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Emanate nel ‘38, le leggi razziali contro gli ebrei non furono le prime ad essere

promulgate; infatti, nel ‘36 vennero emanate quelle contro i neri delle colonie d'Etiopia.
Queste leggi resero difficile la vita di tutti gli ebrei, che si videro totalmente esclusi dai
congressi internazionali e dalle scuole e università italiane, e chiamati semplicemente
“pezzi” dai tedeschi, mentre erano persone con un nome, un cognome e una famiglia, ma
anche con aspettative, speranze e bisogni. Dopo essere stati eliminati da tutta la vita
sociale italiana, iniziarono grandi difficoltà per gli ebrei, accompagnate da una grande
paura e angoscia, tanto che i genitori raccontavano ai propri figli di una brutta malattia
infettiva che li costringeva a rimanere a casa. Così il Manifesto della razza aprì in Italia le
porte alle leggi razziali, suggellando il patto con il nazismo che
seminò morte e sofferenze in tutta Europa. 

Persecuzioni di questo genere si possono trovare anche nei paesi più democratici, come
gli Stati Uniti, in cui lo slogan “le vite dei neri non contano” ha alimentato oggi numerose
proteste e confusioni. Già negli anni ‘20 le leggi razziali americane esclusero italiani ed
ebrei, mentre i cinesi e i giapponesi già da 40 anni prima, e oggi si è cercato di fare la
stessa cosa nei confronti dei musulmani. Gli Stati Uniti offrirono un modello alla
Germania nazista anche riguardo la discriminazione degli afroamericani, che come gli
ebrei vennero privati dei loro diritti per far prevalere la supremazia bianca, che è
cresciuta perché la società si è strutturata attorno all'idea che bianchi dovessero avere
più diritti degli altri. Quindi, sebbene si parli di democrazia, in realtà non lo è del tutto,
perché uno Stato è o non è democratico per come tratta coloro che stanno fuori dalla
cerchia riconosciuta e per come mette in discussione i confini di inclusione ed esclusione.

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