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membra due anni portarno»), e la certificatio (certificazione, attestazione), ossia una


visione in cui Dio approvava il suo operato e gli preannunciava la salvezza eterna;
Opere .il mattino seguente san Francesco avrebbe composto il Cantico di Frate Sole, o delle
creature, un inno di tripudio e di amore per le bellezze e l’armonia del creato. Prima
di morire (nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 1226) si congedò dai suoi seguaci con un
Testamento, che integrava la Regola; dai più fedeli si fece cantare il Cantico, cui aveva
aggiunto, probabilmente in un secondo tempo, le lodi «per sora nostra Morte cor­
porale».
Oltre alla regola e al testamento indicati, restano altri suoi scritti in latino, legati
airinsegnamento e alla pietà religiosa: consigli e ammaestramenti spirituali, sei let­
tere e cinque orazioni. Ma è soprattutto il Cantico a imporsi come evento di assoluta
evidenza, per la sua carica di altissima testimonianza spirituale e per l’intensità del
messaggio poetico, straordinario esempio di poesia religiosa che inaugura, nello stesso
tempo, la nostra letteratura in volgare. Il testo è inscindibile rispetto alla vita e alla
predicazione del santo, che è considerato, a sua volta, come “speculimi Christi”, spec­
chio e immagine di Cristo sulla terra. Di qui il carattere spirituale e poetico della
sua figura, che ispirerà un’intensa fioritura di scritti agiografici e leggendari. La
letteratura francescana risulterà poi strettamente collegata alla storia dell’ordine,
con le sue divisioni e lacerazioni, proponendosi anche come documento di un pro­
fondo travaglio politico e sociale. È un’ulteriore conferma del significato e della deci­
siva importanza della personalità di san Francesco, sul piano storico-culturale.

Cantico di Frate Sole


Il Cantico di Frate Sole venne scritto, secondo la tradizione, nel
1221+, quando il santo, dopo una notte trascorsa fra il male che lo afflig­
1. bon: nel senso antico di “eccellente”. geva agli occhi e il tormento dei topi, avrebbe avuto una visione divina,
2. Tue so’: tue sono, a te appartengono. che lo faceva certo della salvezza eterna. Secondo la stessa tradizione
3. se konfano: si confanno, convengono. i versetti sul perdono sarebbero stati aggiunti quando Francesco rap­
4. et nullu... mentovare: «e nessun uomo pacificò tra loro il vescovo e il podestà di Assisi, quelli sulla morte
è degno di pronunciare il tuo nome». Il con­
cetto risale al Decalogo di Mosè («Non
quando sentì approssimarsi lafine (ma queste interpretazioni, con cui
nominare il nome di Dio invano»), inte­ si cercò forse di giustificare certe asimmetrie di struttura e l’evidente
grato con altre celebri espressioni bibliche cambiamento di tono, non sono confermate).
(«non sono degno di essere chiamato figlio
tuo», oppure «non sono degno che tu entri Altissimu, onnipotente, bon1 Signore,
nella mia casa»). L’autorevolezza di que­
sti riferimenti giustifica i latinismi: nullus
Tue so’2 le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
homo, dignus; mentovare deriva invece
dal francese antico mentevoir.
Ad Te solo, Altissimo, se konfano3,
5. cum: secondo l’interpretazione di Ma­ et nullu homo ène dignu Te mentovare4.
rio Casella sta per “così come”, non “as­ 5 Laudato sie, mi’ Signore, cum5 tucte le Tue creature,
sieme a ”.
6. messor: è forma umbra di messere ed spetialmente messor6 lo frate7 Sole,
è distinto da Signore, che indica invece la lo qual è iorno8, et allumini noi per lui9.
divinità.
7. frate: fratello, termine attribuito a tutte E t ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
le creature (come sora, sorella), per indi­ de Te, Altissimo, porta significatione10.
care appunto la comune origine del creato 10 Laudato si’, mi’ Signore, per11 sora Luna e le stelle:
ed il sentimento che deve unire tutti gli
esseri viventi. in celu l’ài form ate12 clarite13 et pretiose et belle.
8. è iorno: rappresenta la luce del giorno.
9. allumini... lui: «ci illumini attraverso
di lui». come artefice del mondo. Meno convin­ stabilisce, nell’umverso, fra Dio e l’uomo;
10. significatione: testimonianza (essendo cente ci sembra la sua interpretazione ed è, questa, l’ipotesi più suggestiva, per
l’emanazione della luce divina sulla terra). come complemento d’agente («da», fran­ il carattere di comunione e di partecipa­
11. per: è il principale nodo da sciogliere cese par), a indicare la lode resa dalle crea­ zione che permea, nel componimento, la
per l’interpretazione del componimento. ture al loré creatore. Ma per potrebbe vita del tutto.
Secondo l’ipotesi tradizionale per è inteso anche significare “attraverso” (conforme­ 12. formate: create.
come causale («per aver creato...»), cioè mente all’uso del per che precede), sotto­ 13. clarite: luminose (latino clarus, fran­
la lode viene rivolta direttamente a Dio lineando il rapporto di mediazione che si cese clair).

