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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRENTO

ELABORATO FINALE DEL CORSO DI SOCIOLOGIA DELLE MIGRAZIONI


PROFESSORESSA DECIMO FRANCESCA
A.A 2020-2021

Le seconde generazioni

(Tra assimilazionismo e resistenza alla cultura americana)

Chiara Picotti 215445

1
Indice generale

• Introduzione………………………………………………………………………. 3

• Melting Pot e Salad Bowl, due processi a confronto ……………………………...4

• Le Seconde Generazioni …………………………………………………………. 6

• 2.1 Prime e Seconde Generazioni a confronto………………………………....… 7

• Il Modello di Alejandro Portes: Assimilazione segmentata ………………………9

• Crescere in America: storie di vita di ragazzi e delle loro famiglie……………. .11

• Famiglia, scuola e apprendimento della lingua ……………………………….... 13

• Il Bilinguismo una scelta positiva per le seconde generazioni …………………16

• Conclusioni ……………………………………………………………………. .18

• Bibliografia……………………………………………… …………………….19

2
Introduzione

Nel 2013 la popolazione immigrata negli Stati Uniti D’America era costituita da: 41.347.945
di persone su una popolazione di 3116,497,5311.Le prime grandi migrazioni vero gli Stati
Uniti cominciarono a metà del diciannovesimo secolo, le popolazioni arrivavano
principalmente dalla Germania, dall’ Irlanda e dalla Russia.
Invece per quanto riguarda l’Italia i primi grandi flussi migratori verso gli Stati Uniti
d’America sono cominciati durante i primi anni del 900. Una volta arrivati in America, la
maggior parte delle persone che erano intenzionate a restare, decisero di formare dei
nuclei famigliari, questi individui sono denominati immigrati di “Prima Generazione.”
Le “Prime generazioni”, hanno dovuto superare il grande ostacolo della integrazione:
imparando la lingua inglese, trovando un lavoro e rispettando e imparando le tradizioni e i
costumi americani. Molto spesso il prezzo dell’integrazione fu pagato da queste persone,
con una completa “assimilazione” da parte della cultura americana.
A questo processo hanno partecipato la maggior parte delle istituzioni come la politica,la
scuola, le associazioni e una buona parte della società civile,hanno dato il loro contributo
sperando, di costruire per il futuro dei perfetti cittadini americani.
Tuttavia per le seconde generazioni in parte il processo di assimiliazione è avvenuto molto
più facilmente infatti, le stesse sono state completamente assimilate dalla cultura
americana; mentre i figli degli immigrati di prima generazione, parlavano perfettamente la
lingua inglese e avevano completato in quasi tutti i casi gli studi scolastici e si erano inseriti
velocemente nel mondo del lavorio e quindi vivendo nel totale “benessere”,.
Per le seconde generazioni invece la vita non è stata sempre caratterizzata dal totale
“benessere” e non è stata priva di ostacoli da superare; infatti per le seconde generazioni
ci sono state delle reali “barriere”da superare sia per le famiglie che per i i propri figli , i
quali hanno dovuto affrontare, le principali problematiche riguardanti : l’integrazione, la
scuola, la discriminazione e la polarizzazione del mercato del lavoro.
Sicuramente una nota negativa da mettere in risalto nel’’eleborato , è stata la paura che le
prime generazioni avevano nei confronti delle seconde generazioni e cioè che le stesse
potevano dimenticare, le proprie radici culturali, abbandonando: gli usi, i costumi e la lingua
della propria cultura. In questo elaborato ho cercato di analizzare nella prima parte i
concetti di melting pot e salad bowl , mentre nella seconda parte invece ho osservato più
da vicino il fenomeno delle seconde generazioni descrivendo le principali problematiche,
focalizzandomi sopra tutto sul rapporto che hanno i ragazzi appartenenti alla seconda
generazione con: la propria famiglia, la scuola, lingua, comunità etnica appartenente e le
proprie radici culturali.
Infine, ho spiegato più da vicino il tema del “bilinguismo” associato all’esempio americano.

