie. Essi
sono accompagnati dai pronomi mi, ti, ci, si, vi.
ESEMPI: Questa mattina mi sono svegliato alle sei;
Le barche si erano avvicinate alla riva.
I verbi riflessivi si suddividono in:
 riflessivi propri, la cui funzione delle particelle pronominali assume valore di
complemento oggetto;
 riflessivi apparenti, le particelle pronominali fungono da complemento
indiretto (complementi di termini, di vantaggio o svantaggio);
 riflessivi reciproci, le particelle pronominali assumono il significato di “l’un
l’altro, tra loro”, l’azione è scambiata, reciprocamente, tra due o più persone.
ESEMPI: Io mi vesto = io vesto me stesso → RIFLESSIVO PROPRIO;
Tu ti asciughi = tu asciughi te stesso → RIFLESSIVO PROPRIO;
Giada si lava le mani = lava le mani a se stessa → RIFLESSIVO APPARENTE;
Enrico si rovina la giornata = rovina la giornata a se stesso → RIFLESSIVO
APPARENTE;
Noi ci amiamo = io amo te, tu ami me → RIFLESSIVO RECIPROCO; I
ragazzi si lanciano la palla=si lanciano la palla l’un l’altro → RIFLESSIVO RECIPROCO.
I VERBI AUSILIARI:
I verbi essere e avere, dotati di coniugazione propria, possono svolgere la funzione
di ausiliari al servizio di altri verbi oppure avere un significato proprio.
ESEMPI: Il film è stato vinto dal mio cantante preferito;
Ho incontrato un vecchio amico.
I VERBI SERVILI:
Si dicono servili i verbi potere, volere e dovere quando sono al servizio di un altro
verbo di modo infinito per arricchirne il significato. Posso essere impiegati come
servili anche: sapere, desiderare, preferire, osare, solere.
ESEMPI: Devo lavare l’auto;
Potresti accompagnarmi al supermercato?;
Vuoi giocare con me?;
Io non so suonare la chitarra;
Desideravo riposare;
Non oserei affrontarlo.
I VERBI FRASEOLOGI:
I verbi fraseologici precedono un altro verbo di modo indefinito, gerundio o
participio per specificare aspetti particolari dell’azione che questo esprime. I verbi
fraseologici indicano un’azione che:
 sta per iniziare (stare per, essere sul punto di, accingersi a + infinito);
 inizia (mettersi a, cominciare a + infinito);
 si sta svolgendo (stare, venire, andare + gerundio);
 si protrae nel tempo (continuare a, ostinarsi a, insistere a + infinito);
 si conclude (smettere di, finire di cessare di + infinito);
 è causata (fare, lasciare + infinito) o tentata (cercare di, provare a + infinito)
dal soggetto;
 è subita dal soggetto (trovarsi, vedersi + participio, lasciarsi + infinito).
ESEMPI: La gara sta per iniziare;
Cominciò a muoversi;
Ho smesso di fumare;
Proverò a cambiare pettinatura;
Lasciati ammirare!;
Perché continui a mentire?.
I VERBI PREDICATIVI E COPULATIVI:
I verbi predicativi hanno un significato ben definito di per sé; possono quindi essere
usati da soli.
ESEMPI: Io mangio un gelato;
Tu ridi di lui;
Dante Alighieri scrisse la Divina Commedia;
Partiamo per il mare.
I verbi copulativi non hanno un senso compiuto per sé, perciò devono essere
accompagnati da un nome o aggettivo che li completi. Il verbo copulativo per
eccellenza è il verbo essere; altri verbi copulativi sono: sembrare, parere, divenire,
restare, rimanere, apparire, vivere, morire, diventare, nascere…
ESEMPI: Oggi sono felice;
Quell’uomo rimarrà solo;
Tutti partirono contenti;
Cristoforo Colombo morì povero.

I VERBI IMPERSONALI:
I verbi impersonali non si riferiscono a un soggetto determinato e sono sempre usati
alla terza persona singolare. Hanno valore impersonale:
 verbi e locuzioni che indicano fenomeni meteorologici, come piovere,
nevicare, tuonare…;
 verbi come occorrere, bisognare, accadere, succedere, sembrare, parere,
piacere;
 qualsiasi verbo usato alla terza persona singolare preceduto dalla particella si,
oppure da ci si se il verbo è riflessivo;
 locuzioni formate dal verbo essere alla terza persona seguito da un aggettivo,
da un nome o da un avverbio.
ESEMPI: Piove da diversi giorni;
Nevica sulle montagne;
Sembra che il professor Rossi ritorni domani;
Conviene fare in fretta, se vogliamo arrivare in tempo;
Si spera in un futuro felice;
Da quel ragazzo ci si aspetta molto;
Era presto e i negozi erano ancora chiusi.

IL NOME:
Il nome o sostantivo è la parte variabile del discorso che serve ad indicare tutto ciò
che esiste nella realtà (persone, animali, cose, luoghi) e nella nostra mente (idee,
concetti, sentimenti).
ESEMPI: Stimo molto la mia insegnante;
La speranza è l’ultima a morire;
Ho fatto una lunga corsa.
I NOMI CONCRETI E I NOMI ASTRATTI:
I nomi concreti indicano persone, animali o oggetti realmente esistenti o immaginati
come reali che si percepiscono con i sensi.
ESEMPI: Il libro è stato scritto da Fabio Volo;
La madre lavora;
Il cielo è blu.
I nomi astratti indicano entità (idee, concetti) che non hanno consistenza fisica, che
sono prodotti della mente o dell’immaginazione e che non si percepiscono con i
sensi.
ESEMPI: L’amore è un sentimento;
Il rispetto è alla base della società democratica;
L’amicizia è una virtù.
I NOMI PROPRI E I NOMI COMUNI:
I nomi propri indicano una particolare persona, animale o cosa per distinguerla da
altri della stessa specie o categoria.
ESEMPI: Kyra è il cane di Antonio;
Mio padre si chiama Giovanni.
I nomi comuni si riferiscono a persone, animali o cose in modo generico, tale da non
consentirne un’identificazione precisa.
ESEMPI: Il cane è il fedele amico dell’uomo;
La capitale dell’Italia è Roma.

I NOMI INDIVIDUALI E I NOMI COLLETTIVI:


I nomi individuali indicano una sola persona, un solo animali, una sola cosa.
ESEMPI: Mi ha punto un’ape;
L’aereo atterrerà tra un’ora.
I nomi collettivi, pur essendo al singolare, indicano un insieme di persone, animali o
cose.
ESEMPI: Sono stato inseguito da un branco di lupi;
La pinacoteca di Brera si trova a Milano.

NOME INDIVIDUALE NOME COLLETTIVI


Aereo Stormo
Isola Arcipelago
Libro Biblioteca
Lupo Branco
Nave Flotta
Mucca Mandria
Pecora Gregge
Persona Folla
Pino Pineta
Quadro Pinacoteca
Rosa Roseto
Soldato Esercito

Alcuni nomi, a seconda del significato possono essere individuali o collettivi:


NOME INDIVIDUALE NOME COLLETTIVO
Banco (di scuola) Banco (di pesci)
Banda (striscia) Banda (musicale)
Campione (sportivo) Campione (parte di una totalità di
elementi)
Squadra (strumento per il disegno) Squadra (gruppo di persone che
compiono la stessa attività)

IL GENERE DEL NOME: MASCHILE E FEMMINILE:


I nomi possono essere maschili o femminili. Il riconoscimento può essere facilitato
dalla presenza dell’articolo.
ESEMPI: Il gatto miagola → NOME DI GENERE MASCHILE;
La mamma cucina → NOME DI GENERE FEMMINILE.
I NOMI DI GENERE COMUNE:
I nomi di genere comune sono quei nomi che, sempre riferiti a persone, possiedono
una sola forma sia per il maschile che per il femminile. Essi sono:
Il parente La parente
Il consorte La consorte
Il custode La custode
Il collega La collega
Un atleta Un’atleta
Il pianista La pianista
Il suicida La suicida
Il pediatra La pediatra
Il cantante La cantante

I NOMI DI GENERE PROMISCUO:


I nomi di genere promiscuo sono nomi di animale che hanno una sola forma,
maschile o femminile, per indicare sia il maschio sia la femmina, come tigre,
leopardo, serpente, scimmia, gorilla, cammello, rondine, rana, rospo, lucertola…
I NOMI MOBILI:
I nomi mobili, nel passaggio dal maschile al femminile, mantengono immutata la
radice e modificano la desinenza. Essi sono:
Il figlio La figlia
Il ragazzo La ragazza
Il vincitore La vincitrice
Il signore La signora
L’infermiere L’infermiera
Il professore La professoressa
Il poeta La poetessa
Il profeta La profetessa
Il calciatore La calciatrice

I NOMI IRREGOLI:
I nomi irregolari formano il femminile in modo irregolare. Essi sono:
Dio Dea
Re Regina
Abate Abadessa
Eroe Eroina
Cane Cagna
Gallo Gallina
Zar Zarina

I NOMI INDIPENDENTI:
I nomi indipendenti formano il femminile modificando interamente sia la radice sia
la desinenza. Essi sono:
Uomo Donna
Padre Madre
Marito Moglie
Fratello Sorella
Genero Nuora
Frate Suora
Celibe Nubile
Maschio Femmina
Toro Mucca
Montone Pecora

I FALSI CAMBIAMENTI DI GENERE:


Con falsi cambiamenti di genere si intende quei nomi che possiedono sia il genere
maschile sia quello femminile e, nel passaggio da una forma all’altra, cambiano in
loro significato, ad esempio:
Baleno (attimo) Balena (mammifero)
Busto (parte superiore del tronco) Busta (contenitore per documenti)
Collo (parte del corpo) Colla (sostanza adesiva)
Manico (impugnatura) Manica (parte di un abito)
Mento (parte del viso) Menta (pianta)
Porto (riparo per le imbarcazioni) Porta (ingresso)
Posto (luogo) Posta (corrispondenza, ufficio postale)
Panno (tessuto) Panna (componente del latte)
Suolo (terreno) Suola (parte della scarpa)
Torto (sopruso) Torta (dolce)
I falsi cambiamenti di genere si verificano anche con nomi che hanno una forma
identica per il maschile e per il femminile, distinguibili solo grazie alla presenza
dell’articolo, ad esempio:
Il boa (serpente) La boa (galleggiante)
Il camerata (compagno d’armi) La camerata (dormitorio)
Il fine (scopo) La fine (conclusione)
Il capitale (patrimonio) La capitale (città)
Il lama (animale) La lama (oggetto tagliente)
Il fronte (linea di combattimento) La fronte (parte del volto)

IL NUMERO DEL NOME: SINGOLARE E PLURALE:


Il numero singolare individua un solo animale, una sola cosa, una sola persona. Il
numero plurale individua più animali, più cose, più persona.
ESEMPI: Ti ho portato una torta → NOME SINGOLARE;
Ti comprato delle caramelle → NOME PLURALE.
I NOMI VARIABILI:
I nomi variabili cambiano la desinenza passando dal singolare al plurale, ad
esempio:
Il profeta I profeti
L’atleta Gli atleti
La stanza Le stanze
Il porto I porti
Il lavoro I lavori
Il monte I monti
La vite Le viti
La legge Le leggi

I NOMI INVARIABILI:
I nomi invariabili presentano la stessa forma per il singolare e il plurale, ad esempio:
La serie Le serie
La specie Le specie
La gru Le gru
La radio Le radio
La tesi Le tesi
La crisi Le crisi
Il lunedì I lunedì
La tribù Le tribù
Il computer I computer
Il re I re
Il cinema I cinema
Il bar I bar

I NOMI DIFETTIVI:
I nomi difettivi mancano della forma singolare o plurale.
Sono usati al singolare:
 i nomi di alcuni minerali: il rame, il bronzo, lo iodio, l’ossigeno, il petrolio;
 i nomi di alcuni alimenti: il latte, il pepe, il miele, la senape, il burro;
 i nomi di alcune malattie: il vaiolo, il colera, il morbillo, il tifo, l’influenza;
 i nomi di mesi e festività: aprile, la Pasqua, il Ferragosto;
 alcuni nomi collettivi: la plebe, il fogliame, il bestiame;
 i nomi che indicano concetti astratti: la carità, l’onestà, il coraggio;
 i nomi che si riferiscono ad elementi unici in natura: l’equatore, l’aria, il sud,
lo zenit, il nord;
Sono usati al plurale:
 gli oggetti formati da parti uguali: gli occhiali, i pantaloni, le forbici, le pinze,
le bretelle;
 i nomi che indicano una pluralità di oggetti o azioni: i dintorni, le stoviglie, le
percosse, le fattezze, le viscere;
 i nomi che derivano da plurale di origine latina: le nozze; le esequie, le ferite,
i posteri.

I NOMI SOVRABBONANTI:
I nomi sovrabbondanti hanno due forme, molto spesso dotate di diverso
significato. Essi sono:
Il braccio I bracci (di un fiume, di Le braccia (del corpo
una croce, di una umano)
bilancia)
Il ciglio I cigli (dei fossi, dei Le ciglia (degli occhi)
burroni)
Il corno I corni (strumenti Le corna (degli animali)
musicali)
Il dito I diti (considerati distinti Le dita (di tutta la
l’uno dall’altro) mano)
Il filo I fili (del telegrafo, Le fila (della tela, di una
d’erba, dello spago) congiura)
Il fondamento I fondamenti (di una Le fondamenta (di un
teoria) edificio)
Il gesto I gesti (movimenti di Le gesta (imprese
certe parti del corpo) eroiche)
Il grido I gridi (degli animali) Le grida (degli uomini)
Il labbro I labbri (di una ferita) Le labbra (della bocca)
Il membro I membri (di una Le membra (del corpo
società, di una umano)
commissione)
Il muro I muri (di un edificio)
Le mura (della città, di
una fortezza)
L’osso Gli ossi (considerati Le ossa (di un essere
separatamente; di un vivente considerate
animale spolpato) nell’insieme)
Fanno parte della categoria dei sovrabbondanti anche alcuni nomi che presentano
forme diverse, sia nel genere sia nel numero, con sfumature di significato:
Il frutto (di una pianta, di un’attività, di I frutti
un investimento finanziario)
La frutta (l’insieme dei vari frutti) Le frutta
Il legno (da costruzione) I legni
La legna (da ardere) Le legna
L’orecchio (di un corpo umano o Gli orecchi
animale; sensibilità per la musica)
L’orecchia (di un corpo; piega fatta Le orecchie
sull’angolo di una pagina)

I NOMI PRIMITIVI E I NOMI DERIVATI:


I nomi primitivi sono formati soltanto dalla radice e dalla desinenza perché non
derivano da alcuna parola. I nomi derivati hanno origine da altre parole e sono
formati da prefissi e/o suffissi che si aggiungono alla radice e alla desinenza.
ESEMPI: Ricordati di comprare il sale → NOME PRIMITIVO;
Passami la saliera → NOME DERIVATO.
I nomi possono derivare da:
 un altro nome:
mare → marinaio;
pazienza → impazienza;
gusto → degustazione;
nazione → nazionalità.
 un aggettivo:
sensibile → sensibilità;
normale → normalità;
bello → bellezza;
simpatico → simpatia.
 un verbo:
costruire → costruzione;
conoscere → conoscitore;
parlare → parlamento;
saldare → saldatura.
I NOMI ALTERATI:
I nomi alterati, pur contendendo un suffisso, non cambiano il loro significato, ma
indicano una qualità o una quantità o esprimono il giudizio di chi parla. I nomi
alterati possono essere classificati in:
 diminutivi (indicano piccolezza):
-ino → ragazzino
-etto → bacetto
-ello → bambinello
-icello → orticello
-icciolo → muricciolo
-erello → fatterello

 vezzeggiativi (esprimono simpatia e affetto):


-uccio → cavalluccio
-uzzo → pietruzza
-olo → poesiola
-acchiotto → orsacchiotto
 accrescitivi (indicano grandezza)
-one → librone
-accione → omaccione
 dispregiativi (esprimono disprezzo o avversione)
-accio → caratteraccio
-astro → poetastro
-onzolo → mediconzolo
-uncolo → omuncolo
-upola → casupola
-iciattolo → mostriciattolo
I NOMI COMPOSTI:
I nomi composti sono nomi formati da due o più parole:
 nome + nome → ferro + via → ferrovia
 aggettivo + aggettivo → sordo + muto → sordomuto
 nome + aggettivo → acqua + santa → acquasanta
 aggettivo + nome → alto + forno → altoforno
 verbo + nome → porta + pacchi → portapacchi
 verbo + avverbio → posa + piano → posapiano
 avverbio + verbo → via + vai → viavai
 verbo + verbo → dormi + veglia → dormiveglia
 preposizione + nome → contro + piede → contropiede

L’ARTICOLO:
L’articolo è la parte variabile del discorso che si pone davanti al nome per indicarne
il genere e il numero.
ESEMPI: I boschi ricoprono questa pianura;
Dobbiamo avere delle informazioni su quella persona;
Abbiamo giocato una splendida partita.

L’ARTICOLO DETERMINATIVO:
L’articolo determinativo accompagna i nomi di persona, animali e cose ben noti a
chi parla o ascolta. Gli articoli determinativi sono: il, lo, la, i, gli, le.
ESEMPI: Gli Estensi furono signori di Ferrara;
La Tour Eiffel si trova a Parigi;
Il ghepardo è un animale velocissimo;
Lo xilofono è uno strumento musicale;
Vedo nel cortile i fari di un’auto;
Esco con le mie amiche.
L’ARTICOLO INDETERMINATIVO:
L’articolo indeterminativo accompagna i nomi di persone, animali e cose per
indicarli in modo generico. Gli articoli indeterminativi sono: un, uno, una.
ESEMPI: Ha telefonato una ragazza che voleva parlare con te;
Un lupo decise di procurarsi del cibo;
Ho trovato uno zaino in classe.
L’ARTICOLO PARTITIVO:
L’articolo partitivo serve a indicare la parte di un tutto ed equivale a espressioni del
tipo “un po’, una certa quantità di”; al plurale equivale ad “alcuni/alcune”. Gli
articoli partitivi sono: del, dello, della, dei, degli, delle.
ESEMPI: Ti consiglio di aggiungere del sale sulla carne;
In cantina ho dello champagne;
Nel camino era rimasta della brace;
Il tornado ha provocato dei danni gravissimi;
Mi piacerebbe avere degli amici come Marco;
In questo vaso starebbero bene delle rose.

