Sei sulla pagina 1di 125

Istituto Europeo del Design

2° anno. docente: arch. Matteo Moscatelli

Storia dell’architettura contemporanea

Lezione 2.1: Stati Uniti


Lezione precedente
Approfondimenti

Federico Bucci, My architect. Alla Bruce Brooks Pfeiffer, Nancy Horan, Mio
Magic city. Percorsi ricerca di Louis Frank Lloyd Wright, amato Frank, Einaudi
nell’architettura Kahn (regia di Rizzoli
americana Nathaniel Kahn)
Gli Stati Uniti
Anche negli Stati Uniti, la Seconda guerra mondiale determinò alcune mutazioni che
influenzarono direttamente anche la cultura architettonica:

_ distruggendo un ordine sociale ed economico preesistente, vennero erosi alcuni


dei presupposti sui quali si erano sorrette le teorie moderne
_ la necessità di una rapida ricostruzione determinò una certa insensibilità nelle
politiche urbane
_ in alcune zone le indagini esistenziali condussero ad operazioni nostalgiche di
recupero del passato

Nonostante queste circostanze, non vennero del tutto cancellate le linee guida dei
maestri moderni che, ancora in vita, provarono a confrontarsi con questo nuovo
panorama culturale.
Ludwig Mies van der Rohe (1886-1969)
Ludwig Mies van der Rohe emigrò nel 1937 (come
Walter Gropius) negli Stati Uniti, dove divenne direttore
della School of Architecture dell’Armour Institute of
Technology di Chicago, dal quale nacque, nel 1940,
l’Illinois Institute of Technology (I.I.T.), del quale fu
direttore fino al 1959.

Mies, attraverso l’affermazione “less is more” (“meno


è più”), sosteneva la trasformazione del processo
costruttivo nella forma basilare dell’architettura, e quindi
nella riduzione dell’edificio alla sua essenza.

Il primo grande incarico, il progetto per il campus


dell’I.I.T. (1939-1956), mostra il principale tema del
lavoro di Mies negli Stati Uniti, l’esibizione dello
scheletro in acciaio, e una nuova matrice linguistica,
di carattere neoclassico, che si esprime nella
schematicità dell’insieme, nel ricorso a simmetria e
proporzioni, e nel carattere celebrativo degli edifici.
Ludwig Mies van der Rohe

Ludwig Mies van der Rohe, Padiglione Ludwig Mies van der Rohe, Villa
tedesco all’Esposizione Internazionale, Tugendhat, Brno (1929-1930)
Barcellona (1929)
Ludwig Mies van der Rohe

Noi non riconosciamo forma alcuna, bensì solo


problemi costruttivi. La forma non è il fine del nostro
lavoro, bensì il risultato. Non esiste alcuna forma in sé.
L’effettiva pienezza della forma è condizionata e
strettamente legata ai proprio compiti: sì, è
l’espressione più elementare della loro soluzione. La
forma come fine è formalismo; e noi lo rifiutiamo.

Ludwig Mies van der Rohe, Bürohaus,“G”, n. 1 (luglio 1923), p. 3


Ludwig Mies van der Rohe

Ludwig Mies van der Rohe, Appartamenti a Lake Shore Drive, Chicago (1948-1951)
Ludwig Mies van der Rohe

Ludwig Mies van der Rohe, Appartamenti a Lake Shore Drive, Chicago (1948-1951)
Ludwig Mies van der Rohe

Ludwig Mies van der Rohe, Appartamenti a Lake Shore Drive, Chicago (1948-1951)
Ludwig Mies van der Rohe
Seagram Building, New York
Seagram building

Ludwig Mies van der Rohe, Seagram building, New York (1954-1958)
Seagram building

Ludwig Mies van der Rohe, Seagram


building, New York (1954-1958)
Seagram building

Ludwig Mies van der Rohe, Seagram


building, New York (1954-1958)
Seagram building

Le Corbusier, Une Ville contemporaine de trois millions d'habitants (1922)


Ludwig Mies van der Rohe

Ludwig Mies van der Rohe, Illinois Institute of Technology, Chicago (1939-1956)
Ludwig Mies van der Rohe

