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Gianpiero Lugli
ISBN: 9788838789656
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Dal catalogo Apogeo
Economia e discipline aziendali
Damodaran, Roggi, Finanza aziendale. Applicazioni per il
management, 3a edizione
Damodaran, Valutazione delle aziende
Daft, Organizzazione aziendale, 4a edizione
De Baggis, World Wide We. Progettare la presenza online: le
aziende dal marketing alla collaborazione
De Vito, Pietrobelli, Pugliese, Economia. Casi pratici e
teorici, 3a edizione
Elton, Gruber, Brown, Goetzmann, Teorie di portafoglio e
analisi degli investimenti
Galeotti (a cura di), La finanza nel governo dell’azienda
Ghiringhelli, Pero, Le PMI in Italia. Innovazione, strategie,
modelli organizzativi
Giunta, Pisani, Il bilancio, 2a edizione
Hoffman, Bateson, Iasevoli, Marketing dei servizi
Kreitner, Kinicki, Comportamento organizzativo
La Bella, Leadership
La Bella, Battistoni (a cura di), Economia e organizzazione
aziendale
Lieberman, Hall, Principi di economia, 2a edizione
Lieberman, Hall, Principi di microeconomia, 2a edizione
Lindstrom, Neuromarketing. Attività cerebrale e
comportamenti d’acquisto
Luenberger, Finanza e investimenti. Fondamenti matematici
Lugli, Neuroshopping. Come e perché acquistiamo
Noe, Hollenbeck, Gerhart, Wright, Gestione delle risorse
umane
Pastore, Vernuccio, Impresa e comunicazione. Principi e
strumenti per il management
Peretti, Marketing digitale. Scenari, strategie, strumenti
Perloff, Microeconomia. Teoria e applicazioni con il calcolo
differenziale
Sica, Scotti, Community management, 2a edizione
Shefrin, Finanza aziendale comportamentale. Decisioni per
creare valore
Solomon, Stuart, Marketing
Waner, Costenoble, Strumenti quantitativi per la gestione
aziendale
Winer, Marketing management
Indice
Prefazione
Capitolo 1 Preferenze sociali e scelte individuali
1.1 I paradossi della scelta
1.2 Scelte di consumo e scelte di acquisto
1.3 Scelte d’acquisto
1.4 Le preferenze: una costruzione relazionale
1.5 L’euristica dell’imitazione
1.5 Il caso delle scelte alimentari: solo una questione di
gusto?
1.6 Qualche implicazione operativa
Capitolo 2 Conseguenze dell’estensione del campo di
scelta
2.1 Scelta, libertà e benessere
2.2 L’impatto psicologico di una scelta eccessiva
2.3 L’impatto economico di una scelta eccessiva
2.4 L’impatto relazionale di una scelta eccessiva
Capitolo 3 Determinanti dell’estensione del campo di
scelta
3.1 L’espansione della scelta declinata per formato di
punto vendita
3.2 Politica assortimentale ed eccesso di varietà
3.3 La possibile compensazione tra estensione e struttura
dell’assortimento
3.4 Euristica della scelta in un contesto assortimentale
esteso
Capitolo 4 Come scegliamo
4.1 Perfezionisti e minimalisti
4.2 Maschi e femmine
4.3 I bambini
4.4 Gli anziani
4.5 I volitivi
Capitolo 5 La gestione corrente dell’eccesso di varietà
5.1 “Razionalizzare” l’assortimento per ridurre la scelta
5.2 Reversibilità della scelta per vincere le resistenze
all’acquisto
5.3 Facilitare la scelta con il volantino promozionale
APPENDICE Le meccaniche per incentivare la
restituzione
a punto vendita del volantino
5.4 Soluzioni adottate nell’economia digitale per facilitare
la scelta
Capitolo 6 Le nuove frontiere di gestione dell’eccesso
di varietà
6.1 Creazione di filtri e di percorsi tecnologici per
navigare l’assortimento
6.2 Dissociare realtà e percezione per sostenere la
propensione all’acquisto
6.3 Soluzioni di merchandising per facilitare la lettura
dell’assortimento
e la scelta
6.4 Sfruttare la propensione a socializzare gli acquisti
imitando
le scelte altrui
6.5 Come utilizzare i social network per facilitare
l’acquisto
in un assortimento esteso
6.6 Verifica sperimentale della socializzazione degli
acquisti grocery
in un supermercato Migross di Verona
Appendice Soluzioni cognitive per fronteggiare, come
individui, l’eccesso di scelta
Bibliografia
Il libro si propone di analizzare un fenomeno che ha assunto
grande rilevanza in molti settori: l’espansione esponenziale
delle alternative di acquisto. In particolare, questo lavoro
enfatizza l’errore che si commette quando si attribuiscono
all’ampliamento della scelta connotati positivi di per sé. Le
espressioni utilizzate per qualificare la scelta dei prodotti da
acquistare sono numerose ma, accanto al piacere dello
shopping ed al coraggio di scegliere,1 gran parte dei nostri
acquisti richiedono fatica e il superamento di notevoli
difficoltà.
Il volume si inserisce nel solco tracciato dalla behavioural
economics in quanto, nell’economia tradizionale, il fenomeno
dell’eccesso di scelta non esiste per definizione. Secondo
l’economia neoclassica infatti, l’acquirente interrompe il
processo di valutazione delle diverse alternative quando
l’utilità marginale che si aspetta continuando la ricerca del
prodotto/servizio meglio in grado di rispondere alle sue
esigenze è inferiore all’utilità che ricaverà
dall’individuazione del prodotto più performante rispetto a
quelli già valutati. Sebbene sia controintuitivo affermare che
l’ampliamento del campo di scelta generi minor
soddisfazione nell’acquisto e nel consumo, le conoscenze
sviluppate dalla psicologia cognitiva e dalle neuroscienze ci
permettono oggi di comprendere come una cosa buona possa
diventare cattiva quando viene offerta in dosi eccessive. Vi
sono infatti limiti nella capacità elaborativa della mente
cognitiva di cui le aziende dovrebbero tener conto quando
impostano la loro strategia di marketing.
La soddisfazione che proviamo nell’acquisto e nel
consumo di un prodotto non è peraltro indipendente dal
contesto in cui lo abbiamo selezionato. La scelta implica
infatti sempre un costo di opportunità psicologico legato alle
alternative scartate. Siccome nessun prodotto è mai ottimale
in tutti i benefici ricercati dall’acquirente, la soddisfazione al
netto del costo di opportunità si riduce all’aumentare della
scelta. L’esperienza di acquisto sta inoltre diventando
sempre meno gratificante in quanto l’espansione della scelta
ha raggiunto livelli tali da provocare confusione, panico,
ansia, incertezza, paura di sbagliare per la crescita della
nostra responsabilità e, soprattutto, un aumento del costo di
opportunità psicologico generato dalle alternative scartate.
Vi è poi anche l’insoddisfazione psicologica nel consumo che
discende dal rammarico che proviamo quando ci viene il
dubbio di aver fatto la scelta sbagliata; anche il rammarico
cresce in funzione dell’estensione del campo di scelta.
A fronte dell’insoddisfazione generata con l’espansione
delle alternative di acquisto, la risposta più ovvia, ma meno
appropriata, sarebbe quella della cosiddetta
“razionalizzazione” degli assortimenti. Questa opzione,
infatti, ostacola l’innovazione e la differenziazione
industriale del prodotto alzando nuove barriere distributive
all’entrata, che si traducono in conseguenze negative per
l’insegna e per l’economia. Il libro, dunque, si propone di
individuare le possibili soluzioni per facilitare il processo di
acquisto dei prodotti di largo e generale consumo in un
contesto di progressivo ampliamento della scelta, che viene
considerato come derivato imprescindibile dell’economia di
mercato. Dimostreremo che l’eccesso di informazione e la
complessità della decisione di acquisto che ne consegue
possono essere gestite indirettamente, senza ridurre le
alternative, semplicemente intervenendo sulla
rappresentazione della scelta (choice architecture).
Esamineremo il comportamento di acquisto in un contesto
rappresentato da un progressivo eccesso di scelta, senza
approfondire per contro il tema del comportamento di
consumo. Tuttavia, siccome esiste un evidente rapporto tra
scelte di consumo e scelte di acquisto, solo comprendendo le
relazioni tra queste due facce del nostro comportamento è
possibile far avanzare la conoscenza del consumatore e
informare, di conseguenza, il marketing delle imprese. In
particolare, è importante sapere se:
› le scelte di consumo precedono le scelte di acquisto;
› i driver delle scelte di consumo sono gli stessi delle scelte
di acquisto;
› il peso dei driver delle scelte di consumo e di acquisto è lo
stesso;
› le scelte di consumo e di acquisto possono essere entrambe
assunte come target delle azioni marketing dalle imprese
industriali e commerciali.
Per illustrare i meccanismi sottesi alla nascita delle
preferenze e individuare le relazioni tra scelte di consumo e
scelte di acquisto, ho chiesto a Maura Franchi, una collega
che si occupa di sociologia dei consumi presso l’Università di
Parma, di contribuire a questo lavoro. Il primo capitolo, a
sua cura, ripercorre alcuni temi chiave trattati dalle teorie
culturali sui comportamenti di consumo per argomentare
come le preferenze siano l’esito di una costruzione sociale in
cui le relazioni hanno un ruolo importante. “Il valore che
assegniamo ai beni scaturisce dalla condivisione sociale di
significati, si costruisce in un contesto relazionale,
nell’intersezione tra desideri individuali e significati sociali
condivisi”.
Nel secondo capitolo iniziamo l’analisi del comportamento
di acquisto in un contesto di progressiva estensione del
campo di scelta, distinguendo in particolare l’impatto
psicologico da quello economico e relazionale. Le
conseguenze negative dell’eccesso di varietà sono infatti
ampie e interessano diverse prospettive analitiche che
convergono nell’evidenziare un calo della nostra
soddisfazione quando il processo di acquisto si complica.
Posto che il comportamento dell’uomo si adatta
all’ambiente in cui si trova, nel terzo capitolo evidenziamo la
differenziazione dello sforzo cerebrale richiesto dall’acquisto
a seconda del formato di punto vendita. In particolare,
cercheremo di comprendere il rapporto tra le euristiche di
acquisto e l’ambiente espresso dal formato di punto vendita.
Maggiore è la complessità dell’ambiente in relazione alla
dimensione del punto vendita ed al numero delle alternative
offerte per categoria di acquisto, più complesso sarà di
conseguenza il comportamento del consumatore che non può
permettersi di gestire la difficoltà della scelta semplicemente
allungando il tempo della spesa. Nel terzo capitolo
cercheremo inoltre di identificare le dimensioni dell’eccesso
di scelta e di qualificare il significato di questo eccesso
indicando la soddisfazione nell’acquisto come differenza tra
benefici e costi della scelta e richiamando, di conseguenza,
la letteratura che sostiene che i costi crescono più dei
benefici all’aumentare della scelta. In particolare,
sosterremo che l’origine dell’eccesso di scelta deve essere
ricercato al di fuori della competizione tra insegne e
inquadrato nel contesto dell’innovazione industriale.