1
Fonte: Wikipedia

3
1 Melting Pot e Salad Bowl

Nel 1908 uscì la prima edizione dell’opera teatrale “Melting Polt” (il Crogiuolo) del
drammaturgo inglese Israel Zangwill, il quale mise in scena il procedimento di assimilazione
della cultura americana descrivendola come un vero e proprio crogiuolo, strumento di
unione di più culture che, ritrovandosi a vivere in uno stesso luogo, perdono le loro
caratteristiche principali in modo da acquisire quelli della cultura dominante, quella
americana (Luconi, Petrelli, 2008).
Il fenomeno del Melting Pot è stato uno dei temi più discussi dalle scienze sociali negli ultimi
anni. Come affermava il filosofo Ralph Walda Emerson: “Il Melting Pot è quel processo che
trasforma un emigrato inglese, tedesco, italiano, irlandese o russo in un americano”, ma tale
cambiamento richiede un prezzo da pagare alle persone che decidono di vivere in America
(Thornton, 2012:2). Il processo di assimilazione richiedeva alle persone immigrate negli Stati
Uniti di imparare la lingua, la storia, i principi politici, gli usi e i costumi americani. Tali
richieste, come afferma lo studioso americano Thornton, entravano in collisione con la
vecchia cultura dei migranti. Per poter partecipare alla vita sociale, politica ed economica
nel paese di destinazione, bisognava assimilarsi alla cultura americana e mettere da parte le
proprie tradizioni e maniere. Qualsiasi altro tipo di pensiero o tradizione che andasse contro
i principi civili americani veniva represso, a volte anche in modo violento. (Thornton,2012).
Oggi, la maggior parte degli immigrati in America vive in grandi città come New York, Boston
o Chicago; qui, la comunità migrante si è organizzata in gruppi per rispettare e portare
avanti le proprie tradizioni attraverso feste religiose, associazioni o scuole di lingua.
Riguardo questo fenomeno, la Scuola di Chicago cominciò ad osservare come le più grandi
città degli Stati Uniti di America venissero e da diversi cambiamenti urbani dovuti ai processi
migratori in atto. Solo nel 1910 la popolazione di Chicago era composta per il 70% da
immigrati e dai loro figli. Così, l’esperienza della vita dei migranti in città divenne ben presto
oggetto di studio da parte dei più importanti esponenti della Scuola di Chicago come Park e
Burgess. I due sociologi diedero una prima importante definizione di assimilazione: "Un
processo di compenetrazione e fusione in cui persone e gruppi acquisiscono i ricordi, i
sentimenti e gli atteggiamenti di altre persone e gruppi che condividendo la loro esperienza
e storia, sono incorporati con loro in una vita culturale comune". (Park, Burgess, 1890). Con
ciò volevano sottolineare criticamente l’americanizzazione totale degli immigrati che veniva
spesso proposta aggressivamente da parte delle istituzioni americane (Alba, Nee,2003).
Il processo di assimilazione non avviene in modo lineare, ma sono le azioni dei diversi attori
che lo influenzano, a livello individuale, di gruppo o istituzionale che insieme modellano
l’adattamento dei migranti di prima generazione e poi successivamente dei loro discendenti
(Alba, Nee,2003). L’assimilazione è un processo molto complesso, essa è differente per i
diversi gruppi etnici. Per esempio, la popolazione ebraica non ha mai voluto assimilarsi del
tutto scegliendo al contrario di vivere in quartieri distinti dal resto della Città, dove la
comunità potesse liberamente professare la religione, organizzarsi socialmente ed
economicamente.
Tale fenomeno prende il nome di “autosegregazione”. La costruzione dei ghetti da parte
degli stessi ebrei è stata a lungo oggetto di studio da parte di L. Wirth. Il sociologo osservò
per primo che, chi decidesse di assimilarsi si allontanava dal ghetto “abbracciando” i valori
della società americana, mentre altri si confinano in quartieri lontani da quelli della cultura
dominante.

4
Inizialmente Il processo di assimilazione e integrazione è stato molto difficile anche per gli
italiani e per gli irlandesi, i quali essendo molto attaccati alle tradizioni religiose e costumi,
sono state vittime per molto tempo di un processo di “assimilazione forzata”, oltre che
soggetti a forti stereotipi. L’americanizzazione era l’obbiettivo principale delle più
importanti istituzioni d’America che desideravano il cosiddetto “Wasp”: un cittadino
americano che fosse “bianco, anglo-sassone e protestante”. Per rispettare tale concezione,
presidenti degli Stati Uniti come Roosevelt e suoi successori hanno messo in atto un vero
processo di “imbiancamento” della popolazione, che è stato completato con l’aiuto di tutta
la società civile americana (Luconi, Petrelli, 2008: 99). Ad esempio, sono stati creati nei
quartieri etnici le “settlement houses”, centri gestiti principalmente da donne americane di
origine borghese che si occupavano di educare le donne immigrate alla cura della famiglia e
della casa e i bambini a mangiare secondo una dieta prettamente americana promuovendo
in questo modo le nuove generazioni “di veri americani”. (Luconi, Petrelli, 2008: 100).
Un’altra importante istituzione è stata la scuola, che si occupa da sempre dell’assimilazione
delle future generazioni, imponendo dei rigidi programmi da seguire come: l’insegnamento
della lingua inglese, l’apprendimento della sola storia americana e dell’educazione civica.
Negli anni 60, si fece spazio un nuovo principio, ossia il concetto della “Salad Bowl”. Tale
definizione comporta che la cultura americana è una grande “insalatiera” dove i diversi
ingredienti rappresentano le varie culture con tradizioni, costumi e religioni diverse, le quali
vivono e convivono insieme con la cultura dominante americana. La nuova concezione
voleva essere una forma di multiculturalismo. Nel 1940 è uscito un saggio molto
interessante sull’ “educazione culturale”, che incitava le più importanti istituzioni, in
particolare la scuola, ad organizzare programmi scolastici adatti a rispettare le diversità
culturali (Thornton,2007), in seguito questi tipi di programmi furono estesi anche
all’adattamento del “bilinguismo”.
Quest’ultimo tema ancora oggi è oggetto di ricerca da parte delle scienze sociali che
focalizzano l’attenzione sulla vita, la cultura delle seconde generazioni in America.
Quest’ultime devono affrontare una sfida ancora più grande: decidere se diventare dei veri
americani, e quindi abbondonare le tradizioni dei propri avi e genitori, o preservare le
proprie caratteristiche culturali.
La scuola resta uno dei luoghi più importanti dove si può insegnare alle nuove generazioni
ad essere dei buoni cittadini americani che sappiano scegliere la strada della multiculturalità
e non della assimilazione (Amoskala 2020).