L’AGGETTIVO:
L’aggettivo è la parte variabile del discorso che si aggiunge al nome per indicarne
una qualità o per meglio determinarlo. Esso concorda nel genere e nel numero con il
nome a cui si riferisce.
ESEMPI: I mandarini e le arance non sono ancora maturi;
Questo romanzo mi è piaciuto molto;
Mio figlio è un ragazzo buono e gentile.
Gli aggettivi si distinguono in:
 qualificativi, quando specificano una caratteristica o un modo di essere del
nome a cui si riferiscono;
 determinativi, quando precisano alcuni aspetti particolari del nome e
comprendono:
1. possessivi;
2. dimostrativi;
3. indefiniti;
4. numerali;
5. interrogativi;
6. esclamativi.
L’aggettivo ha funzione attributiva quando si unisce direttamente al nome cui è
riferito. L’aggettivo ha funzione predicativa quando, grazie al collegamento con
verbi come essere, sembrare, diventare, restare…, “predica”, ossia dice qualcosa del
nome cui è riferito.
L’AGGETTIVO QUALIFICATIVO:
L’aggettivo qualificativo fornisce informazioni sulle qualità o il modo di essere della
persona, animale o cosa a cui si riferisce.
ESEMPI: Il grosso serpente ci fissava con occhi gelidi;
La tua proposta lavorativa mi lusinga;
Un bel complimento fa sempre piacere a chi lo riceve.
L’aggettivo qualificativo ha funzione descrittiva quando precede il nome e indica
una qualità, una caratteristica o esprime il giudizio di chi parla o scrive sul nome cui
è riferito.
ESEMPI: Si è trattato di un banale malinteso;
Ieri sera ho assistito ad una splendida rappresentazione.
L’aggettivo qualificativo ha funzione restrittiva o distintiva quando segue il nome e
serve a individuare una determinata persona, animale o cosa distinguendoli dagli
altri dello stesso gruppo.
ESEMPI: Non mi piacciono i film romantici;
Gli amori adolescenziali non si dimenticano mai.
Talvolta, la posizione dell’aggettivo può cambiare il senso di un’intera espressione.
ESEMPI: Ho incontrato un pover’uomo (un infelice) / Ho incontrato un uomo povero
(non ricco);
Giulio Cesare fu un grande uomo (di rilevanti qualità) / Ernesto è un uomo
grande (di notevole corporatura).
Gli aggettivi qualificativi, come il nome, possono essere primitivi, derivati, alterati e
composti.
I GRADI DELL’AGGETTIVO QUALIFICATIVO:
I gradi dell’aggettivo qualificativo consentono di rappresentare una qualità in varia
misura o di istituire dei paragoni tra i soggetti che la possiedono. I gradi
dell’aggettivo sono tre:
 positivo, che esprime semplicemente una qualità, senza specificare la misura
in cui essa è posseduta
ESEMPI: Il cavallo è un animale veloce;
Il libro è interessante.
 comparativo, che stabilisce un confronto fra due termini di paragone; può
essere:
1. di maggioranza, quando il primo elemento possiede la qualità in misura
maggiore rispetto al secondo; l’aggettivo è preceduto dall’avverbio più
ESEMPI: La pesca è più dolce della mela;
La lepre è più veloce della tartaruga.
2. di minoranza, quando il primo elemento possiede la qualità in misura
inferiore rispetto al secondo; l’aggettivo è preceduto dall’avverbio
meno
ESEMPI: La pesca è meno dolce della banana;
Chiara è meno simpatica di Giulia.
3. di uguaglianza, quando i due elementi possiedono la qualità nella
stessa misura; l’aggettivo è seguito dagli avverbi come, quanto
ESEMPI: La pesca è dolce come l’albicocca;
Pietro è simpatico come Luca.
 superlativo, che esprime una qualità posseduta al più alto livello; può essere:
1) assoluto, quando l’aggettivo esprime una qualità al massimo
grado senza possibili confronti con altre persone, animali o cose
ESEMPI: Il Nilo è un fiume lunghissimo;
Sara è bravissima.
2) relativo, quando il primo termine possiede una qualità in misura
maggiore (di maggioranza) o minore (di minoranza) rispetto
all’insieme di persone, animali o cose che costituisce il secondo
termine.
ESEMPI: Il Nilo è il più lungo dei fiumi dell’Africa;
Gennaio è il mese meno caldo dell’anno.

POSITIVO COMPARATIVO SUPERLATIVO


Buono Migliore Ottimo
Cattivo Peggiore Pessimo
Grande Maggiore Massimo
Piccolo Minore Minimo
Alto Superiore Sommo/Supremo
Basso Inferiore Infimo
Interno Interiore Intimo
Esterno Esteriore Estremo

POSITIVO SUPERLATIVO
Acre Acerrimo
Aspro Asperrimo
Celebre Celeberrimo
Integro Integerrimo
Misero Miserrimo
Salubre Saluberrimo
Maledico Maledicentissimo
Benefico Beneficentissimo
Benevolo Benevolentissimo
Magnifico Magnificentissimo
Munifico Munificentissimo
GLI AGGETTIVI POSSESSIVI:
Gli aggettivi possessivi specificano a chi appartengono la persona, l’animale o la
cosa espressi dal nome a cui si riferiscono. Essi sono: mio, tuo, suo, nostro, vostro,
loro; altri aggettivi possessivi possono essere: proprio ed altri.
ESEMPI: Il suo orologio è molto bello;
Il mio cane e il tuo gatto vanno d’accordo;
Carlo mi ha prestato il proprio cellulare;
La madre altrui sembra più permissiva;
Alcuni amici mi hanno promesso il loro aiuto;
Abbiamo riflettuto molto sulle nostre azioni;
I vostri bagagli sono stati caricati subito sull’aereo.
GLI AGGETTIVI DIMOSTRATIVI:
Gli aggettivi dimostrativi precisano la posizione di una persona, di un animale o di
una cosa nel tempo o nello spazio rispetto a chi parla o ascolta. Essi sono: questo
(indica vicinanza a chi parla), codesto (indica vicinanza a chi ascolta), quello (indica
lontananza da chi parla e da chi ascolta; altri aggettivi dimostrativi sono: stesso,
medesimo e tale.
ESEMPI: Questo anello è grazioso, ma anche quella collana mi piace molto;
Codesto Istituto si impegna a realizzare il progetto;
Abbiamo avuto la stessa idea!;
Carla ed io abitiamo nello stesso palazzo;
Tale modo di allevare i figli era proprio degli Spartani.
GLI AGGETTIVI INDEFINITI:
Gli aggettivi indefiniti indicano in modo generico la quantità o la qualità del nome
cui si riferiscono. Essi sono: alcuno, taluno, certo, altro, tale, troppo, parecchio,
molto, tanto, poco, tutto, alquanto, altrettanto, vario, diverso, ciascuno, nessuno,
ogni, qualche, qualunque, qualsiasi, qualsivoglia.
ESEMPI: Hai qualche euro da prestarmi?;
Alcuni spettatori cominciarono a fischiare il cantante;
Vi sono ancora molti dubbi su quella vicenda;
Mi ha parlato di una certa storia di cui è a conoscenza;
Nessun amico lo accompagnò alla partita;
Domani parteciperà ad un’altra gara;
Tutti i cittadini hanno diritti e doveri precisi;
Cercheremo più soluzioni.
GLI AGGETTIVI NUMERALI:
Gli aggettivi numerali indicano la quantità precisa dei nomi a cui si riferiscono. Essi si
suddividono in:
 cardinali, che indicano una quantità numerica precisa
ESEMPI: La maglietta che ho comperato costa quaranta euro;
La mia squadra ha segnato tre reti.
 ordinali, che indicano il posto che una persona, un animale, una cosa
occupano in una successione numerica
ESEMPI: Il centro commerciale rimarrà aperto la terza settimana del mese;
La mia squadra è prima in classifica.
 moltiplicativi, che indicano quante volte una quantità è maggiore di un’altra
ESEMPI: Ho dovuto prendere una doppia dose di analgesico;
La partita è terminata con il triplo fischio dell’arbitro.
 frazionari, che indicano una parte o una frazione di un numero intero
ESEMPI: Ho bevuto mezzo litro d’acqua;
La peste del 1348 causò la morte di un terzo della popolazione.
 distributivi, che indicano il modo in cui sono distribuiti numericamente gli
elementi a cui ci si riferisce
ESEMPI: Devi assumere questo farmaco ogni quattro ore;
I clienti venivano fatti entrare nel negozio due per volta.
 collettivi, che indicano una quantità numerica di persone, animali o cose,
considerati come un insieme:
ESEMPI: Ho bisogno di un nuovo paio di scarpe;
Dopo la caduta aveva entrambe le ginocchia doloranti;
Oggi andrò al mare con una ventina di amici.

GLI AGGETTIVI INTERROGATIVI ED ESCLAMATIVI:


Gli aggettivi interrogativi sono usati per introdurre domande, formulate in
modo sia diretto sia indiretto riguardo all’identità, alla qualità o alla quantità
del nome cui si riferiscono. Gli aggettivi esclamativi sono usati per introdurre
un’esclamazione riguardo all’identità, alla qualità o alla quantità del nome cui
si riferiscono. I principali aggettivi interrogativi ed esclamativi sono: quale,
che, quanto.
ESEMPI: Quanta neve è caduta nei giorni scorsi!;
Quanto caffè è rimasto?;
Che voto hai avuto?;
Che bell’affare abbiamo fatto!;
Quale infrazione hai commesso?;
Quale dispiacere!.

IL PRONOME:
Il pronome è la parte variabile del discorso che si usa per sostituire i nomi. I pronomi
si distinguono in:
 personali;
 possessivi;
 dimostrativi;
 indefiniti;
 interrogativi;
 esclamativi;
 relativi.
ESEMPI: Maria mi ha invitata ad andare da lei
Il mio libro preferito è Il signore degli anelli, e il tuo?
Amo guardare i documentari che descrivono la vita degli animali
Quest’auto è sportiva, quella è più elegante
Luca ha superato l’esame; non lo avrei mai detto
I PRONOMI PERSONALI:
I pronomi personali indicano la persona che parla o a cui si parla oppure la persona,
l’animale o la cosa di cui si parla. Tali pronomi possono variare:
 nel genere, soltanto alla terza persona (egli/ella, esso/essa, lui/lei, essi/esse);
 nel numero (singolare e plurale);
 nella funzione (di soggetto o di complemento);
 nella forma (tonica, accentata, e atona, non accentata)

I PRONOMI PERSONALI SOGGETTO:


I pronomi personali soggetto svolgono la funzione di soggetto all’interno della
frase, indicando la persona che compie o subisce l’azione o che si trova in una
determinata condizione espressa dal verbo. Essi sono: io, tu, egli, ella, lui, lei,
essa, esso, noi, voi, essi, esse, loro.
ESEMPI: Io vengo con Beatrice;
Con loro abbiamo buoni rapporti;
Noi siamo più giovani di voi;
Farò come mi hai suggerito tu;
Bisogna sempre fare come vuole lui.
I PRONOMI PERSONALI COMPLEMENTO:
I pronomi personali complemento sostituiscono il nome della persona in tutti i casi
in cui questa non sia il soggetto. Essi possiedono una forma forte, accentata, detta
tonica (me, te, esso, lui, essa, lei, sé, noi, voi, essi, esse, loro) e una forma debole,
non accentata, detta atona (mi, ti, ci, si, vi, lo, gli, ne, la, le, li). Le forme atone, dette
particelle pronominali, si pronunciano appoggiandosi ad un verbo: se questo le
precede si dicono enclitiche, se le segue si dicono proclitiche.
ESEMPI: Giorgio ha un’alta opinione di sé → FORMA TONICA;
I ragazzi amano me → FORMA TONICA;
Chiamò lui per giocare con noi → FORMA TONICA;
La festa è per loro → FORMA TONICA;
Vi porteremo al mare → FORMA ATONA PROCLITICA;
Mi presti la biro? → FORMA ATONA PROCLITICA;
Dobbiamo aiutarlo → FORMA ATONA ENCLITICA;
Prestaci il pallone → FORMA ATONA ENCLITICA.
Le forme atone mi, ti, ci, si, vi svolgono la funzione di complemento oggetto quando
significano “me”, “te”, “sé”, “noi”, “voi” oppure la funzione di complemento di
termine quando significano “a me”, “a te”, “a sé”, “a noi”, “a voi”.
ESEMPI: Vuoi che ti accompagni? → Vuoi che accompagni te? → COMPLEMENTO
OGGETTO;
Vi stimiamo → Stimiamo voi → COMPLEMENTO OGGETTO;
Vi diamo fiducia → Diamo fiducia a voi → COMPLEMENTO DI TERMINE;
Ti piace questo gelato? → A te piace questo gelato? → COMPLEMENTO
DI TERMINE.
Le particelle ci e vi, oltre a svolgere la funzione di pronome personale, possono
avere anche valore di avverbio quando significano “qui, in questo luogo” e “là, in
quel luogo”.
ESEMPI: Adoro questo piccolo borgo. Ci abito da sempre → Adoro questo piccolo
borgo. Abito da sempre qui → AVVERBIO;
Non ho voglia di partire per la campagna; vi andrò il prossimo fine
settimana → Non ho voglia di partire per la campagna; andrò lì il prossimo
fine settimana → AVVERBIO.
La particella ne può avere funzione di complemento di specificazione quando
significa “di lui”, “di lei”, “di loro”, oppure complemento d’agente o di causa
efficiente quando significa “da lui”, “da lei”, “da loro”.
ESEMPI: Sapete qualcosa di Roberta? Io non ne ho più avuto notizie → Sapete
qualcosa di Roberta? Io non ho avuto più notizie di lei → COMPLEMENTO
DI SPECIFICAZIONE;
Van Gogh conosceva gli Impressionisti e ne fu influenzato → Van Gogh
Conosceva gli Impressionisti e fu influenzato da loro → COMPLEMENTO
D’AGENTE.
I PRONOMI PERSONALI RIFLESSIVI:
I pronomi personali riflessivi si riferiscono al soggetto e fanno sì che l’azione
espressa dal verbo si rifletta sul soggetto stesso. Essi sono: mi, ti, ci, si, vi, sé.
ESEMPI: Con questo freddo, è meglio che mi copra bene;
Preparati perché è tardi;
I monti si specchiano nelle acque del lago;
Considera sé un vero genio.
I PRONOMI POSSESSIVI:
I pronomi possessivi indicano a chi appartengono la persona, l’animale o la cosa
espressi dal nome che sostituiscono. Essi sono: mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro.
ESEMPI: La mamma di Jacopo è più giovane della mia;
Il cane che mi hanno regalato è della stessa razza del tuo;
La lingua spagnola è simile alla nostra;
I giocatori della nostra squadra non sono migliori dei vostri;
Questa sera verranno i miei.
I PRONOMI DIMOSTRATIVI:
I pronomi dimostrativi indicano la posizione, nello spazio o nel tempo, oppure
l’identità della persona, animale o cosa espressi dal nome che sottintendono. Essi
sono: questo, codesto, quello, stesso, medesimo, costui, costei, costoro, colui,
colei, coloro, ciò.
ESEMPI: Non è ciò che intendevo;
Beato colui che vincerà il primo premio della lotteria!;
Che vorrà mai costui?;
Questi mi dà una versione dei fatti; quegli me ne dà un’altra;
La musica che apprezzo non è questa;
Gli alberi che vedi sono abeti, come quelli laggiù;
Dopo l’infortunio, quel giocatore non è più lo stesso.
I PRONOMI INDEFINITI:
I pronomi indefiniti forniscono indicazioni generiche circa la quantità o l’identità
della persona, animale o cosa espressi dal nome che sottintendono. Essi sono:
alcuno, taluno, ciascuno, nessuno, certo, altro, troppo, parecchio, molto, tanto,
poco, tutto, alquanto, altrettanto, diverso, vario, tale, uno, niente, nulla, ognuno,
qualcuno…

ESEMPI: So già tutto;


Chi sono quei tali che ci stanno salutando?;
Fuori c’è uno che ti aspetta;
Non abbiamo nulla da nascondere;
Niente riusciva ad abbatterlo;
Nessuno di questi abiti è di mio gusto;
Qualcuno vuole fare delle domande?.
I PRONOMI RELATIVI:
I pronomi relativi sostituiscono i nomi e congiungono tra loro due frasi. Essi sono: il
quale, la quale, i quali, le quali, che, cui, dove.
ESEMPI: Valerio è una persona che stimo molto;
Il giardinaggio è un hobby al quale dedico il mio tempo libero;
È una trasmissione in cui si affrontano temi di attualità;
Ho visitato la casa dove nacque Leopardi.
Il pronome “che” può avere funzione di soggetto e di complemento oggetto.
ESEMPI: Il cane che mi hai regalato è stupendo → COMPLEMENTO OGGETTO;
Lo zaino che ha in mano Teresa non è di Michele? → COMPLEMENTO OGGETTO;
Questa cosa che dici non è giusta → COMPLEMENTO OGGETTO;
La cameretta che ha tre letti è perfetta per te → SOGGETTO;
La ragazza che aveva i capelli biondi era mia moglie → SOGGETTO;
Non c’è il cane che ha il pelo lungo e marrone? → SOGGETTO.
I PRONOMI RELATIVI MISTI:
I pronomi relativi misti uniscono in sé la funzione di un pronome relativo e di uno o
più pronomi di altro tipo (dimostrativi e indefiniti). Essi sono: chi, quanto, quanti,
quante, chiunque, dovunque, ovunque.
ESEMPI: Sono d’accordo con chi raccomanda cautela;
Non concordo con quanti prevedono un calo della borsa;
Chiunque abbia visto quel film ne è rimasto affascinato.
I PRONOMI INTERROGATIVI ED ESCLAMATIVI:
I pronomi interrogativi introducono una domanda, diretta o indiretta, sull’identità,
qualità o quantità del nome che sostituiscono. I pronomi esclamativi introducono
un’esclamazione riguardo all’identità, qualità o quantità del nome che sostituiscono.
I pronomi interrogativi ed esclamativi sono: che, quale, quanto, chi.
ESEMPI: Che hai combinato?;
Quanti sono i tuoi amici?;
Che dici mai!;
Quale sarà la tua decisione?;
Chi si rivede!.