Dimostreremo che la soddisfazione dell’acquirente è legata
anche al contesto e non solo alla presenza del prodotto che
risponde puntualmente alle sue esigenze; selezionare il
prodotto preferito in un assortimento molto esteso non
equivale a selezionare il prodotto preferito in un
assortimento composto da poche alternative.
Infine, nel terzo capitolo svilupperemo anche una
riflessione sulla possibilità che gli effetti negativi
dell’estensione dell’assortimento possano essere in qualche
misura compensati equilibrando la struttura
dell’assortimento, vale a dire agendo sulla entropia e sulla
densità dell’offerta.
Nel quarto capitolo, esamineremo l’impatto che
l’estensione del campo di scelta può avere su diversi
segmenti di domanda. Alcune insegne hanno cercato di
orientare la razionalizzazione dell’assortimento facendosi
guidare, oltre che dalla bassa rotazione, anche dal profilo dei
loro clienti; Tesco e Kroger sono i casi più citati. È ovvio che
se un prodotto ha una bassa rotazione, ma viene acquistato
dai clienti alto spendenti e più fedeli, occorre pensarci bene
prima di eliminarlo. La segmentazione della clientela ci può
aiutare dunque a decidere quali prodotti è possibile
eliminare senza compromettere la vendita di altri prodotti,
ma è utile anche per comprendere il profilo dei consumatori
maggiormente colpiti dal fenomeno dell’overchoice. Una
volta individuato il profilo e la consistenza del segmento di
consumatori più portati a rinviare l’acquisto o a rinunciare
alla spesa nel caso di un campo di scelta troppo esteso, sarà
anche possibile selezionare con maggior efficacia le soluzioni
più idonee a facilitare la lettura dell’assortimento.
Nel quinto capitolo presenteremo una rassegna delle
possibili soluzioni per fronteggiare l’eccesso di scelta nei
diversi contesti. Per quanto riguarda il contesto fisico,
sosterremo la tesi che la cosiddetta razionalizzazione
dell’assortimento non si è posta come obiettivo la
facilitazione del processo di acquisto, bensì la crescita in
quota della marca commerciale; inoltre, documenteremo che
i primi tentativi di razionalizzazione dell’assortimento non
hanno dato buoni risultati sia in Italia che negli altri paesi.
Nel caso invece del contesto digitale, le soluzioni offerte per
gestire l’eccesso di informazione sono numerose ed i risultati
sono molto incoraggianti; l’estensione dell’offerta non ha
infatti complicato il processo di acquisto online e si è
tradotta in un aumento delle vendite di categoria.
Evidenzieremo dunque come i venditori online vincano la
resistenza all’acquisto del consumatore riducendo la sua
paura di sbagliare ed il rammarico; d’altra parte, è lo stesso
consumatore che, socializzando l’acquisto online, finisce per
ridurre i freni cognitivi alla spesa. La propensione del
consumatore a socializzare gli acquisti e a collaborare con il
venditore nelle diverse fasi del processo di acquisto,
rappresentano risorse da sfruttare per sostenere il sell out
nel contesto digitale. L’estensione profittevole
dell’assortimento, dunque, ha un potenziale molto diverso
nei formati online e offline. Se si vuole aumentare la capacità
di sostenere le vendite estendendo gli assortimenti fisici,
occorre trovare il modo di applicare alcune soluzioni
tecnologiche del commercio online al commercio offline
avvicinando, così, il comportamento di acquisto nei due
contesti.
Sempre nel quinto capitolo, dimostreremo che la gestione
dell’eccesso di varietà può essere utilmente affrontata sul
piano tecnologico modificando le componenti della catena
del valore distributivo: il contesto, il contenuto e
l’infrastruttura. Per quanto riguarda in particolare il
contenuto della catena distributiva del valore, si dimostrerà
che, per contrastare il disincentivo all’acquisto che discende
dall’eccesso di scelta, si può agire sul costo psicologico della
scelta rendendo reversibile la decisione. Vedremo poi che,
analogamente alla reversibilità della scelta, si può adottare
la strategia di garantire la convenienza; se il consumatore
può dimostrare che un prodotto è più conveniente come
prezzo a scaffale in un’altra insegna, gli viene rimborsata la
differenza. Anche in quest’ultimo caso, il venditore agisce sul
costo psicologico della scelta facilitando il trade off sulla
convenienza delle diverse insegne.
Infine, sempre nel quinto capitolo, vedremo che le
circostanze che hanno portato ad una eccessiva estensione
dell’assortimento sono le stesse che hanno generato un
aumento delle pagine del volantino. Con l’estensione
dell’assortimento di categoria aumentano infatti le
opportunità di contributi promozionali dell’industria e,
dunque, le pagine del volantino. Posto che l’industria offre
contributi promozionali per le marche/referenze che soffrono
rispetto ai propri obiettivi di vendita, sosterremo che
l’aumento delle pagine del volantino non è contrassegnato
da un aumento della sua capacità di crear traffico al punto
vendita. Anche da un punto di vista psicologico e
neurologico, l’aumento delle pagine del volantino non è
contrassegnato da un aumento della sua efficacia. Infatti, la
mente cognitiva dell’acquirente ha una limitata capacità di
elaborazione della convenienza promozionale offerta col
volantino da diverse insegne che operano in sovrapposizione
spaziale e rappresentano quindi possibili alternative. Quando
il numero di pagine del volantino è maggiore di trenta, come
si verifica in alcuni paesi e in alcune insegne, il volantino
diventa una sorta di catalogo la cui missione di marketing
consiste nel facilitare il consumatore nella compilazione di
una lista della spesa con riferimento all’insegna abituale. In
questo caso, il volantino diventa uno strumento offerto
all’acquirente fedele per agevolare la compilazione della
lista della spesa superando il disservizio dell’eccessiva
estensione dell’assortimento. L’evoluzione del volantino da
strumento promozionale a catalogo volto a facilitare la spesa
non è riconducibile solo all’aumento delle pagine, ma anche
alla distribuzione del volantino all’entrata del punto vendita,
in modo da consentire ai clienti di utilizzarlo come lista della
spesa; anche l’aumento del numero di prodotti per pagina e
l’assenza di frame dello sconto sono indicatori eloquenti
della minor valenza promozionale del volantino e della sua
trasformazione in catalogo.
Nel sesto capitolo svilupperemo nuovi approcci per
contrastare gli effetti dell’eccesso di varietà.
Per affrontare il tema dell’eccesso di varietà sul piano
normativo, distingueremo per prima cosa il choice overload
dall’information overload. Un assortimento esteso, ma ben
organizzato sul piano espositivo, facilita il processo di
acquisto; di conseguenza, è possibile espandere il campo di
scelta contenendo gli effetti negativi sul piano informativo
attraverso la manovra delle leve del merchandising.
Dimostreremo che, per contrastare l’impatto negativo che
l’eccesso di scelta può avere sull’acquisto, occorre cambiare
la prospettiva del merchandising: da set di leve manovrate
per influenzare il comportamento di acquisto secondo la
convenienza dell’insegna a soluzioni per agevolare il
processo di acquisto. Si tratta in altri termini del passaggio
dal condizionamento stigmatizzato nel modello “Autogrill”,
dove l’acquirente è costretto ad un percorso obbligato, oltre
alla permanenza in punto vendita più del desiderato, ad un
approccio basato sulla flessibilità nei tempi di fruizione e
sulla libertà nel percorso di shopping.
Nel sesto capitolo, inoltre, verranno rivisitati gran parte
degli assunti del merchandising tradizionale. L’idea che si
possano convenientemente aumentare gli acquisti d’impulso
con soluzioni di merchandising che si traducono in un
allungamento della permanenza del consumatore nel punto
vendita e in un aumento della superficie visitata è infatti
improponibile in un contesto caratterizzato dall’eccesso di
scelta. Proporremo dunque che il merchandiser modifichi il
suo ruolo: da gestore dello spazio espositivo per
massimizzare il ROI nel breve periodo ad “architetto della
scelta” con la responsabilità di organizzare il contesto per
facilitare l’acquisto e soddisfare così il cliente in una
prospettiva di lungo periodo. Il consumatore apprende infatti
emotivamente ogni volta che fa la spesa ed i suoi acquisti
sono in gran parte automatici; la mente cognitiva viene
infatti attivata più per la scelta del punto vendita che per la
scelta dei prodotti da inserire nel carrello della spesa.
Dunque, il punto vendita può essere immaginato come il
contesto in cui il consumatore apprende, mentre le leve del
merchandising possono essere interpretate come gli
strumenti di questo apprendimento. L’esperienza di acquisto
permette al consumatore di memorizzare informazioni di cui
non ha ricordo, che orienteranno la successiva scelta.
Dimostreremo, infine, che gli effetti negativi dell’eccesso
di scelta possono essere bilanciati, oltre che con una
rivisitazione della cultura di merchandising, anche
proponendo le alternative in modo asimmetrico, vale a dire
con una etichetta a scaffale che specifica il numero di
acquirenti o le vendite del prodotto e, quindi, realizzando
una sorta di ranking delle preferenze rivelate. Le decisioni di
acquisto non vengono infatti assunte solo pensando al
consumo del bene e, quindi, simulando nella nostra mente la
soddisfazione che proveremo. Al contrario, quando
decidiamo di assumere un determinato comportamento di
acquisto, teniamo conto anche delle scelte effettuate dagli
altri. Dunque, se veniamo a conoscenza delle decisioni di
acquisto altrui, questa conoscenza influenza in maniera
rilevante il nostro comportamento di acquisto. L’imitazione
del comportamento degli altri è riconducibile all’euristica del
riconoscimento: possiamo ridurre il tempo impiegato
nell’analisi delle alternative e contenere l’ansia della scelta
decidendo di imitare il comportamento della maggioranza
degli acquirenti o delle persone che consideriamo nostri
referenti in termini di fiducia o di appartenenza ad un
gruppo sociale.
Per verificare la consistenza della nostra propensione ad
acquistare per imitazione e analizzare quindi la possibilità di
sfruttare questa circostanza attraverso la comunicazione in
store, abbiamo realizzato un esperimento di socializzazione
degli acquisti grocery in un supermercato Migross di
Verona. In particolare, la ricerca si proponeva di verificare la
consistenza e la significatività della variazione della quota
del prodotto presentato come il più venduto.
L’esperimento è stato proposto sottolineando che la sua
utilità non era limitata al piano scientifico e accademico.