5
2 Le seconde generazioni

Statisticamente “ogni cinque americani di età inferiore ai 18 anni, uno è immigrato o figlio di
immigrati e questa proporzione continua a crescere” (Portes, Fernandez-Kelly, J. Haller).
La maggior parte delle persone che sono emigrate dall’ Europa verso L’America hanno
deciso di stanziarsi insieme a tutta la famiglia. I figli della prima generazione di immigrati
sono diventati veri e propri cittadini americani decidendo di stanziarsi negli Stati Uniti
stabilmente. La differenza tra le due generazioni è che quest’ultime si sono integrate al
meglio con la cultura dominante, “imparando velocemente l’inglese, abbandonando
gradualmente la lingua e la cultura dei loro genitori e si sono aperti anche al benessere
economico, attraverso la scuola e l’imprenditorialità” (Ambrosini, Molina,2004: pag 57).
Nel 1990 i sociologi Rubén Rumbaut e Alejandro Portes hanno lanciato per primi uno studio
sulle seconde generazioni che vivevano in America, in collaborazione con il CILS (Children of
immigrant Longitudinal Study). La scelta di focalizzarsi sulle seconde generazioni parte, in
primo luogo, dall’assunto che le istituzioni americane abbiano un effetto maggiore su di essi.
In secondo luogo, le seconde generazioni sono a tutti gli effetti cittadini americani con
diritto di “voce” nel sistema politico americano e nella società civile. Pertanto, i due studiosi
hanno ritenuto importante indagare gli effetti di questa integrazione.
Nel 1992 Ganz ha pubblicato un articolo nel quale ha sostenuto che le seconde generazioni
in America non avrebbero avuto una crescita facile. L’dea di assimilazione che si aveva per le
prime generazioni non andava più bene; si doveva fare spazio a un nuovo processo di
integrazione. Il sociologo era dell’idea che i figli degli immigrati avrebbero avuto difficoltà a
raggiungere un futuro “dignitoso “come il loro coetanei americani in mancanza di buona
istruzione e di un capitale sociale appropriato. Secondo Gans, il capitale sociale e l’istruzione
sono i fattori che influiscono di più sull’integrazione. Come poi spiegherà Aleandro Portes
con la teoria “dell’assimilazione segmentata “, in merito al tema dell’istruzione americana
non sempre è adeguata a rispondere alle esigenze multiculturali delle seconde generazioni
di immigrati. Ne consegue che questi non riescono a raggiungere un buon livello di
istruzione tale da consentirgli di avere una carriera professionale come i loro coetanei
americani, spingendoli ad accontentarsi di lavori umili e mal pagati. Un altro ostacolo che
dovranno fronteggiare le seconde generazioni è che alcuni vivranno “la loro etnicità non
come una scelta né come una possibilità di progresso, ma come uno stigma di
subordinazione” (Ambrosini, Molina, 2004: pag 57). Queste fasce di giovani saranno quelle
che rischieranno di più di essere emarginate e portate a subire la disuguaglianza che
caratterizza le grandi città degli Stati Uniti d’America.

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2.1 Prime e seconde generazioni a confronto

Le nuove generazioni sono molto diverse dalle prime sotto molti punti di vista. La prima
grande differenza è sull’apprendimento della lingua americana; le seconde generazioni
parlano inglese meglio delle loro famiglie. Per questo motivo i genitori temono che possano
dimenticare la loro lingua di origine e abbandonare le proprie tradizioni, assimilandosi del
tutto alla cultura americana. Una soluzione che può essere trovata sul fenomeno
dell’abbandono della lingua di origine è il bilinguismo, in modo tale che questi ragazzi
sappiano comunicare con i propri familiari e integrarsi al meglio allo stesso tempo con la
cultura americana ma non dimenticandosi delle proprie radici. Altre differenze riguardano
l’istruzione, status economico e occupazione lavorativo. Secondo gli studiosi Reynolds
Farley, Richard Alba, autori dell’articolo “The New Second Generation in the United States”,
le seconde generazioni hanno avuto un margine di miglioramento in questi tre ambiti. Al
contrario dei propri genitori e dei propri nonni, essi hanno avuto accesso ad un’istruzione
migliore ed una possibilità più ampia di avere una vita caratterizzata dal benessere
economico (Farley, Alba, 2002). Tutta via, Il progresso è stato differente per alcuni gruppi
etnici, come nel caso delle seconde generazioni di origine portoricana e messicana, che non
sempre hanno avuto le stesse possibilità dei loro coetanei di origine asiatica, europea e
sudamericana. Per quanto riguarda l’istruzione e l’entrata nel mercato del lavoro, essi sono
ancora vittime di diverse discriminazioni da parte delle istituzioni americane (Farley, Alba).

