Sei sulla pagina 1di 1

… Ricerca

Cantico delle creature


cantico di san Francesco d'Assisi

… … …

Il Cantico delle creature (Canticum o Laudes


Creaturarum), anche noto come Cantico di
Frate Sole, è un cantico di San Francesco
d'Assisi composto intorno al 1224. È il testo
poetico più antico della letteratura italiana di
cui si conosca l'autore (ma non il testo più
antico in assoluto, che è l'anonimo Quando eu
stava in le tu' cathene, una canzone d'amore
databile tra il 1180 e il 1220).[1] Secondo una
tradizione, la sua stesura risalirebbe a due anni
prima della sua morte, avvenuta nel 1226. È
comunque più probabile che, come riportano le
biografie di Francesco, la composizione sia
stata scritta in tre momenti diversi.

Cantico delle creature

Titolo originale Laudes Creaturarum

Altri titoli Cantico di Frate Sole

La più antica stesura del Cantico di Francesco


che si conosca: quella riportata nel Codice 338,
f.f. 33r - 34r, sec. XIII, custodito nella Biblioteca
del Sacro Convento di San Francesco, Assisi

Autore Francesco d'Assisi

Periodo 1224

Genere testo sacro

Sottogenere cantico

Lingua originale italiano (volgare


umbro)

Il Cantico è una lode a Dio e alle sue creature


che si snoda con intensità e vigore attraverso
le sue opere, divenendo così anche un inno alla
vita; è una preghiera permeata da una visione
positiva della natura, poiché nel creato è
riflessa l'immagine del Creatore: da ciò deriva il
senso di fratellanza fra l'uomo e tutto il creato,
che molto si distanzia dal contemptus mundi,
dal distacco e disprezzo per il mondo terreno,
segnato dal peccato e dalla sofferenza, tipico
di altre tendenze religiose medievali (come
quella instaurata da Jacopone da Todi). La
creazione diventa così un grandioso mezzo di
lode al Creatore.

Testo e parafrasi …

Di seguito si riporta il testo del componimento


poetico:[2]

«Altissimu, onnipotente, bon Signore,


tue so' le laude, la gloria e l'honore et
onne benedictione.

Ad te solo, Altissimu, se konfàno et


nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le


tue creature, spetialmente messor lo
frate sole, lo qual è iorno, et allumini
noi per lui; et ellu è bellu e radiante
cum grande splendore: de te,
Altissimo, porta significatione.

Laudato si', mi' Signore, per sora luna


e le stelle: in celu l'ài formate clarite et
pretiose et belle.

Laudato si', mi' Signore, per frate


vento et per aere et nubilo et sereno
et onne tempo, per lo quale a le tue
creature dài sustentamento.

Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua,


la quale è multo utile et humile et
pretiosa et casta.

Laudato si', mi' Signore, per frate focu,


per lo quale ennallumini la nocte, et
ello è bello et iocundo et robustoso et
forte.

Laudato si', mi' Signore, per sora


nostra matre terra, la quale ne
sustenta et governa, et produce
diversi fructi con coloriti flori et herba.

Laudato si', mi' Signore, per quelli ke


perdonano per lo tuo amore, et
sostengo infirmitate et tribulatione.

Beati quelli che 'l sosterrano in pace,


ca da te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si', mi' Signore, per sora


nostra morte corporale, da la quale
nullu homo vivente pò scappare: guai
a quelli che morrano ne le peccata
mortali.

Beati quelli che trovarà ne le tue


santissime voluntati, ka la morte
secunda no 'l farrà male.

Laudate et benedicete mi' Signore et


ringratiate et serviateli cum grande
humilitate.»

«Altissimo, Onnipotente Buon Signore,


tue sono le lodi, la gloria, l'onore e
ogni benedizione.

A te solo, o Altissimo, si addicono e


nessun uomo è degno di menzionarti.

Lodato sii, mio Signore, insieme a tutte


le creature, specialmente per il signor
fratello sole, il quale è la luce del
giorno, e tu tramite lui ci dai la luce. E
lui è bello e raggiante con grande
splendore: te, o Altissimo,
simboleggia.

Lodato sii, o mio Signore, per sorella


luna e le stelle: in cielo le hai create,
chiare preziose e belle.

Lodato sii, mio Signore, per fratello


vento, e per l'aria e per il cielo; per
quello nuvoloso e per quello sereno,
per ogni stagione tramite la quale alle
creature dai vita.