Infatti, in caso di conferma della presenza di una rilevante
propensione alla socializzazione degli acquisti, l’insegna
avrebbe potuto da un lato aiutare il consumatore a navigare
assortimenti di categoria molto estesi e, dall’altro, proporre
all’industria il ranking di marca come una nuova forma di
promozione delle vendite che prescinde dall’abbattimento
del prezzo.
In appendice concludiamo con la proposta di alcune
soluzioni cognitive per fronteggiare, come individui,
l’eccesso di scelta. Posto che, nelle economie occidentali, la
scelta che sperimentiamo ogni giorno è sempre meno un
privilegio e sempre più un onere, abbiamo ritenuto utile
concludere questo lavoro con l’individuazione delle possibili
scorciatoie mentali che ciascuno di noi può sviluppare per
fronteggiare l’eccesso di scelta. Sostanzialmente, si possono
immaginare due strategie. Si tratta, da un lato, di riflettere
prima di iniziare il processo di acquisto su ciò che realmente
desideriamo, per utilizzare poi uno dei filtri offerti dal
venditore o da intermediari autonomi e, dall’altro, imporre
limiti alla nostra libertà di scelta al fine di velocizzare
l’acquisto e migliorare la nostra soddisfazione di acquirenti e
consumatori.
Gianpiero Lugli
Dipartimento di Economia dell’Università di Parma
1 Savater F. (2006), Il coraggio di scegliere, Roma-Bari, Laterza.
Preferenze sociali
e scelte individuali
Maura Franchi
Figura 2.2: Le strategie di risparmio sul largo consumo (totale grocery, super,
iper, discount, specializzati, tradizionale
1
Scontrino e spesa media rilevata dalla Nielsen, anno terminante giugno 2011.
S+H SUPER HYPER
Scontrino Medio (€) 23,18 19,17 30,50
Spesa Media (€) 1.563,60 890,32 886,76
2 “[...] researchers examining perceived and actual time spent waiting in check-
out lines (Hornik, 1984) found a tendency for individuals to overestimate time
spent waiting. This result validated earlier research suggesting that time spent
on “passive” activities such as waiting in line or on the phone is overestimated,
while active uses of time are underestimated (Cottle, 1976) […]. While earlier
research maintained that consumers generally underestimate the duration of
active uses of time (Cottle, 1976), we found that the time spent choosing a
product can be underestimated as well as overestimated, depending on how
many products are available for selection. If the choice is made from a small
number of options, the time spent choosing will likely be overestimated,
especially if this set is characterized by positive correlations; if there are many
products to consider, time spent choosing will likely be underestimated,
regardless of the attribute structure.” Fasolo B., Carmeci F.A., Misuraca R.
(2009), “The Effect of Choice Complexity on Perception of Time Spent
Choosing: When Choice Takes longer but Feels Shorter”, Psychology &
Marketing, Vol. 26(3): 213–228.
3 Non consideriamo in questa analisi, perché irrilevante , il tempo impiegato per
raggiungere il punto vendita che ovviamente è maggiore per l’iper. A noi
interessa infatti solo la possibilità di semplificare il processo di acquisto in un
contesto caratterizzato da una maggior scelta impiegando euristiche cognitive.
4 Nella nostra analisi, il consumatore multichannel non è solo l’acquirente che si
serve di diversi formati online e off line (E-commerce, m-commerce, click &
collect, click & deliver), ma anche chi fa la spesa presso diversi formati di
punto vendita (ipermercati, supermercati, discount, convenience).
5 Secondo Comscore Mobilens, nel mese di giugno 2011, 14 milioni di americani
(il 6,2% degli utilizzatori di cellulari) ha scannerizzato almeno un codice QR sul
proprio cellulare per ottenere informazioni sul prodotto che stava acquistando.
6 The Economist, 23 aprile 2011, p. 64.
7 The Wall Street Journal, 28 aprile 2011.
8 Asplund C.L., Dux P.E., Ivanoff J., Marois R. (2006), “Isolation of a central
bottleneck of information processing with time – resolved fMRI”, Neuron, Vol.
52, n. 6, pp. 1109-20.
9 The Economist, 23 aprile 2011, p. 64.
10 La strategia di scoraggiamento dell’entrata può essere realizzata fissando il
prezzo al di sotto del costo di produzione del nuovo entrante ( limit pricing ),
oppure, ampliando il portafoglio prodotti con varianti per le quali esiste un
vuoto di offerta, ovvero una domanda insoddisfatta che potrebbe essere scelta
come target dai potenziali nuovi entranti. Nel caso in cui la preemptive
strategy venga realizzata ampliando la gamma dell’offerta aziendale, la
convenienza del lancio del nuovo prodotto viene valutata prescindendo dal
cannibalismo.
11 “Wheel a trolley down the aisle of any modern Western Hypermarket, and the
choice of all sorts is dazzling. The average American supermarket now carries
48.750 items, according to the Food Marketing Institute, more than five times
the number in 1975. Britain’s Tesco stocks 91 different shampoos, 93 varieties
of toothpaste and 115 of household cleaner.” The Economist, 18 dicembre
2010, p. 111.
12 LePage-3M 234 F.3d 141-2003
13 La liberalizzazione degli orari di vendita, introdotta dal governo Monti nel
2012 senza tener conto della diversa sensibilità della domanda di categoria
all’estensione dell’orario di apertura dei negozi, avrà conseguenze negative nel
grocery. Infatti, posto che tutte le insegne si sono adeguate alla nuova
opportunità e che le vendite non aumenteranno per effetto del maggior servizio
offerto, il consumatore finirà per pagare prezzi più alti per godere della
possibilità di una maggior scelta dei tempi in cui effettuare la sua spesa.
14 Nella categoria Birra, sono disponibili 56 varietà che si caratterizzano per
l’impiego di diverse materie prime, diversa gradazione alcolica, diverso colore,
diverso gusto e così via. Si veda in proposito: G. Lugli, Marketing distributivo,
Torino, UTET, 2009, capitolo 4.1.
15 Li E.A., Baurzhan S., Khan Z., “Testing for real option in consumer behaviour”,
paper presentato alla conferenza Marketing Trend di Parigi nel gennaio 2011.
16 Schwartz B., Ward A., Monterosso J., Lyubomirsky S., White K. (2002),
“Maximising versus satisficing: Happiness is a matter of choice”, Journal of
Personality and Social Psycology, n. 83. pp. 1178-1197.
17 Kahneman D., Slovic P., Tversky A., (1982), Judgement under uncertainty:
Heuristic, and biases, Cambridge, Cambridge University Press.
18 “A person’s resultant uncertainty over whether he or she has chosen the best
option available might then lead to a heightened sense of regret (e.g., ‘I chose
option A, but option B, C, or D might have been even better.’) Sagi and
Friedland (2007) demonstrated that as the number of available alternatives and
the diversity of those alternatives increases, the greater is the amount of regret
that people tend to experience following their decisions. Their experiment
demonstrated that it is not just the most attractive non-chosen option that
causes regret, but rather the aggregate of positive attributes of all the non-
chosen alternatives.” Haynes G.A., “Testing the Boundaries of the Choice
Overload Phenomenon: The Effect of Number of Options and Time Pressure on
Decision Difficulty and Satisfaction”, Psychology & Marketing, Vol. 26(3): 204–
212 (marzo 2009).
19 Schwartz B. (2009), The paradox of choice, HarperCollins, New York, l. 2201-7.
20 “ ...if costs increase faster than benefits, satisfaction is an inverted U-shaped
function of set size .That is, higher satisfaction is associated with choice from
intermediate—as opposed to large or small—set sizes, and the peak of the
function shifts when perceived costs and benefits change. [...] Common sense
suggests that people will be confused by having “too many” choice alternatives.
Interestingly, the German retail chain ALDI carries 35 times fewer products
than its rivals—traditional supermarkets—but sells more of each product
(Fasolo et al., 2009; Kumar, 2006). It is important to understand what is
enough.”
Reutskaja E. Hogarth R. M. ( 2009 ), “Satisfaction in choice as a function of the
number of alternatives: when ‘Goods Satiate’”, Psychology & Marketing, Vol.
26(3): 197–203.
21 I soci alto-medio spendenti rappresentano l’80% delle vendite a valore.
22 Bellini S., Cardinali M.G., Ziliani C. , “Targeted and mass approaches to
customer loyalty: are ends meeting?”, XVI EARCD International Conference,
Parma, giugno 2011.
23 Kahneman D., (2011) Thinking, fast and slow, Farrar, Straus and Giroux, New
York, Kindle location 6975-78.
24 “The neglect of duration combined with the peak-end rule causes a bias that
favors a short period of intense joy over a long period of moderate happiness”,
Kahneman D., (2011) Thinking, fast and slow, Farrar, Straus and Giroux, New
York, Kindle location 7458-61.
25“Despite the fact that large assortments often lead to more complicated choices
-especially for novice consumers- empirical data show that , when given a
choice, both novice and expert consumers universally prefer larger to smaller
assortments.” Chernev A., (2003), “When more is less and less is more: the role
of ideal poin availability and assorment in consumer choice”, Journal of
Consumer Research, vol. 30.
26 “In USA the right to the largest possible range of products to choose from is
nearly regarded as a fundamental human right. No wonder that customers’
choices there are endless. More is better! But less can be more if the pure
stress of decision making is relieved and product selection is satisfying.”
Schwartz, B. (2004), The Tyranny of Choice: Why More is Less, (in preparation)
citato in D. Staib, “Will Love last? Second-guessing the new, new thing”, The
European Retail Digest, Templeton College, University Of Oxford, Issue 43,
autunno 2004, p. 41.
27 Abbiamo già avuto modo di evidenziare in un precedente lavoro
(Neuroshopping, Milano, Apogeo, 2010) che le scelte migliori non sono
necessariamente quelle realizzate impiegando maggiormente la mente
cognitiva. In questa sede, ci preme richiamare che J.W. Goethe, all’inizio
dell’Ottocento, affermava che “Colui che lungamente medita, non sempre
sceglie la cosa migliore”.
28 “ At this point, choice no longer liberates, but debilitates. ....the fact that some
choice is good doesn’t necessarily mean that more choice is better”. Schwartz
B. (2007), The paradox of choice, New York, Harper Collins.
29 “Draeger Supermarket di Menlo Park offre 75 varietà di olio d’oliva, 250 di
senape e più di 300 tipi di marmellata. Alcuni psicologi sistemarono all’interno
del detto supermarket un banco per assaggi; sul ripiano c’erano a volte 6 e a
volte 24 vasetti diversi di marmellate rare. Il maggior numero di clienti si
fermava quando? Il 60% lo faceva quando c’era la scelta più ampia e solo il 40%
quando c’erano solo poche alternative. Ma, quando compravano di più una delle
marmellate esposte? Con le 24 alternative lo faceva solo il 3% dei visitatori, ma
quando ce n’erano solo 6 era il 30% a comprare qualcosa; a conti fatti dunque,
quando la scelta era limitata, i clienti che compravano i prodotti erano dieci
volte di più. Erano più attratti da un maggior numero di alternative, ma
compravano più spesso i prodotti quando c’era una scelta più limitata.”