L’AVVERBIO:
L’avverbio è la parte invariabile del discorso che accompagna verbi, aggettivi, altri
avverbi o intere frasi per modificarne e precisarne il significato.
ESEMPI: Parla forte perché non ti sento;
Oggi ho studiato poco;
Forse gli zii non verranno;
La fine delle vacanze è arrivata presto.
In base alla forma gli avverbi si dividono in:
 semplici, hanno una forma propria, non derivata da altre parole (bene,
volentieri, presto, subito, domani, qui, là, poi);
 composti, sono formati da una sola parola che deriva dall’unione di due o più
parole (neppure, almeno, dappertutto, infatti, intanto)
 derivati, derivano da aggettivi, verbi o nomi e aggiungono un suffisso
(facilmente, coraggiosamente, bocconi, ginocchioni);
 locuzioni avverbiali, gruppi di parole che svolgono la funzione di avverbio (di
sopra, di sotto, di tanto in tanto, all’incirca, senza dubbio, alla svelta).
In base al significato si suddividono in:
 di modo o qualificativi;
 di luogo;
 di tempo;
 di quantità;
 di valutazione o di giudizio;
 interrogativi;
 esclamativi;
 presentativi.
GLI AVVERBI DI MODO O QUALIFICATIVI:
Gli avverbi di modo o qualificativi indicano il modo in cui si svolge un’azione
oppure aggiungono un elemento che contribuisce a qualificare la parola a cui si
riferiscono. Essi sono: bene, male, volentieri, invano, correttamente,
debolmente, incredibilmente, cavalcioni, tentoni, tastoni, ginocchioni, bocconi,
carponi, di corsa, a poco a poco, all’improvviso, a vanvera, in fretta, a
squarciagola, alla rinfusa, così così, a fatica, in genere...
ESEMPI: Vi siete comportati bene;
Seguirò volentieri il tuo consiglio;
Il babbo sta dormendo placidamente;
La sua reazione è umanamente comprensibile;
Dobbiamo ritornare in fretta.
GLI AVVERBI DI LUOGO:
Gli avverbi di luogo indicano il luogo in cui si svolge un’azione o in cui si trova
qualcuno o qualcosa. Essi sono: qui, qua, là, quaggiù, laggiù, fuori, dentro,
davanti, dinanzi, dietro, sotto, sopra, oltre, intorno, giù, accanto, dappertutto,
altrove, vicino, lontano, dovunque, ovunque, di sopra, di sotto, per di qua, per
di là, a destra, a sinistra, da vicino, da lontano…
ESEMPI: Alessio abita lontano;
Ho cercato gli occhiali dappertutto;
Per arrivare alla stazione devo svoltare a destra.
GLI AVVERBI DI TEMPO:
Gli avverbi di tempo indicano il momento in cui si svolge un’azione o si verifica
una circostanza. Essi sono: adesso, ora, prima, poi, dopo, subito, presto, tardi,
sempre, spesso, mai, ieri, già, recentemente, successivamente, allora, una
volta, un giorno, di tanto in tanto, di quando in quando, al più presto, tra poco,
poco fa…
ESEMPI: Vieni subito qui;
Ieri ho visto la galleria d’arte moderna;
Prima o poi i nodi vengono al pettine.
GLI AVVERBI DI QUANTITÀ:
Gli avverbi di quantità indicano in maniera indefinita la quantità o la misura di
quanto è espresso da un verbo, da un aggettivo o da un avverbio. Essi sono:
poco, molto, meno, parecchio, troppo, altrettanto, quasi, almeno, affatto,
appena, interamente, eccessivamente, all’incirca, più o meno, di più, un poco,
del tutto, di gran lunga, su per giù, fin troppo…
ESEMPI: Oggi abbiamo studiato poco;
Sono appena arrivato;
La scrivania era completamente ingombra di libri.
GLI AVVERBI DI VALUTAZIONE O DI GIUDIZIO:
Gli avverbi di valutazione o di giudizio affermano, negano o mettono in dubbio il
verificarsi dell’azione o della condizione espressa dal verbo. Essi sono: sì, no,
certo, sicuro, ovviamente, proprio, davvero, né, neanche, neppure, nemmeno,
forse, probabilmente, eventualmente, magari, senza dubbio, di certo, di sicuro,
per davvero, in nessun modo, per niente, neanche per sogno, se mai, quasi
quasi, caso mai.
ESEMPI: Sì, ho preso le chiavi dell’auto;
Forse hai ragione tu;
La mamma non dorme ancora;
Senza dubbio sono un genio.
GLI AVVERBI INTERROGATIVI, ESCLAMATIVI E PRESENTATIVI:
Gli avverbi interrogativi ed esclamativi introducono una domanda o
un’esclamazione a proposito del modo, del luogo, del tempo, della quantità o
della causa di un’azione. Essi sono: come, quanto, quando, dove, perché, come
mai, da quanto, da quando, da dove.
ESEMPI: Come ti invidio!;
Quanto ti serve?;
Quanto mi piacerebbe visitare Parigi!;
Come potrò crederti ancora?.
Gli avverbi presentativi indicano, annunciano qualcuno o qualcosa. Fa parte di
questa categoria il solo avverbio ecco.
ESEMPI: Eccoti finalmente!;
Ecco che cominciano ad arrivare gli invitati.

LA PREPOSIZIONE:
La preposizione è la parte invariabile del discorso che si pone davanti ad un
nome, un pronome, un avverbio, un verbo di modo infinito per collegare tra loro
due parole o due frasi.
ESEMPI: Mara è la sorella di Luca;
Questa sera uscirò con lei;
La mamma è uscita per fare la spesa.
LA PREPOSIZIONE PROPRIA:
Le preposizioni proprie svolgono solo la funzione di preposizione e si suddivide
in:
 semplice, costituita da una sola parola (di, a, da, in, con, su, per, tra, fra);
 articolata, formata da una preposizione semplice e un articolo
determinativo (del, dello, della, dell’, dei, degli, delle, al, allo, alla, all’, ai,
agli, alle, dal, dallo, dalla, dall’, dai, dagli, dalle, nel, nello, nella, nell’, nei,
negli, nelle, col, coi, sul, sulla, sullo, sull’, sui, sugli, sulle).
ESEMPI: Laura abita a Milano;
Esco con la moto;
Le più importanti novità in fatto di moda provengono dal capoluogo lombardo.
LA PREPOSIZIONE IMPROPRIA:
Le preposizioni improprie svolgono la funzione di preposizioni pur essendo
aggettivi, avverbi e verbi al modo participio. Esse sono: secondo, lungo, salvo,
vicino, lontano, avanti, davanti, innanzi, dietro, dopo, prima, dentro, fuori, sopra,
sotto, accanto, contro, senza, oltre, intorno, insieme, durante, mediante, stante,
nonostante, eccetto, escluso, dato.
ESEMPI: Secondo me, state sbagliando;
Il cane è accucciato sotto il tavolo;
Non devi stare davanti al televisore tutto il giorno;
È bene fare silenzio durante la lezione.
LE LOCUZIONI PREPOSITIVE:
Le preposizioni propositive sono un gruppo di parole che unite svolgono la funzione
di preposizione; esse possono essere composte da nomi, avverbi e verbi. Esse sono:
limitatamente a, al di fuori di, per mezzo di, in base a, prescindere da, in
compagnia di, a fianco di, a dispetto di, a somiglianza di, a proposito di, di qua da,
a proposito di, in presenza di…
ESEMPI: L’esercito nemico era accampato al di là del fiume;
La professoressa mi ha elogiato di fronte a tutta la classe;
Sono al di sopra delle tue cattiverie;
Nell’interesse di tutti, ragioniamo!.

LA CONGIUNZIONE:
La congiunzione è la parte invariabile del discorso che unisce secondo un criterio
logico due parole o due frasi.
ESEMPI: Preferisci la pizza o il panino?;
In piazza ho incontrato Elena ed Enrico;
Ho saputo che ti sei sposato;
Prenderò l’ombrello perché potrebbe piovere.
In base alla forma, le congiunzioni si dividono in:
 semplici, formate da una sola parola (e, né, o, ma, se, che, però, dunque);
 composte, formate da una parola che deriva dall’unione di due o più parole
(affinché, purché, allorché, infatti, sebbene);
 locuzioni congiuntive, formate da gruppi di parole che svolgono la funzione di
congiunzione.
LE CONGIUNZIONI COORDINANTI:
Le congiunzioni coordinanti collegano due parole o due frasi ponendole su un
piano di parità.
CONGIUNZIONI COORDINANTI LEGAME LOGICO
Copulative: Collegano due elementi
e, anche, inoltre, pure, anche, né, semplicemente accostandoli
neanche, nemmeno, neppure
Disgiuntive: Collegano due elementi ponendoli in
o, oppure, ovvero, altrimenti alternativa o escludendone uno
Avversative: Uniscono due elementi in
ma, tuttavia, però, eppure, invece, contrapposizione tra loro
anzi, nondimeno, bensì
Esplicative o dichiarative: Introducono una spiegazione o
infatti, difatti, invero, cioè, vale a precisazione di quanto si è già detto
dire, ossia
Conclusive: Collegano due frasi di cui la seconda
dunque, perciò, quindi, pertanto, rappresenta la conseguenza o la logica
allora, insomma, sicché conclusione della prima
Correlative: Collegano due elementi ponendoli in
e…e, o…o, né…né, sia…sia, non solo… corrispondenza tra loro
ma anche, ora…ora, tanto…quanto

ESEMPI: Vado e torno → COPULATIVA;


Mi accompagni o resti a casa? → DISGIUNTIVE;
Dovevamo trovarci alle cinque, invece sei arrivato alle sei → AVVERSATIVE;
Il tuo ragionamento è incoerente, cioè privo di logica → DICHIARATIVE;
Non sopporto il caldo torrido, perciò d’estate vado in montagna → CONCLUSIVE;
Domani andremo in gita sia che faccia bel tempo sia che piova → CORRELATIVE.

LE CONGIUNZIONI SUBORDINANTI:
CONGIUNZIONI SUBORDINANTI INTRODUZIONE DI SUBORDINATA
Dichiarative: Dichiarativa, che spiega il significato di
che, come quanto espresso nella reggente
Causali: Causale, che indica la causa di quanto è
poiché, perché, siccome, dato che, dal espresso nella reggente
momento che, giacché
Finali: Finale, che indica lo scopo di quanto è
affinché, perché, al fine di, in modo che espresso nella reggente
Consecutive: Consecutiva, che indica la conseguenza
così…che, tanto…che, tale…che, al di quanto è espresso dalla reggente
punto tale…che
Temporali: Temporale, che indica il momento in cui
quando, mentre, finché, dopo che, si verifica quanto è espresso nella
prima che, ogni volta che, appena reggente
Concessive: Concessiva, che indica la circostanza
benché, sebbene, quantunque, nonostante la quale si verifica quanto è
nonostante, anche se, per quanto, espresso nella reggente
malgrado che
Condizionali: Condizionale, che indica la condizione
se, purché, qualora, a patto che, a necessaria perché si verifichi quanto è
condizione che espresso nella reggente

Modali: Modale, che indica il modo in cui


come, quasi che, come se, nel modo verifica quanto è espresso dalla
che reggente
Avversative: Avversativa, che indica un fatto o una
mentre, quando, laddove, anziché circostanza contrari a quelli espressi
nella reggente
Comparative: Comparativa, che indica un confronto
tanto…quanto, così…come, più…che, con quanto espresso dalla reggente
meglio…che, meno…che, piuttosto…
che
Interrogative e dubitative: Interrogativa e dubitativa, che
come, perché, quando, quanto, se esprimono una domanda indiretta o un
dubbio
Eccettuative: Eccettuativa, che indica un’eccezione
fuorché, eccetto che, salvo che, tranne rispetto a quanto è espresso nella
che reggente
Esclusive: Esclusiva, che indica un fatto che rimane
senza, senza che escluso da quanto è espresso nella
reggente
Limitative: Limitativa, che indica una limitazione
per quanto, in quanto a, per quello che rispetto a quanto è espresso nella
reggente

ESEMPI: Non dirmi che non ti ricordi più di me! → DICHIARATIVA;


Siccome non c’era vento, la regata fu rimandata → CAUSALE;
Telefonerò al dentista affinché mi fissi un appuntamento → FINALE;
Sono così felice che abbraccerei tutti quelli che incontro → CONSECUTIVA;
Discuteremo di questa faccenda appena avrò un po’ di tempo → TEMPORALE;
Sono disposto ad aiutarti benché non lo meriti → CONCESSIVA;
Non ti chiederò di accompagnarmi, se non ti fa piacere → CONDIZIONALE;
Mi guardava con aria assente, come se non mi riconoscesse → MODALE;
Continui ad oziare, mentre dovresti prepararti per la verifica → AVVERSATIVA;
Quel poveraccio è più da compatire che da condannare → COMPARATIVA;
Mi chiedo come abbia potuto commettere una tale sciocchezza → INTERROGATIVA;
Tutto mi sarei aspettato tranne essere interrogato oggi → ECCETTUATIVA;
Non potrei svolgere questo lavoro senza conoscere l’inglese → ESCLUSIVA;
Per quanto ne so, il programma non ha subito modifiche → LIMITATIVA.

L’INTERIEZIONE:
L’interiezione o esclamazione è la parte invariabile del discorso o un’espressione
che esprime sensazioni ed emozioni improvvise, spontanee. In base alla forma, si
suddividono in:
 proprie, che possono svolgere soltanto la funzione di interiezione (ah!, oh!,
uh!, eh!, ih!, urrà!, ahi!, ohi!, ahimè!, ohimè!, ehm!, boh!, uffa!);
 improprie, costituite da parole appartenenti ad altre categorie grammaticali
che possono svolgere la funzione di interiezione (peccato!, misericordia!,
aiuto!, coraggio!, dannazione!, sicuro!, bravo!, giusto!, stupendo!, bene!,
via!, presto!, fuori!, evviva!, dai!, basta!);
 locuzioni esclamative, formate da più parole o da brevi frasi che svolgono la
funzione di interiezioni (santo cielo!, per l’amor di Dio!, per carità!, povero
me!, mamma mia!).
ESEMPI: Oh, che bella notizia mi hai dato!;
Su, vieni qui!;
Bravo, sono fiero di te!;
Ahimè, ho perso di nuovo!;
Evviva, l’ultimo giorno di scuola!.

LA FRASE:
La frase è un insieme di parole disposte attorno a un predicato secondo le regole
della concordanza grammaticale ed esprime un significato compiuto. La frase
può essere:
 frase semplice o proposizione, che contiene un solo predicato, attorno al
quale si organizzano tutti gli altri elementi;
 frase complessa o periodo, che contiene più predicati ed è formata da più
frasi semplici collegate tra loro per esprimere un significato compiuto.
Il soggetto ed il predicato costituiscono insieme la coppia minima. Le frasi in cui il
significato non è espresso si dicono frasi nominali.
ESEMPI: Il vento soffia → FRASE SEMPLICE;
La pioggia batte con insistenza sui vetri della mia finestra → FRASE SEMPLICE;
Piove! → FRASE SEMPLICE;
Desideravo una passeggiata ma rimarrò chiuso in casa → FRASE COMPLESSA;
Ho chiesto a tutti i compagni, ma nessuno ha visto il libro → FRASE COMPLESSA;
Treni in sciopero per tre giorni → FRASE NOMINALE;
Studenti in vacanza per la settimana bianca → FRASE NOMINALE.

IL PREDICATO:
Il predicato è l’elemento centrale della frase; esso “predica”, ossia dice qualcosa a
proposito del soggetto e indica un’azione compiuta o subita, un modo di essere o
una qualità. Il predicato può essere verbale o nominale.
IL PREDICATO VERBALE:
Il predicato verbale è costituito da un verbo predicativo, in grado di fornire
un’informazione precisa riguardo al soggetto.
ESEMPI: Il gatto si lava;
Paola studia la lezione;
Il primo classificato è stato premiato dalla giuria;
Giulia ha viaggiato molto l’estate scorsa.
Il verbo essere, quando ha significato proprio e assuma il valore di “esserci”,
“stare”, “trovarsi”, è un predicato verbale.
ESEMPI: Sono a scuola;
Ci sono tre giorni di vacanza;
L’edicola è in piazza.
IL PREDICATO NOMINALE:
Il predicato nominale è sempre costituito da una voce del verbo essere, detta
copula, e da un aggettivo, un nome o un pronome che costituisce il nome del
predicato.
ESEMPI: La festa è stata bellissima;
L’arbitro era imparziale;
Il signor Rossi è un architetto;
Daniele è simpatico.
IL SOGGETTO:
Il soggetto è l’elemento della frase di cui parla il predicato, con il quale concorda nel
numero, nella persona e, talvolta, nel genere. Esso si può trovare prima o dopo il
predicato.

