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Riassunto Clinica Aggiornato Al DSM 5
Riassunto Clinica Aggiornato Al DSM 5
“PSICOLOGIA CLINICA”
EZIO SANAVIO
E
CESARE CORNOLDI
Terza edizione
Aggiornata al DSM-5
Libro blu
conoscenza necessaria per offrire un aiuto in futuro. I clinici sono diversi dai colleghi
psicologi perché hanno un modo diverso di pensare, il cosiddetto atteggiamento
clinico.
QUINDI: La psicologia clinica è empirica
Mentre quella di base è teorica
3. DEFINIZIONI
4. TAPPE DI UN PERCORSO
1875 – Wund fonda a Lipsia il primo laboratorio di psicologia, segnando la sua
nascita.
1880 – Charcot, direttore della Salpetriere di Parigi, ottiene il riconoscimento ufficiale
dell’IPNOSI come legittimo trattamento medico in psichiatria.
1881 – Freud si laurea in Medicina all’università di Vienna.
1883 – Kraepelin pubblica il suo manuale grazie al quale sarà considerato “il padre
della psichiatria”.
1889 – Binet si occupa di misurare lo sviluppo intellettivo.
1890 – Cattell conia l’espressione mental test e promuove la creazione di test
mentali.
1892 – viene fondata l’American Psycological Association.
1897 – Sante de Sanctis, medico dell’università di Roma fonda la “Rivista quindicinal
di psicologia, psichiatria e psiconevrosi.
1904 – E’ approvata in Italia la legge 36 del 1904
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1. Pratica dei reattivi mentali per la valutazione dei bambini con deficit
intellettivi,
Nonostante le matrici culturali siano europee( Binet, Janet, Freud, Jung),la psicologia
clinica ha avuto il suo maggiore sviluppo negli Stati Uniti per via dell'antisemitismo
nazista e perché la società era caratterizzata da un forte dinamismo economico e
sociale.
I momenti di maggiore espansione per tale disciplina furono:
- Durante i 2 conflitti mondiali, quando collaborò, con test attitudinale e mentali,
alla selezione dei militari e al reinserimento dei reduci di guerra.
- Nel primo dopoguerra,soprattutto negli Stati Uniti,troviamo un'equipè per i servizi
socio sanitari per l'infanzia.
-Nel secondo dopoguerra,troviamo equipè per i servizi negli ospedali
psichiatrici,anche in Italia.
Date rilevanti:
1875: nascita della psicologia - Wund fonda a Lipsia il primo laboratorio di
psicologia;
1896: nascita della psicologia clinica - Witmer istituisce la prima clinica
psicologica per studiare deficit ed incapacità mentali.
1952: l’APA mette a punto il DSM-I Diagnostic and Statistical Manual - classificazione
internazionale delle malattie mentali.
1978: in Italia la legge n. 180 “Legge Basaglia” vieta i ricoveri in ospedali psichiatrici
e dispone la chiusura di quelli esistenti.
1989: viene riconosciuta la professione di psicologo attraverso una legge.
Capitolo 2 – PSICODIAGNOSTICA
- nella pratica clinica l’esame Psicodiagnostico è a volte il primo passo di un
percorso di sostegno e altre volte è un momento specialistico che richiede
competenze psicodiagnostiche.
1. ESAME PSICODIAGNOSTICO
Negli anni 50, lo psicologo Murray, espresse una formula per identificare ogni uomo,
che è sotto certi aspetti:
1. Come tutti gli altri uomini;
2. Come alcuni altri uomini;
3. Come nessun altro uomo.
L’ottica dello psicologo clinico è l’ottica del particolare, dove le classificazioni
personologiche, psicopatologiche e nosografiche non sono mai un punto di arrivo.
Ma in effetti le diagnosi di disturbo mentale sono punti di riferimento utili.
L'esame psicodiagnostico è un percorso di sostegno psicologico e di counseling, è
anche un momento altamente specialistico e richiede competenze e tecniche
psicodiagnostiche.
L'esame psicodiagnostico può essere descritto come:
• Processo di raccolta, analisi ed elaborazione di informazioni.
• Processo attivo simile al problem solving e decision making: un processo di
raccolta e di elaborazione di informazioni relative al soggetto in questione.
• Struttura formale - costituita da una successione sistematica e organizzata di
approfondimenti e analisi del singolo caso e delle sue peculiarità.
Lo psicologo durante tutta la durata dell’ assessment iniziale opera intelligentemente
per raccogliere informazioni, generando ipotesi che riguardano il caso in esame
attraverso l’uso delle sue conoscenze relative a leggi e principi delle scienze
psicologiche.
parte finale del percorso ma una componente importante da includere in una più
ampia diagnosi.
1. COLLOQUIO CLINICO
E’ l’asse portante dell’esame psicodiagnostico che ha come finalità l’esame del
problema che porta il paziente a rivolgersi ad uno psicologo clinico,va al di là del
semplice ascolto empatico,è un processo di ricerca attiva e intelligente delle
coordinate che danno un senso psicologico a quanto il paziente propone.
Caratteristiche - Il colloquio clinico utilizza:
IL MODELLO MULTIDIMENSIONALE
La psicologia ha utilizzato questi tre canali sia nella pratica psicodiagnostica sia nella
ricerca clinica. Ma le misure relative all’uno o all’altro canale non sono
intercambiabili tra loro, esse vanno considerate come valutazioni di dimensioni tra
loro connesse ma relativamente indipendenti.
Obiettivo -Una “valutazione multidimensionale” cerca di integrare informazioni e
misurazioni provenienti da diversi piani( delle emozioni, delle relazioni, della
memoria, ecc).
L’esame psicodiagnostico utilizza una pluralità di tecniche, tra queste iniziamo da
quelle psicofisiologiche.
2. ASSESSMENT PSICOFISIOLOGICO
Esso è deputato alla valutazione delle specifiche modalità di risposte psicofisiologiche
della persona in esame. Tali valutazioni si riferiscono a una condizione di
riposo(valutazioni basali). Ma ci interessa, in questo caso valutare uno stato di
attivazione del soggetto, caratterizzato da modificazioni stabili e durature nel tempo.
Lo psicologo registra in forma continua,per un certo periodo di tempo(da 20 a 45
min.)una serie di indici psicofisiologici,i più comuni sono ad esempio: frequenza
cardiaca,respiratoria,pressione.
L’ assessment psicofisiologico indaga l’attività elettrica celebrale e si avvale delle
moderne tecniche di neuroimaging.
Una parte significativa dell’assessment psicofisiologico deriva dal LIE
DIRECTOR(rilevatore di bugie)cioè la macchina della verità che è capace di
evidenziare alterazioni fisiologiche associate alla produzione di risposte non veritiere
Una volta analizzata la linea di base, ci interessa valutare una reazione di attivazione
(fasica);lo psicologo intende confrontare il livello di attivazione a riposo con il livello
di attivazione in presenza di condizioni-stimolo, che inducono stress, forti emozioni,si
parlerà allora di profilo psicofisiologico importante nella valutazione del
rilassamento, che è obiettivo di molti training svolti dai clinici.
FASI
1. Analisi della linea di base (condizione di riposo)
2. Valutazione della reazione di attivazione (fasica);
3. Confronto del livello di attivazione a riposo con quello in presenza di condizioni-
stimolo specifiche.
4. Redazione del profilo psicofisiologico.
3. OSSERVAZIONE
L’esame Psicodiagnostico può
acquisire campioni diretti del
comportamento in esame. Ciò è
possibile attravesro
l’osservazione che AIUTA NELLA
RACCOLTA DI CAMPIONI DI
COMPORTAMENTO. Essa può
essere:
- Osservazione naturalistica
- ha luogo nell’ambiente
naturale dove si può verificare
spontaneamente il
comportamento preso in
esame(ESEMPIO disturbi alimentari). Utile sarebbe seguire il paziente a casa o a
scuola, o nei luoghi in cui avviene il comportamento in esame. Ma queste situazioni
non sono immuni da artificialità. Ecco perché si parla di:
1. Reattività di comportamento –essa è il cambiamento di comportamento per il
fatto di sapere di essere osservati. Essa va scemando con il protrarsi del “periodo di
osservazione”.
Osservare e registrare il comportamento manifesto può sembrare semplice ma in
realtà essa richiede un grado di elaborazione concettuale non inferiore alle altre
tecniche psicodiagnostiche. Ad aiutare lo psicologo abbiamo le griglie ex novo. Come
la tabella qui accanto, la TIMED BEHAVIORAL CHECKLIST FOR PERFORMANCE
ANXIETY, messa a punto da Paul nel 1966 per la valutazione dell’ansia del parlare in
pubblico.
- Automonitoraggio - tecnica intermedia tra valutazione soggettiva e osservazione.
Anche l’automonitoraggio è soggetto ad effetti di reattività, infatti il solo fatto di
tenere l’automonitoraggio di un comportamento indesiderato porta ad una sua
piccola riduzione. È una procedura vicina all’osservazione. Utilizzata nei casi in cui
non sia possibile l’osservazione da parte di altre persone. Si chiede al paziente di
registrare il comportamento avvenuto; procedura di elezione per eventi interni come
impulsi, emozioni e pensieri.
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4. INTERVISTE STRUTTURATE
La diagnosi è un processo decisionale complesso, legato al funzionamento mentale di
chi la effettua. È stato riscontrato le diagnosi possono essere influenzate da
distorsioni del pensiero degli stessi psicologi.
I BIAS(baias) DEL VALUTATORE sono tutte quelle condizioni che si mettono in atto
durante la somministrazione del test e non permettono di avere una diagnosi
neutrale. Essi sono:
-la propensione ad ancorare l’intero processo valutativo a specifiche informazioni,
-la tendenza a cercare conferme per l’ipotesi formulata ,
-la tendenza a farsi influenzare da fattori contestuali o dalla storia del paziente.
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Si tratta di test di carattere molto generale nelle prime fasi,e più mirato nel corso
delle successive. Da essi emergono ipotesi di allargamento del problema, che possono
aiutare lo psicologo nella messa a fuoco della strategia da usare.
I test vengono integrati con il colloquio clinico e altre procedure nel corso dell'esame
psicodiagnostico.
Questi test potenziano il lavoro di esplorazione che lo psicologo svolge attraverso il
colloquio e permettono di esplorare meglio un costrutto psicodiagnostico.
Questi test sono:
Autovalutativi - si basano sulle risposte che il pz fornisce relativamente ai suoi
comportamenti e alle sue caratteristiche psicologiche.
NELLE FASI INIZIALI DELL’Esame Psicodiagnostico SI UTILIZZANO TEST PSICODIAGNOSTICI
CHE OFFRONO ANALISI “AD AMPIO SPETTRO”:
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6. TECNICHE PROIETTIVE
Esse Hanno come fondamento teorico l’ipotesi proiettiva: le risposte di un individuo
a stimoli ambigui che gli vengono presentati, riflettono attributi significativamente
stabili della sua personalità. Consistono nella presentazione di stimoli poco strutturati
con la richiesta al soggetto in esame di interpretarli. Qui il materiale funziona da
schermo bianco sul quale il soggetto proietta le sue caratteristiche psicologiche. Qui si
fa così riferimento al ruolo attivo e costruttivo della persona nell’interpretazione della
realtà.
Consistono in valutazioni più complesse di aspetti caratteriali e personologici che
impiegano strumenti che stimolano il paziente a elaborare delle risposte sulla base
delle proprie fantasie e delle proprie convinzioni.
Si preferisce parlare di tecniche proiettive e non di test, perché un test presume una
rigida standardizzazione dei risultati, invece queste tecniche risentono di stati emotivi
temporanei, dando risultati diversi.
La Gestalt e la psicoanalisi hanno fornito un background scientifico di riferimento ai
primi metodi proiettivi (fine dell’800) che consistevano in liste di libera associazione
di parole.
In seguito si svilupparono test proiettivi che hanno riguardato :
- L’interpretazione degli stimoli, ( Z test di Zullinger, il reattivo psicodiagnostico
di Rorscharch)
- produzione di disegni , (il disegno della casa, della famiglia)
- la scelta dei colori, ( come il Test di Luscher, che utilizza come stimoli cartoncini
colorati;)
- la manipolazione e il gioco.
I test proiettivi hanno una certa affidabilità.
La più nota tecnica proiettiva è il Reattivo psicodiagnostico di Rorschach fù elaborata
nel 1921 dallo psichiatra Rorschach. Egli fece esperimenti con molte macchie di
inchiostro in gruppi di pazienti psichiatrici per studiare problemi di percezione. Si
trattava di macchie casuali di inchiostro approssimativamente simmetriche. Alla fine
Rorscharch selezionò 10 tavole: 5 grigie e nere, 2 con tocchi di rosso, 3 con sfumature
di vari colori.
