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La possibilit� che non avrei potuto avere una identit�, che sarei potuto non
esistere, sia pure transitoriamente, mi sgomenta � incredibile sapere che tutto �
dipeso da un�eventualit� che avrebbe potuto non verificarsi, come l�incontro tra
mio padre e mia madre Esserci significa anche avere una corporeit�, il che mi fa
amare la mia fragilit�, questo corpo che invecchia giorno dopo giorno E io, senza
fare niente, ma solamente �essendo�, avverto dolore e gioia, bisogno dell�altro e
paura di non essere adeguato
Di Vittorino Andreoli
Da qui si potrebbe dedurre di dover assumere come unico principio certo, quello di
non accettare alcun principio "per sempre", di ritenerli tutti mutevoli;
accontentandosi semmai di semplici indicazioni, da abbandonare quando risultassero
inadeguate per inserirsi nel labirinto di un mondo in cui � pi� semplice vivere da
ameba piuttosto che da soggetto corazzato e poco malleabile.
Si possono cos� formulare piani e immaginare principi anche non adeguati alla vita
reale, regolata da norme che devono valere per tutti: una citt� (o civilt�) si
fonda sul principio dei bisogni comuni, di regole che tutti devono rispettare,
altrimenti l'ordine risulterebbe compromesso e le citt� non potrebbero nemmeno
essere progettate per l'impossibilit� di definire linee guida.
Pur da tale limitata prospettiva, che trasmette solo qualche considerazione di base
della ricerca dei significati dell'uomo e degli umanesimi, c'� un dato che si
impone e che rivendica il primo posto, il primo gradino del pensiero e della
riflessione sul senso e sul significato dell'uomo: l'esserci piuttosto del non-
esserci, l'esserci piuttosto del nulla.
Questa asserzione ha in me un riflesso emotivo forte, ancora oggi in grado di
commuovermi e di spaventarmi simultaneamente. Penso al mio non-esserci stato, al
nulla, giacch� non ne avrei consapevolezza, ma immaginarlo ha per me un sapore di
tragedia, nonostante io non consideri la vita un parco divertimenti e una gioia
continua. Il pensiero che avrei potuto non avere una identit�, che sarei potuto non
esistere, sia pur transitoriamente mi sgomenta. Potrei persino ignorare il senso di
questo mondo e i suoi possibili significati, ma certo non mi pu� sfuggire quello
che riguarda il mio esserci oppure non-esserci. Che deve essere chiaro, non � il
non-esserci pi�, come accade fatalmente con la morte (almeno non-esserci pi� in
questa citt� terrena), dopo la quale comunque nella mente di qualche persona
persister� il ricordo, e questo si potr� anche tramandare, si potr� evocare
attraverso qualche segno lasciato. Il non-esserci stato, invece, significa il nulla
nel senso pi� radicale, la tavola bianca. D� le vertigini poi sapere che io sono
frutto di una serie di eventualit� che avrebbero potuto non verificarsi - prima fra
tutte quella del legame tra mio padre e mia madre, che certo potevano non
incontrarsi - Io non sarei stato, mancherei di tutte le esperienze che invece hanno
r iempito la mia vita fino a questo momento, compreso il dolore che, in questa
prospettiva - ho proiettato sul nulla che era nelle possibilit� - acquista la
dimensione e il valore della vita: dolore come sostanza di un'esistenza invece che
il non-dolore dovuto ad un'assenza, quale non-creatura.
Da questa considerazione si pu� far partire la meditazione sul senso. Non si tratta
di una mia invenzione, poich� � riconducibile al �cogito ergo sum�, alla coscienza
che � appunto l'esserci, e non pu� esistere la coscienza del non-esserci, mentre si
pu� essere e non aver coscienza. Ma ecco ancora la differenza: il poter non essere
mai arrivato a questo mondo, mai arrivato all'esserci, e invece constatare che
sono, anche se in un modo che non mi soddisfa e che vorrei cambiare. Il poter
decidere di cambiare, l'elaborazione di progetti, si legano proprio all'esserci e
non sarebbe possibile non essendoci, essendo nulla non perch� finito, ma perch� mai
cominciato, mai concepito, mai nato, mai esistito.
Questo pensiero che si riempie di corporeit�, poich� esserci significa anche avere
corpo, ha un effetto strano, che mi porta ad amare persino questo corpo che si sta
rompendo per vecchiaia, mi fa amare persino la mia fragilit�.
Riesco a commuovermi per il semplice fatto di esistere, anche se confesso che non
mi propongo mai come esempio, se non di chi vorrebbe essere meglio di me e fare di
pi�; ma sulla base di questa considerazione ammetto di amare anche quello che
abitualmente non apprezzo di me, semplicemente perch� c'� e potrebbe non esserci
affatto: l'essere invece che il nulla.
Da qui peraltro muovono le grandi filosofie e la ricerca del senso della vita, ma
questo pu� essere anche il punto di arrivo, poich� in questa semplice affermazione,
anzi in questa constatazione, molto e forse tutto ci� che viene in seguito, diventa
solo uno svolgimento, il dipanarsi delicato di un essere qualcosa, piuttosto che il
nulla. Ogni sistema filosofico per quanto completo non potr� certo dimenticare
questo fatto. Potr� magari non esplicitarlo, ma � impossibile escluderlo: � un dato
implicito senza il quale le parole possono girare e esaltarsi, ma rimangono
attaccate al vuoto e si perdono come in un caleidoscopio in cui si sciolgono in
consonanti e vocali senza senso, delle quali resta solo il rumore, ecolalia.
Io, senza fare niente, semplicemente essendo, avverto dolore e gioia, bisogno
dell'altro e paura di non essere adeguato. Qualcosa di quel qualcosa e non del
nulla.