Gigerenzer G., (2009) Decisioni intuitive, Milano, Raffaello Cortina Editore, p.
32.
30 Iyengar S., Lepper M.R. (2000) , “When choice is demotivating: Can one desire
too much of a good thing?”, Journal of Personality and Social Psycology, 79, pp.
995-1006.
31 “If most of the time when people defer choice, it is due to none of the available
options possessing an acceptable level of attractiveness, then having more
options will make it more likely that at least one of them is sufficiently
attractive. Thus, increasing the number of options should decrease the
likelihood of a deferral; that is, the allure of more choice effect will be
observed.”
White C.M., Hoffrage U., (2009), “Testing the Tyranny of Too Much Choice
Against the Allure of More Choice”, Psychology & Marketing, Vol. 26(3): pp.
280-298.
32 Lugli G. (2010), Neuroshopping, Milano, Apogeo.
33 Chernev A. , (2003) , “When More Is Less and Less Is More: The Role of Ideal
Point Availability and Assortment in Consumer Choice”, Journal of Consumer
Research, Vol. 30.
34 The Economist, dicembre 18, 2010, p. 113.
35 “But cash-strapped shoppers, P&G learned, aren’t as willing to splurge on
household staples with extra features. Droves of consumers started switching
to cheaper brands, slowing P&G’s sales and profit gains and denting its
dominant market share positions. In late 2008, unit sales gains of P&G’s
cheaper brands
began outpacing its more expensive lines despite receiving far less advertising.
As the recession wore on, U.S. market-share gains for P&G’s cheaper Luvs
diapers and Gain detergent increased faster than its premium-priced Pampers
and Tide brands. Over the past two years, P&G has accelerated its research,
product-development and marketing approach to target the newly divided
American market. At the high end, it launched its most-expensive skin-care
regimen, Olay Pro-X in 2009, which includes a starter kit costing around $60.
Previously, the Olay line had topped out around $25. Last year, the company
launched Gillette Fusion ProGlide razors at a price of $10 to $12, a premium to
Gillette Fusion razors, which sell for $8 to $10, and Gillette Mach3, priced at $8
to $9. At the lower end, its new Gain dish soap, launched last year, can sell for
about half per ounce of the company’s premium Dawn Hand Renewal dish soap,
which hit stores in late 2008.” The Wall Street Journal, 12 settembre 2011.
36 Hoch S.J., Bradlow E.T., Wansink B. (1999), “The variety of an assortment”,
Marketing Science, 18, pp. 527-546; E. Van Erpen, Pieters R. (2002), “The
variety of an assortment: an extension to the attribute–based approach”,
Marketing Science, 21, pp. 331-341; Lurie N.H., (2004), “Decision making in
information-rich environments: the role of information structure”, Journal of
Consumer Research, 30, 473-486.
37 Fasolo B., Hertwig R., Huber M., Ludwig M., ( 2009 ), “Size, Entropy, and
Density : What is the Difference that make the Difference Between Small an
Large Real-World Assortments?”, Psycology and Marketing, Vol.26(3); 261.
38 Ivi pp. 273-274.
39 Kahn B.E. , Wansink B. ( 2004), “The impact of assortment structure on
perceived variety and consumption quantity”, Journal of Consumer research,
30, pp. 519-533.
40 “Of these complexity factors, interattribute correlation is the one with the
longest research tradition. This is probably because a basic tenet of
multiattribute decision theory is the necessity to recognize when attributes are
negatively correlated (Keeney R.L., Raiffa H., “Choice complexity and time
perception”, Psychology & Marketing, DOI: 10.1002/mar2171976). For
instance, mobile phones with better values on one attribute (e.g., more
functions) can have worse values on another attribute (e.g., shorter battery
life). Technological trade-offs of this sort are common in certain categories of
consumer products (e.g., Curry & Faulds, 1986). For consumers, making trade-
offs means engaging in more effortful and cognitively complex compensatory
strategies (e.g., Payne, Bettman, & Johnson, 1993). Negative correlations,
therefore, are a factor that makes choice more complex, at least for consumers
who adopt compensatory strategies. In contrast, positive correlations (e.g.,
mobile phones that have more battery life also have more memory) make the
choice simpler, because the decision maker can select the preferred option with
quick and noncompensatory strategies (e.g., lexicographic strategies; Bettman
et al., 1993; Fasolo, McClelland, e Lange, 2008).”
Fasolo B., Carmeci F.A. Misuraca R. (2009), “The Effect of Choice Complexity
on Perception of Time Spent Choosing: When Choice Takes longer but Feels
Shorter”, Psychology & Marketing, Vol. 26(3): 213-228.
41 “Our hypothesis is that in their quest to offer something for everyone within a
finite range of attribute values, large assortments are more likely than small
assortment to overcrowd the attribute space with products that are very close
(but not identical) to other products. Density thus would exacerbate the tyranny
of choosing from larger assortments, with large, high-density assortments
leading to more difficult choices than small, low-density assortments.” Fasolo
B., Hertwig R., Huber M., Ludwig M., (2009), “Size, Entropy, and Density: What
is the Difference that make the Difference Between Small an Large Real-World
Assortments?”, Psycology and Marketing, Vol.26(3); 258-259.
42 Fasolo B., Hertwig R., Huber M., Ludwig M., (2009), op. cit., p. 261.
43 Fasolo B., Hertwig R., Huber M., Ludwig M., (2009), op. cit., pp. 275-276.
44 Kahneman D., (2011) op. cit. Kindle Location 356-360.
Come scegliamo
4.3 I bambini
Un’altra modalità di segmentazione della clientela potenziale
rispetto all’estensione del campo di scelta è la
clusterizzazione per fascia di età; in questo paragrafo
analizzeremo il segmento dei bambini.
Per quanto riguarda i bambini, bisogna subito prendere
atto che imparare a scegliere tra diverse alternative è una
pietra miliare del loro sviluppo. Nei primi anni di vita, il
bambino non conosce la vastità delle opzioni disponibili e
non sceglie tra diverse alternative, ma si limita ad accettare
o rifiutare ciò che gli viene proposto dai genitori. Con il
passare del tempo e in sintonia con lo sviluppo del
linguaggio, i genitori insegnano al bambino a scegliere
proponendogli diverse opzioni di uso del tempo, di cibo, di
divertimento; spesso la formazione alla scelta si esercita con
l’osservazione dell’adulto mentre acquista (co-shopping).
Questo addestramento non è tuttavia la prima forma di
educazione al consumo del bambino. Il bambino riceve infatti
un’eredità biologica dalla madre anche in materia di
consumo; il cervello del feto si forma riproducendo le
preferenze della madre per suoni, gusti e marche.9 Esiste
insomma un addestramento biologico durante la gravidanza,
che orienterà le nostre scelte per tutta la vita.10
Il senso dell’odorato si forma nel feto in relazione a ciò
che la madre mangia; la madre insegna al feto ad
apprezzare i profumi della sua dieta. Nello stesso tempo,
si riscontrano significative differenze nella struttura delle
aree del cervello deputate a processare gli odori perché
l’intermediazione del liquido amniotico influisce sullo
sviluppo di queste aree. Molte malattie che affliggono la
società derivano dal consumo eccessivo o carente di certi
alimenti. Comprendere i fattori che determinano la scelta
del cibo e l’alimentazione è importante per migliorare la
salute del bambino e dell’adulto.11
Può il feto diventare un target per le azioni di marketing?
Sembrerebbe proprio di si. Martin Lindstrom racconta che
Kopiko, una marca di caramelle molto nota nelle Filippine,
ha rifornito gratuitamente i pediatri ed i reparti maternità
per il libero consumo delle donne incinte e la conseguente
formazione del gusto dei neonati. La stessa impresa ha poi
lanciato una marca di caffè che aveva un gusto simile alle
caramelle Kopiko; la nuova marca di caffè è cresciuta
rapidamente in quota, anche presso il segmento dei bambini
che normalmente non apprezzano il caffè.12
Crescendo il bambino impara che la vita richiede
l’assunzione di decisioni che inevitabilmente comportano la
rinuncia a godere dei benefici delle opportunità scartate.
Imparare a scegliere bene tra un numero di alternative che
cresce a dismisura è difficile e richiede un grande impegno
da parte del bambino. L’addestramento alla scelta e la
trasformazione del bambino in un consumatore è un compito
educativo dei genitori, che tuttavia viene svolto in maniera
sempre più limitata e solo nei primi anni di vita in quanto
ben presto il bambino viene esposto alla pubblicità. È
appena il caso di precisare che l’educazione alla scelta non
può essere realizzata con riferimento ad un assortimento
esteso per le limitate capacità cognitive del bambino, che ha
una corteccia prefrontale in formazione.
Le imprese stanno moltiplicando gli sforzi per
raggiungere il target dei bambini. I piccoli mostri hanno
una straordinaria abilità nell’influenzare i genitori verso
gli acquisti di loro interesse. Vi è per altro la convinzione
che le abitudini apprese nell’infanzia durano anche
nell’età adulta. Così le imprese bombardano i bambini
con messaggi pubblicitari a partire dalla nascita. Il
bambino di tre anni riconosce in media negli USA 100
marche. Alcuni sanno anche ripetere i jingle. Se si offre
un’alternativa tra semplici carote e le carote di
McDonald, i bambini scelgono prontamente queste
ultime. Dal punto di vista dell’impresa, prima si aggancia
il potenziale cliente, tanto meglio. Alcuni esperimenti sui
topi suggeriscono che la propensione per il cibo
spazzatura può essere sviluppata durante la gestazione.13
La pubblicità ed il merchandising che hanno come target i
bambini assumono contenuti specifici e sono veicolati con
media specifici. Si pensi per esempio al ruolo del gioco
nell’addestramento all’acquisto e al consumo. Le fashion doll
(Barbie e Bratz), i fashion designer kit e i videogame,
svolgono tutti un ruolo importante nell’addestramento allo
shopping e al consumo strumentalizzando in sostanza il
gioco. Non è un caso che un retailer come H&M utilizzi
attraverso il licensing icone popolari (Garfield, Hello Kitty, i
Simpson, Snoopy, SpongeBob, Superman). Si pensi ancora
all’accordo commerciale realizzato da Benetton nel 2006 con
Barbie, che consisteva nel proporre i vestiti destinati alle
bambine insieme a bambole vestite nello stesso modo e
presentate con il claim “Barbie loves Benetton”. Vi sono poi
le cosiddette tecniche del trans-toying, che propongono
prodotti di consumo (biscotti, caramelle, patatine, pasta,
dentifrici e spazzolini) sotto forma di animali, lettere
dell’alfabeto e personaggi dei cartoni. I bambini diventano
dunque consumatori e acquirenti attraverso l’insegnamento
dei genitori, ma anche e soprattutto attraverso il gioco e
quindi grazie a un’attività di marketing che assume l’infanzia
come target primario. Il trans-toying può essere realizzato
anche agendo sui dettagli dei prodotti di uso comune, come
gli zainetti per esempio, aggiungendo occhi, ali, pinne e
quant’altro, al solo scopo di sfumare il confine tra gioco e
consumo.14 L’ambientazione del punto vendita o del reparto
destinato all’infanzia viene spesso organizzata simulando i
contesti di gioco. Al trans-toying si aggiunge poi la
miniaturizzazione del prodotto e del brand; si pensi in
proposito alle soluzioni adottate dal Mulino Bianco. Le
aziende hanno imparato a usare codici di comunicazione
propri dell’infanzia per instaurare una relazione con il
pubblico infantile, che rappresenta una domanda potenziale
da sottrarre ai competitor il prima possibile, anche prima del
momento in cui il bambino diventa autonomo sul piano
decisionale.