4 FASI DEL TEST
1. Presentazione di ogni tavola chiedendo al pz cosa ci veda,
2. Annotazione delle risposte, tempo impiegato per rispondere, posizione in cui
vengono tenute le tavole...
3. Ripresentazione di ciascuna tavola, chiedendo quali aspetti della figura abbiano
determinato le risposte.
4. Codifica delle caratteristiche formali delle risposte.
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In merito alla siglatura del protocollo così raccolto( lo scoring nei test classici), essa
consiste nella codifica di una serie di caratteristiche formali. Le caratteristiche sono 4:
- il fattore determinante la risposta;
- la localizzazione all’interno della tavola;
- il contenuto della risposta;
- l’originalità della risposta
Interpretazione delle risposte - basata sulla frequenza delle caratteristiche delle
risposte e su indici (numero delle risposte, tempi di reazione, rifiuti).
OFFRE:
• valutazione globale della personalità
• valutazione qualitativa dell’intelligenza
• aiuto alla diagnosi differenziale.
Oggi esistono una pluralità di metodo del metodo di Rorscharch, diversi tra loro:
a) il metodo tedesco-svizzero;
b) il metodo svizzero-francese;
c) il metodo Klopfer;
d) il sistema comparativo di Exner.
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7. TEST DI INTELLIGENZA
La valutazione clinica può includere l’uso di test che riguardano la sfera cognitiva:
esaminano abilità di percezione, pensiero, memoria, apprendimento, visualizzazione,
attenzione.
OBIETTIVI: permettono di raccogliere indici specifici del funzionamento mentale o di
darne una stima complessiva e unitaria.
Tenendo conto dell’importanza delle valutazioni complessive dell’intelligenza non è
un caso che siano stati creati numerosi test.
Un classico strumento in questo campo è
• La Scala Stanford-Binet- che costituisce uno dei riadattamenti dello strumento di
Binet per valutare il quoziente intelletivo(Q.I.) - valuta il Q.I. cioè il rapporto tra età
mentale(età corrispondente alle prove cognitive che l’individuo è in grado di
superare) ed età cronologica(ovvero la sua età effettiva).
Un'altra scala molto conosciuta è rappresentata delle
• Matrici progressive di Raven – che si basano sulla richiesta di una specifica
operazione di ragionamento induttivo su stimoli visivi. Di facile somministrazione e
non è particolarmente influenzato dal livello culturale e misurano aspetti centrali
dell’intelligenza. Esse si basano su una concezione unitaria dell’intelletto oggi critica
a favore di una concezione frazionaria dell’intelligenza per cui vi sono componenti
che hanno diverso peso.
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Oggi il DSM, più accurato dell’ICD, viene utilizzato nella ricerca scientifica e
valutazioni specifiche.
• Entrambi i sistemi sono a-teorici: identificano le tipologie più frequenti di disturbo
mentale e le suddividono sulla base di set di criteri con caratteristiche descrittive.
L’ICD è d’obbligo ha livello mondiale in base ad accordi tra i governi , è alla base
delle statistiche e della burocrazia ospedaliera.
• Oggi tra DSM-5 e ICD-11 esistono differenze di dettaglio e l’uno rimanda all’altro.
PDM <<MANUALE DIAGNOSTICO PSICODINAMICO>>
Il PDM è stato pubblicato nel 2006. Esso è il risultato della collaborazione delle
maggiori organizzazioni di professionisti presenti negli Stati Uniti.
Esso non si pone in alternativa agli altri sistemi diagnostici(DSM ,ICD) ma in una
posizione di integrazione e complementarietà aggiungendo prospettive:
<<l’obiettivo del PDM è quello di spiegare l’intero range del funzionamento
mentale andando a completare gli sforzi di catalogazione dei sintomi promossi
negli ultimi trent’anni dal DSM e dall’ICD>>.
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Non è sempre facile tracciare un confine tra crisi transitoria nel percorso maturativo
e un vero e proprio disturbo.
È importante conosce le diverse problematiche che compaiono a varie età e che poi
con la crescita tendono a scomparire; la loro presenza non costituisce un elemento
psicopatologico a meno che l’intensità e frequenza di comparsa siano eccessive.
Esistono tipiche problematiche che compaiono nelle diverse fasce d’età, e che poi
scompaiono.
età dei soggetti problemi comportamentali
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Ma ciò non esclude che anche disturbi gravi possono avere tipiche età d’insorgenza.
In merito al manuale di psicopatologia dello sviluppo di Carr, questo si articola
distinguendo per fasce i principali disturbi evolutivi.
INFANZIA Sonno
Toilette
Apprendimento e comunicazione
Disturbi pervasivi
FANCIULEZZA Condotta
Disturbo attenzione/iperattività
Paura e ansia
Disturbi ripetitivi-Tourette
Dis. Psicosomatici
ADOLESCENZA Droga
Umore
Alimentazione
Schizofrenia
Vi sono teorie che forniscono dei quadri originali di riferimento. Fra questi particolare
influenza è stata esercitata dalla descrizione delle fasi dello sviluppo psicosessuale
compiuta dalla teoria psicoanalitica di Freud, dove la scarsa, nulla presenza di queste
tappe e considerata indice di problematicità. Le fasi sono.
primo anno: fase orale;
secondo-terzo anno: fase anale;
dal terzo al quinto anno: fase fallica;
dal sesto alla pubertà: fase di latenza;
dall’adolescenza: fase genitale.
C’è chi stabilisce il cut off non tanto in base a un dato percentuale, ma in base alla
probabilità che il disturbo ha di permanere nel tempo con la stessa intensità e di
comportare problemi più gravi per lo sviluppo della personalità. Si parla di “sindromi”
per far riferimento al fatto che un singolo elemento, anche se poco frequente, non
deve costituire fonte di preoccupazione, mentre una serie di elementi, non
casualmente compresenti, possono giustificare una severa diagnosi clinica. Per una
diagnosi è richiesta quindi la compresenza dei vari elementi di un determinato
disturbo. Un riferimento obbligato per la valutazione della gravità di un problema sia
quello a bambini che appartengono alla medesima popolazione del bambino che ci
interessa (stessa età, sesso e cultura). La <<stessa popolazione>> riguarda non solo
l’età ma anche il sesso e la cultura a cui i bambini appartengono.
In ambito educativo si sono individuate dimensioni utilizzabili come punti di
riferimento per la valutazione relative alla gravità del caso.
Gli aspetti che un sistema educativo può prendere in considerazione in relazione a
un disturbo evolutivo:
- Disordini emotivi
- Problemi interpersonali
- Problemi d’apprendimento/insuccesso scolastico
- Cronicità
- Prognosi
- Necessità intervento
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ruolo sia giocato anche da fattori culturali che valorizzano nel maschio l’attività e
nella femmina il controllo. La valenza culturale della dimensione del controllo è stata
studiata da Weisz e colleghi, che hanno osservato in Tailandia più disturbi di
ipercontrollo (legato alla religione buddista) e nelle società occidentali più disturbi di
ipocontrollo.
Il concetto di stress, che fa parte anche del linguaggio psicologico ingenuo, appare a
sua volta rappresentare una condizione psicofisica indotta da differenti fattori, la cui
concomitanza può rendere la miscela esplosiva( bambino con ADHD presenterà in
maniera cospicua il problema non solo in presenza di un solo fattore ma dalla
compresenza di più fattori). Sul versante delle posizioni che hanno attribuito
maggiore peso a fattori esperienziali che hanno una diretta influenza sulla psiche si
possono individuare tre orientamenti psicologici rispettivamente di ispirazione:
1) sociale o sociologica;
2) comportamentista;
3) psicodinamica.
Un Vantaggio di questi orientamenti è che sono accompagnati da una maggiore
fiducia nelle possibilità del cambiamento e dell’intervento psicologico.
Al contrario, le posizioni psicobiologiche radicali → idea che, se il disturbo è di natura
biologica, c’è poco da fare(uso farmaci). Questa posizione è criticabile, poiché blocca
la motivazione a sforzi nella direzione di un cambiamento psicologico impedendo
miglioramenti.
Si incorre così nel problema dell’etichettatura. Al contrario posizioni teoriche hanno
enfatizzato al tal punto il ruolo dell’esperienza da creare livelli alti di fiducia utili per
ottenere progressi.
Ciò è stato rilevato nell’approccio comportamentista, nelle sue versioni più
antiche, era portato a pensare che lo sviluppo psicologico fosse quasi totalmente la
risultante dell’esperienza assimilata attraverso i principi base dell’apprendimento,
quali il condizionamento classico, il condizionamento operante, l’apprendimento
basato sull’osservazione. Il comportamentismo classico si è ora sviluppato in diverse
posizioni e direzioni più sfumate, ma ha indubbiamente mantenuto una tendenza ad
attribuire le problematiche psicologiche a processi sottostanti di apprendimento
dall’esperienza.
L’approccio cognitivo-comportamentale ha coniugato concetti cognitivisti e
comportamentismi;
L’approccio della teoria socio-motivazionale dell’apprendimento ha illustrato
come delle problematiche psicologiche possano essere il risultato di interazione fra
fattori esperienziali, motivazionali e sociali.
Anche la teoria psicoanalitica ha attribuito notevole peso alle esperienze di vita del
bambino, spostando però l’accento dalle esperienze in parte consapevoli e riguardanti
l’intero arco di vita, di cui si è interessato il comportamentismo, ad esperienze precoci
e inconsce. Qui le esperienze inconsce sono quelle più significative poiché si rivelano
incontrollabili. Il peso dell’inconscio è in relazione con l’ipotesi che la vita psicologica
sia influenzata da tre istanze: dall’Es, cioè la parte inconscia di noi che spinge per una
soddisfazione immediata dei suoi impulsi e desideri, dal Super-Io, che rappresenta il
sistema interiorizzato di norme di comportamento, e dall’Io che dovrebbe costituire il
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punto di mediazione consapevole fra le diverse istanze. L’Io consapevole svolge però
solo una parziale funzione di controllo degli impulsi, perché una parte significativa è
svolta dai meccanismi inconsapevoli di difesa che talvolta riescono a ridurre l’ansia
dell’individuo, e hanno quindi una funzione adattiva, ma talvolta falliscono dando
corso ad una nevrosi. Col passare degli anni, una crescente importanza è stata
attribuita alle fasi più precoci dello sviluppo. Un altro ambito importante di influenza
riguarda lo sviluppo sessuale e le sue fasi(vedi fasi). Ma anche, la teoria delle relazioni
d’oggetto, derivata dall’idea che le persone sono oggetto di impulsi di altre persone, si
sofferma sulla relazione precoce d’oggetto madre-bambino assumendo che essa sia
cruciale per lo sviluppo della capacità di un individuo di relazionarsi con altri. Un
parallelo sviluppo psicodinamico ha riguardato la dimensione
dell’attaccamento(BOWLBY), assumendo che un buon attaccamento originario
costituisca le premesse per un buono sviluppo dell’affettività. Un cattivo attaccamento
produrrà ansia e un’eccessiva preoccupazione nel bambino di essere separato dalle
persone cui è emotivamente “attaccato” (es. ansia da separazione).
Il tema dell’attaccamento fa riferimento a 4 stili fondamentali di attaccamento
evidenziati nel bambino attraverso la <<STRANGE SITUATION>> introdotta da Mary
Ainsworth, e basata sulla presenza in un primo tempo del bambino con la mamma e
poi dalla compagnia di una persona estranea:
STILE SICURO: il bambino esplora l’ambiente e gioca sotto lo suardo della
madre con cui interagisce, quando poi rimane solo con lo sconosciuto si turba
ma torna tranquillo al ritorno della madre;
STILE INSICURO-EVITANTE: il bambino appare piuttosto indifferente nei
confronti della madre, anche dopo il suo ritorno;
STILE INSICURO-AMBIVALENTE: il bambino ha comportamenti contradditori
nei confronti della madre, a tratti la ignora/cerca contatto, soffre della sua
assenza e non si conforta con il suo rientro;
STILE DISORGANIZZATO: il bambino mette in atto comportamenti stereotipati
con reazioni strane e di sorpresa quando la mamma si assenta.
Gli approcci psicosociali e sociologici attribuiscono grande peso a fattori che vanno
dai contesti interattivi più immediati all’ambito allargato del gruppo sociale in cui il
soggetto vive. Gli studi sul rischio psicosociale sono orientati a riconoscere come un
concorso di fattori d’ordine sociale possa produrre un valore di rischio cumulativo
che, se superata una certa soglia, produrrà un problema.
Sameroff e Seifer hanno esaminato i fattori precoci di rischio e sommando il numero
delle variabili di rischio hanno calcolato un indice complessivo di rischio.
