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HOW

BRANDS
GROW
What Marketers Don’t Know

Byron Sharp
Oxford University Press – Australia & New Zealand, 2010

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Tanti suggerimenti utili per:

Chi desidera avere un punto di vista nuovo su come vendere e


comunicare con i clienti.
Imparare a considerare il marketing come una disciplina scientifica.
Mettere in atto strategie efficaci in grado di far crescere il proprio
brand.

L’autore del libro:


Byron Sharp è professore di Marketing Science alla University of South
Australia e direttore dell’Ehrenberg-Bass Institute, un istituto di ricerca
utilizzato e finanziato da grandi multinazionali come Coca-Cola, Kraft,
Kellog’s.
Sharp ha all’attivo più di cento pubblicazioni in ambito accademico;
ha scritto How Brands Grow in collaborazione con John Dawes, Jenni
Romaniuk e John Scriven, ricercatori dell’Ehrenberg-Bass Institute.

Smettere di basare il marketing su false credenze


e cominciare a considerarlo come una scienza

La maggior parte dei marketer basa le proprie strategie su idee accettate,


ma che non hanno riscontri reali in grado di dimostrarne l’efficacia.
Nonostante possa sembrare difficile inquadrare il marketing tra
le discipline scientifiche, è necessario prendere seriamente in
considerazione tutte le false credenze che circolano tra gli addetti ai
lavori e sostituirle con informazioni reali su ciò che funziona veramente.
Così come un architetto è prima di tutto un creativo e tuttavia non può
fare a meno di conoscere le leggi della fisica affinché ciò che progetta
possa letteralmente “stare in piedi”, allo stesso modo un marketer deve

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fare appello alla scientificità dell’impostazione del proprio lavoro. In
buona sostanza un marketer non si può permettere di applicare strategie
in modo casuale senza sapere quale ritorno avrà, deve al contrario prima
di tutto essere consapevole che anche il marketing, come qualsiasi altra
scienza, si basa su pattern (modelli) che si ripetono e proprio in virtù di
questo fatto i risultati delle strategie messe in atto sono (e devono essere)
prevedibili.

Ridimensionare il concetto di fedeltà del cliente

Un concetto molto sopravvalutato nel mondo del marketing è quello di


fedeltà del cliente. Partendo da questa idea (che non ha riscontri oggettivi
e dimostrabili) i marketer concentrano i propri sforzi nella relazione
con i clienti, nel fidelizzarli, nel far crescere la loro passione per la nostra
azienda. La verità è che non ha senso pianificare costosi programmi
fedeltà, poiché quest’ultima ha un impatto davvero trascurabile sulla
crescita di un brand.
Varie tipologie di test effettuati per comprendere se i consumatori
preferissero la Coca Cola alla Pepsi hanno dimostrato che la scelta
non viene fatta in base a una particolare percezione del gusto (e una
conseguente preferenza), ma è piuttosto condizionata dall’etichetta posta
sulla confezione.
Il marchio Coca Cola è talmente conosciuto e apprezzato (a prescindere
dalla sua qualità) che la maggior parte delle persone sottoposte
all’esperimento ha scelto Coca Cola quando in realtà nei campioni
assaggiati c’era Pepsi e viceversa (erano state poste etichette ingannevoli).
Questo a dimostrazione che non c’è una reale motivazione che spinga
un consumatore a scegliere una marca piuttosto che un’altra. La gente è
indaffarata, di corsa, volubile, risponde agli stimoli a seconda dell’umore
e alla fine l’amore per un brand è piuttosto una bella storia che una verità
provata. La maggior parte delle persone compra una determinata marca
per abitudine e per risparmiare tempo, non per un’autentica passione.

