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V.

Fra trattatistica e storiografia: Francesco Guicciardini e altri autori

papa e imperadore12sanza speranza di alcuno soccorso di altri, disuniti e con mille


difficultà, hanno sostenuto13in sulle mura già sette mesi gli esserciti, e quali non si
sarebbe creduto che avessino sostenuti sette dì, e condotto le cose in luogo che, se
vince'ssino,14 nessuno più se ne maraviglierebbe, dove prima da tutti erano giudi­
cati perduti: e questa ostinazione ha causata in gran parte la fede di non potere
perire,15secondo le predizione di fra Ieronimo da Ferrara.16
12 m essi...im peradore: i fio ­ 13 sostenuto: subito senza ar­ 15 la fede...perire: la certezza a Ferrara nel 1452 e condannato al
rentini si sono m essi ad attendere rendersi. di non poter morire (sogg.); e cioè di rogo a Firenze nel 1498), che ave­
la guerra fra papa e im pe rato re 14 e co n d o tto ...v in ce ssin o essere infine com unque vincitori. va infuso nei fiorentini la fiducia
sperando in questa assurda pos­ e po rta to le cose al p u n to che, se 16 fra Ieronim o da Ferrara: è nel giusto avvento di un governo
sibilità. vincessero. il frate Gerolamo Savonarola (nato assolutam ente popolare.

ESERCIZI

Il ragionamento deduttivo usato qui da Guicciardini approda a conclusioni di


carattere generale? Quale funzione ha l'esem pio della difesa di Firenze? Vuole
sottolineare la razionalità o l'irrazionalità degli eventi?

Ricordi, 6,7,8,9,10,11,12

F
orniamo una serie di pensieri (dal 6 al 12) nella loro ininterrotta continuità, in
modo da mostrare il modo con cui l’autore li accosta e li giustappone.
da F. Guicciardini, Ricordi, cit. 6.
►P I E grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente e assolutamente1
e, per dire così, per regola; perché quasi tutte hanno distinzione e eccezione per
la varietà delle circunstanze, le quali non si possono fermare2 con una medesima
misura; e queste distinzione e eccezione non si truovano scritte in su’ libri, ma
bisogna le insegni la discrezione.3
7.
Avvertite bene1nel parlare vostro di non dire mai sanza necessità cose che referi­
te possino dispiacere a altri: perché spesso in tempi e modi non pensati
nuocono2 grandemente a voi medesimi; avvertitevi, vi dico, bene, perché molti
etiam3prudenti vi errano, e è difficile lo astenersene: ma se la difficultà è grande,
è molto maggiore el frutto4 che ne resulta a chi lo sa fare.
8.
Quando pure o la necessità o lo sdegno vi induce a dire ingiuria a altri, avvertite
almanco1a dire cose che non offendino se non lui: verbigrazia,2 se volete ingiuria­
re una persona propria,3 non dite male della patria, della famiglia o parentado
suo; perché è pazzia grande, volendo offendere uno uomo solo, ingiuriarne molti.
6. 1 7. 8.
1 in d istin ta m e n te e assolu­ 1 A vve rtite bene: Fate bene 1 a v v e rtite alm anco: fate al­
tam ente: senza operare le dovute attenzione. m eno attenzione.
distinzioni e senza valutare i com ­ 2 nu o c o n o : n o c c io n o ; cio è 2 ve rb ig razia p e r esempio',
p le s s i legam i con il contesto. vengono a ritorcersi contro. lat.
2 ferm are: fissare. 3 e tiam anche-, lat. 3 una persona propria: un in­
3 la discrezione: cfr. IL 2, p. 651. 4 el frutto: il vantaggio. dividuo.

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teoriche intorno a fondam entali nuclei concettuali, cui fanno riferim ento le parole-
chiave «discrezione» (cfr. pensiero 6), «esperienza» (cfr. pensiero 10) ed «espe­
rienza» e «osservazione» (cfr. pensiero 12). Nel pensiero 6 si nega che possa esi­
stere una «regola» atta a spiegare le cose del mondo, le quali invece sono varie,
c o s titu e n d o ognuna una «eccezione». O ccorre praticare dunque l'a rte della
«distinzione» e della «discrezione» (cfr. IL 2, p. 651). Tale arte può essere appresa
solo attraverso ¡'«esperienza», dato che le doti innate di carattere non sono mai
sufficienti (pensiero 10). Nel p e nsiero-12 viene stabilito un nesso fra «esperienza»
e «osservazione»: la prima nasce dalla seconda e si condensa spesso nei proverbi,
i quali sono simili in tu tti i paesi dato che le cose del mondo «in ogni luogo sono le
m edesim e e simili». Quindi Guicciardini da un lato afferm a la infinita varietà del
reale, dall'altro la necessità di servirsi dell'osservazione per cogliere le costanti che
si m anifestano e condensarne l’esperienza in m assim e (come fa lui stesso nei
Ricordi) o in proverbi. La «discrezione» non è una resa all’ im prevedibile, ma un
appello alla ragione.