Spesso si confonde il consumo con l’acquisto e si
dimentica che non vi può essere educazione al consumo se
prima non si insegna ai bambini come scegliere tra diverse
alternative.15 Avendo poi i bambini una corteccia prefrontale
molto contenuta per estensione e ruolo, l’educazione alla
scelta acquista ancora più importanza in quanto è una delle
vie per costruire la mente cognitiva.
Anche il gioco online svolge oggi un ruolo importante
nell’addestramento alla scelta e nella formazione del futuro
acquirente – consumatore. Si pensi per esempio al Club
Penguin, un contesto virtuale progettato per bambini da 4 a
10 anni, che assegna al giocatore il controllo di un pinguino
come avatar da vestire, nutrire, divertire… Il sito Club
Penguin si propone ai genitori come uno spazio protetto
pensato per far divertire i bambini simulando la vita reale
degli acquisti che il bambino realizza con moneta virtuale.
Quando il bambino esaurisce la moneta virtuale, può
guadagnare altra capacità di spesa per il suo pinguino,
semplicemente giocando.
Più guadagni giocando, più acquisti puoi fare. Più acquisti
e più desideri guadagnare. Il sito può offrire ai genitori
una relativa sicurezza per i loro figli, ma è anche uno
strumento per apprendere le pene ed i piaceri
dell’acquisto compulsivo.16
Se il genitore ha il compito di educare il bambino a
scegliere, il bambino svolge per contro un ruolo di
suggeritore della spesa e finisce per condizionare in maniera
rilevante il comportamento di acquisto degli adulti. Che i
bambini influenzino le scelte degli adulti si può leggere
anche nel piano media delle aziende: Nickelodeon, un canale
televisivo per bambini, trasmette con alta frequenza spot di
auto di lusso e vacanze relax per la famiglia in luoghi esotici,
evidentemente facendo affidamento sul ruolo di influenzatori
dei bambini.17 Le aziende non considerano più dunque
l’infanzia solo come un mercato secondario da raggiungere
scegliendo come target gli adulti in quanto responsabili delle
decisioni di acquisto. Sempre più spesso l’infanzia viene
invece considerata come un mercato primario in una duplice
accezione:
› la fedeltà al brand inizia nell’infanzia, in quanto il bambino
di oggi sarà l’acquirente di domani (mercato futuro);
› il bambino non decide l’acquisto, ma può influenzarlo
(mercato di influenza).
Considerare l’infanzia come un mercato primario significa
sviluppare strategie di marketing specifiche, con codici
espressivi differenti da quelli degli adulti, ma accomunati
dall’obiettivo di stabilire una relazione positiva sul piano
dell’acquisto. E così il marketing ha invaso di fatto anche lo
spazio del gioco: molti giocattoli sono la semplice
riproduzione di personaggi e oggetti veicolati da programmi
televisivi, film e videogiochi.
Sfumando il confine tra pubblicità e divertimento, il
messaggio può generare notevoli benefici per l’impresa.
È possibile in primo luogo aggirare la regolamentazione
che proibisce la pubblicità televisiva del cibo spazzatura
ai bambini. In secondo luogo, il messaggio può
beneficiare di una diffusione virale dal momento che i
bambini, giocando e condividendo i contenuti del gioco
coi coetanei, diventano involontari ambasciatori della
marca. In terzo luogo, questi giochi creano dipendenza.18
Thomson (2010) e Lee et al. (2009) analizzano advergame
proposti da food brand mostrando il tentativo di orientare
il bambino nelle scelte di consumo attraverso la
persuasione implicita, l’immersione in una narrazione che
scavalca l’attenzione cosciente (Nairn e Fine, 2008). I
giochi online offrono contenuti emotivi interattivi (Bakan,
2011) orchestrati intorno alla paura o all’amore, come nel
caso citato di Club Penguin e Neopets.19
Anche i distributori hanno iniziato a scegliere i bambini
come target delle loro azioni di marketing, attraverso la
contestualizzazione dei prodotti loro dedicati in un unico
spazio, una comunicazione di punto vendita specifica per
genitori e figli, la realizzazione di club con carte dedicate e
lo sfruttamento della multicanalità. Si pensi per esempio
all’esperienza di Finiper, che ha realizzato un baby club con
una carta specifica ed una vivace presenza su Facebook e
Twitter.20
Nel nostro Paese le iniziative online vanno dalle pagine
Facebook dedicate ai prodotti per bambini21 o finalizzate
all’educazione alimentare (Kinder Colazione), alle
comunità virtuali basate sul gioco (Kinder Tv), fino al
coinvolgimento dei bambini nella progettazione dei siti
stessi (Nesquik).
My page è una comunità in cui i bambini possono creare
pagine web personalizzabili attraverso giocattoli digitali
(i kidget),22 che possono assumere la forma di game
online, video, disegni da colorare, ma anche sondaggi e
curiosità. Dietro alcuni kidget si nascondono noti brand
come Lego e Clementoni che sfruttano il gioco per
instaurare un legame con il bambino veicolando i valori
della marca.23
4.5 I volitivi
La decisione di acquisto è spesso frutto dell’interazione tra
la mente emotiva e la mente cognitiva, ovvero
dell’attivazione di processi automatici e controllati. Questa
interazione è regolata da meccanismi di interpretazione,
cooperazione e competizione. Quando la corteccia orbito
frontale (OFC) orienta la scelta, la mente emotiva ha già
deciso. Le emozioni sono dunque una componente intrinseca
del processo decisionale, non un input che devia il cervello
consapevole dalla scelta più razionale.27 In molti casi, la
mente consapevole rappresenta solo un freno al
decisionismo della mente emotiva. Come i fumatori devono
fare uno sforzo cognitivo per contenere il loro impulso, e così
fanno gli individui in sovrappeso che tentano di resistere
all’impulso di abbuffarsi, lo stesso si può dire per il
comportamento di acquisto con riferimento agli individui che
cercano di frenare cognitivamente il loro impulso a
spendere. Ecco perché si parla comunemente di individui
con maggior o minor forza di volontà, intendendo con questo
la capacità di resistere agli impulsi delle emozioni. È stato
peraltro sperimentalmente dimostrato che la forza di volontà
è una risorsa limitata, che si esaurisce man mano che viene
utilizzata.28 Per cui, inevitabilmente, le emozioni finiscono
per prevalere in quanto la mente consapevole non riesce a
resistere a lungo alle tentazioni; l’energia mentale si
esaurisce dunque come l’energia fisica a seguito di un
utilizzo prolungato.29
La forza di volontà si esaurisce con l’uso. L’autocontrollo
diventa via via più difficile e alla fine soccombiamo alle
tentazioni. Una volta che le risorse di autocontrollo sono
esaurite, cambiamo idea circa il comportamento da
assumere.30
Gli psicologi hanno studiato la forza di volontà
prescindendo dalla difficoltà della decisione e, in particolare,
dall’impatto che l’eccesso di scelta può avere sulla difficoltà
della decisione e di conseguenza sull’esaurimento della forza
di volontà. Immaginiamo ora una sorta di tiro alla fune tra la
mente emotiva, che ci spinge ad acquistare, e la mente
cognitiva che al contrario frena la nostra propensione
all’acquisto. Il freno cognitivo all’acquisto può essere
spiegato con riferimento a motivazioni di ordine superiore
come il risparmio per far fronte a un futuro incerto, ovvero
la necessità di perdere peso per ridurre i rischi che l’obesità
rappresenta per la nostra salute, ma può essere ricondotto
anche alla difficoltà del trade off dei benefici ricercati in un
assortimento molto esteso. Posto che la nostra energia
mentale diminuisce in funzione del numero delle scelte che
facciamo e della difficoltà delle scelte stesse, non c’è dubbio
che, quando siamo costretti a scegliere una marca/referenza
in un assortimento di categoria molto vasto, la nostra mente
cognitiva si affatica.
Abbiamo visto nei precedenti capitoli che l’eccesso di
scelta genera confusione, disorientamento, panico e ansia;
ciò che si può tradurre nell’incapacità di decidere e, quindi,
nel rinvio della decisione. Quando però la decisione non può
essere rinviata, come nel caso degli acquisti grocery,
l’affaticamento mentale generato dall’eccesso di scelta si
traduce in euristiche semplificate che riducono la
componente cognitiva nel processo decisionale.
L’affaticamento mentale ci porta a risparmiare risorse
cognitive:
› focalizzando la decisione solo su uno o pochi benefici
ricercati;
› accettando i consigli del personale di vendita e, di fatto,
rinunciando a decidere;
› socializzando gli acquisti con la scelta dei prodotti più
venduti.
Quando entriamo in un punto vendita grocery, le decisioni
da assumere sono numerosissime e molto complicate:
dobbiamo scegliere il miglior percorso per risparmiar tempo
nella localizzazione dei prodotti che ci interessano e, davanti
allo scaffale in cui è esposta la categoria, dobbiamo
confrontare numerosissime alternative. È ovvio che, man
mano che procediamo nella spesa, la fatica mentale si
accumula e, di conseguenza, si riduce la forza di volontà che
frena la nostra propensione agli acquisti e cambia il processo
decisionale perché risparmiamo via via risorse cognitive.31
Questo significa che il layout merceologico, ovvero la
localizzazione delle categorie in punto vendita, non è
rilevante solo in relazione al flusso dei clienti, in quanto la
localizzazione nelle aree più frequentate aumenta la
probabilità di vendita del prodotto perché aumentano i
contatti con la clientela, ma è rilevante anche in relazione
alla fatica mentale che si accumula nel processo di acquisto.