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Nei paesi in cui l’assunzione dell’alcol da parte del giovane è tipicamente associata a
problematiche sociali (questo non è il caso dell’Italia, dove può assumere
comportamenti regolativi e adattativi!), ci si è posti il problema di come attenuarne i
rischi. Per es., si è deciso di alzare a 21 anni l’età minima richiesta per poter prendere
bevande alcoliche. Gli effetti di queste iniziative non sono facili da studiare; sembra
tuttavia che, a breve termine, l’innalzamento d’età abbia delle conseguenze positive,
riducendo i casi di ubriachezza e di incidenti associati all’alcolismo, ma, sembra che, alla
lunga, questi effetti non siano mantenuti.
È noto che la tossicodipendenza è, almeno in Italia, strettamente legata alla
delinquenza giovanile. Poiché la droga è proibita, il suo uso costituisce atto di
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violazione della legge, cosa questa che può essere assimilata dal ragazzo, sul piano del
vissuto, ad altre violazioni. Inoltre, procurarsi stupefacenti richiede di frequentare
ambienti delinquenziali. Il costo elevato della droga e la dipendenza che essa induce
pongono il ragazzo nella necessità impellente di procurarsela e di trovare il denaro
necessaria ad acquistarla. Se dunque è vero che il comportamento tossicodipendente
non necessariamente nasce da un profilo individuale chiaro, lo stesso discorso può
valere per altre forme di comportamento delinquenziale, in cui certe caratteristiche del
ragazzo, per es. profili legati a disturbo della condotta o DDAI, sono facilitatori. Si può
dunque dire che il giovane delinquente non presenta un profilo psicologico univoco,
mentre appare maggiore predittore di delinquenza un indice cumulativo di rischio
psicosociale che venga associato ad una storia del ragazzo. Vi sono anche stati tentativi
di differenziare tipologie di adolescenti con comportamenti delinquenziali.
Per es. si è distinto fra:
- Delinquente socializzato → si caratterizza per la condivisione con altri compagni del
proprio comportamento delinquenziale; su questa tipologia influiscono da un lato certe
rappresentazioni letterarie e cinematografiche e dall’altro forme di aggregazione
giovanile (“gang” o “banda”).
- Delinquente non socializzato psicopatico → non è legato ad un gruppo, ma, pur
mostrando un profilo esternalizzante, agisce da solo, sfida l’autorità, è aggressivo,
impulsivo, nn ha sensi di colpa.
- Delinquente nevrotico-disturbato → tende ad agire da solo e presenta
caratteristiche internalizzanti, che si riflettono in alta inibizione, timidezza, isolamento e
ansia.
Il profilo clinico più frequentemente associato alla delinquenza giovanile è
rappresentato dal disturbo della condotta. Tuttavia una serie di approfondimenti ha
indagato anche gli aspetti cognitivi e scolastici del delinquente. Per es., si è osservato
che il delinquente manca di abilità cognitive di problem solving, di pianificazione, di
anticipazione delle conseguenze delle proprie azioni, di gestione di tali conseguenze.
Sul piano scolastico, numerose ricerche hanno messo in luce come bambini con
difficoltà di apprendimento presentino maggiore probabilità di comportamento
delinquenziale. Da un lato ci può essere una serie di rapporti casuali che va dalla
difficoltà d’apprendimento alla delinquenza (la difficoltà scolastica può indurre
comportamenti delinquenziali), ma è anche possibile che il comportamento
delinquenziale porti il bambino a un basso impegno nelle attività scolastiche e ad un
conseguente insuccesso.
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I due principali sistemi di classificazione dei disturbi psicologici, DSM e ICD, presentano
un quadro quasi del tutto sovrapponibile.
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disturbo di Tourette).
11. Disturbi dell'evacuazione: La ripetuta evacuazione delle feci in luoghi
inappropriati dopo i 4 anni d'età (encopresi) o l'emissione di urine nel
letto o nei vestiti dopo i 5 anni d'età (enuresi).
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presenta esempi di item da utilizzare per essere sicuri che il bambino con DDAI non
presenti anche o solo disturbi del comportamento e di tipo DOP/DC.
L’ Osservazione degli insegnanti è importante perché queste problematiche
sono più evidenti nei contesti di vita quotidiana, caratterizzati da richieste di
controllo più prolungate nel tempo, da maggiore pressione emotiva, dalla presenza di
molte altre persone e dalla mancanza di un rapporto diretto interpersonale con un
adulto che possa aiutare il bambino a regolarsi.
Nel caso di Bambini con DDAI questi sono capaci di eteroregolazione, ma non di
autoregolazione. Questi bambini presentano difficoltà a pianificare i loro
comportamenti e a usare strategie efficaci per affrontare compiti, perché da soli non
riescono a imporsi una regolazione strategica, mentre, se sono aiutati dagli altri,
hanno successo nel compito. Queste osservazioni hanno notevoli implicazioni sul
piano educativo e scolastico(ADHD), là dove il DC ha implicazioni più estese che
riguardano il contesto sociali, può portare a conseguenze estreme.
Per capire le differenze fra le varie etichette diagnostiche possiamo fare riferimento
agli aspetti menzionati dal DSM-5. Esso elenca 18 sintomi caratterizzanti l’ADHD e
ipotizza che vi siano bambini che presentano solo problemi d’attenzione, o bambini
con soli problemi di iperattività e infine bambini con entrambi i problemi.
Sia il DC che il DOP si riferiscono ad una dimensione di scarso autocontrollo con
implicazioni sociali.
Tuttavia, il DOP è principalmente rivolto ad altre persone, rispetto alle quali il
bambino si mette in opposizione, senza conseguenze antisociali particolarmente gravi
e senza violazioni della legge, mentre il DC presenta un profilo di maggiore gravità e,
in qualche modo, include le caratteristiche del DOP.
Se pertanto viene effettuata una diagnosi di DC non si effettua una diagnosi
congiunta di DOP, perché si ritiene che esso sia potenzialmente già implicito nel
profilo DC. Caratteristiche che portano ad una diagnosi di DOP sono la presenza
prolungata nel tempo (almeno per 6 mesi) di almeno 4 delle seguenti caratteristiche:
1 - va spesso in collera;
2 - polemizza spesso con gli adulti;
3 – sfida spesso le regole o si rifiuta di venire incontro alle richieste degli adulti;
4 - spesso disturba intenzionalmente la gente;
5 - rimprovera spesso gli altri;
6 - è ipersensibile;
7 - è spesso arrabbiato e risentito;
8 - è spesso dispettoso e vendicativo
Nel caso, invece, del DC, la situazione appare estremamente compromessa e non facile
da gestire.
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Nel DSM-5 i disturbi di condotta vengono suddivisi in due momenti, quelli con
esordio nell’adolescenza(posteriori ai 10 anni) e quelli con esordio nella
fanciullezza(prima dei 10anni). Mentre per l’ICD10 si parla di disturbi di condotta con
esordio nella preadolescenza e di disturbi emozionali nel periodo antecedente
all’adolescenza.
CRITERI DIAGNOSTICI DEL DSM-5 PER IL DISTRUBO DELLA CONDOTTA(DC)
Il disturbo della condotta implica un pattern ripetitivo e persistente di comportamento in cui i
diritti degli altri sono violati. Per una diagnosi di DC devono essere stati presenti almeno tre
aspetti negli ultimi 12 mesi di cui almeno 1 negli ultimi 6 mesi.
Aggressione a persone e animali(7 aspetti tra cui bullismo, aggressioni e crudeltà)
Distruzione di proprietà(2 aspetti)
Furto(3 aspetti)
Violazioni delle regole(3 aspetti)
Il disturbo può avere insorgenza infantile o successiva e può essere di gravità leggera, moderata o
severa
L’insorgenza del disturbo è stata considerata un indice prognostico importante. nel
disturbo che si presenta solo con l’adolescenza vi sono elementi legati al contesto
sociale, che una volta venuti meno fanno scaturire i comportamenti associati.
La forma antisociale di tali comportamenti sarebbe enfatizzata dal difficile momento
di transizione, avvertito sia sul piano fisico che su quello sociale, che porta il ragazzo
ad acquisire i modi dell’età adulta (“scarto di maturità” → il ragazzo è fisicamente un
adulto, ma sul piano psicologico non lo è, ma vuole sentirsi tale.).
Una volta divenuto un adulto, l’individuo non presenterà più questo scarto e
nemmeno i problemi connessi. In altri casi, invece, il profilo DC è in qualche modo
intuibile anche nel comportamento precoce del bambino e tende a permanere nel
tempo. In effetti, la possibilità di rilevare la presenza in bambini molto piccoli di
problemi di autocontrollo è stata confermata da numerosi studi fra cui quelli sul
temperamento di G. AXIA, che ha adattato le scale per le rilevazioni degli aspetti
fondamentali del temperamento già in bambini di 1 mese. Gli studi sul
“temperamento” si sono volti a individuare stili comportamentali essenziali rilevabili
dall’osservazione del bambino anche molto piccolo. Per es. Thomas e Chess
rilevarono le 9 dimensioni temperamentali.
DIMENSIONI FONDAMENTALI DEL TEMPERAMENTO SECONDO THOMAS E CHESS:
1. ATTIVITA’- livello dell’attività motoria
2. RITMICITA’- regolarità delle funzioni biologiche(sonno, nutrizione)
3. APPROCCIO-RITIRATA- prime reazioni a stimoli nuovi
4. ADATTABILITA’- facilità di adattamento
5. INTENSITA’- livello energetico delle risposte
6. SOGLIA-livello di stimolazione utile per provocare reazione
7. UMORE- felice/non felice
8. DISTRAIBILITA’- effetto stimoli esterni sul comportamento in atto
9. PERSISTENZA- tempo per la stessa attività
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I bambini piccoli, che presentano valori più bassi nelle dimensioni della ritmicità,
adattabilità, umore, persistenza e più alti nelle dimensioni della attività e
distraibilità, sono dei candidati ad avere, più avanti negli anni, problemi DDAI o DC e
altre difficoltà (es. nell’apprendimento della lettura).
Abbiamo visto come bambini e ragazzi con vari problemi possano presentare
difficoltà scolastiche anche gravi. Per esempio bambini con ADHD hanno cospicui
problemi di apprendimento. Non sempre questi problemi nascono da un nucleo
sottostante comune, perché può essere successo che un comportamento antisociale
abbia implicato un problema di adattamento scolastico.
Tuttavia, studi sulla comorbidità hanno mostrato che sono geni comuni che
contribuiscono all’insorgenza, tanto di ADHD quanto di dislessia.
I bambini con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) si caratterizzano per il
fatto di presentare a scuola difficoltà gravi e mantenute nel tempo che non sono
riferibili ad un chiaro fattore esterno (demotivazione, cattivo insegnamento).
In altre parole, disturbi specifici di
lettura(DISLESSIE EVOLUTIVE),
calcolo(DISCALCULIE),
scrittura(DISGRAFIE E DISORTOGRAFIE), ecc.
non sono dovuti al fatto che il bambino si è trovato in condizioni che gli hanno
pregiudicato questi apprendimenti, ma ad una difficoltà intrinseca (bambini dislessici
molto intelligenti ma hanno difficoltà a leggere a voce alta).
L’indipendenza degli aspetti dell’apprendimento non impedisce tuttavia che questo
determini secondariamente difficoltà emotivo-motivazionali, la cui attenuazione può
attivare un circolo positivo anche per l’apprendimento. Appaiono, quindi, efficaci
quegli approcci che non solo cercano di <<abilitare>> il bambino all’apprendimento
deficitario, ma cercano di agire su i suoi processi metacognitivi e sulla sfera
emozionale.
I criteri diagnostici dei DSA condivisi in Italia sono una bassa prestazione in una
prova standardizzata di apprendimento, una intelligenza nella norma e la possibilità
di escludere il ruolo causale di fattori come danno celebrale, scarsa istruzione.
La CONSENSUS CONFERENCE e la legge 170/2010 si sono soffermate sui disturbi
legati I primi apprendimenti scolastici, ma anche alle fasi di comprensione del testo e
la soluzione dei problemi. Come è accaduto nel DSM-5 dove la categoria DSA è unica.
Inoltre oggi si tende sempre più ad analizzare la relazione dei disturbi specifici
dell’apprendimento con varie problematiche. Due casi particolarmente contigui sono
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intelligenza. Viene utilizzata una stima del QI(quoziente intellettivo) del bambino e
per una diagnosi di ritardo mentale, il QI deve risultare sotto i 70.
Il problema di adattamento viene valutato in relazione alla capacità dimostrata dal
bambino di affrontare contesti della vita quotidiana. La definizione di Adattamento
specifica le seguenti aree di abilità adattiva: comunicazione, cura personale, abilità
sociali, salute. In base alla definizione di disabilità intellettiva, se un bambino ha un QI
minore di 70 ma ha un adattamento sufficiente non ci sono le condizioni per la
diagnosi di ritardo mentale. Va aggiunto che se la diagnosi viene effettuata su un
soggetto con più di 18 anni, prima di diagnosticare ritardo, bisogna verificare che la
persona abbia presentato problemi simili anche durante lo sviluppo.