Lodato sii, mio Signore, per sorella


acqua, la quale è molto utile e umile,
preziosa e pura.

Lodato sii, mio Signore, per fratello


fuoco, attraverso il quale illumini la
notte. Egli è bello, giocondo, robusto e
forte.

Lodato sii, mio Signore, per nostra


sorella madre terra, la quale ci dà
nutrimento e ci mantiene: produce
diversi frutti, con fiori variopinti ed
erba.

Lodato sii, mio Signore, per quelli che


perdonano in nome del tuo amore, e
sopportano malattie e sofferenze.

Beati quelli che le sopporteranno


serenamente, perché dall'Altissimo
saranno premiati.

Lodato sii, mio Signore, per la nostra


sorella morte corporale, dalla quale
nessun essere umano può scappare;
guai a quelli che moriranno mentre
sono in peccato mortale.

Beati quelli che troveranno la morte


mentre stanno rispettando le tue
volontà. In questo caso la morte
spirituale non procurerà loro alcun
male.

Lodate e benedite il mio Signore,


ringraziatelo e servitelo con grande
umiltà.»

Analisi …

Composto in volgare umbro del XIII secolo


(folta la presenza di -u finale - plurale di terza
persona in -ano "konfano" - l'epitesi di ène - la
congiunzione ka - il verbo "mentovare"), con
influssi toscani e francesi, e latinismi. Alcuni
latinismi sono puramente grafici, causa di
ricorrenti errori di lettura, come ad esempio la
dentale doppia ct (tucte, fructi = tutte, frutti) e
il grafema cti di sanctissime (=santissime)[3].
La critica ha discusso a lungo, senza precise
conclusioni, il valore da attribuire alla
preposizione "per": il suo uso è infatti centrale
nella definizione della natura "laudatoria" del
componimento. Numerose le interpretazioni
che ne sono state date: 1) valore causale; 2)
strumentale; 3) agente; 4) mediale; 5) di stato
in luogo; 6) circostanziale.

Il Cantico ha la forma di prosa ritmica


assonanzata. Il testo era fornito di
accompagnamento musicale, composto dallo
stesso Francesco, oggi perduto. La semplicità
del sentimento espresso è rispecchiata da una
sintassi semplice, nella quale i termini sono
spesso coordinati per polisindeto (esempio: "et
per aere et nubilo et sereno et onne tempo",
verso 13) e gli aggettivi sono numerosi. I versi
sono raggruppati in piccoli blocchi facilmente
riconoscibili, differenziati dal punto di vista
tematico. L'omogeneità di tali blocchi è
assicurata da calcolati artifici formali, che la
critica moderna ha riabilitato come raffinati e
attenti, non ingenui come si pensava in epoca
romantica.

Struttura …

I modelli strutturali della


tradizione …

La critica più recente, in particolare Vittore


Branca, ha individuato in due soli "luoghi"
biblici i veri modelli di riferimento del
componimento: il salmo 148 e il cantico dei tre
fanciulli nella fornace (Libro di Daniele, 3, 51-
89). La discendenza da queste fonti coinvolge
non solo i contenuti ma anche la struttura
formale del Cantico. Entrambi i testi della
Bibbia si dividono in cinque parti che
costituiscono:

Lode di Dio in assoluto;

Chiusura esortativa.

Francesco organizza il componimento


adottando le stesse partizioni: 1) lode assoluta
di Dio; 2) firmamento; 3) elementi; 4) uomo; 5)
chiesa.

La struttura del Cantico di San


Francesco …

Come in molti testi medievali, la numerologia


biblica gioca un ruolo strutturale fondamentale:

Ciascuno dei 4 elementi è accompagnato da


4 indicatori:
Vento: "aere", "nubilo", "sereno", "onne
[ciascun] tempo";

Acqua: "utile", "humile", "pretiosa",


"casta";

Fuoco: "bello", "iocundo", "robustoso",


"forte";

Terra: "diversi fructi", "coloriti flori".

Al firmamento, diviso in 3 parti [luna, sole,


stelle], corrisponde una triade qualificativa
attribuita alle stelle: "clarite, pretiose et
belle".
Sole = utile, perché è la luce che
"enallumina" del giorno

Luna e stelle = clarite, pretiose, belle

A Dio corrispondono 3 appellativi: "altissimo,


onnipotente, bon Signore"; 3 omaggi: "tue
so' le laude, la gloria et l'onore" e 3 azioni:
"benediciate, rengraziate et serviateli".