Figura 1

NET EFFECTS OF GENERATION AND ORIGIN UPON OCCUPATIONAL STATUS AND WEEKLY EARNINGS FOR

THE SECOND-, THIRD- AND HIGHER-GENERATION MEN AND WOMEN AGED 25 To 39

Occupational Status Weekly Earnings Score (Points) (Dollars per Week)


Men Women Men Women

Second Generation Persons by Origin Asian +1.8 +2.1 -$28 +$17

Europe and Canada +0.9 +0.7 +67* +13 South American +4.6 +1.2 -112 -19

Afro Caribbean -9.4* -1.8 +47 -85

Spanish Caribbean -0.5 -0.8 -80 -25 Central American -2.8 +1.6 +9 -34 Puerto Rican -2.4 -0.4 -16 +43 Mexican -0.8 +0.9 -67 -25

Third and Higher Generations by R African American -2.7* -1.7* -$128* -$9

Asian -0.4 +0.5 +46 +49 American Indian -3.2* -3.0 -111 -26 Mexican -0.8 -0.6 -121* +27 Puerto Rican -0.8 -0.5 -137 -15 Other Hispanic -0.9 0 -140 +62

Sample Size 11,607 10,529 12,039 11,520 Adjusted R2 0.36 0.31 0.15 0.08

Means for Third- and Higher-Generation Non-H 39.7 pts. 42.9 pts. $842 $566

Fonte: Reynolds Farley, Richard Alba: “The new Second Generation in the United States”.

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Il Grafico nella pagina precedente rappresenta i ragazzi tra i 25 e 38 anni prendendo in
esame le differenze di età in base al livello di istruzione e differenze sullo status civile.
Come si può vedere anche in questo caso le differenze etniche possono essere influenti sullo
status delle persone in termine di istruzione e status economico, la popolazione più
penalizzate sono quelle di origine: messicana e portoricana.

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3 Il Modello di Assimilazione segmentata di Alejandro Portes

L’assimilazione segmentata è quel processo che si focalizza sui diversi traguardi raggiunti
dalle seconde generazioni, in cui si tiene conto della variabile di appartenenza ad un diverso
gruppo etnico e in cui si osservano quanto influiscono i network e il capitale sociale nella
vita quotidiana dei giovani cresciuti in America provenienti da famiglie di immigrati di prima
generazione (Portes, Rambout, 2001). Portes considerava errato parlare di assimilazione
delle Seconde generazioni, in quanto egli e altri studiosi come Rambout,Ganz considerano
questa porzione di popolazione, come dei cittadini americani. Secondo Portes, le seconde
generazioni sono già state assimilate dalla cultura dominante, quindi resta solo capire a
quale segmento della società hanno deciso di assimilarsi. La teoria mette in risalto tre sfide
che hanno dovuto affrontare i figli degli immigrati, per avere successo in campo scolastico e
nel mercato del lavoro. Le grandi problematiche sono costituite da 1 razza, 2 mercato del
lavoro e 3 le contro culture (Portes e Zhou 1993; Portes e Rumbaut 1996).

1 La razza

Una delle principali caratteristiche che i figli ereditano dai genitori è l’appartenenza razziale.
In America oggi la maggior parte della popolazione appartenente alla seconda generazione
non è bianca (nonwhite); questo dato fa riferimento ai ragazzi di origine afroamericana,
proventi dalla America Latina o da paesi asiatici principalmente cinesi, giapponesi e
vietnamiti. In una ricerca dei primi anni 2000 il CILS ha rivelato che soltanto una piccola
parte di adolescenti con età di 17 anni si considerava di razza “bianca”.
Per gli studiosi Lopez, Siamovi, Salazar, Fernandez-Kelly e Curran era difficile per le seconde
generazioni di immigrati asiatici, afroamericani mulatti o meticci “ridurre la loro etnicità
volontariamente”. questo significa che questi ragazzi non hanno la possibilità di non sentirsi
differenti rispetto ai loro coetanei sentendosi quindi notevolmente discriminati all’ interno
del mondo del lavoro, nel riconoscimento sociale e nei risultati scolastici (Lopez e Siamovi
2001; Fernandez-Kelly e Curran 2001).

2 Mercato del lavoro

Un altro ostacolo che le seconde generazioni che devono affrontare è quello dell’entrata nel
mercato del lavoro, al contrario dei propri genitori e nonni che hanno vissuto a pieno lo
sviluppo industriale dell’America potendo così facilmente accedere al mercato del lavoro.
Le nuove generazioni trovano difficoltà nel trovare lavoro in quanto l’economia americana
dopo gli anni 60 è stato soggetta a dei repentini cambiamenti; in particolare la sua economia
cominciò a fondarsi sulla “conoscenza”, portando alla nascita di nuove professioni. Quindi Le
seconde generazioni si sono ritrovate all’interno di un mercato polarizzato, in cui sono
costretti ad accettare un lavoro non desiderato. Questo li spinge a sentirsi doppiamente
discriminati. Sulla base di questa variabile Portes e Zhouse pensano che “i figli degli
immigrati debbano superare nel giro di una sola generazione quel gap nella formazione

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scolastica che i loro discendenti hanno superato nel corso di più generazioni” (Portes e Zhou
1993).