Esistono dei criteri tradizionali di distinzione delle fasce di gravità della disabilità
intellettiva con riferimento al livello di QI globale e al livello tipico di sviluppo.
Fascia Livello di QI Livello tipico di sviluppo
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In merito alla natura sono state avanzate proposte di segno radicalmente opposto che
sottolineavano le difficoltà relazionali o cognitive.
In italia, in merito alle origini dell’autismo, anche sotto l’influenza di Bettelheim, che
aveva pubblicato un libro dove sosteneva che sull’autismo ha un’influenza decisiva
l’atteggiamento freddo e privo d’amore dei genitori. Non ricevendo risposte ai suoi
bisogni da parte del mondo esterno, il bambino ripiegherebbe su di sé. Ma questa
visione trova oggi poco seguito per le scarse prove empiriche e per l’emergere di
indicazioni che vanno nella direzione di evidenze su fattori organici e
neuropsicologici.
Sono state messe in evidenza nell’autismo condizioni biologiche che compromettono:
• Efficienza delle operazioni prefrontali di controllo della mente (funzioni esecutive)
• Sviluppo di una teoria della mente, cioè la capacità di concepire l’esistenza di stati
mentali altrui
• Unificazione delle rappresentazioni mentali - spiegherebbe stereotipie, rigidità e
focalizzazione sui dettagli senza una visione di insieme.
Quest’ultima teoria appare capace di spiegare le stereotipie e le rigidità, come gli
aspetti cognitivi, che indicano tutti una focalizzazione sui dettagli e l’assenza di un
quadro d’insieme.
Il Bambino Autistico non è portato a concepire l’insieme, ha cioè una predisposizione
a elaborare le caratteristiche di dettaglio degli stimoli, presente nella quotidianità.
Sul piano delle “teorie esplicative”, secondo la TEORIA SOCIOMOTIVAZIONALE
DELL’AUTISMO(TSM) l’assenza di attenzione verso i pattern sociali è dovuta
all’alterazione dei meccanismi neurali che mediano i rinforzi sociali. Un deficit
nell’attribuire un valore emotivo e di rinforzo agli stimoli sociali determinerebbe una
scarsa attenzione verso l’interazione sociale.
La scoperta dei Neuroni Specchio ha portato a evidenziarne l’importanza per
l’autismo: meccanismi imitativi(attivazioni dei neuroni specchio) sono infatti meno
presenti nel bambino con autismo.
Il trattamento dell’autismo
-l’opzione psicodinamica è stata spesso associata alla posizione psicogenetica di Bettelheim che collegava il disturbo
a carenze affettive della madre. Una conseguenza estrema di questa posizione era la rottura del legame inadeguato.
Ma nell’ambito dei settori psicanalitici si sono avuti proposte diversificate di trattamento con effetti positivi.
- fin dagli anni 70 si è assistito ad una reazione di marca comportamentistica. I pionieri tra cui Lovaas hanno
mostrato che è possibili modificare il comportamento. Questi successi hanno avuto simpatie per le tecniche
comportamentali(ABA-Applied Behavior Analysis)
-metodi come il TEACCH di ispirazione cognitivo comportamentale, che prendono in considerazione l’intero contesto
di vita del ragazzo sono i più completi.
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Nella sfera del rapporto con il cibo possiamo trovare, in età evolutiva disturbi
diversificati:
DISTURBI DELLA NUTRIZIONE, della prima infanzia e della fanciullezza,
che si riflettono nell’ingestione di sostanze non commestibili, nel ripetuto
rigurgito, nell’incapacità di consumare adeguatamente il cibo e quindi di
crescere;
DISTURBI SEVERI DELL’ALIMENTAZIONE, caratterizzato dell’ingestione di
cibo eccessivamente scarsa( anoressia nervosa) o abbondante(bulimia
nervosa). Sono presenti a tutte le età in entrambi i sessi, ma compaiono nelle
ragazze tra i 14 e i 18 anni.
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Nei bambini possono comparire diversi problemi emozionali, riscontrabili anche negli
adulti ma con caratteristiche specifiche.
Le paure dei bambini costituiscono un elemento tipico dello sviluppo. Ovviamente a
diverse età i bambini presentano tipiche paure specifiche o vere e proprie fobie legate
a differenti oggetti.
8 mesi-2 anni Ansia da separazione(mamma-caregiver)
2-4 anni Animali, buio
4-6 anni Fantasmi,mostri
6-13 anni Timori di essere attaccati o feriti
adolescenza Paura di non essere accettati
Con il passare degli anni il bambino impara a riconoscere la sua paura e a trovare
modi per gestirla, ma possono emergere nuove paure.
In generale a diverse età i bambini presentano paure specifiche legate a differenti
oggetti che con il passare del tempo vengono riconosciuti e valutati.
I PROBLEMI DI ANSIA si caratterizzano per:
• un’eccessiva risposta emotiva a situazioni che non la giustificano;
• Associati ad una errata valutazione cognitiva della situazione.
• Inducono a reazioni fisiologiche(male allo stomaco) che possono stabilizzarsi e
produrre malattie psicosomatiche(l’asma).
PRINCIPALI DISTURBI D’ANSIA
DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO: il bambino prova un’ansia irrealistica
ed eccessiva, che non è giustificata dal contesto, né ha carattere transitorio;
DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO: il bambino presenta frequentemente
ossessioni o pulsioni a ripetere certi atti che causano tensione e difficoltà a
svolgere una vita normale. Il bambino è ad esempio agitato frequentemente
da immagini, o ripete comportamenti non funzionali;
DISTURBO D’ANSIA DA SEPARAZIONE: il bambino presenta un eccessiva
ansia di separazione da casa o dalla persona cui è affezionato dimostrando
disagio e incapacità di affrontare la vita di ogni giorno;
FOBIA PER LA SCUOLA: il bambino presenta paura per la scuola, evita il più
possibile di andare a scuola con lunghi periodi di assenza di cui i genitri sono
a conoscenza.
Molti di questi disturbi compaiono negli adulti ma possono aversi nei bambini. Da una
ricerca sul disturbo ossessivo-compulsivo del bambino esso riguarda dei rituali legati
alla pulizia.
Un disturbo d’ansia presente nello sviluppo è quello di separazione, in cui il bambino
ha paura di essere separato dalla madre. Disturbo che compare verso i 6- mesi. Gli
studi sull’attaccamento(Bowlby-Ainsworth) di questa fase e il suo superamento hanno
avuto importanza in merito all’individuazione di se stesso da parte del bambino. Si
ipotizza che se non ci sono state condizioni per un buon attaccamento o che la
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Pinell sviluppò una nosografia medico-filosofica con un trattato del 1801 che
classifica i disturbi mentali in 4 categorie:
1. Melanconia e depressione
2. Mania ed estrema eccitazione
3. Idiozia e ritardo mentale
4. Demenza e confusione mentale
In Germania invece sul finire dell 800’ Kraepelin considerato il vero padre della
psichiatria moderna attua una differenziazione tra psicosi maniaco-depressiva e
schizofrenia (dementia precox che esordisce in età giovanile).
Con K. Si apre la stagione della psichiatria descrittiva il cui compito principale era
quello di descrivere quadri clinici ed evoluzioni al fine di dare anche il proprio nome
alla malattia ,come fù per Alzheimer.
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2. STIGMA SOCIALE
1. Etichettatura: si crea una etichetta che identifica un gruppo di persone e che può
essere descritta come un marchio negativo
2. Etichetta viene associata a credenze e stereotipi propri di quella società
3. le persone che rientrano nell’etichetta non sono considerate per se stesse, ma in
virtù dell’etichetta e Attributi propri all'etichetta connotano le persone che
rientrano nell'etichetta come diverse, meno umane.
4. In virtù dell’etichettamento il gruppo stigmatizzato perde lo status e diviene
oggetto di discriminazioni.
Lo stigma è spesso basato sull’ignoranza, su mancanza di informazioni, su
convinzione infondate, su paure irrazionali, su fenomeni di contagio e conformismo
sociale, e può essere fomentato dai media.
cha alcuni loro allievi avrebbero avuto presto uno sviluppo brillante. A ciò non era
vero, i bambini erano stati scelti a caso. Alla fine dell’anno scolastico, questi bambini
avevano raggiunto risultati scolastici alti. Essere guardati con aspettative positive
dagli insegnanti è un aiuto oggettivo.
La dignità della persona non deve essere mai sminuita da una diagnosi clinica, e viene
deprecato il vizio di sostantivizzare attributi tratti dal lessico diagnostico.
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.
5. ISTITUZIONI TOTALI E RIFORMA PSICHIATRICA
Basaglia nel 1963 operò una trasformazione della cultura e della prassi assistenziale
e ottenne l’approvazione della legge 180/1978 nota come legge Basaglia.
Questa impose la chiusura dei manicomi e limitò il TSO, obiettivo era ridurre la
segregazione e attuare riconoscendo pieno dei diritti e la necessità di una vita di
qualità dei pazienti meglio seguiti e curati da ambulatori territoriali. Accanto al
rifiuto dell’istituzione totale veniva quindi proposta una rete di servizi diffusi con
ricorso all’assistenza domiciliare, all’uso di strutture residenziali non ospedaliere, day
hospital e comunità terapeutiche orientate verso la riabilitazione. La legge 180 era
una legge Quadro che affidava alle regioni il compito di organizzarne l’applicazione.
Ma Oggi esiste il rischio di sviluppare una nuova cronicità relativa all’inadeguatezza
delle cure. Poiché dalla dimissione dei pazienti questi, dopo un periodo ritorno
nell’istituzione, creandosi così il fenomeno della porta girevole. Inoltre
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l’inadeguatezza delle cure porta il soggetto a ricadute sul piano fisico e a una deriva
sociale.
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La pratica di questa Medicina non è altro che l’uso coscienzioso, esplicito delle
migliori evidenze nel prendersi cura di singoli pazienti. La pratica della medica
basata sull’evidenza significa integrare l’esperienza clinica individuale con le migliori
evidenze cliniche esterne offerte dalla ricerca. In questo contesto la pratica clinica e
l’esperienza attuata dalle evidenze scientifiche attuali possono offrire migliore
applicabilità e risultati.
Ma questo atteggiamento incontra ancora resistenze; esse comportano una
diminuzione di potere della politica e dell’ideologia nelle grandi scelte sanitarie.
Questo mutato clima culturale ha interessato anche il mondo della salute mentale e
sempre più spesso si parla di salute mentale basata sulle evidenze.
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7. LINEE GUIDA
Le linee guida classificano anche i livelli di prova che sono alla base delle
raccomandazioni. Si parla di <<prove di tipo I>> quando derivano da più studi clinici
controllati. Le cifre successive indicano prove via via meno solide, la cifra più
alta(VI)indica il caso più debole dove sono assenti evidenze scientifiche.
Gli obiettivi principali della redazione delle linee guida sono:
1. Migliorare la qualità dell’assistenza
2. Ridurre le disparità geografiche e sociali
3. Ridurre i costi
4. Promuovere comportamenti professionali rivolti vs efficacia e appropriatezza.
Le linee guida possono essere d’aiuto per facilitare la comunicazione tra pazienti e
professionisti attraverso l’uso di un linguaggio comprensibile.
Le linee guida non hanno mai carattere prescrittivo: il giudizio finale deve essere
espresse dal clinico, alla luce dei dati clinici del paziente. Le linee guida non devono
essere confuse con i protocolli diagnostici-terapeutici.
Le linee guida sono raccomandazioni e suggerimenti per il curante con un elevato
grado di flessibilità mentre i protocolli sono schemi predefiniti che descrivono il
percorso diagnostico-terapeutico di gruppi di pazienti.
Esistono dei limiti e dei pericoli associati alla diffusione delle linee guida:
• Difficoltà di applicazione in contesti assistenziali degradati e disomogenei
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Le linee guida sono presenti anche in merito alla sfera della salute mentale. Dal 1851
l’APA(American Psychiatric Association) pubblica raccomandazioni specifiche allo
scopo di assistere gli psichiatri nel processo decisionale al fine di migliorare
l’assistenza ai pazienti.
Il NICE (National Institute For Health and Clinical Excellence) è l’agenzia di governo
inglese incaricata di fornire indicazioni e linee guida per promuovere la salute in
termini di prevenzione e assistenza da parte del SSN(servizio sanitario nazionale).
Cosa fa il NICE? Stende periodicamente linee guida nei vari ambiti della salute
mentale. Esso ha attivato un sito per la più ampia consultazione. È considerata
un’agenzia autorevole.
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Nell’epidemiologia delle malattie mentali, non sono insolite differenze tra paesi vicini.
A denotazione della crucialità di fattori ambientali, il livello dello sviluppo
socioeconomico, gli stili di vita.