I prodotti localizzati alla fine del percorso di acquisto
beneficiano cioè di un esaurimento della forza di volontà e di
una prevalenza della mente emotiva sulla mente cognitiva.
Le categorie dolciarie (confectionary), le merendine e gli
snack, se posizionati alla fine del percorso di acquisto e in
avancassa, possono beneficiare di una riduzione della forza
di volontà dell’acquirente e della prevalenza della mente
emotiva nella decisione di acquisto. Inoltre, visto che il
carburante del cervello è lo zucchero, e considerato che la
fatica di decidere abbassa gli zuccheri, posizionare le
categorie del dolce alla fine del percorso di acquisto significa
sfruttare un bisogno fisiologico dell’acquirente per vincere
anche in questo modo le sue resistenze all’acquisto.32
Una delle scoperte più importanti della psicologia
cognitiva negli ultimi decenni è stata la dimostrazione
dello sforzo che sopportiamo quando svolgiamo diversi
compiti in successione, specialmente se siamo sottoposti
ad una pressione temporale. […] Il sistema nervoso
consuma più zucchero di qualsiasi altra parte del corpo
[…]. Quando siamo attivamente impegnati in difficili
compiti cognitivi, ovvero in attività che richiedono un
autocontrollo, il livello di zucchero nel sangue cala.33
La fatica mentale si accumula durante l’acquisto, ma il
cliente può essere mentalmente affaticato anche quando
entra nel punto vendita. Siccome prendiamo decisioni
continuamente, fare la spesa il pomeriggio o la sera implica
una fatica mentale maggiore rispetto alla spesa di mattina.
Le insegne hanno fino a ora gestito il tempo della spesa con
la discriminazione temporale dei prezzi; per ridurre le
conseguenze negative della concentrazione temporale delle
vendite.34 I distributori offrono infatti incentivi a chi cambia
il comportamento di acquisto scegliendo i giorni e le fasce
orarie meno frequentate. Dato che l’affaticamento della
mente ha rilevanti conseguenze sul comportamento di
acquisto, potrebbe essere conveniente incentivare i clienti
ad acquistare nel tardo pomeriggio quando la loro resistenza
cognitiva è ridotta per effetto dell’affaticamento mentale
prodotto dalle decisioni assunte nella giornata.35
Fonte: Burton S. Lichtenstein D., Netemeyer R., (1999), “Exposure to sales flyers
and increased purchases in retail supermarkets”, Journal of advertising research,
39,(5), pp. 7-14.
Per verificare sperimentalmente questo effetto,
bisognerebbe sottoporre alcuni soggetti a risonanza
magnetica funzionale per osservare le attivazioni cerebrali
indotte da diversi livelli di affollamento unitamente alla
presenza/assenza di frame dello sconto. Sarebbe inoltre
opportuno studiare la rappresentazione del prezzo pieno e
scontato con riferimento al corpo di stampa. Per quanto
riguarda l’affollamento e il frame, le ipotesi sperimentali
consistono nel verificare se:
› l’attivazione e la memorizzazione si riducono passando
dalla vista di una pagina con 1 prodotto (copertina), 4
prodotti e 16 prodotti;
› con il passaggio dalla vista di pagine senza frame dello
sconto a pagine con frame dello sconto, si attivano anche le
aree della corteccia prefrontale deputate al ragionamento e
al calcolo.38
Infine, per verificare l’impatto del corpo (la dimensione)
di stampa con cui sono rappresentati il prezzo pieno e il
prezzo scontato, bisognerebbe manipolare la pagina del
volantino. Ai soggetti dovrebbe essere infatti mostrata la
pagina:
› con frame a corpo attuale, vale a dire il prezzo scontato con
corpo molto maggiore al corpo del prezzo pieno;
› con frame a corpo invertito, vale a dire il prezzo scontato
con corpo molto minore al corpo del prezzo pieno;
› con frame a corpo uguale, vale a dire il prezzo scontato con
corpo uguale al corpo del prezzo pieno.
In linea di principio, la comunicazione più efficace è
quella che minimizza lo sforzo cognitivo di comprensione;
una grande differenza tra il corpo del carattere utilizzato per
il prezzo pieno e il prezzo scontato non soddisfa questa
condizione. Se si utilizza il colore, il messaggio è più
credibile quando è scritto in rosso o in blu rispetto a colori
meno forti. Anche la sequenza dei prodotti è di grande
importanza perché la prima impressione che maturiamo
condiziona poi la visibilità delle proposte successive.39
Per quanto riguarda poi il framing della promozione, nella
Figura 5.10 è indicata l’incidenza delle diverse tipologie
promozionali a livello nazionale; in questa sede interessa in
particolare la quota delle cosiddette “promozioni non
dichiarate”, vale a dire le promozioni che non vengono
rappresentate indicando il prezzo pieno e il prezzo scontato,
ma solo quest’ultimo. Il peso di queste promozioni senza
framing si sta infatti riducendo, ma è ancora la tipologia
dominante. Come mai le insegne non tengono conto della
necessità di specificare un’àncora cognitiva?
La progettazione dei volantini è realizzata a livello
centrale per massimizzare in questo modo i contributi
dell’industria; a fronte di contributi marketing centralizzati,
riscontriamo una sostanziale discriminazione spaziale dei
prezzi al consumo e, di conseguenza, l’impossibilità di
stampare un volantino con prezzo pieno e prezzo scontato
uniformi sul territorio. Per evitare di proporre lo stesso
prodotto con diversi prezzi promozionali in punti vendita
della stessa insegna40, ma localizzati in diversi territori,
senza rinunciare per contro alla centralizzazione del
volantino, la soluzione più ovvia sembrerebbe essere quella
di scrivere sul volantino solo il prezzo promozionale e non
anche il prezzo pieno e/o la percentuale di sconto. In questo
modo, il prezzo promozionale è unico per tutti i punti
vendita, ma la profondità dello sconto varia da territorio a
territorio senza che il consumatore se ne accorga. Il
fenomeno appare particolarmente consistente perché,
secondo folder@net2.0 di Nielsen, il 63-65% delle referenze
a volantino è proposto con il prezzo finale senza il prezzo di
partenza; addirittura, nel caso dell’ortofrutta, l’assenza
dell’ancora raggiunge l’85% della numerica. Posto che la
promozione di prezzo si rivolge essenzialmente alla mente
cognitiva, che elabora le informazioni in termini relativi, vale
a dire con riferimento all’àncora rappresentata dal prezzo
pieno di cui spesso non si ha memoria, riteniamo che il
volantino abbia oggi un’efficacia inferiore al suo potenziale
anche per la mancanza di un frame dello sconto.41 Resta da
capire se si tratta di un’evoluzione del ruolo del volantino
decisa consapevolmente, ovvero, se non si tratti piuttosto di
una conseguenza indesiderata della centralizzazione dei
contributi promozionali. In quest’ultimo caso, la
centralizzazione della negoziazione sarebbe responsabile
della riduzione dell’efficacia dello strumento.
Figura 5.10 Incidenza delle promo a volantino senza l’ancora del prezzo pieno
Fonte: Folder@net 2.0-Nielsen
1 Chong J.K., Ho T.H., Tang C.S., 2001, “A modeling frame work for category
assortment planning”, Manufacturing & Service Operations Management,
3(3)191-210; Kok G., Fisher M.L., 2007, “Demand estimation and Assortment
Optimization under substitution: methodology and application”, Operations
Research, 55(6) 1001-1021; Fisher M.L., Vaidyanathan R., 2009, “An Algorithm
and demand estimation procedure for retail assortment optimization”, The
Wharton School, OPIM Department.
2 Broniarkzyk S.M., Hoyer W.D., McAlister L. (1998), “Consumer’ Perceptions of
the Assortment Offered in a Grocery Category: The impact of Item Reduction”,
Journal of Marketing Research, Vol. XXXV, pp. 166-176.
3 “Using the simple rule of eliminating low-selling items, we find that a 25% SKU
reduction results in only 7% of subjects findings their favorite product
unavailable. … Maintaining a constant shelf space is critical in minimizing the
impact of SKU reductions. …The cues of Favorite Available and Category
Space can attenuate the impact of SKU reduction and raise the level of the
threshold at which consumers notice a difference.” Broniarkzyk S.M., Hoyer
W.D., McAlister L. (1998), op. cit. p. 174.
4 La bassa rotazione è nella fattispecie confermata dalla polvere riscontrata sulla
marca premium e sull’assenza di polvere nelle altre marche.
5 “When directly compare or weigthe against each other, losses loom larger than
gains. This asymmetry between the power of positive and negative
expectations or experiences has an evolutionary history. Organisms that treat
threats as more urgent than opportunities have a better chance to survive and
reproduce”. Kahneman D., (2011) Thinking, fast and slow, Farrar, Straus and
Giroux, New York, Amazon kindle, location 5105-7.
6 “The default option is naturally perceive as the normal choice. Deviating from
the normal choice i san act of commission, which require more effortful
deliberation, take on more responsability, and is more likely to evoke regret
than doing nothing. These are powerful forces that may guide the decision of
someone who is otherwise unsure of what to do.” Kahneman D. (2011), op. cit.,
Kindle location 7498-7501.
7 Secondo il Census Bureau, gli americani hanno in media 8,5 carte. La
moltiplicazione delle carte possedute è la via per estendere il credito; una
volta raggiunto il limite di credito in una carta, si passa all’utilizzo di un’altra
carta. Il debito medio degli americani per gli acquisti con carta è passato da
2.697$ nel 2004 a 8.000$ nel 2007; per gli acquisti a credito con carta, gli
americani pagano un tasso di interesse medio del 18%.
8 Dato che il pagamento con carta è realizzato da compratori non abituali che il
distributore considera marginali, vale a dire clienti che non acquisterebbero in
caso non si accettasse il pagamento a credito senza oneri aggiuntivi, è normale
accettare una minor marginalità per questo segmento di acquirenti.
9 “German department store operator Karstadt has announced it is looking to
reduce its product range, Financial Times Deutschland reports. As such, the
retailer will close its multimedia departments and review others. In addition,
the retailer will slash its fashion assortment – the core of Karstadt department
stores – by 20%. The retailer is also looking to cut its number of suppliers.
Andrew Jennings, Karstadt CEO, told Financial Times Deutschland: “We had
too wide a product range for too long. The retailer has to come up with a
reasonable pre-selection for its customers to make shopping simpler.” Planet
Retail, 29 febbraio 2012.