ESEMPI: Gli amici non tradiscono mai;


Il cane è stato punito dal padrone;
Leggere mi piace molto;
Il domani non mi spaventa;
È stata smarrita una valigia.
Il soggetto può essere:
 partitivo, che è introdotto dall’articolo partitivo;
 assente, che può mancare del tutto;
 sottinteso, che è presente ma non è espresso.
ESEMPI: (Voi) Siete già arrivate? → SOGGETTO SOTTINTESO;
(Egli) Studia tanto perché vuole migliorare → SOGGETTO SOTTINTESO;
Nevica da molto tempo → SOGGENTO ASSENTE;
Prima di andare in Africa è bene vaccinarsi contro la malaria → SOGGENTO
ASSENTE;
Nell’orto è cresciuta dell’erba → SOGGETTO PARTITIVO;
Delle ciliegie mature sono cadute a terra → SOGGETTO PARTITIVO.
L’ATTRIBUTO:
L’attributo è un aggettivo che, unito ad un nome o un pronome, ne indica una
qualità o una caratteristica e concorda sempre nel genere e nel numero con il nome
cui si riferisce.
ESEMPI: Ho la bicicletta nuova;
Il mio cane si chiama Billi;
Questa pizza è buona;
Quale musica ascolti di solito?.
L’APPOSIZIONE:
L’apposizione è costituita da un nome che fornisce informazioni su un altro nome,
per meglio descriverlo e determinarlo. L’apposizione può essere:
 semplice, quando è costituita da un solo nome (la zia Maria, il fiume Nilo, il
preside Bianchi…);
 composta, quando si trova in espressioni più ampie in cui sono presenti
attributi che la precisano (Luisa, la sua simpatica vicina…).
ESEMPI: Il fiume Po attraversa la Pianura Padana;
Il preside Bianchi è molto severo;
Il poeta Leopardi nacque a Recanati;
L’ingegner Ferri si è sposato con la dottoressa Gallo.
I COMPLEMENTI:
I complementi sono espressioni che completano il significato della proposizione;
essi aggiungono ulteriori informazioni per chiarire ed arricchire il predicato o una
parte nominale della frase (soggetto, attributo, apposizione, complemento). I
complementi possono essere:
 diretti, quando si uniscono direttamente al predicato; appartengono a
questa categoria il complemento oggetto e i complementi predicativi del
soggetto e dell’oggetto;
 indiretti, quando sono uniti all’elemento da cui dipendono mediante una
preposizione semplice o articolata; appartengono a questo gruppo tutti gli
altri complementi;
 avverbiali, quando sono costituiti da avverbi o da locuzioni avverbiali che
modificano il senso della frase o di una parte di essa; possono esprimere i
significati di numerosi complementi indiretti.
ESEMPI: Leggo un libro → COMPLEMENTO DIRETTO;
Luigi si crede un genio → COMPLEMENTO DIRETTO;
Il vestito di Silvia è nero → COMPLEMENTO INDIRETTO;
Ho dormito sul materasso → COMPLEMENTO INDIRETTO;
Questo lavoro è fatto male → COMPLEMENTO AVVERBIALE;
Gli zii sono tornati ieri degli Stati Uniti → COMPLEMENTO AVVERBIALE.
IL COMPLEMENTO OGGETTO:
Il complemento oggetto indica la persona, l’animale o la cosa su cui ricade l’azione
espressa dal predicato. Esso è retto da un verbo transitivo. Il complemento oggetto
risponde alle domande “chi?”, “che cosa?”.
ESEMPI: Ieri al mercato ho incontrato l’insegnante di inglese;
Per la festa Paola porterà le bibite;
Detesto i bugiardi;
Sapete il perché?;
Mario vive una vita tranquilla;
Odio litigare;
Mi aspetto il peggio da lui;
L’allenatore ha scelto me come capitano della squadra.
Il complemento oggetto partitivo è un particolare tipo di complemento oggetto
introdotto dall’articolo partitivo.
ESEMPI: Ho venduto delle azioni;
Ho acquistato dei libri;
Aggiungi del pepe sulla carne;
Verdiana ha comprato del gelato per la festa.
I COMPLEMENTI PREDICATIVI DEL SOGGETTO E DELL’OGGETTO:
I complementi predicativi sono nomi o aggettivi che completano il significato del
predicato e sono riferiti al soggetto o al complemento oggetto. In alcuni casi, i
predicativi possono essere introdotti da preposizioni (di, a, da, per…), locuzioni
prepositive (in qualità di, nelle vesti di…) e avverbi (come).
Il complemento predicativo del soggetto è costituito da un nome o un aggettivo
riferiti al soggetto e serve a completare il significato del predicato, che può essere
espresso:
 verbi copulativi (parere, sembrare, divenire, riuscire…);
 verbi intransitivi che indicano un modo di essere del soggetto (vivere, morire,
nascere, crescere, rimanere, partire, allontanarsi, ritrovarsi…);
 verbi appellativi (chiamare, soprannominare, dire, dichiarare…), elettivi
(eleggere, creare, scegliere, nominare…), estimativi (credere, considerare,
stimare, ritenere…), effettivi (fare, rendere, ridurre…), nella forma passiva.
ESEMPI: La mamma sembra arrabbiata;
Il nostro cucciolo sta crescendo forte e sano;
Il bimbo è stato chiamato Angelo;
Umberto è stato eletto capoclasse;
Il dottor Guidi è considerato da tutti un ottimo chirurgo;
L’ordigno è stato reso innocuo grazie all’intervento degli artificieri.
Il complemento predicativo dell’oggetto è costituito da un nome o un aggettivo
riferito al complemento oggetto e serve a completare il significato del predicato, che
può essere espresso da:
verbi appellativi, elettivi, estimativi, effettivi, nella forma attiva;
 verbi riflessivi (mostrarsi, comportarsi, offrirsi, proporsi…).
ESEMPI: Tutti chiamano “Pippo” lo zio Filippo;
I deputati eleggono Presidente della Repubblica il candidato più autorevole;
Spesso gli alunni considerano la scuola un’allegra vacanza;
L’occasione fa l’uomo ladro;
In alcune occasioni Romina si è mostrata insicura.
IL COMPLEMENTO DI SPECIFICAZIONE:
Il complemento di specificazione precisa il significato della parola da cui dipende.
Risponde alle domande “di chi?”, “di che cosa?”. È introdotto dalla preposizione di,
semplice e articolata. È costituito da un nome, da un pronome o da qualsiasi altra
parte del discorso sostantivata. Dipende da un nome, un pronome, un aggettivo, un
verbo.
ESEMPI: Ho regalato a Marco un romanzo di Tolkien;
La Commedia di Dante è un’opera letteraria importantissima;
Ero amico di Pasquale ma ne (di lui) ho perso le tracce;
Il cane di Liana è un meticcio;
La regina d’Inghilterra ha governato per molto tempo;
Il fidanzato di mia sorella ha avuto un’idea brillante.
IL COMPLEMENTO PARTITIVO:
Il complemento partitivo indica un insieme di cui viene presa in considerazione
soltanto una parte, espressa dall’elemento della frase che regge il complemento.
Risponde alle domande: “tra/fra chi? tra/fra che cosa?”. È introdotto dalla
preposizione di, semplice e articolata, e dalle preposizioni semplici fra e tra. È
costituito da un nome, da un pronome o da un aggettivo sostantivato. Dipende da
un nome che indica quantità, un numerale, un superlativo relativo, un pronome
indefinito o interrogativo, un avverbio di quantità.
ESEMPI: Solo un piccolo numero di animali si è adattato a vivere nel deserto;
Chi tra gli esseri viventi potrebbe resistere senza bere?;
Chi di voi la conosce?;
Nel suo genere, è uno dei film più belli.
IL COMPLEMENTO DI DENOMINAZIONE:
Il complemento di denominazione specifica con un nome, solitamente proprio, il
nome comune di significato generico da cui è retto. Risponde alla domanda “di
quale nome?”. È introdotto dalla preposizione di, semplice e articolata. Dipende da
nomi geografici come mare, lago, isola, arcipelago, città, comune, regno; da nomi
generici come nome, cognome, soprannome, titolo, squadra, popolo; dai nomi
giorno e mese.
ESEMPI: Nel mese di luglio visiterò la città di Pompei;
Vivo nella città di Roma;
Verremo nel mese di agosto;
L’isola di Capri ha il soprannome “Aquila”.
IL COMPLEMENTO DI PARAGONE:
Il complemento di paragone indica il secondo termine di paragone in un confronto
tra persone, animali o cose; esso è sempre preceduto da un comparativo (di
maggioranza, minoranza o uguaglianza). Risponde alle domande: “più/meno di
chi?”, “più/meno di che cosa?”, “come/quanto che cosa?”. È introdotto dalla
preposizione di, semplice e articolata, dalle congiunzioni che e come, dall’avverbio
quanto (a volte in correlazione con tanto); con i comparativi inferiore e superiore è
introdotto dalla preposizione a. Dipende da aggettivi al grado comparativo di
maggioranza, di minoranza, di uguaglianza.
ESEMPI: Ho una bicicletta più vecchia della tua;
Sei lento come una tartaruga e agile quanto una lumaca;
Sei più simpatico che sportivo;
Chiara sa cantare bene quanto Benedetta;
Questo fico è dolce come il miele.
IL COMPLEMENTO DI MATERIA:
Il complemento di materia specifica la materia, la sostanza da cui è composto un
oggetto. Risponde alle domande “fatto di che cosa?”, “fatto di quale materiale?”. È
introdotto dalle preposizioni semplici di e in. Dipende da nomi concreti o astratti.
ESEMPI: Una statua di marmo campeggia al centro della piazza;
Una massa di neve si è staccata dalla montagna;
La mia spilla è d’oro finto;
Un vaso di coccio si trova tra vasi di ferro;
La testata è in ferro battuto.
IL COMPLEMENTO DI TERMINE:
Il complemento di termine indica la persona, l’animale, la cosa verso cui si dirige o
su cui termina l’azione espressa dal predicato. Risponde alle domande “a chi?”, “a
che cosa?”. È introdotto dalla preposizione a, semplice e articolata, tranne quando è
costituito da pronomi personali atoni. Dipende da verbi transitivi o intransitivi, da
nomi e da aggettivi (fedeltà, conformità, somiglianza, idoneità, caro, fedele,
conforme, uguale, simile, contrario, favorevole, pronto, idoneo…).
ESEMPI: Ho telefonato ai nonni;
Ho scritto una lettera a Marisa;
Ti (A te) regalerò una rosa;
Le (A lei) raccomandò di fare attenzione;
Ho detto a Gino di non venire.
I COMPLEMENTI D’AGENTE E DI CAUSA EFFICIENTE:
Il complemento d’agente indica l’essere vivente (persona o animale) da cui è
compiuta l’azione; quando si tratta di un essere inanimato si parla, invece, di
complemento di causa efficiente. Rispondono alle domande: “da chi?”, “da che
cosa?”. Sono introdotti dalla preposizione da, semplice e articolata; raramente dalle
locuzioni prepositive da parte di, a opera di. Dipendono da verbi di forma passiva.
ESEMPI: Il bandito è stato preso dai carabinieri → COMPLEMENTO D’AGENTE;
Quel libro è stato letto da pochi → COMPLEMENTO D’AGENTE;
L’idea fu approvata da tutti → COMPLEMENTO D’AGENTE;
L’albero è stato abbattuto dal vento → COMPLEMENTO DI CAUSA EFFICIENTE;
Fu vinto dalla fame → COMPLEMENTO DI CAUSA EFFICIENTE;
Venne svegliato da un rumore → COMPLEMENTO DI CAUSA EFFICIENTE.
IL COMPLEMENTO DI CAUSA:
Il complemento di causa indica il motivo che determina o meno l’azione o la
situazione espresse dal predicato. Risponde alle domande: “per quale causa?”, “per
quale motivo?”, “a causa di chi?”, “a causa di che cosa?”. È introdotto dalle
preposizioni da, per, di, a, con, semplici o articolate, o da locuzione prepositive come
a causa di, per via di, a motivo di. Dipende generalmente da verbi, ma può essere
retto anche da aggettivi o da nomi.
ESEMPI: A quel rumore ho tremato;
Non posso correre con questo caldo;
Balbettava dalla paura;
Sbadigliava a causa della noia;
Il professore l’ha rimproverato per la scarsa preparazione;
Ha ottenuto una promozione per meriti sul campo di lavoro;
Sto morendo di sonno;
Sono in ansia per l’esame.
IL COMPLEMENTO DI FINE O SCOPO:
Il complemento di fine o scopo indica il fine a cui è diretta l’azione espressa dal
predicato o lo scopo a cui sono destinati un oggetto o un animale. Risponde alle
domande “per quale fine?”, “per quale scopo?”. È introdotto dalle preposizioni per,
di, a, da, in, semplice e articolate, e da locuzioni prepositive come a difesa di, in vista
di, a scopo di, in onore di. Dipende generalmente da verbi, ma può essere introdotto
anche da nomi o aggettivi.
ESEMPI: Indosso gli occhiali da sole;
L’asino è un animale da soma;
Per un buon risultato bisogna impegnarsi di più;
Daremo una festa in tuo onore;
In vista dell’esame, dimentica i giochi;
Lo fece a fin di bene;
Ti mando un disco in regalo;
Lottiamo per la vittoria.
I COMPLEMENTI DI VANTAGGIO E DI SVANTAGGIO:
I complementi di vantaggio e di svantaggio indicano rispettivamente la persona,
l’animale o la cosa a favore o a danno dei quali si compie un’azione o si verifica una
condizione. Rispondono alle domande: “a favore/a vantaggio di chi?”, “a favore/a
vantaggio di che cosa?”, a sfavore/a danno di chi?”, a sfavore/a danno di che
cosa?”. Sono introdotti dalle preposizioni per, a, verso, contro e da alcune locuzioni
come a favore di, a vantaggio di, in difesa di, nell’interesse di; a danno di, a discapito
di, a svantaggio di. Dipendono da verbi, nomi o aggettivi.
ESEMPI: L’uso del computer risulta utile ai ragazzi → COMPLEMENTO DI
VANTAGGIO;
Lavoro da tempo per una associazione animalistica → COMPLEMENTO DI
VANTAGGIO;
Raccogliamo fondi per i cani randagi → COMPLEMENTO DI VANTAGGIO;
Stampiamo volantini in difesa della specie → COMPLEMENTO DI
VANTAGGIO;
Manifestiamo contro i fabbricanti di pellicce → COMPLEMENTO DI
SVANTAGGIO;
Il fumo è dannoso per la salute → COMPLEMENTO DI SVANTAGGIO;
Non ti appoggerò a discapito dei compagni → COMPLEMENTO DI
SVANTAGGIO.
I COMPLEMENTI DI TEMPO:
I complementi di tempo indicano le circostanze di tempo in cui avviene l’azione
espressa dal predicato. Essi sono due:
 complemento di tempo determinato, che precisa il momento in cui avviene
l’azione o si verifica la situazione espressa dal predicato. Risponde alla
domanda “quando?”. È introdotto dalle preposizioni proprie di, a, in, tra, fra,
dalle preposizioni improprie dopo, prima, durante, oltre, verso, circa, da
locuzioni prepositive come intorno a, dopo di, prima di, al tempo di. È
costituito da nomi, pronomi, aggettivi numerali sostantivati, avverbi (adesso,
ora, presto, allora, tardi, oggi, domani…) e locuzioni avverbiali (una volta, un
tempo…).
 Complemento di tempo continuato, che indica la durata dell’azione o della
situazione espressa dal predicato. Risponde alla domanda “per quanto
tempo?”. È introdotto dalle preposizioni proprie per, da, in, da preposizioni
improprie come durante, oltre, da locuzioni prepositive come fino a, già da. È
costituito da nomi, avverbi (sempre, lungamente, ininterrottamente…) e
locuzioni avverbiali (a lungo, per sempre, da allora…).
ESEMPI: Sono andata a Roma il mese scorso → COMPLEMENTO DI TEMPO