La differenza in rapporto al genere: le donne hanno il doppio delle probabilità di
andare incontro a disturbi mentali rispetto agli uomini, per via degli stereotipi che
descrivono l’uomo forte e la donna fragile. Gli unici disturbi che hanno tassi comuni
nei due sessi sono le psicosi(schizofrenia), mentre a carattere prevalentemente
maschile abbiamo l’abuso di sostanze e il disturbo antisociale di personalità.
Una delle variabili comunemente considerata in questi studi è l’età: la malattia
decresce con il procedere dell’età. Ma bisogna tenere conto del fatto che le
generalizzazioni e le inferenze possono essere ingannevoli, bisogna quindi attenersi
sempre a dati empirici puntuali.
9.COMORBIDITA’
Le diagnosi dei disturbi mentali, non sono autoescludenti, anzi il fatto di soffrire di un
determinato disturbo aumenta la probabilità di soffrire anche di altri disturbi
mentali. Con il termine “Comorbidità” si indica la presenza contemporanea di due o
più disturbi mentali. Notoriamente, la Depressione è la categoria in cui più spesso si
osserva comorbidità, mentre le fobie specifiche sono il disturbo cui meno si associano
altri disturbi.
Altra categoria dove si riscontrano percentuali elevate di comorbidità è quella dei
disturbi di personalità.
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1. ALLUCINAZIONI E DELIRIO
Per DELIRIO – si intende una falsa convinzione, è costituito da false credenze che una
persona mostra su qualcosa o su qualcuno, tale convinzione è basata su errate
deduzioni riguardanti la realtà esterna e viene fortemente sostenuta a dispetto di
quanto tutti gli altri credono e di prove incontrovertibili della sua falsità.
I DELIRI vengono suddivisi sulla base del loro contenuto:
-DI CONTROLLO = la persona ritiene che i propri sentimenti o comportamenti siano
sotto il controllo di una forza o di una volontà esterna.
-EROTOMANICI = la persona crede che una persona sia innamorata di lei e cerca di
corrispondere a distanza opprimendola.
-DI GELOSIA = la persona è convinta che il proprio partner sia infedele.
-DI GRANDIOSITA’ = il soggetto è convinto di disporre di un particolare talento.
- DI PERSECUZIONE = essere vittima di cospirazione
-DI RIFERIMENTO = ad esempio leggendo il giornale una persona interpreta un
titolo di un articolo come messaggio rivolto direttamente a se stesso.
-SOMATICO = ha come tema centrale l’ aspetto o il funzionamento del proprio
corpo(pensare di avere insetti all’interno del proprio corpo,o emanare cattivo odore)
-DI TRASMISSIONE DEL PENSIERO= credono che i loro pensieri sono visti o letti dagli
altri.
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2. SCHIZOFRENIA
CONSIDERATA IL DISTURBO MENTALE PIÙ GRAVE, È FORTEMENTE INVALIDANTE E
LIMITA L’AUTONOMIA SIA NELLA VITA PRIVATA CHE IN QUELLA RELAZIONALE.
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• sul Piano concettuale - indica la perdita dei confini dell’io ed una compromissione
importante dell’esame della realtà.
• sul Piano normativo - viene definito psicotico un disturbo mentale che comporta
menomazioni che interferiscono consistentemente con le capacità di soddisfare le
esigenze ordinarie della vita.
Oggi si tende a privilegiare le Definizione basata sulla sintomatologia - circoscrive il
termine psicotico a deliri e allucinazioni rilevanti senza consapevolezza. Definizioni
più inclusive non richiedono l’assenza di consapevolezza della natura patologica del
Delirio o delle Allucinazioni. Alcuni disturbi possono essere ricondotti a una
condizione medica generale(neoplasie, malattie cerebrovascolare), oppure possono
essere indotti da sostanze. Allucinazioni e deliri possono essere anche la conseguenza
di stati di astinenza da alcool o droghe.
I disturbi sono:
1. DISTURBO DELIRANTE
2. DISTURBO PSICOTICO BREVE
3. DISTURBO SCHIZOAFFETTIVO
4. DISTURBO SCHIZOFRENIFORME
DISTURBO DELIRANTE
La caratteristica di questo disturbo è la presenza di uno o più deliri, che persistono
per un mese. Il tipo di disturbo delirante è specificato in base al tema delirante
predominante(gelosia, di grandezza). A parte il delirio il normale funzionamento
dell’individuo non è compromesso. L’esordio si ha in età avanzata. Il decorso è
variabile; in alcuni casi il disturbo può guarire entro pochi mesi o può diventare
cronico.
DISTURBO PSICOTICO BREVE -
È un’alterazione che comporta l’insorgere improvviso di: deliri, allucinazioni, eloquio
disorganizzato, comportamento catatonico. E' un episodio di grave alterazione
mentale che si risolve nell'arco di qualche giorno, senza esiti e con completo recupero.
L'esordio è acuto spesso in seguito ad un evento psicosociale gravemente stressante
Caratteristiche:
• Stato di confusione e agitazione emotiva molto intensi, rischio di suicidio molto alto.
Il rischio di suicidio è alto. La sua insorgenza può aversi a seguito di eventi che
provocherebbero segni di sofferenza(grave incidente, morte). Se ne considera
l’insorgenza nel post partum.
DISTURBO SCHIZOAFFETTIVO
E' una grave forma di disturbo mentale.
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Gli studi sulla Famiglia di pazienti schizofreneci provano che Il fattore di rischio più
importante è la familiarità: nelle famiglie in cui un membro soffre di questa malattia
gli altri membri hanno una probabilità più elevata di sviluppare la malattia; inoltre i
membri di una stessa famiglia condividono sia i geni sia un’ambiente abitativo
culturale e sociale e vicende relazionali e affettive. Ma non si può provare un
contributo genetico.
2. Gli studi sui gemelli, ricordano che i gemelli monozigoti hanno tra loro una
similarità genetica del 100% mentre i gemelli dizigoti non sono più simili tra loro dei
fratelli normali e condividono solo metà dei geni. Qui si ha una dimostrazione
inequivocabile di un contributo genetico nella trasmissione della schizofrenia
3. Nel confronto tra i bambini adottati quelli che hanno genitori biologici schizofrenici
hanno un rischio nettamente superiore di sviluppare la malattia. Il meccanismo di
trasmissione genetica è tuttora sconosciuto. Studi di genetica molecolare ci dicono
che la vulnerabilità per la schizofrenia non è trasmessa da un solo gene e almeno sette
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diverse regioni cromosomiche sono state identificate, negli studi sui legami genetici
come possibili siti di geni di trasmissione della schizofrenia. L’idea di una vulnerabilità
poligenetica è molto più di un ipotesi: geni multipli concorrerebbero a trasmettere il
disturbo.
È affascinante la Tesi evoluzionistica - sostiene che i geni connessi alla malattia hanno
un vantaggio evolutivo adattivo e il corredo genetico essendosi mantenuto nel tempo
potrebbe indicare un vantaggio adattivo della specie.
Sono state riscontrate anomalie strutturali nel cervello dei pazienti schizofrenici
attraverso studi post mortem e tecniche di neuroimaging.
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schizofrenia. Ma questo farmaco aveva però come effetti. collaterali sintomi di tipo
parkinsoniano. A riprova di ciò le amfetamine, che aumentano il rilascio di dopamina,
esacerbano i sintomi schizofreneci. La teoria doparminegica non pretende però di
essere una teoria esaustiva, ma è incontestabile che i sistemi neurotrasmettitoriali
giocano un ruolo centrale nella malattia.
Un'altra analisi deriva dalla Scuola di Palo Alto dove Bateson –antripologo inglese,
che si era occupato di società primitive. Sviluppo la tesi che la schizofrenia trae
origine nelle disfunzioni di comunicazione all’interno della famiglia. Bateson qui
riconosceva caratteristiche comuni con la sua TEORIA DEL DOPPIO LEGAME.
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Tra i neuropsicologici attratti dagli enigmi dei deliri troviamo Frith che ha ipotizzato
che i sintomi positivi derivano dal cattivo monitoraggio di pensieri, impulsi e azioni.
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Non vengono riconosciuti come tali e confusi con pensieri estranei (voci che gli
parlano) che si inseriscono nella propria mente.
Secondo Frith è possibile identificare un unico processo cognitivo definibile come
meta-rappresentazione o consapevolezza di sé (processo cognitivo) responsabile di
alterazioni che impediscono al soggetto di mantenere il controllo di azioni e pensieri
percependoli come creati dall’esterno.
In linea con la scuola di Palo Alto, Laing uno dei padri dell’antipsichiatria, egli
sosteneva che la schizofrenia è una reazione di difesa di individui soffocati dalle
pressioni sociali e familiari (risposta sana ad un ambiente malato). Dove ad essere
malata è la società. La Malattia mentale, non va repressa ma accettata. Riteneva che
lo sviluppo della schizofrenia in un componente di una famiglia disfunzionale potesse
ridurre tensioni presenti all’interno. In un certo senso il malato si sacrificava per il
bene della famiglia.
L’attenzione alle famiglie dei pazienti schizofrenici è sfociata nell’identificazione di un
costrutto quello di emotività espressa familiare, che compendia i sentimenti
negativi espressi dai familiari nei confronti del congiunto sofferente di schizofrenia. Si
è visto da studi che nelle famiglie ad alta emotività espressa maggiore è il tempo
d’esposizione, maggiore è il rischio di ricadute. Utile in questi casi sarebbe alleggerire
il clima familiare.
6. TRATTAMENTO
Il trattamento della schizofrenia e della psicosi, richiede l’intervento di più figure
professionali coordinate e il ricorso ad una struttura che garantisca la presa in carico
articolata.
Nelle fasi acute il ricovero è necessario e i Servizi di diagnosi e cura ne sono le
strutture dedicate.
Il ricovero è breve e dopo la dimissione il trattamento prosegue presso strutture
territoriali (ambulatori di igiene mentale, centri diurni, servizi di riabilitazione).
Tra le terapie il Trattamento ideale è quello che abbini terapia farmacologica e
interventi psicosociali mirati ad abbassare il livello di emotività fatti soprattutto in
quelle famiglie ad alta emotività espressa. Sono utili gli interventi di psicoeducazione,
dove prevale il contenuto informativo.
Nel caso di pazienti senza un retroterra familiare servono strutture intermedie, come
alloggi protetti e residenze psichiatriche.
L’intervento riabilitativo per pazienti che hanno perso competenze elementari per la
vita è svolto in un regime di day hospital. Si utilizzano tecniche di social skills training.
Le attività propriamente psicologiche attuano un recupero e un potenziamento delle
competenze cognitive di base e il nome generale entro cui vengono ricondotte queste
attività è la riabilitazione neuropsicologica.
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7. INTERVENTI PRECOCI
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Ippocrate aveva osservato che chi soffriva di convulsioni traeva giovamento dalla
febbre quartana (febbre intermittente che si presenta ogni 4 giorni). Nella storia
della medicina si trova a lungo l’idea che una malattia(ad esempio l’induzione di una
febbre) potesse risolversi in un beneficio per una malattia più grave.
Negli anni ’30 del ‘900 acquistò popolarità l’idea che potesse essere terapeutico
indurre crisi di tipo epilettico nei pazienti psichiatrici, se presentavano soprattutto
sintomi catatonici.
-Meduna(psichiatra ungherese)sperimentò diverse sostanze che potessero produrre
crisi convulsive(assenzio, caffè, canfora), ebbe qualche successo terapeutico con una
sostanza chiamata Metrazol che divenne di uso frequente con i pazienti affetti da
schizofrenia o psicosi maniaco-depressiva.
-Nello stesso periodo alcuni psichiatri tedeschi svilupparono metodiche convulsivanti
iniettando dosi di insulina sufficienti a far entrare in coma il paziente attraverso
shock ipoglicemico,una metodica molto pericolosa che poteva risultare fatale.
-Nel 1938 due neurologi italiani Cerletti e Bini scoprirono di poter indurre convulsioni
facendo passare impulsi di corrente elettrica attraverso le regioni
temporali(elettroshock),questa metodica essendo meno pericolosa ebbe più fortuna
delle altre, continuò e continua ad essere utilizzata anche se raramente. L’essenza del
trattamento era lo scatenamento di una crisi epilettoide, così la metodica
elettroconvulsionante ebbe più successo di altre.
-Sempre negli anni ’30 risale la Psicochirurgia - Il neurologo Moniz scoprì
l’importanza dei lobi prefrontali nei deliri e nei comportamenti violenti. Pensava che
resecando le innervazioni che connettono i lobi al talamo si potessero avere benefici.
Nonostante ricevette il Nobel nel 1949, dalle sperimentazioni si mostrò che non si
otteneva la scomparsa dei deliri, ma una diminuzione del .
Gli storici si sono interrogati su come sia stato possibile che metodiche di dubbia
fondatezza potessero essere praticate. Tra le spiegazioni:
- assenza di risorse nel trattamento degli psicotici;
- la spregiudicatezza della classe medica
- il bisogno di autoconvincimento di poter fare qualcosa di utile.