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Aumentare la propria base clienti invece di
concentrarsi solo sui clienti già esistenti

Di solito per far crescere un brand ci sono due diverse strade che si
possono percorrere: cercare di aumentare la propria base clienti oppure
fare in modo che i clienti già acquisiti restino con noi (puntando sulla
fidelizzazione del rapporto).
Nel mondo del marketing è convinzione comune che la strada migliore
sia quella di cercare di trattenere i clienti già acquisiti, rivolgendo le
strategie di pubblicità e comunicazione verso il miglioramento della
relazione, sopravvalutando appunto la cosiddetta “fedeltà” dei clienti.
Questa scelta però è del tutto controproducente e per comprenderlo è
sufficiente fare appello alla double jeopardy law (legge del doppio rischio)
che ha basi scientifiche, poiché frutto di ricerche, analisi e studio dei dati.
Questa legge empirica dimostra come i marchi con quote di mercato
più basse in un determinato settore hanno un numero di clienti molto
inferiore ai grandi brand e un conseguente tasso di fedeltà leggermente
più basso. Inutile andare contro una legge (sarebbe come se l’architetto
non tenesse conto della forza di gravità nel progettare un grattacielo),
molto più utile sfruttare la legge e muoversi nella sua direzione.
Ne consegue che sia perfettamente normale che aziende più conosciute
e che vendono di più abbiano più clienti e che tra questi la percentuale
di clienti fedeli sia maggiore. Il modello di acquisto della clientela è
direttamente dipendente dalle dimensioni dell’azienda e dalle sue quote
di mercato, per cui la direzione in cui deve muoversi il marketing
è quella di aumentare i clienti e non cercare di fidelizzare quelli già
esistenti.
Le aziende piccole hanno per loro natura un tasso di fedeltà leggermente
inferiore e dunque un numero maggiore di defezioni (persone che non
acquisteranno più), ma è importante tener presente che un’azienda non
può avere nessun tipo di controllo (a prescindere dalle dimensioni) su
queste defezioni.

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I clienti occasionali sono una fetta importante di
mercato

I marketer si basano sulla legge di Pareto, secondo cui il 20% dei clienti
di un’azienda (clienti abituali) determinano l’80% degli acquisti. Quando
parliamo di vendite però la proporzione non è esattamente quella di
Pareto, è piuttosto 60 a 20, vale a dire che poco più della metà degli
acquisti vengono effettuati dai clienti abituali, il resto delle vendite
riguarda i consumatori occasionali.
È chiaro che se tutti gli sforzi di marketing vengono direzionati verso i
consumatori abituali, perderemo una buona fetta, poco meno della metà,
di clienti dei nostri prodotti.
Per esempio, il cliente medio di Coca Cola fa circa dodici acquisti
all’anno, non è certamente una grande quantità, ma il numero di questi
clienti è così elevato da raggiungere cifre considerevoli. Nel parco clienti
di Coca Cola dominano comunque i clienti occasionali, alcuni dei quali
addirittura ne comprano una media di una bottiglia (o lattina) l’anno, ma
costituiscono comunque il 30% della clientela.
I clienti abituali, che possiamo definire fedeli, quelli che la consumano
quotidianamente o settimanalmente, con molta probabilità resteranno
sempre tali (a meno che non sopraggiungano motivazioni forti per
smettere di farlo, per esempio di salute).
Tutto questo conferma l’idea dell’importanza di convogliare gran parte
della propria strategia di marketing verso una maggiore penetrazione del
mercato, che sarà sempre per gran parte costituita da clienti occasionali.
Ricordiamo che anche i brand più piccoli (per esempio Pepsi) hanno un
andamento molto simile: il cliente medio compra 9 volte in un anno una
Pepsi.
Quindi generalizzando, ma basandoci su analisi e dati reali, possiamo
dire che la maggior parte dei clienti di un brand sono clienti molto
occasionali, che acquistano raramente, perché magari non sono
particolarmente interessati al settore e comunque cambiano spesso
marca.
Di conseguenza, quando si progetta il proprio piano di marketing, è
importante rivolgersi in particolare a questa tipologia di clienti per due
motivi fondamentali: sono tantissimi e possono facilmente dimenticarsi
di noi se non ricordiamo loro della nostra esistenza.