3 Controculture

La terza sfida da affrontare riguarda il contesto sociale nel quale si relazionano


quotidianamente questi ragazzi: la scuola e il quartiere in cui abitano. Questi due tipi di
contesto possono spingere in alcuni casi all'abbandono scolastico o alla partecipazione di
bandi giovanili criminali. Questa alternativa è stata definita da Portes e Zhou “assimilazione
verso il basso”, in quanto vengono appresi nuovi riferimenti culturali che non sono in linea
con la cultura dominante. La difficoltà nel riscattarsi nei quartieri difficili di alcuni “Inner
city” rappresenta uno degli ostacoli maggiori per le seconde generazioni (Ambrosini e
Molina; 2004).

3.1 Come affrontare la sfida

Capitale umano e capitale sociale

Le risorse più importanti, per combattere le difficoltà a cui vanno incontro le seconde
generazioni sono di due tipi: 1 Con l’accesso ai beni di tipo economico e al mercato del
lavoro. 2 il controllo dei genitori. In particolare, per quanto riguarda il controllo dei genitori
esso è di tipo normativo, soprattutto se i genitori di ragazzi di origine immigrata hanno
avuto una buona istruzione sapranno consigliare al meglio i propri figli aiutandoli a prendere
le scelte migliori in campo scolastico e lavorativo, senza incorrere nella “trappola” della
discriminazione. Anche il capitale sociale è fondamentale per stringere legami forti con la
propria comunità etnica in termini sociali e imprenditoriali, dato che per avere un buon
capitale sociale si devono avere dei buoni “network” che servono a fronteggiare: la
discriminazione, la povertà e l’abbandono delle proprie radici culturali (Ambrosini e Molina;
2004).

La comunità Immigrata

La comunità immigrata svolge un ruolo importantissimo per la crescita dei ragazzi che
appartengono alle seconde generazioni. Essa rappresenta un enorme legame con la cultura
di appartenenza: permette di portare avanti le proprie tradizioni e i propri costumi facendo
ricordare alle nuove generazioni le proprie radici. Secondo Portez, la comunità immigrata
dovrebbe sperimentare il bilinguismo e imparare non solo la lingua americana ma quella di
origine, affinché i ragazzi possano sentirsi integrati nel sistema scolastico americano senza
perdere un legame con la propria cultura e i propri genitori (Ambrosini e Molina; 2004).
Un’ altra soluzione per sentirsi più vicino alla comunità immigrata sarebbe quella di
preservare la propria lingua di origine.

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4 Crescere in America: Storie di vita di ragazzi e delle proprie famiglie

Nel 2004 Alejandro Portes e G Rumbaut pubblicarono: il saggio Legacies the Story Of The
immigrant Second Generation. Il saggio è stato scritto a seguito di una ricerca dei due autori
è ha come oggetto lo studio della vita delle seconde generazioni e delle loro famiglie negli
Stati Uniti di America. Il saggio si apre con 12 storie di vita di ragazzi e delle loro famiglie, il
racconto si protrae sulle difficoltà che hanno dovuto affrontare vivendo da immigrati negli
Stati Uniti.

Esempi di storie di vita:

1 In una di queste storieviene messa a confronto la vita di Marìa e di sua figlia Yvette. La vita
di Marià è stata molto differente da quella di sua figlia soprattutto dopo il suo trasferimento
da Los Angeles a Chicago, dove ha avuto molto difficoltà ad integrarsi con la cultura
americana. Dopo la nascita di sua figlia Yvett, la donna e suo marito Fermìn hanno
cominciato a fare una vita fatta di sacrifici che furono ripagati con la vita serena e di
benessere che avrebbe la loro figlia. L’integrazione per Yvett, l’integrazione è stata molto
buona dal punto di vista linguistico e di riscatto economico. Nonostante questo, tutta la sua
famiglia sostiene che più di integrazione per la loro figlia si è parlato di “assimilazione”.
Come è stato puntualizzato dalla madre, Yvett voleva vivere come i suoi coetanei americani
sentendosi così parte della società ma pur staccandosi in parte dalle proprie radici.

2 Quy è una ragazza vietnamita Intervistata dac Portes e Rambaut nel 1987. La sua storia e
quella dei suoi fratelli sono caratterizzate da un riscatto scolastico, cominciato dalle scuole
medie e protrattosi fino all’università. La famiglia si è subito integrata in America. I suoi
genitori hanno trovato un buon lavoro e hanno voluto che i figli frequentassero le migliori
scuole per poter poi proseguire nei migliori college.
Concludendo, possiamo costatare che il futuro di Quy e dei suoi fratelli è stato caratterizzato
dal benessere e da una buona integrazione. Gli alti livelli scolastici delle seconde generazioni
di origine asiatica sono stati dimostrati con uno studio di Portez e di Ligzan Hao “The
schooling of children of immigrant” a seguito a delle interviste e dell’osservazione di dati
statistici.

