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storia della Scienza, nella sua parabola di quattro secoli tesa tra Rinascimento e
Novecento, poi dentro quella storia pi� lunga che ha per oggetto i criteri della
convivenza tra gli uomini, ovvero l�evolversi del Diritto e della Politica. Cos� ci
ha accompagnato una parola, �crisi�, che esplicitava la caduta di certi punti di
riferimento per l�Occidente. Prima di chiudere questa seconda parte del viaggio ci
soffermiamo sul suo significato
Vittorino Andreoli
Ci siamo a lungo dedicati all'analisi dei principi, colti prima entro la storia
della Scienza e poi entro quella, pi� lunga, che ha per oggetto i criteri della
convivenza tra gli uomini indirizzata dal Diritto e dalla Politica. Ci ha
accompagnato un termine, quello di crisi, che esplicitava la caduta e l'oblio di
quei principi. Prima di chiudere questa parte del viaggio ci soffermiamo su tale
termine.
CREATIVIT�. C'� un campo che sembra trarre beneficio dalle crisi dei singoli
soggetti o delle societ�: � l'arte, la creativit�.
� fuori di dubbio che nei momenti di crisi, di smarrimento, l'uomo manifesta una
particolare forza espressiva, al punto da convalidare il paradosso che senza crisi
l'arte muore. Anche di questa affermazione, tuttavia, non vogliamo fare un
principio: semplicemente constatiamo la correlazione.
Nel periodo della crisi da noi individuato, nel campo della pittura abbiamo
assistito alla scomparsa del realismo, ma ci� non ha certo significato
impoverimento dell'arte, sia nella visione degli impressionisti, sia in quella
degli espressionisti, ma anche nelle correnti successive quali il surrealismo, il
dadaismo, l'astrattismo... In questo contesto si avverte la necessit� di richiamare
un elemento della cultura e della vita umana - la poesia - che amo particolarmente:
infatti mi preme far notare come dentro a quel momento di crisi, l'espressione
poetica abbia raggiunto vertici straordinari.
� un'autentica �creatura� della crisi, un elemento positivo sviluppatosi entro la
distruttivit�, come se si affermasse che la morte � s� tragica, ma che la bellezza
di un teschio � un elemento di vera e propria �grandeur� dell'estetica.
Un riferimento macabro, che per� si � realmente affacciato nella storia non solo
nelle �dances macabres� tardo medievali, ma anche in una vera e propria cultura
della morte e nel culto della fine e del dissolvimento.
Ma la poesia non � forse l'entit� che rende meno triste la nostra esistenza?
Ripercorrer� questo breve riferimento dentro la poesia del periodo che � a cavallo
tra l'Ottocento e il Novecento, riferendomi a Poesia e Poetica di Arturo Pasa (in
Poesia e critica, nn. 1, 2, 3, 1961).
Pasa � stato un amico, professore di filosofia e storia, con cui ho discusso di
filosofia e di principi per tutto il tempo in cui � stato su questa terra. Dalle
note stese mentre discutevo con lui dell'uomo e della societ�, e dai suoi appunti
per le lezioni che teneva al liceo, ho tratto tante delle considerazioni che hanno
dato contenuto a quanto finora ho messo in luce.
L'Ottocento in campo poetico rimanda subito ai canti patriottici, alla poesia
celebrativa delle vittorie e delle guerre, con particolare riguardo agli eroi.
Marzo 1821 di Alessandro Manzoni; Luglio 1830 di Eug�ne Delacroix. Ma ricordiamo
anche che nel 1840, quando sembrava dovesse scoppiare il conflitto sul Reno, ci si
limit� a combattere in versi: La Guardia sul Reno di Max Schneckenburger e l'ode di
risposta di Alfred de Musset, L'abbiamo avuto il vostro Reno tedesco e ancora La
Marsigliese della pace di Alphonse de Lamartine.
Ma a partire dalla guerra franco-prussiana del 1870 la poesia si acquieta, non
celebra gesta, semmai trasmette un senso di malinconica tragedia. Questo
cambiamento si coglie nettamente in occasione del primo conflitto mondiale, che non
vede versi celebrativi, ma poesia del dolore. Ma non si assiste a un distacco
soltanto dalla Storia, segnata in modo indelebile dalle guerre; si fa strada un
progressivo allontanamento da ogni fatto oggettivo e persino, come si vedr�, dai
sentimenti e dalle passioni, da sempre fonte di ispirazione poetica: basti
ricordare il primo romanticismo.