<<Suggerimenti per il colloquio clinico e l’assessment>>
Identificare l’esordio della fase prepsicotica è tutt’altro che facile. I sintomi
psicotici raramente insorgono all’improvviso.
I Sintomi Psicotici positivi attenuati: idee di riferimento, credenza bizzarre,
pensiero e linguaggi bizzarri. Altri sintomi sono: diminuzione significativa
dello stato mentale, decadimento neuropsicologico.
È importante riconoscere la Fase Prodromica(deliri, allucinazioni,
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abbassamenti dell’umore).
Sappiamo che la familiarità è un fattore di rischio. L’anamnesi cercherà la
presenza di malattie mentali nei familiari.
Gli elementi scatenanti sono: delusioni, affettive, fallimenti( scolastici e
lavorativi). Attraverso il colloquio possiamo concentrarci sul tema.
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anomalie prima latenti. Costrutto cruciale è quello di schemi cognitivi (es. visione
negativa del sé) di origine infantile e adolescenziale dovuti a esperienze
negative( genitori ipercontrollanti, madri depresse, favoriscono la tendenza a
sviluppare uno stile attribuzionale interno, stabile e globale in base al quale gli eventi
negativi della vita vengono attribuiti dall'interessato a cause a lui interne, che lo
coinvolgono nella totalità della sua vita. Eventi negativi nella vita adulta
attiverebbero tali schemi favorendo la depressione. I fattori cognitivi rappresentano
una via ultima comune dove confluiscono l’insieme di fattori psicologici che
conducono all’insorgenza della depressione.
3. SUPPORTO SOCIALE – la persona che vive all’interno di una rete sociale ricca,
stimolante può recepire sostegno quando si trovi ad affrontare periodi negativi della
sua vita. Essa riguarda la percezione soggettiva dell’interessato rispetto alla sua rete
familiare o sociale; può essere più o meno positiva e originare reazioni di isolamento.
La TEORIA ATTUALE della depressione si colloca nella cornice diatesi-stress: non
necessariamente un episodio depressivo è scatenato da accadimenti particolari.
4 CASI PIÙ COMUNI a cui si può ricondurre l’episodio depressivo:
1. PERDITE: incapacità di elaborare il lutto,
2. TRANSIZIONE DI RUOLO: divorzio e difficoltà ad adattarsi alla nuova condizione,
3. CONFLITTI DI RUOLI: riguardanti il mondo del lavoro, difficoltà nel trovare un
proprio ruolo e nelle relazioni
4. DEFICIT INTERPERSONALE: scarse competenze sociali.
Ma stressors altrettanto comuni sono di tipo cronico:
- matrimonio sbagliato;
- condizione di povertà;
anche situazioni banali possono far insorgere depressione, come la perdita di un
animale domestico o un trasloco.
Linee guida NICE per il trattamento della IN CASO DI DEPRESSIONE MODERATA
depressione - Proporre una terapia farmacologica
Il NICE –National Istituite for Health and
Clinical Execellence- riporta le indicazioni in
- Valutare il rischio di suicidio
merito alla depressione. - Controllare la risposta ai trattamenti.
Esso utilizza la terminologia suggerita dall’ICD- - in caso di risposte parziali indicare la
10:depressione lieve(4 sintomi),moderata(5-6 psicoterapia cognitivo-comportamentale
sintomi), severa(7 o più sintomi) come trattamento d’elezione.
IN CASO DI DEPRESSIONE LIEVE: IN CASO DI DEPRESSIONE SEVERA
- prendere in considerazione eventuali - Proporre l’abbinamento farmacologico
casi di ansia o mancanza di sonno con la psicoterapia cognitivo-
- informare i pazienti che in ogni età comportamentale
l’umore trae giovamento dall’esercizio In caso di depressione ricorrente
fisico. - Continuare per 2 anni il tratt.
- I farmaci antidepressivi non sono Farmacologico e prendere in
consigliati considerazione una psicoterapia
cognitiva.
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Siamo lontani dal disporre una teoria della depressione ma possiamo dire che, la
DEPRESSIONE è un esempio di ciò che si intende per causalità multipla, dove
convergono in interazione molteplici fattori di diatesi e molteplici fattori di
scatenamento(stress). Il ruolo dei geni è presenta ma i fattori genetici hanno un peso
moderato e al massimo possono giustificare poco più di un terzo della varianza. Per
arrivare al disturbo abbiamo bisogno di molteplici fattori. Nel corso delle sue prime
fasi di vita l’individuo può sviluppare caratteristiche di personalità di tipo
depressogeno che in contatto con eventi di vita negativi determinano l’episodio
depressivo. Allo psicologo clinico è richiesto di ricostruire ad personam – senza
generiche ricette_ un modello verosimile dei fattori in gioco in un episodio depressivo.
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Essi presentano minori effetti secondari e sono considerati i farmaci di prima scelta e
non danno dipendenza ma va comunque evitata un'interruzione brusca.
Un trattamento biologico innovativo è la STIMOLAZIONE MAGNETICA
TRANSCRANICA. essa consiste nell'applicazione di campi magnetici al cervello diretti
su precise aree cerebrali(corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra), il trattamento
pare privo di effetti collaterali non è doloroso e non richiede anestesia.
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BIPOLARE II: decorso con uno o più episodi depressivi maggiori e almeno un
EPISODIOipomaniacale.
DISTURBO CICLOTOMICO - alterazione dell’umore cronica con numerosi episodi
ipomaniacali e periodi con sintomi depressivi che non confluiscono mai in un episodio
depressivo maggiore.
5. SUICIDIO
Il SUICIDIO è Qualunque atto a esito fatale in cui un individuo provochi
deliberatamente la propria morte.
• SUICIDIO MANCATO - atto suicidario fallito ma potenzialmente mortale. Il tasso di
suicido in Italia è maggiore tra i gli uomini, nel rapporto 4:1.
• per PARASUICIDIO –si intende qualunque atto a esito non fatale in cui un individuo
provochi deliberatamente danno a sé stesso. Si presenta come u n tentativo di suicidio
mancato ma i mezzi utilizzati non sono appropriati. In questo caso l’intenzione non è
tanto togliersi la vita ma rappresenta un gesto vendicativo, di richiamo
dell’attenzione o richiesta di aiuto. Al contrario dei suicidi sono tre volte più frequenti
nelle donne e nelle classi di età giovanile.
IDEAZIONE SUICIDARIA (pensieri suicidi) è comune nella popolazione normale
specialmente in età adolescenziale. La maggior parte dei suicidi è associata a
malattia mentale. Nell’esame clinico di un paziente depresso è doveroso esplorare i
pensieri suicidi e cercare di mettere in luce l’esistenza di un progetto suicidario. La
sofferenza presente in un episodio depressivo possono indurre la persona a pensare
che morte sia preferibile alla sua condizione. La condizione in cui si trova un paziente
depresso è detta “ mondo atemporale”: il pz non riesce a credere che la sua condizione
possa essere transitoria, davanti a sé vede solo dolore e si presta alle cure per
compiacere gli altri non per intima convinzione. Quindi il suicidio sembra l’unica
soluzione possibile.
Un progetto suicidario assume diversi significati:
• Gesto estremo per conquistare un amore perduto
• Modo per ricongiungersi a una persona amata
• Ritorsione per punire gli altri
• Tentativo di riparare colpe reali o presunte
• Tentativo di liberarsi da sentimenti ritenuti inaccettabili
• Frutto di un impulso momentaneo e incontenibile.
La stragrande maggioranza dei suicidi è associata a malattie mentale ciò non toglie
che i tentativi e i suicidi portati a termine possono essere frutto di una scelta
responsabile. Si parla di SUICIDIO RAZIONALE.
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La tesi che il suicidio sia non solo un diritto ma un gesto nobile è un’affermazione
della libertà dell’uomo contro la necessità. Idea ripresa da Hume, Jaspers, Sartre. Il
SUICIDIO ASSISTITO implica la visione della vita e della morte e la concezione della
libertà dell’uomo.
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nosologiche e dall’altra il fatto che i processi sottostanti sono comuni sia livello
biologico che psicologico.
L'ipotesi neurobiologica spiega i disturbi d'ansia con un'iperattività dell'amigdala,
quella parte del cervello che consente di elaborare una valutazione semplice e rapida
dell’ambiente e ha un ruolo chiave nell’attivare paura e collera.
Si colloca nel lobo temporale. LeDoux ha chiamato strada inferiore la rapida
evoluzione del pericolo svolta dall’amigdala, mentre la valutazione più dettagliata
della corteccia strada superiore. Secondo questa ipotesi i disturbi d’ansia si
spiegherebbero con un’iperattività dell’amigdala che risponde in eccesso agli stimoli.
Le variabili associate al rischio di sviluppare disturbi d’ansia è sterminato: modelli
d’attaccamento, stili educativi, eventi di vita.
Sul piano dell’organizzazione cognitiva, nei disturbi d’ansia è stata descritta una
rappresentazione del mondo come minaccioso e pieno di pericoli e di se stessi come
entità fragile e povera di risorse. Ai fini di un trattamento sia cruciale intervenire a
livello cognitivo ed emozionale.
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comorbidità del disturbo d’ansia generalizzato le linee guida proposte dal NICE
nascono da un esame sistematico della letteratura e dall’elaborazione di alcuni punti
fermi, tali da guida il clinico. È proprio in quest’ottica che si dovrebbe caratterizzare
un servizio pubblico attento capace di supportare l’intervento psicologico. Nelle linee
guida NICE fra gli interventi di autoaiuto vengono presi in considerazione l’offerta di
testi, informazioni su gruppi di supporto e informzioni su aspetti dell’ansia.
NICE-Linee Guida per il trattamento INTERVENTI PSICOLOGICI
del disturbo d’ansia generalizzato - TERAPIA cognitivo-
TRATTAMENTO A BREVE TERMINE comportamentale
Quando si presentasse la necessità di - Pratica da un professionista
gestione immediata del disturbo - Durata di 16-20 ore totali
d’ansia generalizzato si considerano - Da completare entro 4 mesi
le seguenti possibilità: Con interventi più brevi tra le 8-10
- Informazioni e sostegno ore si integra un programma di
- Problem solving autoaiuto
- Autoaiuto EVIDENCE STATEMENTS
- Benzodiazepine - non esistono evidenze che
TRATTAMENTO DI LUNGO PERIODO permettono di fare previsioni
Gli interventi efficaci sono: - nel breve periodo le tecniche
- Terapia psicologica cognitivo-comportamentali
- Terapia farmacologica sono efficaci come quelle
- Autoaiuto farmacologiche
- - esiste un elevato effetto
placebo
- comorbidità>il trattamento
dei disturbi d’ansia ha uno
benefico effetto su altri
disturbi.
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1. ATTACCO DI PANICO
L'attacco di panico è un episodio critico di ansia molto intensa, breve e transitoria,
detto in passato <<angoscia>>. Un <<attacco di panico>> è un periodo ben delimitato
di intensa apprensione, paura o terrore durante il quale sono avverti almeno 4 tra
questi sintomi:
1. tachicardia
2. sudorazione
3. tremori
4. sensazione di soffocamento
5. dolore al petto
6. nausea
7. svenimento
8. depersonalizzazione
9. paura di perdere il controllo
10.paura di morire
11.brividi/vampate di calore
Nell’attacco di panico sono in evidenza la violenza delle manifestazioni fisiche. È
possibile distinguere tra attacchi di panico provocati dalla situazione e attacchi
inaspettati(non provocati). I primi si manifestano o durante l’esposizione o durante
l’attesa di uno stimolo temuto. In questi casi è evidente il rapporto stimolo-risposta.
Questo genere di attacchi di panico provocati dalla situazione può presentarsi nel
caso di vari disturbi d’ansia.
Diverso è il caso degli attacchi di panico non provocati. L’attacco sopravviene del tutto
inatteso, sorprendendo la persona. Raggiunge l’apice rapidamente. L’esperienza
soggettiva più comunemente descritta è quella di essere sul punto di morire, oppure di
impazzire o di perdere il controllo.
Questi attacchi il più delle volte restano isolati, ma avvolte si ripetono innescando
gravi reazioni di disagio.
Il DISTURBO DI PANICO, è' dato da esperienze di attacchi di panico inaspettati e
ricorrenti, per un periodo non inferiore ad un mese, cui seguono persistenti
preoccupazioni di poter avere nuovi attacchi e alterazioni del comportamento.
• Agisce un processo di condizionamento classico per cui il ritorno in certe
situazioni può provocare lo scatenamento di un nuovo attacco.
Esordio tra tarda adolescenza e 35 anni. Può manifestarsi come voglia di fuggire dal
luogo in cui si sta manifestando l’attacco per raggiungere un luogo sicuro. Tale
processo può portare a un disturbo di panico con o senza agorafobia.