Ludwig Mies van der Rohe, Illinois Institute of Technology, Chicago (1939-1956)
Ludwig Mies van der Rohe

Ludwig Mies van der Rohe, Crown Hall, Chicago (1939-1956)


Ludwig Mies van der Rohe

Ludwig Mies van der Rohe, Crown Hall, Chicago (1939-1956)


Ludwig Mies van der Rohe
Casa Farnsworth, Plano
Casa Farnsworth

Ludwig Mies van der Rohe, Casa Farnsworth, Plano, Illinois (1945-1951)
Casa Farnsworth

Ludwig Mies van der Rohe, Casa Farnsworth, Plano, Illinois (1945-1951)
Casa Farnsworth

Ludwig Mies van der Rohe, Casa Farnsworth, Plano, Illinois (1945-1951)
Casa Farnsworth

Ludwig Mies van der Rohe, Casa


Farnsworth, Plano, Illinois (1945-1951)

Philip Johnson, Glass House, New


Canaan, Connecticut (1949-1950)

Kengo Kuma, Forest/Floor, Karuizawa,


Prefettura di Nagano (2001-2003)
Ludwig Mies van der Rohe

Ludwig Mies van


der Rohe, Federal
Center, Chicago
(1959-1974)

Ludwig Mies van der Rohe, Commonwealth Ludwig Mies van der Rohe, One
Promenade Apartments, Chicago (1956) Illinois Center, Chicago (1970)
Ludwig Mies van der Rohe

Ludwig Mies van der Rohe, Nuova Galleria Nazionale, Berlino (1962-1968)
Ludwig Mies van der Rohe

Ludwig Mies van der Rohe, Nuova Galleria Nazionale, Berlino (1962-1968)
Stati Uniti – Gli anni Cinquanta e Sessanta

SOM / Gordon Bunshaft, Natalie de


Blois Lever house, New York (1951-
1952)
Stati Uniti – Gli anni Cinquanta e Sessanta

SOM / Gordon Bunshaft, Beinecke Rare Books and Manuscript Library, YALE University,
New Haven (1963)
Stati Uniti – Gli anni Cinquanta e Sessanta

SOM / Gordon Bunshaft, Beinecke Rare Books and Manuscript Library, YALE University,
New Haven (1963)
Stati Uniti – Gli anni Cinquanta e Sessanta

Pierre Koenig, Case study house #22, Los Angeles (1960)


Stati Uniti – Gli anni Cinquanta e Sessanta

Quincy Jones, Sherwood house, Los Angeles (1962)


Stati Uniti – Gli anni Cinquanta e Sessanta

Raphael Soriano, Grossman House, Studio City, CA (1965)


Stati Uniti – Gli anni Cinquanta e Sessanta

Craig Ellwood, Bridge House, California (1968)


Walter Gropius (1883-1969)
Lasciata la Germania nel 1934 e dopo tre anni in
Inghilterra, Walter Gropius viene invitato nel 1937 a
dirigere il Dipartimento di Architettura dell’Harvard
Graduate School of Design a Boston.

Tra le sue opere americane si ricordano la casa a


Lincoln (1938, nella periferia di Boston), in cui emerge
un regionalismo influenzato dal moderno europeo,
con materiali e metodi costruttivi locali, il progetto per
il Graduate Center della Harvard University (1948),
realizzato con il suo studio TAC (The Architects
Collaborative) che ripropone alcuni temi moderni, e il
Grattacielo della Pan Am a New York (1958-1963), in
cui è però già evidente un certo declino espressivo.

A differenza di Mies, Gropius non riuscì a produrre


opere di una certa importanza negli Stati Uniti, sia per
questioni meramente biografiche sia, soprattutto, per
un graduale perdita di incisività delle visioni moderne
in seguito alla diffusione del capitalismo consumistico.
Walter Gropius

Walter Gropius, Bauhaus, Dessau (1925-1926)


Walter Gropius

Walter Gropius, Dormitori e Graduate Center ad Harvard, Cambridge, Boston (1948)


Walter Gropius

Walter Gropius, Grattacielo Pan


American, New York (1958-1963)
Frank Lloyd Wright (1867-1959)
Nelle sue opere tarde, Frank Lloyd Wright riassembla
e ripropone, in singoli edifici, alcuni temi già sollevati
in alcune delle sue prime produzioni: per quanto
contraddistinte da grandi capacità inventive, tali opere
rivelano anche una certa disomogeneità nel livello di
realizzazione.