Lo stile precettistico ■ ■ Ben quattro pensieri su sette presentano un appello al


destinatario, a un «voi» rivolto ai lettori: si tratta del pensiero 7 («Avvertite bene»),
8 («vi induce...avvertite»), 9 («leggete spesso»), 11 («Non vi spaventi»). Si tratta di
avvertim enti e di am m onim enti rivolti presum ibilm ente ad amici e familiari perché
li imparino a memoria (cfr. pensiero 9). I precetti sono trasmessi attraverso esorta­
tivi o imperativi collocati per lo più all'inizio dei pensieri: «Avvertite bene» (pensiero
7), «Leggete spesso» (pensiero 9), «Non si confidi alcuno» (pensiero 10), «Non vi
spaventi» (pensiero 11). Spesso si tratta, come si può vedere, di esortazioni nega­
tive volte a impedire com portam enti errati.

ESERCIZI

1 Perché Guicciardini rifiuta di trarre regole generali dall'osservazione della realtà?

2 Su quali presupposti si basa la «discrezione»?

3 Confronta il pensiero n. 6 e il pensiero n. 12. C'è contraddizione tra i due ricordi?

4 Individua le parole tem atiche ricorrenti.

5 Chi è l'interlocutore dei Ricordi? A che cosa mirano le considerazioni e le osservazioni


di Guicciardini?

Ricordi, 15,17,28,30,32,35,41,44,46,57,66

I
n questo gruppo di pensieri (undici su una serie di cinquanta, dal 15 al 66) si
possono distinguere i seguenti motivi: a) l’ambizione e la tendenza, ineliminabi­
le negli uomini, a raggiungere «onore e utile» (pensieri 15, 17, 32); b) il dominio
della fortuna e l’impossibilità di prevedere il futuro (30 e 57); c) la difficoltà di far
coincidere teoria e pratica (pensiero 35, ma anche il già citato 57); d) la tendenza al
male e all’interesse privato da parte degli uomini (pensiero 41), per cui l’egoismo
individuale è più forte del desiderio della libertà (pensiero 66) (questo concetto
contrasta con il pensiero 134, che incontreremo più avanti e con l’esortazione del
44 afare il bene e non solo afingere difarlo; lo discuteremo nella Guida alla lettu­
ra del prossimo gruppo di pensieri); e) l’amministrazione della giustizia nel pensie­
ro 46; f) un duro giudizio sulla corruzione della Chiesa (pensiero 28).
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L’ETÀ DELLE CORTI: LA SECONDA FASE DELLA CIVILTÀ UMANISTICO-RINASCIMENTALE (1492-1545)