10 Più avanti vedremo che il miglior modo per affrontare l’eccesso di scelta non è
la razionalizzazione dell’assortimento, in quanto difficile da realizzare senza
compromettere l’effetto àncora, penalizzare le preferenze dei migliori clienti e
ostacolare l’innovazione di prodotto. Cercheremo infatti di dimostrare che
l’eccesso di informazione non si può evitare, ma si dovrebbe gestire con
soluzioni che facilitano la lettura delle alternative e il processo di acquisto.
11 “Tesco has delisted a variety of products in the Republic of Ireland, local press
reports. Notable examples of de-listed brands include De Cecco and Barilla
pasta, leaving Tesco’s own brand varieties alongside Roma and Napolina. Other
categories have also reportedly been the subject of SKU rationalization”. Fonte:
Planet retail, 12 luglio 2010.
12 L’americana SuperValu sta seguendo l’esempio di Walmart e altre catene
distributive, lanciando un programma di razionalizzazione dell’assortimento. In
alcune categorie, il numero totale di referenze verrà ridotto fino al 25% poiché
SuperValu mira a ridurre i costi e a rendere l’esperienza d’acquisto meno
complessa. Secondo l’Amministratore Delegato Craig Herkert, la mossa ha
l’obiettivo di eliminare le confezioni ridondanti, piuttosto che eliminare intere
marche. “Non penso che il consumatore penserà che abbiamo ridotto la scelta;
in effetti, penso che apprezzerà la migliore selezione disponibile” ha dichiarato
Herkert. (Planet Retail, 14 gennaio 2010.)
13 “Walmart to reduce the number of SKUs it carried, with the spin-off strategy of
reducing inventory also being served through SKU rationalisation. There was a
10-15% SKU reduction in 2009 on top of 10-15% reduction in 2008, creating an
overall reduction of between 20 and 30% heading into 2010. “We try to show
[suppliers] that if we eliminate something, a customer might want to buy more
of one of their other products, because we will make the presentation better
and make the category easier to shop” (John Fleming CMO, Walmart). (Planet
Retail, 2010.)
14 “At Walmart’s recent Q2 update, Simon spoke of ‘thousands’ of SKUs being
added back into the mix. The retailer has engaged with suppliers to review its
assortment to make sure that it has the breadth of inventory that Walmart
customers have come to expect. Walmart is restoring thousands of products to
its assortment and adding new items. Cutting a slow-moving $1 item could cost
an entire shopping cart worth $60.” (Planet Retail, 2010.)
“[…] il colosso mondiale ha fatto un passo indietro, per recuperare i clienti nella
fascia di reddito 30-60.000 dollari, reintroducendo 10.000 referenze e milioni di
metri quadrati di aree espositive, dopo una fase che aveva portato a una
razionalizzazione e a una miglior leggibilità dell’assortimento che, in teoria,
avrebbe dovuto favorire proprio le preferenze delle famiglie con reddito più
elevato.“(Ad Age Digital, dicembre 2011.)
15 “Edeka’s discount chain Netto Marken-Discount is considering streamlining its
assortment. Lebensmittel Zeitung reports that the range of brands may be cut
back in favour of an optimised private labels offer, and B and C brands in
particular may be replaced by own labels. Drugstore and dairy products are
expected to be affected the most, while condiments and fresh products like
meats and charcuterie will also become focal points. So far, Netto’s product
range comprises around 3,500 products, which is significantly more than at
competing discounters. While discount market leader Aldi only has two SKUs in
the toothpaste category, for example, competitor Lidl (Schwarz Group) has
eight, Norma five, and Netto 18. According to the newspaper, the mentioned
variety and complexity has led to an unfavourable cost structure. Reportedly,
Netto also sees additional opportunities for optimisation in the rearrangement
of products on the shelves.” (Planet Retail, 11 febbraio 2011.)
16 Schwarz Group-owned discounter Lidl in Germany is working on streamlining
its product ranges, Lebensmittel Zeitung reports. Fewer articles but higher
profitability is the objective for all departments, from buying to logistics and
distribution. Lidl CEO Heinz Holland and Buying Director Robin Goudsblom
hope that the move reduces handling costs at stores and distribution centres.
Over the past few years, Lidl has reportedly been quicker to list new and
innovative items than its rivals, resulting in more products hitting shelves. The
new strategy could spell the end for several secondary and tertiary brands in
favour of private labels. Like other retailers, Lidl is asking for exclusive
products to be exempt from price comparison to give it greater freedom in
setting prices, an area which Aldi dominates in terms of basic ranges. (Planet
Retail, 10 febbraio 2012.)
17 Fornari D., Grandi S., Fornari E., “Effects of intra-brand competition between
private labels and manufacturer brands. Empirical results from the Italian
market”, XVI EARCD International Conference, Parma, giugno 2011.
18 Secondo Symphony IRI, nel 2011:
› gli ipermercati hanno ridotto il loro assortimento dello 0,6%, da 17.823 a 17.709
referenze, per effetto della compensazione tra una contrazione del 2% dei
prodotti di marca industriale e un aumento del 6,4% della marca commerciale;
› i supermercati hanno incrementato il loro assortimento dell’1,8%, da 9.060 a
9.223 referenze;
› le superettes hanno aumentato il loro assortimento dello 0,8%, da 6.221 a 6.247
referenze.
19 Nielsen future insights, settembre 2011.
20 Idem.
21 “Carrefour has been a part of the retail landscape for 50 years, and needed to
reinvent its brand to win the hearts of its customers back. One of the first steps
was to redefine the portfolio of banners to capitalize on the strengths of the
brand: modernity, innovation, choice, and the pleasure of shopping. Carrefour
now has different store formats: Carrefour and Carrefour planet for
hypermarkets, Carrefour market for supermarkets, Carrefour express,
Carrefour city, and Carrefour contact for convenience stores. Today,
Carrefour’s banners meet customers’ needs wherever they are. The non-food
range is divided into five areas. The Beauty offers a unique concept with spaces
for services and expert advice, from flash make-up to express hairdressing,
while the Fashion area has trendy and affordable items from the Tex brand in a
boutique ambiance. Carrefour planet also pays particular attention to the family
and offers a Baby area—clothing, feeding, growing and care, childcare advice
and other support services. The Home area is a totally innovative range and
brings every branch of furnishing and equipment into one single space: cooking
and dining, decoration, practical items, and equipment. Lastly, the area for new
technologies, the Leisure-Multimedia, includes our range of cultural products
(books, CDs, ecc.) and technology products (mobile telephones, cameras, ecc.),
together with the Carrefour ticket office. Innovation can also be seen through
stands for our customers’ favourite partner brands, such as the Apple
boutique.” (Annual report, 2010.)
22 Gilt ha 2 milioni di membri, Hautelook è cresciuto del 750% nel 2010
(http://weblogs.hitwise.com/heather).
23 Groupon vanta 4 milioni di utilizzatori e una capitalizzazione di borsa pari a 15
miliardi di dollari.
T. McMahan, Groupon: Deals for members, but what about the investors?, Wall
Street Journal Venture Capital Dispatch, 27 maggio 2010.
24 Il modello di business di Groupon è facilmente replicabile e, il fatto di offrire
buoni sconti online in mercati necessariamente locali, implica che non esiste un
vantaggio da prima mossa. Secondo The Economist (2 ottobre 2011, p. 75),
esistono già 20 imitatori di Groupon. La competizione ha portato a una perdita
di 280 milioni di dollari nel 2011 su un fatturato di 1,69 miliardi di dollari; ciò
che ha suggerito di rinviare la quotazione in borsa.
25 Tesco ha già sperimentato l’utilizzo di Groupon con i titolari della sua carta.
Tesco offre infatti attraverso Groupon promozioni collettive ai suoi clienti
Clubcard con:
› un meccanismo di count down;
› l’accesso di gruppo o per un periodo limitato;
› l’utilizzo dei punti Clubcard;
› soluzioni differenziate, vale a dire proposte per tutti e personalizzate per
utente.
Secondo Tesco “Promotions such as these drive people online to engage with
the Tesco brand, and help to increase traffic to the main grocery and Tesco
Direct websites”.
26 “What’s interesting about this system is that it’s all about expectation. Our
dopamine neurons constantly generate patterns base upon experience: if this,
then that. They realize that the tone predicts the juice, or that betting on the
laptop might get us a discounted reward. This means that our dopamine
circuitry isn’t just titillated when we win the auction – those predictive cells are
excited every time we bid, as they wait to see whether or not the reward will
arrive.
In other words, the dopamine system was firing like a rocket display but the
experience was awful.
Interestingly, although near-misses were experience as aversive they increased
the desire to play the game. …This, in a nutshell, is how Swoopo works. It’s one
near-miss after another, as we bid and then bid again. The experience feels
awful – we know we’re wasting money – and yet we can’t look away.”
Lehrer J., “Swoopo”, 10 luglio 2009,
http://scienceblogs.com/cortrx/2009/07/swoopo.php.
27 Planet Retail, 13 marzo 2012.
28 Nel mese di luglio 2011, Media World ha lanciato una promozione denominata
“Contenti o Contanti”. La promo consente all’acquirente di elettronica di
consumo di restituire entro un mese il prodotto acquistato e ottenere la
restituzione dell’intero prezzo pagato. Nel caso di un ripensamento sulla scelta
fatta, l’acquirente può così annullare la sua decisione senza alcun onere e dopo
aver provato il prodotto per un mese.
29 L’insula è quella parte del sistema limbico che genera il dolore della perdita
per il pagamento del prezzo, mentre il nucleus accumbens è l’area del cervello
che suscita emozioni positive prevedendo i benefici che ricaveremo dal
consumo. Per i prodotti di alto valore unitario e per i prodotti nuovi, la
reversibilità dell’acquisto riduce il peso dell’insula e aumenta il peso del
nucleus accumbens.
30 La tracciabilità si basa sulla codifica univoca di ciascun volantino, sulla lettura
del codice a barre da parte del portatore munito di uno strumento che
georeferenzia la sua posizione, sulla certificazione del numero di volantini
consegnati specificando via web dove, quando e come è stata fatta la consegna.
31 Il volantino Ipercoop di COOP Estense, valido dal 27 dicembre al 4 gennaio
2012, conteneva la foto di 60 prodotti che venivano proposti senza indicare il
prezzo di vendita, ma specificando i punti aggiuntivi cumulabili sulla carta
COOP col loro acquisto.
32 Guéguen N., Leogohérel P. (2004), “Numerical encoding and odd-ending
prices: the effect of a contrast in discount perception”, European Journal of
marketing, 38(1/2), pp. 194-208.
Schindler R.M., Wiman A.R. (1989), “Effect of odd pricing on price recall”,
Journal of business research, 19, pp. 165-177.
33 È stato dimostrato sperimentalmente che, proponendo un prodotto con un
prezzo costante (every day low price) e lo stesso prodotto con un prezzo
scontato pari al prezzo costante, si percepisce una maggior convenienza in
quest’ultimo caso. Tom G., Ruiz S. (1997), “Every day low price or sale price”,
Journal of Psychology, 131(4), pp. 401-406.