Nel settore dell'uomo troviamo il: perdonano,


sostengono; infermità, tribolazioni; guai,
beati; peccati, sante volontà. Per ciò che
riguarda la ripartizione strofica, si consideri
che nel manoscritto del codice 338 si
hanno 12 lettere maiuscole a delimitare
l'inizio di altrettante lasse: tutte quelle del
testo riportato sopra, più una per la A del v. 2
(Ad te solo) e per la E del v. 8 (Et ellu è
bellu). Branca[4], rispetto all'assisiate,
aggiunge altre due partizioni, fra i vv. 24 e 25
e fra i vv. 28-29. Contini[5] accorpa i vv. 5-9
e separa, come Branca, fra 24 e 25,
ottenendo 12 lasse. La ripartizione qui
adottata (già in Casella, Il Cantico, pp. 119–
20[6] e riproposta da Pozzi, Il Cantico, p. 6[7])
è armonica sia sintatticamente che
numericamente: in tal modo, infatti,
all'interno delle dieci lasse, ogni discorso
risulta compiuto e nessun termine rinvia ad
una lassa precedente: d'altronde, con le
sottopartizioni di II, VIII e IX, non si perde
l'elemento partitivo di ordine strutturale-
melodico, per il quale ogni gruppo melodico
non può essere più lungo di tre versi.[8]

L'attenzione alla numerologia, tipica del


Medioevo, è confermata dal fatto che i versi
totali sono 33, numero significativo in quanto
multiplo del 3 che simboleggia la Trinità divina
e numero cristologico per eccellenza[9].

Contenuti dottrinali e

teologia della lode

L'atteggiamento di Francesco nei confronti di


Dio rispecchia una semplicità che non è però
assenza di profondità. Tra le due possibilità che
il panorama dottrinale dei Dottori della Chiesa
offriva all'epoca, Francesco propende per la
celebrazione della Gloria divina attraverso il
rapimento e l'estasi, piuttosto che per
l'enunciazione speculativo-filosofica. L'azione
della lode di Dio appare qui come un itinerario
dal Creato al Creatore, un itinerario dei sensi
più che della mente, attuato per gradi.

Questa azione liturgica - che tale appare


essere la finalità del Cantico - è composta da
tre elementi: un locutore, un messaggio e un
destinatario. Il locutore è l'officiante del rito e
compie la funzione di invitare le creature a
dirigere la loro lode a Dio. Il messaggio è
l'esaltazione dell'amore di Dio, che si manifesta
nelle creature stesse il cui compito è quello di
lodarlo. Il destinatario è naturalmente Dio.

Sul locutore pesa però il dubbio delle parole


stesse con cui il Cantico si apre: "...et nullu
homo ene dignu te mentovare". Come scrive
Giovanni Pozzi: «Le creature non possono
pronunciare lodi confacenti a Dio. E allora
perché le lodi di Dio sarebbero sue se non nel
comune senso passivo [...] ma in senso attivo,
perché Lui solo può dirle adeguatamente,
perché Lui solo può mentovarsi come agente e
locutore della lode?» [Torino 1992]. A sostegno
di questa interpretazione concorre la lunga e
autorevole tradizione della teologia negativa di
stampo neoplatonico e agostiniano, per la
quale nessun discorso è possibile su Dio, se
non da parte di Dio stesso.

Sui contenuti del messaggio, è forse opportuno


chiarire che la lista delle creature offerta dal
Cantico non è una "semplice presenza" di
elementi esistenziali a diretta portata
dall'uomo, ma rappresenta - sul modello
biblico sopra citato - il sistema enciclopedico
di tutta la realtà cosmica allora concepita,
strutturata in un ordine poetico dotato di
grande sinteticità oratoria.

Questa complessità strutturale trova conferma


nell'analisi dei riferimenti agli elementi del
creato. Subito troviamo che tutte le creature
sono viste in modo positivo e sono chiamate
"fratello" e "sorella": Francesco pone l'uomo al
loro livello, in quanto anch'egli creatura, ma
chiamato ad una maggiore responsabilità
morale, in quanto dotato di libero arbitrio:
l'uomo trova beatitudine solo nel rispetto della
legge divina (v. 30) e nell'imitazione di Cristo
(vv. 23-26). La lode al Signore trova inizio con
l'ammirazione degli astri, dei quali sono
sottolineate la bellezza ed utilità: al Sole è
dedicata maggior attenzione, anche perché
porta in modo particolare "significatione" di
Dio.