Conclusioni

Alejandro Portes e Rubén G. Rumbaut hanno voluto aprire il loro saggio: Legacies: The Story
of the Immigrant Second Generation, con un primo capitolo nel quale espongono e mettono
in risalto i racconti delle seconde generazioni e dei loro genitori in America. I
I due sociologi hanno visto in modo ottimistico le storie di vita che sono state raccontate dai
vari protagonisti perché nella maggior parte di esse, le seconde generazioni si sono potuto
riscattare rispetto alle prime attraverso l’integrazione, l’istruzione e l’aumento del
benessere economico. L’unico aspetto negativo, che è stato messo in risalto dai racconti dei

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genitori, è che i loro figli molto spesso hanno dovuto accettare una “assimilazione” alla
cultura americana, per migliorare la loro condizione di vita e della loro famiglia,
dimenticandosi a volte delle proprie “radici” culturali. (Portes, Rumbaut: 2001).

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5 Famiglie, scuola e apprendimento della lingua

Famiglia

Durante la ricerca sulle Seconde generazioni Portes e Rumbaut hanno deciso di intervistare,
un vasto campione di genitori non tanto per analizzare le loro storie, ma come affermano i
due sociologici: “Per capire come le loro esperienze e i loro atteggiamenti inquadrano
l’ambiente dei loro figli” (Portes, Rumbaut, 2001).
I risultati di queste interviste sono stati positivi soprattutto per quanto riguarda l’istruzione
dei propri figli, infatti circa l’80% dei genitori si ritengono soddisfatti dei risultati scolastici
dei propri figli quindi del sistema scolastico americano.
Per quanto riguarda la scuola, nonostante i genitori siano soddisfatti dei risultati scolastici
peri propri figli, sono meno soddisfatti invece di come viene impartita l’educazione da parte
degli insegnanti americani verso i ragazzi e cioè lasciano ai ragazzi molto permissivismo che
si tramuta spesso nella “non disciplina”.
Altra lamentela che gli stessi genitori hanno avuto nei riguardi della scuola americana è il
formare i ragazzi in modo “meccanicistico” rendendoli come dei “robot”.
In conclusione, possiamo dire che le famiglie sono molto preoccupate della
“americanizzazione” dei loro figli, per questo in alcuni casi i genitori decidono di far crescere
i loro ragazzi lontano dai quartieri più borghesi e soprattutto avvicinandoli in tutti i modi alla
loro comunità etnica di appartenenza per perseguire le proprie tradizioni culturali.
La comunità immigrata come già detto nel capitolo 3 rappresenta una base solida per il
rafforzamento dei “legami” che servono a migliorare il Capitale sociale.

La scuola

Nel 2004 Portes insieme alla dottoressa Ling Hao esperta di statistica, pubblicarono uno
studio sull’andamento scolastico delle seconde generazioni. Durante gli anni 90 il CILS è
stato il primo organo a fare uno studio longitudinale completo sulle seconde generazioni, tra
cui il rendimento scolastico.

Tali dati sono stati ripresi da Portes e la Hao per completare la loro ricerca.

Il Background teorico di questo articolo si basa soprattutto su questi due rapporti:

1. Rapporto Coleman (1966), uno studio che è stato fatto in America nella metà degli anni
60, che ha evidenziato come a disuguaglianza di istruzione dipendeva più dai fattori etnici,
sociali, economici e istituzionali, e non tanto dalla qualità della scuola” (Marra. G., 2021).

2 Altra importante variabile che è stata osservata dai due sociologi il SES, cioè l’influenza
della segregazione delle scuole in base allo status socioeconomico che si riflette in modo
negativo sul clima scolastico e verso gli alunni e lo status economico delle famiglie.
Gli ultimi dati troverebbero anche forte collegamento della “SES” sulla segregazione etnica

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delle scuole, che secondo Portes e la Hao è ancora molto forte nei riguardi dei bambini,
ragazzi afroamericani e messicani, che spesso decidono di non completare i propri studi
percependo di essere discriminati dai loro coetanei e dagli insegnanti.

Questa ricerca condotta da Portes e la Hao, si è focalizzata sui risultati accademici delle
seconde generazioni e le influenze che possono avere la composizione etnica nelle scuole.
I principali risultati ottenuti hanno riguardato, l’influenza e la permanenza delle seconde
generazioni negli Stati Uniti sui risultati scolastici, che invece risultano essere invariati.

Il dato più importante della ricerca ha messo in risalto come ci fosse una notevole differenza
nei risultati scolastici sulla base della appartenenza di un differente gruppo etnico.

In conclusione, i risultati ottenuti dalla ricerca hanno confermato l’esito sull’apprendimento


scolastico per i ragazzi messicani in modo influenzabile e questo si è visto che dipende da
ancora un alto tasso di discriminazione da parte delle istituzioni sui ragazzi messicani che si
riflette su di loro e sulle rispettive famiglie. Per questo motivo i ragazzi messicani
abbandonano la scuola prima della fine delle superiori accettando anche in futuro lavori
umili e mal pagati. Per quanto riguarda invece le seconde generazioni di origine asiatica
l’istruzione porta invece ad avere ottimi risultati nella scuola, sopra tutto nelle materie
scientifiche. Infine, si è potuto analizzare nello studio, come il livello di istruzione dei
genitori influenza in maniera positiva le seconde generazioni, a frequentare tutti i cicli
scolastici e quindi a consigliare i propri figli in termini di studio e di occupazione.

Figura 2: fonte Alejandro Portes, Lingking Hao 2004: The Schooling of children of
immigrants: Contextual effects on the educational attainment of the second generation

(La figura 2 rappresenta la connessione tra il SES è l’abbandono scolastico da parte dei
ragazzi messicani).