San Francesco d ’Assisi


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Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento
14. nubilo et sereno: probabilmente et per aere et nubilo et sereno14 et onne tempo,
sostantivi, anche se hanno funzione di
attributo rispetto ad aere, aria (cielo nuvo­
per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.
loso e sereno).
15. utile et humile: bisticcio di parole.
15 . Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Aqua,
16. ennallumini: riprende, rafforzandolo la quale è multo utile et humile15 et pretiosa et casta.
col prefisso, l’allumini del v. 7 (francese Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu,
antico enluminer).
17. robustoso: il suffisso -oso è aggiunto per lo quale ennallumini16 la nocte:
in funzione espressiva.
18. ne sustenta et governa: ci nutre e ci
ed elio è bello et iocundo et robustoso17 et forte.
alleva. ^ 20 Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra,
19. sostengo ... tribulatione: «sosten­
gono, sopportano, malattie e dolori». la quale ne sustenta et governa18,
20. ’1: lo, nel senso di “ciò”. et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.
21. ka: che, perché. Riprende, con evidente
parallelismo, la struttura delle Beatitudini Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo
evangeliche. Tuo amore
22. sirano: saranno.
23. trovarà: il soggetto è la Morte.
et sostengo infirmitate et tribulatione19.
24. la morte secunda: la dannazione,
intesa come morte “seconda”, cioè irrevo­ 25 Beati quelli ke ’l20 sosterrano in pace,
cabile e definitiva (è espressione usata nel- ka21 da Te, Altissimo, sirano22 incoronati.
l’Apocalisse e ripresa poi da Dante). Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,
25. non ’1farrà: non farà a loro (’1 sta per
“gli”). da la quale nullu homo vivente pò skappare:
26. serviateli: servitelo (si tratta propria­
mente di un congiuntivo esortativo, col
guai a-cquelli ke morrano ne le peccata mortali;
valore degli imperativi che precedono; -li 30 beati quelli ke trovará23 ne le Tue sanctissime voluntati,
è dativo, “a lui”, come il caso retto dal ka la morte secunda24 no ’1 farrà25 male.
latino servire). I destinatari degli ultimi
due versi sono i fedeli, per i quali il Can­ Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate
tico è stato espressamente concepito. e serviateli26 cum grande humilitate.