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Sfatare il mito della segmentazione della clientela
e cercare di vendere a tutti

Considerato il fatto che la fedeltà dei clienti è un falso mito, ma è


piuttosto un fattore numerico che dipende direttamente dalla grandezza
di un’azienda, la cosa migliore è cercare di vendere a tutti e non a
determinati segmenti di clientela. Le aziende che crescono sono quelle
con una vasta base clienti, che si rivolgono a più gente possibile. Quindi
quando si pensa ad una strategia di marketing, è controproducente
limitare il proprio target.
I brand di successo hanno un fascino universale e il marketing di massa
funziona bene quando è studiato in modo tale che con un solo messaggio
riusciamo a raggiungere più categorie diversificate di clienti.
Nel lontano 1959 un professore dell’Università delle Hawaii sottopose un
test sulla personalità a due categorie di persone: quelli che possedevano
una Ford e quelli che possedevano una Chevrolet. Per quegli anni
l’acquisto di una macchina era qualcosa di fortemente simbolico e
significativo, le rispettive marche di auto avevano lavorato per costruire
un’immagine ben distinta l’una dall’altra. Lo scopo della ricerca era
comprendere in cosa si differenziassero queste due tipologie di clienti.
I risultati di questi test mostrarono profili socio-demografici dei
clienti pressoché identici. La sconvolgente scoperta (la cui portata fu
ignorata) fu confermata circa cinquanta anni dopo con studi ancor più
approfonditi sulla profilazione dei clienti di grandi marche concorrenti;
venne ampiamente confermato il fatto che brand concorrenti
sostanzialmente hanno la stessa base clienti.
Questo dato empirico dimostra come sia inutile per un brand cercare
di differenziarsi dai concorrenti a tutti i costi e focalizzarsi solo su un
particolare segmento di clienti; è sbagliato presumere che un brand
attragga solo un determinato tipo di persone e oltremodo limitante per
la stessa azienda. All’interno della stessa categoria merceologica, la base
clienti dei vari brand è quasi identica; i clienti di Versace non presentano
caratteristiche diverse da quelli di Gucci (anche se quest’ultimo ha più
clienti, più negozi e vende di più).
Quindi la buona notizia è che i clienti dei nostri concorrenti possono
diventare anche nostri clienti, la cattiva notizia è che questo fatto è valido
anche al contrario.

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L’importante non è differenziarsi dagli altri brand
ma sapersi far notare tra la moltitudine

Una cosa importante da comprendere è che la maggior parte degli


acquisti non vengono fatti su base razionale, ma per una sorta di istinto
che ci spinge a comprare. Compriamo qualcosa senza realmente sapere
se e perché quel determinato prodotto sia meglio di un altro, non
ponderiamo davvero le differenze tra le varie opzioni che ci vengono
offerte.
Il concetto di differenziazione a tutti i costi è ormai diventato obsoleto,
è opportuno sostituirlo con l’idea che dobbiamo distinguerci tra la
moltitudine, come brand, ma è fatica sprecata cercare di differenziare il
nostro prodotto, puntare sulla sua unicità o perfezione.
Dobbiamo farci notare, questo sì, fare in modo che sia facile per la
gente ricordarsi di noi. Dobbiamo scegliere con cura logo, slogan,
colori, musiche: i nostri strumenti di marketing devono essere semplici,
coerenti e facili da ricordare. In tal modo lavoreremo sulla struttura della
memoria del consumatore, che gli permette di arrivare con il pensiero
molto velocemente a noi quando deve comprare un prodotto che
appartiene al nostro settore di competenza. Questa capacità di collegare
un’esigenza di acquisto con la nostra marca viene definita disponibilità
mentale, è quel momento preciso in cui la mente del cliente si ricorda di
noi, perché abbiamo lavorato bene in precedenza affinché ciò accadesse.

Il vero ruolo della pubblicità: ricordare alla gente


che esistiamo

La pubblicità nei nostri tempi si è ridotta a una continua battaglia


per catturare l‘attenzione dei clienti, cosa del tutto naturale, vista la
moltitudine di media, prodotti e aziende esistenti.
Chi fa pubblicità ha l’ingrato compito di fare in modo che il proprio
brand venga notato e possa distinguersi dai numerosi altri marchi
concorrenti. I consumatori sono distratti, indaffarati, non hanno tempo
e voglia di far fatica quando comprano: tutti elementi da tenere in
considerazione quando si tratta di attirare l’attenzione della gente.
Per questo è importante essere coerenti, per essere ricordati meglio

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ed evitare di confondere i clienti, perché è molto facile che un marchio
venga dimenticato. A prescindere dalle dimensioni dell’azienda e dal
budget a disposizione, bisogna sempre ricordare ai consumatori che ci
siamo. Più siamo visibili e degni di nota sul mercato, più verremo scelti.
Se siamo affamati e in giro per una città che non conosciamo (e amiamo
il junk food) sarà facile che la nostra scelta cadrà su McDonald’s,
semplicemente perché abbiamo fame, non vogliamo spendere troppo ed
è un marchio immediatamente riconoscibile.
La pubblicità ha la funzione di lavorare sulle strutture di memoria delle
persone, fare in modo che sia veloce e facile l’associazione con il nostro
brand.