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3 Identità etnica e culturale delle Seconde generazioni

L’identità etnica e culturale delle seconde generazioni è uno dei temi più controversi in
quanto, spesso questi ragazzi non si sentono né americani né si sentono appartenere alla
propria cultura che è quella dei propri genitori. Un importante ruolo lo ricopre la “lingua” in
quanto può influenzare l’identità etnica culturale, infatti, se dimentica quella di origine, può
portare ad una velocizzazione del processo di “americanizzazione” (Portes, Rumbaut, 2004).
Per far si che non avvenga questo molte scuole in America stanno cominciando ad
organizzare dei programmi ad hoc scolastici, che favoriscano l’integrazione attraverso il
bilinguismo.
Diventare americani oggi per le seconde generazioni, significa allontanarsi in vari modi dalla
cultura di origine: non frequentando la propria comunità etnica, disprezzando i propri
genitori, le proprie tradizioni e costumi e in qualche caso questi ragazzi hanno anche
rifiutato “le proprie categorie pan-etniche come ispanici e asiatiche” (Portes,
Rumbaut,2004: pag. 150). La discriminazione può portare anche alla non accettazione della
propria identità etnica, in quanto le seconde generazioni hanno sempre percepito una
notevole differenza rispetto ai propri coetanei americani che frequentano con loro ambienti
come la scuola e l’università.

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6 Il Bilinguismo una scelta positiva per le seconde generazioni

Per il sistema educativo americano oggi è fondamentale avere dei programmi scolastici che
rispettino le “minoranze linguistiche”, infatti ai vari stati da anni è stato richiesto di pensare
di adottare nelle scuole programmi che favoriscano il bilinguismo facendo sentire in questo
modo più integrati i ragazzi che appartengono ad altre nazionalità. Lo stato di New York
attualmente è l’unico ad avere promosso il bilinguismo attraverso il modello CUNY-NYSIEB.
Prima di parlare di questo modello, è bene definire il concetto di bilinguismo:

“il bilinguismo consiste nell’abilità di usa- re più di una lingua. Secondo alcuni neurolinguisti,
tra i quali Paradis (1994), si considerano bilingui coloro che conoscono, comprendono e
parlano due lingue, oppure due dialetti, oppure una lingua e un dialetto” (Baker,2001).

Il Progetto: CUNY-NYSiEB

Nel 2011 fu promosso per la prima volta il progetto CUNY-NYSIEB, dall'Istituto di Ricerca per
lo Studio del Linguaggio nella Società Urbana (RISLUS) e dal Programma di Dottorato in
Educazione Urbana finanziato dal Dipartimento dell'Educazione dello Stato di New York,
lo scopo di questo progetto è quello di rispondere alle esigenze multiculturali che
definiscono il ventunesimo secolo, aiutando i bambini e i ragazzi appartenenti alle seconde
generazioni a sentirsi meno isolati e discriminati in ambienti importanti come le scuole.
Il progetto deve quindi preparare al meglio i ragazzi a diventare degli studenti “multi-
lingue”, così che possano liberamente parlare e apprendere più di una lingua pur non
dimenticandosi la propria, fino ad aggiungerne altre con l’idea che il nostro mondo sia
sempre più globalizzato.

Teorie Cognitive e sociali

Il bilinguismo è visto positivamente dal punto di vista cognitivo e sociale dalla maggior parte
degli psicologi e sociologi. Per l’apprendimento delle lingue è fondamentale l’influenza dei
contesti sociali come: la casa, la scuola e la comunità dove vivono, se in questi contesti viene
promosso il bilinguismo sin possono ottenere molti miglioramenti dal punto di vista
cognitivo e sociale (Firpo, San felici). Ciò, che interessa a studiosi come Portes e Rumbaut è
che il “bilinguismo” possa rappresentare la soluzione principale al non scordarsi delle
proprie origini di appartenenza.

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Bilinguismo: Ieri e oggi

In passato le varie “lingue” di origini degli immigrati, non potevano essere preservate in
quanto veniva vista con accezione negativa da parte delle istituzioni americane che hanno
per molto tempo pensato, che questo potesse nuocere alla collettività e sopra tutto, che
non potesse portare al compimento del processo di assimilazione. Pertanto, fino agli anni'
60, la maggior parte delle famiglie immigrate in America provenienti dalla Europa hanno
assistito al cambiamento involontario del loro cognome che veniva reso più “americanizzato
“in modo tale da cancellare qualsiasi traccia della propria cultura di appartenenza.
Un altro esempio è l’insegnamento della sola lingua inglese nelle scuole, infatti questo
fenomeno è durato per moltissimo tempo ma oggi sono rimaste poche scuole negli Stati
Uniti che adottano programmi “mono linguistici”. Il bilinguismo deve essere impartito ai
bambini nei primi anni di vita, in quanto in questo modo possano comunicare con il resto
della comunità e i propri coetanei, successivamente deve essere ripreso in modo assertivo
anche dai programmi scolastici in modo tale che dopo la scuola le lingue non vengano
dimenticate dai ragazzi.
Nei primi anni 90, Riley segretario dell’educazione cominciò, a pensare ad una visione più
alternativa sul tema del bilinguismo pensando che: “in una società in cui la competenza
universale dell'inglese sia accompagnata dalla conoscenza fluente di varie lingue straniere
da parte di gruppi considerevoli di cittadini, la multiculturalità possa essere rispettata”
(Portes, Rumbaut,2001).
Nel libro The Story of the immigrant second generation i due autori hanno ritenuto
importante riportare il contribuito di Riley, perché le istituzioni americane capissero che il
multilinguismo porta importanti vantaggi a livello personale e collettivo, in quanto anche i
bambini di origine americana possono beneficiare del bilinguismo estendendo la loro
capacità linguistica. Nonostante ci sarebbero più vantaggi ad utilizzare il bilinguismo, in
America esistono ancora oggi associazioni come U.S English e altre associazioni di stampo
nativista che continuano ad ostacolare questa scelta. Le conseguenze psicosociali nella
scelta di quest’ultima linea sono molto influenti verso le seconde generazioni che non
sempre hanno avuto scelta nel poter parlare liberamente la propria lingua di origine e quella
americana.