ANALISI DEL TESTO


Mentre l’interpretazione romantica vedeva nell’inno un ingenuo slancio d’amore e fra­
ternità per tutte le creature, gli studi più recenti ne hanno dimostrato la salda base teolo­ La base
gica e la complessità di pensiero. Ne sono scaturite interpretazioni molto diverse e in con­ teologica
trasto fra loro: naturalmente non possiamo darne conto nei dettagli, perciò ci limiteremo
a qualche cenno generale. Il Casella (1949-50) osserva che punto di partenza concettuale L’interpretazione
dell’inno è l’idea che Dio è un mistero e che non può essere «mentovato», ma può essere di Casella
lodato selo in base alle cose visibili da lui create (tale interpretazione si fonda naturalmente
sul valore causale attribuito al «per»: «Sii lodato, mio Signore, perché hai creato...»). Le
cose sono considerate sia in sé, sia nella relazione con Dio: vale a dire che le cose sono belle
di per sé (il sole «bellu e radiante cum grande splendore», le stelle «clarite et pretiose et
belle»), ma anche perché portano «significatione» di Dio che le ha create. Da queste osser­
vazioni del Casella si può dedurre come la religiositàxtr san Francesco non respinga il mondo
terreno in quanto totalmente negativo, come è proprio di altre tendenze religiose del Medio Il mondo terreno
Evo, che insistono sul contemptus mundi (si è vista l’opera omonima di Lotario di Segni, non è negativo
T31), e sulla vita mondana come cumulo di miserie ed orrori (Iacopone da Todi: cfr. TT43-44).
Però non si può neanche vedere nelle lodi del santo alle creature una posizione già naturali­
stica, cioè un’esaltazione della natura presa solo in sé e per sé, nel suo valore autonomo,
svincolato dal trascendente: questa visione si affermerà solo più tardi, con l’Umanesimo
e il Rinascimento, e presupporrà un’interpretazione laica e immanente del mondo. Nell’inno
di san Francesco, secondo una visione ancora tipicamente medievale, le cose sono essen­
zialmente viste come simbolo della realtà trascendente di Dio.
Leo Spitzer (1955) ha integrato l’analisi di Casella rilevando che le cose non sono solo