34 Gàzquez-Abad J., Martièz Lopez F., Cebollada Calvo J. (2001), “The flyer-prone
consumer: some findings base on economic and shopping relate aspect”,
EARCD Conference, Parma, June 2011, p. 11.
35 Ivi, pp. 12-13.
36 Burton S., Lichtenstein D., Netemeyer R. (1999), “Exposure to sales flyers and
increased purchases in retail supermarkets”, Journal of Advertising Research,
39,(5), pp. 7-14.
37 Kiesler C.A. (1971), The psychology of commitment. Experiments linking
behaviour to belief, New York, Academic Press.
38 Questa verifica può essere fatta utilizzando la tecnica della risonanza
magnetica funzionale o, più semplicemente, osservando la dilatazione della
pupilla. Infatti, quando utilizziamo la mente cognitiva, la nostra pupilla si dilata
e la dilatazione è direttamente proporzionale alla difficoltà del ragionamento
e/o del calcolo. “[…] psychologist Eckhard Hess described the pupil of the eye
as a window to the soul.” Kahneman D. (2011), op. cit., Amazon kindle, location
555-59.
39 “Sequence matter, however, because the halo effect increases the weight of
first impressions, sometimes to the point that subsequent information is mostly
wasted”, Kahneman D., (2011) op. cit., Amazon kindle, location 1512-15.
40 È quanto si è verificato per esempio in provincia di Reggio Emilia dove è stato
offerto dal 2 al 4 settembre 2010 il Dash Actilift con uno sconto del 50% a 3,49€
a Castelnuovo Sotto e 2,82€ a Cavriago in supermercati COOP.
41 Sul ruolo dell’anchoring effect nel comportamento di acquisto, si veda Lugli G.
(2011), Neuroshopping. Come e perché acquistiamo, Apogeo, Milano.
42 La vocazione al traffico è tanto maggiore quanto più consistente è la
penetrazione, la frequenza di acquisto, la concentrazione industriale e il peso
della categoria nel fatturato dell’insegna.
43 L’aiuto del volantino nel compilare la lista della spesa dei consumatori fedeli è
particolarmente importante nelle categorie in cui la fedeltà a una singola marca
è relativamente contenuta. Nel caso dell’acqua minerale per esempio, il
consumatore è naturalmente portato ad acquistare diverse marche per motivi
salutistici; i medici consigliano infatti di alternare diversi tipi/marche di acqua
per evitare residui eccessivi dei diversi minerali presenti nei vari prodotti.
44 Nel 2011, il fatturato dell’insieme dei giochi d’azzardo è stato di poco inferiore
a 80 miliardi di euro.
45 Di norma, il consumatore non è in grado di percepire il valore di uno sconto se
non è contestualizzato indicando anche il prezzo pieno e la percentuale di
sconto. Ciò in quanto la valutazione cognitiva di un’opportunità richiede un
àncora. Se, tuttavia, lo sconto in euro viene offerto non su singoli prodotti bensì
sullo scontrino, nel momento del check out e a valere sulla prossima spesa, il
consumatore è in grado di valorizzare lo sconto rapportandolo allo scontrino
che ha ricevuto a valle del pagamento.
46 “Presi uno per uno, nessuno di questi brani è popolare, ma sono talmente tanti
che tutti insieme rappresentano un mercato sostanzioso. Oggi, l’inventario di
Rapsody conta un milione e mezzo di brani diversi, ma tra un anno
probabilmente supererà i due milioni. E l’anno dopo potrebbe arrivare ai
quattro milioni. La cosa straordinaria è che praticamente ognuno di questi
brani venderà. Dal punto di vista di un negozio come Wal Mart, l’industria
musicale termina a meno di 60.000 brani. Invece, per rivenditori online come
Rapsody, il mercato è apparentemente infinito. Non sono solo i 600.000 brani
più popolari di Rapsody a essere scaricati almeno una volta al mese: lo stesso
vale per i top 100.000, i top 200.000 e i top 400.000, persino i top 600.000 e i
top 900.000 e oltre. Non appena Rapsody aggiunge dei brani al suo catalogo,
queste canzoni trovano degli estimatori, anche se solo una manciata al mese, in
qualche angolo del pianeta. Questa è la coda lunga. […] se i dati di Amazon
hanno un qualche peso, il mercato dei libri non venduti nelle comuni librerie
equivale a un terzo del mercato esistente e, quel che più conta, sta crescendo
rapidamente. Se questa tendenza di crescita dovesse continuare, il potenziale
mercato librario potrebbe essere una volta e mezzo più grande di quanto
sembri, ammesso che si riesca a superare l’economia della scarsità. Kevin
Laws, esperto di venture capital ed ex consulente per l’industria musicale, la
mette in questi termini: gli introiti più grandi sono nelle vendite più piccole.”
Figura 6.2 Il nuovo formato mobile di Tesco nella Corea del Sud
Figura 6.3 Il nuovo formato mobile di Jumbo in Spagna
Tabella 6.3 La Top 10 dei brand web a luglio 2011 (US, totale)
Audience Internet totale Tempo per persona
Posizione Brand
(000) (hh:mm:ss)
1 Google 172,533 1:29:40
2 Facebook 158,913 5:18:40*
3 Yahoo! 148,590 2:14:25
4 MSN/WindowsLive/Bing 131,061 1:38:57
5 YouTube 125,978 1:39:02
6 Microsoft 94,680 0:45:30
7 AOL Media Network 90,181 2:17:46
8 Wikipedia 74,655 0:18:19
9 Apple 71,153 1:03:48
10 Amazon 70,388 0:29:48
Da leggersi così: Durante il mese di luglio 2011, 172.5 milioni di visitatori unici
in U.S.A. hanno visualizzato i siti di Google.
Fonte: Nielsen
* – Due to a change in the type of call used behind Facebook’s AJAX interface,
Nielsen NetView data for Facebook duration will be underreported for June and
July.
Saccottino 4,15
Albic.M.B.
12,99
Gr336 Nastrine m.B. Gr240
Saccottino Migross crois.Zucch.X6gr240
Crema ciocc.
X8gr336
31,31
28,26 31,07
Pat.Oro midipaigr130
8,30 7,21
7,80
Bibanesiolio ex/ver. Gr400 Griss.Fagoloso gri/bon gr250
13,40
11,83 10,77
Migross bucato blackml1000
19,69
1 “Tesco, one of the pioneers of in store TV, had been using screens in its stores
since 2004. In march 2009, Tesco announced it was to shut down the network ,
five years after the service was launched. …the sales of advertisement didn’t
even cover the expenses of the network.” Fonte: Planet Retail, Retail
Technology Trends, 2001, p. 16.
2 “In August 2010, Meijer launched a product locator app called ‘Find-it’, built
upon a mobile destination content platform from solution provider Point
Inside’s. Shoppers can see the location of more than 100,000 items in a Meijer
outlet using their smart phones, eliminating the need to ask store employees
where particular items are. The free app shows items as pins placed on an
interior map of the store. The application also provides updated information on
weekly specials and price promotions available in the store, with the ability to
instantly locate sale items.” Fonte: Planet Retail, giugno 2010.
3 “Sfruttando la tecnologia dello smartphone, integrata però con i sistemi a
punto vendita e l’interattività del cliente, Walmart ha creato il più potente
strumento per rendere semplice fare la spesa nei suoi negozi. Una vera
rivoluzione tanto nel servizio al cliente che nelle promozioni mirate a lui
rivolte. Tra le più rilevanti novità la possibilità di scannerizzare a casa i
prodotti da acquistare per comporre la lista della spesa, o di dettarla
attraverso il sistema di comando vocale Siri. Esiste poi un interfaccia con il
sistema inventariale di Walmart per verificare le referenze disponibili in stock,
nonché per la distribuzione di coupon associati ai prodotti stessi, in
collaborazione con Coupons.com.
C’è poi un modulo che aiuta a trovare sugli scaffali del negozio le singole
referenze caricate. Inoltre l’applicazione offre la possibilità di fare il conto
progressivo dello scontrino, mano a mano che le referenze si inseriscono nella
lista della spesa, ottenere informazioni sui prodotti, condividere la lista con
amici o parenti e tenere in memoria l’elenco dei prodotti preferiti, per
successive visite al punto vendita.” Fonte: Advertising Age Digital, citato da
Around Marketing, n. 24, dicembre 2011.
4 “Tesco-owned Fresh & Easy in the US is rewarding shoppers who share their
whereabouts via a location-based mobile app, spokesman Brendan Wonnacott
told Supermarket News. Customers who visit the company’s newest stores and
register their arrival are awarded a coupon for a free item. Fresh & Easy is
considering expanding the scheme to additional stores. “Currently it’s just for
new stores, but it’s something that we may branch out a bit with,” said
Wonnacott.” Planet retail, 26 aprile 2011.
5 “La catena di supermercati Stop & Shop, una divisione di Ahold USA, sta
testando in tre spunti vendita del Massachusetts l’utilizzo del cellulare per
svolgere la funzione di price-look out e fare il check out in punto vendita.
L’applicazione, che funziona su iPhone 3GS o 4GS, verrà estesa a tutta la rete
di punti vendita dell’insegna nel 2012”. Fonte: Progressive Grocer, riportato da
Around Marketing, Newsletter n. 21, settembre 2011, p. 7.
“…Metro Group as well as Tesco are in the process of developing iPhone apps
that can be used for selfscanning. Both retail giants are likely to start testing
those applications in 2011. metro has already decided to use the technology
from RedLaser, which was recently acquired by eBay. Red Laser is one of the
software providers which enable the camera of the iPhone to read barcodes
without a laser scanner.“ Planet Retail, Retail Technology Trends, 2011, p. 14.
6 “Tesco in the UK launched its first transactional mobile app in
august 2010. The application lets shopper browse the complete
online offer of the retailer. They can also update their shopping
lists.” Planet Retail, Retail Technology trends, 2011, p. 26.
7 I consumatori possono ora localizzare più di 100.000 prodotti nei
supermercati Mejier.
8 “Users with a camera phone equipe with the correct reader can scan
the image of the QR code to display the information contained within it.
Google’s mobile Android operating system supports the use of QR codes by
natively including the barcode scanner (ZXing) on some models. […] QR codes
have become extremely popular in Japan. Recently, the trend has travelled
across to the USA and Europe. French retailers especially, such as Carrefour,
Casino, Auchan or Intermarché, have started to use them to provide shoppers
with additional product information.”
ISBN 978-88-503-3014-0
Pagine 240 – Euro 19
ISBN 978-88-503-3002-7
Pagine 360 – Euro 22
ISBN: 978-88-503-3105-5
Pagine 336 – Euro 22