DETERMINATO;
Sono arrivata a Mosca alle nove → COMPLEMENTO DI TEMPO DETERMINATO;
Ci vediamo domani → COMPLEMENTO DI TEMPO DETERMINATO;
L’ho conosciuto durante il militare → COMPLEMENTO DI TEMPO DETERMINATO;
Resto qui un mese → COMPLEMENTO DI TEMPO CONTINUATO;
La conosco da molto tempo → COMPLEMENTO DI TEMPO CONTINUATO;
Finiremo in tre ore → COMPLEMENTO DI TEMPO CONTINUATO;
È piovuto fino alle cinque → COMPLEMENTO DI TEMPO CONTINUATO.
I COMPLEMENTI DI LUOGO:
I complementi di luogo forniscono informazioni sulle circostanze di luogo in cui si
svolge l’azione espressa dal predicato. Essi si suddividono in:
 complemento di stato in luogo, che indica il luogo in cui si svolge un’azione o
si verifica una situazione. Risponde alle domande “dove?”, “in quale luogo?”.
È introdotto dalle preposizioni proprie a, da, in, su, tra, da preposizione
improprie sopra, sotto, dentro, oltre, fuori, presso, da locuzione prepositive
come intorno a, vicino a, nei pressi di, nei dintorni di, a fianco di, in cima a. È
costituito da nomi, pronomi, avverbi di luogo (qui, là, sotto, sopra, dentro,
fuori, lassù…) e particelle pronominali (ci e vi). Dipende da verbi di stato o di
quiete (esserci, stare, trovarsi, rimanere, sostare, vivere, abitare, sedere…), da
nomi di significato analogo (sosta, permanenza, soggiorno, residenza, attesa,
tappa, dimora, abitazione…);
 complemento di moto a luogo, che indica il luogo verso il quale si muove
qualcuno o qualcosa. Risponde alle domande “verso dove?”, “verso quale
luogo?”. È introdotto dalle preposizioni proprie a, da, in, per, su, dalle
preposizioni improprie sopra, dentro, presso, da locuzioni prepositive come
alla volta di, in direzione di. È costituito da nomi, pronomi, avverbi di luogo
(qui, là, sotto, sopra, dentro, fuori, lassù…) e particelle pronominali (ci e vi).
Dipende da verbi di movimento e avvicinamento (andare, venire, giungere,
arrivare, spostarsi, muoversi, entrare, salire…), da nomi di significato analogo
(partenza, arrivo, ingresso…) o che indicano mezzi di trasporto (treno, aereo,
traghetto…);
 complemento di moto da luogo, che indica il luogo dal quale si sposta
qualcuno o qualcosa. Risponde alle domande “da dove?”, “da quale luogo?”. È
introdotto dalle preposizioni proprie di, da. È costituito da nomi, pronomi,
locuzione avverbiali di luogo (da qui, da là, da su, da giù, da fuori, da lassù…) e
dalla particella pronominale ne. Dipende da verbi di movimento o
allontanamento (venire, partire, arrivare, ritornare, muoversi, uscire,
scendere…), da nomi di significato analogo (partenza, arrivo, uscita, ritorno…)
o che indicano mezzi di trasporto (areo, treno, traghetto);
 complemento di moto per luogo, che indica il luogo attraverso il quale passa
qualcuno o qualcosa. Risponde alle domande “per dove?”, “attraverso quale
luogo?”. È introdotto dalle preposizioni proprie da, in, su, per, tra, dalla
preposizione impropria attraverso, dalla locuzione prepositiva in mezzo a. È
costituito da nomi, pronomi, locuzioni avverbiali di luogo (per di qui, per di là,
da qui, da qua, per dove…) e particelle pronominali (ci e vi). Dipende da verbi
di movimento e passaggio (passare, scorrere, correre, spostarsi, muoversi,
entrare, salire, fuggire…), da nomi di significato analogo (passaggio, arrivo,
ingresso, viaggio, fuga, uscita, corsa…).
ESEMPI: Abito a Firenze → COMPLEMENTO DI STATO IN LUOGO;
Il Museo del Prado si trova a Madrid → COMPLEMENTO DI STATO IN LUOGO;
Ti aspetto fuori → COMPLEMENTO DI STATO IN LUOGO;
Nei pressi di casa mia c’è un supermercato → COMPLEMENTO DI STATO IN
LUOGO;
Vado a Milano → COMPLEMENTO DI MOTO A LUOGO;
Parto per la montagna → COMPLEMENTO DI MOTO A LUOGO;
Mi dirigo verso lo stadio → COMPLEMENTO DI MOTO A LUOGO;
Il ritorno a Venezia è previsto per le sette → COMPLEMENTO DI MOTO A LUOGO;
Vengo da Venezia → COMPLEMENTO DI MOTO DA LUOGO;
Sono appena rientrato da scuola → COMPLEMENTO DI MOTO DA LUOGO;
La partenza delle navi dal porto mi affascina → COMPLEMENTO DI MOTO DA
LUOGO;
Sono reduce da una vacanza → COMPLEMENTO DI MOTO DA LUOGO;
Passando per i campi faremo più in fretta → COMPLEMENTO DI MOTO PER LUOGO;
Attraverso la Pianura Padana scorre il fiume Po → COMPLEMENTO DI MOTO PER
LUOGO;
Abbiamo notizie attraverso Internet → COMPLEMENTO DI MOTO PER LUOGO;
Non passare per di là → COMPLEMENTO DI MOTO PER LUOGO.
IL COMPLEMENTO DI ORIGINE O PROVENIENZA:
Il complemento di origine o provenienza indica l’origine, la provenienza
geografica o familiare di qualcuno o qualcosa, in senso reale o figurato. Risponde
alle domande (nato/proveniente…) “da chi?”, “da che cosa?”, “da dove?”. È
introdotto dalle preposizioni proprie di e da. È costituito da nomi (propri e
comuni) e da pronomi. Dipende da verbi che indicano discendenza (provenire,
nascere, sorgere, discendere, derivare, venire, arrivare…), da nomi e aggettivi di
analogo significato (provenienza, discendenza, nascita, origine; originario,
oriundo, nativo, proveniente, discendente…).
ESEMPI: L’Arno nasce dal monte Falterona;
I nonni di Pablo sono originari dell’Argentina;
Secondi alcuni storici Cristoforo Colombo fu oriundo di Genova;
Discende da una famiglia povera;
L’italiano deriva dal latino.
IL COMPLEMENTO DI ALLONTANAMENTO O SEPARAZIONE:
Il complemento di allontanamento o separazione indica da chi o da che cosa si è
separati o allontanati, in senso reale o figurato, oppure da chi o che cosa si è
diversi o divisi. Risponde alle domande (allontanato/separato/diviso/diverso…)
“da chi?”, “da che cosa?”, “da dove?”. È introdotto dalla preposizione propria
da. È costituito da nomi e pronomi. Dipende da verbi che indicano distacco,
allontanamento, separazione (dividere, separare, allontanare, distinguere,
dissentire, staccare…), da nomi e aggettivi di significato analogo (separazione,
distacco, divisione, allontanamento; libero, separato, immune, lontano,
diverso…).
ESEMPI: Tu non sei diverso dagli altri;
Finalmente siamo liberi da questo impegno!;
Il confine occidentale divide l’Italia dalla Francia;
Non fu liberato dalla prigionia;
Mi sono congedato dagli amici.
IL COMPLEMENTO DI MEZZO
Il complemento di mezzo indica lo strumento mediante il quale si compie
l’azione espressa dal predicato. Risponde alle domande “per mezzo di chi?”, “per
mezzo di che cosa?”. È introdotto dalle preposizioni proprie di, a, in, con, per,
dalle preposizioni improprie mediante, attraverso, tramite, dalle locuzioni
prepositive per mezzo di, per opera di, grazie a. È costituito da nomi, pronomi,
parti del discorso sostantivate. Dipende da verbi o da nomi.
ESEMPI: Ho finalmente capito la matematica grazie al professor Rossi;
Potremmo comunicare tramite Internet;
Siamo andati in gita con il traghetto;
Mi piace abbellire la casa con quadri e fotografie;
Vengo con la bici.
IL COMPLEMENTO DI MODO:
Il complemento di modo indica il modo in cui si svolge l’azione espressa dal
predicato o le condizioni in cui si verifica un fatto. Risponde alle domande “in
quale modo?”, “in quale maniera?”. È introdotto dalle preposizioni proprie di, a,
da, in, con, per, dalle preposizioni improprie secondo, sotto, dalle locuzioni
prepositive alla maniera di, a modo di, dalla locuzione in modo seguita da
aggettivo. È costituito da nomi, pronomi, avverbi di modo (volentieri, bene, male,
quasi, lentamente, rapidamente…) e locuzioni avverbiali di modo (per caso, ad
arte, di malavoglia, alla buona, a casaccio…). Dipende da verbi o da nomi.
ESEMPI: Ho affrontato il problema con intelligenza;
Sono rimasto a bocca aperta!;
Ieri ho incontrato per caso Luigi;
Il vento soffiava a raffiche;
Parlava con lentezza;
Tua nipote si applica con intelligenza;
È stato un lavoro eseguito a regola d’arte.
I COMPLEMENTI DI COMPAGNIA E DI UNIONE:
Il complemento di compagnia indica l’essere animato assieme al quale si compie o
si subisce l’azione; quando si tratta di un oggetto, si parla di complemento di
unione. Rispondono alle domande “in compagnia di chi?”, in compagnia di che
cosa?”, “insieme con chi?”, “insieme con che cosa?”. Sono introdotti dalla
preposizione propria con, dalle locuzioni prepositive in compagnia di, insieme con,
assieme a, unitamente a. Sono costituiti da nomi e pronomi. Dipendono da verbi, di
forma attiva o passiva, e da nomi.
ESEMPI: Guido vive con il telefonino in mano → COMPLEMENTO DI UNIONE;
La nonna esce sempre con l’ombrello, anche quando il cielo è sereno →
COMPLEMENTO DI UNIONE;
Arrivò con i libri sotto braccio → COMPLEMENTO DI UNIONE;
Si fermò a parlare con il vigile → COMPLEMENTO DI COMPAGNIA;
Domenica sono partito in compagnia di Marcello → COMPLEMENTO DI
COMPAGNIA;
Mi trovo a parlare con i miei cugini → COMPLEMENTO DI COMPAGNIA.
IL COMPLEMENTO DI QUALITÀ:
Il complemento di qualità indica una caratteristica fisica, intellettuale o morale di
qualcuno o qualcosa. Risponde alle domande “con quali caratteristiche?”, “con
quali qualità?”. È introdotto dalle preposizioni proprie di, a, da, con. È costituito da
nomi, spesso accompagnati da un attributo indispensabile. Dipende da nomi.
ESEMPI: Il cane è un animale dal carattere affettuoso e di grande intelligenza;
Massimo è un artigiano di valore;
Ha gli occhi color dell’acqua;
Il cane di razza è meno intelligente;
Guarda la bimba con i capelli biondi.
IL COMPLEMENTO DI ARGOMENTO:
Il complemento di argomento indica di chi o di che cosa si parla o si scrive. Risponde
alle domande “di quale argomento?”, “su quale argomento?”. È introdotto dalle
preposizioni proprie di, su, dalla preposizione impropria circa, da locuzioni
prepositive come intorno a, riguardo a, a proposito di. È costituito da nomi e
pronomi. Dipende da verbi come parlare, discutere, scrivere, trattare, conversare,
da nomi di significato analogo (discorso, decisione, discussione…)
ESEMPI: Il filmato sulle civiltà degli antichi Egizi è stato molto interessante;
Abbiamo discusso circa la visita del Louvre;
Quel film parla di mostri;
L’economista discute delle condizioni economiche del proprio Stato;
Si interessa di calcio.
IL COMPLEMENTO DI LIMITAZIONE:
Il complemento di limitazione indica entro quali limiti ha validità ciò che è espresso
da un verbo, da un nome o da un aggettivo. Risponde alle domande “in che cosa?”,
“limitatamente a chi?”, “limitatamente a che cosa?”. È introdotto dalle preposizioni
proprie di, a, da, in, per, dalla preposizione impropria secondo, da locuzioni
prepositive come in quanto a, a … giudizio, secondo il … parere, limitatamente a. È
costituito da nomi e pronomi. Dipende da nomi, aggettivi o verbi.
ESEMPI: A mio avviso, Tommaso è il migliore della classe in matematica;
Per abilità non ha rivali;
Quanto a generosità non è secondo a nessuno;
In storia è un asso;
A scacchi è un campione.
IL COMPLEMENTO CONCESSIVO:
Il complemento concessivo indica la circostanza, la persona o la cosa nonostante la
quale si verifica oppure no quanto è espresso dal predicato. Risponde alle domande
“nonostante chi?”, “nonostante che cosa?”. È introdotto dalla preposizione propria
con, dalle preposizioni improprie malgrado, contro, nonostante, da locuzioni
prepositive come a dispetto di, a onta di, contrariamente a. Dipende dal predicato,
verbale o nominale.
ESEMPI: Nonostante il maltempo, sono partita per la Spagna
Contrariamente alle previsioni, non mi sono mai annoiata
Nonostante il temporale, ci raggiunse presto
Malgrado le premesse, tutto andò male
IL COMPLEMENTO DISTRIBUTIVO:
Il complemento distributivo indica secondo quale ordine o proporzione si trovano o
si distribuiscono persone, animali o cose. Risponde alle domande “ogni quanto?”,
“ogni quanti?”, “in quale ordine?”, “in quale proporzione?”. È introdotto dalle
preposizioni proprie a, su, per; può anche essere espresso in modo diretto (senza
preposizione). Dipende da nomi o verbi.
ESEMPI: L’ingresso al museo costa dieci euro a persona;
Prende la medicina due volte al giorno;
Daremo tre quaderni per ogni bambino;
Le visite guidate iniziano ogni trenta minuti.
I COMPLEMENTI DI ABBONDANZA E DI PRIVAZIONE:
I complementi di abbondanza e di privazione indicano, rispettivamente, ciò di cui
una persona, un animale o una cosa abbondano oppure mancano. Rispondono alle
domande (pieno/ricco/fornito…) “di che cosa?”, (scarso, povero, privo…) “di che
cosa?”. Sono introdotti dalla preposizione propria di. Dipendono da verbi che
indicano abbondanza o mancanza (abbondare, scarseggiare, riempire, svuotare,
fornire, mancare…), da aggettivi di significato analogo (abbondante, scarso, pieno,
vuoto, ricco, povero, fornito, mancante…).
ESEMPI: Irene è povera di interessi → COMPLEMENTO DI PRIVAZIONE;
Gennaro è mancante di esperienza → COMPLEMENTO DI PRIVAZIONE;
Sul giornale, ho letto un articolo ricco di notizie → COMPLEMENTO DI
ABBONDANZA;
La tua è un’ipotesi priva di fondamento → COMPLEMENTO DI PRIVAZIONE;
Venezia è piena di chiese → COMPLEMENTO DI ABBONDANZA;
L’Italia abbonda di monumenti → COMPLEMENTO DI ABBONDANZA.
I COMPLEMENTI DI STIMA E DI PREZZO:
Il complemento di stima indica quale valore, morale o materiale, si attribuisce a una
persona, un animale o una cosa. Il complemento di prezzo indica il costo, il prezzo di
ciò che è comprato o venduto. Rispondono alle domande
(stimato/valutato/costato/pagato) “quanto?”, (comprato/venduto) “a quanto?”,
“a quale prezzo?”. Il complemento di stima è introdotto dalla preposizione propria
su e dalla locuzione prepositiva intorno a quando indica una stima approssimativa,
in tutti gli altri casi non è introdotto da preposizione; il complemento di prezzo è
introdotto dalle preposizioni proprie a, per, quando dipende dai verbi costare e
pagare non è preceduto da preposizione. Sono costituiti da nomi, avverbi di quantità
(poco, molto, niente, tanto…), locuzioni avverbiali (di più, di meno…); il
complemento di prezzo può essere anche costituito da espressioni come a buon
mercato, un occhio della testa, un patrimonio. Dipendono da verbi come valutare,
considerare, stimare, valere, apprezzare; costare, pagare, affittare, vendere,
acquistare, comprare.