Scrittori italiani dell’età comunale


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L’interpretazione lodate in sé e in relazione a Dio, ma anche in relazione all’uomo, in quanto sono a lui utili.
di Spitzer Ad esempio il sole non è solo «bellu» e «radiante», né porta solo «significatione» di Dio,
ma illumina anche l’uomo. Così è per l’acqua, che è «humile» e «casta» in sé, ma anche «utile»
e «pretiosa» per l’uomo, così per «l’aere» che dà «sustentamento», per il fuoco che ci illu­
mina la notte, per la madre Terra che ci «sustenta et governa» (la relazione con Dio in molti
Le cose casi resta implicita e non viene ripetuta). Nell’inno vi è quindi una visione antropocentrica,
in relazione che ha come centro l’uomo: ma, osserva ancora Spitzer, l’uomo non è lodato tra altre crea­
all’uomo ture di Dio come bello in sé e in quanto porta significazione del Creatore. Mentre per le
creature le lodi sono incondizionate, l’uomo è lodato solo a certe ben determinate condi­
L’uomo zioni: sono lodati solo «quelli ke perdonano». Infatti tra tutte le creature l’uomo è l’unica
e il peccato per cui si apre l’alternativa tra salvezza e dannazione, l’unica che sia contaminata dal pec­
cato originale (è questo un concetto che torna anche in altri scritti delj§mto). L’inno appare
Le due parti dunque nettamente spaccato in due, con forti differenze di tono tra le due parti: nella prima
dell’inno si ha un ottimismo che abbraccia le creature naturali, nella seconda si ha una visione pessi­
mistica dell’uomo. E qui risuonano note non più di letizia, ma di paura: le «infirmitate et
tribulatione», la «Morte corporale» a cui nessuno può scampare, la «Morte secunda» cioè
la dannazione eterna. L’inno, da lode universale delle creature, si trasforma in una predica
ai peccatori, e non rinuncia a parole minacciose e a colori cupi per spaventare gli uomini
e per indurli alla penitenza. («Guai a-cquelli ke morrano ne le peccata mortali»). Questa frat­
tura interna, però, secondo Spitzer, non determina una rottura dell’unità del canto, che è
garantita dall’omogeneità stilistica della litania.
L’interpretazione Discutendo le tesi di Spitzer, il Getto (1956) ha invece negato una duplicità di toni fra
di Getto la prima parte ottimistica e la seconda pessimistica: l’immagine complessiva che lascia il
cantico, secondo Getto, è quella di un mondo armonioso e pacificato, in cui «accanto alle
cose obbedienti a Dio stanno gli uomini, con la loro volontà non più ribelle come in regime
di peccato, ma, come in regime di grazia, uniformata a Dio».
Gli aspetti Per quanto riguarda gli aspetti formali, il Cantico non è affatto opera ingenua e sponta­
formali nea, che sgorghi da una religiosità semplice e incolta: al contrario è opera nutrita di cul­
I modelli biblici tura, che rivela una cura attenta dell’elaborazione formale. Essa si rifà a modelli biblici ed
evangelici: il Salmo 148 di Davide («Sole e luna, lodatelo, / lodatelo tutte, o fulgide stelle.
/ Lodatelo, o cieli dei cieli...»), il cantico intonato dai tre fanciulli nella fornace nel libro di
Daniele («Cieli benedite il Signore, / lodatelo ed esaltatelo sopra tutte le cose nei secoli /
... Sole, luna, benedite il Signore... / Stelle del cielo, benedite il Signore... / Piogge e rugiade,
benedite il Signore...»), il discorso evangelico delle beatitudini («Beati i poveri in spirito...
Beati gli afflitti... Beati i miti...»). Il Cantico vuole dunque essere un salmo in volgare, che
prosegua la tradizione biblica indirizzandosi a coloro che non sanno il latino (tra l’altro i
salmi finali, proprio a partire dal 148, recitati nell’ufficio liturgico, erano detti Laudes). A
quanto ci dicono le biografie del santo, esso era destinato ad essere cantato in pubblico,
tant’è vero che il santo stesso avrebbe voluto che fra’ Pacifico, che era detto «re dei versi»,
andasse attorno a dirigerne l’esecuzione, come se i frati fossero «giullari di Dio» (ioculato-
res Domini)-, di Francesco era anche la musica, che però non ci è pervenuta.
Il Cantico non è in versi, ma in una prosa ritmica, suddivisa in gruppi di due, tre, cin­
que versetti, proprio sull’esempio dei salmi biblici. A questi rimanda la litania, cioè la
Le rime ripetizione costante della formula «Laudato si’». Sono poche le rime vere e proprie
(«stelle»/«belle», w. 10-11, «rengratiate»/«humilitate», w . 32-33, a cui si può aggiungere
«Signore»-«honore» dei w . 1-2, con una sorta di rima al mezzo); prevalgono invece decisa­
Le assonanze mente le assonanze, che sono costituite dall’identità delle vocali finali di due o più parole
a partire da quella su cui cade l’accento («Sole»/«splendore»/«significatione», «Vento»/
«tempo »/«sustentamento », «Terra »/«governa, »/«herba ».
Il volgare illustre La lingua non è dialettale, ma rivela l’aspirazione a un volgare illustre: infatti regola­
rizza e purifica le caratteristiche del volgare umbro, che dovevano apparire troppo plebee.
Qualche caratteristica umbra tuttavia permane: la -u finale alternata con -o, l’iniziale di
«iorno», desinenze come quelle di «sirano» e «konfano», «ène» per è, «messor» per mes­
sere; ma per converso si ha «iocundo», non iocunno, con l’assimilazione del gruppo -nd, come
Il cursus vorrebbe l’umbro. Studi recenti hanno anche rivelato la presenza del cursus, cioè di quelle
clausole rimiche usate dallà prosa latina medievale e! codificate dalle artes dictandi (cfr. Qua­
dro di riferimento I, § 6.1): cursus planus, «grande splendóre»; cursus velox, «Altìssimo,
se konfàno». Il dato è importante, perché conferma come il santo «volle rivestire la lode
al Signore in lingua di sì del condecente ornamento retorico» (Contini). Il che significa che,

San Francesco d ’A ssisi

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