La meta � un vuoto di contenuti e la poesia pura.
Questo nuovo genere poetico ha il suo maggiore esponente in St�phane Mallarm�
(1842-1898). Dentro la crisi, questa poesia grandissima, ad alcuni sembrer� non
poesia. Housman, rivolgendosi a Andr� Gide nel 1917, chiede: �Comment expliquez-
vous, monsieur Gide, qu'il n'y a pas de po�sie fran�aise?� [Come spiega, signor
Gide, che non esiste una poesia francese?].
� vero: muore non solo la poesia della Storia, ma anche quella del sentimento, si
procede verso un vuoto che per� non � �nulla�, � poesia pura: con essa il nulla
acquista persino una valenza poetica.
I richiami di Mallarm� sono rivolti al potere evocatore della parola: �Peindre non
la chose, mais l'effet qu'elle produit� [dipingere non la cosa, ma l'effetto che
essa produce]. La poesia tende a ��voquer par une mirage interne des mots m�me�
[evocare attraverso un miraggio interno delle stesse parole] (Mario Luzi, Studio su
Mallarm�, Sansoni, Firenze 1952). �Il verso non deve dunque essere composto di
parole, ma di intenzioni e tutte le parole devono sparire di fronte alla
sensazione� (A. Pasa, loc. cit., n. 1, pp. 111-12) e cos�, dalla sintassi della
frase e del verso si passa a una sintassi di emozioni e di sensazioni.
In una lettera a Henri Cazalis (1840-1909) del 1866, Mallarm� scrive: �Je suis
depuis un mois dans les plus purs glaciers de l'Esth�tique, qu'apr�s avoir trouv�
le N�ant j'ai trouv� le Beau� [Da un mese mi trovo nei pi� puri ghiacciai
dell'Estetica, dopo aver trovato il Nulla ho scoperto il Bello]. Ecco, dunque: la
Bellezza e il Nulla. La perdita di ogni riferimento, il Nulla appunto, che per�
diventa la Bellezza; per paradosso solo dentro il Nulla si scopre la Bellezza, e
qui ritorna il fascino della pagina bianca che prima di essere di Mallarm� aveva
catturato anche Gustave Flaubert (1821-1880).
Ecco allora che il fallimento che ha portato al nulla e che ha permesso alla poesia
di attingere la purezza supera tutto il passato poetico centrato sui sentimenti. Si
giunge cos� al nulla puro: Nulla e Purezza.
� evidente che il poeta avverte la crisi del mondo della scienza e delle leggi
della convivenza umana fin qui analizzate, ed � questa crisi che lo solleva alla
vera poesia o almeno alla �nuova� poesia. La pura pagina bianca, nemmeno pi� il
suono, la musicalit� del verso: �La fille de Minos et de Pasiphae�.
In questa evanescenza si scopre la poesia orientale fatta di frammenti: �Una poesia
fatta di niente, quasi incorporea� (A. Pasa, ibid., p. 129).
Di fronte alla crisi della societ� industriale perennemente in corsa, in cui i
prodotti hanno finito per staccarsi dai bisogni dell'uomo e imporsi come animati di
vita propria che condiziona l'agire umano, mentre una burocrazia invadente
controlla ogni attivit� umana, e mentre il mondo � pieno di comitati per regolare
la follia dello stesso, Vladimir V. Majakovskij, in Le smanie per le sedute scrive:
�Oh, se ci fosse / ancora / una sola seduta / per estirpare tutte le sedute�. Si
arriva all'implicito, al banale, al nulla.
Del resto, cos'� la vita? Ce lo dice Jacques Pr�vert (1900-1977) in Familiale.
...
Le fils est tu� il ne continue plus
Le p�re et la m�re vont au cimeti�re
Ils trouvent �a naturel le p�re et la m�re
La vie continue la vie avec le tricot la guerre les affaires
Les affaires la guerre le tricot la guerre
Les affaires les affaires et les affaires
La vie avec le cimeti�re.
Il poeta della crisi � un primitivo che cerca di dar vita a un nuovo mondo, anzi
soltanto di vederlo anche se forse non esiste.
La crisi si fa musa e diventa poesia, si muove tra nulla e sperimentalismo, ma
attraverso questo tentativo forse alla fine nasce qualcosa, magari
inconsapevolmente prende avvio una nuova genesi e cos� appare un nuovo mondo che
non pu� che nascere dal nulla. Il niente allora si fa materia d'un nuovo big bang.