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5. FOBIA SOCIALE
La FOBIA SOCIALE E' caratterizzata da una paura marcata e persistente relativa a
una o più situazioni sociali o prestazionali(un esame, parlare in pubblico). La persona
teme di agire e comportarsi in modo inadeguato in presenza di persone non familiari,
di mostrare imbarazzo e vergogna. Conseguentemente le situazioni sociali sono
evitate o tollerate con fatica. Le persone possono presentare forti reazioni a carico del
sistema nervoso autonomo nelle situazioni ritenute più temute. Si può manifestare
una marcata ansia anticipatoria, istaurando un circolo vizioso che porta ad uno stato
di apprensione e sintomi d’ansia. La diagnosi di fobia sociale e appropriata solo se
l’interessato è consapevole del carattere irragionevole della propria paura e se va
incontro a limitazioni gravi per la propria vita quotidiana. Un aspetto critico e dato
dalle condotte di evitamento che si possono sviluppare e che possono essere
gravemente invalidanti( parlare in pubblico, andare alle feste). Altra limitazione
può aversi nel rapporto con l’altro sesso. Si può ricorrere all’abuso di alcool.
Di aiuto, ma in modo limitato sono: la farmacoterapia e la psicoterapia. Il modello di
CLARK e WELLS è quello che ha avuto più successo, che individua alcuni elementi di
diatesi cognitiva:
Distorsioni nella valutazione della probabilità e della gravità di eventi sociali
negativi-fallimenti che hanno conseguenze dolorose-
Criteri elevati nelle prestazioni sociali-ballare, cantare-
Convinzioni autosvalutative su di sé
Convinzioni disfunzionali sugli altri
Clark e Wells descrivo poi il circolo vizioso in cui si imbatte il pz quando deve
affrontare una situazione ansiogena: sintomi di attivazione neurovegetativa, produce
pensieri autovalutativi negativi, ignora eventuali feedback di simpatia
dell’interlocutore, può finire con il mostrarsi superbo, disinteressato. Questi autori
hanno dato il via alle ricerche sull’elaborazione post-evento->nel raccontarsi e nel
raccontare l’evento il pz scambierà i suoi timori per quanto è realmente accaduto, per
cui racconterà quelle situazioni come rifiuti.
.
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abitudini della persona. Il disturbo è parimenti presente nei maschi e nelle femmine.
Negli studi sui gemelli si mostra maggiore concordanza tra i gemelli omozigoti.
La ricerca eziologica sui disturbi ossessivi ruota intorno a quello chiamato paradosso
nevrotico: come sia possibile che una persona lucida perseveri in condotte che sa
essere assurde. Analogie d’obbligo sono il comportamento superstizioso e il gioco
d’azzardo.
Fin dagli anni ’60 il trattamento scelto per le psiconevrosi era la psicoanalisi.
Attualmente la psicoterapia cognitiva è impiegata con soggetti che presentano
ossessioni senza compulsioni. Attualmente la terapia farmacologica utilizzata è la
SSRI e la clomipramina.
Nello spettro ossessivo è incluso il disturbo di dismorfismo
corporeo(preoccupazione per un difetto nell’aspetto fisico). Questo disturbo insorge
durante l’adolescenza. questi soggetti solitamente stanno ore a pensare al difetto e
ricorrono anche a interventi per la loro correzione.
Altri disturbi dello spettro ossessivo sono la tricotillomania(strapparsi i peli) e il
disturbo di accumulare oggetti senza valore.
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2.Bulimia nervosa
Un’abbuffata o crisi bulimica è l’ingestione in un certo lasso di tempo(breve) di una
quantità di cibo esagerata rispetto a quello che la maggior parte delle persone
potrebbe mangiare nello stesso tempo/condizioni. Durante l'episodio il soggetto ha la
sensazione di perdere il controllo, di non riuscire a smettere di mangiare, di non poter
controllare cosa e quanto stia mangiando. L’episodio termina quando non c’è più
nulla da mangiare o per la sensazione di malessere. Va oltre la golosità, qui si
caratterizza per la quantità del cibo e non per la qualità. Le Crisi Bulimiche
avvengono di nascosto e in solitudine. Sono indotte da stati depressivi di umore ,
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3.DISFUNZIONI SESSUALI
La sfera sessuale implica infinite sfaccettature . E’ evidente la relazione tra
problematiche sessuali e problemi della relazione affettiva di coppia. Qui parleremo
delle DISFUNZIONI SESSUALI che Possono riguardare: uno o più fasi del ciclo di
risposta sessuale:
a) IL DESIDERIO, le fantasie sull'attività sessuale ed il desiderio di praticare
l'atttività sessuale.
b) ECCITAZIONE, riguarda la sensazione soggettiva di piacere sessuale
c) ORGASMO, che consiste nel picco del piacere sessuale
d) LA RISOLUZIONE, sensazione di benessere generale
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5.DISFORIA DI GENERE
Nella maggior parte del secolo scorso l’omofobia è stata classificata come malattia.
Nel 1973 l’APA(American Psychiatric Association) rimuoveva questa dal DSM. L’OMS
ha cancellato l’omofobia dall’elenco delle malattie mentali nel 1990.
Il caso dell’omosessualità rientra nel cosiddetto relativismo storico e culturale che
permea la storia della psicopatologia. In questo contesto si sono sviluppate nuove
attenzioni verso i termini di <<sesso>> e <<genere>>.
SESSO->va riferito agli indicatori biologici di maschio e femmina(organi sessuali,
capacità riproduttiva);
GENERE-> è utilizzato per indicare il ruolo vissuto dal soggetto in pubblico(donna ,
uomo, bambino). Qui i fattori biologici si integrano con fattori sociali e psicologici
nello sviluppo del genere.
La DISFORIA DI GENERE costituisce una delle nuove classi diagnostiche introdotte
nel 2015 col DSM-5. Nel DSM-IV era previsto il “disturbo dell’identità di genere”, oggi
cancellato. Qui non si pone l’accento sull’identificazione con un genere diverso dal
sesso biologico, ma sulla sofferenza connessa al fenomeno dell’incongruenza di
genere, ossia alla sofferenza affettiva e cognitiva di chi si ritrova estraneo nel proprio
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Si tratta di una famiglia di disturbi piuttosto ampia,accomunata dalla presenza di sintomi fisici che fanno pensare a malattie di natura somatica.
I disturbi somatomorfi sono accumunati da:
- Attenzione focalizzata su uno o più sintomi o fenomeni di natura somatica
-Tali sintomi causano forte disagio o limitazioni significative del normale funzionamento sociale,lavorativo o in altre aree
- I sintomi lamentati non sono suffragati dai reperti attesi negli esami di laboratori e non sono diagnosticabili in nessuna condizione medica
riconoscibile.
1. Disturbo di somatizzazione(che corrisponde in buona parte alla classica isteria),include contemporaneamente dolori riferiti ad almeno 4
localizzazioni,sintomi gastrointestinali,sintomi sessuali e pseudoneurologici .
E' un disturbo cronico
L'insorgenza si colloca di regola prima dei 30'anni
Il decorso successivo è fluttuante ed i sintomi possono modificarsi nel tempo.
2. Disturbo somatoforme indifferenziato - E' caratterizzato dalla presenza di una o più lamentele fisiche che persistono per sei mesi o più.
I sintomi più frequenti sono stanchezza cronica e perdita dell'appetito.
3. Disturbo di conversione - I sintomi di conversione non corrispondono all'alterazione d'alcuna struttura anatomica,ma all'idea che l'interessato si è
fatto di una condizione patologica.
4. Disturbo algido - il dolore diviene la preoccupazione principale nella vita del soggetto,si ha il ricorso frequente ai servizi sanitari,uso sostenzioso di
medicinali...
5. Ipocondria - Preoccupazione di avere una grave malattia che scaturisce dall'erronea interpretazione di sintomi somatici.
Spesso i pazienti ritengono che i loro sintomi non ricevano l'attenzione appropriata e le cure necessarie ;frquente è quindi il deterioramento della
relazione medico-paziente.
6. Disturbo di dismorfismo corporeo - Le preoccupazioni possono riguardare ogni aspetto del proprio corpo;difetti lievi o immaginari del volto,la
sudorazione,la forma o la dimensione del naso,delle orecchie del seno.
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• Uso della sostanza nonostante problemi sociali o interpersonali causati dagli effetti
di questa.
Ripetuti abusi possono portare al fenomeno della dipendenza da quella determinata
sostanza. Per avere dipendenza abbiamo bisogno di due fenomeni(pag 211). L’uso
continuativo di una sostanza dà luogo a effetti via via minori: quindi occorrono al
soggetto quantità crescenti prima di raggiungere l’intossicazione
8. DISTURBI DI PERSONALITA’
La personalità
Prima di parlare dei disturbi della personalità occorre inquadrare il concetto stesso di
Personalità cioè modalità perduranti o modelli abituali di percepire, rapportarsi e
pensare nei confronti dell’ambiente e di se stessi che si manifestano in un ampio
spettro di contesti sociali e personali.
L’aspetto chiave è quello della stabilità: la diagnosi di disturbo di personalità si basa
sul funzionamento a lungo termine della persona, al di là di periodi stressanti. Tali
caratteristiche sono riconoscibili durante l’adolescenza.
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CLUSTER “A”
gruppi di personalità caratterizzati dalla
stravaganza e dall'eccentricità
CLUSTER “C”
gruppo di disturbi della personalità causati
dall'ansietà e da problemi di controllo emotivo
1) DISTRUBO EVITANTE DI PERSONALITA’>> modalità pervasiva di
inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità al giudizio
negativo. Nel timore di essere criticate evitano comportamenti che
necessitano di un contatto interpersonale. Si vedono poco attraenti, e si
possono sentire umiliate dalle critiche.
2) DISTURBO DIPENDENTE DI PERSONALITA’>> hanno un bisogno
eccessivo di essere accuditi. Con un forte timore di separazione. Essi si
reputano incapaci di badare a se stessi. Permettono ad altri di prendere
decisioni al posto loro. Stentano a fare progetti.
3) DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO DI PERSONALITA’>> classificato
nell’ICD-10 come DISTURBO ANANCASTICO . E’ caratterizzato dalla
preoccupazione per l’ordine, da un’attenzione ai dettagli perfetta, che
interferisce con il completamento dei compiti intrapresi. Presentano una
dedizione al lavoro che porta a ignorare ogni altro aspetto della vita sociale.
Inflessibile e piena di scrupoli morali. Ha un attaccamento eccessivo agli
oggetti. Diverso dal DOC DEI DISTURBI D’ANSIA.
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Secondo Selye la reazione di stress ha un carattere adattivo cioè non è una condizione
patologica anche se può produrla.
Lo stress è una reazione dell’organismo aspecifica collocata sul piano endocrino.
Per quanto riguarda la misurazione di questo fenomeno un primo problema posto dai
ricercatori fu l’identificazione degli avvenimenti esistenziali stressanti in rapporto
con la malattia fisica.
Si tentarono di isolare una serie di 43 eventi che presentavano una frequenza
significativa prima dell’insorgenza di malattie somatiche.
Lazarus integra il modello di Selye con gli aspetti cognitivi connessi all’elaborazione
soggettiva circa gli specifici fattori stressanti.
Le differenze individuali sono cruciali nel rendere stressante qualcosa che per altri
può essere indifferente; inoltre a fronte a fattori inequivocabilmente stressanti
persone diverse reagiscono con modalità diverse.
Lazarus distingue due tipi di strategie di reazione:
1. Strategie focalizzate sul problema: azioni dirette alla soluzione di questo o
ricerca di info che ne facilitano la soluzione
2. Strategie focalizzate sull’emozione: riguardano una riduzione delle reazioni
emotive negative Un adattamento ottimale richiede strategie molteplici, flessibili e
calibrate sulla specificità dei fattori o degli eventi stressanti.
La risposta di stress è modulata in un duplice modo dalle caratteristiche psicologiche
del soggetto:
- Fase di percezione ed elaborazione dei fattori stressanti
-Fase di fronteggiamento di tali fattori.
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2. STRESS E MALATTIA
La sperimentazione sullo stress indotto sugli animali ha prodotto risultati eclatanti,
tuttavia non è potuta essere replicata su soggetti sperimentali umani; per questo
motivo sono state introdotte in questo ambito ricerche correlazionali che consentono
solo di dire se esiste una relazione tra indici di stress e malattia senza dire il motivo.
Le ipotesi e teorie prodotte sono diverse:
1. Teoria della debolezza somatica: sostiene che lo stress esercita un effetto
sull’organismo dove esso è più debole. Es: fattori genetici.
2. Teoria della reazione specifica: afferma che esistono forti differenze individuali
nella reazione del sistema nervoso autonomo. Nell’eziopatogenesi di un disturbo
psicofisiologico si trova la specificità della risposta individuale allo stress.