Nella Price Tower a Bartlesville In Oklahoma (1952-


1956) emerge il rifiuto di un’idea compositiva basata
su scatola / telaio / griglia modulare in favore di una
maggiore articolazione dello spazio, con solai a
sbalzo estensibili e spazi a doppia altezza.

Nel Guggenheim Museum a New York (1943-1959),


l’opera che lo tenne maggiormente occupato negli anni
Quaranta e Cinquanta, Wright ripropose alcuni temi
fondativi della sua ricerca come l’atrio introverso (già
sperimentato nella Johnson Wax) le forme circolari, e
la spirale (come nel progetto Sugar Loaf Mountain).
Frank Lloyd Wright

Frank Lloyd Wright, Fallingwater, Bear Run, Pennsylvania (1936)


Frank Lloyd Wright

Frank Lloyd Wright, Price Tower,


Bartlesville, Oklahoma (1952-1956)
Frank Lloyd Wright
Guggenheim Museum, New York
Guggenheim Museum

Frank Lloyd Wright, Guggenheim Museum, New York (1943-1959)


Guggenheim Museum

Giuseppe Momo, Scala dei Musei Vaticani, Roma (1932)


Guggenheim Museum

Giuseppe Momo, Scala dei Musei Vaticani, Roma (1932)


Guggenheim Museum

Frank Lloyd Wright, Guggenheim Museum, New York (1943-1959)


Guggenheim Museum

Un museo dovrebbe essere un pavimento unico,


ampio, ben proporzionato, che si estende dal basso
fino in cima, su cui una sedia a rotelle possa andare su
e giù e in ogni parte. Niente ostacoli, ma schermi
divisori dello spazio, ben illuminati dall’alto,
ognuno appropriato al gruppo di quadri o ai singoli
quadri, in base alla vostra classificazione.

Frank Lloyd Wright, A Hilla Rebay, 20 gennaio 1944, in Bruce Brooks


Pfeiffer, Frank Lloyd Wright. Maestro dell’architettura contemporanea
(1997), Rizzoli, Milano 2005, p. 152
Guggenheim Museum

Frank Lloyd Wright, Guggenheim Museum, New York (1943-1959)


Guggenheim Museum

Frank Lloyd Wright, Guggenheim Museum,


New York (1943-1959)
Guggenheim Museum

Frank Lloyd Wright, Morris Gift Shop, San


Francisco (1948)
Guggenheim Museum

Frank Lloyd Wright, David and Gladys Wright House, Phoenix, Arizona (1952)
Frank Lloyd Wright
“L’argenteo obelisco
alto un miglio di Frank
Lloyd Wright, come
irraggiungibile asintoto”
Franco Purini, Costruire in
altezza, “Area”, n. 86, p. 156

Frank Lloyd Wright, Sinagoga Beth Frank Lloyd Wright, Progetto per un
Sholom, Philadelphia (1959) Grattacielo alto un miglio (1957)

Frank Lloyd Wright, Ultime opere


Frank Lloyd Wright

Frank Lloyd Wright, Marin County Civic Centre, San Rafael (1957-1970)
Philip Johnson (1906-2005)
Dopo gli studi di storia e filosofia alla Harvard University di
Cambridge, Philip Johnson divenne il primo direttore del
dipartimento di architettura del Museum of Modern Art
(MOMA) di New York.

Colpito da un saggio dello storico Henry-Russell Hitchcock


del 1927, Johnson divenne un sostenitore dell’architettura
moderna europea, propiziando l’arrivo negli Stati Uniti di
Ludwig Mies van der Rohe e di Le Corbusier, e pubblicando,
con lo stesso Hitchcock, il testo International Style (1932).

Tra le opere più note, la Glass House a New Canaan (1947-


1949) che, nonostante l’influenza di Mies, si distingue per un
atteggiamento più decorativo e formalista, e l’AT&T Building
a New York (1979-1984) caratterizzato dalla contaminazione
tra elementi stilistici del gotico, del rinascimento e del
classicismo.

