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Tommaso Campanella

Lux Aeterna
La scrittura Ligetiana, si è sempre distinta, rispetto ai suoi contemporanei per delle tecniche compositive
che in un certo senso si distaccavano dagli stili di scrittura in voga all’epoca.

Ligeti, nella sua opera si è sempre lasciato ispirare dagli insegnamenti dei fiamminghi per quel che riguarda
la gestione del contrappunto e dell’indipendanza delle linee vocali. Nel brano in analisi, viene rivalutato il
rapporto tra suono e parola.

Nel cantus planus la parola è la rivelazione della divinità "attraverso" il suono che, a sua volta, è la
glorificazione della parola. Successivamente nella grande stagione della polifonia fiamminga si assiste,
invece, alla trascendenza del rappresentato, grazie alla quale l’opera d’arte stessa è considerata essere
espressione del sacro. Dal sedicesimo secolo si svilupperà poi il madrigale, cioè l’intima relazione fra parola
e suono. Il suono, o meglio il profilo della melodia rispecchia il significato della parola. Successivamente si
assisterà all’avvento del melodramma.

Dall’altra parte, dopo le due scuole liederistiche di Berlino, approderà a Vienna il Lied che raggiungerà vette
altissime grazie a compositori come, ad esempio, F. Schubert.

Nel ventesimo secolo il rapporto fra parola e suono diventa molto delicato, quasi inesistente, perché si è
esaurito, la parola è totalmente assimilata al suono e con esso è trasfigurata.

Ligeti in questa composizione recupera, quella dimensione nella quale la parola perde la sua funzione
referenziale, ossia in essa non c’è alcuna funzione dialettica tra significante e significato.

“E’ una musica che suscita l’impressione di un fluire senza inizio e senza fine. Vi si ascolta una frazione di
qualcosa che è iniziato da sempre e che continuerà a vibrare all’infinito. Tipico di componimenti siffatti è il
non avere cesure che l’idea di flusso non consentirebbe". Con queste parole Ligeti parla della sua musica. In
effetti all’ascolto si percepisce un continuum che subisce varie metamorfosi, ma che non "inizia" e non
"finisce" mai. Questo continuum ha la caratteristica di essere statico e dinamico contemporaneamente. E’
statico perché utilizza le stesse note alla stessa altezza per tutte le voci, ed è dinamico perché all’interno di
questo tessuto si possono individuare linee "virtuali", ogni micro-articolazione nasce e muore, ossia è
indipendente dalle altre ma allo stesso tempo interagisce con le altre.

Il testo usato è liturgico, tratto dalla "missa pro defunctis", ed è il seguente: "Lux aeterna luceat eis,
Domine, cum sanctis tui in aeternum quia pius es. Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua
luceat eis".

Il testo è distribuito nelle tre macro-sezioni che compongono la composizione. Addirittura in due di esse c’è
un vero e proprio scivolamento di due parti di esso, una sopra l’altra. L’organico è costituito da un coro
misto a cappella, formato da soprani, contralti, tenori e bassi; ciascuna voce si suddivide in quattro
sottogruppi.
Le voci si avvicendano secondo schemi non simmetrici, che trovano la loro ragion d’essere solo nel
determinare diverse macro-articolazioni, appunto, nelle quali la composizione è suddivisa.
La composizione può essere suddivisa in tre macro-sezioni: la prima dalla batt.1 alla batt..37, la seconda
dalla batt.39 alla batt.89 ed infine la terza dalla batt.90 alla batt.119. Sono presenti dei suoni di
collegamento fra una macro-articolazione e l’altra, non essendo esse giustapposte.

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