Francesco quindi passa alla lode per i quattro


elementi fondamentali: il vento, l'acqua, il
fuoco e la terra. Al vento e ad ogni variazione
del tempo non sono collegati grandi eventi
distruttivi, ma essi sono descritti e lodati per
ciò che naturalmente sono, ossia fonte di
sostentamento per le creature; il vento è però
anche simbolo di Dio. La visione positiva porta
infatti a vedere gli elementi non nelle catastrofi,
ma nella loro più semplice funzione ed
esistenza: qui ricordiamo, per esempio,
l'episodio biblico di Elia che trova Dio non nel
vento impetuoso e gagliardo, né nel terremoto,
e neppure nel fuoco, ma nel vento leggero (1Re
19,11-12). Anche l'acqua è vista come "utile" e
"pretiosa"; la sua umiltà e castità, inoltre, la
caratterizzano come mezzo di purificazione,
nei sacramenti del battesimo e della penitenza.

Il fuoco trova importanza come fonte di luce e


calore, ma, come l'acqua, rientra in una chiave
di lettura simbologica cristiana, essendo
riferibile allo Spirito Santo (e dunque anche qui,
come nell'elemento vento, vi è un richiamo alla
Pentecoste). La terra, infine, è la madre che
nutre le sue creature: si può intravedere il
richiamo all'immagine della terra che fa
crescere il grano della parabola del seminatore
(Vangelo secondo Matteo 13,3-9), ma anche
un parallelismo con la terra nella quale ha
riposato il corpo morto di Gesù e dalla quale il
risorto è tornato. Da notare dunque il marcato
parallelismo simbolico agli eventi della salvezza
ed ai sacramenti. Il tono della lauda ora muta:
l'inno si incentra sull'uomo che, come abbiamo
visto, solo con Dio può essere beato.

Francesco ribadisce il carattere divino della


Creazione anche nei suoi aspetti materiali,
contro i catari, eretici che in quegli stessi anni
sostenevano che Dio aveva creato la realtà
spirituale, mentre la realtà materiale era di
origine demoniaca. San Francesco d'Assisi
polemizza anche contro la mentalità mercantile
che andava rapidamente diffondendosi e per
cui la natura era da sfruttare a fini economici,
mentre il santo assisiate sostiene che la natura
fornisce all'uomo tutto ciò di cui ha bisogno ed
invita perciò a non affannarsi per ricercare
continui, sempre maggiori ma inutili beni
materiali.[10]

Da qui Francesco passa al tema della morte,


anch'essa sorella: nessun uomo la può evitare
e, per l'uomo in stato di grazia, anch'essa sarà
un fatto positivo, il passaggio alla vera vita con
Dio; in particolare, l'attenzione può cadere
sulla locuzione morte secunda, che si può
riferire sia al fatto che la morte, benigna, non
può danneggiare l'uomo pio, sia al fatto che il
giusto, nel giorno del Giudizio, non dovrà
temere la seconda morte, definitiva, dell'anima.
Nella conclusione, Francesco formula l'invito
agli uomini toccati dal Cantico a lodare e
benedire Dio, servendolo con umiltà.

In particolare, per la sua composizione, san


Francesco d'Assisi si ispirò, come già detto
precedentemente, al salmo 148, nel quale si
legge un invito alla lode di Dio da parte degli
elementi del Creato, assai simile, e al Cantico
dei fanciulli nella fornace, contenuto nel
veterotestamentario libro di Daniele (3, 56-88)
della Bibbia in cui è ripetuta la lode "Benedite".
[11].[12]

La poetica …

La "fortuna" del Cantico è strettamente legata


al dibattito sulla presenza o meno di una
"poeticità" dell'opera. Sino alla nascita della
critica idealista, in Italia l'esegesi del
componimento era patrimonio quasi esclusivo
dei francescanisti, per i quali l'idea di una
"poeticità" del Cantico era questione quasi
fastidiosa.