Nel 1988 organizzò la mostra “Deconstructivist


Architecture” al MOMA, alla quale vennero invitati architetti
come Gehry, Libeskind, Koolhaas, Eisenman, Hadid, Coop
Himmelb(l)au, Tschumi.
Philip Johnson

Philip Johnson, Glass House, New Canaan, Connecticut (1949-1950)


Philip Johnson

Philip Johnson, Glass


House, New Canaan,
Connecticut (1949-1950)
Philip Johnson
1 Glass House
2 Dépendance per gli ospiti
3 Padiglione
4 Pinacoteca
5 Galleria delle sculture
6 Studio
7 Casa dei fantasmi
8 Torre Lincoln Kirstein
9 Padiglione per i visitatori

Philip Johnson, Glass House, New Canaan, Connecticut (1949-1950)


Philip Johnson

Philip Johnson, Glass House, New Canaan, Connecticut (1949-1950)


Philip Johnson

Philip Johnson, American Telephone and


Telegraph building, New York (1979)
Philip Johnson

Philip Johnson, American Telephone and


Telegraph building, New York (1979)
Philip Johnson

I partigiani di Venturi erano su tutte le furie.


Accusavano Johnson di aver rubato l’idea del trumò
Chippendale e del timpano interrotto direttamente a
Venturi, prendendola da un saggio da lui scritto nel
marzo 1968 per Architectural Forum.

Tom Wolfe, Maledetti architetti (1981), Bompiani, Milano 2016, p. 135


Philip Johnson

Philip Johnson, Rockefeller Guest House, New York (1950)


Istituto Europeo del Design
2° anno. docente: arch. Matteo Moscatelli

Storia dell’architettura contemporanea

Lezione 2.2: Stati Uniti


Il design negli Stati Uniti
Una importante svolta nella storia del furniture design negli Stati Uniti è avvenuta con il
concorso Organic Design in Home Furnishing che, bandito nel 1940 dal
Dipartimento di Industrial Design del MOMA, includeva in giuria personaggi come
Alvar Aalto, Marcel Breuer e Alfred Barr.

La novità di questo concorso, vinto da Charles Eames ed Eero Saarinen, era


nell’oggetto del concorso, che riguardava la ricerca di un prodotto a basso costo di
produzione.

Tra i maggiori esponenti del furniture design nel dopoguerra si ricordano


_ Charles Eames, che ha proseguito la ricerca della “continuità” negli elementi
dei mobili attraverso materiali plastici, lamiere stampate e compensati curvati.
_ Richard Neutra, che ha saputo interpretare, attraverso le sue ville, la tradizione
americana attraverso il rapporto tra architettura e tecnologia.
_ Eero Saarinen che, da inventore della tipologia “a una sola gamba”, ha cercato
di instaurare un rapporto diretto tra gli elementi di arredo e l’ambiente
Richard Neutra (1892-1970)
Diplomatosi a Vienna, viene introdotto all’architettura
americana da Adolf Loos e dalle opere di Frank Lloyd
Wright.

Dopo aver lavorato a Berlino da Erich Mendelsohn,


emigra nel 1923 negli Stati Uniti, lavorando nel 1925
nello studio di Wright a Taliesin, e dal 1926 nello studio
di Michael Schindler a Los Angeles.

Aperto un proprio studio professionale, realizza una


serie di residenze private in cui coniuga, all’influenza
wrightiana, una propria sensibilità espressiva, con
forme semplici e la sperimentazione di nuovi materiali.
Richard Neutra

Richard Neutra, Kaufmann House, Palm Springs, California (1946)


Marcel Breuer (1902-1981)
Marcel Breuer ha inizialmente intrapreso gli studi per
diventare pittore e scultore alla Akademie der
Bildenden Künste a Vienna.

Si iscrisse poi al Bauhaus, dove divenne direttore del


dipartimento mobili, ed ebbe modo di sviluppare un
sistema di produzione in cui le forme vengono
realizzate tramite un tubo d’acciaio continuo curvato,
metodo che utilizzò anche per la progettazione dei
mobili della nuova sede della scuola a Dessau.

I suoi prodotti d’arredo sono caratterizzati dalla precisa


identificazione di ogni componente, sia nelle forme
che nei materiali.