15.
da F. Guicciardini, op. cit. Io ho desiderato, come fanno tutti gli uomini, onore e utile:1 e n’ho conseguito
molte volte sopra2 quello che ho desiderato o sperato; e nondimeno non v’ho poi
mai trovato drento quella satisfazione che io mi ero immaginato; ragione, chi bene
la considerassi, potentissima a tagliarcassai delle vane cupidità degli uomini.3
17.
►P I Non crediate a coloro che fanno professione1 d’avere lasciato le faccende e le
grandezze2 volontariamente e per amore della quiete, perché quasi sempre ne è
stata cagione o leggerezza o necessità:3 però4 si vede per esperienza che quasi
tutti, come se gli offerisce5 uno spiraglio di potere tornare alla vita di prima,
lasciata la tanto lodata quiete, vi si gettano con quella furia che fa el fuoco alle
cose bene unte e secche.6
28.
Io non so a chi dispiaccia più che a me la ambizione, la avarizia e la mollizie1de’
preti: sì2 perché ognuno di questi vizi in sé è odioso, sì perché ciascuno e tutti
insieme si convengono3 poco a chi fa professione di vita dependente da Dio, e
ancora perché sono vizi sì contrari4 che non possono stare insieme se non in uno
subietto molto strano.5 Nondimeno el grado6 che ho avuto con più pontefici7
m’ha necessitato a amare per el particulare mio8 la grandezza loro; e se non fussi
questo rispetto,9 arei10 amato Martino Luther11 quanto me medesimo: non per
liberarmi dalle legge indotte12 dalla religione cristiana nel modo che è interpre­
tata e intesa communemente, ma per vedere ridurre questa caterva di scelerati13
a’ termini debiti,14cioè a restare o sanza vizi o sanza autorità.15
30.
Chi considera bene, non può negare che nelle cose umane la fortuna1ha gran­
dissima potestà,2 perché si vede che a ognora ricevono grandissimi moti da
accidenti fortuiti,3 e che non è in potestà degli uomini né a prevedergli né a
schifargli:4 e benché lo accorgimento e sollicitudine5 degli uomini possa mode­
rare molte cose, nondimeno sola non basta, ma gli bisogna ancora6 la buona
fortuna.
15 . 3 o leggerezza o necessità: d itto ri a l p u n to che. Infatti parreb­ 13 qu esta...scelerati: i «pre­
1 onore e utile: succe sso e o errori d i com portam en to o ob­ be difficile conseguire onori e ric­ ti» sopra nom inati.
vantaggi m ateriali. bligo dovuto a circostanze esterne. chezze senza impegnarsi. 14 a' te rm in i debiti: n e i lim iti
2 sopra: più di. 4 però: e infatti. 5 uno subietto m olto strano: dovuti.
3 r a g io n e ...u o m in i: a r g o ­ 5 com e...offerisce: non appe­ un s o g g e tto m o lto fu o ri d e l co­ 15 cioè...autorità: ossia a cor­
m e nto, a ben considerarlo, fo r­ na s i o ffre loro. m une (non senza una sfum atura reggere i propri vizi per riconqui­
tis s im o p e r d im in uire assai i de­ 6 vi si g e tta n o ...s e c c h e : s i spregiativa). stare credibilità, oppure a perdere
sideri inutili e d esagerati degli uo­ ge ttano su d i essa [: la vita d i p ri­ 6 el grado: la po sizio ne rile­ il potere detenuto.
m ini. Infatti la delusione che se­ m a] con la stessa furia con la qua­ vante.
gue il conseguim ento di uno sco­ le il fuoco s i g e tta sulle cose sec­ 7 più pontefici: i papi Leone X
30 .
po do vrebbe ridurre il desiderio che e bene unte. R iprende una e C le m e n te VII, dal quali G uic­
's im ilitu d in e dantesca (In f. XIX, ciardini ebbe prestigiosi incarichi 1 la fortuna: il caso.
di o tte n e rlo , e s o p ra ttu tto sco ­
raggiare dai desideri eccessivi. È 28-30). Fa: vb. ‘ vicario, vale dun­ politici. 2 potestà: potere.
un principio di morale fondato sul­ que 'si getta'. 8 el p a rtic u la re m io: non è 3 a ognora...fortuiti: d i conti­
l'analisi della reale psicologia uma­ solo II pe rsonale van tagg io d e l­ nuo Ile cose umane] ricevono gran­
na anziché, com e avveniva tra di­ 28 . l'autore, ma anche la specifica con­ d is s im i ca m biam e nti da fa tti ca­
z io n a lm e n te , su le g g i d iv in e o 1 la am bizione, la avarizia e dizione in cui egli si trova. suali.
astratte. la m ollizie: la ricerca d i on ori e 9 rispetto: motivo. 4 a schifargli: evitarli.
p o te ri, l'a v id ità e l'ig n a via (cioè 10 arei: avrei. 5 lo accorgim ento e sollici­
17 . l’indifferenza m orale e II disim pe­ 11 M artino Luther: Martin Lu­ tudine: la prontezza nelle precau­
1 fa nno professione: dichia­ gno). tero, dall’azione del quale prese il z io n i; ‘ endiadi, che fa vo risce il
rano. 2 sì: così; vale 'sia'. via il m ovim ento della Riforma pro­ sing. seguente («sola non basta»
2 le faccende e le gran dez­ 3 si convengono: s i ad dico­ testante, di forte contenuto anti­ per "so le non bastano'').
ze: g li im pe gni pra tici e i privile gi no. papale e anticlericale. 6 gli bisogna ancora: g li è ne­
(onori, ricchezze, potere). 4 sì contrari: tra loro contrad­ 12 indotte: im partite. cessaria anche.