Le offerte promozionali non sono una strategia


proficua nel lungo termine

La strategia di proporre delle promozioni ai clienti certamente porta a


un’impennata nelle vendite, ma il suo impatto nel lungo termine e sulla
crescita del brand è minimo.
Gli sconti possono far arrivare nuovi clienti attratti dal basso costo, ma
una volta che il prezzo salirà di nuovo i clienti diminuiranno. I marketer
usano questa strategia perché ha un impatto evidente e misurabile,
e perché sono convinti di attirare nuovi clienti, che poi potranno
fidelizzare, ma non ci sono evidenze reali che ciò si verifichi.
Analisi e ricerche dimostrano piuttosto il contrario: una volta finita
l’offerta, tutto torna esattamente come prima. Comprare quando ci sono
sconti e promozioni per molte persone è solamente una routine, una
vera e propria strategia di acquisto, che non li porta a cambiare abitudini:
continueranno a comprare il nostro prodotto (forse) solo se sarà
nuovamente in promozione. Ridurre i prezzi ha un vantaggio sul breve
termine, curare il brand e la pubblicità hanno effetti sul lungo termine.

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Disponibilità fisica e mentale: vendiamo di
più quando rendiamo più disponibile il nostro
prodotto

La cosa più importante per un brand è esserci, sia concretamente, sia


astrattamente.
Più il nostro prodotto è facile da avere, meglio sarà per noi. Sembra
una cosa banale, ma è estremamente importante tenerne conto nella
pianificazione delle nostre strategie per vendere di più. Se il cliente
riesce con facilità a trovarci (pensiamo a Starbucks che è presente in
tantissime città quasi ad ogni angolo) ovviamente sarà più semplice per
noi vendere. La disponibilità non è solo fisica presenza di negozi, può
essere anche facilità di distribuzione, efficacia delle consegne o velocità di
download e pagamento, se si tratta di un prodotto digitale; tutto ciò che
semplifica e favorisce l’acquisto è ottimo.
Il concetto di disponibilità di un brand non ha a che fare solo con la
facilità di accesso al prodotto, ma è anche strettamente connesso alla
velocità con cui nella mente del cliente appare il nostro brand quando
si trova in una situazione di desiderio di acquisto di un prodotto che fa
parte della nostra categoria.
Immaginiamo una persona che si trova in spiaggia e ha un improvviso
desiderio di gelato, quante possibilità ci sono che gli venga in mente
la nostra marca di cornetti? Se avremo lavorato bene nel creare
consapevolezza del nostro brand (attraverso coerenza di immagini,
logo, colori, musiche), può essere che nella testa accaldata del potenziale
cliente appaia proprio il logo luccicante della nostra marca di gelato. A
quel punto dipenderà da noi essere disponibili al chiosco più vicino: se
così sarà, avremo centrato perfettamente gli obiettivi di disponibilità
mentale e fisica.

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CITAZIONI

“I marketer si dimenticano molto facilmente quanto di rado i loro clienti acquistino i loro
prodotti.”

“Se paragonata all’esistenza di un’azienda, o alla vita professionale di un manager, un brand


sembra immortale. I brand che dominano da decenni lavorano sulla coerenza e non sul
riposizionamento.”

“I clienti di un brand raramente percepiscono il loro brand come diverso dalla concorrenza.”

Da ricordare
Un marchio occupa uno spazio infinitesimale nella vita di una persona; la
gente è talmente impegnata e bombardata di offerte che un’azienda deve
continuamente ricordare al mondo della propria esistenza. Cerchiamo
innanzitutto di entrare nella mente del potenziale cliente e di restarci,
rinfreschiamogli la memoria di tanto in tanto e facciamo in modo di essere
esattamente dove è lui: avremo così ottime possibilità di veder crescere il
nostro brand, nella consapevolezza che dovremo continuare a lavorare in
questa direzione.

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