Oggi si può affermare che nessun nome della


critica novecentesca si è sottratto al confronto
con il mistero di una preghiera che non ha
paragoni - per complessità e valori estetici -
con alcun'altra in Occidente (nemmeno dal
repertorio luterano è emerso qualcosa di
altrettanto "classico"). Si è così affermata
l'idea di collocare il Cantico sul confine che
separa l'esperienza poetica da quella della
conoscenza del divino, senza necessariamente
dover decidere per una delle due.

La lode è un atto verbale performativo, vale a


dire autoreferenziale e senza scopo che non
sia il suo stesso esibirsi. Ma in quanto tale, e
per le ragioni addotte nella "Teologia della
lode", essa è anche esperienza estatica,
perché colloca l'"Io lodante" fuori di sé (non
potendo che essere Dio stesso il soggetto della
lode). Dunque è il misticismo la profonda
radice poetica del Cantico, contraddicendo alla
tradizione che vuol nettamente separati il
discorso mistico e quello poetico. Come scrive
Giovanni Pozzi:

«La lode divina, nella sua variante più


essenziale, partecipa del discorso
mistico in quanto, essenzialmente
estatica, demanda l'azione stessa del
lodare al lodato. Ma non narra nessun
annullamento e nessuna trasformazione
del locutore nell'altro» - ed è quindi
discorso di un Io, possibile soggetto
poetico -.«Quindi la lode ha una struttura
che l'accomuna al discorso poetico.»

Analisi semplificata …

«Altissimu onnipotente bonsignore,


tue so' le laude la gloria e l'honore et
onne benedictione.»

Così inizia il Cantico delle Creature di San


Francesco, un inno alla potenza del Signore e
alla bellezza della Natura. Ma prima di
analizzare la composizione, capiamo meglio chi
era Francesco. Francesco nasce ad Assisi
nell'anno 1181 o 1182. Suo padre era Pietro Di
Bernardone, un ricco mercante del luogo.
Francesco trascorre una giovinezza facile,
circondato dal lusso, grazie ai soldi del padre.
Dopo essere andato in battaglia contro i
Perugini ed essere stato catturato come
prigioniero rimane in cella per un anno. La
prigionia gli fa attraversare una profonda
mutazione spirituale, egli si accorge che i beni
del padre non lo faranno felice. Così, tra il 1202
e il 1206, rinuncia a tutti i beni in suo possesso
e si dedica alla predicazione del Vangelo,
vivendo come Cristo in povertà assoluta.
Presto comincia a raccogliere molti seguaci
intorno a sé ed al 1210 circa risale la
fondazione del primo Ordine Francescano
basato sulla povertà e l'essenzialità di una vita
monastica condotta fra la gente, con i poveri,
per i poveri. L'Ordine riceve l'approvazione
della regola dal Pontefice Innocenzo III non
senza difficoltà: infatti all'epoca la chiesa di
Roma era in lotta con frange eretiche simili al
francescanesimo nella carica rivoluzionaria
contro una chiesa, a quel tempo, molto lontana
dalla verità del Vangelo. Francesco muore nel
1226 alla "Porziuncola", la piccola chiesa dove
l'Ordine ebbe la sua prima sede, e fu
proclamato santo nel 1228 da papa Gregorio
IX. Tornando al cantico: Francesco lo scrisse in
volgare umbro fra il 1224 e il 1226. In questo
testo sono evidenti il senso di fratellanza tra
l'Uomo e il Creato (la natura) nel quale il
Creatore (Dio) si riflette.

In questo brano la Sorella Morte è amica


dell'Uomo perché gli permette di risorgere in
Cristo.

«Laudato si' mi' signore per sora nostra


morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò
skappare.
Guai acquelli ke morrano ne le peccata
mortali,
beati quelli ke trovarà ne le tue
santissime voluntati,
ka la morte secunda nol farrà male.»

Naturalmente solo se si è puri di spirito questo


avverrà, altrimenti si andrà all'inferno. Oltre alla
morte ritroviamo molti elementi naturali che
Francesco riconosce Fratelli e Sorelle
discendenti tutti da Dio, dal Creatore. Di ogni
elemento magnifica le peculiarità più belle e
utili all'uomo, le quali sono le migliori ragioni
per lodare l'Altissimo che ha creato tutti gli
elementi.

«Laudato sie mi' signore cun tucte le tue

Potrebbero piacerti anche