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32.
La ambizione non è dannabile,1né da vituperare quello ambizioso che ha appe­
tito d’avere gloria co’ mezzi onesti e onorevoli: anzi sono questi tali2 che opera­
no cose grande e eccelse, e chi manca di questo desiderio è spirito freddo e incli­
nato più allo ozio che alle faccende. Quella è ambizione perniziosa e detestabile3
che ha per unico fine la grandezza, come hanno communemente e4 prìncipi, e
quali, quando se la propongono per idolo, per conseguire ciò che gli5conduce a
quella, fanno uno piano6 della conscienza, dell’onore, della umanità e di ogni
altra cosa.
35.
Quanto è diversa la pratica dalla teorica!1 quanti sono che intendono le cose
bene, che o non si ricordono2 o non sanno metterle in atto! E a chi fa così, que­
sta intelligenza3è inutile, perché è come avere uno tesoro in una arca con obbli­
go di non potere mai trarlo fuora.
41 .
Se gli uomini fussino1 buoni e prudenti, chi è preposto a altri2 legittimamente
arebbe a usare3 più la dolcezza che la severità; ma essendo la più parte o poco
buoni o poco prudenti, bisogna fondarsi4 più in sulla severità: e chi la intende
altrimenti, si inganna. Confesso bene che, chi potessi mescolare e condire5bene
l’una con l’altra,6 farebbe quello ammirabile concento' e quella armonia, della
quale nessuna è più suave: ma sono grazie che a pochi el cielo largo destina8 e
forse a nessuno.
44.
Fate ogni cosa per parere buoni, ché serve a infinite cose: ma, perché1le opinio­
ne false non durano, difficilmente vi riuscirà el parere lungamente buoni, se in
verità non sarete.2Così mi ricordò già mio padre.
46.
Non mi piacque mai ne’ miei governi1 la crudeltà e le pene eccessive, e anche
non sono necessarie, perché da certi casi essemplari in fuora, basta, a mantenere
el terrore,2el punire e3delitti a 15 soldi per lira:4pure che si pigli regola di punir­
gli tutti.
57.
Quanto sono più felici gli astrologi che gli altri uomini! Quelli,1 dicendo tra
cento bugie una verità, acquistano fede in modo che è creduto loro el falso;2
32. 3 questa intelligenza: questa 7 concento: suono d ’insiem e; 2 el terrore: il rispe tto [p e r lo
1 dannabile: da condannarsi. capacità d i com prensione; cioè di cioè accordo. stato],
2 questi tali: ambiziosi di tal fatta. intendere bene le cose, com e si 8 grazie...destina: fortune che 3 e: /.
legge subito sopra. il cielo destina a p o ch i con gene­ 4 a 15 soldi per lira: la lira va­
3 Q u e lla ...d e te s ta b ile : è in ­
vece pericolosa e degna d i con­ rosità. C'è un ricordo petrarche­ leva venti soldi, e dunque si allude
danna queiram bizione. 41 . sco («Grazie ch'a pochi il Ciel largo qui a una riduzione di un quarto
1 fussino: fossero. destina»: Canzoniere CCXIII, 1). della pena da com m inare, per in­
4 e: /.
5 gli: li. 2 chi è preposto a altri: chi tendere un atteggiam ento di m i­
6 fanno un piano: annullano, com anda sugli altri. 44 . tezza, nei co n fro n ti del singolo,
com e appianando: cioè 'fanno ta­ 3 areb be a usare: dovrebbe 1 perché: dato che. purché sia ben chiara la ineluttabi­
bula rasa '. adoperare. 2 non sarete: sottinteso: buo­ lità generale della giustizia (cfr. la
ni veram ente. conclusione del ricordo).
4 fondarsi: fare affidam ento.
35 . 5 condire: stem perare.
1 teorica: teoria. 46. 57 .
6 l'una con l'altra: cioè la dol­
2 non si ricordono: non s i ri­ cezza e la severità nella gestione 1 ne' m iei governi: nelle m ie 1 Quelli: gli «astrologi».
cordano [al m o m e n to giusto]. del potere. responsabilità al potere. 2 el falso: [anche] il falso.