Le case si distinguono per la definizione dei dettagli


costruttivi e per la ricerca di un rapporto con i caratteri
topografici e paesaggistici dei luoghi per rievocare
immagini regionalistiche.
Marcel Breuer

Marcel Breuer, Museo Whitney di arte Marcel Breuer, Casa Hooper II,
americana, New York (1966) Baltimore County, Maryle (1959)
Charles Eames (1907-1978)
Dopo aver studiato architettura alla Washington
University di St. Louis, Charles Eames aprì lo studio di
architettura Gray & Eames (1930), che poi divenne
Eames & Walsh (1934). Nel 1941 fondò uno studio in
comune con la moglie Ray Kaiser.

Nei primi anni, gli Eames esplorarono le possibilità


progettuali offerte dal legno compensato in alcune
produzioni di design, come la Lounge Chair (1946).

Successivamente, dopo alcuni progetti architettonici


elaborati con Eero Saarinen, svilupparono la loro casa,
la Eames House (1949), composta con parti standard
assemblate in distribuzioni non seriali.
Charles Eames

We wanted to make the best for the most for the


least

Charles Eames
Charles Eames

I dettagli non sono dettagli. Sono l’essenza del


progetto.

Charles Eames
Charles Eames

Charles Eames, Eero Saarinen, Charles Eames, Dining Chair (1945-1946)


Disegno di mobili per il
concorso “Organic design in
Home furnishing” (1940)
Charles Eames

Charles Eames, La Chaise (1948) Gaston Lachaise, Floating Figure (1927)


Charles Eames

Charles Eames, Lounge Chair (1956)


Charles Eames

Charles Eames, Lounge Chair (1956)


Charles Eames

Vincent Faust, Installazione, Henry Ford Museum (2006)


Charles Eames

Charles Eames, Lounge Chair (1956) - Bill Wilder


Charles Eames

Charles Eames, Plastic Chair, Vitra (1950)


Charles Eames

Charles Eames, Coffee table (1953) > Palissandro, Noce, marmo


Charles Eames

Charles Eames, Stecca medica (1943, II World War)


Charles Eames

Charles Eames, Eames House, Santa Monica, California (1945-1949)


Charles Eames

Charles Eames, Eames House, Santa Monica, California (1945-1949)


Eero Saarinen (1910-1961)
Figlio dell’altrettanto noto Eliel (autore della stazione
principale di Helsinki e della Cranbrook Academy of
Art), Eero Saarinen emigra nel 1923 negli Stati Uniti
con i genitori.

Nelle sue prime opere, Saarinen sperimenta un certo


purismo compositivo e tecnologico, in cui si ritrova
l’influenza di Mies.

Successivamente, si volge ad un maggior pluralismo


stilistico e alla ricerca di originali soluzioni plastiche,
derivanti anche dai suoi studi di scultura a Parigi
(1929-1930), giungendo poi ad un ardito
strutturalismo espressionista, come evidente dalle
sue ultime opere, come il Terminal TWA all’Aeroporto
J.F. Kennedy (1956-1962) a New York.
Eero Saarinen

Eero Saarinen, Tavolo


della serie Tulipano
(1957)

Charles Eames,
Eero Saarinen,
Conversation Chair
(1940)

Eero Saarinen, Sedia della serie


Tulipano (1948-1955)
Eero Saarinen

Eero Saarinen, Jefferson


National Expansion
Memorial, St. Louis (1947-
1966)
Eero Saarinen

Eliel e Eero Saarinen,


General Motors
Technical Center,
Warren, Michigan
(1948-1956)
Eero Saarinen

Eero Saarinen, Terminal TWA all’Aeroporto J.F. Kennedy, New York (1956-1962)
Eero Saarinen

Eero Saarinen, Terminal TWA all’Aeroporto J.F. Kennedy, New York (1956-1962)
Eero Saarinen

Eero Saarinen, Terminal TWA all’Aeroporto J.F. Kennedy, New York (1956-1962)
Eero Saarinen

Eero Saarinen, Terminal TWA all’Aeroporto J.F. Kennedy, New York (1956-1962)
Design negli Stati Uniti

Harry Bertoia, Diamond Chair, Knoll (1951)


Design negli Stati Uniti

George Nelson, Marshmallow sofa, Vitra (1956)


Lo Storicismo
Il concetto di storicismo si riferisce a progetti che si
ispirano al mondo delle forme della Storia per la
produzione di forme architettoniche.