ESEMPI: Il nonno ha venduto la sua casa, valutata sui centocinquantamila euro →


COMPLEMENTO DI STIMA;
Ho acquistato questa radio a buon prezzo → COMPLEMENTO DI PREZZO;
Ora che ti conosco meglio ti stimo di più → COMPLEMENTO DI STIMA;
Il dipinto “Notte Stellata” di Van Gogh è valutato milioni → COMPLEMENTO DI
STIMA;
Questo abito non vale molto → COMPLEMENTO DI STIMA;
Vendo la mia macchina per diecimila euro → COMPLEMENTO DI PREZZO.
IL COMPLEMENTO DI COLPA E DI PENA:
Il complemento di colpa indica la colpa o il reato di cui una persona è accusata, per
cui è condannata o assolta. Il complemento di pena indica la punizione, morale o
materiale, che viene inflitta ad una persona. Rispondono alle domande “di quale
colpa?”, “per quale colpa?”, “da quale colpa?”, “a quale pena?”, “con quale
pena?”. Il complemento di colpa è introdotto dalle preposizioni proprie di, per, da,
da espressioni come per il reato di, per la colpa di. Il complemento di pena è
introdotto dalle preposizioni proprie di, a, con, per. Dipendono da verbi come
accusare, processare, condannare, assolvere; punire, multare, sanzionare e da nomi
di significato analogo (processo, condanna, assoluzione…; pena, sanzione…); il
complemento di colpa anche da aggettivi (colpevole, reo, sospetto…).
ESEMPI: I prigionieri sono stati condannati all’ergastolo → COMPLEMENTO DI PENA;
Le guardie sono state accusate di negligenza → COMPLEMENTO DI COLPA;
È stato punito con l’espulsione → COMPLEMENTO DI PENA;
Mi hanno fatto una multa di centoventi euro → COMPLEMENTO DI PENA;
Fu assolto da tutte le accusa → COMPLEMENTO DI COLPA;
È imputato di omicidio → COMPLEMENTO DI COLPA.
IL COMPLEMENTO DI ESCLUSIONE:
Il complemento di esclusione indica la persona, l’animale o la cosa che rimane
esclusa dall’azione o dalla situazione espresse dal predicato. Risponde alle domande
“senza chi?”, “senza che cosa?”, “eccetto chi?”, “eccetto che cosa?”. È introdotto
dalle preposizioni improprie senza, fuorché, tranne, meno, salvo, eccetto, dalle
locuzioni prepositive all’infuori di, a parte, a eccezione di. È costituito da nomi,
pronomi o parti del discorso sostantivate. Dipende dal predicato, verbale o
nominale.
ESEMPI: Lavoro senza il computer;
Esco senza l’ombrello;
Andrete al parco senza di me;
Ho risolto tutti i problemi di geometria all’infuori di quello;
Siamo usciti senza chiavi.
IL COMPLEMENTO DI SOSTITUZIONE O SCAMBIO:
Il complemento di sostituzione o scambio indica la persona, l’animale o la cosa che
è o si vorrebbe che fosse sostituita da un’altra oppure che viene scambiata per
un’altra. Risponde alle domande “al posto di chi?”, “al posto di che cosa?”, “invece
di chi?”, “invece di che cosa?”. È introdotto dalle preposizioni proprie con, per, da
locuzioni prepositive come invece di, al posto di, in luogo di, in cambio di, dalla
congiunzione anziché. È costituito da nomi, pronomi o aggettivi sostantivati.
ESEMPI: Mi hai preso per uno stupido?;
Invece di un elogio, ebbi un rimprovero;
Al posto di Paolo, trovai Bruno;
In cambio del suo aiuto non mi chiese nulla;
Pierluigi ha scambiato la sua vecchia auto con una motocicletta.
IL COMPLEMENTO DI ETÀ:
Il complemento di età indica l’età di una persona, di un animale o di una cosa
oppure specifica a quale età qualcuno compie un’azione o si trova in una certa
situazione. Risponde alle domande “quale età?”, “di quale età?”, “a quale età?”,
“di quanti anni?”, “a quanti anni?”. È introdotto dalle preposizioni proprie di, a, su,
dalle preposizioni improprie verso, oltre, da locuzioni prepositive come all’età di,
intorno a, all’incirca di; è espresso in modo diretto (senza preposizioni) se dipende
dai verbi avere e compiere. Dipende da nomi o da verbi.
ESEMPI: Mio cugino ha trent’anni;
Mia sorella compirà tredici anni;
Avrà almeno quindici anni;
Morì a soli quarant’anni.
IL COMPLEMENTO DI PESO:
Il complemento di peso indica, in modo preciso o approssimativo, il peso di una
persona, un animale, una cosa. Risponde alle domande “quanto?”, “di quale
peso?”. È introdotto dalle preposizioni proprie di, da, su, dagli avverbi circa e quasi;
è espresso in modo diretto (senza preposizione) se dipende dal verbo pesare. È
costituito da nomi che specificano la misura del peso (grammo, carato…) uniti ad
aggettivi numerali o indefiniti (tre, alcuni, pochi, molti grammi…), da avverbi di
quantità (in questo caso il peso è indicato in modo generico). Dipende dal verbo
pesare o da nomi.
ESEMPI: La mia sorellina pesa già quindici chili;
Filippo pesa troppo;
La zia ha un anello con un brillante di due carati;
Il bulldog raggiunge un peso di circa trenta chili.
IL COMPLEMENTO DI DISTANZA:
Il complemento di distanza indica, in modo preciso o approssimato, la distanza di
una persona, un animale o una cosa da un punto di riferimento. Risponde alle
domande “quanto distante?”, “a quale distanza?”. È introdotto dalle preposizioni
proprie a, tra, fra, dagli avverbi circa, quasi, appena, soltanto, dalla locuzione
prepositiva alla distanza di; è espresso in modo diretto (senza preposizione) se
dipende dal verbo distare o da espressioni come essere lontano, essere distante. È
costituito da nomi che specificano la misura della lunghezza (centimetri, metro,
chilometro…) uniti ad aggettivi numerali o indefiniti (tre, alcuni, pochi, molti metri
da…), da avverbi di quantità (in questo caso la distanza è indicata in modo generico).
Dipende dal predicato, nominale o verbale.
ESEMPI: Torino dista da Roma circa seicento chilometri;
Roberta abita a cinquanta metri dalla scuola;
La pizzeria dista poco da casa mia.
IL COMPLEMENTO DI ESTENSIONE:
Il complemento di estensione indica, in modo preciso o approssimato, quanto
spazio un oggetto, un luogo o una persona occupa in lunghezza, larghezza, altezza,
profondità. Risponde alle domande (lungo/largo/alto/profondo…) “quanto?”, “per
quanto)?”. È introdotto dalle preposizioni proprie a, per (dopo un verbo), dalla
preposizione di (dopo un nome), dalla preposizione su, dagli avverbi circa, quasi,
appena, soltanto; è espresso in modo diretto (senza preposizione) se dipende da un
aggettivo. È costituito da nomi che specificano la misura della lunghezza, larghezza,
altezza, profondità, area (ettaro, centimetro, metro, chilometro…) uniti ad aggettivi
numerali o indefiniti (tre, alcuni, pochi, molti ettari), da avverbi di quantità (in
questo caso l’estensione è indicata in modo generico). Dipende da verbi come
estendersi, scorrere, innalzarsi, elevarsi, da nomi di significato analogo (estensione,
profondità, larghezza, altezza…), da aggettivi di significato analogo (lungo, largo,
profondo, spesso, alto…).
ESEMPI: Il signor Rossi è alto 182 centimetri;
Il campanile si innalza a venticinque metri di altezza;
Il garage occupa un’area di trenta metri quadrati;
L’Europa si estende per oltre dieci milioni di chilometri quadrati.
IL COMPLEMENTO DI MISURA:
Il complemento di misura indica, in modo preciso o approssimato, quanto misura
un oggetto o un fenomeno, in relazione a una scala di valori oppure in un confronto
tra oggetti, persone, fenomeni. Risponde alle domande “quanto?”, “di quale
misura?”, “di quanto?”. È introdotto dalle preposizioni proprie di, da, su, dagli
avverbi circa e quasi; può essere espresso anche in modo diretto (senza
preposizione). È costituito da nomi che indicano scale di misure e che sono uniti ad
aggettivi numerali o indefiniti (venti, alcuni, pochi, molti gradi), da avverbi di
quantità (in questo caso la misura è indicata in modo generico). Dipende da nomi,
aggettivi o verbi.
ESEMPI: Devo comprare due lampadine da 60 watt;
Il terremoto di magnitudo 6.8 della scala Richter ha fatto enormi danni;
Ho scaricato un file da 500 kB;
Ho una temperatura corporea sui 36 gradi;
La camera di mio fratello è quasi il doppio della mia.
IL PERIODO:
(N.B. il blu per la principale, il rosso per le coordinate e il nero per le subordinate)
Il periodo è una parte di testo di senso compiuto, formato da una o più proposizioni
collegate tra loro. Quando il periodo è composto da più preposizioni, esse si
collegano tra loro mediante:
 un segno di punteggiatura;
 una congiunzione;
 una preposizione;
 un pronome relativo.
ESEMPI: Sono stanco: andrò a riposare;
Andrò a mangiare perché ho fame;
Maria sta leggendo un romanzo che le piace molto;
Sono troppo stanco per uscire.
In base alla struttura sintattica, si distinguono tre tipi di periodo:
 periodo semplice, formato da una sola proposizione che esprime da sé
significato compiuto;
 periodo composto, formato da due o più preposizioni, dotate di senso
compiuto e collegato da loro da una congiunzione coordinante o separate da
un segno debole di punteggiatura;
 periodo complesso, formato da due o più preposizioni, una delle quali ha
senso compiuto, mentre le altre non hanno autonomia di significato e
dipendo da essa.
ESEMPI: Ho trascorso una giornata in montagna → PERIODO SEMPLICE;
Devo comprare un regalo per il compleanno di Domenico → PERIODO SEMPLICE;
Ho camminato a lungo e mi sono veramente stancato → PERIODO COMPOSTO;
I passeggeri si alzavano dai sedili, raccoglievano i loro bagagli → PERIODO
COMPOSTO;
I marinai gridarono richiami lanciando le gomene ai compagni che le afferravano
veloci → PERIODO COMPLESSO;
Sono tornato a casa perché ho raggiunto la meta che mi ero prefissato → PERIODO
COMPLESSO.
LA PROPOSIZIONE PRINCIPALE:
La proposizione principale è una frase autonoma che regge, direttamente o
indirettamente, tutte le altre proposizioni che compongono il periodo. Essa presenta
alcune caratteristiche:
 è reggente di altre proposizioni, coordinate e subordinate;
 è autonoma dal punto di vista sintattico e grammaticale;
 non è mai introdotta da una congiunzione subordinante;
 ha il predicato espresso in modo finito;
 si può trovare all’inizio, al centro e alla fine della frase;
 può essere spezzata da una subordinata.
ESEMPI: I ragazzi faranno salti di gioia, perché avranno una vacanza inaspettata;
Di domenica, dato che non devo andare a scuola, dormo fino alle dieci;
Non appena nevicherà, andrò in soffitta per cercare l’attrezzatura da sci;
Quando soffia la bora, i triestini non escono volentieri di casa.
LA PROPOSIZIONE INDIPENDENTE E LA PROPOSIZIONE INCIDENTALE:
La proposizione indipendente è una frase semplice in grado di costituire da sola un
periodo.
ESEMPI: Domani ci sarà uno sciopero dei lavoratori;
Enzo studia l’inglese;
Si decidano a partire!;
Giovanni ha un tenore di vita elevato.
La proposizione incidentale è una frase autonoma che non ha legami sintattici con
le altre proposizioni del periodo. Esprime informazioni non essenziali e serve per
introdurre un commento, un chiarimento, un’informazione. Caratteristica distintiva
è quella di essere delimitata da virgole, trattini, parentesi.
ESEMPI: Anche tu, mi pare capire, sei d’accordo;
Tu e tuo fratello –ripete sempre la mamma- non sapete stare a tavola!;
La virtù (nessuno lo mette in dubbio) vale più della scienza;
Chi dorme, come dice il proverbio, non piglia pesci!.
LE FUNZIONI DELLE PROPOSIZIONI AUTONOME:
In base allo scopo e al significato, le proposizioni autonome si distinguono in:
 enunciative o dichiarative, che esprimono un’affermazione, un fatto, un
giudizio, un’opinione. Possono essere affermative o negative; il verbo è
generalmente al modo indicativo, talvolta al condizionale;
 interrogative, che esprimono una domanda diretta e si chiudono con un
punto interrogativo. Il verbo è generalmente all’indicativo; si usa anche al
condizionale quando si vuole formulare la domanda in modo cortese;
 esclamative, che esprimono con un’esclamazione un sentimento o
un’emozione e si chiudono con il punto esclamativo. Il verbo può essere al
modo indicativo, congiuntivo, condizionale o infinito;
 volitive, che esprimono la volontà di chi parla sotto forma di un ordine, un
divieto, un’esortazione o un invito; talvolta possono chiudersi con il punto
esclamativo. Il verbo può essere al modo imperativo, congiuntivo o infinito;
 desiderative o ottative, che esprimono un desiderio, un augurio; anch’esse
talvolta si chiudono con un punto esclamativo. Il verbo può essere al modo
congiuntivo, condizionale o infinito.
ESEMPI: Mi piace questa torta → ENUNCIATIVA;
Non mi piace la mozzarella → ENUNCIATIVA;
Ti piace il cioccolato? → INTERROGATIVA;
Che ve ne pare della mia torta? → INTERROGATIVA;
Sono arrivati! → ESCLAMATIVA;
È stupendo il tuo disegno! → ESCLAMATIVA;
Si decidano a partire! → VOLITIVA;
Non toccare la mia bici → VOLITIVA;
Ah, se mi accompagnassi tu! → DESIDERATIVA;
Magari avessimo raggiunto quel punteggio! → DESIDERATIVA.
LA COORDINAZIONE:
Nel rapporto di coordinazione due proposizioni che hanno lo stesso valore
sintattico all’interno del periodo vengono poste sullo stesso piano; tale rapporto
può stabilire sia tra proposizioni autonome sia tra proposizioni subordinate. La
coordinazione può avvenire:
 tramite congiunzione, che si dividono in:
Disgiuntive O, oppure, ovvero, ossia, Si uniscono ad un’altra
altrimenti… proposizione ponendosi
in alternativa con essa o
escludendola
Avversative Ma, però, tuttavia, Si uniscono ad un’altra
eppure, anzi, invece, proposizione indicando
nondimeno… una contrapposizione
Copulative E, anche, inoltre, altresì, Si uniscono ad un’altra
pure, neanche, proposizione,
nemmeno, neppure, né… semplicemente
accostandosi ad essa
Esplicative o dichiarative Infatti, difatti, cioè, ossia, Servono a spiegare,
vale a dire… precisare o confermare
quanto si dice nelle
proposizioni con cui è
coordinata
Conclusive Dunque, perciò, quindi, Indicano la conseguenza o
pertanto, allora, la logica conclusione di
insomma, sicché, quanto è detto nella
ebbene… proposizione con cui è
coordinata
Correlative E…e, o…o, né…né, sia… Indicano una stretta
sia, sia…che, non solo… correlazione con la
ma anche, ora…ora, proposizione con cui è
tanto…quanto … coordinata