3. Teorie psicoanalitiche: ritengono che nell’eziologia si trovino conflitti psicologici e
che la natura di tali conflitti abbia un rapporto simbolico con lo specifico disturbo.
4. Mediazione dello stile di vita: rapporto tra stress e malattia sia indiretto cioè
mediato dallo stile di vita e modificazioni dei comportamenti che incidono sulla
salute.
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Un rilassamento profondo può essere raggiunto per vie molto diverse ad esempio
attività che assorbono il soggetto, metodiche extrapsicologiche (yoga, meditazione),
ipnosi che comporta importanti modificazioni neuropsicologiche alla pari dello stato
di coscienza.
In generale le tecniche di induzione operano un destrutturazione che altera i
sottosistemi che costituiscono lo stato di coscienza, modifica le certezze del soggetto e
le trasforma da dati di fatto a mere costruzioni soggettive.
La forma più evoluta di trattamento psicofisiologico è il biofeedback cioè l’uso della
moderna strumentazione psicofisiologica per fornire all’individuo informazioni
immediate e precise su variazioni di processi dell’organismo quali la temperatura
cutanea periferica, attività cerebrale e quella mioelettrica.
Si presume che il fornire all’individuo info relative all’aumentare o diminuire di questi
indici possa facilitare sia l’acquisizione di un autocontrollo di certe funzioni, sia
apprendimenti impliciti che portano a sviluppare stati fisiologici compatibili con
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Nella metà del 900 si è affermata in medicina e psicologia una posizione che richiama
il fatto che tutti i disturbi biologici hanno elementi psicologici e che tutti i disturbi
psicologici hanno elementi biologici che vanno considerati sia nella diagnosi sia nel
trattamento.
L’espressione disturbi psicosomatici e disturbi psicofisiologici non indicano una classe
di malattie ed è stata abbandonata la pretesa di considerarli nei disturbi mentali e
nervosi.
Nel DSM IV si prevede piuttosto la diagnosi di fattori psicologici che influenzano una
condizione medica.
La categoria diagnostica va riservata quindi a quelle condizioni in cui i fattori
psicologici hanno un effetto clinicamente significativo sul decorso o sull’esito di una
condizione medica generale. Sul piano della professione, per quanto riguarda il ruolo
dello psicologo clinico si pensa ad una figura con competenze di psicologia clinica,
della salute, esperta nei processi psicologici che hanno spazio in tutto il campo della
medicina.
7. MEDICINA COMPORTAMENTALE
Nella seconda metà del 900 si coniò l’espressione behavioral medicine per indicare
l’applicazione di tecniche comportamentali e cognitive a problemi della malattia
fisica.
Un ambito studiato dalla medicina comportamentale riguarda l’insonnia primaria
che si caratterizza per:
• Persona fatica a iniziare il sonno
• Una volta iniziato fatica a mantenerlo
• Al risveglio viene riferito che il sonno non è stato ristoratore e si accusa uno stato di
affaticamento e stanchezza.
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L’insonnia primaria riguarda il caso in cui il disturbo non è dovuto ne ad altri disturbi
né agli effetti di sostanze di abuso o farmaci.
Per l’insonnia gli interventi psicologici sono raccolti in 3 gruppi:
- Interventi che mirano in maniera diretta a diminuire il livello di attivazione
psicofisiologica
- Interventi mirati a modificare pattern comportamentali, abitudini e risposte
condizionate
- Interventi che si focalizzano su convinzioni, pensieri, abitudini alimentari,
apprensioni, paure.
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CAP 11 - PSICOTERAPIA
1. CARATTERISTICHE COMUNI E PREREQUISITI DEI DIVERSI TIPI DI PSICOTERAPIA
Il termine psicoterapia si riferisce a trattamenti di disturbi mentali o problemi
psicologici che utilizzano metodi psicologici.
Oggi accanto alle terapie tradizionali, troviamo psicoterapie estremamente brevi,
mirate su singoli problemi e legate ad un predefinito protocollo e questo suggerisce di
privilegiare l’espressione trattamento psicologico piuttosto che psicoterapia.
Le caratteristiche di base comuni alle varie forme di psicoterapia:
1. Una relazione interpersonale tra pazienta e terapeuta e un’alleanza a esclusivo
beneficio del paziente
2. Un luogo specifico e sicuro (setting) all’interno del quale si svolge questa relazione
3. La proposta da parte del terapeuta di nuove prospettive e punti di vista che danno
un senso a sensazioni confuse e indefinite
4. Un insieme di tecniche e procedure che specificano il modo di operare del
terapeuta.
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2. PSICOANALISI
È il nome di:
• Procedimento per l’indagine di processi psichici cui altrimenti sarebbe possibile
accedere
• Metodo terapeutico per il trattamento dei disturbi nevrotici
• Serie di conoscenze psicologiche che gradualmente si assommano e convergono in
una nuova disciplina scientifica
Essa è stata sviluppata da Freud ed è nata per la cura dei disturbi nevrotici
principalmente isterici; comprende un insieme di costrutti teorici sul funzionamento e
sviluppo della personalità.
Una delle assunzioni di base è che la vita psichica si svolge in prevalenza fuori dalla
consapevolezza e dal controllo in forma inconscia.
L’inconscio comprende contenuti psichici, attivamente esclusi dalla coscienza ai
quali non si può accedere se non in maniera indiretta e deformata.
I sintomi e le varie forme di disagio esprimono la presenza di conflitti inconsci la cui
origine risale ai primi anni di vita e un particolare disturbo dipende:
- Caratteristiche costituzionali del soggetto
- Ambiente di vita
-Esperienze
- Conflitti affrontati
- Configurazione della struttura psichica.
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PSICOTERAPIE PSICODINAMICHE
Nella storia delle associazioni psicoanalitiche sono state frequenti le controversie che
si sono tramutate in scissioni e rotture.
Nel 1911 Adler si trovò in distacco con Freud,se ne stacco è fondo' una sua scuola che
denominò PSICOLOGIA INDIVIDUALE.
Un secondo scisma si ebbe nel 1913 quando Jung si staccò da Freud e coniò
l'espressione di PSICOLOGIA ANALITICA.
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Nella seconda metà del 900 sono fiorite varie forme di psicoterapie psicodinamiche di
gruppo.
Un altro scisma molto importante fù quello di lacan,che venne espluso dalla sociètà
psicanalitica e organizzò una sua scuola tuttora presente nei paesi francofoni.
Già trent’anni fa, la British Association for Behavourial Psichotherapy, una delle
prime associazioni costituitesi in tale ambito, proponeva nel proprio statuto la
seguente definizione:
pavloniana;
- il piano dell’integrazione con le acquisizioni che provenivano dai vari rami delle
scienze psicologiche e delle neuroscienze;
- il piano dei risultati, dove esisteva insoddisfazione per i limitati benefici a fronte di
un trattamento lungo e impegnativo;
Nel corso degli anni ’70 l’approccio comportamentale ebbe, nei paesi
anglosassoni,uno sviluppo esponenziale che lo portò presto a superare per diffusione
la stessa psicoanalisi.
È difficile però dare delle informazioni di massima perché esistono moltissimi piani di
trattamento diversi.
All’interno di alcune impostazioni e filoni teorici emersi negli anni ’90 la durata del
trattamento tende ad allungarsi.
5. PSICOTERAPIE UMANISTICHE
Queste prospettive si collocano, nei confronti della persona, da una prospettiva di tipo
filosofico; tutte assumono l’esistenza di una“condizione” di autenticità dell’essere
umano.
Nella prima metà del secolo in Europa ha avuto un grande rilievo la concezione
filosofica fenomenologia, che ha avuto Husserl come massimo esponente.
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Rogers è stato anche uno dei maggiori propugnatori dei gruppi di incontro.
L’approccio centrato sul cliente si presta in un setting gruppale a creare un ambiente
facilitante.
La terapia della Gestalt è dovuta Fritz Perls , il riferimento alla psicologia della gestalt
si limita al carattere solistico ed integrativo. Tale terapia da una concessione
ottimistica della natura umana essa tende spontaneamente ad esprimersi
creativamente ed a sviluppare tutto il potenziale umano.
In tale concezione ci si concentra sull’ hic et nunc il passato non esiste più, il futuro
non esiste ancora. Porsi domande sul passato o sul futuro significherebbe perdere
contatto con il presente.
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6. TERAPIA SISTEMICA
Almeno nello scenario italiano è presente una quarta forza della psicoterapia:
L’oggetto di studio privilegiato in tale prospettiva è quanto avviene tra le persone, non
le caratteristiche delle singole persone. In quest’ambito, il contributo teorico
principale è stato offerto da Bateson e da un gruppo di ricercatori del Mental
Research Institute di Palo Alto in California, a partire dagli anni ’50.
Dunque lo studio del singolo elemento è marginale: centrale è l’analisi della totalità
del sistema nel quale si colloca l’elemento singolo.
Le transazioni che hanno luogo all’interno di una famiglia possono essere descritte
solo con sequenze circolari e sarebbe arbitrario fissare un punto di origine. In ottica
sistemica la psicopatologia non è vista come problematicità del singolo, ma come
risultante del sistema disfunzionali: pattern interattivi che si ripetono rigidamente nel
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Su linee in parte diverse dalla scuola di Palo Alto si evolve il cosiddetto modello
strutturale: la famiglia è vista meno dal punto di vista delle regole di comunicazione
e più come struttura che assolve le molteplici funzioni legate al ciclo vitale. I terapeuti
strutturali sono meno inclini ad elaborare il retroterra teorico. In particolare
Salvatore Minuchin sviluppa modalità di concettualizzazione delle famiglie in base ai
loro confini che avranno vasta diffusione: ad un estremo una famiglia invischiata con
confini estremamente permeabili, all’estremo opposto di un immaginario continuum
una famiglia disimpegnata caraterrizzata da confini impermeabili. Un terzo filone
non approfondisce affatto la dimensione familiare ma quel particolare fenomeno che
è la comunicazione suggestiva e l’ipnosi: con Erickson l’ipnosi conosce una seconda
giovinezza e diventa un fenomeno interpersonale.
Negli anni ’80 si è aperta una profonda fase di revisione che va sotto il nome di
seconda cibernetica nella quale confluiscono principi derivati dalla biologia in
particolare dalla cosiddetta scuola di Santiago (Maturana e Valera) altri principi
derivano dall’approccio conversazionale, dal costruttivismo radicale.
3. la discussione: si svolge tra i quattro terapeuti in assenza della famiglia nella quale
viene discusso e concordato l’intervento successivo.
4. la conclusione: nella quale uno dei terapeuti riferisce alla famiglia le valutazioni
conclusive dell’equipe con un eventuale commento su cui invitare la famiglia a
riflettere o una prescrizione pratica.
5. la post seduta: nella quale l’equipe dopo aver congedato la famiglia discute le
reazioni che la famiglia ha manifestato durante l’intervento conclusivo.
Ancora nel 1967 ella aveva fondato a Milano il centro per lo studio dellafamiglia nel
quale si formarono ed operarono quanti costituirono la scuola di Milano.
7. INTEGRAZIONE IN PSICOTERAPIA
1. Integrazione teorica in questa prima tendenza vengono integrati tra loro due o più
modelli nella speranza che il risultato sia migliorativo rispetto ai modelli di partenza.
Si opera dunque una fusione di elementi concettuali e una interpretazione degli uni
nel linguaggio degli altri.
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comuni. Obbiettivo di questa tendenza è tracciare un profilo dei fattori che risultano
troviamo Eysenck, il quale osservava che per poter parlare di efficacia bisognava
confrontare i dati con le “remissioni spontanee” che si registravano in pazienti che
non usufruivano della psicoterapia, ma solo dell’opera di sostegno non specialistico
offerto dalle strutture mediche. L’analisi delle ricerche sull’efficacia della psicoterapia
ha mostrato una forte variabilità nei risultati dell’intervento: per alcuni soggetti
produce grandi miglioramenti, per alcuni non produce miglioramenti diversi dalla
semplice remissione spontanea, mentre per altri produce un peggioramento. La
psicoterapia in effetti può essere responsabile del cosiddetto effetto deterioramento:
peggioramento dei sintomi, manifestarsi di sintomi nuovi e problemi diversi.
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Come abbiamo visto quindi il primo elemento da prendere in considerazione per poter
sostenere l’efficacia della psicoterapia è il fenomeno della remissioni spontanee. Un
secondo importante elemento da valutare è l’effetto placebo. Questo termine si
riferisce ad un miglioramento delle condizioni fisiche o psicologiche del paziente che
va attribuito alla sua convinzione di star ricevendo una qualche forma di cura
piuttosto che al fatto che quella cura sia effettivamente efficace. Negli ultimi vent’anni
le ricerche si sono concentrate sull’efficacia della psicoterapia con problematiche
specifiche.
FINE
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