Il Ruolo della Scuola

Il bilinguismo è fondamentale per le seconde generazioni, in quanto grazie ad esso, possono


sentirsi ancora vicine alla propria comunità di appartenenza e integrati allo stesso tempo
con la cultura dominante. In America un ruolo fondamentale viene svolto dalle scuole in cui
le lingue delle comunità immigrate non sempre sono sufficientemente rappresentate: ad
esempio il linguaggio accademico non è uguale a quello che viene utilizzato nelle case dai
ragazzi e dalle proprie famiglie oppure molti test scolastici e anche del Quoziente collettivo
potrebbero risultare ambigui se vengono utilizzate due tipi di lingue è quindi penalizzare lo
studente “bilingui sta”. Infine, vale la pena ricordare, che in America attualmente esiste uno
Stato che è da diversi anni è bilingui sta, la Florida in cui la maggior parte della popolazione
sa parlare due tipi di lingua quella americana e quella spagnola, adeguandosi in questo
modo alle esigenze di tutti i cittadini.

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Conclusioni

In conclusione, possiamo affermare che la qualità di vita delle seconde generazioni di


immigrati è migliorata sotto vari punti di vista: in termine di istruzione, economici e per
alcune etnie anche il fattore discriminatorio. Nonostante le seconde generazioni hanno
migliorato la loro prospettiva di vita, hanno dovuto affrontare diversi ostacoli insieme alle
loro famiglie come: l’abbandono delle proprie “radici” culturali, la polarizzazione del
mercato del lavoro e la “discriminazione” per alcune comunità di immigrati come gli Ispanici
e gli Afroamericani. In un tema così controverso è difficile parlare di “assimilazione” in
quanto con le seconde generazioni essa è stata completata poiché questa parte di
popolazione sono ampiamente considerati cittadini americani con i rispettivi diritti.
Tale” americanizzazione” è stata la conseguenza dell’allontanamento dalla propria “cultura”.
Nell’ultimo capitolo ho preso in esame il tema del “Bilinguismo”, esso è fondamentale nelle
scuole americane di oggi in quanto essa può essere l’unica risposta alla società
“multiculturale “americana. Quest’ultimo va favorito da tutte le istituzioni, in particolare la
scuola che deve saper rispettare le esigenze di tutti i suoi studenti, tra cui i ragazzi che non
sono di origine americana. Negli ultimi anni sono state portate alla realizzazione di
importanti realtà che promuovono il Bilinguismo, come il progetto CUNY-SIEB che ho citato
nell’ultimo capitolo e altre realtà urbane come la città di New York e lo Stato della Florida,
esse sono riconosciute per essere un vero “crogiolo” di etnie diverse.

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Bibliografia

Alejandro Portes, Rubén G. Rumbaut, “Legacies: The Story of the Immigrant Second
Generation”, 2001”. University Of California Press.

Alejandro Portes, Lingking Hao 2004: The Schooling of children of immigrants: Contextual
effects on the educational attainment of the second generation”. Departement of Sociology,
Princeton University.

Bruce Torton, “Melting Pot and Salad Bowl”, 2012. Hoover institution

Elena Firpo, Laura Sanfelici:” La visione etero glossica del bilinguismo: spagnolo lingua
d’origine e italstudio: Modelli e prospettivi tra gli Stati Uniti e l’Italia.”
LCM (Lingue Culture e Mediazioni)

Giulia Marra 2018: “James Coleman: Le radici del altruismo”. Sociologicamente.it

Maurizio Ambrosini, Stefano Molina, “Seconde Generazioni: Un’introduzione al futuro


dell’immigrazione in Italia”, 2004”.

Richard Alba, Victor Nee: “Remaking the American Mainstream (assimilation and
Contemporary immigration)”. Harward University Press, 2003

Reynalds Farley, Richard Alba:” The new Second Generation in the United States”. Harward
University Press, 2002

Stefano Lucani, Matteo Petrelli: “L’immigrazione negli Stati Uniti”. Il Mulino, 2008 (Capitolo
3)

Sito grafia

CUNY-SIEB: https://www.cuny-nysieb.org

CUNY-NYSIEB

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