ESEMPI: Guido non ha risposto alla mia lettera, né mi ha telefonato →


COPULATIVA;
Ho ascoltato molto e parlato poco → COPULATIVA;
Non so se andarmene subito oppure restare ancora un po’ → DISGIUNTIVA;
Muoviti altrimenti perderemo il treno → DISGIUNTIVA;
Mi piacerebbe quel videogioco però costa molto → AVVERSATIVA;
È intelligente eppure ha commesso un errore → AVVERSATIVA;
I miei vicini sono benestanti, infatti hanno un buon tenore di vita →
DICHIARATIVA;
È meglio essere prudenti, cioè non dar retta agli estranei → DICHIARATIVA;
Il compito non è finito, quindi continua a lavorare → CONCLUSIVA;
Si è comportato in modo offensivo, perciò deve chiedere scusa → CONCLUSIVA;
 ti spieghi chiaramente o stai zitto → CORRELATIVA;
Chi andava, chi veniva: quel luogo era un porto di mare → CORRELATIVA.
 per asindeto, ovvero attraverso una virgola o con i due punti
ESEMPI: Gli altri bambini corrono, saltano, gridano;
Vorrei parlarti un attimo: mi serve un tuo consiglio;
Si sveglia, si alza, si lava, fa colazione, esce di casa ogni giorno.
 per polisindeto, ovvero ripetendo la stessa congiunzione più volte
ESEMPI: Solo quel ragazzo rimane in piedi e non si muove e osserva il lupo e lo
segue con gli occhi attenti;
E mira ed è mirata, e in cor s’allegra.
LA SUBORDINAZIONE:
Nel rapporto di subordinazione due proposizioni che hanno un diverso valore
sintattico all’interno del periodo si collegano in ordine gerarchico in modo da
rendere chiari i rapporti logici tra i fatti. I gradi di subordinazione indicano l’ordine
gerarchico delle subordinate rispetto alla proposizione principale.
ESEMPI: Andrò a letto presto per recuperare il sonno (subordinata di primo grado)
che ho perduto la notte scorsa (subordinata di secondo grado) leggendo
fino a tardi un libro (subordinata di terzo grado) che mi avvinceva molto
(subordinata di quarto grado) perché era ricco di suspense (subordinata di
quinto grado);
Antonio ha uno stile migliore di Paolo, andando spesso in piscina (subordinata di
primo grado).
Le proposizioni subordinate si dicono esplicite se hanno il predicato di modo finito
(indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo); implicite se hanno il predicato
di modo indefinito (participio, gerundio, infinito).
ESEMPI: Ho deciso che mi prenderò una vacanza → SUBORDINATA ESPLICITA;
Sono venuto nonostante sia molto stanco → SUBORDINATA ESPLICITA;
Ho comperato il regalo che ti avevo promesso → SUBORDINATA ESPLICITA;
Essendo arrivato il brutto tempo, abbiamo rinunciato alla gita → SUBORDINATA
IMPLICITA;
Marianna fa di tutto per non ingrassare → SUBORDINATA IMPLICITA;
Mi sento preparato per affrontare questa prova → SUBORDINATA IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE SOGGETTIVA:
La proposizione soggettiva svolge la funzione di soggetto rispetto al predicato della
reggente. Dipende da:
 verbi impersonali (risulta, sembra, occorre, bisogna, accade, pare,
conviene…);
 verbi costruiti con il si passivamente (si dice, si spera, si crede, si teme, si
racconta, si immagina…);
 locuzioni impersonali costituite con i verbi essere, sembrare, parere (è
giusto, è certo, sembra opportuno, pare necessario…).
ESEMPI: Occorre che tutti collaborino;
Mi sembra di essere arrivato al momento giusto;
Si spera di non sbagliare;
Si racconta che da giovane fosse un avventuriero;
È certo che arriveremo tardi;
È giusto essere cortesi con il prossimo.
La proposizione soggettiva può essere:
 esplicita, quando è introdotta dalla congiunzione che e ha il verbo al modo
indicativo per esprimere un fatto certo, al modo congiuntivo o condizionale
per esprimere una possibilità, un dubbio, un’aspettativa;
 implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto o meno dalla
preposizione propria di.
ESEMPI: Sembra che il tempo migliori → SUBORDINATA SOGGETTIVA ESPLICITA;
Si immaginava che non sarebbero venuti → SUBORDINATA SOGGETTIVA
ESPLICITA;
Mi sembra di non aver dimenticato nulla → SUBORDINATA SOGGETTIVA
IMPLICITA;
È meglio partire subito → SUBORDINATA SOGGETTIVA IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE OGGETTIVA:
La preposizione oggettiva svolge la funzione di complemento oggetto rispetto al
predicato della reggente. Dipende da:
 verbi enunciativi o dichiarativi, che esprimono affermazioni, informazioni,
promesse (affermare, dire, sostenere, dichiarare, giurare, negare,
rispondere…);
 verbi che indicano percezione o ricordo (percepire, ricordare, dimenticare,
sentire, udire, comprendere…);
 verbi che indicano un’opinione, un giudizio, una stima, un dubbio (ritenere,
dubitare, credere, supporre, sperare, giudicare, sospettare…)
 verbi che indicano volontà, timore, desiderio (ordinare, comandare,
pretendere, volere, desiderare, esigere, proibire, sperare, temere…).
ESEMPI: Massimo ha promesso che verrà domani;
Nessuno può sostenere di non sbagliare mai;
Mi sono accorto tardi che non avevo preso l’ombrello;
Ho scordato di caricare la batteria del telefonino;
Dubito che tutti si ricordino dell’appuntamento;
Ada ritiene di aver fatto tutto il possibile;
Speriamo che tutto vada bene;
Non puoi pretendere di vincere sempre.
La proposizione oggettiva è:
 esplicita, quando è introdotta dalla congiunzione che e ha il verbo al modo
indicativo per esprimere un fatto certo, al congiuntivo o al condizionale per
esprimere una possibilità, un dubbio, un’aspettativa;
 implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto o meno dalla
preposizione propria di.
ESEMPI: La mamma sostiene che guardo troppa televisione → SUBORDINATA
OGGETTIVA ESPLICITA;
Ritengo che si sbagli → SUBORDINATA OGGETTIVA ESPLICITA;
Il babbo non mi permette di usare il suo computer → SUBORDINATA OGGETTIVA
IMPLICITA;
Non oso disobbedire ai miei genitori → SUBORDINATA OGGETTIVA IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE DICHIARATIVA:
La proposizione dichiarativa spiega o precisa il significato di elemento nominale
presente nella reggente. Dipende da un nome o un pronome dimostrativo.
ESEMPI: Ho il sospetto che ci abbiano spiati;
Questo mi basta, che tu sia sincero;
Hai la certezza di essere preparato?;
La mamma mi rimprovera il fatto che gioco sempre la Playstation.
La proposizione dichiarativa può essere:
 esplicita, quando è introdotta dalla congiunzione che e ha il verbo al modo
indicativo per esprimere un fatto certo, al congiuntivo o al condizionale per
esprimere una possibilità, un dubbio o un’aspettativa;
 implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto dalla preposizione
propria di.
ESEMPI: Ho la convinzione che si sbagli → SUBORDINATA DICHIARATIVA ESPLICITA;
Questa è la mia opinione, che sarebbe stato possibile fare di più → SUBORDINATA
DICHIARATIVA ESPLICITA;
Il babbo non mi da il permesso di usare il suo PC → SUBORDINATA DICHIARATIVA
IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE INTERROGATIVA INDIRETTA:
La proposizione interrogativa indiretta esprime un dubbio o una domanda in forma
indiretta, senza l’uso del punto interrogativo. Dipende da:
 verbi interrogativi (chiedere, domandare, interrogare…);
 verbi dichiarativi (spiegare, dire, pensare, indovinare, sapere, conoscere…);
 verbi che esprimono dubbio o incertezza (ignorare, dubitare, essere
incerto…);
 nomi o aggettivi che indicano un dubbio o una domanda (incertezza,
quesito, domanda, dubbioso, incerto…).
ESEMPI: Mi chiedo se abbia ascoltato con attenzione;
Un turista mi ha domandato come arrivare alla stazione;
Indovina chi viene a cena stasera;
Vorrei sapere come si risolve il problema;
Ignoro dove comperare i colori;
Sono incerto se fidarmi di Paolo;
Ho l’incertezza se uscire o no questa sera;
Fabio è dubbioso su chi invitare alla sua festa.
La proposizione interrogativa indiretta è:
 esplicita, quando è introdotta da un elemento con valore interrogativo,
quindi pronomi, aggettivi (chi, che, quale, quanto), avverbi e congiunzioni
(dove, quando, quanto, come, perché, se), ha il verbo al modo indicativo per
esprimere un fatto certo, al congiuntivo o al condizionale per esprimere una
possibilità, un dubbio, un’aspettativa;
 implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto dagli stessi elementi
che introducono la forma esplicita.
ESEMPI: Non so che età abbia tuo fratello → SUBORDINATA INTERROGATIVA
INDIRETTA ESPLICITA;
Mi domando come abbia fatto il cane ad uscire fuori dal recinto → SUBORDINATA
INTERROGATIVA INDIRETTA ESPLICITA;
Non so se Marco si ricorda di me → SUBORDINATA INTERROGATIVA INDIRETTA
ESPLICITA;
Ignoro dove chiedere il modulo di iscrizione → SUBORDINATA INTERROGATIVA
INDIRETTA IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE RELATIVA:
La proposizione relativa chiarisce o precisa il significato di un elemento nominale
della proposizione reggente, al quale sono legate da un pronome relativo o un
avverbio con valore relativo. Può avere funzione:
 attributiva, quando sostituisce l’attributo;
 appositiva, quando sostituisce l’apposizione;
 relativa propria, quando espande il significato di un elemento nominale della
reggente;
 relativa impropria, quando completa il significato della reggente collegandosi
al suo predicato ed ha valori di altre proposizioni (temporale, causale,
concessiva, finale, condizionale, consecutiva).
ESEMPI: Ho trascorso una giornata che non dimenticherò (indimenticabile) →
SUBORDINATA RELATIVA ATTRIBUTIVA;
Alfredo, che è fidanzato con Lucia, studia il sassofono (il fidanzato) →
SUBORDINATA RELATIVA APPOSITIVA;
È questa la borsa che appartiene a Luisa → SUBORDINATA RELATIVA PROPRIA;
Ho letto un libro che tratta della civiltà dei Romani → SUBORDINATA RELATIVA
PROPRIA;
Ho notato Gianni che (mentre) copiava il compito → SUBORDINATA RELATIVA
IMPROPRIA CON VALORE TEMPORALE;
Studierò con Oscar, che (perché) è il migliore in matematica → SUBORDINATA
RELATIVA IMPROPRIA CON VALORE CAUSALE;
Mi serve un amico che (affinché) mi dia una mano → SUBORDINATA RELATIVA
IMPROPRIA CON VALORE FINALE;
Lia, che (benché) studia molto, ha sbagliato il compito → SUBORDINATA RELATIVA
IMPROPRIA CON VALORE CONCESSIVO;
Sono multati quelli che (se) superano i limiti di velocità → SUBORDINATA RELATIVA
IMPROPRIA CON VALORE CONDIZIONALE;
Non c’è nulla che (tale che) lo preoccupi → SUBORDINATA RELATIVA IMPROPRIA
CON VALORE CONSECUTIVO.
La proposizione relativa può essere:
 esplicita, quando è introdotta da pronomi relativi, pronomi relativi misti e
avverbi con valore di relativi, ha il verbo al modo indicativo per esprimere un
fatto certo, al congiuntivo o al condizionale per esprimere una possibilità o
un’aspettativa;
 implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto o meno dalle
preposizioni proprie a, da oppure da pronomi relativi come a cui, di cui, del
quale, al modo participio, presente o passato.
ESEMPI: Indosserò il vestito che ho acquistato ieri → SUBORDINATA RELATIVA
ESPLICITA;
Cerco un amico che non mi deluda mai → SUBORDINATA RELATIVA ESPLICITA;
Giancarlo è sempre il primo a finire i compiti → SUBORDINATA RELATIVA
IMPLICITA;
Gli amici a cui confidare i propri segreti sono rari → SUBORDINATA RELATIVA
IMPLICITA;
Gli edifici costruiti in cemento armato sono antisismici → SUBORDINATA RELATIVA
IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE CONDIZIONALE:
La proposizione condizionale indica la condizione necessaria perché si realizzi
quanto è espresso nella reggente. Può essere:
 esplicita, quando è introdotta dalla congiunzione se e ha il verbo al modo
indicativo o congiuntivo, è introdotta dalle congiunzioni qualora, purché,
quando o da locuzione come a patto che, a condizione che, nel caso in cui,
nell’eventualità che e ha il verbo al modo congiuntivo;
 implicita, quando ha il verbo al modo gerundio presente, participio passato o
all’infinito preceduto dalla preposizione propria a.
ESEMPI: Se non mi affretto, arriverò in ritardo → SUBORDINATA CONDIZIONALE
ESPLICITA;
Ti ringrazierei, nel caso in cui tu mi aiutassi → SUBORDINATA CONDIZIONALE
ESPLICITA;
Risolto, questo problema non darà più preoccupazioni → SUBORDINATA
CONDIZIONALE IMPLICITA;
Ad ascoltare quei pessimisti, sembra non vi sia speranza! → SUBORDINATA
CONDIZIONALE IMPLICITA.
IL PERIODO IPOTETICO:
Il periodo ipotetico è un costrutto sintattico formato da una proposizione
condizionale (detta protasi) e dalla sua reggente (detta apodosi), che insieme
costituiscono un’unità logica di significato.
ESEMPI: Se continui a dire bugie (protasi), nessuno ti crederà più (apodosi);
Se fossi venuto a casa mia (protasi), ti avrei fato provare il nuovo videogioco
(apodosi).
Il periodo ipotetico può essere suddiviso:
 della realtà, quando l’ipotesi viene presentata come reale e la conseguenza è
da ritenersi certa; quando la protasi ha il verbo all’indicativo; quando
l’apodosi ha il verbo all’indicativo o all’imperativo;
 della possibilità, quando l’ipotesi viene presentata come possibile, ma non
certa, e la conseguenza è incerta; quando la protasi ha il verbo al congiuntivo
imperfetto; quando l’apodosi ha il verbo al condizionale presente;
 dell’irrealtà, quando l’ipotesi viene presentata come impossibile, perché
riferita a fatti che avrebbero potuto accadere, ma non sono mai accaduti,
oppure viene presenta come irreale, perché riferita a fatti che non si possono
verificare e la conseguenza è irrealizzabile; quando la protasi ha il verbo al
congiuntivo trapassato o imperfetto; quando l’apodosi ha il verbo al
condizionale passato o presente.
ESEMPI: Se vieni a casa mia, ti faccio provare il mio nuovo videogioco → PERIODO
IPOTETICO DELLA REALTÀ;
Se venissi a casa mia, ti farei provare il mio nuovo videogioco → PERIODO
IPOTETICO DELLA POSSIBILITÀ;
Se fossi venuto a casa mia, ti avrei fatto provare il mio nuovo videogioco →
PERIODO IPOTETICO DELL’IRREALTÀ.
LA PROPOSIZIONE FINALE:
La proposizione finale indica il fine, lo scopo al quale è diretta l’azione espressa dalla
reggente. Può dipendere dal predicato, da nomi o aggettivi. La proposizione finale è:
 esplicita, quando è introdotta dalle congiunzioni affinché, perché, acciocché,
oppure dalla congiunzione che se dipende da verbi che indicano esortazione
o preghiera (esortare, incitare, persuadere, ammonire, consigliare, chiedere,
supplicare, domandare, implorare, invocare, pregare…), ha il verbo al modo
congiuntivo presente se il predicato della reggente al presente o al futuro, al
congiuntivo imperfetto se il predicato della reggente è al passato;
 implicita, quando è introdotta dalle preposizioni proprie di, per, a, da o da
locuzioni come al fine di, allo scopo di, nell’intento di, in modo da e ha il
verbo al modo infinito.
ESEMPI: Daniele tormenta tutti affinché lo aiutino → SUBORDINATA FINALE
ESPLICITA;
La mamma ci ha ammonito che rientrassimo presto → SUBORDINATA FINALE
ESPLICITA;
Mi cerca Marco perché la aiuti nei compiti → SUBORDINATA FINALE ESPLICITA;
Hai una gomma da masticare? → SUBORDINATA FINALE IMPLICITA;
Mi mancano scarpe per camminare in montagna → SUBORDINATA FINALE
IMPLICITA;
Il candidato ha organizzato una conferenza al fine di ottenere più voti →
SUBORDINATA FINALE IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE CAUSALE:
La proposizione causale indica per quale motivo si svolge l’azione o si verifica la
circostanza espressa nella reggente. Può dipendere dal predicato, dal nome o
aggettivo. La proposizione causale può essere:
 esplicita, quando è introdotta dalle congiunzioni poiché, perché, giacché,
siccome o da locuzioni come dal momento che, dato che, per il fatto che
oppure dalla congiunzione che se dipende da verbi che indicano stati
d’animo (meravigliarsi, dispiacersi, rallegrarsi, essere contento…), ha il verbo
al modo indicativo, talvolta al congiuntivo o al condizionale;
 implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto dalle preposizioni
proprie a, di, per, al participio passato o gerundio.
ESEMPI: Tutti siamo stanchi perché abbiamo studiato troppo → SUBORDINATA
CAUSALE ESPLICITA;
Rimasi poiché mi interessava il dibattito → SUBORDINATA CAUSALE ESPLICITA;
Piera si stupiva che fossi così agitato → SUBORDINATA CAUSALE ESPLICITA;
Carlo è felice per aver vinto il primo premio → SUBORDINATA CAUSALE IMPLICITA;
Contagiato dall’influenza, ha dovuto rimanere a letto → SUBORDINATA CAUSALE
IMPLICITA;
Essendo arrivato in ritardo, ho perso l’inizio del film → SUBORDINATA CAUSALE
IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE TEMPORALE:
La proposizione temporale indica in quale circostanza di tempo si svolge l’azione
espressa nella reggente. Può essere:
 esplicita, quando è introdotta dalle congiunzioni finché, quando, mentre,
allorché, come, che o da locuzioni come dopo che, ogni volta che, prima che,
nel momento in cui, fino a che, fino a quando, ha il verbo al modo indicativo
o, se preceduto dalla locuzione congiuntiva prima che, al congiuntivo;
 implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto dalle preposizioni
articolate al, nel, sul, col o dalle locuzioni prima di, dopo, al participio
passato o al gerundio.
ESEMPI: Te lo chiederò finché mi dirai di sì → SUBORDINATA TEMPORALE
ESPLICITA;
Quando avrai finito potrai riposare → SUBORDINATA TEMPORALE ESPLICITA;
Ogni volta che sono interrogato, mi tremano le gambe → SUBORDINATA
TEMPORALE ESPLICITA;
Allo scoccare del mezzogiorno, il nonno vuole mangiare → SUBORDINATA
TEMPORALE IMPLICITA;
Concluso il riposino, il nonno va a fare una passeggiata → SUBORDINATA
TEMPORALE IMPLICITA;
Passeggiando, il nonno compra il giornale → SUBORDINATA TEMPORALE
IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE CONCESSIVA:
La proposizione concessiva indica il fatto o la circostanza nonostante i quali si
verifica quanto è espresso dalla reggente. Può essere:
 esplicita, quando è introdotta dalle congiunzioni benché, nonostante,
malgrado, sebbene, quantunque e da locuzioni come malgrado che, per
quanto, concesso/ammesso/posto che, quand’anche oppure dagli aggettivi e
pronomi indefiniti qualsiasi, qualunque, chiunque, checché, ha il verbo al
modo congiuntivo o all’indicativo, se preceduta dalle congiunzioni anche se,
neanche se;
 implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto dalle preposizioni
propria per o da locuzioni come a costo di, a rischio di, neppure a, al
participio passato preceduto dalle congiunzioni benché, sebbene,
quantunque o dalla locuzione per quanto, al gerundio preceduto dalle
congiunzioni anche, pure, neanche.
ESEMPI: Telefonerò a Luca, malgrado sia tardi → SUBORDINATA CONCESSIVA
ESPLICITA;
Ammesso che sia ancora sveglio, non è detto che mi risponda → SUBORDINATA
CONCESSIVA ESPLICITA;
Non riesco a riposare, sebbene sia molto stanca → SUBORDINATA CONCESSIVA
ESPLICITA;
Neppure a ripeterla cento volte, imparerò la poesia a memoria → SUBORDINATA
CONCESSIVA IMPLICITA;
Per quanto distrutto dalla fatica, devo terminare il lavoro → SUBORDINATA
CONCESSIVA IMPLICITA;
Paolo parla bene l’italiano, pur vivendo qui da un solo anno → SUBORDINATA
CONCESSIVA IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE COMPARATIVA:
La proposizione comparativa costituisce il secondo termine di paragone in un
confronto con quanto è espresso nella reggente. Può essere di maggioranza, di
minoranza e di uguaglianza. Può essere:
 esplicita, quando è introdotta da diversi nessi correlativi, a seconda che sia di
maggioranza (più/meglio…che, più/meglio…di come, più/meglio…di
quanto), di minoranza (meno/peggio…che, meno/peggio…di come,
meno/peggio…di quanto), di uguaglianza (così…come, tanto…come, tanto…
quanto), ha il verbo al modo indicativo, al congiuntivo o al condizionale;
 implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto dalle locuzioni più
che, piuttosto che.
ESEMPI: Il cuoco ha usato meno sale di come mi piace → SUBORDINATA
COMPARATIVA ESPLICITA;
Il problema è più complicato di quanto credessi → SUBORDINATA COMPARATIVA
ESPLICITA;
Le cose non sono andate così come avrei voluto → SUBORDINATA COMPARATIVA
ESPLICITA;
Nello studio è più importante comprendere che imparare a memoria →
SUBORDINATA COMPARATIVA IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE MODALE:
La proposizione modale indica il modo in cui si realizza l’azione espressa nella
reggente. Può essere:
 esplicita, quando, se esprime certezza, è introdotta dalla congiunzione come
o dalle locuzioni nel modo/nella maniera che, nel modo/nella maniera in cui
e ha il verbo al modo indicativo; se esprime dubbio, possibilità, opinione
soggettiva, è introdotta dalle congiunzioni come e comunque e dalle
locuzioni come se, quasi (che), secondo che e ha il verbo al modo
congiuntivo o al condizionale;
 implicita, quando ha il verbo al modo gerundio presente, all’infinito
preceduto dalla proposizione propria a o al participio preceduto dalla
congiunzione come.

ESEMPI: Fai pure come vuoi → SUBORDINATA MODALE ESPLICITA;


Devi seguire la ricetta nel modo in cui è indicata → SUBORDINATA MODALE
ESPLICITA;
Si è comportato come avrei fatto anch’io → SUBORDINATA MODALE ESPLICITA;
Parlava dei figli lontani commovendosi → SUBORDINATA MODALE IMPLICITA;
Cadde a terra come morto → SUBORDINATA MODALE IMPLICITA.

