E' sempre il Celano, nella Vita Se-conda, raccoglie in sette brevi capitoli, con il
titolo "La contemplazione del Creatore nelle creature", una serie di episodi che
aiutano a definire la spiri-tualità della creazione che anima Fran-cesco.
"Nelle cose belle riconosce la Bel-lezza Somma, e da tutto ciò che per lui è
buono sale un grido: "Chi ci ha creati è infinitamente buono". Ha ri-guardo per le
lucerne, lampade e can-dele, e non vuole spegnerne di sua mano lo splendore,
simbolo della luce eterna. Cammina con riverenza sulle pietre, per riguardo a
colui, che è det-to Pietra.
Quando i frati tagliano legna, proi-bisce loro di recidere del tutto l'albero, perché
possa gettare nuovi germogli. E ordina che l'ortolano lasci incolti i confini
attorno all'orto, affinché a suo tempo il verde delle erbe e lo splendo-re dei fiori
cantino quanto è bello il Pa-dre di tutto il creato.
Raccoglie perfino dalla strada i pic-coli vermi, perché non siano calpesta-ti, e alle
api vuole che si somministri del miele e ottimo vino, affinché non muo-iano di
inedia nel rigore dell'inverno".
Fa rimettere in libertà un leprottino, che qualcuno gli aveva messo tra le mani, o
rigetta nell'acqua dei pescioli-ni tremolanti. In altra occasione riscat-ta con ìl
prezzo del suo mantello due agnellini che il pastore sta portando al mattatoio, i
cui belati gli hanno trafitto l'anima, e li rìconsegna al pastore, con la promessa di
risparmiare la loro vita.
Quando il santo parla ai fratelli uc-celli o ai fratelli fiori invitandoli alla lo-de del
Sìgnore, sa benìssìmo che quel-le creature non lo possono compren-dere, ma
instaura con esse un rappor-to profondo di amore e di rispetto e parla al Creatore
attraverso esse. Ma davvero non lo possono comprendere?
Sempre il Celano dedica un capi-tolo della Vita Seconda (CXXV) alle ef-fusioni
di gratitudine delle creature al-le attenzioni di Francesco: "sorridono quando le
accarezza, danno segni di consenso quando le interroga, obbedi-scono quando
comanda" e cita una se-rie dì episodi.
Delle api si erano rifugiate in un va-setto abbandonato nella celletta che il santo
si era costruito per pregare: "vo-levano indicare la dolcezza della c-
ontemplazione".
Una volta gli fu regalato un fagia-no, chiese ai frati: "Proviamo ora se fra-te
fagiano vuole rimanere con noi o se preferisce ritornare ai luoghi abituali e più
adatti a lui". Un frate lo portò lon-tano in una vigna, ma il fagiano ritornò
rapidamente da Francesco. Fu portato ancora più lontano ma ritornò ugual-mente.
Allora il santo ordinò che fosse nutrito, "mentre lo abbracciava e lo vez-zeggiava
con dolci parole"
Ma la storia non finisce qui. Lo pre-se infatti un medico e lo portò a casa sua, per
venerazìone verso ìl santo. Ma il fagiano, nella nuova dimora non toc-cò
assolutamente cibo. Quando fu ri-portato da Francesco "abbandonò ogni tristezza
e cominciò a mangiare gioio-samente". Bella anche la storia del fuo-co.
Chiara gli aveva fatto costruire un capanno nell'orto di san Damiano; li dopo
cinquanta giorni senza poter ri-posare per lo straziante dolore agli oc-chi, passò
una notte particolarmente difficile, tormentato sia nel corpo che nello spirito.
Pareva che tutte le crea-ture di Dio si fossero messe d'accordo per martoriarlo.