Più che alla riproposizione di specifiche immagini o


elementi costruttivi, sulla quale si fonderanno le
ricerche del Post-modern, lo Storicismo si ritrova nella
reinterpretazione di principi compositivi di grande
chiarezza e su idee di ordine, come la simmetria, le
proporzioni, l'uso di forme primarie.

Dal Dopoguerra ad oggi, questi temi sono stati


sviluppati da architetti come Louis I. Kahn,
permettendo di conferire alle opere un carattere di forte
monumentalità, ma questo filone è proseguito ancor
oggi da architetti come Mario Botta, che fonda
sull'analogia verso i riferimenti storici il progetto di spazi
per l'abitare, per la cultura e per il lavoro.
Louis Kahn (1901-1974)
Dopo aver studiato alla University of Pennsylvania a
Philadelphia, nel solco del sistema Beaux Arts, ed
alcuni lunghi viaggi in Europa, Louis Kahn aprì il suo
studio a Philadelphia nel 1941.

Kahn (insieme a Lina Bo Bardi, Fernando Tavora e Luis


Barragan) fu un rappresentante della terza
generazione degli architetti moderni. Le sue opere si
caratterizzano per l’equilibrio nell’espressione di forme
e caratteri della monumentalità: riuscì a gestire il
progetto a grande scala in modo “non additivo”,
seppe fondere sistemi costruttivi moderni e
tradizionali, e reinterpretò la storia senza scadere nel
pastiche.

Il ricorso ad un’idea di ordine elementare, fatto di


proporzioni, simmetrie, moduli-oggetto e forme-tipo,
delinea un filo conduttore, sia nelle opere americane
che in quelle indiane (Ahmedabad e Dacca).
Louis Kahn

Ordine è
Progetto è dare forma nell'ordine
Forma emerge da un sistema di costruzione
Crescita è una costruzione
Nell'ordine risiede l'energia che crea
Nel progetto risiedono i significati del dove, con
cosa, del quando, con quanto
La natura dello spazio riflette ciò che lo spazio aspira a
essere

Louis Kahn, Order is (1955), trad. It. Ordine è, in Maria Bonaiti (a cura
di), Architettura è. Louis I. Kahn, gli scritti, Electa, Milano 2002, pp. 65-
66
Louis Kahn

Louis Kahn, Yale University Art Gallery, New Haven (1951-1953)


Louis Kahn

Louis Kahn, Yale University Art Gallery, New Haven (1951-1953)


Louis Kahn

Louis Kahn, Richards Medical Research Laboratories, Philadelphia (1957-1965)


Louis Kahn

Louis Kahn, Richards Medical Research Laboratories, Philadelphia (1957-1965)


Louis Kahn

Louis Kahn, Kimbell Art Museum, Forth Worth, Texas (1966-1972)


Louis Kahn

Louis Kahn, Kimbell Art Museum, Forth Worth, Texas (1966-1972)


Louis Kahn

Louis Kahn, Istituto Indiano di Amministrazione, Ahmedabad (1962-1974)


Louis Kahn

Louis Kahn, Istituto Indiano di Amministrazione, Ahmedabad (1962-1974)


Louis Kahn

Louis Kahn, Assemblea Nazionale, Dacca (1962-1975)


Louis Kahn

Louis Kahn, Assemblea


Nazionale, Dacca (1962-
1975)
Louis Kahn

Louis Kahn, Assemblea Nazionale, Dacca (1962-1975)


Louis Kahn
Salk Institute, La Jolla
Salk Institute, La Jolla

Louis Kahn, Salk Institute for Biological Sciences, La Jolla, California (1959-1965)
Salk Institute, La Jolla

Louis Kahn, Salk Institute for Biological Sciences, La Jolla, California (1959-1965)
Salk Institute, La Jolla

Louis Kahn, Salk Institute for Biological Sciences, La Jolla, California (1959-1965)
Salk Institute, La Jolla

Louis Kahn, Salk Institute for Biological Sciences, La Jolla, California (1959-1965)
Il Postmodern
Con il termine postmoderno si identificano una serie di
sperimentazioni architettoniche, compiute in modo
particolare tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, che
cercano di individuare tematiche alternative rispetto a
quelle del razionalismo attraverso la ricerca di un
rapporto ludico e ironico con le forme costruite e il
ricorso a citazioni storiche e contaminazioni
stilistiche.