LA PROPOSIZIONE STRUMENTALE:
La proposizione strumentale indica il mezzo o lo strumento con cui si realizza
l’azione espressa dalla reggente. Può essere soltanto:
 implicita, quando ha il verbo al modo gerundio o all’infinito preceduto
dalla preposizione con o dalle locuzioni a furia di, a forza di.
ESEMPI: Applicandosi con costanza, tutti possono migliorare;
Con il criticare sempre tutti, si rende antipatica;
A forza di piangere mi si sono arrossiti gli occhi;
È diventato ricco lavorando.
LA PROPOSIZIONI CONSECUTIVA:
La proposizione consecutiva indica la conseguenza di quanto è espresso nella
reggente. È anticipata da un elemento, detto antecedente, che si trova nelle
proposizioni reggente: può essere un avverbio o un aggettivo. Talvolta
l’antecedente è sottinteso. Sono considerate consecutivi anche le proposizioni
introdotte dagli aggettivi degno e indegno. Può essere:
 esplicita, quando è introdotta dalle congiunzioni che (preceduta nella
reggente da un antecedente: così, tanto, talmente, tale, simile,
siffatto…) e perché (preceduto dagli avverbi troppo e abbastanza), da
congiunzioni composte come cossiché e sicché oppure da locuzioni
formate con che (al punto che, così che, tanto che, di modo che, in tal
modo che…), ha il verbo al modo indicativo, al congiuntivo o al
condizionale;
 implicita, quando è introdotta dalla preposizione propria da o da
locuzioni formate con da (al punto da, così da, tanto da…), dalla
preposizione propria di se dipende dagli aggettivi degno e indegno,
dalla preposizione propria per se l’antecedente è costituito da avverbi
come troppo, troppo poco, sufficientemente, abbastanza, ha sempre il
verbo al modo infinito.
ESEMPI: È così buono che tutti lo stimano → SUBORDINATA CONSECUTIVA
ESPLICITA;
Fui addolorato dalla notizia al punto che non trattenni le lacrime → SUBORDINATA
CONSECUTIVA ESPLICITA;
Farò le cose in modo tale che tutti siano soddisfatti → SUBORDINATA
CONSECUTIVA ESPLICITA;
Gli alunni avevano un tale timore del professore da non rispondere alle sue
domande → SUBORDINATA CONSECUTIVA IMPLICITA;
La commissione ha ritenuto Claudio degno di ricevere quella borsa di studio →
SUBORDINATA CONSECUTIVA IMPLICITA;
Mi sento troppo stanca per venire stasera al cinema con te → SUBORDINATA
CONSECUTIVA IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE AVVERSATIVA:
La proposizione avversativa indica fatti o circostanze che si contrappongono a
quanto è espresso nella reggente. Può essere:
 esplicita, quando è introdotta dalle congiunzioni quando, quando invece,
mentre, mentre invece, laddove e ha il verbo al modo indicativo o al
condizionale;
 implicita, quando è introdotta dalle locuzioni invece di, al posto di, in luogo
di e dalla congiunzione anziché e ha il verbo al modo infinito.
ESEMPI: Hai parlato, mentre era più opportuno tacere → SUBORDINATA
AVVERSATIVA ESPLICITA;
Elena fa una dieta dimagrante, quando non ne ha bisogno → SUBORDINATA
AVVERSATIVA ESPLICITA;
Tu giochi, invece di studiare → SUBORDINATA AVVERSATIVA IMPLICITA;
Invece di ridere, pensa a questo disastro → SUBORDINATA AVVVERSATIVA
IMPLICITA.
LA PROPOSIZIONE LIMITATIVA:
La proposizione limitativa indica entro quali limiti o da quale punto di vista ha
valore quanto è espresso dalla reggente. Può essere:
 esplicita, quando è introdotta da locuzioni come per quanto, a quanto,
secondo quanto, per quello che, da quello che e ha il verbo al modo
indicativo o al congiuntivo;
 implicita, quando è introdotta dalle preposizioni proprie a, da, in, per o dalle
locuzioni in quanto a, quanto a e ha il verbo al modo infinito.
ESEMPI: Gigi è molto bravo a suonare la chitarra → SUBORDINATA LIMITATIVA
IMPLICITA;
In quanto al correre, non è bravo → SUBORDINATA LIMITATIVA IMPLICITA;
Da quello che affermano i giornali, la scuola finirà il 10 giugno → SUBORDINATA
LIMITATIVA ESPLICITA;
Che io sappia, lo sciopero dovrebbe essere revocato → SUBORDINATA LIMITATIVA
ESPLICITA.
LE PROPOSIZIONI ECCETTUATIVA, ESCLUSIVA E AGGIUNTIVA:
Le proposizioni eccettuativa ed esclusiva indicano un’azione o una circostanza che
fa eccezione oppure rimane esclusa rispetto a quanto è espresso nella reggente. La
proposizione aggiuntiva indica un fatto o una circostanza che si aggiunge a quanto
affermato nella reggente.
La proposizione eccettuativa può essere:
 esplicita, quando è introdotta dalle locuzioni a meno che, eccetto che,
tranne, salvo che, se non che o dalla congiunzione composta fuorché e ha il
verbo al modo indicativo o al congiuntivo;
 implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto dalle stesse locuzioni
e congiunzioni della forma esplicita.
La proposizione esclusiva può essere:
 esplicita, quando è introdotta dalle locuzioni senza che, senza che non e ha il
verbo al modo congiuntivo;
 implicita, quando ha il verbo al modo infinito preceduto dalla congiunzione
senza.
La proposizione aggiuntiva può essere soltanto:
 implicita, quando ha il verbo all’infinito preceduto dalle locuzioni oltre a,
oltre che.
ESEMPI: In casa aiuto la mamma, salvo che non so cucinare → SUBORDINATA
ECCETTUATIVA ESPLICITA;
Farò qualsiasi cosa, fuorché violare le leggi → SUBORDINATA ECCETTUATIVA
IMPLICITA;
Le fronde stormivano senza che ci fosse un alito di vento → SUBORDINATA
ESCLUSIVA ESPLICITA;
Vieni verso sera, senza portare niente → SUBORDINATA ESCLUSIVA IMPLICITA;
Oltre a commuoversi, di tanto in tanto scoppiava a piangere → SUBORDINATA
AGGIUNTIVA IMPLICITA;
Oltre che essere una persona educata, è simpatico ed intelligente →
SUBORDINATA AGGIUNTIVA IMPLICITA.

LA GRAMMATICA VALENZIALE:
La valenza del verbo è la proprietà che esso ha, in base al proprio significato, di
chiamare a sé gli elementi necessari e sufficienti con i quali può costruire una frase
di senso compiuto. Gli argomenti sono gli elementi strettamente necessari e
sufficienti per saturare le valenze del verbo. Il nucleo della frase è costituito dal
verbo e dai suoi argomenti. Il verbo e i suoi argomenti, che formano il nucleo della
frase, vengono chiamati costituenti primari della frase. I verbi possono essere:
 verbi zerovalenti o avalenti, ovvero verbi senza argomento, come i verbi
meteorologici (piove, nevica, tuona, grandina…);
 verbi monovalenti, ossia verbi con un argomento (soggetto);
 verbi bivalenti, ossia verbi con due argomenti (soggetto e oggetto diretto o
soggetto e oggetto indiretto);
 verbi trivalenti, ovvero verbi con tre argomenti (soggetto, oggetto diretto e
oggetto indiretto);
 verbi tetravalenti, ovvero verbi con quattro argomenti (soggetto, oggetto
diretto e due oggetti indiretti.
ESEMPI: Piove → VERBO ZEROVALENTE;
Fa caldo → VERBO ZEROVALENTE;
Luigi sbadiglia → VERBO MONOVALENTE;
Il cane abbaia → VERBO MONOVALENTE;
Maria pulisce i vetri → VERBO BIVALENTE;
Lo sport giova alla salute → VERBO BIVALENTE;
Gli amici regalano un libro a Giulia → VERBO TRIVALENTE;
Giacomo ha rubato i guanti a Luca → VERBO TRIVALENTE;
Ludovica traduce romanzi dal russo al danese → VERBO TETRAVALENTE;
Federico ha tradotto una novella dall’italiano all’arabo → VERBO TETRAVALENTE.

LA PUNTEGGIATURA:
I segni di interpunzione servono per rendere nello scritto le pause e i toni. Per
indicare le pause usiamo la virgola, il punto e virgola, i due punti, il punto fermo. Per
indicare l’intonazione usiamo il punto interrogativo, il punto esclamativo e i punti di
sospensione.
Il punto fermo (.) segna una pausa lunga e indica la fine di un periodo. Si usa:
 per concludere una frase;
 nelle abbreviazioni;
 nelle single.
ESEMPI: Il tempo sta peggiorando. Temo che dovremo rinunciare alla gita in
montagna;
sig. (signore);
dott. (dottore);
pag. (pagina);
c.m. (corrente mese);
S.p.A (Società per Azioni).
La virgola (,) indica una pausa breve nel discorso. Si usa:
 per separare gli elementi di una enumerazione;
 per isolare i vocativi;
 pe isolare degli incisi o delle apposizioni;
 per separare le proposizioni coordinate di un periodo;
 per separare le proposizioni coordinate oppure subordinate introdotte dalle
congiunzioni ma, però, tuttavia, se, anche se, mentre, quando…;
 dopo gli avverbi sì, no, bene.
ESEMPI: L’arancio, il limone, il pompelmo, il mandarino;
Credimi, Mario, tu sei il mio migliore amico;
Il buon giorno, come dice il proverbio, si vede dal mattino;
Pausania, il re spartano, guidò i trecento eroi che si sacrificarono alle Termopili;
Venni, vidi, vinsi;
Il cielo è molto coperto, però non piove;
Sì, hai ragione tu.
La virgola non può mai essere posta:
 tra soggetto e predicato;
 tra predicato e complemento oggetto;
 prima delle congiunzioni e, o, né;
 prima di una subordinata relativa che specifica il termine o la frase
precedente.
Il punto e virgola ( ; ) segna una pausa più lunga di quella indicata dalla virgola. Si
usa:
 per separare parti di periodo che sintatticamente potrebbero essere
considerate indipendenti, ma che, in quanto al pensiero, hanno tra loro
stretta relazione.
ESEMPI: L’assemblea è stata caratterizzata da un dibattito molto animato; alla fine,
però, i soci hanno votato un documento comune.
I due punti ( : ) segnano una pausa simile a quella del punto e virgola. Si usano:
 per introdurre un discorso diretto (in questo caso sono seguiti da virgolette);
 per spiegare o concludere quanto è stato affermato in precedenza;
 per introdurre un elenco.
ESEMPI: Mi sono venuti i brividi, quando il professor Rossi ha detto: “Ora
interrogherò Valetti”;
Papà, ti faccio una promessa: studierò seriamente;
Le grandi penisole bagnate dal Mediterraneo sono: Iberica, Italica e Balcanica.
Il punto interrogativo (?) indica una pausa lunga. Si usa:
 per concludere una domanda;
 per esprimere un dubbio.
ESEMPI: Chi mi ha cercato?;
E se Alice amasse un altro?.
Il punto esclamativo (!) indica una pausa lunga. Si usa:
 per esprimere un comando, una preghiera, un’invocazione;
 per manifestare sentimenti di sorpresa, gioia, dolore.
ESEMPI: State zitti!
Quanto ho atteso questo momento!
I puntini di sospensione (…) indicano una sospensione del discorso. Si usano:
 per manifestare incertezza, confusione, imbarazzo;
 per fare un’allusione o creare un senso di atteso.
ESEMPI: Non avrei mai pensato che potessimo perdere una partita così facile…;
Fai come ti dico, altrimenti…
Le virgolette basse (< >) o alte (“ ”) si usano:
 per introdurre e concludere un discorso diretto;
 per racchiudere una o più parole a cui si voglia dare particolare rilievo;
 per racchiudere una citazione;
 per indicare il titolo di libri, riviste e giornale, opere d’arte.
ESEMPI: Il vigile mi disse: “Lei è passato con il rosso”;
Anche questa volta il primo a risolvere il problema è stato Sergio, il “genio” della
classe;
Il grande Socrate era solito dire: “Conosci te stesso”;
“Cent’anni di solitudine”;
“L’Espresso”;
“Il Corriere della Sera”.
Le lineette (-) si usano:
 per racchiudere un inciso;
 per introdurre e concludere un discorso diretto, invece delle virgolette.
ESEMPI: Quando gli domandai a che ora si fosse svegliato, mi rispose: -A
mezzogiorno!-;
Quel ragazzo –Tutti ne sono convinti- diventerà un campione.
Il trattino (-) si usa:
 per unire tra loro due parole;
 per dividere le sillabe andando a capo.
ESEMPI: Il Centro-Sud;
L’attrice italo-francese;
l’autostrada Torino-Milano.
Le parentesi tonde ( ) si usano:
 per racchiudere un inciso, un’osservazione o parole che interrompono il filo
principale del discorso, spesso sono sostituite dalle lineette.
ESEMPI: Una grande astronave (lo testimoniano numerose persone attendibili) è
comparsa ieri sulla nostra città.
Le parentesi quadre [ ] si usano:
 per introdurre nel testo parole o frasi che non ne fanno parte, ma che servono
a renderlo più comprensibile;
 per segnalare nel testo parole o frasi che sono state omesse.
ESEMPI: Nell’Iliade [Omero] descrive la guerra di Troia;
Il padre Cristoforo si fermò ritta sulla soglia, e, […] dovette accorgersi che i suoi
presentimenti non erano falsi.
L’asterisco (*) si usa:
 al termine di una parola o di una frase, per rinviare ad una nota a fondo
pagina;
 ripetuto tre volte può sostituire un nome proprio che non si vuol citare o che
non si conosce.
ESEMPI: Essa era l’unica figlia del principe ***, gran gentiluomo milanese;
Mario è un esperto di entomologia *
*ramo della zoologia che studia gli insetti.

IL DISCORSO DIRETTO E IL DISCORSO INDIRETTO:


Il discorso diretto riporta esattamente, in modo diretto, le parole pronunciate o
pensate da qualcuno; è inserito tra virgolette, precedute dai due punti o dalle
lineette.
ESEMPI: Marcovaldo stava per dire: “Siete voi i bambini poveri!”;
-Lasciaci in pace, papà- risposero i bambini.
Il discorso indiretto riporta il concetto di un discorso in modo indiretto, cioè
riformulato da un narratore.
ESEMPI: Dichiarò che bambini poveri non esistevano più;
Il nonno diceva che il suo paese era il più bello del mondo.

LA COMUNICAZIONE E I SEGNI:
Le creature viventi, dagli organismi formati da un’unica cellula a quelli più complessi,
interagiscono tra loro e s’influenzano l’un l’altro attraverso i segni. Le Lingue usate
dagli esseri umani sono: codici di comunicazione o codici semiologi. Il segno è
l’elemento minimo della comunicazione, qualcosa che “sta per qualcos’altro” e
rinvia a oggetti o a nozioni; è costituito da una parte percepibile dai sensi (il
significante), a cui è associato un concetto, un’idea (il significato).
ESEMPI: In un semaforo, il significante è il rosso e il significato è divieto di
passaggio;
il significante è il verbo e il significato è permesso di passaggio.
Le quattro dimensioni del segno sono:
 dimensione semantica, che è il rapporto tra il significato del segno e i possibili
sensi che può assumere;
 dimensione espressiva, che è il rapporto tra il significante e le diverse
espressioni che possono realizzarlo.
 dimensione sintattica, che è il rapporto tra un segno e gli altri segni dello
stesso codice.
 dimensione pragmatica (pratica), che è l’utilizzazione che di un segno fanno
gli utenti, per informarsi, interrogarsi, minacciarsi.
Gli elementi fondamentali della comunicazione sono:
 l’emittente, che è la fonte dell’informazione, colui che invia il messaggio;
 il messaggio, che è il contenuto dell’informazione trasmessa
dall’emittente;
 il destinatario, che è colui al quale il messaggio è rivolto;
 il codice, che è il sistema di segni e di regole d’uso, noto ad emittente e
destinatario, in cui è formulato il messaggio;
 il canale, che è il mezzo con cui il messaggio viene trasmesso e attraverso
cui si stabilisce una connessione tra emittente e destinatario;
 il referente, che è l’oggetto, la situazione a cui si riferisce.
LA LINGUA:
La varietà della lingua può essere:
 situazionale (diafasica) dipende dal contesto comunicativo (i registri);
 funzionale (diafasica) dipende dall’esercizio di specifiche professioni
(linguaggi settoriali);
 geografica (diatopica) dipende dal luogo, dalla differenziazione
geografica (dialetti);
 sociale (diastratica) dipende dalla stratificazione in classi o gruppi
sociali;
 strutturale (diamesica) dipende dal contatto.
Le caratteristiche della lingua scritta sono:
 discorso costruito in tutte le sue parti;
 esplicitezza;
 presenza di tutti gli elementi linguistici necessari;
 ricca presenza della morfologia verbale;
 prevalenza della ipotassi sulla paratassi;
 ampia gamma di proposizioni coordinate e subordinate;
 ampio uso di connettivi frasali e testuali;
 tendenza ad usare l’ordine soggetto-verbo-oggetto;
 alta coesione testuale;
 continuità, fluidità del discorso;
 uso di un lessico specifico e specialistico;
 tendenza alla varietà lessicale.
Le caratteristiche della lingua parlata sono:
• discorso costruito in modo frammentario, incompiuto;
• implicitezza;
• ellissi e tendenza ad usare solo in parte gli elementi linguistici;
• scarsa varietà della morfologia verbale;
• prevalenza dalla paratassi sull’ipotassi;
• scarsa gamma di proposizioni coordinate e subordinate;
• tendenza ad usare pochi connettivi e congiunzioni parafrasali e testuali;

• tendenza ad usare le frasi scisse e con spostamenti dell’ordine soggetto-


verbo-oggetto;
• scarsa coesione testuale;
• esitazioni, pause, frammentazione del discorso;
• uso di un lessico povero e generico;
• tendenza ad alla ripetizione lessicale.
IL TESTO:
Il testo è composto da paragrafi, che sono unità comunicative, chiare e distinte
dotate di una propria struttura interna unitaria e in cui è riconoscibile uno sviluppo
tematico preciso e continuo. I requisiti di un testo sono:
• coesione: rispetto dei rapporti grammaticali e della connessione sintattica;
• coerenza: significato.
Per la coesione grammaticale, è necessario rispettare:
1) concordanza di numero;
2) concordanza di genere;
3) ordine delle parole.
Per la coesione sintattica, è necessario riferirsi ai:
1) coesivi: elementi attraverso i quali si può richiamare un elemento espresso in
precedenza;
2) connettivi: elementi che garantiscono i rapporti logici e sintattici tra le varie
parti.
I coesivi sono:
• pronomi (pronomen ‘al posto di un nome’);
• sostituzione lessicale (con sinonimi, iperonimi, nomi generali:
vecchio/anziano; gatto/felino; cosa, fatto, persona. La prima guerra
mondiale … conflitto; le epatiti virali … queste malattie; La frode
informatica … i fatti);
• riformulazione (Petrarca, l’Aretino, l’autore del Canzoniere);
• ellissi (Paolo prese la valigia e uscì. Alla stazione incontrò);
• In alcuni casi si usa la ripetizione (linguaggio poetico: anafora; linguaggio
scientifico).
I connettivi sono:
• congiunzioni (Non è arrivata perché ha perso il treno);
• punteggiatura (Non è arrivata: ha perso il treno);
• avverbi e locuzioni (Veramente, non condivido la tua opinione).
Per la coerenza semantica, occorre utilizzare la parola richiesta in un determinato
contesto: «Oggi è bel tempo; prendi l’ombrello!», «I genitori devono coltivare i
figli».
Per la coerenza linguistica, bisogna usare un registro adeguato e costante:
“L’articolo di fondo di oggi è firmato dal direttore del giornale”.

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