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L'ETÀ DELLE CORTI: LA SECONDA FASE DELLA CIVILTÀ UMANISTICO-RINASCIM ENTALE11492-1545)

questi,3 dicendo tra molte verità una bugia, la perdono4 in modo che non è più
creduto loro el vero.5Procede6 dalla curiosità degli uomini che, desiderosi sape­
re el futuro né avendo altro modo, sono inclinati a correre drieto a chi promette
loro saperlo dire.7 ,
66.
Non crediate a costoro1che predicano si efficacemente2 la libertà, perché quasi
tutti, anzi non è forse nessuno che non abbia l’obietto3agli interessi particulari:4
e la esperienza mostra spesso, e è certissimo, che se credessimo5 trovare in uno
stato stretto6migliore condizione,7vi correrebbono per le poste.8
3 questi: gli «altri uomini». dere presente il bersaglio polemico la libertà.
4 la perdono: sottinteso: «fe­ del ricordo. Il quale ha di mira l’i­ 6 stretto: dittatoriale; cioè sen­
de», cioè affidabilità. pocrisia degli uomini e non il signi­ za quella libertà sostenuta a parole.
fica to dei valori di cui essi sono 7 m ig lio re condizione: van­
5 el vero: |neppure] il vero.
portatori (in questo caso, la libertà).
6 Procede: [Ciò] dipende. taggi m ateriali.
2 sì efficacem ente: con tanta
8 vi correrebbono per le po­
7 loro.. .dire: di saperlo dire loro. convinzione.
ste: correre bbe ro verso d i esso
3 l'obietto: la mira. i: vi aderirebbero] al galoppo. Alle
66. 4 particulari: suo i propri. poste avveniva il cam bio dei ca­
1 costoro: è più efficace di "co­ 5 c red essim o : c re d e s s e ro ; valli. L 'e s p re s s io n e è d o lo ro sa ­
loro" o "quelli ch e "; e vale a ren­ sottin teso: coloro che predicano m e nte ironica.

G U ID A ALLA LETTURA

L'ideologia di Guicciardini ■ ■ I pensieri 15, 17, 32 mostrano una logica unitaria:


l'ambizione, il desiderio dell'«onore» e dell'«utile», è una molla positiva dell'azione
umana, se perseguita con mezzi «onesti e onorevoli». Si tratta di una molla natura­
le, incoercibile, che tende a realizzare l'interesse individuale, nella maggior parte
degli uomini più forte del desiderio stesso di libertà (pensiero 66). Eccettuati i casi
di deviazione morale, la realizzazione dell'ambizione secondo la logica individuale
del proprio «particulare» non è da condannarsi, anzi è una spinta positiva da rispet­
tare. Guicciardini si inserisce in una logica mercantesca e borghese che aveva soli­
de radici a Firenze e che è riscontrabile già in Boccaccio. In una situazione di crisi
— in cui la fortuna domina il com portam ento umano (30), pratica e teoria sono dis­
sociate (35) e gli uomini appaiono più disposti al male che al bene (41), m entre i
margini di organizzazione del futuro sono ristretti e quelli della sua previsione quasi
nulli (57) — non resta che questo individualismo, da perseguirsi bensì con decoro,
nel rispetto delle regole che esigono di essere e non solo di apparire buone. La sot­
tolineatura del peso determ inante della fortuna è più fo rte in Guicciardini che in
Machiavelli, il quale immaginava caratteri impetuosi capaci di dominarla. Comuni a
Machiavelli sono invece il realismo e la spregiudicatezza dell'analisi, la tendenza a
d e m is tific a re le m otivazioni ideali e a scorgere la m olla egoistica dell'azione
umana: si veda soprattutto il pensiero 66, d'im pronta ijiachiavelliana, che individua
la prevalenza degli «interessi particulari» anche negli esaltatori, apparentemente
più disinteressati, della libertà.

Il giudizio sulla Chiesa ■ ■ Esso è affidato al fam oso pensiero 28. A proposito di
questo pensiero ha osservato Asor Rosa: «Guicciardini distingue nettam ente tra
l'aspetto tem porale dello Stato della Chiesa, che egli serve per amore del proprio
particulare [lavorava infatti per la curia pontificia], e l'aspetto morale e religioso,
che trova esecrando». La stessa distinzione troverem o nel ritratto di Leone X nella
Storia d'Italia (cfr., più avanti, i 7). La conclusione di A sor Rosa è la seguente:
«Includerei Guicciardini in quella non irrilevante frazione del ceto intellettuale italia­
no, che auspica vivam ente la "reform atio Ecclesiae" [la riforma della Chiesa], ma
senza condividere l'ipotesi di un radicale rovesciamento delle gerarchie e della dot­
trina, e che perciò guarda con simpatia al m ovim ento della Riforma luterana, ma
non potendolo condividere per un'abissale diversità di mentalità, gusti, educazione
e collocazione sociale: un pendant [equivalente] laico, direi, di quella posizione,

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