Il postmoderno fu trasposto in architettura inizialmente


dal teorico Charles Jencks e dall’architetto Robert
Stern, definendo un genere di architettura ambiguo,
metaforico e polisemico.

Opere significative di questa corrente sono la Casa


Venturi di Robert Venturi, la Neue Staatsgalerie di
James Stirling, l’AT&T building di Philip Johnson, o la
Piazza d’Italia di Charles Moore.
Robert Venturi (1925-2018)
Dopo gli studi alla Princeton University, e dopo aver
lavorato negli studi di Eero Saarinen e Louis Kahn,
Robert Venturi aprì uno studio nel 1958 al quale, nel
1967, si unì la moglie Denise Scott-Brown.

Venturi dedicò molto tempo all’insegnamento e alla


scrittura, producendo due scritti che ebbero molta
influenza sull’architettura e sgretolarono il timore che
fino ad allora circondava le scelte stilistiche
dell’International Style:

_ in Complessità e contraddizioni nell’architettura


(1966), Venturi, attraverso la rilettura di edifici moderni
ed antichi, dichiarò l’importanza della tensione
compositiva generata dall’ambiguità, valore che
avrebbe dovuto rideterminare il senso stesso del
progetto.
_ in Imparando da Las Vegas (1972), Venturi elogiò
la complessa trama di significati contenuta nei luoghi
ordinari urbani, auspicando l’utilizzo di questo
suggestioni nel progetto.
Robert Venturi

Robert Venturi, Complessità e Robert Venturi, Learning


contraddizioni nell’architettura (1966) from Las Vegas (1972)

Robert Venturi, Scritti


Robert Venturi

Prima di tutto, il mezzo architettonico deve essere


riesaminato, per esprimere il campo più vasto della
nostra architettura insieme alla complessità dei suoi
obiettivi. Forme semplificate o solo
superficialmente complesse non funzioneranno; al
contrario, la varietà derivante dall’ambiguità della
percezione deve essere ancora una volta acquisita
e sfruttata. In secondo luogo, deve essere
riconosciuta la sempre crescente complessità dei
nostri problemi funzionali.

Robert Venturi, Complexity and Contradiction in Architecture (1966),


trad. It. Complessità e contraddizioni nell’architettura, Dedalo, Bari
1980, p. 22
Robert Venturi

Robert Venturi, Vanna Venturi House, Chestnut Hill, Philadelphia (1963)


Robert Venturi

Robert Venturi, Vanna Venturi House, Chestnut Hill, Philadelphia (1963)


Robert Venturi

Robert Venturi, Vanna Venturi House, Chestnut Hill, Philadelphia (1963)


Robert Venturi

Robert Venturi, Franklin Court, Philadelphia (1976)


Robert Venturi

Robert Venturi, Guild house, Philadelphia (1964)


Robert Venturi

Paul Rudolph, Crawford Manor,


New Haven (1962-1966)

Robert Venturi, Guild house,


Robert Venturi, Learning from Las Vegas Philadelphia (1964)
Robert Venturi

Robert Venturi, Chippendale chair,


Knoll (1984)
Bibliografia
William J. R. Curtis, L’architettura moderna del Novecento
Stati Uniti pp. 395-396
Ludwig Mies van der Rohe pp. 401-410, 516-517
Walter Gropius pp. 397-398
Frank Lloyd Wright pp. 412-415
Philip Johnson pp. 403, 597-598
Charles Eames p. 405
Richard Neutra pp. 398-399
Eero Saarinen pp. 399-401
Louis Kahn pp. 518-527
Robert Venturi pp. 560-563

Gabriella D’Amato, Storia del design


Il design negli Stati Uniti pp. 136-139, 144-148
Prossima lezione

Potrebbero piacerti anche